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gennaio-febbraio - Carte Bollate

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Anno 1 n. 2 / 2006<br />

<strong>gennaio</strong> - <strong>febbraio</strong><br />

carte<strong>Bollate</strong><br />

PERIODICO DI INFORMAZIONE DELLA II CASA DI RECLUSIONE DI MILANO-BOLLATE<br />

il nuovo<br />

VIAGGIO FRA I VOLONTARI<br />

EDITORIALE<br />

Stampiano senza colore perché non<br />

abbiamo più soldi. Se non li troveremo,<br />

il rischio è quello di chiudere<br />

questa esperienza.<br />

FORUM<br />

Continua il dibattito sul problema<br />

dei Sex offender. Un forum fra i<br />

componenti della redazione.<br />

TRIENNALE / MOSTRA<br />

Per 25 giorni si parlerà di carcere<br />

con convegni e mostre. Un programma<br />

con molte luci e qualche ombra.<br />

VIAGGI DELLA SPERANZA<br />

Vengono in Italia nella speranza di<br />

un domani migliore. Come fanno<br />

Quanto costano questi viaggi Ne<br />

parliamo con il detenuto, dottor<br />

Cherkaoui Redouane.<br />

AFFETTIVITÀ<br />

Un convegno, a <strong>Bollate</strong>, per rilanciare<br />

il progetto.<br />

NEGATO IL PERMESSO<br />

Ad un detenuto di <strong>Bollate</strong> negano<br />

il permesso per vedere la madre in<br />

fin di vita. Non la vedrà neppure da<br />

morta.<br />

INCHIESTA / MA COME VIVONO GLI<br />

AGENTI DEL CARCERE DI BOLLATE<br />

Qualcuno bene, altri non troppo. Tutti soffrono della lontananza da<br />

casa, hanno problemi economici, di alloggi, di turni spesso pesanti.<br />

Abbiamo voluto interessarci di loro perché fanno parte di questa comunità<br />

dove anche noi viviamo. Ci hanno raccontato i motivi per cui si<br />

sono arruolati e spiegato cosa pensano dei detenuti per reati sessuali.


Senza soldi e senza colore<br />

Il lettore che aprirà questo numero del giornale, lo troverà completamente<br />

diverso. Prima di tutto la testata che dallo scorso numero è modificata con<br />

l’aggiunta di “il nuovo” e poi non c’è più il colore.<br />

Sulla testata siamo stati costretti a fare - non per nostra volontà, ma per<br />

il comportamento di uno screditato personaggio - un’altra registrazione in<br />

Tribunale che ha comportato una spesa imprevista.<br />

Sulla questione del colore, invece, è necessario dilungarci un po’ di più.<br />

Quando abbiamo fatto la scelta di usare il colore, questa era determinata dal<br />

fatto di poter offrire al lettore un prodotto più moderno e accattivante. È<br />

indubbio che “macchie” di colore rendano il prodotto più leggibile e non è<br />

un caso che tutti i grandi giornali, dal Corriere alla Stampa, stanno ristrutturandosi<br />

o l’hanno già fatto per il full-color.<br />

Nessuno può disconoscere che il nostro giornale è cresciuto. È cresciuto<br />

velocemente nella grafica e un po’ più lentamente nei contenuti. Nella galassia<br />

dei giornali del carcere, carte<strong>Bollate</strong> rappresenta sì un granellino, ma è un<br />

granellino che confrontato agli altri non fa certo brutta figura e non soffre<br />

di complessi d’inferiorità. Sui contenuti cresciamo più lentamente, come è<br />

normale che sia.<br />

Dobbiamo lavorare ancora molto sulla scrittura per rendere le pagine<br />

omogenee, dobbiamo lavorare maggiormente sulla scelta degli argomenti,<br />

dobbiamo fare un prodotto giornalisticamente corretto. Di questo sono ben<br />

consapevoli i redattori che si stanno sforzando di fare questo e, numero dopo<br />

numero, c’è una varietà di articoli e argomenti che mi spinge ad insistere in<br />

questo senso.<br />

D’altronde, la grafica è essa stessa giornalismo e noi abbiamo avuto la fortuna<br />

di avere due grafici creativi come Paola Pandiani e Vincenzo Mennuni,<br />

che hanno sviluppato molto questo settore aiutati da bravi grafici-detenuti.<br />

Quindi al giornale va dato un voto complessivo ed io, pur non essendo<br />

mai contento del prodotto (i redattori lo sanno bene!), non posso che dare<br />

un voto positivo. Però. . .<br />

Sì, c’è un però. C’è il fatto che non abbiamo più soldi per poter stampare<br />

il giornale a colori e fra poco non li avremo neppure per stampare solo con<br />

il nero. Perché tutto questo Intanto i costi. Ogni toner nero costa 190 euro.<br />

Per ogni numero ne consumiamo poco più di due, quindi abbiamo bisogno<br />

di almeno 400 euro. Ogni toner a colori costa 278 euro e noi abbiamo bisogno<br />

dei quattro colori di base, quindi 1.112 euro. In totale, 1.512 euro per<br />

numero. Poi c’è la carta e altro materiale d’uso. In pratica se non troviamo i<br />

soldi, questa esperienza finirà.<br />

Si parla, da tempo, di un finanziamento che è diventato, ormai, fantomatico.<br />

Stiamo lavorando per ottenerlo, ma non è detto che così sarà. Certo,<br />

non c’è solo il giornale. Quando si legge che in un carcere hanno fatto la tv<br />

a circuito chiuso, immancabilmente qualcuno s’innamora di questa idea e<br />

magari sogna di farla anche a <strong>Bollate</strong>. Anche in quel carcere, però, sono già in<br />

difficoltà e chiedono soldi per poter continuare l’esperienza che è certamente<br />

importante e stimolante. Noi crediamo di avere le carte in regola per poter<br />

continuare la nostra esperienza, senza voli pindarici ed esaltazioni che durano<br />

lo spazio di un mattino.<br />

Vogliamo continuare a fare il giornale, questo giornale! Lo vogliamo fare<br />

anche se è difficile, pur con tutte le difficoltà. Difficile perché, molte volte, il<br />

giornale non è neppure avvisato degli eventi che riguardano il carcere.<br />

Può piacere o meno, ma nello stesso tempo chiediamo, anzi, esigiamo il<br />

rispetto di tutti per quello che stiamo facendo. Sicuramente può essere fatto<br />

meglio e certamente c’inventeremo qualcosa per raccogliere un po’ di soldi.<br />

Ma alla fine, se chiuderà, il danno non sarà solo per i redattori -detenuti, ma<br />

sarà un danno per tutti.<br />

Quando muore un giornale, non dimentichiamolo, muore sempre un po’<br />

di democrazia.<br />

Adriano Todaro<br />

EDITORIALE


VOGLIAMO CONTINUARE A<br />

FARE IL GIORNALE.<br />

QUESTO GIORNALE!<br />

- Allora, prof., mi torni a dire a cosa serve il giornalismo.<br />

-È l’ultima fottuta barriera che c’impedisce di cadere nella barbarie. Senza<br />

il giornalismo, senza la circolazione delle informazioni, tutti alzeremmo la<br />

mano quando il big brother ce lo ordina. È la voce dei muti, l’orecchio in più<br />

che dio ha dato ai sordi. È l’unico fottuto mestiere che ancora valga la pena<br />

nella seconda metà del XX secolo.<br />

È l’equivalente moderno della pirateria etica, il soffio vitale delle ribellioni<br />

degli schiavi. È l’unico lavoro del cazzo che sia ancora divertente.<br />

È quello che impedisce il ritorno al semplicismo cavernicolo. Contraddittoriamente,<br />

torna a occuparsi di cose eterne: la verità, il male, l’etica, il nemico.<br />

È la migliore letteratura, perché è la più immediata.<br />

È la chiave della democrazia reale, perché la gente deve sapere cosa sta succedendo<br />

per decidere come giocarsi la vita. È il rincontro delle migliori tradizioni<br />

morali del cristianesimo con quelle della sinistra rivoluzionaria della<br />

fine del XIX secolo. È l’anima di un Paese.<br />

Senza giornalisti saremmo tutti morti, e la maggioranza ciechi. Senza circolazioni<br />

di informazione veridica saremmo tutti stupidi. È anche il rifugio dei<br />

topi di fogna, la zona più contaminata, insieme alla polizia, di tutta la nostra<br />

società. Uno spazio che si fa più degno perché va condiviso con i tipi più<br />

abbiettii, più servili, più abbuffini, più corrotti.<br />

E per comparazione ti offre la possibilità dell’eroismo. È come se mettessero<br />

il cielo e l’inferno in un frullatore e tu dovessi lavorare in movimento. È una<br />

falegnameria del senso comune. . . Ti basta o devo andare avanti<br />

- Mi basta, gli dissi, grazie prof.<br />

Paco Ignatio Taibo II<br />

Sentendo che il campo di battaglia<br />

Si fa strada la convinzione che il giornalismo anziché attività intellettuale e critica, sia in realtà una funzione<br />

notarile, un anello tecnico perfettamente modellato sui gerghi e le movenze del potere.<br />

C’è il rischio non solo di allevare una generazione di giornalisti culturalmente passivi, ma anche di far<br />

nascere un nuovo e più sottile conformismo di massa, una sudditanza verso quello che viene imposto<br />

come l’unico linguaggio possibile.<br />

Tutto il peso dell’intervento critico e della manifestazione di opinioni, viene trasferito su poche persone<br />

appartenenti al personale politico, che sembrano essere le uniche autorizzate ad analizzare i fatti, che<br />

sono spessissimo animate da intenzioni non informative e talvolta persino culturalmente non attrezzate<br />

per rivolgersi alla pubblica opinione.<br />

La realtà assume così un’ottica partitica, iperpoliticizzata, che non corrisponde a nulla di autentico, che<br />

genera nuova sfiducia e distacco che deforma la politica stessa e persino la vita istituzionale.<br />

