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Anno 1 n. 10 / 2007<br />
<strong>novembre</strong> – <strong>dicembre</strong><br />
GIUSTIZIA: BUONE LEGGI E FALSI ALLARMI<br />
Nuovi attacchi alla Gozzini, mentre mancano le misure<br />
alternative che dovevano seguire l’indulto.<br />
L’importanza di un dialogo col Tribunale di Sorveglianza.<br />
SEX OFFENDERS:<br />
CABARET:<br />
CASCINA BOLLATE:<br />
VIAGGI:<br />
I detenuti chiedono<br />
un progetto<br />
condiviso<br />
Un laboratorio<br />
sulle tracce del<br />
comico<br />
Nasce la nuova coop<br />
florovivaistica: sono<br />
rose e fioriranno<br />
Le due facce<br />
del Perù, da Cuzco<br />
a Lurigancho<br />
a pag. 12<br />
a pag. 18<br />
a pag. 30<br />
a pag. 24
Sommario<br />
Editoriale<br />
Il nostro regalo di Natale<br />
Giustizia: il flagello dei luoghi comuni pag. 4<br />
Sarebbe un grave ritorno al passato pag. 5<br />
Cronaca di una liberazione... Posticipata pag. 6<br />
Dimmi come ti chiami e ti dirò se esci pag. 7<br />
Ansia di giustizia o pregiudizio conservatore pag. 7<br />
La legge Gozzini e le misure alternative pag. 8<br />
Indulto ok, ma mancano le misure alternative pag. 10<br />
Esperimenti di laboratorio pag. 11<br />
Noi sex offender, tra incudine e martello pag. 12<br />
Linee guida del progetto sex offender pag. 13<br />
Non decidete sulle nostre teste pag. 14<br />
Giusta protesta e doverosa retifica pag. 15<br />
È qui la festa! pag. 16<br />
Sulle traccie del comico pag. 18<br />
Fiori e dolori, ma soprattutto fiori pag. 19<br />
Incontro a Padova sull’informazione pag. 20<br />
Woostock... ad occhi chiusi pag. 20<br />
Betlemme ricostruita a Bollte pag. 21<br />
Notizie dal mondo pag. 22<br />
Dove ti porterei (Se non fossi qui) pag. 24<br />
Ma che bella pensata pag. 26<br />
Ottima idea, si può fare... pag. 27<br />
Vai in galera con un clic: www.carcerebollate.it pag. 27<br />
Calcio / Per quest’anno niente trasferte pag. 28<br />
La Rubrica / nell’attesa fiorisce la speranza pag. 29<br />
Sono rose e fioriranno pag. 30<br />
L’oroscopo del carcerato pag. 31<br />
Ci potete trovare on-line sul sito www.carcerebollate.it<br />
cartebollate@libero.it<br />
I guai peggiori di questo mondo,<br />
non li provoca colui<br />
che racconta quello che sa,<br />
ma colui che racconta<br />
più di quello che sa<br />
il nuovo<br />
carte<strong>Bollate</strong><br />
via c. belgioioso, 120<br />
20157 milano<br />
Redazione<br />
cristina bassetto<br />
davide casati<br />
michele de biase<br />
alessandro de luca<br />
(grafica e impaginazione)<br />
gianluigi faltracco<br />
enrico lazzara<br />
mario mauri<br />
(direttore responsabile)<br />
nino miksa<br />
federica Neeff<br />
arianna pellegrino<br />
francesco ribezzo<br />
(fotoreporter)<br />
susanna ripamonti<br />
(vicedirettore)<br />
hanno collaborato<br />
a questo numero:<br />
cristian belloni<br />
maddalena capalbi<br />
lucia castellano<br />
vladimiro cislaghi<br />
don fabio fossati<br />
susanna magistretti<br />
adriano pasqual<br />
alfredo perri<br />
stampa<br />
echo communication<br />
milano<br />
editore<br />
gruppo carcere<br />
mario cuminetti<br />
onlus<br />
via tadino, 18<br />
milano<br />
Pubblicazione realizzata con il contributo della<br />
FONDAZIONE CARIPLO<br />
Questo numero di carte<strong>Bollate</strong><br />
è stato chiuso in redazione<br />
alle ore 18,30 di mercoledì<br />
5 <strong>dicembre</strong> 2007<br />
comitato editoriale<br />
nicola de rienzo<br />
renato mele<br />
franco moro visconti<br />
maria chiara setti<br />
Registrazione Tribunale di Milano<br />
n. 862 del 16 <strong>novembre</strong> 2005
Il nostro regalo di Natale<br />
La copertina richiama, tra l’altro, che questo, che esce vicino a Natale, è<br />
l’ultimo numero di “carte<strong>Bollate</strong>” datato 2007. Tempo di feste, per chi le<br />
può celebrare, di speranze per chi riesce a percepire che si riduce, sia pure<br />
lentamente, il peso del debito contratto con la società e si avvicina quindi la<br />
possibilità di ottenere dalla vita il risarcimento delle sfortune che ci sono toccate<br />
e degli inganni in cui siamo caduti. Un tempo anche di bilanci e noi della<br />
redazione ripercorriamo la strada fatta con il nostro lavoro. Il giornale è, nel suo<br />
genere, una testata affermata. Siamo conosciuti, abbiamo una carta di identità<br />
grafica che ci accredita non solo come organo di informazione, ma anche come<br />
sede di dibattito sui problemi della giustizia.<br />
Cerchiamo di essere riflessivi, e spesso ci sembra, riusciamo ad apparire<br />
tali; scopriamo tra di noi gente che ha il “bernoccolo” del giornalismo per cui<br />
scrivere e impaginare “carte<strong>Bollate</strong>” non è solo un modo per passare il tempo,<br />
ma anche per lasciare tracce di sé stessi nella attenzione di chi ci segue e ci legge.<br />
Qui non è facile mantenere viva la propria capacità di ragionare e di coltivare<br />
idee e convinzioni su quello che accade. Il giornale “costringendoci” a mettere<br />
in fila pensieri e a manifestare sentimenti ci aiuta a farlo e la nostra ambizione<br />
è che anche chi ci legge finisca per riprendere un po’ di familiarità con quello<br />
che gli passa per la testa al di là del tormento per la condizione presente, della<br />
monotonia di giornate che rischiano di essere tutte uguali, dei ricordi struggenti<br />
e delle amarezze. Con le nostre cronache, come quelle recenti sulla inaugurazione<br />
delle nuove stanze per i colloqui e sulla “mitica” Notte bianca, cerchiamo di<br />
confrontare opinioni emozioni e sentimenti tra di noi e con quelli che ci leggono<br />
accorgendoci che la vita in comune non è un panorama piatto e uniforme, ma<br />
è spesso la sollecitazione a tirar fuori, anche qui, quello che abbiamo di più<br />
personale: un anticipo di quello che riavremo un giorno quando potremo tornare<br />
ad essere quello che liberamente possiamo esprimere.<br />
La festa della Notte bianca è stata, da questo punto di vista, un anticipo sui<br />
risarcimenti che ci aspettiamo dalla vita e una prova di quello che siamo in grado<br />
di mettere insieme per far stare bene gli altri e ritrovare noi stessi col giornale,<br />
la musica, la cucina, l’esibizione in teatro. Il valore di tutto questo consiste nel<br />
fatto che mentre recuperiamo voglia di vivere e di riscoprire capacità pratiche<br />
e inventiva, non dimentichiamo i problemi più veri e più duri della nostra<br />
condizione attuale. Su “carte<strong>Bollate</strong>” abbiamo preso di petto questioni non facili<br />
come quelle della sanità, del lavoro che facciamo, dei prezzi che paghiamo per<br />
comperare le cose che ci servono e ci aiutano a vivere. Sono state belle inchieste<br />
dalle quali ci aspettiamo miglioramenti pratici.<br />
In questo numero del giornale torniamo ad interrogarci su problemi che ci<br />
riguardano da vicino nella prospettiva della riabilitazione da una parte e sulle<br />
condizioni in cui dobbiamo vivere ora dall’altra.<br />
Per quanto riguarda il primo aspetto ci occupiamo<br />
delle norme che regolano il percorso verso il fine<br />
pena e le pene alternative mentre, per quanto<br />
riguarda l’oggi ci interroghiamo sulla coesistenza<br />
tra responsabili di reati diversi in uno stesso carcere,<br />
con particolare riferimento a chi sconta la pena per<br />
reati sessuali. In entrambi i casi cerchiamo di dare un<br />
contributo al dibattito generale che si svolge dentro e<br />
fuori del carcere e non soltanto di risolvere problemi<br />
nostri e di uscire da qualche dubbio. È anche questo<br />
un modo per sentirci vivi e partecipi di quella società<br />
in cui fermamente vogliamo, un giorno, reinserirci.<br />
Di questa società cogliamo in questi giorni la<br />
parentesi festosa del Natale e dintorni ma senza<br />
scordarci (e come potremmo ...) delle condizioni in<br />
cui “festeggiamo”. Speriamo che le nostre discussioni<br />
siano accolte fuori di qui come un regalo, un dono<br />
natalizio: il dono del senso di responsabilità che tanto<br />
vorremmo che ci fosse riconosciuto nella difficile<br />
particolarità della nostra condizione.<br />
carte<strong>Bollate</strong> 3
Parliamo del “Progetto <strong>Bollate</strong>” con la gente e con la magistratura<br />
Giustizia: il flagello dei luoghi comuni<br />
Nel nostro Paese due pilastri reggono i rapporti<br />
tra lo Stato, la società e i cittadini<br />
che hanno conti da regolare con la giustizia:<br />
la Costituzione secondo cui “le pene… devono<br />
tendere alla rieducazione del condannato”, e la<br />
legge Gozzini che ammette l’adozione da parte del<br />
magistrato di misure alternative alla detenzione.<br />
Indulto e amnistia manifestano inoltre come la<br />
giustizia non sia solo quella retributiva e condoni<br />
una parte della pena a determinate condizioni.<br />
Di tutto ciò nel recente e recentissimo passato<br />
si è molto parlato, a proposito e a sproposito, di<br />
detenuti “usciti” per l’indulto che sono tornati a<br />
delinquere, di ammessi a regimi alternativi al carcere<br />
che hanno compiuto reati (anche gravissimi),<br />
e della necessità di garantire la sicurezza eliminando<br />
ogni possibilità di interruzione della pena.<br />
In tutti i casi la polemica si è scaricata sulle<br />
norme che in definitiva sono i cardini della civiltà<br />
giuridica del paese: basta con i crediti ai detenuti,<br />
basta con le possibilità di interruzione della pena,<br />
basta con i provvedimenti di clemenza.<br />
L’opinione pubblica viene indotta a considerare<br />
necessario per la sicurezza del paese l’azzeramento<br />
di tutto quello che da decenni viene<br />
indicato come il percorso del recupero di chi ha<br />
sbagliato e tende alla sua riabilitazione.<br />
In realtà reazioni emotive a episodi oggettivamente<br />
preoccupanti o raccapriccianti si ripetono,<br />
senza che poi nessuno, occorre dire fortunatamente,<br />
abbia la volontà politica o il coraggio morale<br />
di cambiare la Costituzione, abrogare la Gozzini,<br />
rinunciare all’indulto o ad altri provvedimenti di<br />
clemenza.<br />
Appena si verificano episodi che turbano la<br />
coscienza pubblica o creano sconcerto nell’osservatore<br />
preoccupato da ritorni di violenza, invece<br />
di considerare quali siano le cause occasionali dei<br />
reati commessi, o di esaminare se le leggi siano<br />
state correttamente applicate, soprattutto nel caso<br />
di concessione di misure alternative, si preferisce<br />
una massimalistica condanna di tutto ciò che<br />
apparentemente ha aperto la strada a questo o a<br />
quell’episodio.<br />
Passato il momento più alto dell’emozione le<br />
leggi rimangono, fortunatamente, quello che sono,<br />
ma non è detto che un danno non sia stato compiuto.<br />
Innanzitutto rimane nell’opinione pubblica<br />
l’immagine deteriorata dei detenuti come persone<br />
irrecuperabili, o quanto meno inaffidabili. Inevitabilmente<br />
si complica e rallenta la concessione di<br />
provvedimenti di clemenza o di benefici maturati.<br />
Si rende la vita più difficile a quanti, scontata la<br />
pena, devono – nel reinserimento nella società,<br />
nel lavoro, nella famiglia – scontare anche la retorica<br />
negativa che li accompagna. Come volontario<br />
in questo carcere sento in modo particolare la<br />
distanza tra l’idealità di un “progetto <strong>Bollate</strong>” che<br />
fa del senso di autoresponsabilità della persona<br />
detenuta il perno di un percorso di reinserimento,<br />
e la realtà quotidiana che, dentro e fuori le mura,<br />
ne contrasta la realizzazione in mille modi e<br />
carte<strong>Bollate</strong> 4<br />
sovraffollamento carcerario<br />
comportamenti. Un contributo alla soluzione di<br />
questi contrasti può essere dato da una maggiore<br />
conoscenza, anche all’esterno, del “progetto<br />
<strong>Bollate</strong>” e delle sue non solo utopiche possibilità<br />
di realizzazione, nel contesto dell’attuale quadro<br />
legislativo.<br />
Per questo gli operatori dello “Sportello giuridico”<br />
hanno pensato di proporre degli incontri<br />
mensili su alcuni temi che l’esperienza quotidiana<br />
segnala come particolarmente significativi; e<br />
si vorrebbe iniziare questi incontri analizzando<br />
il rapporto tra Magistratura di sorveglianza e<br />
popolazione detenuta, cercando di individuare<br />
le modalità con cui si possa realizzare una<br />
più costante presenza del Magistrato “dentro” il<br />
carcere. Si proseguirà poi mettendo a fuoco, di<br />
volta in volta, altri temi individuati dall’indagine<br />
promossa con un questionario in distribuzione<br />
all’interno del carcere.<br />
Non si tratterà di lezioni accademiche o<br />
teoriche relazioni, ma di un concreto confronto<br />
aperto e dialogante, in cui si vorrebbe coinvolgere<br />
la partecipazione attiva di tutte le persone che a<br />
vario titolo vivono nel carcere e non intendono<br />
considerarla una vita sprecata.<br />
Franco Moro Visconti.<br />
GERARDO D’AMBROSIO:<br />
ECCO PERCHÈ L’INDULTO NON HA FUNZIONATO<br />
Gerardo D’Ambrosio è stato uno dei migliori magistrati che hanno operato a Milano<br />
ed è attualmente uno dei parlamentari che offrono maggiori garanzie di competenza<br />
in materia giudiziaria. Per questo è importante tenere in considerazione quanto<br />
ha scritto recentemente sul settimanale ‘Oggi’ a proposito dell’indulto. I detenuti<br />
nelle carceri italiane, sottolinea, sono 65mila a fronte di 45 mila posti disponibili. Con l’indulto<br />
si sarebbe dovuto ottenere l’eliminazione temporanea del sovraffollamento, impedire quindi<br />
una maggiore afflittività della pena, e consentire allo Stato di adottare provvedimenti per evitare<br />
che il fenomeno si ripeta. Ciò non è accaduto, a giudizio di D’Ambrosio, per diversi motivi,<br />
soprattutto per l’estensione del provvedimento da 24 mila condannati detenuti con pena inferiore<br />
ai 3 anni ai 58 mila ancora liberi perché in attesa della pronuncia sulle loro istanze di affidamento<br />
al servizio sociale. C’erano insomma le premesse perché, come i precedenti, anche<br />
quest’ultimo indulto non servisse per più di un anno dal punto di vista del sovraffollamento<br />
delle carceri. D’Ambrosio ha proposto di fare subito una legge per evitare il passaggio nelle<br />
carceri di circa 12 mila extracomunitari che non hanno commesso delitti ma che, lavorando “in<br />
nero”, risultano recidivi nell’ inosservanza dei provvedimenti di espulsione.<br />
La proposta di D’Ambrosio non è stata accolta e le cose sono rimaste com’erano, senza che siano<br />
stati adeguati gli stanziamenti a favore dell’edilizia carceraria, e senza che si sia provveduto<br />
a soluzioni diverse quali la sostituzione del carcere con pene diverse ma altrettanto dissuasive,<br />
la previsione di nuove misure alternative con diversa e più efficace struttura di servizi sociali,<br />
braccialetti elettronici per la carcerazione preventiva, e altro. Provvedimenti che risolverebbero<br />
il problema in tempi più brevi e con più efficacia rispetto all’indulto.
Isolati episodi di cronaca mettono a rischio le conquiste della legge Gozzini<br />
Sarebbe grave un ritorno al passato<br />
Si scatenata una bufera dopo ogni episodio<br />
di cronaca che coinvolge un detenuto o un<br />
ex detenuto. Il più eclatante degli ultimi<br />
mesi è stato il caso di Cristoforo Biancone, un ex<br />
brigatista condannato all’ergastolo, ammesso al<br />
regime della semilibertà a Vercelli, che durante<br />
la fruizione di un permesso premio di tre giorni,<br />
si è recato nel cuore del centro storico di Siena<br />
dove, durante il tentativo di rapinare una banca,<br />
è stato arrestato.<br />
Sono episodi che, ogni volta che accadono,<br />
ripropongono il dibattito sull’opportunità di<br />
rivedere la Legge Gozzini e le misure alternative<br />
al carcere: dalle barricate, da entrambi gli<br />
schieramenti politici, si levano più voci che<br />
chiedono la certezza della pena e un giro di vite<br />
sulle misure alternative. Per taluni la soluzione<br />
potrebbe essere quella di fare di tutta l’erba un<br />
fascio e di conseguenza buttare via le chiavi dei<br />
nostri istituti dopo averli sovraffollati.<br />
Però bisogna fare una attenta analisi di chi,<br />
come e quando ha commesso un reato, di che<br />
percorso ha portato avanti durante la detenzione,<br />
di che lavoro di critica introspettiva ha fatto, e si<br />
devono anche guardare i numeri del fenomeno<br />
della recidiva che chissà perché, il momento<br />
emotivo ci fa sempre dimenticare.<br />
Certo preoccupano tutti questi<br />
accadimenti.<br />
<br />
Si preoccupa la<br />
società esterna e si chiede che senso<br />
abbia riammettere al proprio interno persone<br />
che, dopo essere state condannate all’ergastolo<br />
per concorso in sei omicidi e due tentati omicidi,<br />
e dopo aver passato 25 anni in carcere riprendono,<br />
una volta data loro fiducia, a fare una vita<br />
fuori dalle righe.<br />
Ma si preoccupano anche i detenuti che<br />
stanno tentando di portare avanti fra mille difficoltà<br />
un percorso di rieducazione che li porti<br />
fuori dal carcere dando loro una possibilità di<br />
vita dentro quelle righe. I detenuti si temono una<br />
paventata – se ne è parlato in alcuni telegiornali<br />
– abolizione o rivisitazione in senso restrittivo<br />
della Legge Gozzini. È facile immaginare quali<br />
potrebbero essere gli effetti se ad una persona,<br />
in qualsivoglia condizione, non si offrono degli<br />
incentivi – come è stato con l’introduzione della<br />
Gozzini – che la stimolino a fare un certo percorso<br />
per arrivare ad un dato obiettivo. E che si<br />
raggiunga o meno l’obiettivo non importa.<br />
Chi ha vissuto il “mondo carcere” prima<br />
dell’entrata in vigore di questa Legge descrive<br />
una situazione da far west. Allora la sicurezza<br />
degli istituti era a livelli minimi e il minacciato<br />
ritorno a condizioni simili alla normativa precedente<br />
sarebbe disastroso. La violenza all’interno<br />
degli istituti era a livelli alti. Oggi nelle carceri<br />
gli episodi di pericolo sono minimi e durante le<br />
perquisizioni che vengono effettuate nelle celle<br />
al massimo si trova qualche telefonino o uno<br />
pseudo-coltello che di solito viene preparato dal<br />
detenuto più che altro per usarlo in cucina, non<br />
come arma. Allora era normale, invece, trovare<br />
pistole e simili. In passato l’unico fine della<br />
carcerazione era aspettare improduttivamente<br />
il fine pena.<br />
Oggi all’interno degli istituti si frequentano<br />
corsi scolastici, professionali, universitari, si lavora<br />
e si portano avanti varie attività<br />
trattamentali.<br />
In questi anni gli studi effettuati<br />
sull’efficacia delle misure alternative<br />
al carcere hanno rilevato<br />
dati positivi, che vengono per lo<br />
più taciuti. Solo l% di chi ottiene<br />
un permesso premio non<br />
rientra in istituto o commette<br />
reati durante la fruizione dello<br />
stesso permesso. I dati ci danno<br />
una elevata di recidività per chi<br />
esce dal carcere senza aver portato avanti un<br />
percorso trattamentale comprensivo delle misure<br />
alternative, mentre tale percentuale è molto<br />
inferiore per chi invece ha beneficiato delle<br />
opportunità offertegli, tra cui, appunto, quelle<br />
della Legge Gozzini.<br />
Viviamo quindi un momento di grande<br />
contraddizione.<br />
Di fronte ad ogni fatto di cronaca commesso<br />
da persone scarcerate grazie all’ammissione ad<br />
una misura alternativa o “graziati” dall’indulto<br />
ci si indigna e si critica lo stato attuale delle<br />
cose, e l’unica soluzione che viene ipotizzata è<br />
quella di “chiudere i rubinetti” sulla concessione<br />
di questi benefici. Invece, se solo si valutassero<br />
attentamente i risultati degli studi cui accennavo<br />
poc’anzi, ci si spingerebbe esattamente nella<br />
direzione opposta.<br />
Si è criticato il Magistrato di Sorveglianza<br />
che ha ammesso alla semilibertà Biancone e lo<br />
staff trattamentale che lo ha valutato, ma ci si<br />
dimentica che queste figure a cui è demandato<br />
il compito di valutare e accompagnare i detenuti<br />
nel loro percorso, sono in numero decisamente<br />
insufficiente per svolgere il loro lavoro in modo<br />
completo. In tante carceri italiane riuscire a<br />
parlare con un educatore o con uno psicologo<br />
è quasi un’utopia. A me personalmente, in un<br />
istituto del nord Italia, è capitato addirittura di<br />
chiedere un colloquio con uno di loro e sentirmi<br />
rispondere che “l’educatore non fa colloqui con i<br />
detenuti: ce n’è uno solo per oltre 400 persone”.<br />
Questo fatto si commenta da solo: come<br />
fa una sola persona a seguire i percorsi di 400<br />
detenuti per giunta se non li incontra<br />
Cosa succederà in Parlamento riguardo a<br />
questa legge ce lo dirà solo il tempo, ma la<br />
speranza di tanti e soprattutto dei detenuti è<br />
che, invece di continuare a tagliare i fondi alle<br />
spese per l’esecuzione penale – dove i fondi sono<br />
ridotti ad 1⁄4 di quelli che erano sette anni fa<br />
– si investisse in modo serio in risorse umane per<br />
accompagnare i detenuti nel loro cammino e per<br />
far funzionare le misure alternative.<br />
Si offrirebbe così a tanti compagni la possibilità<br />
di reinserirsi nella società e si creerebbe<br />
più sicurezza rispetto a quanta non ve ne sia già<br />
durante l’esecuzione esterna di una condanna<br />
detentiva.<br />
Enrico Lazzara<br />
carte<strong>Bollate</strong> 5
Avrebbe potuto uscire dal carcere, ma ce l’ha fatta solo 43 giorni dopo<br />
Cronaca di una liberazione... posticipata<br />
La lentezza della giustizia colpisce ancora e azzera gli sconti di pena<br />
carte<strong>Bollate</strong> 6<br />
54 dell’ordinamento penitenziario<br />
dispone che “al condannato a<br />
L’articolo<br />
pena detentiva che abbia dato prova<br />
di partecipazione all’opera di rieducazione<br />
è concessa quale riconoscimento di tale<br />
partecipazione e ai fini del suo più efficace<br />
reinserimento nella società una detrazione di<br />
45 giorni per ogni singolo semestre di pena<br />
scontata”.<br />
Si tratta dei cosiddetti “giorni” che il detenuto<br />
tende a considerare un “diritto” alla<br />
liberazione prima della scadenza della pena<br />
comminatagli, un “diritto” acquisito per effetto<br />
del buon comportamento, ma che diventa<br />
