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G. Alioti, FIAT e relazioni industriali nell'età della globalizzazione - FAI

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Direzione: Aris Accornero, Carlo Dell'Aringa, Tiziano Treu<br />

Direttore responsabile: Massimo Mascini<br />

METALMECCANICI<br />

Fiat e <strong>relazioni</strong> <strong>industriali</strong> nell'età <strong>della</strong> <strong>globalizzazione</strong><br />

Argomento: Aziende, Cisl, Metalmeccanici<br />

Gianni <strong>Alioti</strong><br />

Ufficio Internazionale Fim-Cisl<br />

Gruppo di lavoro IMF sui Global Unions Networks<br />

La linea Fiat di destrutturare il sistema di <strong>relazioni</strong> <strong>industriali</strong> in Italia (dai livelli di<br />

contrattazione all'esercizio <strong>della</strong> rappresentanza sindacale) ha mostrato lo<br />

"spiazzamento" di tutto il sindacalismo italiano (e <strong>della</strong> Confindustria), di fronte alla<br />

<strong>globalizzazione</strong> e ai cambiamenti nei sistemi di produzione e nella catena del valore.<br />

Nel mondo globalizzato i capitali, le tecnologie, i prodotti e i servizi, sono liberi di<br />

muoversi attraverso le frontiere, al contrario delle persone. Siamo di fronte a un<br />

"capitalismo itinerante" che impone le regole del gioco. Sono le imprese<br />

transnazionali, le grandi reti di logistica e distribuzione commerciale a determinare i<br />

flussi degli investimenti e i luoghi di produzione e lavoro, mediante la subcontrattazione<br />

dei fornitori, i processi di de-localizzazione e la "produzione parallela"<br />

su scala mondiale.<br />

I Governi (compresi quelli comunisti) competono nell'offrire vantaggi agli investimenti<br />

delle imprese transnazionali. Quanto accade, ad esempio, in Cina, in Malesia o nelle<br />

"zone economiche speciali" disseminate, soprattutto, in Asia e nell'America centrale, ci<br />

riporta alle condizioni di sfruttamento del lavoro operaio conosciute nel XIX secolo:<br />

salari inferiori ai minimi vitali lavorando fino a 72 ore settimanali; straordinari<br />

obbligatori senza alcuna stabilità occupazionale; punizioni degradanti e nessuna tutela<br />

sindacale.<br />

Nel mondo sono centinaia di milioni i lavoratori privi del diritto fondamentale alla libertà<br />

sindacale. Inoltre, mentre le imprese transnazionali sono attori globali, la forza lavoro -<br />

anche quando è organizzata sindacalmente - lo è su base nazionale o aziendale e la<br />

contrattazione collettiva di settore o impresa avviene dentro le frontiere nazionali. I<br />

sindacati e i rappresentanti dei lavoratori hanno, pertanto, uno scarso o inesistente<br />

controllo, e nessuna influenza sulle scelte internazionali delle imprese. Per di più, le


costanti minacce di delocalizzazione, disinvestimento e ristrutturazione obbligano i<br />

sindacati a giocare in difesa e, spesso, ad accettare salari più bassi e orari di lavoro<br />

più lunghi in cambio di garanzie occupazionali.<br />

John Kenneth Galbraith aveva intuito, sin dagli anni '60, che le imprese transnazionali,<br />

in assenza di controlli, esercitano uno strapotere e che, pertanto, è necessario<br />

articolare istituzioni sociali che siano in grado di controbilanciare il peso e il potenziale<br />

predominio delle Corporate.<br />

La democrazia per essere effettiva, in una società caratterizzata dal pluralismo<br />

d'interessi, ha bisogno di un contrappeso tra i poteri e ciò deve valere anche per le<br />