Andrea Barbato


Sommario<br />

Editoriale<br />

Senza colore e senza soldi<br />

Lettere in redazione<br />

Blitz su droghe e legittima difesa<br />

Reclami & Reclami<br />

La rappresentazione della pena alla Triennale<br />

La memoria olfattiva e il ricordo degli odori<br />

Incontro del magistrato Brambilla con 100 detenuti<br />

Storia / Karl Marx<br />

I burloni dell’art. 21 e l’Atm<br />

Muore la madre, ma non ha il permesso di vederla<br />

Amnistia / Si continua a speculare sui detenuti<br />

Inchiesta / Ma come vivono gli agenti<br />

Forum / Sui Sex offender, parliamone<br />

pag. 3<br />

pag. 4<br />

pag. 6<br />

pag. 9<br />

pag. 10<br />

pag. 11<br />

pag. 12<br />

pag. 13<br />

pag. 14<br />

pag. 15<br />

pag. 16<br />

pag. 17<br />

pag. 20<br />

I guai peggiori di questo mondo,<br />

non li provoca colui<br />

che racconta quello che sa,<br />

ma colui che racconta<br />

più di quello che sa<br />

redazione<br />

Il nuovo<br />

carte<strong>Bollate</strong><br />

via c. belgioioso, 120<br />

20157 milano<br />

direttore responsabile<br />

adriano todaro<br />

giornalista esterna<br />

carla chiappini<br />

impaginazione e grafica<br />

alessandro de luca<br />

vincenzo mennuni<br />

paola pandiani<br />

hanno collaborato, a vario titolo,<br />

a questo numero:<br />

Immigrazione / I viaggi della speranza<br />

pag. 22<br />

Volontariato / Con chitarra, voce e un sorriso<br />

pag. 23<br />

Spigolature carcerarie<br />

pag. 24<br />

Affettività / Il progetto bungalow per incontri più sereni<br />

pag. 26<br />

Nuova educatrice al Secondo reparto<br />

pag. 27<br />

La pagina rosa<br />

pag. 28<br />

Morire di carcere<br />

pag. 30<br />

Il Sesto reparto e le condizioni psicologiche del colore<br />

pag. 31<br />

Natale in carcere<br />

pag. 31<br />

Poesie<br />

pag. 32<br />

L’isola dei famosi<br />

pag. 33<br />

Sport / Grande impegno per il campionato di calcio<br />

pag. 34<br />

Vogliamo continuare a fare questo giornale!<br />

pag. 35<br />

cartebollate@libero. it<br />

alina<br />

ananke<br />

lucia castellano<br />

antonio cirianni<br />

davide ditali<br />

don fabio fossati<br />

andreas fulde<br />

francesco ironico<br />

claudio macario<br />

diego manzella<br />

francesco merolle<br />

gianni minino<br />

franco palazzesi<br />

libero vanutelli<br />

responsabile tecnico<br />

mario curtone<br />

stampa<br />

in proprio<br />

“ANIME”<br />

martedi 7 marzo 2006 presso i Musei di Porta Romana in Viale Sabotino, 22<br />

a Milano, sarà inaugurata la personale del Maestro Santi Sindoni<br />

Questo numero di carte<strong>Bollate</strong><br />

è stato chiuso in redazione<br />

alle ore 19 di giovedì<br />

16 <strong>febbraio</strong> 2006<br />

Il disegno di copertina è di<br />

Santi Sindoni.<br />

Quelli a pag. 29 e pag. 35 sono di<br />

Gabriele Galati e Moreno Mele.<br />

Questo periodico è stato realizzato<br />

grazie al contributo della<br />

cooperativa Articolo 3<br />

Registrazione Tribunale di Milano<br />

n. 862 del 16 novembre 2005


LETTERE IN REDAZIONE<br />

Da buon cristiano<br />

Sollecitato dall’invito del direttore di<br />

carte<strong>Bollate</strong> alla fine di un suo articolo<br />

(“Chi chiede la parola”), vorrei prendere<br />

la parola a proposito del tema della presenza<br />

in istituto dei cosiddetti Sex offender,<br />

soprattutto dopo la loro partecipazione alla<br />

messa di Natale in teatro.<br />

Non voglio fare un intervento “confessionale”<br />

che parla delle mie personali convinzioni<br />

cristiane: mi riprometto di farlo<br />

con le persone che frequentano la catechesi<br />

e la messa domenicale. Vorrei, invece, fare<br />

qualche riflessione ad alta voce che possa<br />

sollecitare le reazioni di tutti, credenti e no,<br />

ben conscio che la stessa presenza massiccia<br />

alla messa natalizia è frutto per molti non<br />

tanto di una chiara esplicita scelta di fede,<br />

ma di un più generico - anche se per me<br />

significativo - senso di appartenenza “culturale<br />

e civile” alla tradizione cristiana.<br />

Non nascondo che la mattina di Natale<br />

ero curioso, e insieme un po’ preoccupato,<br />

di vedere quello che sarebbe successo e di<br />

vedere la mia stessa reazione. Da quella<br />

mattina sono venute le semplici reazioni<br />

che vi propongo.<br />

Condivido molto la posizione della<br />

direttrice che invita ciascuno a non giudicare:<br />

e non solo perché lo sento dal mio<br />

punto di vista un messaggio puramente<br />

evangelico, ma perché credo sia un valore<br />

profondamente laico, cioè inserito nella<br />

natura più profonda di una sana umanità.<br />

Ogni buon regime carcerario dovrebbe<br />

fondarsi proprio sulla distinzione tra il<br />

reato commesso e la persona che l’ha<br />

commesso. Il reato va giudicato ed espiato,<br />

la persona dev’essere rispettata e messa<br />

nella condizione di potersi distaccare dalla<br />

colpa commessa, per prenderne le distanze,<br />

creando così le condizioni per non ricadere<br />

negli errori e tornare a vivere una vita pienamente<br />

libera.<br />

Penso, però, che sia un bene poter<br />

dire ad alta voce, in modo ovviamente<br />

educato e civile, le proprie perplessità e<br />

fatiche. Parlare ad alta voce è terapeutico,<br />

non bisogna nascondere i propri pensieri,<br />

soprattutto, quando si parla di reazioni<br />

istintive ed emotive. Quel genere di reati<br />

fa inesorabilmente nascere in ciascuno di<br />

noi, me compreso, una forte difficoltà. Chi<br />

si atteggia a persona al di sopra di ogni<br />

pregiudizio e capace di ogni libertà, rischia<br />

di fingere e di non essere credibile fino in<br />

fondo. È vero che ogni reato va a ledere la<br />

libertà e la dignità della persona che n’è<br />

vittima – proprio in questi giorni hanno<br />

rubato ad un giovane della mia parrocchia<br />

la moto nuova che si era comperato dopo i<br />

primi due anni di lavoro.<br />

Ne era orgoglioso e rappresentava per<br />

lui il primo passo di una vera autonomia<br />

dalla sua famiglia; il furto l’ha prostrato<br />

in modo fortissimo: si è sentito beffato,<br />

disprezzato, non è stato colpito solo nella<br />

sua proprietà, è stato offeso dentro, nella<br />

sua identità professionale! – eppure, i reati<br />

contro la persona ci colpiscono in un modo<br />

più violento, perché sentiamo che vanno<br />

a ledere in profondità la dignità degli<br />

uomini, delle donne e dei bambini che ne<br />

sono vittima. Pensare che si possa fingere<br />

indifferenza di fronte a tutto questo, non<br />

è corretto ed è anche un po’ ingenuo. Per<br />

questo occorre parlare, discutere, far emergere<br />

le proprie paure, scrollandosi però di<br />

dosso anche tutti quei luoghi comuni della<br />

morale carceraria che impediscono perfino<br />

di parlarne, perché la condanna inappellabile<br />

è già stata data da sempre.<br />

In questi mesi io spero che tra noi si<br />

possa parlare con libertà (è un bel paradosso,<br />

pensando a dove viviamo!), cercando<br />

di darci una mano a fare dei passi insieme<br />

verso una maggiore tolleranza nella verità<br />

delle proprie fatiche e dei propri rifiuti. carte<strong>Bollate</strong><br />

può avere un ruolo fondamentale<br />

in questo dibattito.<br />

Un’ultima cosa, la più importante. Io<br />

frequento il sesto reparto e pian piano sto<br />

imparando a conoscere le persone che vi<br />

abitano. Avendo detto con chiarezza che<br />

anch’io ho provato e provo difficoltà a vivere<br />

quest’aspetto del mio lavoro, vorrei tentare<br />

di dire che cosa mi spinge a continuare<br />

in questa presenza. Io vado lì perché lì ci<br />

sono degli uomini e vorrei, nel mio piccolo,<br />

con le mie limitazioni, con le mie fatiche<br />

e i miei pregiudizi da superare, provare a<br />

dare una mano allo sforzo immane che essi<br />

stanno compiendo, insieme con l’équipe<br />

degli educatori, di ricostruzione della loro<br />

vita. Mi dico e mi ripeto che ogni uomo<br />

ha diritto ad avere una nuova possibilità e<br />

carte<strong>Bollate</strong> 4<br />

che laddove si è generata violenza è perché,<br />

forse, altra violenza aveva già lasciato il<br />

segno. E vado lì, ovviamente, perché credo<br />

da buon cristiano che la parola del Vangelo,<br />

insieme con la buona volontà e con gli<br />

strumenti terapeutici corretti, possa aiutare<br />

a generare una nuova vita.<br />

don Fabio Fossati - cappellano<br />

Chiedo la parola<br />

Come tanti leggo con attenzione carte<strong>Bollate</strong><br />

che ci permette di avere<br />

notizie a riguardo la nostra vita ristretta e<br />

il luogo in cui siamo costretti a vivere. La<br />

dottoressa Lucia Castellano ci ha informato<br />

dell'arrivo a <strong>Bollate</strong> di 19 detenuti per<br />

reati sessuali.<br />

La sua fermezza di portare a termine<br />

il progetto che sancisce l'inserimento nei<br />

reparti di queste persone, è stata molto<br />

chiara e decisa, suggerendo a chi non è<br />

d'accordo di fare domandina per altra<br />

destinazione carceraria, e, come si diceva<br />

una volta, o mangi questa minestra o salti<br />

dalla finestra. Per seguire il trattamento<br />

d'inserimento, si è colta l'occasione di<br />

partecipare tutti insieme ad ascoltare la<br />

messa il giorno di Natale che si è svolta nei<br />

locali del teatro.<br />

La scelta di un luogo sacro che accoglie<br />

tutti in preghiera, ed il giorno di Natale è


LETTERE IN REDAZIONE<br />

stata sicuramente un inizio intelligente del<br />

progetto. Però, sarebbe stato onesto avvisare<br />

della loro presenza gli altri detenuti,<br />

dando così la possibilità di scegliere senza<br />

obblighi, come è accaduto in questo caso.<br />

Molto probabilmente, la prossima<br />

occasione, potrebbe essere un evento teatrale<br />

prestigioso, dove tutti vorrebbero<br />

assistere. Però, ripeto, sarebbe onesto avvisare<br />

che a questo spettacolo assisteranno i<br />

Sex offender, in modo che si possa decidere<br />

o meno la propria partecipazione.<br />

Personalmente, appartengo alla stragrande<br />

maggioranza dei detenuti che non<br />

accettano la convivenza, l'inserimento nei<br />

piani del reparto e quindi nelle celle<br />

comuni, di questo "tipo" di detenuti.<br />

Come tutte le società, anche quella<br />

carceraria, ha i propri usi e costumi; ad<br />

esempio, quando un nuovo giunto viene<br />

accompagnato alla cella di destinazione,<br />

i detenuti che già vivono in quella<br />

cella, possono rifiutarsi di accettarlo. Mi<br />

domando cosa accadrà, quando in una<br />

cella sarà presentato un detenuto che ha<br />

commesso reati sessuali.<br />

Lascio a voi immaginare la risposta.<br />

È necessario ricordare che noi tutti<br />

viviamo privi di libertà, perciò in condizioni<br />

anormali; spesso si hanno i nervi a<br />

fior di pelle. In queste condizioni, diventa<br />

facile per un detenuto discutere animatamente<br />

ed a volte venire alle mani per futili<br />

motivi. Domando: cosa accadrà quando<br />

in una cella sarà obbligatorio convivere<br />

con una persona che interiormente non<br />

è accettata<br />

Il problema è di difficile soluzione;<br />

lo dimostra il fatto che in tutte la carceri<br />

d'Italia non esiste questa convivenza.<br />

<strong>Bollate</strong> permette alla persona detenuta<br />

di vivere dignitosamente, perciò si pone<br />

come banco di prova mettendo sul piatto<br />

della bilancia, il lavoro e quindi il salario<br />

mensile, oltre alla libertà di movimenti ed<br />

i servizi qualificanti che dispone, citiamo<br />

per tutti il teatro e la biblioteca.<br />

Perciò, per logica, si sarà costretti a scegliere<br />

tra la vita in comune ed una diversa<br />

destinazione, però a volte la logica, per chi<br />

vive tra le mura sbarrate non esiste, è dai<br />

fatti privi di logica e di convenienza che<br />

nasceranno i problemi.<br />

La persona detenuta, non è portata<br />

a discutere di questo tipo di problema,<br />

comunque come lei dice caro direttore<br />

Adriano Todaro, parliamone.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 5<br />