tale, invece, e non solo per un argomento<br />
letterale di cui al 2° comma dell’art. 54 (“la<br />
concessione del beneficio è comunicata ...”),<br />
solo dopo che il Magistrato di sorveglianza ne<br />
abbia verificato la sussistenza dei presupposti<br />
che sono:<br />
1) la definitività della sentenza di condanna<br />
2) il buon comportamento cui è equiparata<br />
nella prassi l’assenza di rilievi disciplinari.<br />
Ma, al di là dell’apparente semplicità, il<br />
percorso per ottenere la liberazione anticipata<br />
è disseminato di ostacoli, a volte prevedibili, a<br />
volte meno, come dimostra il caso di B.R.N.<br />
Arrestato il 19.3.07 per violazione dell’art.<br />
14 della Legge Bossi-Fini con sentenza 29.3.07<br />
del Tribunale di Milano viene condannato,<br />
senza sospensione condizionale, a 8 mesi di<br />
reclusione, con fine pena quindi al 18.11.07.<br />
Con ordinanza 19.9.07 la Corte d’Appello<br />
di Milano, sez. I penale, preso atto che con<br />
dichiarazione resa all’ufficio matricola della<br />
casa di reclusione il 6.7.07 B.R.N. aveva rinunciato<br />
all’impugnativa per lui proposta dal<br />
difensore fiduciario il 23.4.07, e che il 6.9.07<br />
aveva sollecitato “l’esecuzione della pena”,<br />
dichiara inammissibile l’appello avverso la<br />
sentenza emessa nei suoi confronti il 29.3.07<br />
dal Tribunale di Milano e ordina l’esecuzione<br />
della sentenza stessa.<br />
Tale ordinanza depositata il 21.9.07 perviene<br />
alla segreteria della Procura generale di<br />
Milano il 25.9.07 e viene notificata anche al<br />
detenuto perchè l’art. 591, 3° comma c.p.p.<br />
così dispone, essendo soggetta a ricorso per<br />
cassazione.<br />
Con istanza 14.10.07 il detenuto B.R.N.<br />
chiede i 45 giorni relativi al semestre dal<br />
19.3 al 19.9.07 e fa presente che la concessione<br />
del beneficio consentirebbe l’immediata<br />
scarcerazione in quanto ha il fine pena fissato<br />
per il 18.11.07.<br />
L’istanza viene trasmessa via fax dal carcere<br />
il 16 ottobre al Magistrato di sorveglianza<br />
ed in copia alla direzione del carcere di S.<br />
Vittore, dove è stato recluso dal 19.3.07 al<br />
5.4.07 perchè trasmetta il rapporto informativo<br />
di sua competenza.<br />
Quello relativo al periodo trascorso a <strong>Bollate</strong><br />
evidenzia che dal 5 aprile ad oggi (16 ottobre)<br />
non risulta alcun rilievo disciplinare, e<br />
alla luce di tali dati si conclude che il detenuto<br />
ha dato prova di partecipazione all’opera di<br />
rieducazione.<br />
Ma il 19 ottobre il Magistrato competente<br />
dichiara inammissibile l’istanza perchè il titolo<br />
(la sentenza di condanna) non è definitivo.<br />
Con fax 23 ottobre la direzione del carcere<br />
“come da conversazione telefonica avvenuta in<br />
data odierna” ritrasmette l’istanza di liberazione<br />
anticipata e sulla copia di tale fax risulta<br />
annotato (dal segretario del Magistrato) “si<br />
conferma che la sentenza relativa al detenuto<br />
B.R.N. non è ancora divenuta definitiva<br />
(mancano le notifiche)”.<br />
A questo punto, accompagnata dalla notizia<br />
che il detenuto ha iniziato lo sciopero della<br />
fame, la questione viene segnalata all’operatore<br />
esterno dello sportello giuridico che sabato<br />
27 ottobre, su consiglio in tal senso del funzionario<br />
della cancelleria della Corte d’Appello,<br />
anche se molto perplesso sulla sua necessità,<br />
redige dichiarazione con cui B.R.N. rinuncia<br />
all’impugnativa dell’O.I.A. (ordinanza di<br />
inammissibilità appello) che era stata emessa<br />
dalla Corte il 19.9.07, e rinnova richiesta di<br />
passaggio in giudicato ed emissione dell’ordine<br />
di esecuzione.<br />
Tale dichiarazione, con espressa manoscritta<br />
indicazione del numero di fax della<br />
Corte d’Appello cui andava inviata con urgenza,<br />
viene invece inviata dal carcere, per errore,<br />
al Tribunale, sezione direttissime, e solo dopo<br />
uno scambio di telefonate lunedì 29 ottobre<br />
tra il volontario esterno dello sportello ed un<br />
educatore viene rispedita alla cancelleria della<br />
Corte d’Appello, dove il venerdì 2 <strong>novembre</strong><br />
si può constatare che è pervenuta, ed al funzionario<br />
presente viene segnalata l’urgenza di<br />
trasmettere il fascicolo all’ufficio esecuzione<br />
della Procura.<br />
Con la complicità dei festivi infrasettimanali<br />
e relativi ponti di chi dovrebbe provvedere,<br />
B.R.N. continua ad aspettare nel carcere,<br />
dal quale teoricamente avrebbe potuto uscire<br />
fin dal 4 ottobre.<br />
Il 10 <strong>novembre</strong> viene predisposta ed inviata<br />
via fax altra istanza di sollecito della concessione<br />
dei giorni, sul presupposto della avvenuta<br />
emissione del “definitivo”: però, nonostante<br />
ciò sia evidenziato nel testo dell’istanza, la<br />
nota accompagnatoria di trasmissione all’Ufficio<br />
di sorveglianza, e per conoscenza alla<br />
direzione del carcere di San Vittore, ancora<br />
reca l’indicazione (errata) dello “stato giuridico:<br />
appellante” che potrebbe ancora indurre<br />
in errore.<br />
Sta di fatto che, non si sa per quale misterioso<br />
motivo, la mattina del 14 <strong>novembre</strong><br />
questa ennesima istanza non risulta ancora<br />
pervenuta all’ufficio liberazioni anticipate del<br />
Tribunale di Sorveglianza. Solo la disponibilità<br />
del funzionario dell’ufficio che, accertato<br />
che la sentenza fosse definitiva, telefona direttamente<br />
al carcere di <strong>Bollate</strong> per sollecitare il<br />
formale (re)inoltro dell’istanza esibitagli in<br />
copia dal volontario ed a quello di San Vittore<br />
perchè mandi le note comportamentali del<br />
detenuto dal 19.3.07 al 5.4.07 (che la direzione<br />
di quel carcere non aveva ancora trasmesso,<br />
nonostante la prima richiesta fosse del 14 ottobre),<br />
consente di acquisire subito la documentazione<br />
necessaria perchè il giorno dopo il<br />
Magistrato di Sorveglianza emetta il seguente<br />
provvedimento:<br />
(omissis)<br />
P.Q.M.<br />
• visti gli art.li 54, 59 bis O.P.<br />
DISPONE<br />
• che il condannato sia ammesso al beneficio<br />
della liberazione anticipata per il periodo<br />
19.3.07 al 18.9.07 e che la sua pena detentiva<br />
sia ridotta di giorni 45.<br />
A questo punto la cronaca termina.<br />
B.R.N. è uscito dal carcere 2 giorni prima<br />
della scadenza del suo fine pena, ma dopo aver<br />
scontato 43 giorni di detenzione non più dovuta,<br />
se si deve attribuire un senso al provvedimento<br />
del Magistrato che aveva in extremis,<br />
disposto che la “sua pena detentiva sia ridotta<br />
di giorni 45”.<br />
Ogni commento guasterebbe, ma alle tante<br />
domande che questa vicenda pone qualcuno<br />
dovrebbe rispondere.<br />
F. M. V.
Progetto <strong>Bollate</strong> e Tribunale di Sorveglianza<br />
Dimmi come ti chiami e ti dirò se esci<br />
Le disomogeneità “anagrafiche” di accesso ai benefici di legge<br />
A<br />
vere una iniziale del proprio cognome<br />
anziché un’altra a volte può essere molto<br />
importante nelle carceri milanesi, nonostante<br />
siano molte diverse tra loro.<br />
Quando si arriva qui a <strong>Bollate</strong> si diventa<br />
parte attiva di un certo progetto, il famoso ‘Progetto<br />
<strong>Bollate</strong>’, che volente o nolente ti coinvolge<br />
fino a farti diventare parte attiva dello stesso.<br />
Il tempo sta dimostrando la validità di<br />
questo progetto che, tra i vari punti, mette in<br />
evidenza l’utilità inalienabile del reinserimento<br />
progressivo del detenuto in seno al tessuto<br />
sociale.<br />
Ed è proprio qui che non si capisce il perché<br />
non ci sia uniformità di applicazione dei benefici,<br />
quando nel nostro Istituto c’è uniformità di<br />
applicazione da parte del direttivo e di accettazione<br />
da parte nostra, dei parametri che regolamentano<br />
la vita all’interno del nostro Istituto.<br />
Eppure tra il nostro Istituto e gli altri Istituti<br />
penitenziari esistono molte diversità che<br />
regolamentano la vita all’interno, alcune anche<br />
molto difficili da accettare. Tutti noi ci adeguiamo<br />
perché siamo consapevoli della particolarità<br />
di questo progetto. Ma poi molti tra di noi si<br />
accorgono che siamo uguali solo nel ‘seminato<br />
e non nel raccolto’. Non sarebbe più logico e<br />
giusto, una volta tanto, allinearsi ad altri paesi<br />
europei, come la Svizzera ad esempio, senza per<br />
forza cercare di essere diversi o unici, e fissare<br />
quindi il giorno esatto, a ridosso della sentenza,<br />
dell’applicazione dei vari benefici.<br />
Ma visto che questo sembra impossibile<br />
grazie alla classe politica che governa il nostro<br />
paese, allora sarebbe auspicabile che almeno per<br />
il nostro istituto il Presidente del Tribunale di<br />
S A R A<br />
I P<br />
I Ù<br />
F O R T U N AT O<br />
Sorveglianza assegnasse uno o due magistrati<br />
le cui idee siano in linea con il progetto <strong>Bollate</strong>,<br />
affinché lo stesso possa essere un progetto che<br />
abbia fondamenta e realizzazione per tutti allo<br />
stesso modo evitando che la designazione del<br />
magistrato che si occupa del tuo caso sia casualmente<br />
determinata dall’ordine alfabetico.<br />
Ad onor del vero va detto che molte volte<br />
noi detenuti dimentichiamo che, se pur simili,<br />
carte<strong>Bollate</strong> 7<br />
A B C D E F G H IJ K L M N O P Q R S T U V W X Y Z<br />
non tutti i casi sono uguali e che molte volte il<br />
comportamento passato pregiudica la decisione<br />
del magistrato perché la legge gli vieta l’applicazione<br />
del beneficio richiesto. Ma quando c’è<br />
uguaglianza in tutto... perché discriminare<br />
Con questo non voglio certo criticare l’operato<br />
di nessun magistrato, e tantomeno osannare<br />
quello di qualche altro. Me ne guardo<br />
bene dal farlo, ma non si può neanche avere<br />
l’impressione di essere alla lotteria dell’ordine<br />
alfabetico. Però è anche vero che se la Giustizia<br />
deve darci la sensazione di imparzialità e di<br />
essere uguale per tutti, in questo caso, una volta<br />
di più, ha perso l’occasione per metterlo in atto<br />
e dimostrare che è così.<br />
È un mondo difficile il nostro, un mondo<br />
pieno d’ingiustizie laddove è la stessa giustizia<br />
che dovrebbe evitarle, un mondo pieno di ineguaglianze<br />
laddove la stessa giustizia dovrebbe<br />
essere uguale per tutti, un mondo che non<br />
ammette ignoranza, e che però a volte ignora<br />
che dentro quei fascicoli c’è la storia di uomini,<br />
di persone che hanno intrapreso un cammino<br />
tormentato e laborioso per ravvedersi, e che<br />
nel momento in cui chiedono aiuto per uscire<br />
dalle acque burrascose in cui si dimenano, se<br />
non viene loro lanciata una boa di salvataggio,<br />
rischiano di affogare per sempre nella loro cruda<br />
realtà.<br />
Francesco Ribezzo<br />
Ansia di giustizia o pregiudizio conservatore<br />
Tutte le volte che il Governo si trova in crisi<br />
nei confronti dell’elettorato e, in generale,<br />
dei cittadini, pensa bene di dare la colpa<br />
al sottosistema, ovvero al mondo dei disadattati<br />
sociali, degli emarginati e dei “delinquenti”.<br />
L’ultima trovata dei mass-media, della politica<br />
e delle sedi giudiziarie è la criminalizzazione<br />
del rumeno, confuso peraltro con rom e zingari.<br />
Per questa categoria finita nel ‘mirino’ si invocano<br />
certezza della pena ed espulsioni in massa.<br />
Il mio intento è quello di affermare con forza<br />
che la certezza della pena è sempre esistita e anzi,<br />
negli anni questa certezza si è triplicata. Un breve<br />
cenno storico: negli anni settanta, gli anni di<br />
‘piombo’, non esisteva la legge Gozzini e le pene<br />
erano certe, ma ridotte di un terzo.<br />
Il 26 luglio 1975 viene introdotta la legge<br />
Gozzini, e in sostanza quello che cambia è che la<br />
pena è rapportata ai benefici. Poi arrivò Claudio<br />
Martelli, il delfino di Bettino Craxi che, nominato<br />
ministro della Giustizia pensò bene di modificare<br />
la Legge Gozzini, introducendo l’art. 4 bis<br />
nell’Ordinamento Penitenziario. Per altri reati<br />
hanno aumentato il tetto per la concessione dei<br />
benefici, che difficilmente vengono concessi in<br />
caso di recidiva.<br />
Dopo il ‘93, il sistema politico-giudiziario ha<br />
ribaltato completamente gli schemi tradizionali<br />
e con l’ausilio dei pentiti ha fatto giustizia sommaria.<br />
Il 41 bis ha fatto il resto, e così la pena è<br />
più che certa, basti pensare ad un Vallanzasca, in<br />
carcere da 36 anni.<br />
Il Tribunale di Sorveglianza di Milano è ben<br />
attento a concedere i permessi, le semilibertà e<br />
altre misure alternative ai recidivi o a chi, anche<br />
per la prima volta, ha commesso un reato efferato<br />
e quindi è ritenuto pericoloso a livello sociale.<br />
Di conseguenza prima di invocare la “certezza<br />
della pena”, perché non si verifica la reale<br />
e concreta espiazione della pena, senza prendere<br />
sempre come riferimento i casi che fanno scandalo<br />
Ogni volta che un detenuto in libertà provvisoria<br />
combina un disastro, le conseguenze ricadono<br />
su tutti noi, in termini di restrizione dei<br />
benefici, e non si tiene conto degli errori di valutazione<br />
da parte dello Stato o di chi per esso!<br />
La legge Gozzini è stata un atto di civiltà,<br />
un ottimo deterrente per le violenze in carcere,<br />
per placare gli animi e proseguire un percorso di<br />
rieducazione e reinserimento.<br />
È stata, di fatto, una vittoria dello Stato.<br />
Perchè allora si vuole per forza tornare al passato,<br />
quando il carcere era solo affittivo e non<br />
era in grado di avviare un serio percorso di<br />
reinserimento<br />
Alfredo Perri
La legge Gozzini e le misure alternative<br />
La legge Gozzini afferma il valore rieducativo della pena e dà attuazione all'art. 27 della Costituzione, che<br />
vieta una pena detentiva in violazione dei diritti umani e afferma che la pena deve tendere alla rieducazione<br />
del carcerato. Non solo. La legge è stata successivamente emendata, introducendo il beneficio della<br />
non-menzione. Il condannato che tiene una condotta esemplare e gode di uno sconto di pena, esce dal<br />
carcere con la fedina penale pulita: la fedina consultabile dai privati risulta priva di tracce di reato, e ciò è critico per<br />
un facile reinserimento nella società civile.<br />
Un database, consultabile solo dalle pubbliche amministrazioni, tiene traccia dei trascorsi giudiziari dei cittadini, e<br />
applica la Costituzione che vieta l'accesso a cariche politiche e pubbliche a chi ha condanne passate in giudicato. Si<br />
riportano di seguito alcuni degli articoli della legge Gozzini tra i piu’ sentiti dalla popolazione detenuta.<br />
Art.30<br />
Permessi<br />
Nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un<br />
convivente, ai condannati e agli internati può essere concesso dal<br />
magistrato di sorveglianza il permesso di recarsi a visitare, con le cautele<br />
previste dal regolamento, l'infermo. Agli imputati il permesso é<br />
concesso, durante il procedimento di primo grado, dalle medesime<br />
autorità giudiziarie competenti ai sensi del secondo comma dell'articolo<br />
11 a disporre il trasferimento in luoghi esterni di cura degli<br />
imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado. Durante<br />
il procedimento di appello provvede il presidente del collegio e,<br />
nel corso di quello di cassazione, il presidente dell'ufficio giudiziario<br />
presso il quale si é svolto il procedimento di appello. Analoghi permessi<br />
possono essere concessi eccezionalmente per eventi familiari<br />
di particolare gravità. Il detenuto che non rientra in istituto allo scadere<br />
del permesso senza giustificato motivo, se l'assenza si protrae<br />
per oltre tre ore e per non più di dodici, é punito in via disciplinare;<br />
se l'assenza si protrae per un tempo maggiore, é punibile a norma<br />
del primo comma dello articolo 385 del codice penale ed é applicabile<br />
la disposizione dell'ultimo capoverso dello stesso articolo.<br />
L'internato che rientra in istituto dopo tre ore dalla scadenza del<br />
permesso senza giustificato motivo é punito in via disciplinare.<br />
Art. 30-ter<br />
Permessi premio<br />
Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del<br />
successivo comma ottavo e che non risultano “socialmente pericolose”,(<br />
inserite con articolo 1 d.l. 1991, n. 152 coordinato con la legge<br />
di conversione 1991, n. 203) il magistrato di sorveglianza, sentito<br />
il direttore dell'istituto, può concedere permessi premio di durata<br />
non superiore ogni volta a quindici giorni per consentire di coltivare<br />
interessi affettivi, culturali o di lavoro. La durata dei permessi non<br />
può superare complessivamente quarantacinque giorni in ciascun<br />
anno di espiazione. Per i condannati minori di età la durata dei permessi<br />
premio non può superare ogni volta i venti giorni e la durata<br />
complessiva non può eccedere i sessanta giorni in ciascun anno di<br />
espiazione.<br />
L'esperienza dei permessi premio é parte integrante del programma<br />
di trattamento e deve essere seguita dagli educatori e assistenti<br />
sociali penitenziari in collaborazione con gli operatori sociali<br />
del territorio. La concessione dei permessi é ammessa: nei confronti<br />
dei condannati all'arresto o alla reclusione non superiore a tre anni<br />
anche se congiunta all'arresto; nei confronti dei condannati alla reclusione<br />
superiore a tre anni, salvo quanto previsto dalla lettera c),<br />
dopo l'espiazione di almeno un quarto della pena; nei confronti dei<br />
condannati alla reclusione per taluno dei delitti indicati nel comma<br />
primo dell'articolo 4-bis, dopo l'espiazione di almeno metà della<br />
penale, comunque, di non oltre dieci anni; nei confronti dei condannati<br />
all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno dieci anni; nei<br />
confronti dei soggetti che durante l'espiazione della pena o delle<br />
misure restrittive hanno riportato condanna o sono imputati per<br />
delitto doloso commesso durante l'espiazione della pena o l'esecuzione<br />
di una misura restrittiva della libertà personale, la concessione<br />
é ammessa soltanto decorsi due anni dalla commissione del fatto.<br />
Si applicano, ove del caso, le cautele previste per i permessi di<br />
cui al primo comma dell'articolo 30; si applicano altresì le disposizioni<br />
di cui al terzo e al quarto comma dello stesso articolo. Il<br />
provvedimento relativo ai permessi premio é soggetto a reclamo al<br />
tribunale di sorveglianza, secondo le procedure di cui all'articolo<br />
30-bis. La condotta dei condannati si considera regolare quando i<br />
soggetti, durante la detenzione, hanno manifestato costante senso<br />
di responsabilità e correttezza nel comportamento personale, nelle<br />
attività organizzate negli istituti e nelle eventuali attività lavorative<br />
o culturali.<br />
Art. 30-quater<br />
Concessione dei permessi premio<br />
ai recidivi<br />
I permessi premio possono essere concessi ai detenuti, ai quali<br />
sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto<br />
comma, del codice penale, nei seguenti casi previsti dal comma 4<br />
dell'articolo 30-ter:<br />
alla lettera a) dopo l'espiazione di un terzo della pena;<br />
alla lettera b) dopo l'espiazione della metà della pena;<br />
alle lettere c) e d) dopo l'espiazione di due terzi della pena e,<br />
comunque, di non oltre quindici anni».<br />
carte<strong>Bollate</strong> 8
Art. 47<br />
Affidamento in prova<br />
al servizio sociale<br />
Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il condannato<br />
può essere affidato al servizio sociale fuori dell'istituto per<br />
un periodo uguale a quello della pena da scontare.<br />
Il provvedimento è adottato sulla base dei risultati della<br />
osservazione della personalità, condotta collegialmente per almeno<br />
un mese in istituto, nei casi in cui si può ritenere che il<br />
provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni di cui al<br />
comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la<br />
prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.<br />
L'affidamento in prova al servizio sociale può essere disposto<br />
senza procedere all'osservazio ne in istituto quando il condannato,<br />
dopo la commissione del reato, ha serbato comportamento<br />
tale da consentire il giudizio di cui al comma 2.<br />
Se l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale è<br />
proposta dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, il<br />
magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo dell'esecuzione,<br />
cui l'istanza deve essere rivolta, può sospendere<br />
l'esecuzione della pena e ordinare la liberazione del condannato,<br />
quando sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza<br />
dei presupposti per l'ammissione all'affidamento in prova<br />
e al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di<br />
detenzione e non vi sia pericolo di fuga.<br />
La sospensione dell'esecuzione della pena opera sino alla decisione<br />
del tribunale di sorveglianza, cui il magistrato di sorveglianza<br />
trasmette immediatamente gli atti, e che decide entro<br />
quarantacinque giorni.<br />
Se l'istanza non è accolta, riprende l'esecuzione della pena, e<br />
non può essere accordata altra sospensione, quale che sia l'istanza<br />
successivamente proposta.<br />
All'atto dell'affidamento è redatto verbale in cui sono dettate<br />
le prescrizioni che il soggetto dovrà seguire in ordine ai<br />
suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla libertà di<br />
locomozione, al divieto di frequentare determinati locali ed al<br />
lavoro.<br />
Con lo stesso provvedimento può essere disposto che durante<br />
tutto o parte del periodo di affidamento in prova il condannato<br />
non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un<br />
comune determinato; in particolare sono stabilite prescrizioni<br />
che impediscano al soggetto di svolgere attività o di avere rapporti<br />
personali che possono portare al compimento di altri reati.<br />
Nel verbale deve anche stabilirsi che l'affidato si adoperi<br />
in quanto possibile in favore della vittima del suo reato<br />
ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza<br />
familiare. Nel corso dell'affidamento le prescrizioni<br />
possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza.<br />
Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta<br />
a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche<br />
mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi<br />
ambienti di vita.<br />
Il servizio sociale riferisce periodicamente al magistrato<br />
di sorveglianza sul comportamento del soggetto.<br />
L'affidamento è revocato qualora il comportamento del soggetto,<br />
contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile<br />
con la prosecuzione della prova. L'esito positivo del<br />
periodo di prova estingue la pena e ogni altro effetto penale.<br />
Art. 47-ter<br />
Detenzione domiciliare<br />
01. La pena della reclusione per qualunque reato, ad eccezione<br />
di quelli previsti dal libro II titolo XII, capo III, sezione I, e dagli<br />
articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, dall'art.<br />
51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e dall'art. 4-bis<br />
della presente legge, può essere espiata nella propria abitazione o<br />
in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza, quando<br />
trattasi di persona che, al momento dell'inizio dell'esecuzione della<br />
pena, o dopo l'inizio della stessa, abbia compiuto i settanta anni di<br />
età purché non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale<br />
o per tendenza né sia stato mai condannato con l'aggravante di<br />
cui all'art. 99 del codice penale.<br />
La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se<br />
costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell'arresto,<br />
possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo<br />
di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza,<br />
quando trattasi di: donna incinta o madre di prole di età<br />
inferiore ad anni dieci con lei convivente; padre, esercente la potestà,<br />
di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando<br />
la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a<br />
dare assistenza alla prole; persona in condizioni di salute particolarmente<br />
gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari<br />
territoriali; persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche<br />
parzialmente; persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze<br />
di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.<br />
Al condannato, al quale sia stata applicata la recidiva prevista<br />
dall'art. 99, quarto comma, del codice penale, può essere concessa<br />
la detenzione domiciliare se la pena detentiva inflitta, anche se<br />
costituente parte residua di maggior pena, non supera tre anni. Il<br />
tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare, ne<br />
fissa le modalità secondo quanto stabilito dall'art. 284 del codice di<br />
procedura penale.<br />
Determina e impartisce altresì le disposizioni per gli interventi<br />
del servizio sociale. Tali prescrizioni e disposizioni possono essere<br />
modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo<br />
in cui si svolge la detenzione domiciliare.<br />
bis. Nel disporre la detenzione domiciliare il tribunale di sorveglianza,<br />
quando ne abbia accertato la disponibilità da parte delle<br />
autorità preposte al controllo, può prevedere modalità di verifica<br />
per l'osservanza delle prescrizioni imposte anche mediante mezzi<br />
elettronici o altri strumenti tecnici.<br />
Si applicano le disposizioni di cui all'art. 275-bis del codice di<br />
procedura penale.<br />
Il condannato nei confronti del quale é disposta la detenzione<br />
domiciliare non é sottoposto al regime penitenziario previsto dalla<br />
presente legge e dal relativo regolamento di esecuzione.<br />
Nessun onere grava sull'amministrazione penitenziaria per<br />
il mantenimento, la cura e l'assistenza medica del condannato<br />
che trovasi in detenzione domiciliare. La detenzione domiciliare<br />
é revocata se il comportamento del soggetto, contrario alla legge<br />
o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione<br />
delle misure. Deve essere inoltre revocata quando<br />
vengono a cessare le condizioni previste nei commi 1 e 1-bis.<br />
Il condannato che, essendo in stato di detenzione nella propria abitazione<br />
o in un altro dei luoghi indicati nel comma 1, se ne allontana,<br />
é punito ai sensi dell'art. 385 del codice penale. Si applica la disposizione<br />
dell'ultimo comma dello stesso articolo. La denuncia per<br />
il delitto di cui al comma 8 importa la sospensione del beneficio e la<br />
carte<strong>Bollate</strong> 9
condanna ne importa la revoca. Bis. Se la misura di cui al comma<br />
1-bis é revocata ai sensi dei commi precedenti la pena residua non<br />
può essere sostituita con altra misura.».<br />
Art. 48<br />
Regime di semilibertà<br />
Il regime di semilibertà consiste nella concessione al condannato<br />
e all'internato di trascorrere parte del giorno fuori dell'istituto<br />
per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al<br />
reinserimento sociale. I condannati e gli internati ammessi al regime<br />
di semilibertà sono assegnati in appositi istituti o apposite sezioni<br />
autonome di istituti ordinari e indossano abiti civili.<br />
Art. 52<br />
Licenza al condannato ammesso<br />
al regime di semilibertà<br />
Al condannato ammesso al regime di semilibertà possono essere<br />
concesse a titolo di premio una o più licenze di durata non superiore<br />
nel complesso a giorni quarantacinque all'anno.<br />
Durante la licenza il condannato é sottoposto al regime della<br />
libertà vigilata. Se il condannato durante la licenza trasgredisce agli<br />
obblighi impostigli, la licenza può essere revocata indipendentemente<br />
dalla revoca della semilibertà. Al condannato che, allo scadere<br />
della licenza o dopo la revoca di essa, non rientra in istituto<br />
sono applicabili le disposizioni di cui al precedente articolo.<br />
Art. 54<br />
Liberazione anticipata<br />
Al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione<br />
all'opera di rieducazione é concessa, quale riconoscimento di<br />
tale partecipazione, e ai fini del suo più efficace reinserimento nella<br />
società, una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo<br />
semestre di pena scontata. A tal fine é valutato anche il periodo<br />
trascorso in stato di custodia cautelare o di detenzione domiciliare.<br />
La concessione del beneficio é comunicata all'ufficio del pubblico<br />
ministero presso la corte d'appello o il tribunale che ha emesso il<br />
provvedimento di esecuzione o al pretore se tale provvedimento é<br />
stato da lui emesso. La condanna per delitto non colposo commesso<br />
nel corso dell'esecuzione successivamente alla concessione del beneficio<br />
ne comporta la revoca. Agli effetti del computo della misura<br />
di pena che occorre avere espiato per essere ammessi ai benefici dei<br />
permessi premio, della semilibertà e della liberazione condizionale,<br />
la parte di pena d+etratta ai sensi del comma primo si considera<br />
come scontata. La presente disposizione si applica anche ai condannati<br />
all'ergastolo.<br />
Ancora inascoltato l’auspicio del Presidente della Repubblica<br />
Indulto ok, ma mancano le misure alternative<br />
Subito dopo la concessione dell’indulto vari<br />
interventi, tra cui quello del Presidente della<br />
Repubblica, hanno auspicato che la giustizia<br />
e l’esecuzione penale si mettessero in moto con una<br />
nuova velocità e che tutti gli addetti agli ingranaggi<br />
di questa complessa macchina operassero verso<br />
una velocizzazione dei processi nei Tribunali da<br />
una parte e con un’esecuzione penale tesa all’espiazione<br />
delle condanne all’esterno delle carceri dall’altra.<br />
Carceri che, secondo un giudizio quasi unanime,<br />
non servono al loro fine rieducativo. Dopo<br />
quegli interventi abbiamo assistito solo a qualche<br />
timida iniziativa in questa direzione, prerogativa<br />
di pochi singoli istituti penitenziari italiani o di<br />
qualche singolo magistrato di sorveglianza.<br />
La situazione è rimasta pressoché identica a<br />
quella pre-indulto, e l’unico risultato raggiunto è<br />
che la popolazione detenuta ha, di nuovo, sforato<br />
la capienza degli istituti nazionali. Se quanto<br />
auspicato dal capo dello Stato si fosse avverato,<br />
lavorando per far funzionare seriamente le misure<br />
alternative alla detenzione, si sarebbe probabilmente<br />
raggiunto un duplice scopo. Il primo è<br />
legato alla sicurezza che tanto si reclama in questi<br />
tempi e cioè: statistiche alla mano, la sicurezza<br />
sociale sarebbe aumentata se si fossero ammesse<br />
a dette misure gran parte delle persone detenute<br />
che temporalmente hanno espiato un periodo<br />
di tempo sufficiente per accedervi. I dati, infatti,<br />
confermano una recidiva inferiore al 20 % di chi<br />
è stato ammesso alle misure alternative rispetto al<br />
60-70% di chi non lo è stato. Il secondo è, lo segnalavo<br />
prima, legato all’aumento della popolazione<br />
detenuta. Attualmente in pochissimi accedono<br />
ai benefici al “maturare dei termini di legge”. In<br />
più vi accedono soltanto, se vi accedono, verso la<br />
fine dell’espiazione della propria condanna. L’ordinamento<br />
penitenziario regola le tempistiche minime<br />
di accesso ai benefici, il cui primo tra tutti è<br />
l’accesso ad un permesso premio ad ¼ di pena per<br />
certi reati. Personalmente non conosco nessuno<br />
che è riuscito ad ottenere un permesso premio ad<br />
¼ di pena, ne conosco pochi che lo hanno ottenuto<br />
a metà, e qualcuno in più che lo ha ottenuto<br />
quale “contentino” verso fine pena.<br />
Chi dovrebbe concedere questi benefici rigetta<br />
le istanze motivandole con la gravità del reato<br />
commesso o al fine pena ancora troppo lontano:<br />
ma il legislatore, quando ha emanato la Gozzini,<br />
indirizzava all’ammissione, e in quelle tempistiche,<br />
di quei benefici proprio le persone colpevoli<br />
di quei reati. È impensabile che tutti i detenuti<br />
che sono rinchiusi nelle carceri siano immeritevoli<br />
di accedervi nelle tempistiche previste dalla legge,<br />
così come è impensabile continuare a sottovalutare<br />
i risultati degli studi fatti in questo senso su<br />
reinserimento e recidiva. Ci vuole tanto coraggio,<br />
anche per un magistrato, per cavalcare un’onda<br />
diversa, allentare le briglie e concedere qualcosa in<br />
più rispetto a quanto si è fatto fino a oggi, facendo<br />
una scelta “impopolare”, allontanandosi dall’idea<br />
che istrionicamente viene interpretata da un certo<br />
tipo di stampa quando reclamando “Sicurezza! Sicurezza!<br />
Sicurezza!”, attizzata da un fatto di cronaca,<br />
chiede che le misure alternative alla detenzione<br />
siano ulteriormente ristrette.<br />
La domanda che ci si pone è: si ha meno sicurezza<br />
se ci sono più persone ammesse ai benefici di<br />
legge È una domanda che si presta a tante risposte<br />
“preconfezionate”, ma che non avrà risposta fino a<br />
quando non si attuerà quel cambiamento che il<br />
Presidente della Repubblica auspicava. Solo se si<br />
andrà compatti in tale direzione si capirà se aveva<br />
senso farlo.<br />
Enrico Lazara<br />
carte<strong>Bollate</strong> 10
Nel gruppo lettura della biblioteca dialogo tra detenuti comuni e sex offenders<br />
Esperimenti di laboratorio<br />
I condannati per reati sessuali dicono: “ci sentiamo come delle cavie”.<br />
Gli altri: “vi abbiamo accettato e questo è già un grande passo in avanti”<br />
Soli appartati, intimoriti. I sex offender,<br />
ovvero i detenuti condannati per reati<br />
sessuali, sanno che a <strong>Bollate</strong>, la loro<br />
presenza nei reparti, è tollerata dai detenuti<br />
comuni solo perché le regole lo impongono:<br />
questa difficile convivenza è infatti oggetto<br />
di una sperimentazione condotta da anni,<br />
dal gruppo guidato dallo psichiatra Paolo<br />
Giulini , ma nella stragrande maggioranza<br />
dei casi non è accettata per una convinta adesione<br />
al progetto. Semplicemente è considerata,<br />
da entrambe le parti, come il prezzo da<br />
pagare in cambio del privilegio di scontare la<br />
pena in un carcere a cinque<br />
stelle come questo.<br />
Da qualche mese sono<br />
arrivati, direttamente da<br />
San Vittore, detenuti condannati<br />
per stupro o per<br />
pedofilia che sono stati<br />
inseriti nel primo reparto,<br />
senza neppure quel periodo<br />
preparatorio, previsto dal<br />
progetto, che avrebbe dovuto<br />
consentire a loro di prepararsi<br />
ad uscire dal ghetto<br />
dell’isolamento e agli altri<br />
di ragionare sull’opportunità<br />
del loro inserimento.”Da<br />
San Vittore ci hanno portato<br />
qui in 15 giorni – dice<br />
Manfredo – Ci avevano<br />
contattato dicendoci: “Ti<br />
piacerebbe andare a <strong>Bollate</strong> Le celle sono<br />
aperte fino alle 8 di sera, ma voi siete inseriti<br />
nei reparti assieme ai comuni. Noi abbiamo<br />
preso la palla al balzo, per opportunismo,<br />
certo. Perché stare in un carcere in cui non<br />
sei chiuso in cella tutto il giorno è un’altra<br />
vita. Ma adesso qui ci sentiamo come delle<br />
cavie”. È stato come spremere un limone<br />
nel latte caldo: una reazione chimica in<br />
cui gli elementi si sono separati all’istante,<br />
senza raggiungere l’amalgama auspicata dalla<br />
sperimentazione-Giulini. Hanno iniziato a<br />
partecipare alle attività comuni entrando a<br />
far parte di un gruppo di lettura che si riunisce<br />
in biblioteca, ma appena sono arrivati<br />
loro, gli altri si sono dileguati. Poi, un po’<br />
alla volta, qualcuno è tornato, altri si sono<br />
aggiunti ed è ripreso il lavoro, anche se a<br />
ranghi ridotti. “Inizialmente – dice Leonardo,<br />
uno dei sex offenders inserito nel gruppo<br />
– c’era molta più gente. Non do torto a nessuno<br />
e ho subito dichiarato che ero pronto a<br />
tirarmi indietro per non intralciare il gruppo<br />
e per non impedire, a chi è infastidito dalla<br />
nostra presenza, di continuare: se il problema<br />
siamo noi, io sono pronto a ritirarmi”. Leonardo,<br />
che come Manfredo si dichiara innocente,<br />
continua: “Non puoi far accettare agli<br />
altri, gente che ha commesso reati che a me<br />
stesso danno fastidio. Non si può costringere<br />
la gente a cambiare mentalità”. Leonardo è<br />
arrivato a settembre, dice che solo un mese<br />
dopo ha iniziato ad avere i primi contatti con<br />
gli operatori: “Il primo periodo è stato durissimo<br />
perché anche se non ero in isolamento<br />
mi sentivo più solo che mai”.<br />
Gli risponde Ivan, detenuto comune: “Ci<br />
accusate come se fossimo sempre lì a darvi<br />
addosso. Siete qui, dove i detenuti comuni<br />
vi hanno accettato e questo è già un grande<br />
passo in avanti”.<br />
E in effetti attorno al tavolo di lettura<br />
ci sono seduti tre detenuti comuni e due<br />
sex offender, che però sono così convinti<br />
dell’impossibilità di un dialogo che negano<br />
anche questa evidenza: “Non è vero che noi<br />
possiamo fare le attività degli altri – dice<br />
Manfredo –, perché se noi arriviamo, loro se<br />
ne vanno” . Antonio, altro detenuto comune,<br />
cerca di mettere a fuoco il problema: “Se<br />
sei al lavoro, accetti la convivenza perché<br />
devi guadagnare e non hai alternative, ma<br />
in biblioteca o in altre attività, quando puoi<br />
scegliere, eviti il contatto. Io non ho rancori<br />
o pregiudizi verso nessuno, parlo con loro<br />
e accetto di fare attività comuni, ma so di<br />
espormi a molte critiche: se mi avvicino a<br />
loro, gli altri mi isolano perché questa convivenza<br />
è accettata solo per opportunismo”.<br />
Ivan protesta: “Io non ho nessun motivo di<br />
opportunismo dato che per un<br />
po’ di anni posso scordarmi<br />
qualunque beneficio.<br />
Mi interessa leggere e vengo<br />
al gruppo lettura anche se so<br />
che potrei trovarmi in situazioni<br />
difficili da accettare. Se un<br />
compagno di carcere venisse<br />
a dirmi che ha violentato un<br />
bambino mi farebbe star male,<br />
solo l’idea mi fa venire il magone,<br />
devo andarmi a leggere la<br />
Bibbia per ritrovare la calma.<br />
Come si fa a essergli amico,<br />
a trattarlo come qualunque<br />
altro detenuto Certo, anche<br />
in carcere cambia la mentalità,<br />
cambia il modo di considerare<br />
i vari tipi di reato: un tempo<br />
chi scippava una vecchietta o<br />
chi aveva ammazzato la moglie era messo al<br />
bando mentre adesso sono accettati. Ma è un<br />
percorso lungo, non può cambiare dall’oggi<br />
al domani”.<br />
Per Manfredo “ci vorrà almeno un cambio<br />
di generazione”. E anche per Mario, altro<br />
detenuto comune del gruppo non è solo<br />
questione di benefici e opportunismi: “Io<br />
vedo che anche fuori evitiamo delle persone<br />
e ne frequentiamo altre.<br />
È normale che anche qui sia così. Sono<br />
nei reparti, nessuno li picchia, e questo è già<br />
un passo avanti perché nelle altre carceri non<br />
funziona così. Poi uno deve esser libero di<br />
avvicinarli o ignorarli, insomma di scegliere,<br />
esattamente come avviene fuori”.<br />
La Redazione<br />
carte<strong>Bollate</strong> 11
Il racconto<br />
Noi sex offenders, tra incudine e martello<br />
Testimonianza di Cristian, della Staccata, raccolta da Michele De Biase.<br />
E<br />
siste, è noto, il progetto di inserire nei<br />
reparti comuni del carcere un certo<br />
numero di detenuti del sesto reparto<br />
(quelli condannati per reati sessuali).<br />
In qualche misura l’attuazione del progetto<br />
è stata avviata. Anche se siamo ancora<br />
lontano dall’entrata a regime del provvedimento<br />
pensiamo sia interessante sapere come<br />
sta andando la marcia di avvicinamento al<br />
perfezionamento dell’operazione.<br />
In proposito abbiamo raccolto la testimonianza<br />
di un detenuto che fa parte del gruppo<br />
degli inseriti e dalla scorsa primavera ha<br />
iniziato la sua nuova esperienza.<br />
Nelle pagine che seguono abbiamo anche<br />
cercato di capire qual è il clima che si è<br />
creato nei reparti comuni in merito all’inserimento<br />
dei sex offender.<br />
Concordanze, discordanze, contraddizioni.<br />
La maggior parte delle persone attende<br />
l’evento con curiosità o con preoccupazione.<br />
Oggi sono almeno una dozzina i<br />
detenuti “ex sesto” ubicati nel<br />
primo reparto, inoltre il sesto<br />
non funge più da filtro perché alcuni<br />
provengono direttamente dalle sezioni protette<br />
di altre carceri; forse sono tutti utili<br />
come apripista, ma sicuramente strumento<br />
indicativo per l’equipe che lavora costantemente<br />
al sesto reparto. Come partecipante<br />
volontario al primo progetto e poi<br />
utilizzato come tutor per il secondo, mi è<br />
stato chiesto cosa ne penso. È necessario<br />
ragionare sui risultati che il trattamento in<br />
senso lato offre.<br />
Posso dire che le diverse fasi dell’inserimento<br />
non sono andate perfettamente di<br />
pari passo: sono particolarmente convinto<br />
che laddove si parli di recupero psico-sociale<br />
della persona e di ripristino della dignità<br />
personale, ma anche di risarcimento alla<br />
società per i danni causati, debba nascere<br />
una fondamentale unione tra teoria e realtà,<br />
in modo tale che il risultato di tutto il<br />
lavoro fatto siamo proprio noi, capaci o<br />
meno di affrontare dignitosamente anche<br />
le situazioni più difficili.<br />
Naturalmente per mettere in pratica<br />
tutto questo è fondamentale acquisire la<br />
libertà, non come semplice scusa per venir<br />
meno ai propri doveri o responsabilità.<br />
Personalmente questa libertà non mi è<br />
stata concessa, nonostante stia scontando<br />
una condanna di circa sedici anni, e se<br />
non ci saranno imprevisti, a luglio dell’anno<br />
prossimo avrò finalmente terminato.<br />
Ancora oggi mi chiedo come sia possibile<br />
carte<strong>Bollate</strong> 12<br />
che proprio io abbia accompagnato i nuovi<br />
arrivati del sesto nella fase iniziale del<br />
trattamento, nonostante mi sia contestata<br />
una carenza di elementi per completare<br />
una piena presa di coscienza, oltre che un<br />
importante residuo di pena trattandosi di<br />
un reato ad alto allarme sociale, seppur<br />
risalga al 1994.<br />
Ovviamente, stando all’opinione pubblica,<br />
il futuro di chi si è macchiato di<br />
tali reati interessa più che altro in un solo<br />
senso: repressione e chiusura, indice di<br />
paura e incapacità di porre rimedio diretto<br />
ad un problema esistente da sempre, ma<br />
che solo nell’ultimo decennio è emerso<br />
in maniera galoppante. La maggior parte<br />
della società esterna infatti, si sente quasi<br />
tradita dalle strutture che non garantiscono<br />
una certa sicurezza... non è un caso<br />
che solo a <strong>Bollate</strong> esista tale progetto di<br />
recupero; e d’altra parte anche chi ormai<br />
si sente pronto (come ogni altro detenuto)<br />
per ricominciare da capo si sente additato,<br />
marchiato, continuamente emarginato:<br />
è possibile constatarlo dal progressivo<br />
aumento di allarme sociale nonché dalle<br />
conseguenti restrizioni da parte della magistratura<br />
(si vedano le ultime proposte di<br />
legge, e le pene comminate).<br />
Il progetto iniziale, quello della ricostruzione<br />
psicologico caratteriale al sesto<br />
reparto e la conseguente ubicazione nei<br />
reparti comuni, può apparire agli estranei<br />
del settore come uno dei modi per ripagare<br />
il danno causato alla società oltre che un<br />
mezzo per dimostrare il recupero della<br />
persona, reso evidente dall’integrazione<br />
sociale con altri detenuti.<br />
Purtroppo l’obiettivo di creare un<br />
sereno futuro, rimane più che altro una<br />
flebile speranza, considerando che esiste<br />
una stretta relazione tra carcere e libertà.<br />
Chiunque è perfettamente a conoscenza<br />
del malumore e del malcontento comune<br />
che aleggia per i reparti... il solo pensiero<br />
che al termine di questo secondo progetto<br />
ci saranno sex offender inserito non solo al<br />
primo ma anche al terzo, ha gettato un po’<br />
tutti nella confusione.<br />
Per quanto concerne il risultato parziale<br />
dell’inserimento dei sex offender al primo<br />
