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Francesco Martinelli<br />
78<br />
dei tanti brani di Berlin amati dai jazzisti.<br />
George Gershwin condivide molti dei tratti biografici di Irving<br />
Berlin, come l’origine russa e l’infanzia nel Lower East Side di<br />
Manhattan, ma Jacob Gershowitz – vero nome di Gershwin –<br />
nella sua breve e disorganizzata esistenza dimostrò capacità di<br />
vero compositore, e un profondo rapporto emotivo con la tradizione<br />
afroamericana.<br />
Incredib<strong>il</strong>mente produttivo, Gershwin trova <strong>il</strong> successo con<br />
“Swanee”, cantata da Al Jolson, e produce una collana di successi<br />
per <strong>il</strong> teatro musicale; già nel 1928 si avvicina alle forme<br />
concertistiche e compone prima <strong>il</strong> poema sinfonico “An Ame -<br />
rican in Paris” e poi “Rhapsody in Blue” su commissione di Paul<br />
White man. Nel 1930 <strong>il</strong> Metropolitan di New York gli commissiona<br />
un’ope ra che viene rappresentata nel 1935, “Porgy and<br />
Bess” (George Gershwin sarebbe morto a Los Angeles l’11<br />
luglio del 1937).<br />
A proposito della sua sostanziale estraneità al vernacolo della<br />
musica ebraica e della sua adesione al mondo poetico afroamericano,<br />
Gershwin ha detto: «Anche se non conosco praticamente<br />
nulla dei contenuti poetici delle canzoni yiddish, tuttavia credo che<br />
molte delle melodie che ho ut<strong>il</strong>izzato nei miei lavori siano ebraiche<br />
in base all’intimo e profondo elemento emozionale che da esse<br />
sgorga, nonostante siano in puro st<strong>il</strong>e americano».<br />
Ed effettivamente uno dei brani più celebri di Gerswhin, “Sum -<br />
mer time” da “Porgy and Bess”, sembra derivare da una ninna nan -<br />
na ebreo-ucraina, “Oi Khodyt Son Kolo Vikon”, (“I sogni passano<br />
dalle finestre”), ben nota negli USA ed eseguita in concerto nel<br />
1926 a New York dal Coro Nazionale Ucraino. E sempre da “Porgy<br />
and Bess”, “It Ain’t Necessar<strong>il</strong>y so” (canzone con riferimenti biblici)<br />
rimanda alla preghiera “Barchu et adonai hamvorach”.<br />
Cole Porter non era ebreo di famiglia, ma pare che ut<strong>il</strong>izzasse<br />
coscientemente st<strong>il</strong>emi ebraici nelle sue opere. A Rogers e Hart,<br />
ancora sconosciuti ma paradossalmente ebrei di famiglia, consigliò:<br />
“Volete conoscere <strong>il</strong> segreto del mio successo Beh ragazzi!<br />
Scrivete melodie ebraiche!”.