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adulterio - paulo coelho

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Gli domando per quale motivo dovrei voler tornare in albergo. La mia compagnia lo disturba?<br />

Preferisce piazzarsi nella hall ed essere infastidito dal cicaleccio di persone che passano le ore al<br />

telefono, a parlare di nulla?<br />

Mi sembra quasi irritato con me. Forse è un effetto dello champagne, oltre che del drink a base di<br />

acquavite che abbiamo appena bevuto. Il suo nervosismo ha un potere calmante su di me: mi fa<br />

sentire a mio agio. Sono rassicurata sul fatto di avere accanto un essere umano, con emozioni e<br />

sentimenti.<br />

“Com’è strana Interlaken senza la gente della maratona,” commento. “Pare una città fantasma.”<br />

“Non ci sono piste da sci, qui.”<br />

D’altronde, sarebbe impossibile impiantarle. La cittadina sorge in una valle, fiancheggiata da<br />

montagne altissime, con due laghi alle estremità.<br />

Ordina due gin: forse vuole combattere il freddo con l’alcol. Gli dico che stiamo esagerando: non<br />

beviamo così da moltissimo tempo. Si incupisce.<br />

“Sono passati dieci anni da quando siamo stati qui la prima volta: ero giovane, allora. Avevo mille<br />

ambizioni, amavo gli spazi aperti e non ero affatto intimidito dall’ignoto. Forse sono cambiato<br />

troppo.”<br />

“Non dire così. Non puoi sentirti vecchio…”<br />

Non replica. Beve d’un fiato il proprio liquore e prende a fissare il vuoto. Non è più il marito<br />

perfetto e, per quanto incredibile possa sembrare, questo mi rallegra.<br />

Usciamo dal locale e ci avviamo verso il centro. Lungo la strada, siamo affascinati da un ristorante<br />

con un bar magnifico, ma abbiamo già prenotato altrove.<br />

“Prendiamo un altro gin?” dice, appena entrati. Un cartello informa la clientela che la cena viene<br />

servita a partire dalle ore 19.<br />

Chi è l’uomo che mi sta accanto? Non è che Interlaken abbia risvegliato in lui memorie perdute,<br />

magari sollevando la tempesta del terrore?<br />

Non rispondo. E comincio ad aver paura.<br />

Gli domando se dobbiamo annullare la prenotazione al ristorante italiano e cenare qui.<br />

“Mi è indifferente.”<br />

Indifferente? Non è che stia provando il medesimo disagio che ho vissuto quando mi ritenevo<br />

depressa?<br />

Per me non è “indifferente”. Voglio cenare nel ristorante italiano che abbiamo prenotato. Quello<br />

dove ci siamo giurati amore eterno.<br />

“Questo viaggio è stato una pessima idea. Preferisco tornare a casa domani stesso. Ero animato<br />

dalle migliori intenzioni: volevo rivivere l’alba del nostro amore.<br />

Ma… è possibile? Ovviamente, no. Siamo cambiati. Adesso ci ritroviamo a gestire pressioni che<br />

prima non c’erano. Dobbiamo provvedere a tutte le necessità dei nostri figli: l’alimentazione, la<br />

salute, l’istruzione… Concentriamo i divertimenti nel fine settimana – è ciò che fanno tutti – e,<br />

poiché siamo restii a uscire, pensiamo che ci sia qualcosa di sbagliato in noi.”<br />

“A me non piace andar fuori. Preferisco stare in casa senza far niente.”<br />

“Anch’io. Ma… i nostri figli? Loro desiderano altro. Non possiamo fargli trascorrere le giornate<br />

incollati allo schermo di un tablet o di un computer. Sono bambini. E allora ci imponiamo di<br />

portarli da qualche parte, adottiamo gli stessi atteggiamenti dei nostri genitori verso di noi,<br />

identici a quelli che i nostri nonni utilizzavano con loro. Facciamo una vita normale. Ci<br />

comportiamo come una famiglia emotivamente equilibrata. Se uno di noi ha bisogno di aiuto,<br />

l’altro è sempre pronto a soccorrerlo con ogni sua forza: a fare il possibile e l’impossibile.”<br />

“È vero. Anche a fare un viaggio in un posto pieno di ricordi, per esempio.”<br />

Un altro gin. Lui resta in silenzio per qualche momento, prima di replicare.

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