reparto, la vita condotta inizialmente è
isultata al limite dell’inverosimile: pressoché<br />
scartati da chiunque, come se non esistessero.<br />
Certo, meglio essere assoggettati<br />
all’indifferenza totale che essere picchiati o<br />
maltrattati fisicamente.<br />
Del resto se si deve parlare di “tranquillità”<br />
e relativa “sicurezza” possiamo pur<br />
confermare che un contesto del genere non<br />
si è mai verificato altrove in maniera palese;<br />
oggi il detenuto comune, messo nella<br />
condizione di contribuire all’inserimento<br />
(pena il trasferimento) si vede costretto<br />
a decidere tra due strade: l’una è quella<br />
del quieto vivere, ovvero scegliere il male<br />
minore alimentando l’indifferenza verso<br />
i sex offender e proseguire nell’effimera<br />
finzione.<br />
L’altra è quella di accettare attivamente<br />
la presenza di chi per motivi differenti<br />
sconta una pena, contribuendo propositivamente<br />
alla realizzazione (nonché continuazione)<br />
del progetto.<br />
È altrettanto naturale, come spesso ho<br />
sentito dire dagli stessi detenuti comuni,<br />
che molti mi si avvicinano per semplice<br />
curiosità o per altro... poco importa<br />
secondo me, ciò che conta è provare. Io<br />
ho sempre evitato ogni scontro, mi sono<br />
sempre reso propositivo anche sul posto di<br />
lavoro facendomi conoscere poco per volta,<br />
stupendomi di quelle persone con forti<br />
pregiudizi che col passare del tempo (conoscendomi<br />
per l’appunto) ora si fanno meno<br />
problemi a parlare o farsi vedere con me...<br />
forse perché alla fine decidere di conoscere<br />
gli altri significa un po’ conoscere sempre<br />
meglio se stessi».<br />
Linee guida<br />
del progetto “sex offenders”<br />
Quanto avviene nel carcere<br />
di <strong>Bollate</strong>, dal 2005, è un<br />
progetto unico in Italia, nato<br />
sull’esempio di quanto accade<br />
invece in Canada, Nord America,<br />
Inghilterra, Belgio e Francia.<br />
Il nome esatto del progetto è: “Progetto<br />
di trattamento e presa in carico di<br />
autori di reati sessuali in unità di trattamento<br />
intensificato e sezione attenuata”.<br />
Lo scopo dichiarato è duplice: da un<br />
lato ridurre, nei cosiddetti ex offenders,<br />
la possibilità di recidiva, cioè di tornare<br />
a compiere altri reati simili; dall’altro<br />
quello di prendersi cura delle anomalie<br />
degli aggressori sessuali, affinché essi<br />
possano tornare pienamente alla vita<br />
sociale.<br />
A chi si rivolge<br />
Ad aggressori sessuali adulti, condannati<br />
definitivi, che abbiano espresso<br />
almeno un minimo riconoscimento<br />
quanto ai fatti relativi al reato e alla propria<br />
problematica sessuale deviante, e<br />
presentino requisiti di trattabilità.<br />
Come si svolge<br />
In due fasi. La prima prevede anzitutto<br />
un intervento sulla negazione e la minimizzazione<br />
del reato. I sex offenders,<br />
infatti, tendono a negare che quanto<br />
fatto costituisca un reato, o comunque<br />
di avere problematiche di tipo sessuale.<br />
Inoltre si lavora per approfondire la<br />
motivazione che porta a scegliere di<br />
entrare in questo progetto.<br />
Le attività che seguono questa primissima<br />
fase, detta pre-trattamentale,<br />
sono molto intese, e operano (con<br />
modalità diverse: dai colloqui di gruppo<br />
a quelli personali, dalla visione di<br />
film ad attività legate alla conoscenza<br />
e alla gestione del proprio corpo, alla<br />
gestualità, allo sport) per migliorare il<br />
modo di approcciarsi agli altri, la stima<br />
di sé, per diminuire l’isolamento, gestire<br />
la collera e lo stress. Tutte queste<br />
attività si inquadrano nell’ottica della<br />
prevenzione della recidiva, a cui è<br />
dedicata inoltre una serie di attività<br />
specifiche. Idea fondamentale è infatti<br />
quella di lavorare sui “precursori dell’atto<br />
deviante”, cioè su tutto quello<br />
che ha portato al compimento dell’atto-reato.<br />
La seconda fase, o secondo<br />
modulo, prevede l’inserimento, in una<br />
sezione attenuata, dei detenuti che<br />
abbiano ottenuto risultati positivi nella<br />
prima fase. L’obiettivo di questa seconda<br />
fase è quello di far riappropriare il<br />
detenuto dell’autostima e delle abilità<br />
sociali, minando i pregiudizi e gli stigmi<br />
derivanti dalla “sottocultura carceraria”,<br />
che tendono a isolare i sex offenders.<br />
Come fa notare il responsabile del progetto,<br />
professor Giulini, per la legge<br />
non esistono reati di serie A e serie<br />
B: va vinta la sottocultura carceraria<br />
che, spesso “pilotata” dalla criminalità<br />
organizzata, mette in un angolo i rei<br />
di reati a sfondo sessuale, ma non fa<br />
altrettanto con autori di reati se non<br />
più gravi. Tale fase prevede anche la<br />
sensibilizzazione degli operatori dell’area<br />
direttiva ed educativa del Carcere<br />
e del personale di Polizia penitenziaria<br />
che, indica Giulini, nel carcere di <strong>Bollate</strong><br />
ha aderito con passione e professionalità<br />
ai percorsi del progetto.<br />
Quante persone sono coinvolte<br />
Quest’anno le persone entrate nel progetto<br />
sono state 28: dopo i primi mesi<br />
ne sono state selezionate una ventina.<br />
Attualmente i detenuti coinvolti sono<br />
19: di essi, però, uno è prossimo ad<br />
uscire dal carcere, mentre per altri due<br />
sarà richiesto il trasferimento.<br />
Quali sono stati i risultati, sinora<br />
I risultati, spiega il professor Giulini, a<br />
capo del progetto, sono confortanti.<br />
Il dato che meglio di ogni altro indica<br />
i passi avanti svolti è questo: di nove<br />
detenuti coinvolti nel progetto e usciti<br />
dal carcere, otto si sono spontaneamente<br />
presentati nella struttura esterna<br />
che consente, una volta in libertà,<br />
di continuare il trattamento. Segno del<br />
fatto che i detenuti coinvolti hanno<br />
compreso l’importanza di essere adeguatamente<br />
seguiti anche una volta<br />
scontata la pena prevista dalla legge<br />
per i reati commessi.<br />
Davide Casati<br />
carte<strong>Bollate</strong> 13
Critiche alla sperimentazione Giulini<br />
“Non decidete sulle nostre teste”<br />
Terzo reparto: i detenuti chiedono un progetto condiviso<br />
Nei prossimi mesi anche nel terzo reparto<br />
verranno, secondo il progetto cosiddetto<br />
“Giulini”, assegnate delle persone della<br />
categoria dei sex offenders. Lo scorso mese di<br />
ottobre questa decisione è stata annunciata ai<br />
detenuti durante una riunione di reparto e questo<br />
ha creato un certo allarme. Molti detenuti, prima<br />
di arrivare a <strong>Bollate</strong>, sapevano di questa eventualità,<br />
ma la maggior parte sperava che non fosse vero.<br />
L’istituto di <strong>Bollate</strong>, negli altri penitenziari, ha la<br />
nomea di essere un istituto dove i sex offenders<br />
sono inseriti nei reparti comuni, ma le “voci di<br />
corridoio” dicevano, come infatti è stato fino a<br />
poco tempo fa, che erano assegnati solo ad un<br />
reparto ben preciso, la “Staccata”, e quindi tanti<br />
non hanno fatto fino in fondo i conti con l’eventualità<br />
di dover convivere con persone che si sono<br />
macchiate di un reato di questo tipo.<br />
La problematica principale emersa durante<br />
quella riunione era legata ai colloqui con i familiari:<br />
“come possiamo fare un colloquio sereno –è<br />
stato detto – se lo facciamo con un nostro figlio<br />
o nipote e abbiamo nella stessa sala una persona<br />
che ha usato violenza a donne o a minori, commettendo<br />
reati sessuali”<br />
Qualcuno durante la riunione – più che altro<br />
chi sapeva dell’eventualità di questo inserimento<br />
prima di ottenere il trasferimento a <strong>Bollate</strong>– ha<br />
chiesto che un responsabile del progetto venisse a<br />
darci ulteriori informazioni per capire l’utilità di<br />
questi inserimenti. L’incontro c’è stato e gli operatori<br />
dell’èquipe del dottor Giulini ci hanno sostanzialmente<br />
detto che nel bene o nel male, questi<br />
inserimenti avverranno. Hanno anche ammesso<br />
che sarebbe opportuno lavorare, oltre che sui sex<br />
offenders, anche sui detenuti che dovranno rassegnarsi<br />
a questa convivenza, ma mancano le risorse,<br />
hanno aggiunto e dunque il progetto proseguirà<br />
mantenendo questo squilibrio.<br />
Il progetto dunque va avanti, ma i dubbi<br />
restano. Molti obiettano che questa convivenza<br />
non esiste in nessun altro penitenziario, ma soprattutto<br />
non è tollerata neppure nella società esterna:<br />
la maggior parte della popolazione nazionale non<br />
vuole aver niente a che fare con queste persone.<br />
Il fronte dei no è abbastanza compatto, anche se<br />
c’è qualcuno che si è detto disposto ad accettare,<br />
questo tipo di inserimento, fissando però dei<br />
“paletti” ben precisi che sono dettati da un ragionamento<br />
molto semplice: se devo essere una delle<br />
due parti interessate a questa sperimentazione,<br />
devo innanzitutto capirne l’utilità e vorrei che<br />
questa viaggiasse sempre su binari ben definiti.<br />
Il progetto prevede che i sex offenders siano<br />
inseriti dopo una fase di preparazione. Prima di<br />
arrivare nei reparti comuni devono trascorrere<br />
un periodo al 6° reparto, in cui vengono seguiti<br />
a livello psicologico. Questo nell’ottica di una<br />
rieducazione che, è stato detto, abbassa la recidiva<br />
fino al 50%. Si è visto però, che ad esempio nel<br />
Primo reparto, dove l’esperimento è iniziato circa<br />
un anno fa, sono stati inseriti dei sex offenders<br />
arrivati direttamente da S. Vittore, che non erano<br />
stati assistiti dall’èquipe del dottor Giulini e che<br />
quindi avevano saltato quella fase di preparazione<br />
che avrebbe dovuto consentire un approccio non<br />
traumatico. Questi precedenti fanno aumentare i<br />
timori. In sintesi possiamo dire che la disponibilità<br />
dei detenuti è direttamente proporzionale al<br />
loro grado di coinvolgimento nel progetto: chi<br />
si convince che questa è effettivamente la strada<br />
maestra per neutralizzare persone che hanno<br />
commesso un reato che crea tanto allarme sociale,<br />
riesce a capire il senso di questa convivenza e ad<br />
accettarla. Quando invece si percepisce che il<br />
progetto ha molte lacune, questa convivenza forzata<br />
viene letta come un’imposizione o una prova<br />
di forza: “vediamo se ti pieghi ed umili fino ad<br />
accettare coloro che fino ad oggi abbiamo dovuto<br />
tenerti lontano”.<br />
Naturalmente sappiamo che la decisione è<br />
presa. Sta alla capacità delle persone che hanno<br />
redatto il progetto, capire che stanno toccando<br />
nervi scoperti, non forzando troppo la mano<br />
in una situazione che potrebbe generare molto<br />
malessere, sia tra i sex offenders, che continuerebbero<br />
a sentirsi rifiutati, sia tra i detenuti comuni<br />
che continuano a vivere la loro presenza come<br />
una violenza.<br />
Enrico Lazzara - Gianluigi Faltracco<br />
Primo reparto: Sex offenders No, grazie (ma forse sì)<br />
Abbiamo raccolto qualche opinione nel primo<br />
reparto, dove la sperimentazione è già<br />
stata avviata. Parole in libertà, raccolte nei<br />
corridoi, dove nessuno si preoccupa di attenuare i<br />
toni . A tutti abbiamo fatto la stessa domanda:<br />
Dopo qualche mese di convivenza cosa ne<br />
pensi del progetto sull’inserimento dei sex<br />
offender nei reparti e come valuti l’utilità<br />
dello stesso e perché sei rimasto qui se non<br />
condividi il progetto<br />
1-Il progetto è solo un fiore all’occhiello che è<br />
destinato a non approdare a nulla. Penso che il<br />
fatto di aver inserito i sex offender nei reparti sia<br />
negativo anche per loro: sono di fatto emarginati,<br />
fanno gruppo a parte noi dobbiamo subire una<br />
convivenza forzata. Sono rimasto in questo carcere<br />
perché la possibilità di vedere mia moglie e la<br />
mia famiglia vale qualsiasi sforzo, anche quello di<br />
accettare questa vicinanza.<br />
2- Il progetto non porterà a niente: queste persone<br />
sono abbandonate a se stesse già qui dentro, figuriamoci<br />
quando usciranno, in una società che<br />
invoca ad ogni occasione la castrazione chimica<br />
per reati di questa natura. Io penso che loro stessi<br />
si sentano in forte disagio e che vivano con paura<br />
questa convivenza. Non me ne sono andato<br />
perché ritengo che i benefici di cui si gode in un<br />
carcere come questo valgano il prezzo di un compromesso.<br />
3-Io credo che questo progetto sia un’imposizione<br />
da parte del Ministero che ha come contropartita<br />
le condizioni di sorveglianza attenuata concesse a<br />
questo carcere. Credo che anche la direzione sappia<br />
che questo progetto è senza prospettive. Non<br />
parto perché qui sto bene e non voglio dare soddisfazione<br />
nè a loro nè a nessuno.<br />
4-Io sono arrivato da Opera e sapevo che qui c’erano<br />
i sex offender nei reparti quindi se ho accettato<br />
di venire è perché in un certo senso credo che forse<br />
possiamo essere utili ad evitare che possano commettere<br />
un altro reato del genere e così come ha<br />
detto la commissaria una volta in una riunione, se<br />
tutti noi potessimo in qualche modo contribuire<br />
ad evitare che si faccia del male ad un bambino o<br />
una donna sarebbe un grande risultato. Però devo<br />
dire che queste persone, che tanti di noi considerano<br />
indegne, sono comunque sempre persone.<br />
Sono là abbandonati a se stessi, quindi così come<br />
è oggi il progetto forse non porterà a nulla, ed è<br />
un vero peccato.<br />
carte<strong>Bollate</strong> 14
Giusta protesta e doverosa rettifica<br />
(a proposito di un nostro articolo sul black out di ottobre)<br />
Il numero di settembre-ottobre del nostro “carte<strong>Bollate</strong>” ha dedicato un breve articolo di cronaca alla vicenda del black out che, a causa della<br />
rottura di un cavo dell’alta tensione, per due giorni ha privato dei servizi funzionanti con energia elettrica tutto il carcere di <strong>Bollate</strong> le persone<br />
che vi vivono e vi lavorano. L’articolo parlava tra l’altro dell’efficienza mostrata dalla MOF (Manutenzione ordinaria fabbricati) nel porre<br />
rimedio al guaio nel minor tempo possibile e dei disagi che hanno colpito il lavoro “delle guardie carcerarie” private dell’apporto dei computer.<br />
Ed è proprio qui , nella denominazione di quello che è in realtà e a buon diritto “personale di polizia penitenziaria”, che il giornale è incorso in<br />
uno spiacevole errore di cui dobbiamo scusarci.<br />
Il nostro errore è stato rilevato sia dal sindacato CISL, che rappresenta il personale, sia dal direttore della Casa di reclusione che ci hanno<br />
inviato le lettere di protesta e di precisazione che pubblichiamo in questa stessa pagina.<br />
Ci spiace molto dell’incidente perché nessuno ignora quanto sia prezioso e premuroso il comportamento dei lavoratori del Corpo di Polizia<br />
penitenziaria nell’assecondare l’attività di redazione del giornale specialmente per quanto riguarda il movimento di cose e persone. Siamo inoltre<br />
coscienti del dovere di essere molto precisi quando di parla o si scrive di persone dalle quali dipende tanta parte della sicurezza della società e<br />
della realizzazione di valori fondamentali della civiltà giuridica del nostro Paese quali sono la riabilitazione e il recupero dei detenuti.<br />
Ci sentiamo in dovere di scusarci anche se, nel caso specifico dell’errore di denominazione, non ci sembra implicito alcun intento denigratorio<br />
o disonorevole anche in considerazione dell’argomento trattato nell’articolo, relativo a un ben delimitato fatto di cronaca.<br />
LETTERA DELLA CISL:<br />
A TUTELA DELLA DIGNITÀ<br />
DELLA POLIZIA PENITENZIARIA<br />
Antonio Manna, segretario SAS del sindacato “CISL funzione<br />
pubblica” (comparto sicurezza e ministeri – <strong>Bollate</strong>), ha indirizzato<br />
al direttore responsabile di “carte<strong>Bollate</strong>” la seguente lettera: “Egregio<br />
signor direttore, non spetta certamente ad un sindacato, quale<br />
noi siamo, giudicare la qualità ed il gradimento della produzione<br />
di un giornale come carte <strong>Bollate</strong>, ma quando si cerca di usare<br />
modi, forme e comportamenti, che fanno passare messaggi sbagliati<br />
verso i cittadini e gli operatori penitenziari tutti, denigrando<br />
ed offendendo la dignità professionale di una categoria quale il<br />
Corpo di Polizia Penitenziaria, allora abbiamo l’obbligo di farlo<br />
sapere a chi compete.<br />
“Nel numero in uscita in oggetto (articolo “<strong>Bollate</strong> ad alta<br />
tensione” del n. 9/2007 settembre ottobre), registriamo per l’ennesima<br />
volta da parte di questa redazione, l’intenzione di far apparire<br />
con l’uso di termini discriminatori, quali “guardie carcerarie”,<br />
termine ormai desueto, il lavoro della Polizia Penitenziaria come<br />
quello di un’istituzione inaffidabile.<br />
“Non si tratta solo di una questione di forma, ma di sostanza,<br />
poiché tanti sono i poliziotti penitenziari (baschi azzurri, fiamme<br />
azzurre, operatori di polizia, questi sono gli altri sinonimi che<br />
potrebbero essere usati scrivendo degli appartenenti alla Polizia<br />
Penitenziaria) che per garantire una società giusta e migliore lottano<br />
giornalmente per l’affermazione della giustizia e per il recupero<br />
dei detenuti per il progresso civile del paese.<br />
“Voglia arrivare a Voi la protesta che centinaia di Operatori<br />
Penitenziari che lavorano in quest’istituto, non solo appartenenti<br />
alla Polizia Penitenziaria, c’invitano a far notare alle SS.LL. come<br />
certe affermazioni false di un importante lavoro come quello che<br />
trattiamo, ledono l’immagine e la dignità di un’Istituzione che<br />
opera per la legalità e per garantire sicurezza e rispetto alla dignità<br />
delle persone recluse.<br />
“Il nostro è un servizio tanto oscuro quanto difficile, ma altrettanto<br />
prezioso, perché in nessun altro ordinamento esiste una<br />
disposizione che coinvolge gli operatori di polizia direttamente<br />
anche nell’opera di rieducazione della persona detenuta.<br />
“Nel chiederle cortesemente la pubblicazione di questa mia<br />
lettera nel prossimo numero in uscita di carte <strong>Bollate</strong>, sono Certo<br />
che vorrete impegnarvi per restituire l’onore che merita il lavoro<br />
di questi Operatori della Sicurezza, attendiamo un vostro cenno<br />
di riscontro”.<br />
Il segretario Manna ha inviato la lettera qui riportata anche<br />
al Provveditore per la Lombardia dr. Luigi Pagano, alla direzione<br />
della C.R. di <strong>Bollate</strong> dr. Lucia Castellano e, per conoscenza, alla<br />
CISL F.P. Milano, coordinamento penitenziario<br />
LA DIREZIONE<br />
“MI ASSOCIO ALLE CRITICHE”<br />
Il direttore della Casa di Reclusione di <strong>Bollate</strong> Lucia Castellano a<br />
proposito dell’articolo sul black out e della protesta della CISL ha<br />
scritto al direttore responsabile del giornale per comunicare che<br />
“si associa alle considerazioni dell’O.S. CISLe prega di invitare la<br />
redazione a designare gli operatori di Polizia Penitenziaria con il<br />
termine giusto; il corpo di Polizia Penitenziaria, istituito a seguito<br />
della soppressione dell’ex corpo Agenti di custodia nel 1990, rivendica,<br />
a giusta ragione, il proprio posto tra le Forze di Polizia ad<br />
ordinamento civile. Dopo 17 anni i mass media parlano ancora di<br />
“guardie” o ancor peggio di “secondini”. Pur nella convinzione della<br />
buona fede del redattore nel caso di specie – conclude la dottoressa<br />
Castellano – la prego di voler rettificare l’articolo utilizzando la<br />
denominazione corretta”<br />
carte<strong>Bollate</strong> 15
Un grande successo per la Notte Bianca di <strong>Bollate</strong><br />
È qui la festa!<br />
Una serata splendida con un unico difetto: è durata troppo poco<br />
Molto pigramente, come<br />
si addice a un sabato<br />
mattina, un primo<br />
gruppo di detenuti iniziava<br />
a preparare i locali dell’Area<br />
Trattamentale che più tardi avrebbero<br />
ospitato la ”Notte Bianca”: alle<br />
18 in punto le porte del carcere si<br />
sarebbero aperte a 260 visitatori<br />
esterni che con una mail avevano<br />
chiesto di partecipare alla festa.<br />
Man mano che passavano le ore<br />
e che si aggiungevano detenuti e<br />
operatori addetti all’allestimento<br />
dei locali, si poteva percepire un<br />
crescendo di apprensione misto ad<br />
ansia, però in un modo molto contenuto<br />
e controllato. Tutto quello<br />
che era stato pianificato sulla carta<br />
procedeva senza intoppi e ad onor<br />
del vero, una volta realizzato andava<br />
ben oltre le aspettative di ognuno<br />
di noi.<br />
La cosa più bella è stata che 55<br />
detenuti che mai avevano lavorato<br />
insieme, si sono ritrovati fianco a<br />
fianco come se avesse già collaborato<br />
all’organizzazione di altri eventi.<br />
Ognuno sapeva esattamente<br />
quello che doveva fare e i tempi in<br />
cui lo doveva fare. Dietro le quinte<br />
e al nostro fianco, il sottile lavoro<br />
di Catia Bianchi, l’educatrice che<br />
ha firmato la regia dell’evento e del<br />
brigadiere Mandosio, è stato determinante<br />
sia per il coordinamento,<br />
sia per l’auto-responsabilizzazione di<br />
tutti noi. Il risultato Scintillante.<br />
Man mano che l’allestimento<br />
veniva completato, il tempo che ci<br />
separava dall’apertura dei cancelli<br />
si riduceva e l’emozione aumentava.<br />
Al piano terreno, erano apparecchiati<br />
i tavoli con il buffet: pizze,<br />
torte, crostini, bruschette, involtini<br />
di melanzane e tanto ancora.<br />
C’era il banco del cous cous, e<br />
al suo fianco Mustapha cadenzava<br />
un ritmo mediorientale con i suoi<br />
bonghi. Poco più in là, Tonino e<br />
Pasquale riempivano e friggevano<br />
panzarotti, all’ingresso Anselmo e<br />
Fulvio, pronti a distribuire rose alle<br />
signore, facendo a gara col verdeggiante<br />
gruppetto di “Cascina<br />
<strong>Bollate</strong>” che regalava semi, piantine<br />
carte<strong>Bollate</strong> 16
e sacchettini di lavanda a tutti gli<br />
ospiti. Al primo piano tutta un’altra<br />
musica, col rock degli “Aria dura”,<br />
l’esposizione dei prodotti artigianali,<br />
con le creazioni del fai da te galeotto,<br />