Lettera firmata<br />

Sullo stesso argomento c’è pervenuta<br />

un’altra lettera a firma “un gruppo di detenuti”.<br />

Ripetiamo quello che stato detto più<br />

volte. Le lettere anonime non le pubblichiamo.<br />

Se lo scrivente non vuole proprio che<br />

il suo nome appaia sul giornale, possiamo<br />

utilizzare la formula “lettera firmata”, ma<br />

come direttore debbo conoscere chi sono le<br />

persone che hanno scritto la lettera. Pronto<br />

a pubblicarla quando mi saranno forniti i<br />

nominativi.<br />

Lettera aperta<br />

Cari lettori di carte<strong>Bollate</strong>, busso alla<br />

porta di questa redazione per far<br />

conoscere l'esperienza della storia di vita<br />

comune.<br />

In questo luogo di giustizia, sono per<br />

scontare la mia punizione carceraria di<br />

anni 1, mesi 10, giorni 8. Gli errori commessi<br />

fuori alla libertà risalgano agli anni<br />

‘95/96.<br />

Provenivo dalla libertà, ho dovuto<br />

lasciare il mio lavoro, la mia casa gli<br />

affetti, nonché molti punti di riferimento<br />

esterni.<br />

Mi sono costituito di persona in questo<br />

istituto, poiché ne sentivo parlare bene.<br />

Da subito mi sono attivato per farmi<br />

conoscere dagli operatori, educatori e assistenti<br />

sociali, nonché dal personale della<br />

Polizia penitenziaria, dal volontariato e dai<br />

cappellani; insomma, ho cercato di non<br />

perdere tempo.<br />

Attualmente sono impiegato in attività<br />

lavorativa presso la Mof (Manutenzione<br />

ordinaria fabbricati) come elettricista. Nel<br />

pomeriggio vado a scuola.<br />

Frequento il secondo anno delle superiori<br />

(“Primo Levi” del progetto Sirio),<br />

faccio parte della commissione culturale<br />

cineforum, sono frequentatore della<br />

biblioteca dell'istituto e quella "one line".<br />

Faccio colloqui con i miei datori di lavoro,<br />

con i quali mantengo regolare corrispondenza.<br />

In questa prima fase della mia<br />

detenzione posso dire di non sentirmi solo<br />

o abbandonato.<br />

Ho chiesto - tramite domandina -<br />

alla direttrice Lucia Castellano di essere<br />

ammesso all'articolo 21, come prevede<br />

il regolamento penitenziario, il quale mi<br />

permetterebbe di riprendere la mia attività<br />

lavorativa all'esterno, rientrando in istituto<br />

la sera.<br />

Credo di essere sulla giusta strada, sto<br />

mettendo a frutto la privazione della mia<br />

libertà. Non intendo lasciarmi riempire<br />

di vuoto, ma cerco di farmi aiutare dai<br />

vari operatori sociali, per sentirmi accompagnato,<br />

nonché sostenuto nelle difficili<br />

situazioni che nel carcere ci sono e si<br />

incontrano.<br />

Non nascondo la tristezza dell'animo,<br />

in quanto se mi avessero offerto la possibilità<br />

dell'affidamento ai servizi sociali del<br />

mio territorio, non sarei dovuto entrare<br />

in carcere.<br />

Comunque ho cercato di trasformare<br />

la mia rabbia nascosta, in energia positiva<br />

di cui mi sono abbandonato nelle mani<br />

del sistema carcerario nella sua burocrazia<br />

sperando che le cose vadano meglio e<br />

bene.<br />

È molto facile perdere tutto nella vita<br />

come sentirsi sconfitto dal mondo, quindi<br />

sarà certamente difficile ricostruire il<br />

tutto.<br />

Essere "terremotato" nelle vicenda<br />

della giustizia degli uomini, spesso ci<br />

si può sentire non solo persi, ma anche<br />

dimenticati dal mondo e da tutti.<br />

Questa mia esperienza tuttora in corso,<br />

attualmente la ritengo positiva sotto tutti i<br />

punti di vista. Mi auguro possa continuare<br />

sino al raggiungimento degli obbiettivi<br />

sopra descritti.<br />

Credo nella certezza della pena, quando<br />

questa partecipata al reinserimento non<br />

perda tempo prezioso nelle scrivanie della<br />

burocrazia.<br />

Con questo chiudo lasciandovi un<br />

breve pensiero: nessuno è tanto ricco da<br />

non poter ricevere e accettare, accogliendo<br />

qualcosa anche dagli altri. "Pellegrino" tra<br />

le sbarre.<br />

Davide Ditali, IV reparto


BLITZ SU DROGHE E LEGITTIMA DIFESA.<br />

GLI ULTIMI COLPI DI CODA DEL GOVERNO<br />

I PARERI DI ANTIGONE, GRUPPO ABELE,<br />

DEL PG MAISTO E DEL PG DI VENEZIA FORTUNA<br />

DROGHE<br />

Finalmente l’agognata legge sulle<br />

droghe è passata con il solito voto di<br />

fiducia: 148 favorevoli, 82 contrari.<br />

Per farla passare l’hanno messa all’interno<br />

delle misure di sicurezza per le<br />

Olimpiadi di Torino, con un maxiemendamento.<br />

È il pacchetto-regalo per An da parte<br />

di Berlusconi e nei confronti della parte<br />

dell’Udc (ala muccioliniana) che fa capo<br />

a ministro Giovanardi.<br />

Tutti in coro sfidando il buon senso,<br />

l’evidenza scientifica e l’esperienza della<br />

gran parte degli operatori del settore,<br />

salutano il ritorno della “tolleranza zero”<br />

dei tempi craxiani, cancellata da un referendum<br />

popolare.<br />

Portiamo, di seguito, il parere dell’Associazione<br />

Antigone, del Gruppo<br />

Abele e di Francesco Maisto, Procuratore<br />

generale a Milano.<br />

Antigone<br />

Se i detenuti tossicodipendenti oggi<br />

sono circa 20 mila, dopo la legge Fini-<br />

Giovanardi sulle droghe si andranno a<br />

moltiplicare. Giovani incensurati che<br />

fanno uso di marijuana o hashish rischiano<br />

decenni di galera.<br />

I consumatori di droghe leggere sono<br />

trattati molto peggio dei cocainomani e<br />

forse immaginiamo il perché. È l'ennesima<br />

legge illiberale e violenta. Una legge<br />

contro le famiglie, contro i giovani e<br />

contro il buon senso.<br />

Non avendo tempo, non avendo<br />

il coraggio di affrontare la discussione<br />

parlamentare viene posta la fiducia inserendo<br />

le norme anti-droga nel decreto<br />

sulle Olimpiadi.<br />

Il diritto e la coerenza legislativa sono<br />

oramai carta straccia. Infine si lascia presumere<br />

che lo sport sia tutto e solo una<br />

questione di uso di droghe.<br />

Non vengano quindi successivamente<br />

in modo ipocrita a esultare se vinciamo<br />

qualche medaglia alle Olimpiadi di<br />

Torino.<br />

Gruppo Abele<br />

È grave la modifica apportata al Senato<br />

alla legislazione in materia di tossicodipendenza,<br />

all'interno del decreto Olimpiadi,<br />

con voto di fiducia. Grave per molti giovani<br />

che possono non essere definiti tossicodipendenti<br />

anche se entrano in contatto con<br />

droghe leggere, grave<br />

per le persone tossicodipendenti,<br />

grave<br />

per le loro famiglie,<br />

grave per la già tragica<br />

situazione delle<br />

carceri italiane. Grave<br />

per tutti.<br />

Per riassumere,<br />

sono quattro i punti,<br />

in estrema sintesi, su<br />

cui esprimiamo il dissenso,<br />

dato dall'esperienza<br />

e dall'incontro<br />

con migliaia di situazioni<br />

che sono entrate<br />

in contatto con le<br />

droghe, e delle quali<br />

molte hanno dato<br />

una svolta alla loro<br />

vita abbandonando<br />

l'uso delle sostanze.<br />

Primo: l'equiparazione<br />

tra droghe leggere<br />

e pesanti mette sostanze,<br />

effetti e persone,<br />

molto diverse, sullo<br />

stesso piano e porterà<br />

inevitabilmente<br />

nel circuito carcerario<br />

molti assuntori di sole<br />

droghe leggere. Questa<br />

nuova legislazione<br />

ci riporterà a quanto<br />

avveniva tra il 1990 e<br />

il 1993.<br />

Secondo: quando<br />

si definisce per legge<br />

chi è tossicodipendente e chi spacciatore e<br />

si determina la quantità si limita fortemente<br />

la discrezionalità del giudice che - le<br />

storie lo dimostrano - è necessaria perché<br />

ogni situazione va valutata, caso per caso,<br />

nell'ambito del giudizio.<br />

Terzo: le cure coatte. La legge introduce<br />

la consequenzialità tra condanna e opportunità<br />

di trattamento prevedendo l'accesso<br />

ai programmi di trattamento in sostituzione<br />

della pena. E se per tutte le forme<br />

Ecco cosa dice la legge<br />

I punti principali della Fini-Giovanardi sono l’unificazione<br />

di tutte le sostanze psicotrope in un’unica tabella.<br />

parificando droge pesanti e leggere, la criminalizzazione<br />

del consumo, l’inasprimento delle pene e parificazione<br />

dei servizi privati a quelli pubblici.<br />

Con la tabella unica cadono tutte le distinzione tra<br />

diversi tipi di sostanze, ma la determinazione della quantità<br />

al di sopra delle quali scatta l’accusa di spaccio, è stata<br />

demandata a un successivo decreto. Avere rinviato a un<br />

momento successivo la definizione delle modiche quantità,<br />

comporterà anche un periodo di grandi discrezionalità<br />

nell’applicazione della legge.<br />

Oltre all’inasprimento delle pene, con la parificazione<br />

delle sostanze viene introdotta anche l’equiparazione<br />

dei trattamenti previsti, per il consumatore di cannabinoidi<br />

così come per il tossicodipendente da eroina.<br />

Potranno essere comminate pene da 1 a 6 anni per la<br />

detenzione di “lievi entità” di droghe e pene da 6 a 20<br />

anni con multe da 2 mila a 260 mila euro per “quantità<br />

elevate” che comportino l’accusa di spaccio.<br />

Chi detiene una quantità per uso personale, se<br />

riconosciuto come pericolo pubblico, sarà sottoposto a<br />

sanzioni amministrative come il ritiro della patente e passaporto,<br />

obbligo di recarsi almeno due volte la settimana<br />

in commissariato e di rientrare a casa entro un’ora fissata.<br />

Strutture private e comunità potranno certificare lo stato<br />

di tossicodipendenza e mettere a punto i piani terapeutici.<br />

In pratica, chi dovrebbe “curare” il tossicodipendente, è<br />

la stessa struttura che prima ne accerta la condizione di<br />

dipendenza. Un regalo, anche economico, del governo,<br />

agli amici come don Gelmini e San Patrignano.<br />

di trattamento la libera scelta è un tassello<br />

fondamentale ciò diviene imprescindibile<br />

per chi entra in una comunità terapeutica<br />

che rappresenta uno strumento efficace<br />

carte<strong>Bollate</strong> 6


solo se la persona che ne fruisce può sceglierla<br />

liberamente giorno per giorno.<br />

Quarto: l'introduzione delle certificazione<br />

da parte dei privati per l'accesso al<br />

trattamento.<br />

Oggi le comunità hanno molti posti<br />

vuoti e potrebbe esserci una sorta di “conflitto<br />

di interessi”, vale a dire un invio più<br />

facile, per “far tornare i conti” per riempire,<br />

non nell'interesse della persona, ma della<br />

struttura. Noi siamo per una separazione<br />

di tutto ciò; in parole povere avremmo<br />

lasciato questo aspetto unicamente ai servizi<br />

pubblici.<br />

Francesco Maisto<br />

Procuratore generale<br />

Milano<br />

Dottor Maisto, il Senato oggi ha<br />

approvato le modifiche della normativa<br />

sulle droghe attraverso il decreto legge<br />

sulle Olimpiadi. I decreti legge si adottano<br />

in casi di urgenza. A quale urgenza fa<br />

fronte il provvedimento a suo avviso<br />

La Costituzione consente la decretazione<br />

d'urgenza solo quando ci sia il carattere<br />

di urgenza. Mentre sul provvedimento di<br />

abrogazione della ex-Cirielli c'era l'emergenza,<br />

cioè di non mandare in carcere<br />

detenuti che avevano fatto un programma<br />

terapeutico, per tutti gli altri articoli per i<br />

quali è stato fatto l'emendamento, il requisito<br />

dell'emergenza non c'è. Tutta la parte<br />

relativa al potere delle Regioni, l'assemblamento<br />

delle tabelle, non c'è il requisito<br />

dell'emergenza.<br />

Droghe leggere e pesanti sono equiparate.<br />

Quali saranno le prime conseguenze<br />

giudiziarie<br />

Le tabelle portano al fatto che ci troviamo<br />

di fronte allo stesso trattamento<br />

sanzionatorio. Conseguentemente ci sarà<br />

un maggiore ampliamento dell'operatività<br />

degli arresti obbligatori in flagranza o<br />

quasi flagranza, si aggraverà la situazione di<br />

affollamento delle carceri e aumenteranno<br />

i processi per le nuove condotte sanzionate,<br />

andando a pesare sulla già ingolfata macchina<br />

della giustizia.<br />

Il provvedimento reintroduce le quantità<br />

di principio attivo come discrimine<br />

tra uso personale e spaccio, ma rimanda<br />

al ministero della Salute la decisione dei<br />

valori soglia.<br />

Mentre in Parlamento si vota, il ministero<br />

non ha ancora pubblicato le quantità.<br />

Si rischia un vuoto legislativo<br />

Intanto mi pare che il fatto cioè che<br />

non si scriva la soglia nella legge è un fatto<br />

positivo. Ma il problema è più generale, il<br />

problema è la soglia. Si sbaglia ogni volta<br />

che si ricorre a criteri quantitativi. Su questo<br />

la Corte Costituzionale si era già espressa<br />

con la sentenza numero 28 del 1993.<br />

Nella vacatio legis, tra la pubblicazione cioè<br />

della legge in Gazzetta ufficiale e la sua<br />

entrata in vigore, che di solito è di 15 giorni,<br />

c'è tempo per il ministero di emettere la<br />

tabella. Se ciò non avvenisse avremmo una<br />

norma penale in bianco e grossi problemi<br />

interpretativi.<br />

Il testo introduce accanto alle quantità<br />

soglia anche dei parametri investigativi<br />

per discernere lo spaccio dal consumo,<br />

come il peso lordo, il confezionamento,<br />

il taglio della sostanza. Lo trova utile<br />

Aiuteranno gli agenti di polizia<br />

Dei parametri investigativi non c'è<br />

necessità. C'è tutta una giurisprudenza<br />

costante ed unanime della Corte di Cassazione<br />

su quelli che sono i parametri<br />

investigativi, cioè quelli indiziari se si versa<br />

nell'una o nell'altra ipotesi. Le forze dell'ordine<br />

in quanto operano in brutta condizione<br />

sulla strada, di questi parametri non<br />

sapranno mai cosa farsene, questi parametri<br />

servono al giudice.<br />

Il decreto Olimpiadi ha modificato<br />

anche l'articolo 94bis della ex-Cirielli,<br />

sospendendo l'aumento di pena dei detenuti<br />

recidivi tossicodipendenti, a patto<br />

che abbiano un percorso terapeutico in<br />

corso. È limitativo assegnare i benefici<br />

soltanto a chi sceglie la comunità<br />

L'obiettivo iniziale della Cirielli per<br />

