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capiscono che la mamma è serena, mio marito si mostra più gentile e premuroso del solito, e la<br />
casa intera sembra brillare di una luce sfavillante. Agli occhi del vicinato, della città, dello stato –<br />
che qui si chiama “cantone” –, dell’intero paese, costituiamo l’incarnazione della felicità.<br />
Poi mi infilo sotto la doccia e, all’improvviso, senza una spiegazione razionale, scoppio a piangere.<br />
Piango nel bagno, dimodoché nessuno possa sentire i miei singhiozzi e rivolgermi quella domanda<br />
che temo terribilmente: “Va tutto bene?”<br />
“Sì, perché non dovrebbe? Notate qualcosa che non va nella mia vita?”<br />
“Niente.”<br />
Semplicemente, la notte mi fa paura.<br />
E il giorno non suscita in me alcun entusiasmo.<br />
Ritornano le immagini felici del passato, le situazioni che avrebbero potuto essere, ma non si sono<br />
realizzate.<br />
Il desiderio di avventura mai tramutato in scelte.<br />
Il terrore di ignorare il destino dei miei figli.<br />
E, a quel punto, i pensieri vorticano intorno a presagi negativi, sempre i medesimi, come se il<br />
demonio che mi spia da un angolo della stanza da bagno si preparasse a balzarmi addosso, a<br />
gridarmi che quella che io chiamo “felicità” è solo uno stato passeggero, che non può durare a<br />
lungo. Dovrei saperlo, no?<br />
Voglio cambiare. Ho bisogno di cambiare. Oggi, in redazione, mi sono mostrata più irritabile del<br />
solito, soltanto perché uno stagista ha tardato a recuperare il materiale che gli avevo chiesto. Io<br />
non sono così, ma sto gradualmente perdendo il contatto con me stessa.<br />
Incolpare quello scrittore e l’intervista è una sciocchezza. È accaduto mesi fa. Lui ha solo liberato il<br />
cratere di un vulcano che può scatenarsi in qualsiasi momento, seminando morte e distruzione. Se<br />
non fosse stato quell’uomo, avrebbe potuto essere un film, un libro, una persona con la quale ho<br />
scambiato due o tre parole. Immagino che, per alcuni, la pressione interna impieghi anni per<br />
giungere all’esplosione (magari loro non ne sono neppure coscienti); poi, un bel giorno, una<br />
stupidaggine gli fa perdere il senno.<br />
A quel punto dicono: “Basta! Non ce la faccio più.”<br />
C’è chi si uccide. Chi divorzia. Altri, invece, mollano tutto e partono per le zone più povere<br />
dell’Africa con l’intenzione di salvare il mondo.<br />
Ma io mi conosco. So che la mia unica reazione sarà quella di soffocare ciò che sento, fino a<br />
quando un cancro mi ucciderà da dentro. Perché sono davvero convinta che gran parte delle<br />
malattie che ci colpiscono si sviluppino dalle emozioni represse.<br />
* * *<br />
Mi sveglio alle due di notte e resto immobile a fissare il soffitto, pur sapendo che la mattina dovrò<br />
alzarmi presto – qualcosa che francamente detesto. Anziché riflettere in modo costruttivo, magari<br />
cercando di analizzare che cosa mi sta succedendo, i miei pensieri fluiscono incontrollati. Ci sono<br />
giorni – pochi, grazie a Dio – durante i quali continuo a domandarmi se non farei meglio a cercare<br />
l’aiuto di uno psichiatra. Ciò che mi impedisce di mettere in pratica questa soluzione non è il<br />
lavoro né mio marito: sono i bambini. Non sono in grado di comprendere quello che provo,<br />
assolutamente no.<br />
Ogni sensazione è più intensa. Ripenso a una vita matrimoniale nella quale non è mai comparsa la<br />
gelosia. Noi donne, però, possediamo un sesto senso. Può darsi che mio marito abbia incontrato<br />
un’altra, e io stia percependo l’accaduto in modo inconscio. In ogni caso, non ho alcun motivo per<br />
sospettare di lui.<br />
Non è un’assurdità? È possibile che, fra tutti gli uomini del mondo, io sia riuscita a sposare l’unico<br />
maschio assolutamente perfetto? Non beve, non esce la sera, non ha un appuntamento fisso<br />
settimanale con gli amici. La sua vita si riassume nel lavoro e nella famiglia.