Corporate. Per frenare e controbilanciare questo potere, affinché non si arrivi agli<br />

eccessi <strong>della</strong> Foxconn in Cina (la più grande azienda al mondo di componentistica<br />

elettronica) e allo stritolamento dell'individuo, deve svilupparsi la cooperazione<br />

transnazionale dei sindacati. Del resto, sin dalle sue origini il movimento operaio si era<br />

appoggiato a un'idea di cooperazione e solidarietà internazionale. A maggior ragione,<br />

oggi, è un imperativo sviluppare reti sindacali globali nelle imprese transnazionali,<br />

promuovendo la solidarietà, coordinando azioni su scala mondiale, impedendo la<br />

concorrenza tra i lavoratori. E' l'unica strada per frenare il crescente potere del capitale<br />

che, negli ultimi 30 anni, ha ridotto la quota del PIL destinata ai salari e aumentato la<br />

disuguaglianza dei redditi.<br />

Per questo la risposta alla Fiat di Marchionne, sia nelle sue espressioni antagoniste<br />

sia collaborative (riproposizione del vecchio dualismo italiota tra "apocalittici e<br />

integrati"), è inadeguata perché provinciale.<br />

Se il futuro del settore auto <strong>della</strong> Fiat passa da Detroit, sempre da Detroit parte il<br />

nuovo sindacalismo in grado di misurarsi con le sfide <strong>della</strong> <strong>globalizzazione</strong><br />

nell'industria dell'auto, cercando di recuperare i ritardi accumulati - specie -<br />

nell'azienda del Lingotto. Nella città nordamericana dove hanno sede Chrysler, Ford e<br />

Gm nel mese di ottobre 2010 si sono riuniti i leader sindacali delle principali case<br />

automobilistiche al mondo (con l'esclusione dei cinesi), per definire una strategia<br />

comune, nell'ambito dell'International Metalworkers Federation (IMF). Scopo<br />

dell'incontro costruire o rafforzare (dove già esistono) i Global Unions Networks nelle<br />

imprese transnazionali del settore.<br />

In quelle francesi (Psa e Renault), tedesche (Bmw, Bosch, Daimler, Volkswagen) si<br />

sono già sottoscritti accordi quadro internazionali e funzionano - da alcuni anni - i<br />

Comitati aziendali mondiali, proiezione su scala globale di quelli europei (i Cae). Nella<br />

svedese Volvo la partecipazione al Cae è stata estesa ai rappresentanti dei lavoratori


dei paesi extra-europei. Nelle imprese coreane (Hyundai-Kia) e giapponesi (Honda,<br />

Nissan e Toyota) oltre ai Cae delle consociate in Europa, esistono reti sindacali a<br />

livello asiatico. In quelle americane la Ford ha già funzionante la rete sindacale<br />

globale e il management ha firmato una lettera d'impegno per negoziarne il<br />

riconoscimento, insieme a un accordo quadro internazionale, mentre Gm - oltre che in<br />

Nord-America - ha un network sindacale a livello europeo (Opel-Vauxhall). In Fiat-<br />

Chrysler si è avviato un processo di costruzione <strong>della</strong> rete sindacale globale che<br />

prenderà corpo a Torino nel prossimo giugno.<br />

Se il mondo gira velocemente, non si può continuare a restare fermi! Se non si vuole<br />

accettare il dominio, cioè un sistema di potere che è monopolio solo di una parte (i<br />

manager che rispondono solo agli azionisti e al mercato finanziario), i sindacati<br />

devono acquisire una capacità di risposta ai cambiamenti imposti dalla<br />

<strong>globalizzazione</strong>. Devono immaginare il futuro! ....E il futuro del sindacalismo industriale<br />

e <strong>della</strong> contrattazione collettiva passerà sempre meno dai centri confederali nazionali,<br />

e sempre più dai crocevia internazionali.<br />

Al "capitalismo itinerante" e alle sfide <strong>della</strong> competitività globale bisogna rispondere<br />

con una visione transnazionale che poggi saldamente i piedi nei pavimenti (a livello<br />

