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L’improvvisazione<br />
non si improvvisa *<br />
(prolegomeni<br />
per una didattica<br />
dell’improvvisazione)<br />
di Riccardo Brazzale<br />
In quindici secondi, la differenza fra im -<br />
prov visazione e composizione è che<br />
nella composizione hai tutto <strong>il</strong> tempo<br />
che vuoi per decidere cosa dire in quindici<br />
secondi, mentre nell’improvvisazione<br />
hai quindici secondi.<br />
Steve Lacy<br />
Partiamo da un presupposto: si insegna in via teorica ciò che già<br />
accade nella pratica. Se dunque qui si discute di come si possa<br />
insegnare l’improvvisazione significa che stiamo parlando di una<br />
prassi che esiste da tempo e che aspetta, finalmente, di essere<br />
tradotta in una teoria che ne garantisca un apprendimento ordinato<br />
e logico.<br />
L’improvvisazione è un atto che compete innanzitutto l’approccio<br />
alla quotidianità, e al linguaggio che, nella quotidianità, scorre:<br />
quan do si parla, si conversa, si discute, si espone, lo si fa di norma<br />
con spontaneità; in un certo senso si improvvisa, perché si può<br />
esser portati a farlo anche parlando di argomenti su cui non si è<br />
particolarmente preparati ma su cui è sufficiente avere un bandolo<br />
per partire a dipanare la matassa.<br />
È dunque più naturale improvvisare un intervento orale che pianificare<br />
una relazione scritta.<br />
Senza dubbio è dato normalmente conversare improvvisando<br />
quan do si è in famiglia o tra amici al bar; di norma, invece, si tende<br />
a non improvvisare un discorso (come si suol dire, a braccio)<br />
quando si è relatori a un importante convegno e si è convinti che<br />
sia molto più nelle aspettative generali che chi sta dietro al tavolo<br />
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