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Inaspettatamente si ferma alla reception e comunica che partiremo oggi. Poi chiede di far portare<br />
giù le valigie e paga il conto.<br />
“Sei sicuro di voler partire? Non potremmo restare fino a domani?”<br />
“Non credo che sia opportuno. La serata di ieri dovrebbe averci fatto capire che è impossibile<br />
viaggiare a ritroso nel tempo.”<br />
Ci avviamo verso l’ingresso, attraversando la lunga hall dal soffitto di cristallo. In una delle<br />
brochure dell’hotel, ho letto che i due edifici del complesso alberghiero si trovavano sui<br />
marciapiedi opposti di una strada, smantellata per far posto al grande corridoio trasparente. A<br />
quanto pare, il turismo prospera, malgrado non vi siano piste da sci.<br />
Anziché varcare la soglia, mio marito svolta a sinistra e raggiunge il portiere.<br />
“Possiamo fare un volo in deltaplano?”<br />
Possiamo? Io non ho la minima intenzione di salire su uno di quei trabiccoli.<br />
L’uomo si avvicina a un espositore e gli porge un opuscolo. “Qui può trovare tutte le informazioni.”<br />
“E come si arriva lassù in cima?”<br />
Il portiere spiega che non è necessario arrivare fin lassù: è sufficiente fissare l’orario, e gli addetti<br />
verranno a prenderci in albergo.<br />
“Non è pericoloso veleggiare tra catene montuose, senza averlo mai fatto prima? Esiste qualche<br />
tipo di controllo federale o cantonale sugli istruttori e sulle attrezzature?”<br />
“Signora, io lavoro qui da dieci anni e, almeno una volta all’anno, mi concedo un volo in<br />
deltaplano. Le assicuro che non c’è mai stato alcun incidente.”<br />
Pronuncia queste parole sorridendo: probabilmente ha ripetuto questa frase migliaia di volte.<br />
“Allora, prenotiamo? Si va?”<br />
“Non sono sicura di volerlo fare. Perché non ci vai da solo?”<br />
“Sì, potrei… E tu potresti aspettarmi nel parco con la videocamera. Di certo, devo e voglio fare<br />
questa<br />
esperienza nella vita. Un salto nel vuoto mi ha sempre terrorizzato: devo affrontarlo. Ieri abbiamo<br />
parlato del momento in cui ci adeguiamo alla vita, senza preoccuparci di saggiare i nostri limiti. Per<br />
me è stata davvero una serata tristissima.”<br />
“Lo so,” dico.<br />
Lui chiede al portiere di fissare un orario.<br />
“Stamane o nel pomeriggio? Nelle ore pomeridiane, potrete ammirare il tramonto che si riflette<br />
sulla neve tutt’intorno.”<br />
“Stamattina. Adesso,” rispondo io.<br />
“Per una o due persone?”<br />
“Due, se partiremo subito.” Se non avrò modo di pensare a quello che sto facendo. Se non avrò il<br />
tempo di sollevare il coperchio della scatola dalla quale usciranno i miei demoni – paura<br />
dell’altezza, dell’ignoto, della morte, della vita, delle sensazioni estreme. Sì, ora o mai più.<br />
“Ci sono voli di venti minuti, di mezz’ora e di un’ora.”<br />
Nessun volo da dieci minuti? Nessuno.<br />
“Volete lanciarvi da 1350 o da 1800 metri?”<br />
Sto cominciando a pensare di desistere. Tutte queste informazioni non erano affatto necessarie.<br />
“Scelgo la quota più bassa: continuo a temere quel salto.”<br />
“Tesoro, ma non ha senso. Non succederà niente… In qualsiasi caso, se dovesse accadere<br />
qualcosa, le conseguenze sarebbero identiche. Equivalenti a una caduta dal settimo piano di un<br />
palazzo, da ventun metri.”<br />
Il portiere scoppia a ridere. Rido anch’io, per nascondere i miei sentimenti. “Mi sono dimostrata<br />
ingenua pensando che cinquecento miseri metri avrebbero cambiato il nostro destino.”<br />
Il portiere telefona a qualcuno.