shop-floor) delle fabbriche, degli uffici e dei centri di ricerca. In questa prospettiva,<br />

anche le <strong>relazioni</strong> <strong>industriali</strong> in Italia, andranno ripensate spostandone il baricentro<br />

verso la dimensione internazionale e verso il livello aziendale o di distretto industriale<br />

locale.<br />

Se con le Newco di Pomigliano e Mirafiori è stata la Fiat a segnare un punto a suo<br />

favore verso il livello unico di contrattazione aziendale, sono i sindacati che devono<br />

assumere l'iniziativa (vincendo le incertezze del passato), affinché Sergio Marchionne<br />

riconosca il network sindacale globale di Fiat-Chrysler come interlocutore e si avvii un<br />

negoziato per un accordo quadro internazionale (sull'esempio di quelli firmati dai<br />

principali competitor di Fiat nel settore auto) sulla responsabilità sociale e ambientale<br />

e sui diritti fondamentali del lavoro (quest'ultimi estesi anche alla catena dei fornitori).<br />

Gruppi come la Volkswagen e la Peugeot Citroen, che hanno alle spalle alcuni anni di<br />

<strong>relazioni</strong> sindacali a livello transnazionale, si sono spinti oltre. Il management di<br />

Volfsburg ha firmato con i sindacati a livello globale una "Carta sulle <strong>relazioni</strong> sindacali<br />

nel Gruppo" nella quale sono definiti i diritti d'informazione, consultazione e codecisione,<br />

applicabili in ciascuna unità produttiva (pur in contesti legislativi e<br />

contrattuali molto diversi), sui temi come l'organizzazione del lavoro, i sistemi<br />

retributivi, la formazione professionale, la salute e sicurezza, la sostenibilità sociale e<br />

ambientale ecc.. I francesi di Psa, con i quali peraltro Fiat Auto gestisce la joint-


venture di Sevel, nell'accordo quadro internazionale rinegoziato nel 2010, oltre la<br />

promozione del rispetto dei diritti fondamentali del lavoro (nei propri siti e in quelli dei<br />

fornitori), hanno esteso l'intesa ai diritti di informazione e consultazione, alla gestione e<br />

sviluppo delle risorse umane, all'impatto dell'attività dell'impresa sui vari territori<br />

d'insediamento e alla tutela dell'ambiente.<br />

A un'evoluzione delle <strong>relazioni</strong> <strong>industriali</strong> transnazionali nell'età <strong>della</strong> <strong>globalizzazione</strong>, il<br />

management "culturalmente vecchio" <strong>della</strong> Fiat, si è finora sottratto. La resistenza ai<br />

cambiamenti non è (purtroppo) un'esclusiva sindacale. In un clima gerarchico -<br />

autoritario, ancora largamente presente nelle fabbriche italiane dell'auto, non si<br />

sviluppa né l'innovazione, tantomeno il clima di partnership necessario per vincere le<br />

sfide <strong>della</strong> produttività, <strong>della</strong> qualità, del miglioramento continuo, cioè le sfide vere<br />

<strong>della</strong> competitività non riducibili solo al costo del lavoro, ma all'insieme dei fattori di<br />

costo (materie prime e componenti, energia, logistica ecc.). La nuova organizzazione<br />

del lavoro basata sul WCM e l'Ergo-Uas presuppone il rispetto <strong>della</strong> persona e delle<br />

sue esigenze.<br />

Non si può continuare a gestire una Global Company dall'Italia con nostalgie sabaude.<br />

Gli amici Bob King e General Holiefield, presidente e vice del sindacato americano<br />

dell'auto, hanno scelto la cooperazione e non il conflitto per la fuoriuscita dalla crisi di<br />

Chrysler (come di Ford e Gm). Sono, però, altrettanto chiari nell'affermare che "la<br />

collaborazione è possibile solo con quelle aziende che consentono la rappresentanza<br />

sindacale e rispettano i diritti".

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