la redazione del nostro giornale e<br />
le attività culturali e formative.<br />
Poco dopo le 18:00 un grido<br />
ha spezzato l’attesa: “Sono qui, ci<br />
siamo”. Il primo gruppo di circa<br />
130 persone varca il portone dell’area<br />
trattamentale e subito si è<br />
potuto constatare che c’era un feeling<br />
straordinario.<br />
Tra gli ospiti c’erano anche magistrati,<br />
poliziotti in borghese ed<br />
amici, però nessuno esercitava la<br />
propria influenza e tutti dialogavano<br />
con estrema naturalezza con<br />
chiunque: il carcere in quell’occasione<br />
aveva abbattuto le sue mura,<br />
almeno ideologicamente. Mentre la<br />
prima ondata di visitatori, rifocillata<br />
e contenta si dirigeva verso il teatro<br />
per assistere al musical andato in<br />
scena con una doppia rappresentazione<br />
dei nostri compagni, già un<br />
secondo gruppo, di altri 130 persone<br />
aveva tutte le nostre attenzioni.<br />
È stato un successo, di organizzazione,<br />
di semplicità ed armonia.<br />
Pur vivendo un momento di logica<br />
euforia, quello che più ha colpito è<br />
stata la compostezza con cui tutti<br />
noi detenuti abbiamo vissuto quei<br />
momenti e il perfetto sincronismo<br />
con cui ci siamo coordinati con la<br />
polizia penitenziaria, gli educatori<br />
e i responsabili di tutte le attività.<br />
“Tale e quale ad un orologio svizzero”<br />
come aveva auspicato la comandante<br />
di Reparto, il vice commissario<br />
Uscidda.<br />
Gli ospiti per una sera si sono<br />
dimenticati di trovarsi in un carcere<br />
e noi abbiamo percepito il loro stupore<br />
e la loro soddisfazione, mentre<br />
ci facevano complimenti per l’organizzazione<br />
e per la qualità della<br />
cucina così come per l’artigianato<br />
esposto.<br />
L’unica critica: “è troppo poco il<br />
tempo che ci danno per stare qui”<br />
esclamava qualcuno....<br />
Ecco, se si vuole, questa è stata<br />
l’unica pecca della serata.<br />
Però guardandola dalla parte del<br />
bicchiere mezzo pieno è un complimento:<br />
infatti è stato facile dedurre<br />
che le persone stavano bene ed erano<br />
a loro agio, tanto che avrebbero<br />
voluto più tempo per stare con noi.<br />
Se l’effetto è questo, rifacciamolo!<br />
Francesco Ribezzo<br />
carte<strong>Bollate</strong> 17
Parte un laboratorio di cabaret in carcere<br />
Sulle tracce del comico<br />
Tra i docenti, comici di “Zelig”. Un progetto di Fabrizio Giunta<br />
Un nostro ex compagno, Fabrizio<br />
Giunta, ormai libero, ha avuto<br />
un’ottima idea e fuori dal carcere<br />
non ci ha dimenticati. Ha trovato il modo<br />
di farci ridere organizzando un corso di avvicinamento<br />
al teatro comico. Chi come lui<br />
è stato a <strong>Bollate</strong>, sa che qui dentro c’e sempre<br />
bisogno di volontari per promuovere<br />
iniziative che servono ai detenuti. Iniziative<br />
che ci aiutino a non pensare alla monotonia<br />
carceraria e a conoscere il valore e l’importanza<br />
di un’arte che ci consente di affrontare<br />
in modo nuovo e con ironia le difficoltà<br />
della vita e a scoprire in noi doti nascoste.<br />
E chissà, una volta usciti, questo primo<br />
incontro col palcoscenico potrebbe anche<br />
concretizzarsi in progetti lavorativi. Fabrizio<br />
ha organizzato uno stage di cabaret con<br />
l’iscrizione di 21 candidati che si ritroveranno<br />
al teatro dell’istituto e approfondiranno<br />
le seguenti tecniche: i principi del comico,<br />
le forme del comico (cabaret, circo, commedia),<br />
alla scoperta del proprio clown, la<br />
situazione e il meccanismo del personaggio,<br />
la caratterizzazione del personaggio, drammaturgia<br />
comica, improvvisazione teatrale,<br />
tecnica mimica e magia comica.<br />
I ragazzi saranno assistiti da Cesare Ballarini<br />
e dai numerosi docenti che collaborano<br />
con lui.<br />
Tutti i candidati si esibiranno in singoli<br />
sketch su un piccolo palco, interpreteranno<br />
liberamente ciò che hanno studiato, avendo<br />
come pubblico un comitato di selezione<br />
composto da rappresentanti del corpo docente,<br />
un rappresentante dell’area educativa<br />
e i loro compagni. Se supereranno i test di<br />
ammissione parteciperanno al laboratorio<br />
teatrale.<br />
Il gruppo si ritroverà tutte le settimane<br />
in teatro fino al 20 maggio, con la supervisione<br />
di quattro comici di Zelig e docenti.<br />
Mercoledì 21 il saggio (“Belli dentro”)<br />
dedicato ai loro compagni. Ancora da destinare<br />
la data dello spettacolo “Belli fuori”<br />
dedicato al pubblico esterno.<br />
Abbiamo chiesto ai due comici del “Gomitolo”<br />
coppia di cabaret del Derby, le sensazioni<br />
provate nel fare volontariato all’interno<br />
di un carcere.<br />
Ci hanno detto di aver accettato volentieri<br />
l’incarico di insegnarci ad usare la<br />
comicità, come canale per far emergere la<br />
nostra espressività, regalandoci un pizzico<br />
di divertimento: merce rara in questi luoghi<br />
pieni di tristezza e monotonia. “Saremo<br />
soddisfatti – hanno aggiunto – solo al pensiero<br />
che qualcuno di loro possa farcela a intraprendere<br />
questa attività una volta libero.”<br />
Il prossimo progetto che Fabrizio sta<br />
elaborando con Manuel Frattini, attore che<br />
ha già portato in teatro “Pinocchio” e “Peter<br />
Pan” sarà un musical che potrebbe anche<br />
essere destinato alla televisione. Ci sono<br />
delle trattative in corso con “Italia 1”.<br />
Fabrizio e noi ringraziamo i docenti che<br />
hanno dedicato il loro tempo a questa esperienza<br />
di volontariato, ed hanno accettato<br />
questa grande sfida che si propone di porre<br />
la prima ed importante pietra per l’inizio<br />
della costruzione di un gruppo di laboratorio<br />
d’avanguardia, mai realizzato in una<br />
casa di reclusione.<br />
Fabrizio Giunta ci tiene anche a ringraziare<br />
la direttrice Lucia Castellano per<br />
la sua politica di trattamento avanzato, che<br />
propone importanti metodi riabilitativi<br />
nella prospettiva di avviare la popolazione<br />
detenuta al recupero della libertà.<br />
Michele De Biase<br />
I comici del “Gomitolo”<br />
carte<strong>Bollate</strong> 18
Teatro in carcere<br />
Fiori e dolori, ma soprattutto fiori<br />
In tournée a Bruxelles ospiti dell’ Unesco, autorità permettendo<br />
Michelina Capato, coordinatrice<br />
delle attività teatrali, parla dell’esperienza<br />
della cooperativa<br />
Estia: “I detenuti che partecipano al progetto<br />
sono tutti consapevoli di combattere con<br />
i confl itti in atto. Il fatto di avere responsabilità,<br />
di dirsi tutte le cose in faccia, è l’unico<br />
modo di costruire qualcosa, analizzare<br />
e valutare che l’obiettivo finale si avvicina.<br />
Può essere tutto bellissimo, ma non funziona,<br />
riconosci tutto quello che trovi e cerchi<br />
tutto quello che ti manca. Un elemento significativo<br />
è che il teatro è collettivo, è una<br />
responsabilità condivisa, che ci costringe a<br />
incoraggiarci a vicenda e sostenerci uno con<br />
l’altro per far funzionare il tutto. Il buon<br />
funzionamento si basa sulla capacità di<br />
avere fiducia reciproca e sull’affidabilità del<br />
gruppo”. Una grande soddisfazione è stata<br />
quella di essere invitati per il 28 ottobre<br />
2008 a fare uno spettacolo al congresso dell’Unesco<br />
che si terrà a Bruxelles, anche se è<br />
abbastanza remota la possibilità di ottenere<br />
tutte le autorizzazioni necessarie.<br />
Abbiamo chiesto ai giovani artisti come<br />
hanno vissuto questa esperienza e in che<br />
modo li aveva arricchiti. “La mia esperienza<br />
è cominciata come passatempo – dice Artur<br />
- col passare delle lezioni non vedevo l’ora<br />
che arrivasse il giorno del teatro per dimostrare<br />
tutto quello che avevo imparato: è<br />
una grossa gratificazione personale”.<br />
Per Carlos “è un percorso bellissimo.<br />
All’inizio ero un po’ imbarazzato, poi conoscendo<br />
i miei compagni mi sono aperto<br />
sempre di più. È molto faticoso, però ti da<br />
degli stimoli che a me erano sconosciuti: venendo<br />
qua la stanchezza svaniva, provando<br />
e riprovando vedevo i miei progressi. Sono<br />
soddisfatto, il teatro mi può dare un grosso<br />
insegnamento nella vita e mi ha consentito<br />
di stare a contatto con persone che mi hanno<br />
dato il loro insegnamento e alle quali<br />
sarò sempre grato”.<br />
Anche Massimo è soddisfatto: “Fare<br />
molti movimenti fisici ti aiuta a conoscere<br />
i tuoi limiti, a trovare armonia e a parlare<br />
solo col corpo. È una grande fatica, ti<br />
fa sputare sudore, però dopo torni e ti accorgi<br />
che ti fortifica sempre di più: è una<br />
stanchezza piacevole. Nessuno ti giudica<br />
per quello che eri, il rapporto con gli insegnanti<br />
ti da una marcia in più, il desi-<br />
dero di migliorare molto e di arricchire il<br />
tuo bagaglio personale e chissà, in futuro<br />
qualcuno di noi potrebbe anche aspirare a<br />
far parte di una compagnia e praticare in<br />
modo professionale il teatro”. Enzo ha scoperto<br />
di avere una passione fortissima per<br />
questa arte: “dico scoperto perché alle volte<br />
non ci rendiamo conto di quante cose interessanti<br />
siamo capaci di svolgere finché non<br />
emergono le potenzialità di ognuno di noi.<br />
Sto imparando ogni giorno di più a conoscere<br />
me stesso e i miei limiti, a rapportarmi<br />
con un gruppo e a condividere fiori e dolori:<br />
aiuta ad aprirsi al mondo e a non stare<br />
arroccato nei propri pensieri. Mi da gioia<br />
lavorare con gli atri, portando a termine il<br />
tutto con una rappresentazione dove puoi<br />
far affiorare le tue emozioni e riversarle sul<br />
pubblico. È uno scambio molto gratificante<br />
che ci da tantissime emozioni”.<br />
Michele De Biase<br />
Il progetto per un teatro<br />
‘in-stabile’ a <strong>Bollate</strong><br />
Il progetto prevede la fondazione di un Teatro ‘In-Stabile’ presso la Casa di Reclusione<br />
di Milano-<strong>Bollate</strong> che produca uno spettacolo dal vivo e due produzioni<br />
video all’anno. Lo scopo è quello di formare un teatro del tutto ‘normale’ anche<br />
se ‘dentro’, capace di produrre progetti artistici di qualita’.<br />
Obiettivo è rispondere al bisogno di inclusione dei detenuti che realizzano concretamente<br />
il progetto in una prospettiva di reinserimento professionale.<br />
Non solo: il fine è anche quello di favorire la massima diffusione di questa esperienza<br />
del tutto particolare la quale, proprio per la marginalita’ in cui si trova ad operare,<br />
ha la necessita’ di ‘aprire le porte’, quindi ospitare altre compagnie e, sia pure con le<br />
inevitabili complessita’ procedurali, mostrarsi al pubblico per un’adeguata diffusione<br />
territoriale. Per questo il progetto prevede l’aumento graduale del numero di repliche<br />
delle produzioni, e l’apertura dello spazio teatrale per sperimentazioni nazionali<br />
e internazionali in una maggiore osmosi tra esterno e interno. La promozione e la<br />
circuitazione esterna degli spettacoli prodotti è resa possibile anche facendo leva su<br />
accordi istituzionali impensabili fino a due anni fa. In piu’ le produzioni video previste,<br />
svincolate da limiti, possono essere meglio esportate ed essere ‘protagoniste’<br />
di lunghe tournee.<br />
Diversi i risultati attesi: tra questi vi è il consolidamento della capacita’ produttiva e<br />
organizzativa; lo sviluppo di adeguate strategie di promozione in riferimento sia alla<br />
dimensione di ospitalita’ del teatro per produzioni proprie e per compagnie ospiti,<br />
sia per rappresentare all’esterno gli spettacoli o i video realizzati dalla compagnia<br />
interna; l’ampliamento della collaborazione con enti pubblici dell’hinterland; apertura<br />
ad esperimenti formativi o artistici con universita’ e partner di ricerca europei;<br />
rafforzamento della capacita’ artistico produttiva. Il progetto, curato dalla cooperativa<br />
Estia, è finanziato dalla Cariplo per un importo di 20.000 euro.<br />
carte<strong>Bollate</strong> 19
Dibattito promosso dalla redazione di “Ristretti Orizzonti”<br />
Incontro a Padova sull’informazione<br />
dal carcere e sul carcere<br />
La redazione di “Ristretti Orizzonti” promuove un dibattito tra coordinatori di giornali e di altre esperienze di informazione dal carcere<br />
che prenda spunto, come si legge nella lettera di invito giunta, naturalmente, anche a “carte<strong>Bollate</strong>”, “dall’acceso dibattito sulla<br />
pena e sul carcere su cui tanto peso hanno i media,” rilanciato da recenti avvenimenti di cronaca. In particolare “Ristretti Orizzonti”<br />
richiama le polemiche sulla legge Gozzini, “una buona legge che pochi continuano a difendere e che invece noi, giornali dal carcere, dovremmo<br />
eleggere quale simbolo di aggregazione e di una battaglia perché le carceri siano più decenti e chi ci sta dentro possa iniziare davvero<br />
un graduale percorso di reinserimento attraverso le misure alternative”.<br />
“Anche per questo – prosegue la lettera – riteniamo che il primo e fondamentale passo consista nell’unire le forze e come Federazione<br />
Nazionale dell’informazione dal carcere e sul carcere abbiamo organizzando il 10 <strong>dicembre</strong> scorso, nella nostra redazione interna alla Casa<br />
di reclusione di Padova, un incontro di lavoro dei coordinatori dei giornali e di altre esperienze di informazione dal carcere che ci permetta<br />
di condividere idee, eventuali iniziative e progetti da mettere in campo”.<br />
“È nostra intenzione – continua la lettera della redazione padovana – dare all’incontro un carattere pratico e abbiamo chiesto al Dipartimento<br />
dell’Amministrazione Penitenziaria di voler indicare – e di far intervenire alla giornata – un referente ministeriale che si occupi dei<br />
rapporti con la Federazione, al quale avanzare le richieste che di volta in volta si renderanno necessarie. Tra le altre cose l’incontro servirà<br />
anche: 1) a predisporre un progetto stabile che permetta alla Federazione di lavorare con continuità sull’informazione dal carcere e sul<br />
carcere 2) a individuare degli obiettivi comuni sui quali far sentire la nostra voce 3) a organizzare l’incontro della Federazione, che si svolge<br />
ogni anno a Bologna con il patrocinio dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna, e predisporre un numero di Ristretti Orizzonti<br />
contenente gli articoli delle riviste che parteciperanno all’incontro o che comunque aderiscono alla Federazione 4) a “formare” i responsabili<br />
e i coordinatori delle varie riviste.<br />
Concerto rock al teatro di <strong>Bollate</strong><br />
Woodstock... ad occhi chiusi<br />
Oltre cento detenuti per i New Skiprag “Las Vegas Jam”<br />
Il suono che riusciva a tirare fuori dalla chitarra resterà ineguagliabile e l’atmosfera di Woodstock con Jimy Hendrix vestito di bianco sarà per sempre un sogno.<br />
Però se un gruppo, per una sera, lasciati i locali abituali della città decide di suonare in un carcere, il sogno può anche diventare realtà. È successo martedì sera,<br />
4 <strong>dicembre</strong>, nel teatro del carcere di <strong>Bollate</strong> dove, davanti oltre cento detenuti, si sono esibiti i New Skiprag “Las Vegas Jam” un gruppo milanese di rock e soul<br />
(Roberto Porro chitarra e voce, Giancarlo Brambilla chitarra, Fulvio Gatti batteria, Leonardo Pantaleo basso, Carlo Garofano tastiere).<br />
Il concerto è stato organizzato in prossimità delle feste di Natale da<br />
Maddalena Capalbi che ogni sabato, a <strong>Bollate</strong>, tiene un corso di scrittura<br />
creativa con la partecipazione di poeti come Milo de Angelis, Michelangelo<br />
Coviello e intellettuali come Nicola Miglino. La musica, soprattutto<br />
se rock, ha un appeal superiore ai versi ma il connubio potrebbe aprire<br />
strade interessanti e non a caso l’idea del concerto è venuta proprio al<br />
corso di poesia dove, per esempio, c’è un senegalese che scrive poesie in<br />
forma di rap. Anche se il repertorio proposto è stato quello dei Rolling<br />
Stones, di Jimy Hendrix, dei Dire Straits e di altre stelle del rock, in sala<br />
l’atmosfera non ha potuto essere come quella che si crea negli stadi o nei<br />
palasport. Il carcere, anche se sperimentale, resta sempre tale. Un duetto<br />
di chitarre elettriche, però, può far viaggiare molto al di là delle sbarre.<br />
Così è bastato chiudere gli occhi e gli accendini si sono ugualmente accesi<br />
creando il magico effetto di tante fiammelle agitate nel vento. È bastato<br />
chiudere gli occhi per ballare e saltare. È bastato il rock per sperare in un<br />
futuro diverso, leggero e allegro.<br />
M. C.<br />
carte<strong>Bollate</strong> 20
Il Presepe della “Staccata”<br />
Betlemme ricostruita a <strong>Bollate</strong><br />
Un gruppo di detenuti lo ha realizzato in un mese di lavoro<br />
Rappresentazione della natività di Gesù, che viene allestita secondo le usanze in occasione del Natale e viene mantenuta sino all'Epifania. La<br />
tradizione ne fa risalire l'origine a Francesco d'Assisi, che realizzò un presepe a Greccio nel 1223.<br />
Elementi tipici del presepe sono la grotta o capanna in cui venne alla luce il Messia, e al suo interno il Bimbo nella mangiatoia, la Vergine<br />
con San Giuseppe, il bue e l'asino che scaldano l'aria col tepore dei loro aliti, i pastori adoranti, gli angeli osannanti e la cometa che indica la<br />
via ai Magi d'Oriente. I personaggi raffiguranti i tre re vengono aggiunti alla scena soltanto il giorno dell'Epifania.<br />
La realizzazione di presepi e dei loro singoli componenti – personaggi<br />
o scenari – costituisce uno dei settori più ricchi dell'arte<br />
popolare italiana, rappresentato da una vasta tipologia<br />
di oggetti e allestimenti, dai presepi in legno intagliato dell'Alto<br />
Adige a quelli in ceramica, in particolare napoletani, ai grandiosi<br />
presepi animati, perlopiù itineranti.<br />
Tipica di molte località è la rappresentazione natalizia del presepe<br />
vivente.<br />
In “staccata” abbiamo voluto accogliere questo Natale secondo<br />
la tradizione di San Francesco con il buono auspicio per tutti. Il<br />
presepe è stato elaborato con materiale riciclato, del polistirolo recuperato<br />
dagli involucri dei computer, modellati e grattati per dare<br />
le sembianze dei monti e delle case circostanti. È stato emulato un<br />
palazzo di Erode e il tutto assemblato e impregnato di colla vinilica<br />
impastata con gesso e cosparsa di sabbia mista a sassolini proprio per<br />
creare il colore naturale delle montagne. Una volta seccata, la struttura<br />
è stata dipinta cercando di dare stile e colore dell’oriente. Porte e<br />
infissi sono stati lavorati con legnetti delle cassette della frutta e rami<br />
secchi, utilizzati anche come fusti degli alberi. Le foglie, trattate con<br />
colla vinilica e colore verde per fissare la forma ed il colore sembrano<br />
dei rami delle palme. L’oasi è stata ricavata dal papiro, anch’esso<br />
tagliato a misura e fissato con colla e colore verde. I vari personaggi<br />
sono di fattura molto semplice: il corpo è un pezzetto di legno, posto<br />
su una base, la testa è stata modellata con della carta pesta, poi<br />
dipinta e vestita con dei ritagli di stoffa.<br />
Anche gli animali sono di carta pesta dipinta. Con una piccola<br />
pompa dell’acquario si è creato un laghetto con il suo sbocco di<br />
ripescaggio dell’acqua al di sopra del bacino... una cascata. Infine<br />
l’illuminazione, mista tra artigianale e comprata già in serie, completa<br />
il quadro della natività.<br />
Il tutto è stato realizzato da Alfredo Perri, con l’aiuto di Michele<br />
De Biase, Giuseppe Borgese, Raccagni Michael, Francesco Vegidi e<br />
con l’ausilio dell’art.3, il capo posto Mondello e l’assistente Costa.<br />
Alfredo Perri<br />
carte<strong>Bollate</strong> 21
NOTIZIE<br />
DAL<br />
Gran Bretagna, due carceri<br />
riservate agli stranieri<br />
GRAN BRETAGNA – Sono state riservate due prigioni a Canterbury (254<br />
letti) nel Kent, e nella contea dell’Essex (154), esclusivamente per i detenuti<br />
stranieri. Scopo. sveltire il rimpatrio forzato, appena espiata la pena e fornire<br />
ai reclusi un’assistenza più mirata, da quella linguistica alle pratiche<br />
per l’immigrazione. "È più facile farlo in un unico posto che disperdere gli<br />
specialisti in tutti i penitenziari del Paese", ha spiegato alla Bbc Anne Owers,<br />
ispettrice generale per il trattamento dei detenuti. L’idea è nata tenendo<br />
conto dell’alta percentuale di detenuti con turbe psichiche che non ricevono<br />
sostegno adeguato a causa delle barriere culturali e linguistiche.<br />
Il ministero della Giustizia del governo laburista ha dato notizia dell’iniziativa<br />
solo a posteriori e "incidentalmente", in un rapporto sulla salute<br />
mentale delle persone dietro le sbarre. Questi centri di reclusione costeranno<br />
– per singolo detenuto – il doppio di una normale prigione.<br />
Nel mondo politico londinese nessuno ha sollevato polemiche o proteste<br />
anti-xenofobe, ma il partito conservatore, all’opposizione, è perplesso:<br />
"Mentre due intere prigioni – ha detto il ministro-ombra della Giustizia,<br />
Nick Herbert – sono dedicate agli stranieri, il resto è stracolmo di gente. Il<br />
provvedimento che non risolve minimamente il problema a livello nazionale.<br />
Sarebbe meglio dare più spazi nelle prigioni, rimandando a casa un<br />
elevato numero di reclusi".<br />
Nelle celle del Regno Unito soggiornano undicimila stranieri, una percentuale<br />
elevata visto che in tutto i reclusi sono 81 mila e che c’è un grosso<br />
problema di sovraffollamento. Secondo il ministero degli Interni, i conservatori<br />
non devono preoccuparsi poiché la priorità rimane il rimpatrio dei<br />
detenuti stranieri. "Abbiamo avviato un piano – ha spiegato un portavoce<br />
del dicastero – per rimandarli nei loro Paesi ancor prima del processo". Il<br />
ministro della giustizia, David Hanson, ha spiegato che è stato sviluppato<br />
un accordo con un centinaio di Paesi stranieri per snellire le pratiche: "Nel<br />
2005 abbiamo rimpatriato 1.500 detenuti. Lo scorso anno 2.500. Quest’anno<br />
ci aspettiamo che il numero salga a 4 mila".<br />
In ogni carcere per stranieri ci sono cinque agenti del servizio immigrazione<br />
che si occupano solo delle procedure burocratiche. Se l’esperimento<br />
