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Enzo Capua<br />
46<br />
blasone, pur se recentemente devastata da terrib<strong>il</strong>i eventi naturali:<br />
New Orleans. Ma è almeno fin dagli anni trenta che la capitale<br />
del jazz è diventata New York e questo scettro di Regina se lo<br />
tiene ben stretto, quasi come la fiaccola della Statua della Libertà.<br />
Perché proprio New York Perché questa città da sempre incarna<br />
alcuni degli elementi imprescindib<strong>il</strong>i che caratterizzano questa<br />
musica: è sfrontata, si rinnova costantemente, ama l’improvvisazione<br />
e <strong>il</strong> ritmo, è insofferente alla staticità, è multi-culturale e<br />
multi-razziale, sa soffrire nel segreto dell’animo e gioire apertamente<br />
in pubblico, si cura ben poco delle critiche e cerca di migliorare<br />
fin che può. Si può dire che l’animo del jazz è New York e viceversa,<br />
ma lo sono anche i piedi che si agitano, si muovono ovunque<br />
e battono <strong>il</strong> tempo, come uno di quei tanti f<strong>il</strong>m che avrete<br />
visto sugli inseguimenti per le strade di questa metropoli affascinante<br />
come una donna dalla bellezza imperitura che non sa cosa<br />
voglia dire invecchiare. I musicisti sanno bene tutto ciò e lo sentono<br />
dentro <strong>il</strong> loro sensib<strong>il</strong>e animo d’artisti, per cui oggi come non<br />
mai chi vuol fare del jazz sul serio deve venire a New York e deve<br />
suonarci, e più a lungo lo fa meglio è. I jazzisti americani prima o<br />
poi emigrano da queste parti come le rondini in cerca della primavera<br />
e poi cercano di crearsi un nido perenne. Non è fac<strong>il</strong>e, perché<br />
la vita a New York è dura e costosa, ma come dice la famosa<br />
canzone: “Se ce la fai qui ce la puoi fare ovunque”. Ecco perché,<br />
dunque, se si vuol tastare <strong>il</strong> polso di cosa succede nel mondo del<br />
jazz oggi bisogna venire a New York, bisogna intrufolarsi in tutti i<br />
locali fino all’alba, da quelli più eleganti a quelli più scuri e malfamati,<br />
perché può fac<strong>il</strong>mente capitare di ascoltare qualcosa di<br />
nuovo, magari un geniaccio che già a vent’anni fa delle cose che<br />
nessuno al mondo si sogna di fare con la tromba, <strong>il</strong> sassofono, <strong>il</strong><br />
pianoforte, magari la batteria. A chi scrive queste note è capitato<br />
tante volte di rimanere abbagliato di fronte a un nuovo musicista<br />
che stava inventando qualcosa di inedito, oppure di restare incantato<br />
fino alle lacrime di fronte ad un grande vecchio, una leggenda<br />
del jazz che stava regalando su un palco di fortuna, o addirittura<br />
fra i tavoli di un ristorante con tanto chiasso attorno, la bellezza