quanto riguarda i tossicodipendenti era<br />

di punirli ancora di più e di mandarli in<br />

carcere senza sospendere la pena se recidivi.<br />

A questo hanno cercato di porre riparo con<br />

il decreto sulle Olimpiadi.<br />

Il decreto prevedeva in un primo<br />

momento l'esonero per quelli che erano<br />

tossicodipendenti, ma che avessero comunque<br />

un programma di recupero in corso.<br />

Quello di oggi è ancora più restrittivo<br />

perché non si applica nei confronti di tossicodipendenti<br />

che non abbiano in corso<br />

al momento del deposito della condanna<br />

definitiva un percorso terapeutico.<br />

Se una persona inizia un programma<br />

e lo continua da dopo che la sentenza è<br />

carte<strong>Bollate</strong> 7<br />

divenuta definitiva a quando viene emesso<br />

l'ordine di carcerazione non serve a niente.<br />

C'è una riduzione dell'area di operatività<br />

della sospensione della pena del<br />

tossicodipendente che abbia in corso un<br />

trattamento terapeutico. Sulle modifiche<br />

alla legge sulle droghe non vede vizi di<br />

incostituzionalità, quando ad esempio<br />

reintroduce il criterio quantitativo, già<br />

abrogato dal referendum del 1993<br />

Si tratta in effetti della mera reiterazione<br />

di una legge che nei suoi princìpi<br />

era già stata ritenuta incostituzionale dalla<br />

Corte Costituzionale dopo il referendum.<br />

Si riproduce per legge ordinaria ciò che la<br />

maggioranza dei cittadini italiani aveva con<br />

voto referendario voluto abrogare. Il principio<br />

secondo il quale il legislatore ordinario<br />

non può reiterare una legge abrogata per<br />

referendum.<br />

Dopo il referendum la Corte ha valutato<br />

non costituzionale il principio quantitativo.<br />

La questione potrà essere sollevata nel<br />

momento in cui si richiederà una valutazione<br />

di legittimità costituzionale.<br />

LEGITTIMA DIFESA<br />

Meglio sarebbe dire legittima offesa.<br />

Comunque sia, è il regalo di fine stagione<br />

fatto da Berlusconi alla Lega Nord. Le<br />

nuove norme cancellano il principio della<br />

proporzionalità della risposta alla presunta<br />

minaccia, alla base della vecchia legge e<br />

di fatto consentono al comune cittadino<br />

di sparare a chiunque ritenga stia minacciando<br />

non solo la propria vita, ma anche<br />

i propri beni.<br />

Una licenza d’uccidere estesa anche al<br />

di fuori della propria abitazione e applicabile<br />

nel proprio giardino, nei negozi e in<br />

qualunque luogo si svolga un’attività professionale<br />

o commerciale, in pratica anche<br />

in tutti i posti di lavoro.<br />

A scrutinio segreto, 244 parlamentari<br />

della maggioranza hanno detto sì, 175<br />

dell’opposizione no.<br />

E così chi reagirà con la violenza non<br />

sarà punibile per “eccesso di difesa”. Il caso<br />

ha voluto che due giorni dopo l’approvazione<br />

della legge, un imprenditore di Verona,<br />

militante leghista, ha ucciso un ragazzo di<br />

26 anni che tentava di penetrargli in casa,<br />

con ben 13 colpi di pistola semiautomatica<br />

Hk calibro 40, secondo alcuni esperti, più<br />

devastante della famosa 357 Magnum.<br />

Andrà in galera


Si può usare un’arma, dice la legge,<br />

legittimamente detenuta o “altro mezzo”,<br />

vale a dire che in mancanza della pistola<br />

con regolare porto d’armi, si può accoltellare,<br />

spaccare la testa, sgozzare ed altro.<br />

Naturalmente ci sono dei limiti e condizioni:<br />

il pericolo d’aggressione e la mancata<br />

desistenza da parte dell’intruso.<br />

Un po’ come chiedere al ragazzo di 26<br />

anni con 13 pallottole in corpo di testimoniare<br />

di essersi arreso davanti alla vittima.<br />

L’ineffabile ministro della Giustizia,<br />

Roberto Castelli, fuori di sé dalla gioia, ha<br />

dichiarato che “Da oggi i delinquenti devono<br />

avere qualche timore in più e le brave persone,<br />

vittime di aggressioni, qualche problema in<br />

meno”. In realtà le cose non stanno così.<br />

Nel Far West, almeno, qualche regola esisteva.<br />

Con la nuova legge non esistono più<br />

regole e d’ora in avanti bisognerà fare<br />

molta attenzione a non essere scambiati<br />

per potenziali malviventi, magari mentre si<br />

attraversa un campo, proprietà privata.<br />

Il parere, di seguito, su questa legge da<br />

parte dell’Unione Camere Penali, dell’Associazione<br />

magistrati e di Ennio Fortuna<br />

Procuratore generale di Venezia.<br />

Ettore Randazzo<br />

presidente Unione camere penali<br />

Purtroppo è stata approvata un’altra<br />

legge ingiusta, che autorizza la legittima<br />

offesa anche nei confronti di chi non<br />

rappresenta un pericolo per l’incolumità<br />

del cittadino.<br />

Antonio Patrono<br />

segretario<br />

Associazione nazionale magistrati<br />

È una norma di cui non si sentiva<br />

bisogno perché c’è già la legislazione<br />

vigente, interpretata da una giurisdizione<br />

ormai decennale. Era sufficiente e conforme<br />

ai migliori canoni del diritto penale.<br />

Ennio Fortuna<br />

Procuratore generale di Venezia<br />

Dottor Fortuna, appena 48 ore<br />

dopo l’approvazione della legittima<br />

difesa, c’è già il primo morto.<br />

Sarei più cauto. Certo è una drammatica<br />

coincidenza, ma non si può stabilire<br />

un rapporto tra quanto accaduto e la<br />

nuova legge. Temo però che fatti come<br />

quello di Verona si ripeteranno: se è vero<br />

che la persona aggredita viene autorizzata<br />

a difendersi con le armi, allora è probabile<br />

che la malavita faccia meno rapine,<br />

ma se decide di farle si arma a sua volta<br />

e probabilmente sa sparare meglio del<br />

semplice cittadino.<br />

Lei una legge così l’avrebbe approvata<br />

Ho il massimo rispetto per il Parlamento,<br />

ma se fosse dipeso da me no.<br />

Credo che si sia voluta dare una risposta al<br />

bisogno di sicurezza avvertito soprattutto<br />

qui in Veneto.<br />

Io sono Pg in una regione ricca, in<br />

cui c’è stata un’escalation di rapine nelle<br />

ville. In una situazione simile credo che<br />

autorizzare l’uso delle armi esponga tutti<br />

al rischio di scontri cruenti in cui sia l’aggressore<br />

che l’aggredito possono rimane<br />

colpiti.<br />

E io temo soprattutto per il cittadino<br />

indifeso.<br />

Non crede che questa legge introduce<br />

un malinteso senso di sicurezza e un<br />

pericolosissimo stravolgimento culturale:<br />

quello che ognuno ha diritto a sparare<br />

e a reagire anche in maniera sproporzionata<br />

al pericolo che lo minaccia<br />

Questo è un punto molto discusso,<br />

soggetto probabilmente a una verifica da<br />

parte della Corte costituzionale.<br />

La legge parifica sostanzialmente il<br />

valore della vita a quello del domicilio, il<br />

che secondo me è tutto da discutere. Non<br />

sono sicuro che il legislatore, che può fare<br />

molto ma non tutto, possa addirittura<br />

abolire quell’esigenza di proporzione tra<br />

la minaccia ricevuta e la risposta data, che<br />

è esistita per secoli.<br />

C’è poi un nuovo concetto con il<br />

quale fare i conti, quello della desistenza<br />

dell’aggressore.<br />

Abbiamo a che fare con una legge<br />

molto più complessa di quanto sembri.<br />

Se un cittadino trova in casa un ladro<br />

disarmato, per la legge può sparare lo<br />

stesso se non vi è desistenza da parte del<br />

malvivente, cioè se il ladro non si arrende<br />

o non fugge e se vi è pericolo di un’aggressione.<br />

Alla vittima si chiede di fare una valutazione<br />

immediata del pericolo che corre<br />

sperando che non sbagli, altrimenti non<br />

scatta la legittima difesa.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 8<br />

Come si prova la mancata desistenza<br />

da parte dell’aggressore una volta che<br />

questi è morto<br />

Si prova con quello che rimane, cioè con<br />

la parola dell’aggredito. Per il giudice - che<br />

deve verificare tutto - si tratta di una valutazione<br />

estremamente delicata e difficile,<br />

visto che l’unica verità che gli viene offerta<br />

è quella dell’interessato.<br />

Il ministro Castelli difende l’imprenditore<br />

di Verona e dice che la nuova legge<br />

interverrà in suo favore.<br />

Ha ragione, perché una legge di favore<br />

è sempre retroattiva. Certo, se Ciampi la<br />

firma, questo è ovvio.<br />

* Le varie dichiarazioni sono state riprese<br />

dai Comunicati stampa delle associazioni,<br />

dall’agenzia giornalistica Redattore Sociale e<br />

dal quotidiano il manifesto.<br />

Appello / Medici non<br />

date il porto d’armi<br />

“L’unica risposta alla legge appena<br />

approvata sulla legittima difesa è<br />

che i medici facciano obiezione di<br />

coscienza e si rifiutino di rilasciare<br />

a chi non ne ha bisogno per lavoro,<br />

il certificato d’idoneità psicofisica<br />

necessario per il porto d’armi”.<br />

Questo l’appello degli ideatori<br />

della campagna “Addio alle armi”,<br />

promossa dall’Associazione<br />

vegetariana italiana (Avi), fondata<br />

da Aldo Capitini, padre della<br />

nonviolenza nel nostro Paese, in<br />

collaborazione con Peacelink. “Chi<br />

possiede un’arma per ‘difesa’, molte<br />

volte la usa per offesa.<br />

“Chi la usa per uno ‘sport’<br />

chiamato caccia e uccide ogni<br />

stagione molti animali, può usarla<br />

anche verso il presunto ladro o verso<br />

la moglie, il vicino o chissà chi altro”.<br />

L’appello è rivolto ai colleghi da<br />

Riccardo Trespidi, presidente del<br />

Comitato medico-scientifico dell’Avi:<br />

“È il medico di famiglia a rilasciare il<br />

certificato d’idoneità che di solito<br />

è sufficiente ad ottenere il porto<br />

d’armi. La campagna nasce dalla<br />

personale obiezione di coscienza che<br />

io pratico già da qualche anno, con<br />

non pochi problemi”.


RECLAMI & RECLAMI<br />

Gent. ma direttrice<br />

dott. sa Lucia Castellano.<br />

Per conoscenza<br />

Educatore<br />

dott. Orlando Carbone<br />

Responsabile III reparto<br />

Redazione carte<strong>Bollate</strong><br />

Mi chiamo Francesco Guttuso<br />

ho 40 anni vivo al III reparto,<br />

sono in carcere a <strong>Bollate</strong> da un anno.<br />

La mia situazione personale, non è delle migliori. Ho<br />

perso mia moglie nel 2003, ho due figli che si sono da me<br />

allontanati con la perdita della loro mamma. Non faccio<br />

colloqui, praticamente sono un uomo solo.<br />

Sento spesso parlare di lei, signora direttrice come persona<br />

attenta all’occupazione ed al lavoro.<br />

Per me, di conseguenza allo stato in cui mi sento, il<br />

lavoro è particolarmente importante, le motivazioni sono<br />

facilmente comprensibili. Come tutti i detenuti, faccio<br />

domandina per ottenere un lavoro, indispensabile per la<br />

mia esistenza.<br />

Purtroppo mi sono visto scavalcare da compagni che a<br />

mio avviso non avevano i requisiti richiesti dalla graduatoria<br />

per ottenere un lavoro prima di me.<br />

Di conseguenza penso che sarebbe opportuno per tutta<br />

la popolazione carceraria di <strong>Bollate</strong>, conoscere quali sono<br />

i criteri usati per formare il punteggio che decide chi deve<br />

occupare per primo un posto di lavoro.<br />

La conoscenza dei criteri usati per formare la graduatoria<br />

che permette l’accesso al lavoro, eliminerebbe il sospetto<br />

di un malcostume in uso di conseguenza a favoritismi.<br />

La ringrazio per l’attenzione che vorrà dare per instaurare<br />

la trasparenza; affinché non ci siano favoritismi verso<br />

nessuno, convinto che almeno in carcere dobbiamo essere<br />

trattati tutti allo stesso modo.<br />

Francesco Guttuso III reparto<br />

Gentile sig Guttuso,<br />

l'accesso al lavoro in questo<br />

Istituto è regolato come segue:<br />

A) Lavoro alle dipendenze di<br />

aziende esterne (PCDET, Nova<br />

Spes, Outsider, WSC).<br />

L'azienda, quando ha bisogno<br />

di personale, pubblica un bando,<br />

specificando il numero di persone<br />

da assumere e i requisiti richiesti.<br />

Il bando viene affisso nelle<br />

bacheche dei vari reparti e i detenuti<br />

che lo desiderino, inoltrano<br />

la domanda di assunzione.<br />

Le domande sono selezionate<br />

dal responsabile dell'area trattamentale<br />

il quale verifica che i<br />

richiedenti non siano occupati in altre attività, incompatibili<br />

con il lavoro desiderato.<br />

B) Lavoro alle dipendenze dell'Amministrazione<br />

penitenziaria. I detenuti sono ammessi al lavoro secondo<br />

una graduatoria esistente come data-base (il programma<br />

che esiste in ogni reparto si chiama CRB, ed è un acronimo<br />

di Casa Reclusione <strong>Bollate</strong>). Il detenuto all'atto<br />

dell'ingresso compila una scheda anagrafica in cui indica<br />

tutti i suoi dati, sulla base di questa, il data-base attribuisce<br />

dei punteggi e, nello specifico, dà un punto per<br />

ogni familiare a carico fino ad un massimo di 3 punti, un<br />

punto ogni mese di anzianità di istituto, con frazione di<br />

un trentesimo di punto per ogni giorno che passa.<br />

Nel suo caso, risulta che a tutt'oggi ha un punteggio<br />

totale di 4.57 dato dal programma sulla base dell'anzianità<br />

di istituto essendo entrato in questa sede l’1 ottobre<br />

2004, più un punto in quanto risulta che ha un figlio a<br />

carico.<br />

Ad ogni modo, lei risulta iscritto alla scuola media dal<br />

25 ottobre 2005, alla classe B con i seguenti orari e giorni:<br />

Lun. Mart. Merc. Ven. dalle 8. 50 alle 11. 30. Pertanto,<br />

penso che non abbia ancora lavorato proprio per tale<br />

motivo, poiché, come più volte comunicato, chi sceglie<br />

di andare a scuola non può poi interrompere il corso di<br />

studi per lavorare, o deve scegliere un tipo di lavoro compatibile,<br />

come orari, con l'impegno scolastico.<br />

Invito tutti i detenuti a prendere visione di questa<br />

organizzazione e a segnalarmi, indicando situazioni concrete<br />

e non con lamentele generiche, se e quando il meccanismo<br />

descritto non funzioni, in modo da permettermi<br />

di apporre i correttivi necessari.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 9