pilota delle due carceri avrà successo, altri centri di detenzione "only for<br />
foreigners" saranno inaugurati, visto che i detenuti stranieri abbondano, in<br />
particolare giamaicani (1.464) e nigeriani (1.061).<br />
Rivolta in carcere, 34 morti in Argentina<br />
BUENOS AIRES, 5 NOV. – Una rivolta di detenuti che hanno causato un<br />
incendio nel carcere maschile di Santiago del Estero (Argentina settentrionale)<br />
si è conclusa oggi con un bilancio di 34 morti e altri dieci feriti, di cui<br />
quattro in modo grave. I media argentini hanno mostrato prima le immagini<br />
drammatiche delle fiamme che si sono sprigionate in uno dei padiglioni<br />
e quindi il via vai di ambulanze che hanno fatto la spola fra il carcere e<br />
gli ospedali della zona per trasferire le vittime, molte delle quali decedute<br />
per ustioni o asfissia. Secondo quanto hanno denunciato dai familiari dei<br />
reclusi, molti dei decessi avrebbero potuto essere evitati se i vigili del fuoco<br />
fossero intervenuti prontamente sul posto, e non con un grave ritardo. La<br />
polizia della città ha annunciato nel pomeriggio che la rivolta era ufficialmente<br />
sotto controllo, anche se le tv "all news" argentine hanno indicato che<br />
carte<strong>Bollate</strong> 22<br />
anche in un altro padiglione del carcere una cinquantina di detenuti hanno<br />
appiccato il fuoco alle loro masserizie. Intanto a Formosa, capoluogo della<br />
omonima provincia settentrionale argentina, un detenuto è morto ieri nel<br />
corso di un'altra protesta contro la presunta paralisi del sistema giudiziario.<br />
Gli incidenti a Santiago del Estero sono scoppiati nel pomeriggio di ieri<br />
per cause che ad un giorno di distanza non sono state del tutto chiarite,<br />
al punto che il governo centrale ha deciso di inviare a Santiago del Estero<br />
una delegazione di esperti per collaborare con gli inquirenti. Fonti ufficiali<br />
hanno sostenuto al riguardo che un gruppo di detenuti ha cercato di fuggire<br />
dal padiglione numero 3 del carcere e che, vedendo fallire il tentativo, ha<br />
scatenato una rivolta appiccando il fuoco a materassi e coperte. La circostanza<br />
è però stata smentita decisamente dagli interessati in una lettera, di<br />
cui dà notizia l'agenzia di stampa Telam, e in cui si ribadisce che la parte più<br />
dura della protesta e l'incendio sono cominciati quando gli agenti di polizia<br />
penitenziaria hanno voluto reprimere una manifestazione per migliori condizioni<br />
di vita nel centro di detenzione che ospita oltre 500 persone.<br />
(ANSA)<br />
Disordini in Brasile, muoiono tre detenuti<br />
SAN PAOLO, 13 NOV. – Tre detenuti sono morti nel corso di disordini nel<br />
carcere di Recife, nello stato brasiliano del Pernambuco, dove sono scoppiate<br />
tre ribellioni in due giorni. Il penitenziario Anibal Bruno ha una capacità<br />
di 1.140 detenuti, ma ne ospita attualmente poco meno di quattromila. La<br />
prima rivolta, legata appunto alla sovrappopolazione del carcere, è scoppiata<br />
domenica, con un morto e oltre 40 feriti in liti tra diverse fazioni dei detenuti,<br />
ed è stata sedata dopo sei ore. Due padiglioni sono rimasti distrutti,<br />
peggiorando ancora l'affollamento di persone tra le mura della prigione. Ieri<br />
e all'alba di oggi sono scoppiati nuovi disordini, sedati solo con l'intervento<br />
della compagnia di operazioni speciali della polizia locale, che ha ucciso a<br />
manganellate due detenuti e ferito un centinaio. Oltre 700 detenuti saranno<br />
trasferiti in altri centri di detenzione.<br />
(ANSA)<br />
“Nuova legge per le madri in carcere”<br />
ROMA, 12 NOV. – "Bisogna giungere al più presto all'approvazione della<br />
proposta di legge che prevede misure alternative al carcere per le madri<br />
detenute, perché è inaccettabile che i bambini trascorrano un periodo fondamentale<br />
della loro vita in cella e con limiti di spazio intorno". Lo ha<br />
affermato il ministro delle politiche per la famiglia, Rosy Bindi, riferendosi<br />
a segnalazioni ricevute da alcuni carceri italiane. Per Bindi, le nuove norme<br />
sono necessarie "tanto più in condizioni di sovraffollamento, come nel<br />
caso della sezione femminile di Rebibbia. Questi piccoli stanno pagando un<br />
prezzo altissimo senza avere nessuna colpa. Per questo, in attesa della legge<br />
in discussione in Parlamento, vanno applicate senza esitazioni le norme che<br />
prevedono già dei benefici per le madri detenute, incentivando e rafforzando<br />
la soluzione delle case famiglia protette per le molte donne che provengono<br />
da situazioni abitative e familiari caratterizzate dal disagio, come tossicodipendenti,<br />
nomadi e immigrate, che costituiscono la maggioranza della<br />
popolazione carceraria femminile. In uno Stato davvero civile la soglia del<br />
carcere non deve essere più varcata da nessun bambino, a prescindere dalle<br />
responsabilità penali dei genitori".<br />
(ANSA)<br />
Record di bimbi al nido di Rebibbia<br />
ROMA, 12 NOV. – Nuovo record di presenze nel nido del carcere di<br />
Rebibbia Femminile: lo scorso fine settimana, infatti, c'erano 31 bambini e<br />
bambine di età compresa tra 0 e 3 anni insieme a 28 mamme (due hanno<br />
due gemelli) detenute nel carcere romano, mentre la capienza massima del
nido di Rebibbia è di 13 unità. L'allarme arriva dal Garante regionale dei diritti<br />
dei detenuti Angiolo Marroni, il quale segnala inoltre che sabato scorso<br />
sono stati avviati dei trasferimenti di donne e bambini in altre carceri d'Italia:<br />
sarebbero state trasferite quattro donne a Torino ed una Perugia con i<br />
figli al seguito. "Una situazione sgradevole per due motivi – ha spiegato il<br />
Garante Angiolo Marroni – il primo è che si tratta di detenute straniere in<br />
gran parte stanziate nella zona di Roma che, con il trasferimento, si vedono<br />
tagliare ogni legame con le loro famiglie. Il secondo è che non si è tenuto<br />
conto della delicata situazione dei bambini, molti dei quali frequentano<br />
l'asilo nido esterno del Comune e che sono coinvolti nelle iniziative dell'associazione<br />
di volontariato ‘A Roma Insieme’, che ogni sabato li porta fuori<br />
dal carcere per ridurre al minimo il loro impatto con il carcere”.<br />
A Rebibbia Femminile le 28 detenute madri sono quasi tutte straniere,<br />
in gran parte rom. In base alla legge, spiegano dall'Ufficio del Garante, i<br />
bambini da 0 a 3 anni possono stare in carcere con le mamme, ma al compimento<br />
del terzo anno di età è obbligatoria la scarcerazione dei minori, indipendentemente<br />
dalla pena che sta scontando la madre, con l'affidamento<br />
del piccolo a parenti o a soggetti esterni. In carcere i bambini trascorrono<br />
gran parte del loro tempo nella stanza dei giochi o nella zona verde. Alcuni<br />
di loro – fra mille difficoltà legate alle diffidenze delle mamme straniere<br />
– frequentano il nido del comune di Roma. Ai problemi dei minori se ne<br />
aggiunge, poi, un altro di tipo culturale. Alle detenute, infatti, sarebbe stato<br />
spiegato che se avessero affidato la custodia dei figli all'esterno potevano<br />
essere sistemate nella sezione comune di Rebibbia, evitando il trasferimento<br />
extraregione, ma molte hanno rifiutato per paura di perdere definitivamente<br />
i figli. “Nonostante l'impegno di operatori e volontari, i bambini vivono<br />
una situazione difficile anche per questi problemi di tipo culturale – ha<br />
detto Marroni – l'emergenza di queste ore, con mamme e piccoli trasferiti<br />
da una parte all'altra d'Italia senza tener conto dei legami anche affettivi che<br />
si erano creati tra i piccoli in carcere e con i volontari, dimostra ancor di più<br />
l'urgenza di prevedere, per le madri detenute, misure alternative alla detenzione<br />
e l'uso della carcerazione solo per reati gravi. Auspico – ha concluso<br />
il Garante – che il Parlamento approvi al più presto la proposta di legge su<br />
questo tema, già licenziata dalla Commissione Giustizia”.<br />
(AGI)<br />
Ambulanza<br />
Non per i detenuti e uno muore<br />
BARI, 9 NOV. – Con l'accusa di omicidio colposo la procura di Bari ha<br />
chiesto il rinvio a giudizio di due medici del carcere del capoluogo pugliese<br />
indagati per aver provocato la morte del detenuto Fabio Malinconico, avvenuta<br />
il 29 <strong>novembre</strong> 2004 al termine del suo trasferimento dal carcere di<br />
Bari a quello di Napoli-Secondigliano. Secondo l'accusa, i due medici – Pasquale<br />
Conti e Vincenzo De Marco – hanno omesso per colpa, dovuta ad<br />
imperizia e negligenza, di disporre che il trasferimento del pluripregiudicato<br />
leccese di 44 anni avvenisse a bordo di un'ambulanza, anzichè su una sedia<br />
a rotelle caricata su un mezzo furgonato. Il trasferimento – argomenta il pm<br />
inquirente Angela Morea nella richiesta di rinvio a giudizio – doveva essere<br />
fatto in ambulanza perché l'uomo era affetto da 'cardiopatia ischemica con<br />
pregresso infarto del miocardio e da morbo di Crohn ed igroma frontale.<br />
Malinconico giunse nel penitenziario di Secondigliano in stato di arresto<br />
cardio-respiratorio e morì sul colpo, nonostante le manovre rianimatorie<br />
praticate. Il detenuto era ritenuto personaggio di rilievo della criminalità salentina<br />
ed era in carcere dal luglio 1997: morì dopo aver chiesto inutilmente<br />
al tribunale di sorveglianza di Bari il permesso di continuare ad espiare la<br />
pena – 23 anni e due mesi di reclusione – nella sua casa di Lecce, a causa<br />
dei problemi cardiaci persistenti. Malinconico era stato arrestato prima per<br />
detenzione ai fini di spaccio di droga, e poi raggiunto in carcere da un'ordinanza<br />
di custodia cautelare emessa nell'operazione ‘Dedalo’ della polizia a<br />
carico di 44 persone coinvolte in traffici di droga:era accusato di essere uno<br />
dei capi e per questo era stato condannato a una pena rilevante. I giudici<br />
del tribunale di sorveglianza di Bari, il 9 <strong>novembre</strong> 2004, sulla base di un<br />
parere medico, ritennero che le condizioni di Malinconico erano compatibili<br />
con il regime carcerario e disposero il suo trasferimento in un carcere<br />
attrezzato per ospitare detenuti con problemi cardiaci, appunto quello di<br />
Secondigliano, dove Malinconico morì subito dopo l'arrivo.<br />
(ANSA)<br />
Settanta detenuti morti in carcere<br />
per cause naturali<br />
ROMA, 7 NOV. – Sono 70 i detenuti morti in carcere per cause naturali<br />
nel corso del 2007, a fronte degli 84 deceduti lo scorso anno. Il dato è<br />
stato fornito dal ministro per l'Attuazione del Programma di Governo Giulio<br />
Santagata, che ha sostituito al question time il Guardasigilli Clemente<br />
Mastella. Rispondendo a due distinte interrogazioni, Santagata ha affrontato<br />
i casi di Antonio Cordì, detenuto sottoposto al 41 bis, il quale, malato<br />
di cancro, ha ottenuto in agosto la sospensione provvisoria della pena dal<br />
magistrato di sorveglianza di Napoli per l'aggravarsi delle condizioni di<br />
salute, nonchè quello di Aldo Bianzino, il detenuto morto il 14 ottobre<br />
scorso nel carcere di Perugia. Sul caso Bianzino, in particolare, il ministro<br />
ha ricordato che "l'ipotesi della morte come conseguenza di una condotta<br />
colpevole, sia pure di natura esclusivamente omissiva, è uno dei temi delle<br />
investigazioni in corso" e che "il procuratore della Repubblica di Perugia<br />
ha comunque precisato che attribuire la causa della morte ad un evento<br />
patologico e/o violento costituirebbe attualmente affermazione imprudente,<br />
priva di supporto scientifico certo e non accreditata dal complesso delle<br />
indagini finora svolte".<br />
(AGI)<br />
Da otto anni vive sul letto<br />
del centro clinico di Rebibbia<br />
ROMA, 11 SETT. – Da 8 anni vive su un letto del centro clinico del carcere<br />
romano di Regina Coeli ed è condannato a stare in quella posizione 24 ore<br />
su 24. La storia di F., 67 anni uscirà domani sulla pagina di "Radio carcere",<br />
in edicola ogni mercoledì con il Riformista.<br />
“Da 8 anni – racconta il detenuto – vivo su un letto del centro clinico del<br />
carcere di Regina Coeli. Sono romano, e ho tanti anni ancora da scontare.<br />
Ma non sono condannato solo alla galera. Sono condannato a stare sempre<br />
a letto. Ventiquattro ore su ventiquattro dipendo da un detenuto, che mi<br />
aiuta a mangiare, a lavarmi e a cambiarmi il pannolone”. “Da 8 anni – prosegue<br />
F. – aspetto di essere operato. Non so da quanto tempo non mi faccio<br />
una doccia, non mi ricordo più l'ultima volta che mi sono messo un paio di<br />
scarpe e da 8 anni non faccio neanche l'ora d'aria. In attesa dell'operazione,<br />
avrei bisogno di un letto ortopedico e invece qui sto su una vecchia branda<br />
con un materasso di gomma piuma. Le piaghe da decubito mi massacrano<br />
il corpo e, quando devo cambiare posizione, mi aiuto con delle buste di plastica<br />
attaccate alla branda che uso come cinghie”. “Sono circa 80 i detenuti<br />
rinchiusi nel centro clinico del carcere di Regina Coeli – spiega Riccardo<br />
Arena, curatore del servizio – centro che è stato ristrutturato solo al terzo<br />
piano dove c'è una moderna sala operatoria, mentre il secondo e il primo<br />
piano restano vecchi e inadeguati. La direzione e il personale fanno di tutto<br />
per aiutare i detenuti malati, ma cosa possono fare in un carcere dell'800<br />
che è nato come convento”. “Occorre – propone Arena – chiudere Regina<br />
Coeli, che vale sul mercato milioni di euro, e investire quei soldi per una<br />
nuova struttura”.<br />
(AGI)<br />
carte<strong>Bollate</strong> 23
DOVE TI PORTEREI<br />
(Se non fossi qui)<br />
Le due facce del Perù<br />
Cronaca di un viaggio, dalla magia di Nazca e Cuzco<br />
all’inferno del Lurigancho<br />
Sono sempre stato affascinato dagli Egizi,<br />
Incas ed Aztechi ma non avrei mai immaginato<br />
quanto l’interesse per una di queste<br />
culture avrebbe contribuito a cambiare la mia<br />
vita.Allacciati le cinture stiamo per decollare...<br />
Lima ed il mistico Perù ci attendono.<br />
Purtroppo io non potrò più tornarci,<br />
ma vi accompagnerò volentieri in questo<br />
viaggio immaginario per farvi conoscere le<br />
due facce di questa terra intrigante.<br />
Il viaggio transoceanico è abbastanza<br />
lungo, ma le dodici ore da passare seduti in<br />
classe economica su un aereo sono il prezzo<br />
da pagare per poter vedere le meraviglie che<br />
si nascondono in quei luoghi.<br />
Touch down! Ci siamo: l’aereo ha toccato<br />
terra. L’aeroporto è situato nel barrio<br />
(quartiere) del Callao dove c’e anche il porto<br />
marittimo. Il percorso in taxi per arrivare<br />
in città mette subito in risalto l’architettura<br />
spagnoleggiante che caratterizza quasi tutte<br />
le città del Centro e Sud America dovuta alla<br />
lunga permanenza spagnola in questa parte<br />
del mondo. Ci si rende conto immediatamente<br />
del miscuglio di razze che popolano questo Paese:<br />
bianchi, neri, mulatti, indios, creoli, asiatici e<br />
tutti i tipi di miscugli, vivono in perfetta armonia<br />
senza alcuna discriminazione.<br />
I modi di vestire sono anche assai difformi<br />
tra loro oltre che pittoreschi e folcloristici. Ecco,<br />
guarda: là c’è un manager in giacca e cravatta,<br />
mentre poco più in là c’è una india che porta il<br />
suo bimbo in una sacca sulla schiena. La sua gonna<br />
è variopinta. Le lunghe trecce nere sbucano<br />
dal suo cappellino tipico.<br />
Le vie brulicano di gente, ma anche e soprattutto<br />
di macchine, bus e micros (una sorta<br />
di bus in miniatura). L’odore dell’aria è reso acre<br />
dallo smog: potrei riconoscere il Sud America<br />
anche bendato, semplicemente annusando l’aria!<br />
I semafori per le strade, poi, sono semplicemente<br />
un abbellimento, perché nessuno li rispetta. Gli<br />
incroci diventano un pittoresco caos, dove gli<br />
automobilisti si scambiano insulti e frasi sconce<br />
sulle rispettive mamme, senza però creare nervosismo<br />
o arrivare a liti. Oltre ai rumori dei clacson,<br />
l’atmosfera è piena di musica: ogni negozio, dal<br />
più piccolo al più grande tiene, infatti, lo stereo a<br />
palla diffondendo ritmi di salsa e merengue.<br />
Durante il tragitto, se sei un “gringo” (e noi<br />
per loro lo siamo, in quanto stranieri bianchi)<br />
è molto facile che il taxista ti offra una vasta<br />
gamma di prodotti, leciti, ma soprattutto illeciti:<br />
quindi prostitute, coca, marijuana etc. etc.<br />
Occhio, non lasciamoci coinvolgere dalla troppa<br />
disponibilità perché è facile che dopo l’acquisto<br />
si possa ricevere la visita della polizia.... Ahia che<br />
dolor... Finalmente siamo arrivati all’hotel. Ho<br />
scelto il barrio di Miraflores in quanto, essendo<br />
popolato da persone di un rango sociale un po’<br />
elevato, è più sicuro. Però anche San Isidro e las<br />
Molinas non sono da meno, anzi.<br />
Se non fosse che dovremo sostare solo per<br />
alcuni giorni a Lima, avrei optato per l’affitto<br />
di una casa in quanto più economico, sicuro e<br />
comodo. Il tempo di prendere possesso della camera<br />
e di una doccia rinfrescante e ci rivediamo<br />
nella hall per andare a sgranocchiare qualcosa,<br />
ho una fame...<br />
Ti porto alla “Costa Verde”, ristorante che<br />
prende il nome dall’omonimo barrio, situato giù<br />
dal mallecon, sulla spiaggia in pratica di fronte<br />
al mare. Il sottofondo musicale è gradevole, las<br />
chicas ( le ragazze) con un delizioso perenne sorriso<br />
sulle labbra ci fanno capire immediatamente<br />
quanto se la tirino le nostre compaesane, a questo<br />
punto il menù rischia di passare in secondo piano<br />
e sarebbe un peccato. La cucina peruviana è<br />
molto ricca di ricette variegate. Ti consiglio di<br />
cominciare con un ceviche di mariscos: frutti di<br />
mare marinati al succo di lime dei caraibi, aglio,<br />
coriandolo, peperoncino piccantissimo, cipolla<br />
tagliata a velo, il piatto è terminato con alghe<br />
marine, patata dolce, patata normale e mais bolliti<br />
logicamente. Poi potremmo proseguire con<br />
una zuppa di tartaruga marina ( una vera delizia)<br />
e per finire con dei bocconcini di baccalà impanati<br />
e fritti....<br />
È ora di organizzarci per partire per Nazca,<br />
per vedere gli immensi e famosi disegni (linee<br />
di Nazca) che si estendono nell’altopiano di una<br />
cinquantina di chilometri tra Nazca e Palpa,<br />
tracciati asportando sassi dall’arido terreno<br />
desertico della zona e visibili solo dall’aereo.<br />
Ok, il giorno è arrivato. Stiamo andando<br />
verso Nazca con un’auto noleggiata. Se hai<br />
fame, lungo il tragitto, possiamo fermarci a<br />
mangiare un tamales venduto dagli ambulanti.<br />
Sono dei deliziosi fagottini di polenta,<br />
avvolti in foglie di mais e ripieni di formaggio<br />
o di pollo o di una salsa di carne piccante<br />
che chiamano “Aji ”. E ci beviamo sopra una<br />
Chicha morada, una bibita moderatamente<br />
alcolica a base di mais scuro fermentato. Da<br />
Lima si arriva a Nazca in 4-5 ore, dipende<br />
dal traffico e dal ritmo personale.<br />
Ci dirigiamo al piccolo aeroporto: eccolo<br />
lì l’aereo, è un monomotore a elica da<br />
otto posti, costo del biglietto: 100 $ americani.<br />
Mi sembra un po’ sgangherato: speriamo che ci<br />
riporti a terra incolumi. Il volo dura mezz’ora.<br />
Dall’alto possiamo vedere il pappagallo lungo<br />
più di 180 metri, il colibrì, il condor e l’enorme<br />
ragno di circa 45 metri. Ma sono solo alcuni dei<br />
circa 800 disegni formati dalle oltre 13.000 linee<br />
presenti nell’area. C’è da rimanere a bocca aperta,<br />
credimi. Chissà perché i Nazca (civilizzazione<br />
pre-incaica) avranno mai fatto questi disegni:<br />
è strano che si possano ammirare solo dall’alto,<br />
mentre da terra sono irriconoscibili. La leggenda<br />
dice che li avessero fatti per dare il benvenuto ai<br />
visitatori che arrivavano dal cielo. Extraterrestri<br />
Anche questo fa parte del mito e noi non lo sapremo<br />
mai.<br />
In fondo gli odierni cerchi nel grano avvistati<br />
in Inghilterra e da altre parti del mondo ci<br />
richiamano un po’ allo stesso mistero.<br />
Prima di riprendere il viaggio diretti a Ica, ci<br />
fermiamo a mangiare una pachamanca, un’antica<br />
ricetta locale che richiede una laboriosa preparazione.<br />
Il forno è ricavato scavando una buca<br />
nel terreno nella quale si gettano delle braci che<br />
vengono poi ricoperte con sassi di granito. Su<br />
questa graticola di pietra si dispongono foglie<br />
di banano sulle quali vengono adagiate carne e<br />
patate. Poi un altro strato di foglie, sassi e braci.<br />
carte<strong>Bollate</strong> 24
A questo punto la buca viene ricoperta di terra e<br />
dopo circa un’ora il pranzo è servito, basta scavare...<br />
Mamma che buono!<br />
Dai, andiamo che è tardi e per arrivare a Ica<br />
ci vogliono ancora quattro ore di viaggio. Arriviamo<br />
che è sera, giusto in tempo per cercare un<br />
albergo. Uno vale l’altro, tutti abbastanza economici<br />
e dello stesso livello.<br />
Ica è famosa per i suoi vigneti, quindi meglio<br />
andarci in tempo di vendemmia perché c’è<br />
una bellissima festa del vino. Qui si beve bene,<br />
ottimo Cabernet e anche il Pisco che è in pratica<br />
un’ottima grappa. Il ritorno a Lima prosegue<br />
senza intoppi, ancora qualche ora e potremo riposarci<br />
per qualche giorno prima di partire per<br />
Cuzco che è l’antica capitale Incas e da lì per Machu<br />
Picchu la splendida città dei sacerdoti su un<br />
cucuzzolo delle Ande. Eccoci di nuovo a Lima la<br />
caotica capitale di questo stupendo paese, domani<br />
andremo a visitare il “Museo de oro”.<br />
È meraviglioso non trovi Pensa che tutti<br />
questi reperti archeologici sono solo frammenti<br />
in confronto a tutto l’oro che Francisco Pizarro è<br />
riuscito a derubare agli Incas. Si narra che quando<br />
imprigionò il re Inca per liberarlo chiese ed<br />
ottenne di farsi riempire una stanza d’oro, però<br />
dopo, lui lo uccise ugualmente. Quella là è la famosa<br />
porta de oro totalmente in oro massiccio,<br />
poi collari, bracciali, monili ed oggetti usati per<br />
i rituali o addirittura per operazioni chirurgiche,<br />
tutto incredibile. Bellissimi quei boccali (huacos)<br />
che riproducono delle pose erotiche, una specie<br />
di kamasutra in terra cotta. Mica scemi gli Incas:<br />
