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Scarica il quaderno - Vicenza Jazz

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I m<strong>il</strong>le suoni della Grande Mela<br />

Whiteman, con un arrangiatore e orchestratore quale Frede Grofé,<br />

proponeva invece una musica ampiamente americana nei contenuti<br />

e negli obiettivi. Non a caso, l’ossatura della band di Hender -<br />

son era costituita da undici musicisti, quella di Whiteman da più di<br />

venti, compreso trio vocale (Rhythm Boys, con <strong>il</strong> giovanissimo<br />

Bing Crosby) e sei archi. Inoltre, fu proprio Whiteman ad introdurre<br />

due cornette anziché una nella sezione degli ottoni. Non deve<br />

stupire la ridotta composizione della big band di Henderson e delle<br />

altre orchestre jazz del tempo, compresa quella di Ellington, che<br />

contava un organico di dieci musicisti, poiché l’uso delle sordine e<br />

l’abitudine al polistrumentismo nella sezione delle ance ampliavano<br />

enormemente la tavolozza dei colori a disposizione dei compositori.<br />

Questo rimanda a un aspetto importante del jazz del periodo:<br />

l’alto valore degli strumentisti, che per lavorare in un clima altamente<br />

competitivo dovevano possedere perizia tecnica, essere<br />

buoni lettori ad avere anche, per emergere, una forte personalità.<br />

Quanto a Whiteman, nel mondo musicale degli anni ’20 ha rivestito<br />

una posizione predominante; dei suoi dischi si vendevano<br />

m<strong>il</strong>ioni di copie e la popolarità del suo nome non aveva confini,<br />

tanto che nel 1930, in piena depressione, venne girato un dispendiosissimo<br />

f<strong>il</strong>m sulla sua vita titolato: King Of <strong>Jazz</strong>. Spesso criticato<br />

in quanto considerato non autenticamente jazzista, Whiteman<br />

va forse inquadrato nel più ampio ambito della musica americana,<br />

nel quale <strong>il</strong> jazz è solo una delle componenti, anche se la sua band<br />

del 1928 comprendeva gran parte dei migliori jazzisti bianchi del<br />

tempo, compreso Bix Beiderbecke. Proprio a Whiteman si deve,<br />

nel febbraio del 1924, una celebre serata alla Aeolian Hall di New<br />

York, presenti anche famosi interpreti e autori eurocolti, titolata<br />

significativamente Experiments in Modern Music. In quell’occasione<br />

venne presentata la prima della Rhapsody In Blue di George<br />

Gershwin, commissionata dallo stesso Whiteman e arrangiata per<br />

la sua band da Grofé. Il brano diede <strong>il</strong> via al cosiddetto jazz sinfonico,<br />

che al di là delle superficiali interpretazioni date al termine nel<br />

corso del tempo, rappresentava una concezione di scrittura orchestrale<br />

basata sulla rapsodia e diventata un modello di riferimento<br />

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