ALLA TRIENNALE DI MILANO PER 25 GIORNI<br />

LA RAPPRESENTAZIONE DELLA PENA<br />

UN PROGRAMMA CON MOLTE LUCI E QUALCHE OMBRA<br />

Inizierà il 23 <strong>febbraio</strong> e durerà 25 giorni,<br />

un importantissimo momento in<br />

cui il carcere sarà al centro della “rappresentazione”<br />

Non è un caso, infatti, che<br />

i promotori dell’iniziativa e il Comitato<br />

scientifico l’hanno appunto chiamato<br />

“La rappresentazione della pena - L’invisibile<br />

vita nuda”.<br />

Anomalo anche il posto della rappresentazione,<br />

la Triennale, luogo di<br />

rappresentazione per eccellenza, ma<br />

dell’abitare, del costruire, luogo dove<br />

designer e, spesso, tecnici della comunicazione<br />

visiva si riuniscono per esporre<br />

le loro opere.<br />

Questa volta, invece, al centro c’è il<br />

carcere con la nuda vita come metafora<br />

filosofica, ci sono i detenuti, i loro corpi<br />

intesi come macchine produttive per<br />

mostrare così “l’altra faccia della nuda<br />

vita che è la vita nuda quando il corpo<br />

torna ad essere relegato alla sua funzione<br />

elementare di macchina di sopravvivenza”.<br />

Rappresentare cioè, come dice la<br />

bozza del Comitato scientifico, “ciò<br />

che rimane invisibile come il vivere dei<br />

soggetti migranti, quelli che vivono nei<br />

containers per guerre o calamità naturali e<br />

quelli che sono nei luoghi della segregazione<br />

ove il corpo sconta la pena”. Quindi il<br />

carcere, ma non una mostra sul carcere,<br />

ma bensì 25 giorni “in cui dentro la<br />

Triennale, dentro la città” si faccia “rappresentazione<br />

della pena per riconoscere e<br />

riconoscersi anche in questa marginalità<br />

della vita nuda che piaccia o meno fa<br />

parte a pieno titolo della rappresentazione<br />

sociale”.<br />

Per visualizzare tutto ciò gli organizzatori<br />

hanno pensato ad una mostra<br />

Il Comitato scientifico<br />

e a un ciclo di seminari. La mostra,<br />

titolata “Nella città, l’inferno. I luoghi<br />

della pena” occuperà uno spazio espositivo<br />

di 800 metri quadrati dove saranno<br />

visibili 14 celle. Gli altri momenti della<br />

mostra saranno l’entrata nel carcere, la<br />

rappresentazione che il cinema ha dato<br />

nell’universo della pena, il teatro e, per<br />

finire, i numeri dell’universo carcerario<br />

con una parete bianca dove il visitatore<br />

della mostra potrà scrivere le proprie<br />

valutazioni, sensazioni, suggerimenti. . .<br />

Per il teatro, ci sarà la presenza<br />

degli attori di <strong>Bollate</strong> e la costruzione<br />

di una “piazza” dove si discuterà del<br />

carcere.<br />

L’apertura, come detto, è per il<br />

23 <strong>febbraio</strong>. Sarà la trasmissione televisiva<br />

“L’infedele” ad aprire, all’interno<br />

della stessa Triennale, la mostra e sarà<br />

chiusa dalla trasmissione “Iceberg” di<br />

Telelombardia che farà parlare di carcere<br />

i rappresentanti dei vari partiti. In<br />

mezzo a questi due eventi, tutta una<br />

serie di dibattiti e momenti importanti<br />

con i candidati sindaci di Milano, con<br />

filosofi, un seminario di cinema, uno<br />

sul teatro, uno sul tema dell’opinione<br />

pubblica e il carcere, uno sul tema della<br />

sicurezza nelle città, uno su carcere e<br />

campi di concentramento.<br />

E poi, ancora seminari e dibattiti<br />

fra architetti sulla progettazione dei<br />

luoghi di pena, sui comitati di cittadini<br />

che si occupano di microcriminalità,<br />

su come le religioni hanno affrontato il<br />

tema “fede e pena”, le esperienze internazionali,<br />

su carcere e droga, su carcere<br />

e soggenti migranti.<br />

Uno seminario sarà coordinato<br />

dalla direttrice Lucia Castellano e avrà<br />

Aldo Bonomi (sociologo) - Gianni Canova (docente Iulm) - Lucia<br />

Castellano (direttrice carcere di <strong>Bollate</strong>) - Francesco Maisto (procuratore<br />

della Repubblica di Milano), Luigi Pagano (provveditore regionale Amministrazione<br />

