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Gli domando per quale motivo dovrei voler tornare in albergo. La mia compagnia lo disturba?<br />
Preferisce piazzarsi nella hall ed essere infastidito dal cicaleccio di persone che passano le ore al<br />
telefono, a parlare di nulla?<br />
Mi sembra quasi irritato con me. Forse è un effetto dello champagne, oltre che del drink a base di<br />
acquavite che abbiamo appena bevuto. Il suo nervosismo ha un potere calmante su di me: mi fa<br />
sentire a mio agio. Sono rassicurata sul fatto di avere accanto un essere umano, con emozioni e<br />
sentimenti.<br />
“Com’è strana Interlaken senza la gente della maratona,” commento. “Pare una città fantasma.”<br />
“Non ci sono piste da sci, qui.”<br />
D’altronde, sarebbe impossibile impiantarle. La cittadina sorge in una valle, fiancheggiata da<br />
montagne altissime, con due laghi alle estremità.<br />
Ordina due gin: forse vuole combattere il freddo con l’alcol. Gli dico che stiamo esagerando: non<br />
beviamo così da moltissimo tempo. Si incupisce.<br />
“Sono passati dieci anni da quando siamo stati qui la prima volta: ero giovane, allora. Avevo mille<br />
ambizioni, amavo gli spazi aperti e non ero affatto intimidito dall’ignoto. Forse sono cambiato<br />
troppo.”<br />
“Non dire così. Non puoi sentirti vecchio…”<br />
Non replica. Beve d’un fiato il proprio liquore e prende a fissare il vuoto. Non è più il marito<br />
perfetto e, per quanto incredibile possa sembrare, questo mi rallegra.<br />
Usciamo dal locale e ci avviamo verso il centro. Lungo la strada, siamo affascinati da un ristorante<br />
con un bar magnifico, ma abbiamo già prenotato altrove.<br />
“Prendiamo un altro gin?” dice, appena entrati. Un cartello informa la clientela che la cena viene<br />
servita a partire dalle ore 19.<br />
Chi è l’uomo che mi sta accanto? Non è che Interlaken abbia risvegliato in lui memorie perdute,<br />
magari sollevando la tempesta del terrore?<br />
Non rispondo. E comincio ad aver paura.<br />
Gli domando se dobbiamo annullare la prenotazione al ristorante italiano e cenare qui.<br />
“Mi è indifferente.”<br />
Indifferente? Non è che stia provando il medesimo disagio che ho vissuto quando mi ritenevo<br />
depressa?<br />
Per me non è “indifferente”. Voglio cenare nel ristorante italiano che abbiamo prenotato. Quello<br />
dove ci siamo giurati amore eterno.<br />
“Questo viaggio è stato una pessima idea. Preferisco tornare a casa domani stesso. Ero animato<br />
dalle migliori intenzioni: volevo rivivere l’alba del nostro amore.<br />
Ma… è possibile? Ovviamente, no. Siamo cambiati. Adesso ci ritroviamo a gestire pressioni che<br />
prima non c’erano. Dobbiamo provvedere a tutte le necessità dei nostri figli: l’alimentazione, la<br />
salute, l’istruzione… Concentriamo i divertimenti nel fine settimana – è ciò che fanno tutti – e,<br />
poiché siamo restii a uscire, pensiamo che ci sia qualcosa di sbagliato in noi.”<br />
“A me non piace andar fuori. Preferisco stare in casa senza far niente.”<br />
“Anch’io. Ma… i nostri figli? Loro desiderano altro. Non possiamo fargli trascorrere le giornate<br />
incollati allo schermo di un tablet o di un computer. Sono bambini. E allora ci imponiamo di<br />
portarli da qualche parte, adottiamo gli stessi atteggiamenti dei nostri genitori verso di noi,<br />
identici a quelli che i nostri nonni utilizzavano con loro. Facciamo una vita normale. Ci<br />
comportiamo come una famiglia emotivamente equilibrata. Se uno di noi ha bisogno di aiuto,<br />
l’altro è sempre pronto a soccorrerlo con ogni sua forza: a fare il possibile e l’impossibile.”<br />
“È vero. Anche a fare un viaggio in un posto pieno di ricordi, per esempio.”<br />
Un altro gin. Lui resta in silenzio per qualche momento, prima di replicare.