così tra una bevuta e l’altra non si dimenticavano<br />
che posa adottare!! Per cena andremo alla”Rosa<br />
Nautica” un ristorante nel bel mezzo dell’oceano<br />
nel vero senso della parola in quanto per arrivarci<br />
si deve percorrere una passerella di circa cento<br />
metri che si addentra appunto nel mare, guardando<br />
dalle finestre poi, sembra di essere seduti<br />
in barca: molto bello e romantico se ci si va in<br />
dolce compagnia. Una crema di gamberi ed un<br />
pesce al forno accompagnati da un buon vino<br />
bianco è l’ideale per non appesantire troppo il<br />
sonno. Finalmente si va a Cuzco, questa è la parte<br />
del viaggio più affascinante. In un’ora di volo<br />
saremo nell’antica capitale del Perù, quella che è<br />
stata la città più importante delle Ande oltre che<br />
la città abitata più antica di tutte le Americhe. Se<br />
hai l’impressione di mancanza d’aria non preoccuparti:<br />
è del tutto normale infatti qui siamo a<br />
3.400 metri di altezza. Quelle vecchie mura di<br />
enormi massi perfettamente incastrati tra loro<br />
sono l’antico muro di cinta<br />
della città, ci fanno rendere<br />
conto di quanto questa civilizzazione<br />
fosse organizzata ed<br />
avanzata. Infatti ancora oggi<br />
gli studiosi non riescono a<br />
dare una spiegazione di come<br />
abbiano potuto trasportare,<br />
tagliare ed incastrare massi di<br />
quella grandezza. In una delle<br />
vie, seduta su di una variopinta<br />
alfombra (tappeto) una<br />
india vende vari ricavati della<br />
coca, il famoso mate de coca<br />
e tanti altri prodotti come anche<br />
le foglie. Può sembrare incredibile<br />
invece la sua vendita<br />
è totalmente lecita però solo al di sopra dei mille<br />
metri di altezza, infatti chochar (masticare) la foglia<br />
di coca aiuta ad ovviare a tutti gli scompensi<br />
creati dall’altezza e dalla conseguente rarefazione<br />
dell’aria. Ahia la coca, gioia e dolore per tanti che<br />
come me si sono buttati nel suo traffico illecito.<br />
Pensa che anch’io avevo cominciato un viaggio<br />
che doveva essere solo di piacere, per conoscere<br />
questa terra piena di storia e mistero. Poi ho conosciuto<br />
anche l’altro Perù, quello dei raccoglitori<br />
di foglie, quello delle cascine<br />
dove si trasformano le foglie<br />
in pasta basica e quelle di trasformazione<br />
della pasta basica<br />
in cocaina. Poi i narcos e tutto<br />
il loro mondo. Purtroppo ad<br />
un certo punto il mio viaggio<br />
terminò al Lurigancho che è<br />
il penitenziario più grande del<br />
Perù: situato nella periferia di<br />
Lima, una storia incredibile<br />
che ha marcato e cambiato<br />
la mia vita per sempre. Ecco<br />
la ragione per cui ti posso accompagnare<br />
solo idealmente<br />
in questo viaggio.<br />
Ma torniamo alle meraviglie<br />
di questa città, un misto<br />
di architettura pre-cristiana e coloniale, infatti<br />
nella piazza principale (Plaza de Armas) ai lati<br />
dei palazzi che furono dei sovrani Inca si erge la<br />
Cattedrale voluta e fatta costruire da Francisco<br />
Pizarro subito dopo aver conquistato la città.<br />
I vari panorama che si possono ammirare da<br />
questa città ed i suoi dintorni sono mozzafiato,<br />
il paesaggio è unico per quei suoi picchi caratteristici.<br />
Si intravede anche l’incredibile tragitto del<br />
trenino che porta al Machu Picchu, dico incredibile<br />
perché invece di salire sul lato della montagna<br />
in maniera convenzionale, questo trenino<br />
dotato di due motrici sale a zig zag sino ad arrivare<br />
alla “città perduta degli Inca”.<br />
Il tragitto, della durata di due ore circa, è<br />
tutt’altro che noioso. Accanto a te puoi trovare<br />
indias che portano con loro galline, conigli ed<br />
animali quasi domestici, per non parlare dei venditori<br />
di aria; non scherzo, vendono aria nel vero<br />
senso della parola, infatti quel tipo là con quella<br />
specie di palla contenitore gialla, per pochi Sol<br />
(moneta locale) ti soffia in bocca l’aria che ti viene<br />
a mancare a causa dell’altezza. Tutto molto<br />
buffo e pittoresco. Eccoci, questa città è uno<br />
sballo, semplicemente incredibile per bellezza di<br />
ubicazione, planimetria e per le sue rovine che<br />
quasi si raccontano da sole. Poi il panorama....<br />
Dai andiamo ci tocca un’ultima fatica quella<br />
di arrampicarci su per gli oltre settecento gradini<br />
per raggiungere il Tempio del Sole, la scalinata è<br />
molto ripida stiamo attenti a non scivolare, potremmo<br />
ritrovarci col culo molto dolorante se<br />
dovessimo scendere in quella maniera poco ortodossa...<br />
L’impressionante vista che da qui si ha<br />
sulla sottostante valle dell’Urubamba, circa 400<br />
metri più in basso, a strapiombo, non posso descriverla,<br />
c’è solo un modo per poterla concepire:<br />
vederla.<br />
Ecco, da qua su finisce il mio racconto, dal<br />
Tempio del Sole, l’astro che il popolo di questo<br />
regno venerava. Costruirono qui in questa zona<br />
circa tremila anni fa la loro capitale Cuzco e la<br />
città sul Machu Picchu ai piedi del tempio, perché<br />
la leggenda dice che a rivelare loro il luogo<br />
esatto fu proprio il Dio Sole ( Inti ) esattamente<br />
da dove idealmente io ti sto salutando e da dove<br />
mi piacerebbe che tu cominciassi a raccontarmi<br />
la tua storia.<br />
Francesco Ribezzo<br />
carte<strong>Bollate</strong> 25
Made in <strong>Bollate</strong><br />
Ma che bella pensata!<br />
Le proposte dei detenuti per cambiare la qualità della vita in carcere<br />
Spesso i giornali fatti in carcere raccolgono<br />
critiche e lamentele dei detenuti: è quello<br />
che facciamo anche noi, ogni volta che un<br />
problema emerge. Ma vorremmo anche dimostrare<br />
che i detenuti sono cervelli pensanti, in grado<br />
di fare proposte costruttive e di far circolare idee,<br />
dentro e fuori dal carcere. Aiutateci a farlo, mandando<br />
alla nostra redazione qualche suggerimento<br />
per progetti o anche piccole iniziative che potrebbero<br />
essere attuate per migliorare la vita di tutti.<br />
Impariamo a produrre<br />
energia pulita<br />
Nella casa di reclusione di <strong>Bollate</strong> ci sono le<br />
condizioni per precorrere i tempi in tutto, anche<br />
nella formazione di nuove figure professionali<br />
fortemente richieste, purché questa formazione<br />
sia realmente finalizzata alla creazione di posti di<br />
lavoro per i detenuti.<br />
Si è appena concluso un corso per installatori di<br />
pannelli fotovoltaici, ma altre iniziative potrebbero<br />
essere promosse, sempre nel solco della produzione<br />
di energia pulita.<br />
Questo istituto ad esempio meritava di essere scelto<br />
dal Dap nel progetto di risparmio energetico<br />
che un gruppo di lavoro, istituito nel 2004, sta<br />
portando avanti. Uno di questi progetti è quello<br />
di dotare alcuni istituti penali di impianti di cogenerazione<br />
che consentano la produzione combinata<br />
di energia elettrica e termica, razionalizzando<br />
l’uso dell’energia primaria rispetto a processi che<br />
producono separatamente elettricità e calore. Per<br />
realizzare il progetto ci si affida a un’azienda che<br />
finanzia i lavori, fornendo la tecnologia. Il risparmio<br />
energetico, che si aggira attorno al 30-40 %<br />
della spesa attuale, è già sufficiente ad ammortizzare<br />
i costi di impianto. In alcune carceri del<br />
Piemonte, dell’Emilia Romagna e della Toscana si<br />
sono già appaltati i lavori e probabilmente il Dap<br />
estenderà l’esperienza anche in Lombardia. Ma<br />
perché aspettare Ci sono imprese che subappaltano<br />
i lavori a cooperative sociali, che impiegano<br />
anche detenuti e una giusta sinergia tra corsi di<br />
formazione sulle nuove tecnologie e l’attività di<br />
questo tipo di cooperative porterebbe al duplice<br />
risultato di risparmiare energia e di creare sbocchi<br />
professionali per i detenuti in libertà. Lo stesso<br />
Dap intende installare pannelli solari in 15 istituti<br />
penali, grazie a un finanziamento di circa 750<br />
mila euro del ministero per l’ambiente Il progetto<br />
prevede anche corsi di formazione per detenuti,<br />
che con queste competenze avrebbero maggiori<br />
possibilità di accesso al mercato del lavoro. Molti<br />
di noi vogliono riscattarsi e sono in grado di<br />
dimostrare, quando ne hanno l’opportunità, che<br />
possono svolgere anche attività qualificate.<br />
Adriano Pasqual<br />
Buoni come il pane<br />
A <strong>Bollate</strong> si è realizzato l’obiettivo della piena<br />
occupazione, ma spesso, le attività lavorative<br />
che svolgiamo in carcere non ci consentono di<br />
imparare un mestiere e di costruirci una nuova<br />
identità professionale. Abbiamo le serre, i corsi<br />
per artieri, il catering o i corsi per elettricisti, che<br />
impegnano però un numero ristretto di detenuti.<br />
La maggior parte è impiegata al call center, ma<br />
non si può dire che questo tipo di attività potrà<br />
aiutarci a trovare un lavoro dopo la scarcerazione:<br />
al massimo potremo ingrossare l’esercito dei<br />
precari che fluttuano in un mercato del lavoro<br />
estremamente instabile. Tra l’altro, se la Wsc che<br />
è l’azienda che gestisce questi call center, andasse<br />
in crisi, avremmo una disoccupazione di massa.<br />
Non si potrebbero diversificare maggiormente<br />
le attività lavorative e ad esempio fare anche qui,<br />
come avviene nel carcere di Opera, un corso per<br />
panettieri e avviare una produzione di pane destinata,<br />
oltre che a detenuti e dipendenti della Casa<br />
di reclusione di <strong>Bollate</strong>, anche all’esterno<br />
Alessandro De Luca<br />
Perché l’Avis ci ignora<br />
Sono sempre stato un donatore di sangue e mi<br />
chiedo perché l’Avis non prenda in considerazione<br />
noi detenuti.<br />
Se effettuasse prelievi anche in carcere, raggiungeremmo<br />
un duplice obiettivo: noi, oltre a fare<br />
una buona azione, saremmo costantemente monitorati<br />
e l’Asl potrebbe abbattere dei costi, dato<br />
che questi controlli sarebbero a carico dell’Avis.<br />
Forse c’è qualche norma legislativa che vieta ai<br />
detenuti di essere donatori di sangue o qualche<br />
precauzione sanitaria che lo sconsiglia, ma dato<br />
che donare il sangue è una scelta volontaria e<br />
individuale si potrebbe verificare se c’è questo tipo<br />
di disponibilità.<br />
Enrico Lazzara<br />
Dentista volontario cercasi<br />
Sull’ultimo numero di “carte<strong>Bollate</strong>” abbiamo<br />
fatto un’inchiesta sulla sanità carceraria, dalla<br />
quale è emerso che uno dei problemi più gravi<br />
è la carenza di medici dentisti. Molti problemi<br />
all’interno del carcere vengono risolti ricorrendo<br />
al volontariato.<br />
Non si potrebbe, anche in questo caso, rivolgersi<br />
all’Ordine dei medici, oppure ad associazioni di<br />
volontariato medico, come il Naga o Emergency<br />
per sapere se ci sono dentisti disposti a fare<br />
volontariato in carcere<br />
La Redazione di “carte<strong>Bollate</strong><br />
Mettiamo dei fiori<br />
nei nostri reparti<br />
I “Giganti” cantavano: “Mettete dei fiori nei<br />
vostri cannoni”.<br />
Noi ci accontenteremmo di un po’ di fiori nei<br />
nostri reparti. In carcere abbiamo le serre e le<br />
attività di giardinaggio di “Cascina <strong>Bollate</strong>”.<br />
Forse potremmo chiedere ai detenuti che svolgono<br />
queste attività, di prestarci strumenti e competenze<br />
per create degli angoli verdi in ogni reparto,<br />
con la speranza di ottenere due risultati: abbellire<br />
il carcere, anche nelle aree più grigie e convincere<br />
quei detenuti che hanno la pessima abitudine di<br />
gettare dalla finestra qualunque porcheria a rispettare<br />
uno spazio che è di tutti.<br />
Francesco Ribezzo<br />
carte<strong>Bollate</strong> 26
Risponde la direttrice Lucia Castellano<br />
Ottima idea, si può fare...<br />
Energia pulita in programma per il 2008. Ok il panificio, ma ci vuole uno sponsor<br />
Apprezzo molto questa iniziativa di<br />
“carte<strong>Bollate</strong>” che mi consente di dialogare<br />
con i detenuti, non solo sulle cose che non<br />
vanno, ma anche sulle iniziative che potrebbero<br />
essere promosse per vivere un po’ meglio all’interno<br />
del carcere. Purtroppo non tutto quello che<br />
viene proposto può essere realizzato perché, per<br />
quanto banale possa sembrare questa affermazione,<br />
è pur vero che tra il dire e il fare c’è sempre<br />
in mezzo un mare di ostacoli, di impedimenti<br />
burocratici e soprattutto di risorse economiche<br />
non facilmente reperibili, ma mi impegno a<br />
prendere in considerazione questi suggerimenti e<br />
ad utilizzarli.<br />
Partiamo dall’idea di produrre energia pulita<br />
a <strong>Bollate</strong>. È un progetto bellissimo, avveniristico,<br />
ma non impossibile ed è una delle iniziative<br />
che stiamo valutando con l’ingegnere Luciano<br />
Bavestrelli, che è il nostro consulente aziendale.<br />
Pensiamo di metterlo nel planning del 2008 e di<br />
realizzarlo, spero, in tempi accettabili, che però<br />
non dipendono solo dalla nostra volontà.<br />
Anche l’idea di creare un panificio è molto<br />
bella e si potrebbe forse sposare con le attività del<br />
catering. Sicuramente rientrerà tra le proposte da<br />
valutare, ma in primo luogo bisogna trovare un<br />
finanziatore che sia disposto a investire in questa<br />
iniziativa e ad assumere detenuti che svolgano<br />
questo lavoro. Il problema di reperire gli spazi<br />
potrebbe essere risolto con un po’ di buona<br />
volontà, dato che non mancano spazi utilizzabili,<br />
ma si tratta di capire bene che mercato potrebbe<br />
avere un panificio: sicuramente consentirebbe a<br />
tutti noi, detenuti e dipendenti, di mangiare un<br />
pane migliore, ma questa cerchia di utenti probabilmente<br />
non sarebbe sufficiente a coprire i costi.<br />
Si tratta quindi di valutare, in termini economici,<br />
la fattibilità di questo progetto per non mettere<br />
in piedi cose che nascono come funghi, ma che<br />
falliscono perché non hanno mercato. Però è una<br />
bella idea. L’Avis non ci ignora affatto e fino a<br />
poco tempo fa l’ospedale Sacco si occupava dei<br />
prelievi del sangue. Adesso hanno interrotto il<br />
servizio e verificheremo il perché. Certamente<br />
non c’è nessun divieto e vedremo in che modo<br />
è possibile riattivarlo. È invece molto complicato<br />
utilizzare medici volontari in carcere, perché gli<br />
ostacoli burocratici sono tanti e insormontabili.<br />
Ma la direzione si impegna a verificare l’efficienza<br />
del servizio odontoiatrico, che dovrebbe essere<br />
garantito e soddisfacente, anche senza ricorrere al<br />
volontariato. È molto carina pure l’idea di creare<br />
dei giardini attorno ai reparti, ma qui c’è un problema<br />
economico. Se i detenuti vogliono organizzarsi<br />
autonomamente, chiedendo, fuori dagli orari<br />
di lavoro, la collaborazione ai loro compagni della<br />
cooperativa “Cascina <strong>Bollate</strong>” è possibile farlo. Io<br />
sarei molto contenta se il lavorante che ogni mattina<br />
deve occuparsi di pulire l’area che circonda i<br />
reparti dalle schifezze che vengono gettate dalle<br />
finestre, potesse invece essere impiegato per annaffiare<br />
i fiori. Questo è il contributo che può venire<br />
dalla direzione del carcere. Il resto dovrebbe essere<br />
affidato all’autogestione e all’iniziativa dei detenuti<br />
e ben venga se ci sarà questa disponibilità.<br />
Lucia Castellano<br />
Il nuovo sito Internet<br />
Vai in galera con un clic: www.carcerebollate.it<br />
Nel web una visita guidata a tutte le attività che si svolgono nella casa di reclusione<br />
Ora siamo anche noi nel web. Eravamo<br />
presenti all’inaugurazione del sito on<br />
line del carcere di <strong>Bollate</strong> e a dire il vero<br />
c’erano giornalisti delle più importanti testate<br />
italiane, ma ci ha molto stupito che non abbiano<br />
scritto neanche una riga al riguardo. Eppure era<br />
importante far sapere l’utilità di questo servizio<br />
ai famigliari di quei cinquecento detenuti che<br />
risiedono qui. Ma forse erano venuti solo per<br />
curiosità e tornati in redazione hanno deciso che<br />
non c’era notizia. La direttrice Lucia Castellano e<br />
il comandante Ennio Costa hanno presentato in<br />
modo molto dettagliato tutto quello che adesso,<br />
con un semplice clic, chiunque può vedere.<br />
Hanno spiegato cos’è il “Progetto <strong>Bollate</strong>” e parlato<br />
della convivenza, dentro alle mura, tra polizia<br />
penitenziaria e detenuti, cercando di mettere in<br />
evidenza, ora che tanti tabù sono caduti, qual è<br />
la vera realtà del carcere e lo sforzo giornaliero per<br />
far funzionare tutto alla perfezione, rispettando<br />
i diritti di tutti. Un link consente ai famigliari<br />
di trovare le notizie utili: informazioni sui mezzi<br />
pubblici che portano qui, gli uffici ai quali rivolgersi<br />
per chiare informazioni sugli orari di visita<br />
e sulla documentazione che serve per venire a<br />
trovare un parente, la dislocazione di tutti i vari<br />
reparti e le varie aree lavorative e scolastiche.<br />
Cliccando su una certa area si può vedere l’interno:<br />
le sale dove i detenuti passano un’ora con le<br />
famiglie, la ludoteca riservata ai bambini, attrezzata<br />
con giochi e aree di svago, la sala affettività<br />
dove un detenuto può trascorrere 3 ore coi propri<br />
figli consumando una cena e giocando con loro,<br />
l’area trattamentale, centro vitale del percorso di<br />
ogni detenuto, gli uffici degli educatori, le scuole<br />
medie e superiori, la biblioteca, i corsi borse lavoro,<br />
il centro organizzativo di tutte le iniziative,<br />
passaggio obbligatorio per tutti i benefici regolati<br />
dall’articolo 21, permessi premio ecc.<br />
Un’altra area è riservata alle attività lavorative delle<br />
ditte che portano il lavoro all’interno del carcere:<br />
A <strong>Bollate</strong> l’80% dei detenuti lavora, occupato<br />
presso la WSC smistamento fax, Telecom, Ikea,<br />
Dea, call center, rigenerazione telefoni, Out sider,<br />
Nova spes, PC Det, Rai, Coperative di catering,<br />
la “Cascina <strong>Bollate</strong>” con serre di produzione di<br />
ortaggi e piante, la falegnameria e un’ area riservata<br />
al corso di artiere e stalliere con 5 cavalli<br />
C’è la compagnia teatrale formata da attori detenuti,<br />
che ogni anno rappresentano spettacoli ad<br />
un pubblico interno ed esterno.<br />
Il nostro giornale, “carte<strong>Bollate</strong>” che da voce a<br />
tutti i problemi del carcere, con una redazione<br />
composta da detenuti e volontari, non è ancora<br />
on line con gli ultimi numeri, ma presto sarà<br />
consultabile anche via Internet..<br />
La “Notte bianca” ha aperto <strong>Bollate</strong> a 400 visitatori,<br />
ma adesso, almeno virtualmente, tutto<br />
il carcere sarà costantemente aperto e chiunque<br />
abbia voglia di scoprire come è fatto all’interno, si<br />
potrà divertire a scrutare e valutare tutto il lavoro<br />
che viene fatto per reinserire il detenuto.<br />
Michele De Biase<br />
carte<strong>Bollate</strong> 27
Calcio:<br />
Per quest’anno niente trasferte<br />
Ma speriamo che per il 2008 la nostra squadra possa giacare fuori casa<br />
Sono tramontate le speranze di vedere i detenuti della C.R.<br />
<strong>Bollate</strong> impegnati in una partita fuori dalle mura. Ma qualcosa<br />
si può fare, almeno per il campionato 2008.<br />
Nello scorso numero avevamo parlato di una riunione, fatta<br />
con la Direzione, nella quale si erano aperti alcuni spiragli circa<br />
la possibilità che alcuni dei nostri compagni potessero usufruire<br />
dell’Articolo 30-ter (quello che consente ai giocatori di uscire dal<br />
carcere, accompagnati dagli agenti di polizia penitenziaria, per<br />
giocare a calcio).<br />
Purtroppo questi spiragli sembrano essersi chiusi. Per questo<br />
campionato – ormai è certo – la squadra formata dai detenuti non<br />
potrà uscire a giocare le partite in trasferta. Squadra e allenatore si<br />
sono però accordati per mettere quest’anno le basi per un campionato<br />
dignitoso nel prossimo. Che cosa s’intende Che ci piacerebbe<br />
che o tutte le partite venissero disputate nel campo interno al carcere<br />
o ai detenuti (quelli che siano nei termini, s’intende) venisse data<br />
la possibilità di giocare anche le partite all’esterno.<br />
In questo senso ci sentiamo di lanciare un appello alla direzione,<br />
per una serie di motivi. Se è vero che questo progetto non porta<br />
profitti economici, giocare a calcio permette ai detenuti di sfogare<br />
le tensioni che si accumulano in carcere, e di lasciare dietro le spalle<br />
– nei giorni di allenamento e partita – molti problemi.<br />
Far parte di una squadra insegna poi ad accettare le regole, a<br />
mantenere la disciplina, a convivere in un gruppo di persone che<br />
magari la pensano in modo diverso, ma che tendono tutti allo<br />
stesso risultato.<br />
Inoltre quella del carcere di <strong>Bollate</strong> è l’unica squadra composta<br />
da detenuti che partecipa ad un campionato ufficiale della Federazione<br />
Italiana Giuoco Calcio (FIGC): questo è dunque un progetto<br />
prestigioso, di cui il carcere e la direzione possono andar fieri. Per<br />
tutti questi motivi ci sentiamo di chiedere alla direzione un appoggio<br />
al progetto-calcio.<br />
Un appoggio per poter giocare, il prossimo anno, anche le<br />
partite in trasferta con la squadra formata dai detenuti. Ma ancor<br />
di più un appoggio morale, magari semplicemente passando, una<br />
domenica pomeriggio, a vedere la squadra giocare.<br />
Il Campionato<br />
Una vittoria, sette sconfitte: giornate difficili per la squadra del<br />
carcere.<br />
Dall’uscita dello scorso numero di carte<strong>Bollate</strong>, sono state giocate<br />
altre otto partite. Qui vi forniamo un breve resoconto di quanto<br />
accaduto: come detto sopra, la strada in questo campionato è in<br />
parte già segnata, e lo sforzo attuale è quello di preparare una formazione<br />
rodata per il prossimo anno. Il 7 ottobre abbiamo affrontato<br />
in casa l’Atletico Cinisello, e dopo una partita combattuta la<br />
nostra squadra ha perso per 3-2. Questa partita ha segnato l’ultimo<br />
match dell’ex capitano, Giuseppe Affinito.<br />