penitenziaria), Franco Origoni (architetto), Marella Santangelo<br />

(architetta).<br />

carte<strong>Bollate</strong> 10<br />

per tema le alternative al carcere, dalla<br />

legge Gozzini ad oggi.<br />

Un programma, dunque, denso,<br />

molto denso, ma nello stesso tempo<br />

molto importante che produrrà anche<br />

due giornate dedicate a coloro che dentro<br />

e fuori il carcere lavorano per rendere<br />

questi luoghi più umani.<br />

Infine, case editrici, con la collaborazione<br />

della rivista Ristretti orizzonti di<br />

Padova, faranno conoscere libri e giornali<br />

prodotti nel circuito carcerario.<br />

Perché invitare<br />

quei giornali<br />

Abbiamo detto già nel titolo che quello<br />

che sta facendo la Triennale di Milano<br />

è un meraviglioso progetto. Un progetto<br />

che ha molte luci, ma anche qualche<br />

ombra.<br />

Sin dalle prime righe della bozza del<br />

Comitato scientifico si parla, giustamente,<br />

dell’impatto che hanno “le tecnologie<br />

della comunicazione” e, considerato l’importanza<br />

dell’argomento, mi sarei aspettato,<br />

in questo campo, qualcosa di più<br />

che il semplice dibattito fra “esperti”, il<br />

solito bla-bla-bla che la televisione, ogni<br />

sera, ci propina, magari con i candidati<br />

sindaci di Milano per la solita passerella<br />

elettoralistica.<br />

Non so, nel momento in cui scrivo<br />

queste note, se gli invitati resteranno<br />

quelli citati nella bozza, ma se così sarà<br />

non credo proprio che si farà qualcosa<br />

d’innovativo.<br />

L’importanza del tema non si risolve<br />

con una puntata dell’Infedele o di Iceberg,<br />

quanto piuttosto mettere in evidenza come<br />

i mezzi di comunicazione di massa trattano<br />

i problemi del carcere. Su questo sì che<br />

ci sarebbe molto da dire!<br />

In realtà un dibattito fra i mezzi<br />

di comunicazione di massa c’è. Infatti<br />

s’invitano sette testate e la sperequazione<br />

salta subito agli occhi. Solo due (Radio<br />

Popolare e Vita) s’interessano di carcere


in termini non speculativi, uno è “generalista”<br />

(il Corriere), uno prettamente economico-finanziario<br />

(il Sole-24 Ore) e tre<br />

sono anomale, spesso forcaiole (Il Foglio,<br />

Libero, la Padania).<br />

Ma sul carcere, cosa mi può mai dire<br />

uno come Gianluigi Paragone Quando il<br />

10 dicembre scorso ha deciso di far sbarcare<br />

il suo giornale, La Padania, anche<br />

al Sud, a Palermo, ha messo questo titolo<br />

in prima pagina: “Minchia, arriviamo!”<br />

che, come si vede, è il massimo della finezza.<br />

Un giornale che predica, ogni giorno,<br />

in termini razzisti il “diritto” della “legittima<br />

offesa”.<br />

Cosa può dirmi di nuovo sul carcere<br />

Vittorio Feltri, uno che è stato ammonito<br />

dall’Ordine dei giornalisti perché, pur di<br />

vendere qualche copia in più, ha portato<br />

in prima pagina le foto dei bambini dei<br />

siti pedofili Come può parlare di diritti<br />

dei detenuti la nota e confessa “spia” della<br />

Cia Giuliano Ferrara Forse parlerà del<br />

suo amico Adriano Sofri, non certo del<br />

detenuto di Secondigliano. Tre testate,<br />

dunque, becere, campioni del liberalismo,<br />

nemici acerrimi dello “Stato assistenzialista”,<br />

propugnatori di “meno Stato e più<br />

mercato”, difensori dell’uomo più inquisito<br />

d’Italia che però non disdegnano i soldi<br />

di “Roma ladrona” come dimostrano i<br />

contributi che hanno ricevuto poche settimane<br />

or sono da parte di questo Stato.<br />

I giornali, per prendere i contributi<br />

debbono essere o espressione diretta dei<br />

partiti (come La Padania) oppure essere<br />

rappresentati in Parlamento o all’europarlamento<br />

con due deputati. E così Il Foglio,<br />

di proprietà per il 38% della signora<br />

Miriam Bertolini in arte Veronica Lario,<br />

moglie di Berlusconi, registrato in Tribunale<br />

come espressione di una fantomatica<br />

“Convenzione per la giustizia”, si porta a<br />

casa 3.511.906,92 euro. Libero, invece,<br />

di proprietà della famiglia Angelucci attiva<br />

nel settore sanitario, è registrato come<br />

giornale (udite, udite!) del Movimento<br />

monarchico italiano e per questo si prende<br />

5.371.151,76 euro. La Padania, infine,<br />

organo della Lega lombarda, si prende<br />

4.028.363,80 euro.<br />

Sono questi che parleranno di carcere!<br />

Perché, allora, non far parlare anche qualche<br />

redattore-detenuto e non nel limbo di<br />

qualche particolare momento, ma con i<br />

direttori di questi giornali<br />

Per ultimo, ritengo importante aver<br />

chiesto la collaborazione di Ristretti orizzonti<br />

perché è un periodico che ha la<br />

forza, l’esperienza, la capacità di poter<br />

coordinare un lavoro del genere. Pur tuttavia,<br />

ritengo che in Lombardia ci siano<br />

diverse testate che avrebbero potuto collaborare<br />

con il giornale di Padova.<br />

Il fatto è che molte volte non ci si<br />

accorge neppure di quello che abbiamo a<br />

portata di mano, né si tende a valorizzare<br />

queste potenzialità. Si preferisce volgere lo<br />

sguardo altrove.<br />

L’OCCHIO VUOLE LA SUA PARTE, MA IN REALTÁ<br />

È IL NASO AD AVERE L’ULTIMA PAROLA.<br />

La memoria “olfattiva” e le associazioni degli odori.<br />

Ognuno di noi è stato inconsapevolmente<br />

condizionato, sin dall’infanzia,<br />

da profumi ed aromi che appartengono<br />

alla nostra “cultura olfattiva”.<br />

Anzi, sembra proprio che le associazioni<br />

olfattive più antiche, quelle che risalgono<br />

ai primi anni della nostra vita, siano<br />

in grado di risvegliare le emozioni più<br />

profonde. La loro forza dipende anche<br />

dall’importanza che per noi ha avuto la<br />

situazione in cui l’odore è stato percepito<br />

e, se ci soffermiamo a riflettere, forse<br />

possiamo riuscire a ricostruire quell’antico<br />

legame e capire così qualcosa di più<br />

su noi stessi.<br />

Infatti, a chi non è capitato di avvertire<br />

casualmente un profumo e sentirsi<br />

immediatamente trasportare nel<br />

passato Magari l’odore degli alberi di<br />

un parco vi ha fatto tornare in mente<br />

il cortile dove giocavate da bambini e,<br />

come per incanto, vi tornano in mente<br />

ricordi ed episodi che credevate sepolti<br />

per sempre. Le immagini che affiorano<br />

alla memoria, oltre ad essere ricche di<br />

particolari, saranno accompagnate da<br />

forti reazioni emotive, che rispecchieranno<br />

gli stati d’animo di allora.<br />

Facilmente, quindi, i profumi evocatori<br />

di libertà avranno sull’organismo<br />

un effetto de-stressante, quelli che ricordano<br />

la famiglia saranno rassicuranti,<br />

mentre gli odori che si accompagnano<br />

ad esperienze spiacevoli, reati violenti,<br />

arresti, carcere, rigetti ecc. susciteranno<br />

sentimenti d’avversione, ansia, rabbia e<br />

disagio.<br />

Si tratta di un processo di condizionamento<br />

che scaturisce dalla relazione<br />

che in passato c’è stata tra quel particolare<br />

stimolo olfattivo e l’evento che c’è<br />

capitato nella nostra vita.<br />

Questo significa che se riceviamo<br />

un “rigetto” dal Tribunale, ed in quel<br />

mentre avvertiamo un forte profumo di<br />

tabacco, magari perché qualcuno lì intorno<br />

si è appena acceso un sigaro, in<br />

futuro, l’odore del tabacco riprodurrà<br />

in noi la stessa sensazione d’angoscia e<br />

di sofferenza. Ma la cosa importante è<br />

carte<strong>Bollate</strong> 11<br />

che spesso, non si ha la consapevolezza<br />

di questo. Può quindi accadere che una<br />

condizione emotiva, buona o cattiva,<br />

sia attribuita a persone o eventi esterni<br />

quando, in realtà, è stata suscitata semplicemente<br />

da un odore.<br />

Magari ci troviamo in sezione, o ai<br />

passeggi, con una persona che vediamo<br />

per la prima volta e, sentendo odore di<br />

tabacco, iniziamo ad avvertire una sensazione<br />

spiacevole, di malessere, ma senza<br />

sapere il perché. Saremo allora portati<br />

a credere che la persona che in quel momento<br />

c’è accanto sia antipatica, o sgradita<br />

la voce che ascoltiamo, o indigesto<br />

il cibo che stiamo mangiando… attribuendo<br />

erroneamente all’ambiente che<br />

ci circonda emozioni e sensazioni che<br />

niente hanno a che vedere con questi.<br />

E’ perché l’odore del tabacco ci ha<br />

ricondotto con forza ad un collegamento<br />

associativo che ci siamo persi, quello<br />

del “rigetto” del Tribunale.<br />

F. P.


IN OCCASIONE DELLE FESTE NATALIZIE<br />

IL MAGISTRATO GUIDO BRAMBILLA<br />

INCONTRA 100 DETENUTI DI BOLLATE<br />

I compiti del magistrato di sorveglianza<br />

Il magistrato di sorveglianza vigila sull’organizzazione degli istituti di<br />

sorveglianza e di pena e prospetta al ministro le esigenze dei vari servizi, con<br />

particolare riguardo all’attuazione del trattamento rieducativo. Vigila che il<br />

detenuto sia trattato in conformità delle leggi e dei regolamenti, interviene<br />

quando si ravvedono elementi che non rispettano i diritti della persona detenuta.<br />

Provvede su permessi, licenze e alternative carcerarie. Provvede sulla riduzione<br />

della pena per la liberazione anticipata e sulla remissione del debito.<br />

Il magistrato di sorveglianza deve offrire a tutti i detenuti la possibilità di<br />

entrare in contatto con lui con periodici colloqui individuali, dando la possibilità<br />

al detenuto di presentare personalmente eventuali istanze o reclami orali. Visita i<br />

locali dove vivono i detenuti.<br />

Per una persona ristretta, incontrare il<br />

magistrato di sorveglianza dovrebbe<br />

essere usuale. Invece è una rarità. perciò<br />

quando questo accade, come avvenuto a<br />

<strong>Bollate</strong>, crea fra la popolazione carceraria<br />

vivo interesse.<br />

L’occasione dell’incontro è stato reso<br />

possibile dalla vicedirettrice, Mimma<br />

Buccoliero e dall’educatore del terzo<br />

reparto, Orlando Carbone. E così,<br />

cento detenuti si sono trovati nell’area<br />

trattamentale a discutere con<br />

il magistrato di sorveglianza Guido<br />

Brambilla.<br />

Il magistrato, dopo aver fatto gli<br />

auguri a tutta la popolazione carceraria,<br />

ha iniziato la sua prolusione con<br />

una frase che ci fa capire la necessità<br />

di credere in noi stessi: “Ricordatevi<br />

che voi siete molto di più di quello che<br />

avete fatto”.<br />

Un approccio certamente non<br />

scontato e che dimostra grande apertura<br />

nei nostri confronti. Ma il magistrato<br />

è andato oltre, ha riconosciuto<br />

i ritardi della magistratura riguardante<br />

istanze e liberazione anticipata<br />

sottolineando, però, che la magistratura<br />

di soverveglianza di Milano sta, seppur<br />

lentamente, cambiando.<br />

In futuro - secondo il dottor Brambilla<br />

- il magistrato di sorveglianza opererà<br />

per istituto e non più per lettera<br />

alfabetica, come avviene attualmente. In<br />

questo modo avremo il magistrato di<br />

sorveglianza che opererà a <strong>Bollate</strong>, quello<br />

di San Vittore, Opera, ecc. Questa nuova<br />

organizzazione - sempre secondo il magistrato<br />

- consentirà a magistrati e detenuti<br />

di conoscersi meglio. Naturalmente tutto<br />

questo sarà possibile se la magistratura<br />

potrà disporre di un adeguato organico<br />

così da poter assolvere al meglio ai suoi<br />

compiti.<br />

Questo dell’organico è certamente<br />

problema importante perché per noi<br />

detenuti è vitale la figura del magistrato<br />

di sorveglianza. Attualmente, proprio per<br />

la carenza degli organici, il magistrato è<br />

costretto a centellinare la sua presenza<br />

nelle carceri con la conseguenza di non<br />

conoscere la persona detenuta e l’impossibilità<br />

di vigilare sul rispetto dei loro<br />

diritti.<br />

Con la nuova organizzazione, i tempi<br />

carte<strong>Bollate</strong> 12<br />

di reinserimento della persona detenuta<br />

dovrebbero accorciarsi.<br />

Il dibattito che è seguito all’intervento<br />

del dottor Guido Brambilla, ha coinvolto<br />

numerosi detenuti. In tanti si sono lamentati<br />

per l’attesa dei giorni della liberazione<br />

anticipata (le persone detenute che hanno<br />

avuto un buon comportamento e non<br />

hanno ricevuto sanzioni disciplinari, gli<br />

sono riconosciuti tre mesi l’anno di liberazione<br />

anticipata).<br />

Facile immaginare l’importanza del<br />

provvedimento che comporta non solo<br />

una diminuzione della pena, ma anche<br />

l’accesso ai benefici previsti per ottenere<br />

l’alternativa al carcere.<br />

Su questo grosso problema, il magistrato<br />

ha fatto presente l’enormità dei<br />

fascicoli esistenti in tribunale che riguardano<br />

le istanze di liberazione anticipata.<br />

Per velocizzare l’iter burocratico si usano i<br />

computer con la centralizzazione dei dati<br />

Ebbene, molto candidamente, il dottor<br />

Guido Brambilla risponde che si fa tutto a<br />

mano, con la penna perché le risorse<br />

finanziarie destinate agli uffici sono<br />

insufficienti.<br />

Questa è l’ennesima prova della<br />

scarsa considerazione che ha lo Stato<br />

per i suoi dipendenti e per le persone<br />

ristrette.<br />

E l’amnistia-indulto<br />

La risposta del dottor Brambilla<br />

non si presta ad equivoci: “Lo Stato<br />

dovrebbe fare dei passi verso l’amnistia-indulto,<br />

come atto di clemenza.<br />

Voi vivete in un’area felice rispetto<br />

a tanti altri istituti dove il sovraffollamento<br />

è un problema serio per<br />

la vivibilità delle persone. Spero che<br />

questo atto di clemenza sia concesso al<br />

più presto”.<br />

Come sappiamo, poi le cose non<br />

sono andate così. Nelle carceri ci sono<br />

state proteste e anche a <strong>Bollate</strong> i detenuti<br />

hanno rifiutato per due giorni consecutivi<br />

il vitto del carrello. Il dibattito prosegue<br />

con domande da una parte molto pertinenti<br />

e dall’altra con domande di carattere<br />

personale. Nel primo caso, ad esempio, la<br />

domanda sulla cosiddetta legge Cirielli.<br />

Nel secondo caso si arriva al punto di<br />

assediare il magistrato con domande che


iguardano posizioni personali. In questo<br />

modo il dibattito perde spessore e diminuisce<br />

l’interesse del presenti.<br />

Riteniamo comprensibile, naturalmente,<br />

il comportamento delle persone<br />

che hanno avanzato richieste personali<br />

proprio perché non sempre è possibile<br />

poter avere un confronto con i magistrati.<br />

E a questo proposito c’è una buona notizia.<br />

Gennaro Sanarica, cuoco alla Staccata,<br />

è riuscito ad ottenere il suo primo<br />

permesso premio di 12 ore, dopo diversi<br />

anni trascorsi dietro le sbarre.<br />

Questo grazie al dottor Guido Brambilla<br />

che è riuscito a districare una matassa<br />

burocratica complicata, concedendo ad<br />

una persona 12 ore di libertà. Dodici ore<br />

di vita.<br />

Francesco Ironico<br />

Come affrontare<br />

il carcere<br />

Parto dal presupposto che in carcere ci<br />

sono venuto di mia spontanea volontà;<br />

per intenderci mi sono costituito, quindi<br />

cosciente di dover pagare il mio debito.<br />

Decidere di perdere il libero arbitrio non<br />

è cosa semplice da tollerare.<br />

È sempre un trauma, ma sicuramente<br />

lo è di meno per coloro che vi sono stati<br />

tradotti contro la propria volontà.<br />

Se non altro perché si è presa coscienza<br />

d’aver commesso degli errori e quindi è giusto<br />

dover pagare. Soprattutto, non bisogna<br />

far atrofizzare il cervello, quindi bisogna<br />

risolvere due importanti problemi:<br />

1° - Come far trascorrere il tempo. Lavorare,<br />

se si può, leggere, scrivere o lavorare<br />

di fantasia per inventarsi qualcosa da fare<br />

durante la giornata.<br />

2° -Sopravvivere psicologicamente al carcere.<br />

Nella stragrande maggioranza dei casi,<br />

ci viene in aiuto la nostra natura di esseri<br />

umani perché vi sono mali e sventure atroci,<br />

cui non osiamo pensare; se ci capita, però,<br />

di inciamparvi, scopriamo in noi risorse che<br />

ignoriamo di avere e ce la caviamo meglio di<br />

quanto avremmo sperato. Purtroppo ci sono<br />

alcuni che questa capacità non la possiedono<br />

e, allora, soccombono.<br />

A. C.<br />

GLI STUDI<br />

DI KARL MARX<br />

Karl crebbe, per così dire, nell’ovatta.<br />

Senza preoccupazioni e pensieri, in un<br />

cordiale rapporto con i genitori. La vita<br />

dei Marx era quella di una grande, armonica<br />

famiglia, soprattutto dopo che, nel<br />

1819, il padre aveva acquistato a Treviri, in<br />

Simeonstrasse 8, una casa dove la famiglia<br />

si trasferì.<br />

Dall’inverno 1830 all’estate del 1835,<br />

Karl frequentò a Treviri l’ex ginnasio dei<br />

gesuiti, diventato il nuovo ginnasio prussiano<br />

(Friedrich Wilhelm).<br />

Lo dirigeva lo storico e pedagogista<br />

Johann Hugo Wyttenbach (1767-1848),<br />

liberale, seguace del grande filosofo tedesco<br />

Immanuel Kant. Molto stimato dalla popolazione,<br />

lo era assai meno dal governo per<br />

essere stato, in gioventù simpatizzante dei<br />

giacobini, l’ala più avanzata della Rivoluzione<br />

francese. I temi dell’esame di maturità,<br />

conseguita il 25 agosto 1835, sono i primi<br />

documenti scritti che esistono di Marx. Il<br />

tema di tedesco - “Considerazioni di un<br />

giovane in occasione della scelta di una professione”<br />

- riflette idee correnti dell’illuminismo<br />

borghese e contiene argomenti talora<br />

analoghi a quelli che si trovano nel sistema<br />

della dottrina morale (1798) del filosofo<br />

idealista tedesco Johann G. Fiche.<br />

La destinazione dell’uomo non è tanto<br />

una brillante posizione sociale, quanto un<br />

impegno a lavorare attivamente per l’umanità<br />

e a tendere verso la perfezione morale. Di<br />

spirito illuministico per le posizioni genericamente<br />

laiche che sostiene, è anche il tema<br />

di religione - “L’unione dei credenti con<br />

Cristo secondo il Vangelo di Giovanni” -.<br />

La religione vi è fatta coincidere con l’etica,<br />

con l’esercizio della virtù. Marx, come si<br />

vede anche dalle vicende della conversione<br />

del padre, non aveva una vera tradizione<br />

religiosa familiare. Nulla di più di un<br />

adempimento scolastico degli studi classici<br />

è il saggio di composizione latina basato sul<br />

quesito se il principato di Augusto possa a<br />

buon diritto annoverarsi tra le età più felici<br />

dello Stato romano. C’erano già idee politiche<br />

liberali in questo giovanissimo Marx<br />

Sarebbe azzardato affermarlo, sebbene dopo<br />

l’esame di maturità egli ostentatamente trascurasse<br />

la tradizionale visita di concedo al<br />

professore di latinoVitus Loers. Questi, noto<br />

per le sue convinzioni reazionarie, aveva il<br />

compito preciso di controllare le posizioni<br />

carte<strong>Bollate</strong> 13<br />

politiche dei suoi allievi. Tumultuose idee<br />

nuove nacquero invece a Marx durante<br />

il periodo universitario, quando, prima a<br />

Bonn dall’ottobre 1835 a luglio 1836, poi<br />

a Berlino dall’autunno 1836 al marzo 1841,<br />

avrebbe dovuto, per desiderio del padre,<br />

dedicarsi alla giurisprudenza.<br />

Sono anni piuttosto avventurosi. A Bonn<br />

il suo piano di studio è fondato su materie<br />

giuridiche, ma comprende anche corsi di<br />

mitologia e letteratura greco-romana e storia<br />

dell’arte moderna tenuti da August von<br />

Schlegel (1767-1845), Un grande nome<br />

del movimento romantico. Marx fa parte di<br />

un’associazione di giovani poeti che hanno<br />

l’abitudine di riunirsi per comporre canzoni<br />

rivoluzionarie.<br />

È arrestato per ubriachezza e schiamazzi<br />

notturni, è coinvolto nella pratica dei duelli,<br />

abituale presso le associazioni studentesche<br />

e subisce, perciò, anche un’inchiesta per<br />

detenzione di armi vietate. A Berlino segue<br />

le lezioni di Karl von Savigny (1779-1861),<br />

esponente della scuola storica del diritto<br />

d’indirizzo reazionario, e quelle del liberale<br />

Eduard Gans (1797-1839) sulla legislazione<br />

prussiana. Passa però serate e nottate<br />

in birreria, discutendo di filosofia con i<br />

coetanei del cosiddetto Club dei dottori,<br />

un gruppo di giovani intellettuali allievi di<br />

Georg Wilhelm Friedrich Hegel, il grande<br />

caposcuola dell’idealismo. Essi però criticavano<br />

il maestro da sinistra, da posizioni<br />

liberaleggianti. C’erano, fra questi studiosi,<br />

personaggi che avranno nome e futuro. Vi<br />

troviamo anzitutto Friedrich Engels, discendente<br />

da una famiglia di industriali tessili di<br />

Barman, nella Prussia renana settentrionale,<br />

che di lì a poco sarà pure lui a Berlino, in<br />

servizio militare, e nel 1844 diventerà il<br />

grande amico di Marx. Proprio lui descrisse<br />

questi giovani hegeliani in un poema satirico<br />

del 1842, “Il trionfo della fede”.<br />

C’erano nel gruppo, scrive Engels, Bruno<br />

Bauer “con un diavoletto alle spalle che<br />

gli insegna come deve mettere alle strette i<br />

teologi”; l’anarchico Max Stirner che grida<br />

“via i regolamenti, via le leggi”; il materialista<br />

e critico della religione Ludwig Feuerbach<br />

(1804-1872) per il quale “la sola verità dei<br />

sacramenti” cristiani dell’eucarestia e del<br />

battesimo è “mangiare, bere e fare il bagno”.<br />

E c’era, appunto, “un tipo nero di Treviri”,<br />

Karl Marx, “che imperversa pieno di furore,<br />

come se volesse afferrare l’ampia volta celeste<br />

e tirarla sulla terra”.<br />

a cura di Diego Manzella<br />

(2 - continua)


I “BURLONI” DELL’ART. 21<br />

E L’AZIENDA TRANVIARIA MILANESE<br />

Al quinto reparto, nel nostro carcere, sono<br />

“ospitati” i cosiddetti art. 21, detenuti che<br />

vanno a lavorare fuori e alla sera rientrano.<br />

Ad alcuni di loro non è concesso di usare mezzi<br />

propri per andare al lavoro e rientrare la<br />

sera, quindi sono obbligati ad usare i mezzi<br />

pubblici con un tragitto studiato; tutto questo<br />

comporta disagi e tempi di percorrenza abnormi.<br />

A questa situazione già di per sé antipatica,<br />

si va ad aggiungere una tracotanza della<br />

Pubblica amministrazione riguardo ai mezzi<br />

usati e che sono gli unici a disposizione.<br />

A tale proposito, pubblico due simpatiche<br />

lettere che una coppia di detenuti “burloni”<br />

ha inviato all’Atm milanese senza peraltro<br />

avere nessuna risposta in merito.<br />

F.P.<br />

Spett. Azienda Trasporti Municipali<br />

A.T.M. Milano<br />

Ufficio Relazioni Clienti<br />

Alla cortese attenzione dott. Luigi Foieni<br />

Gentilissimo dottore,<br />

siamo a disturbarLa per fare presente<br />

un particolare, riguardante naturalmente<br />

l’Azienda da Lei rappresentata in questa<br />

sede.<br />

Da circa tre mesi, e più precisamente,<br />

dal giorno di lunedì 12 settembre 2005,<br />

usufruiamo giornalmente del servizio, volendolo<br />

chiamare così, della linea tranviaria<br />

n. 19.<br />

Insieme ad amici saliamo, sulla predetta<br />

linea, a Roserio, al mattino alle ore 7,45<br />

fino a Milano centro, dopo un tragitto della<br />

durata di circa quaranta minuti e alla sera<br />

con percorso, naturalmente inverso, alle ore<br />

18.20, con arrivo a Roserio intorno alle ore<br />

19.30, ancora peggiore, per quanto possa<br />

apparire impossibile, del precedente.<br />

Dalla data sopraccitata, abbiamo sempre<br />

usufruito di un servizio di serie inferiore<br />

rispetto alla normalità, in quanto le carrozze<br />

di questa linea sono sempre di vecchio modello,<br />

se non addirittura “preistorico” nell’universo<br />

dei trasporti pubblici ed in particolare<br />

proprio nel segmento tranviario.<br />

Come a Lei è sicuramente ben noto,<br />

la scomodità di queste carrozze è assoluta,<br />

le panche sono in legno, le carrozze sono<br />

rumorosissime, il riscaldamento inesistente<br />

e siamo convinti che gli ammortizzatori<br />

fossero, ai tempi di costruzione, ancora<br />

una lontana, se non impossibile, utopia. Le<br />

possiamo assicurare che per chi come noi<br />

ha già problemi alla schiena o peggio, non<br />

è proprio la migliore terapia consigliabile<br />

ma neanche per qualsiasi tipo di eventuali<br />

patologie.<br />

La cosa comunque più fastidiosa è incrociare<br />

altri tram, verdi per esempio, che<br />

al confronto dei “nostri” ci appaiono come<br />

astronavi e che noi guardiamo con occhi<br />

colmi di lacrime per l’invidia.<br />

Ben conosciamo, intendiamo Lei e chi<br />

scrive, il confort di questi magnifici mezzi,<br />

il quale utilizzo costa, all’utente del servizio,<br />

esattamente quanto il nostro, e sapere questo<br />

ci comporterà sicuramente, nel breve,<br />

anche danni psichici irreversibili.<br />

Al di là delle battute e di qualsiasi inutile<br />

e sterile polemica, Lei ha già perfettamente<br />

intuito e capito il significato del nostro disappunto,<br />

chiaramente la soluzione non sta<br />

a noi, ma a chi legge.<br />

Noi potremmo semplicemente propor-<br />

Le, però siamo troppo coinvolti per essere<br />

obbiettivi, di dimezzare il costo del biglietto,<br />

giusto per non farci sentire clienti di<br />

serie B, oppure, come logico, e crediamo<br />

doveroso, inserire nuove carrozze, non necessariamente<br />

dell’ultimissima generazione,<br />

sarebbe troppo, anche su questa linea, un<br />

po’ “dimenticata”.<br />

Non siamo a tediarLa con gli infiniti<br />

ritardi serali, con persone paganti letteralmente<br />

appese alle portiere che non riescono<br />

a chiudersi, che tanto ricordano film cult<br />

degli anni Ottanta, (intendiamo Fantozzi,<br />

tanto per essere chiari ) sarebbe troppo, per<br />

ora, restiamo comunque in attesa di una<br />

Sua gentile, e speriamo veloce, risposta e Le<br />

porgiamo, unitamente ai nostri sfortunati<br />

compagni dei deliziosi e confortevoli viaggi<br />

che Atm giornalmente ci mette, tanto carinamente,<br />

a nostra disposizione, i nostri<br />

migliori e più distinti saluti.<br />

Lettera firmata<br />

Milano, 3 dicembre 2005<br />

Dopo l’invio di questa lettera, non avendo<br />

ricevuto alcuna risposta in merito, i “burloni”<br />

ne inviano un’altra:<br />

Gentilissimo dottore,<br />

eccoci nuovamente a disturbarLa con le<br />

carte<strong>Bollate</strong> 14<br />

nostre, forse per Lei, buffe richieste e quesiti.<br />

Uno di noi due, grazie a Lei, ha potuto<br />

vincere una bella scommessa, infatti l’altro,<br />

il perdente, aveva scommesso sulla Sua correttezza<br />

e sulla credibilità dell’Azienda che<br />

Lei rappresenta.<br />

Come ben sa, Lei non si è tuttora degnato,<br />

incredibilmente, di farci pervenire<br />

alcuna risposta al nostro fax di sabato 3 dicembre<br />

2005.<br />

Forse per Lei è normale visto che l’Azienda<br />

è a carattere di Pubblico Servizio e il Suo<br />

ufficio in particolare, probabilmente è un<br />

grande vuoto che riceve fax a Suo insindacabile<br />

e mobilissimo giudizio, da riciclare<br />

come carta usata.<br />

Le possiamo assicurare, in tutta sincerità,<br />

che avevamo pensato che una metropoli<br />

importante, che noi amiamo veramente,<br />

avesse un servizio pubblico all’altezza e posasse<br />

le proprie basi su addetti e funzionari<br />

corretti, seri e disponibili verso gli utenti<br />

ma, naturalmente, i risultati, i Suoi risultati,<br />

ci hanno dato torto.<br />

È assolutamente palese che a differenza<br />

di chi opera all’interno di aziende private<br />

soprattutto con mansioni di responsabilità<br />

se non addirittura di assoluta autonomia,<br />

come gli scriventi, la Sua è una posizione<br />

di forza dall’alto della quale non si è persino<br />

degnato di rispondere con un semplice<br />

ed elegante diniego, ma forse è pretendere<br />

troppo, è questione di stile e correttezza.<br />

Bene, al di là di fin troppe facili critiche,<br />

dalle quali preferiamo astenerci, però,<br />

vista la nostra esperienza ci permettiamo<br />

di sconsigliarla vivamente di scommettere<br />

sulla correttezza e sull’efficienza di alcuni<br />

servizi dei quali, peraltro, il nostro stimato<br />

Primo Cittadino, a noi molto caro, si è reso<br />

garante, è una scommessa persa, ma noi, comunque,<br />

non ci aspettavamo nulla di più.<br />

Dato che noi, invece, unitamente a molti<br />

altri individui che formano una certa parte<br />

di utenza, siamo persone educate, corrette e<br />

sicuramente ottimi professionisti, all’interno<br />

dei nostri ambiti lavorativi, Le inviamo i<br />

nostri migliori e più distinti Saluti.<br />

Lettera firmata<br />

Milano, 15 dicembre 2005<br />

Questa è una realtà appena fuori dal carcere,<br />

ognuno di noi, da ciò, tragga le dovute<br />

considerazioni.