I risultati delle altre partite sono stati:<br />
• S.F. 82- C.R.<strong>Bollate</strong> 8-1 (giocata il 14 ottobre);<br />
• C.R.<strong>Bollate</strong>-San Martino 1-4 (giocata il 21 ottobre);<br />
• C.R.<strong>Bollate</strong> – Solese A.S.D. 3-2 (giocata il 28 ottobre);<br />
• C.R.<strong>Bollate</strong>- Bovisa ’84 3-4 (giocata il 4 <strong>novembre</strong>);<br />
• Lokomotiv Cormano-C.R.<strong>Bollate</strong> 5-2( giocata l’11 <strong>novembre</strong>);<br />
• C.R.<strong>Bollate</strong>-Resurrezione 4-3 (giocata il 18 <strong>novembre</strong>);<br />
• Belluria – C.R.<strong>Bollate</strong> 9-0 (giocata il 25 <strong>novembre</strong>).<br />
Mentre questo numero andrà in stampa, verranno disputate altre<br />
partite, di cui vi daremo conto nel prossimo numero. Come si può<br />
vedere, i risultati in quest’ultimo periodo non sono stati brillanti:<br />
c’è da sperare che il rendimento della squadra possa crescere con<br />
l’avanzare del campionato, specie quando si gioca fuori casa.<br />
Il torneo di scacchi<br />
Se il calcio rimane lo sport più diffuso e amato, tra le mura del<br />
carcere si celano anche campioni di scacchi.<br />
Per la prima volta nella nostra Casa di reclusione s’è disputato<br />
un Torneo ufficiale di scacchi. Dopo varie partite eliminatorie, si è<br />
giunti alla finale, nella quale Mihai Vincler (del terzo reparto) ha<br />
battuto Angel Vargas (del primo reparto). Arbitro della partita è<br />
stato il presidente dell’Accademia degli Scacchi di Milano, Francesco<br />
Gervasio. Iniziative del genere ci sembrano molto positive<br />
perché mostrano lati sportivi nascosti: oltre al calcio e alle altre<br />
discipline più popolari, infatti, tra di noi si celano anche campioni<br />
di giochi di intelligenza e destrezza come gli scacchi!<br />
Nino Miksa – Davide Casati<br />
carte<strong>Bollate</strong> 28
Nell’attesa nasce la speranza<br />
Se c’è un’arte coltivata con passione in<br />
carcere è proprio ”l’arte di attendere”.<br />
E dunque a chi ha imparato quest’arte<br />
sulla propria pelle non si possono raccontare<br />
fandonie: ti smaschereranno subito e scopriranno<br />
in un batter d’occhio il tuo bluff. A<br />
un detenuto non puoi andare a raccontare<br />
quattro cose generiche sul suo futuro, perché<br />
egli si ciba di speranza e sa distinguere la<br />
vera attesa dalle minestrine riscaldate dette<br />
per condirlo via in qualche modo. Pena la<br />
perdita della propria credibilità e l’essere relegato<br />
nella lista delle persone “inaffidabili”.<br />
Noi credenti stiamo vivendo l’attesa del<br />
Natale e dobbiamo in qualche modo rendere<br />
ragione del senso di questa attesa, anche<br />
perché il bailamme consumistico, che sta<br />
intorno al Natale, tende a divorare il significato<br />
di questa festa e a ridurre la sua attesa<br />
alle interminabili file che si fanno ogni<br />
giorno alle casse dei centri commerciali. Per<br />
uomini “esperti in attesa” come i detenuti<br />
è chiaro che, se il Natale fosse solo questa<br />
fiera del consumo, i credenti dovrebbero essere<br />
relegati tra gli uomini inaffidabili che<br />
non sanno dare una speranza vera e concreta<br />
da amare e custodire, una speranza a cui<br />
affezionarsi.<br />
Gesù Cristo è stato un uomo vissuto in<br />
Palestina circa duemila anni fa’. Se dicessimo<br />
che ogni anno rinasce e torna nel mondo<br />
a vivere una nuova vita, diremmo una<br />
cosa assurda: nessun uomo è mai tornato a<br />
rivivere una nuova vita, tanto meno rifacendosi<br />
uomo ogni anno. Il 25 <strong>dicembre</strong> Gesù<br />
non nasce un’altra volta: sarebbe una falsa<br />
speranza, facile da contraddire e smascherare.<br />
La “visita del Verbo di Dio” è avvenuta<br />
una volta solo, tanto tempo fà, in Palestina.<br />
Tra l’altro questo Gesù, prima di andarsene<br />
definitivamente dalla faccia della terra,<br />
ha detto che ci sarebbero stati dei modi<br />
concreti per poterlo incontrare di nuovo, sia<br />
pure in senso spirituale e misterioso: disse<br />
che sarebbe stato presente nei più poveri<br />
(“Chi ha fatto questo al più piccolo, lo ha<br />
fatto a me”), nella preghiera (“Dove due o<br />
tre sono riuniti nel mio nome, io sono con<br />
loro”), nei sacramenti (“Questo è il mio corpo”)<br />
e nella Santa Scrittura, che è appunto<br />
Parola di Dio.<br />
Se dunque Gesù è venuto una volta per<br />
tutte duemila anni fa e ci ha lasciato dei<br />
modi spirituali, ma concreti per poterlo incontrare<br />
di nuovo, a Natale che cosa aspettiamo<br />
Qual è propriamente il contenuto<br />
della nostra speranza<br />
Noi credenti aspettiamo la seconda<br />
venuta di Gesù, quella che porrà fine alla<br />
storia di ciascuno di noi e del mondo intero.<br />
E abbiamo questa speranza perché Lui<br />
ci ha detto che sarebbe tornato a compiere<br />
definitivamente la sua opera di salvezza.<br />
Ogni anno a Natale noi rinvigoriamo<br />
proprio questa attesa del ritorno di Cristo.<br />
Noi pensiamo che le sofferenze del mondo<br />
dovranno avere una fine; che la violenza,<br />
l’ingiustizia e la sopraffazione scompariranno;<br />
che le malattie avranno un termine; che<br />
la pena e il dolore degli uomini non saranno<br />
carte<strong>Bollate</strong> 29<br />
infinite; e che tutto questo avverrà quando<br />
Gesù tornerà tra di noi in modo definitivo.<br />
Chiedo a voi detenuti, esperti in attesa:<br />
è fatta di buon tessuto questa speranza che i<br />
credenti propongono, oppure è una tela lisa<br />
e inconsistente Io credo che il sogno che la<br />
festa di Natale incarna sia capace di evocare<br />
i sogni di tutti gli uomini, credenti e no,<br />
perché ognuno di noi vive di speranze concrete<br />
e immediate, ma anche di un sogno<br />
più grande, più conclusivo, più definitivo:<br />
ai credenti dimostrare che di questo sogno si<br />
può vivere tutti i giorni, senza fughe nell’illusorio<br />
e senza spiritualismi che allontanino<br />
dalla dura realtà quotidiana; ai detenuti<br />
credenti di provare a incarnare tutto questo<br />
nelle difficili storie incarcerate e recluse nelle<br />
celle di <strong>Bollate</strong>.<br />
Don Fabio<br />
Il 21 <strong>dicembre</strong> i musulmani celebrano<br />
anche in carcere la festa del Sacrificio<br />
La festa del Sacrificio è una delle più grandi ricorrenze del mondo musulmano, celebrata da un<br />
terzo della popolazione mondiale. Ricorda un episodio biblico a cui fanno riferimento, le tre<br />
religioni del Libro, quella islamica, quella cristiana e quella ebraica: il sacrificio del figlio a cui<br />
era pronto Abramo e che fu scongiurato dall’angelo. Anche qui a <strong>Bollate</strong> verrà onorata questa<br />
tradizione. Dopo la preghiera del mattino, verrà cucinato e condiviso tra i detenuti l’agnello<br />
macellato nel rispetto della ritualità musulmana. A tutti i detenuti musulmani e alle loro famiglie,<br />
la redazione augura<br />
MABROUK AID ALADHA
Nasce la nuova “Cascina <strong>Bollate</strong>”<br />
Sono rose e fioriranno<br />
Vecchi ciclamini addio. Le serre del carcere voltano pagina e scelgono una<br />
produzione biologica e di qualità. Corsi di giardinaggio per detenuti e non.<br />
<strong>dicembre</strong> è la data di nascita ufficiale<br />
della cooperativa Cascina <strong>Bollate</strong>. Quella<br />
ufficiosa risale a quasi un anno fa, con L’11<br />
l’inizio dei lavori per adeguare la struttura delle<br />
serre alla nuova produzione. Lavori che non<br />
sarebbero stati fatti senza la collaborazione e la<br />
partecipazione attiva della direzione, dell’amministrazione<br />
del carcere, dei poliziotti e dei<br />
detenuti giardinieri: la neonata Cascina <strong>Bollate</strong><br />
ringrazia, davvero.<br />
Un po’ di cose cambieranno, alle serre: Cascina<br />
<strong>Bollate</strong> produrrà infatti piante, fiori e verdure<br />
per il carcere (inteso come detenuti, poliziotti<br />
e operatori) ma anche per clienti che con<br />
il carcere non hanno niente a che fare. Insomma,<br />
l’idea è di mettere il naso fuori e proporre la cooperativa<br />
come azienda floro-vivaistica specializzata<br />
che produce piante d’eccellenza o di qualità,<br />
che dir si voglia. Di eccellenza e di qualità si parla<br />
fino alla nausea, fuori. In concreto significa<br />
semplicemente produrre e vendere delle piante<br />
insolite (e questo non significa difficili o rare) che<br />
sul mercato milanese non si trovano facilmente,<br />
soddisfacendo così una richiesta da parte degli<br />
appassionati di giardini e giardinaggio e da parte<br />
dei giardinieri professionisti.<br />
Faremo soprattutto fiori: dalle margheritine<br />
che crescono negli interstizi dei muri alla valeriana<br />
dei boschi passando per i garofanini di montagna,<br />
le rose antiche, il ricino, il rabarbaro e la<br />
pianta del tabacco.<br />
Cioé molte delle piante perenni (vale a dire<br />
che non durano una sola stagione ma di anno in<br />
anno crescono, si riproducono e rifioriscono) che<br />
si trovano nei campi e nei boschi, di cui non si<br />
sa magari il nome – né quello popolare né quello<br />
botanico – ma che ci danno la misura dell’infinita<br />
varietà possibile in natura.<br />
Dire addio a ciclamini, stelle di natale, gerani<br />
e violette costa forse un po’ di fatica perché si è<br />
abituati, sia dentro che fuori, a vedere quasi solo<br />
quelli (sono le cosiddette piante stagionali): sui<br />
banchi dei supermercati come sui bancali delle<br />
serre di <strong>Bollate</strong>.<br />
Abbiamo scelto di cambiare strada fondamentalmente<br />
perché la produzione di stagionali<br />
sarebbe redditizia e competitiva solo se ci si<br />
attestasse su grandi numeri: migliaia di piante.<br />
Non le centinaia che finora sono state prodotte<br />
nelle serre di <strong>Bollate</strong>. E il nostro obiettivo è fare<br />
una azienda che funzioni e cammini sulle proprie<br />
gambe. Per ora nella cooperativa lavorano<br />
5 giardinieri detenuti. In futuro chissà: dipende<br />
da quante piante si riusciranno a vendere e da<br />
quanto lavoro entrerà. Infatti l’idea è formare dei<br />
giardinieri professionisti che sappiano riconoscere,<br />
potare, curare le piante e fare una buona manutenzione<br />
dei giardini (sia dentro che fuori dal<br />
carcere). L’obiettivo è imparare un mestiere che,<br />
sia detto tra noi, è proprio un bel mestiere: redditizio,<br />
apprezzato, gratificante e richiesto. Fuori,<br />
infatti, il panorama professionale è mediocre: i<br />
giardinieri esperti sono pochi e molti sono i forzati<br />
del decespugliatore.<br />
A questo scopo, ci saranno corsi di giardinaggio<br />
(aperti a tutti: detenuti, non detenuti, visitatori<br />
e chi più ne ha più ne metta) e c’è già un<br />
giardino didattico (di fronte al negozio) in cui si<br />
potrà mettere in pratica quello che si è imparato.<br />
E in cui ci saranno le piante che vengono coltivate<br />
all’interno del carcere: una sorta di catalogo dal<br />
vero di fiori, rose, rampicanti ed arbusti insoliti<br />
destinati a chi ha voglia di mettere (o di regalare)<br />
qualcosa di un po’ diverso sul proprio balcone, in<br />
giardino. E anche sulla finestra della cella.<br />
Domande frequenti<br />
Le verdure dell’orto ci saranno ancora<br />
D’inverno, è sotto gli occhi di tutti, le verdure<br />
sono pochine. Dipende da tanti fattori,<br />
il principale è che stiamo cercando di<br />
migliorare la terra in modo da avere per<br />
l’estate ventura una produzione migliore<br />
sia per qualità che per quantità.<br />
Ma come si fa per comperare la verdura ed<br />
i fiori prodotti da Cascina <strong>Bollate</strong><br />
Oltre al canale del negozio, resta sempre<br />
la procedura delle domandine cui segue<br />
la consegna dei prodotti richiesti. Cercheremo<br />
di migliorare la comunicazione<br />
in modo che tutti sappiano quali sono le<br />
verdure e le piante disponibili in quel momento.<br />
Oltre al passa parola, strumento<br />
forse un po’ troppo affidato al caso, ci saranno<br />
cartelli nei reparti e sui piani con le<br />
caratteristiche dei prodotti e i prezzi.<br />
I prezzi<br />
Ahimè, cambieranno anche loro. Finché la<br />
produzione era affidata alla gestione interna<br />
del carcere, infatti, era possibile una politica<br />
dei prezzi che prescindeva dai costi<br />
della produzione e del lavoro. Ora no. Le<br />
verdure non verranno più vendute al prezzo<br />
politico di 1 euro al kg ma ad un prezzo<br />
di mercato tenuto il più calmierato possibile.A<br />
consolazione va detto che le verdure<br />
sono biologiche: non usiamo infatti<br />
né concimi chimici né disinfettanti non<br />
naturali né pesticidi. Per quanto riguarda<br />
le piante, non avremo quasi più stagionali<br />
(che quindi vanno sostituite ogni stagione)<br />
ma piante perenni: un po’ più care, ma<br />
perenni in senso letterale. Comperate una<br />
volta, durano per sempre. Purché le si annaffi<br />
né poco né troppo, le si concimi ogni<br />
tanto, le si tenga al sole o all’ombra, a seconda<br />
delle loro esigenze.<br />
carte<strong>Bollate</strong> 30
L’oroscopo del Carcerato<br />
ARIETE<br />
21 mar-20 apr<br />
TORO<br />
21 apr-20 mag<br />
GEMELLI<br />
21 mag-21 giu<br />
CANCRO<br />
22 giu-22 lug<br />
Per tutto il 2008 Giove è in quadratura.<br />
Questo signifi ca: guai in<br />
vista e il consiglio di volare basso.<br />
Attenzione alle novità: più sono allettanti<br />
e più potreste scontare, oltre<br />
alla pena... le possibili conseguenze.<br />
Amore: se vivete un rapporto a distanza,<br />
rifl ettete prima di decidere<br />
che è crisi. Se siete “single” non gridate<br />
subito al grande amore, anche<br />
perché qui risulterebbe sospetto. Per<br />
le grane legali c’è sempre lo sportello<br />
giuridico che può darvi una mano.<br />
Agosto tutto ok, ma niente ferie.<br />
È un anno eccellente quello che vi<br />
aspetta con Giove in trigono, la positiva<br />
infl uenza di Saturno e Urano<br />
e in subordine, l’assistente sociale dell’UEPE.<br />
Siate ambiziosi.<br />
Negli aff etti si consolidano i rapporti<br />
esistenti, mentre per i single c’è<br />
la concreta possibilità che nasca un<br />
amore importante, meglio se dopo la<br />
scarcerazione. Siate ottimisti, dinamici<br />
e il 2008 sarà all’insegna del<br />
successo, con risultati su cui fare affi -<br />
damento, sia terapeutico che ordinario.<br />
Un solo neo: attenti alla ciccia.<br />
Un po’ di pessimismo vi aiuterà ad<br />
eliminare il superfl uo e rendere più<br />
facilmente realizzabili i vostri progetti.<br />
Tenete presente che accantonare<br />
momentaneamente qualcosa, come la<br />
libertà ad esempio, non signifi ca abbandonarlo,<br />
ma rimandarlo a momenti<br />
più favorevoli. Per controllare<br />
Urano state attenti alle novità, prima<br />
di assumere impegni verifi cate di<br />
non correre inutili rischi. Occhio ai<br />
denti, se ne avete ancora, e alle ossa.<br />
In febbraio dinamismo psicofi sico:<br />
approfi ttate di palestra e psicologa.<br />
Giove è il vostro nemico. Per non subire<br />
altre battute d’arresto, fate affi -<br />
damento sull’esperienza e sull’imprevisto,<br />
evitando di cedere al pessimismo<br />
se non ottenete subito risultati. Mantenete<br />
un comportamento distaccato,<br />
senza eccessive ambizioni, aspettando<br />
tempi migliori. Attenzione alle cause<br />
legali, se si presentano novità, scontate<br />
sempre a priori quelle precedenti<br />
ed eventualmente affi datevi ad un<br />
cumulo o ad un continuato. Salute:<br />
non trascurate il fegato (non mangiatevelo<br />
perciò), Maggio fortunato.<br />
LEONE<br />
VERGINE<br />
BILANCIA<br />
SCORPIONE<br />
23 lug-23 ago<br />
24 ago-22 set<br />
23 set-22 ott<br />
23 ott-22 nov<br />
Per consolidare i risultati dello scorso<br />
anno fate subito il punto della situazione<br />
con l’educatore di riferimento<br />
per capire come dare il via a nuove<br />
iniziative. Un consiglio amichevole:<br />
badate a consolidare, a crearvi attorno<br />
spazi sicuri. Perché Ve lo dirò<br />
a fine 2008... Maggio ottimo per il<br />
lavoro, ma dovreste essere più generosi<br />
nel privato. Occhio all’amministrazione,<br />
personale e non penitenziaria.<br />
Giugno: filate con tutte le vele al<br />
vento, ottimo mese per fare tanti passi<br />
avanti e pochi indietro.<br />
Il 2008 può rappresentare una svolta<br />
decisiva, e scommetti che questa è<br />
la volta buona È possibile che siano<br />
necessarie decisioni improvvise, ma<br />
grazie ai due pianeti positivi siete in<br />
grado di trarre il meglio anche dall’imprevisto.<br />
Fate progetti ambiziosi<br />
ma tenete sotto controllo il peso: Giove<br />
favorevole ha il vezzo di farlo lievitare.<br />
Giugno: non montate o ascoltate<br />
“biciclette” , non fi datevi delle promesse.<br />
Ottobre: dal lavoro all’amore<br />
potete risolvere problemi... Nel frattempo<br />
allenatevi al Monopoli!<br />
Giove è in aspetto disarmonico per<br />
tutto l’anno, il 2008 non ha l’aria<br />
facile e dovrete metterci una discreta<br />
dose di buona volontà per non cadere<br />
nei trabocchetti del caso, o dal<br />
Tribunale, e in quelli che rischiate<br />
di crearvi da soli. Sfruttate le soste<br />
dei pianeti veloci che permettono<br />
di controllare le situazioni, anche<br />
senza ricorrere a misure alternative.<br />
Importante è prestare attenzione nell’assumere<br />
impegni finanziari e nell’avviare<br />
cause legali, oltre a quelle<br />
evidentemente già in corso.<br />
Brindate serenamente al nuovo<br />
anno che vede Giove in sestile, appoggiato<br />
da Saturno e Urano. Il<br />
2008 è all’insegna del caso a favore<br />
e dell’abilità personale, del buon uso<br />
dell’esperienza, non solo detentiva,<br />
per migliorare la qualità della vostra<br />
vita, per entrare finalmente nel mondo<br />
del lavoro e, di conseguenza, al<br />
quinto reparto.Situazioni spiacevoli<br />
si sbloccheranno all’improvviso. Luglio:<br />
ottimo, però controllate meglio<br />
le uscite (permessi, art.21..) con particolare<br />
attenzione alle prescrizioni.<br />
SAGITTARIO<br />
CAPRICORNO<br />
ACQUARIO<br />
PESCI<br />
23 nov-21 dic<br />
22 dic-20 gen<br />
21 gen-19 feb<br />
20 feb-20 mar<br />
Il 2008 non ha un’aria molto amichevole,<br />
stile Pubblico Ministero...<br />
Urano e Saturno sono negativi, e stimolano<br />
il desiderio di indipendenza,<br />
libertà, autoillusioni, insieme che potrebbe<br />
spingervi a prendere decisioni<br />
non ponderate. Ponderate le vostre<br />
decisioni e non fi datevi delle apparenze<br />
per evitare un salto nel vuoto,<br />
sbarre permettendo. Salute: possono<br />
insorgere disturbi articolari, curate<br />
denti e ossa. A ottobre potrete piazzare<br />
mosse vincenti: giocate a scacchi,<br />
buone le possibilità di vittoria!<br />
Splendido 2008 con Giove nel segno,<br />
Saturno ed Urano in aspetto favorevole.<br />
Fate subito un esame della<br />
vostra situazione con l’educatore del<br />
vostro reparto. Se ci sono ostacoli siete<br />
equipaggiati per superarli e il caso<br />
potrebbe inserire sul vostro cammino<br />
opportunità da non perdere. Siate<br />
ottimisti: fate sempre in tempo a correggere<br />
il tiro se vi accorgete di essere<br />
stati troppo ambiziosi.<br />
Ad agosto in ogni settore avete il<br />
vento in poppa, ma purtroppo niente<br />
ferie e niente barca...<br />
Il 2008, con i pianeti lenti che non<br />
vi riguardano direttamente, potrebbe<br />
dare l’impressione di un anno piatto,<br />
ma ci penseranno i pianeti veloci a<br />
darvi vivacità: potete seguire i vostri<br />
ritmi, preparandovi all’arrivo di<br />
Giove nel cielo di <strong>Bollate</strong>. Gennaio<br />
vi vedrà dinamici di corpo e di mente:<br />
fate yoga o meditazione. Ad aprile<br />
incontri interessanti, che possono<br />
aprire ulteriori sbocchi, ma attenzione<br />
all’aggiornamento della sintesi ad<br />
ottobre: dovrete organizzare meglio i<br />
vostri progetti. Dicembre strepitoso.<br />
Giove è favorevole come Urano, perciò<br />
la fortuna non manca, ma Saturno<br />
è in opposizione. Non drammatizzate:<br />
un pochino di sano pessimismo<br />
costruttivo può aiutarvi a non prendere<br />
decisioni impulsive. Valutate<br />
attentamente gli ostacoli, preparatevi<br />
all’uscita e non rinunciate a qualcosa<br />
che potrebbe essere nelle vostre corde,<br />
sprecando così l’infl uenza positiva di<br />
Giove. Ottobre smagliante per contadini,<br />
agricoltori, giardinieri: in caso<br />
contrario provate con la neonata cooperativa<br />
“Cascina <strong>Bollate</strong>”.<br />
carte<strong>Bollate</strong> 31
Non si può vivere<br />
La poesia del Presepio<br />
Non si può vivere<br />
con un peso<br />
aggiunto<br />
alle distanze<br />
parole<br />
lasciate all’orizzonte<br />
come temporali<br />
e tu, Marina,<br />
solo tu<br />
hai<br />
la formula<br />
per questo<br />
fiore<br />
soffocato<br />
c’erano volti<br />
e c’erano preghiere<br />
tra lastre<br />
d’inutili<br />
speranze<br />
non si può vivere, dicevi,<br />
la vita è un luogo dove non<br />
si può vivere.<br />
Vladimiro Cislaghi<br />
Diego Valeri, un poeta di raffinata sensibilità pittorica, tradusse in<br />
versi quella che può definirsi la prima, o una delle prime, descrizioni<br />
del Presepio natalizio lasciata nei vangeli apocrifi, e cioè quelli non<br />
ufficialmente riconosciuti come autentici, da Giacomo, uno dei testimoni<br />
della storia di quell’evento straordinario. La poesia coglie il momento in<br />
cui il mondo trattenne il fiato mentre si passava dall’uno all’altro tempo,<br />
da quello del prima a quello del dopo della nascita di Gesù.<br />
Maria dentro la grotta si posò<br />
e Giuseppe a Betlemme si avviò.<br />
Ma un momento sentì che mentre andava<br />
a mezzo il passo il piè gli si arrestava.<br />
Vide attonita l’aria e il cielo immoto<br />
E uccelli starsi fermi in mezzo al vuoto.<br />
E poi vide operai sdraiati a terra<br />
e posata nel mezzo una scodella:<br />
e chi mangiava, ecco non mangia più,<br />
chi ha preso il cibo non lo tira su,<br />
chi levava la mano la tien levata,<br />
e tutti al cielo volgono la faccia.<br />
Le pecore condotte a pascolare<br />
sono lì che non possono più andare:<br />
fa il pastor per colpirle con la verga<br />
e gli resta la man sospesa e ferma.<br />
E i capretti che all’acqua aveano il muso<br />
ber non possono al fiume in sé rinchiuso…<br />
E poi Giuseppe vide in un momento<br />
Ogni cosa riprender movimento