AD UN DETENUTO DI BOLLATE<br />

MUORE LA MADRE, MA LUI NON HA IL<br />

PERMESSO DI<br />

VEDERLA NÈ VIVA NÈ MORTA<br />

Per la popolazione carceraria, nessun<br />

atto di clemenza. Lo ha deciso il Parlamento.<br />

Nessuna considerazione umana<br />

per un detenuto del primo reparto di<br />

<strong>Bollate</strong>, Luciano G., 53 anni, incensurato,<br />

prima di essere condannato, nel<br />

2002, a sei anni per bancarotta.<br />

Luciano sta espiando la pena nel<br />

carcere di <strong>Bollate</strong>, dove tutte le persone<br />

ristrette vorrebbero scontare la propria<br />

pena, per la vivibilità e la considerazione<br />

umana che l'istituto riserva ai detenuti,<br />

rispettando l'art. 27 della Costituzione<br />

Italiana che recita: "Le pene non possono<br />

consistere in trattamenti contrari al senso<br />

di umanità e devono tendere alla rieducazione<br />

del condannato".<br />

Fatta questa premessa, lasciamo parlare<br />

Luciano:<br />

“Mercoledì 11 <strong>gennaio</strong>, sono chiamato<br />

dalla matricola ed informato delle gravi<br />

condizioni di mia madre.<br />

“Il personale mi permette di compilare<br />

il modello 30 dell’Ordinamento penitenziario,<br />

che consiste nella richiesta al magistrato<br />

di sorveglianza di un permesso per<br />

potere vedere la mamma da viva”.<br />

Infatti, l'art. 30 dell'Ordinamento<br />

penitenziario recita: "Nel caso di imminente<br />

pericolo di vita di un familiare, alla<br />

persona detenuta può essere concesso dal<br />

magistrato di sorveglianza il permesso di<br />

recarsi a visitare, con le cautele previste dal<br />

regolamento, l'infermo".<br />

La notizia della gravità della salute<br />

della madre, viene dal Policlinico<br />

di Milano. Luciano attende di ricevere<br />

quell’atto "dovuto" da parte del magistrato<br />

di sorveglianza. Giovedì alle 5,30,<br />

la mamma di Luciano muore.<br />

È il cappellano del Policlinico che<br />

avvisa don Antonio, cappellano del carcere<br />

di <strong>Bollate</strong>. Alle 17 dello stesso<br />

giorno, don Antonio informa Luciano<br />

dandogli conforto spirituale. Dicono a<br />

Luciano che il giorno seguente sarebbe<br />

arrivato il permesso che avrebbe dato<br />

l'opportunità di vedere per l'ultima volta<br />

la propria madre deceduta.<br />

Il giorno seguente, venerdì, alle ore<br />

15,30, gli agenti chiudono in cella i<br />

detenuti per effettuare la conta. Luciano<br />

si rifiuta di entrare nella propria cella<br />

chiedendo di parlare con il comandante<br />

o la direttrice, dal momento che nessuno<br />

è in grado d'informarlo riguardo il<br />

permesso.<br />

Il capo reparto provvede a farlo<br />

accompagnare dalla direttrice.<br />

“Incontro la dottoressa Lucia Castellano<br />

che, dopo avermi fatto le condoglianze, si<br />

adopera facendo il possibile affinché potessi<br />

vedere mia madre da morta. Purtroppo<br />

non mi è stato possibile vedere mia madre<br />

né da viva né da morta. Sabato alle 14,<br />

sono informato che è giunto un permesso<br />

di 3 ore. Il funerale era stato fatto alle 10,<br />

perciò sono accompagnato al loculo dove<br />

riposa mia madre. Ho pregato affinché<br />

mi desse la forza per andare avanti. Non<br />

auguro a nessuno di provare la sofferenza<br />

che continuo a portarmi dentro”.<br />

Il carcere è un luogo che stimola<br />

la riflessione. Ci siamo chiesti a cosa è<br />

dovuto, per quale ragione deve accadere<br />

un fatto che non tiene conto dei valori<br />

umani che sono universali.<br />

Luciano non è un detenuto pericoloso,<br />

si evince dalla natura del crimine<br />

commesso (bancarotta), ha espiato 4<br />

anni di detenzione, ne mancano due,<br />

perciò è nei termini consentiti dalla<br />

legge per usufruire benefici, quali permessi-<br />

premio e alternative carcerarie.<br />

Ad oggi non gli è stato concesso alcun<br />

beneficio pur avendo tenuto, in questo<br />

periodo di detenzione, un comportamento<br />

di buona condotta.<br />

Ci rivolgiamo al magistrato di sorveglianza<br />

con una domanda: perché, non<br />

ha permesso ad una persona di vedere<br />

per l'ultima volta la propria madre<br />

Siamo consapevoli che la legge affida<br />

a lei la decisione in merito e le chiediamo<br />

ancora perché ha negato ad una<br />

persona di vedere la propria madre per<br />

l'ultima volta.<br />

Vorremmo proprio ricevere una<br />

risposta.<br />

F. I<br />

carte<strong>Bollate</strong> 15


IL PARLAMENTO ITALIANO CONTINUA<br />

A GIOCARE CON I SENTIMENTI<br />

E LE ASPETTATIVE DEI DETENUTI<br />

Per l’ennesima volta si è parlato di<br />

amnistia accompagnata da indulto e<br />

come sempre si sono illuse le persone<br />

detenute.<br />

Oggi, nei penitenziari italiani, le persone<br />

detenute recidive sono una buona<br />

parte. Pertanto il beneficio ancora una<br />

volta avrebbe giovato, più che altro, a<br />

salvaguardare qualche politico che non ha<br />

ancora fruito della prescrizione del reato.<br />

Non si riesce a capire queste esclusioni.<br />

Perché chi è recidivo non ha diritto<br />

a nessun sconto di pena Se viene<br />

commesso un reato nel quinquennio,<br />

automaticamente il beneficio è revocato<br />

sia all’incensurato che al recidivo; pertanto<br />

a cosa servono questi emendamenti<br />

repressivi nei confronti di una categoria<br />

di detenuti Nell’ascoltare attentamente<br />

gli interventi dei vari parlamentari, ho<br />

avuto modo di constatare quanto la Lega<br />

Nord sia attenta a salvaguardare i cittadini<br />

dalla massa di delinquenti che il provvedimento,<br />

secondo loro, avrebbe rimesso<br />

in circolazione. È stato ripetuto sino alla<br />

nausea che ci deve essere la certezza della<br />

pena; una persona condannata in via<br />

definitiva, deve scontare la sua condanna<br />

senza che un condono oppure una amnistia,<br />

la cancelli.<br />

Perché l’onorevole Umberto Bossi non<br />

getta alle ortiche l’immunità parlamentare<br />

e rifiutando la condizionale, che è un<br />

beneficio, si presenta con grande dignità<br />

in un carcere per scontare la sua condanna<br />

a otto mesi (pena definitiva), sentenziata<br />

per le tangenti Enimont Anche il suo<br />

delfino, Roberto Maroni, per non essere<br />

da meno, si presenti a scontare i quattro<br />

mesi inflitti per resistenza a pubblico<br />

ufficiale.<br />

Non voglio menzionare gli altri ventuno<br />

onorevoli condannati, perciò pregiudicati,<br />

che siedono nel Parlamento italiano<br />

e in quello europeo.<br />

Quello che mi stupisce del nostro bel<br />

Paese, sono i modi di amministrare le<br />

leggi. Se una persona qualunque commette<br />

un reato, è un delinquente e viene<br />

espulso dai pubblici uffici per un periodo<br />

prestabilito, a volte anche perpetuo, mentre<br />

un politico che commette un reato<br />

rimane sempre un onorevole, oppure uno<br />

stimato senatore. Loro sono immuni alle<br />

nuove tentazioni che li porterebbero alla<br />

recidività. Non esiste nessun rischio che<br />

possano continuare a delinquere prendento<br />

tangenti.<br />

Il sovraffollamento delle carceri è una<br />

triste realtà, ma presto risolvibile. Secondo<br />

il ministro Roberto Castelli, basterebbe<br />

costruire nuove carceri. E quelle<br />

decine di carceri nuove già costruite e mai<br />

entrate in funzione Tutta Italia le ha viste<br />

nel programma satirico Striscia la notizia.<br />

A cosa sono servite Forse a dare alloggio<br />

a dei cittadini senza una dimora come<br />

è successo in Campania, concedendogli<br />

addirittura la residenza e l’allacciamento<br />

all’energia elettrica<br />

Oppure a riempire le tasche di qualche<br />

zelante politico che doveva tappare<br />

qualche buco con la voce “costruzioni<br />

carceri”<br />

Quelle patrie galere sono costate ai<br />

contribuenti centinaia di miliardi delle<br />

carte<strong>Bollate</strong> 16<br />

vecchie lire e come molte opere murarie<br />

italiane “incompiute”, restano alla mercè<br />

dei vandali e abbandonate al degrado.<br />

Ora mi domando: perché la magistratura<br />

che è sempre così attenta non<br />

indaga su chi ha ordinato l’edificazione di<br />

quegli istituti di pena Per quale assurdo<br />

motivo sono rimaste vuote, quando in<br />

molti penitenziari del territorio alloggiano<br />

anche otto persone in una cella di tre<br />

metri per due in condizioni di vita disumane<br />

Non è un reato spendere i soldi dei<br />

contribuenti per far gioire i vandali<br />

Questi signori che vengono chiamati<br />

onorevoli, sono coloro che approfittano<br />

della fiducia che il popolo ha riposto in<br />

loro per proporre, fare e disfare leggi che<br />

calzano esclusivamente al fabbisogno, per<br />

essere assolti dagli intrallazzi che durano<br />

da una vita.<br />

Non rimarrei certo stupito se un<br />

domani al Parlamento ci fosse un partito<br />

capitanato da un altro leader storico. . .<br />

Totò Reiina.<br />

Mario Curtone


INCHIESTA<br />

MA COME VIVONO GLI AGENTI<br />

ALLOGGI, LONTANANZA DA CASA, CARO VITA.<br />

QUESTI I PROBLEMI CHE DENUNCIANO GLI AGENTI<br />

DELLA POLIZIA PENITENZIARIA DI BOLLATE<br />

Reparto Staccata<br />

Agente scelto<br />

Mariano Bennati<br />

Ho il piacere di lavorare<br />

al reparto staccata da<br />

quattro anni. Ho scelto<br />

questo lavoro perché "giù<br />

al Nord" non c'è molta<br />

scelta. Quindi arruolarsi<br />

diventa una scelta obbligata.<br />

Devo dire che il tempo<br />

mi ha fatto innamorare<br />

del lavoro. Oggi mi dedico<br />

con zelo e passione, perciò,<br />

questo lavoro a me piace.<br />

A <strong>Bollate</strong> non esistono carichi esagerati<br />

di lavoro che svolgiamo nella normalità.<br />

Vivo a Milano con la famiglia, quindi<br />

non ho problemi di lontananza o di<br />

alloggio.<br />

Per ciò che riguarda il progetto Sex<br />

offender, il reparto che li ospita è gestito<br />

dalla Staccata, perciò, svolgo il mio<br />

servizio anche nel loro reparto. Queste<br />

sono persone che hanno commesso reati<br />

particolari, però cerco di lavorarci con<br />

deontologia e zelo, perché essere inseriti<br />

in questo progetto, è stata una loro scelta;<br />

questo, significa che hanno riconosciuto<br />

il reato, perciò sono persone bisognose<br />

di essere aiutati, e, vanno aiutati affinché<br />

Per migliorare la conoscenza di coloro che lavorano in questo istituto, carte<strong>Bollate</strong><br />

ha svolto un’inchiesta fra gli agenti di Polizia penitenziaria di <strong>Bollate</strong>.<br />

L’abbiamo fatto perché vogliamo capire quali sono i loro problemi, vogliamo<br />

fare conoscere a tutti i lettori il pensiero di alcuni di loro. Abbiamo parlato del<br />

perché della loro scelta di lavoro, sugli orari del servizio, sulla lontananza dalla<br />

loro terra d’origine, sulle difficoltà economiche che incontrano, sulla carenza<br />

degli alloggi. E, tutti, ci hanno fatto conoscere il loro pensiero sui Sex offender<br />

e su questo istituto.<br />

La redazione di carte<strong>Bollate</strong> ringrazia il corpo di Polizia penitenziaria e chi<br />

ci ha agevolato per portare a termine questa inchiesta. Un primo passo per un<br />

rapporto nuovo che vogliamo instaurare con gli agenti che fanno parte di questa<br />

comunità, una comunità che noi vogliamo raccontare.<br />

possano essere recuperati.<br />

Il rapporto con le persone detenute<br />

al reparto Staccata è ottimo. Noi ci<br />

limitiamo a mettere in atto quanto recita<br />

l'Ordinamento penitenziario. Questo ci<br />

permette di svolgere il nostro lavoro in<br />

perfetta armonia nel rispetto dei ruoli.<br />

Reparto Conti Correnti<br />

Agente scelto Sebastiano Ponzio<br />

Sono arrivato alla scelta di questo lavoro<br />

vincendo un concorso pubblico, dopo<br />

averne fatti tanti.<br />

Lo Stato sancisce la pena a chi viola<br />

la legge. Il compito della Polizia penitenziaria,<br />

è quello di rappresentare lo Stato,<br />

garantendo la sicurezza della persona e<br />

la corretta applicazione dell'Ordinamento<br />

penitenziario.<br />

Nel rapporto con il detenuto, può<br />

accadere d'instaurare un rapporto di amicizia<br />

nel rispetto dei ruoli.<br />

Sono a Milano da nove anni. Milano è<br />

una grande metropoli, capitale industriale<br />

economica, con un alto tenore di vita,<br />

una città molto cara. L'arrivo dell'euro, ha<br />

peggiorato la situazione economica, quindi<br />

con fatica si raggiunge la fine del mese.<br />

Questo lavoro, impone la lontananza dalla<br />

famiglia, visto che circa il 95% proviene<br />

dal centro o Sud Italia. Noi viviamo in<br />

una grande caserma abitativa, moderna ed<br />

accogliente. Però, il problema degli alloggi<br />

carte<strong>Bollate</strong> 17<br />

esiste. Penso che<br />

l'amministrazione<br />

penitenziaria,<br />

in concerto con<br />

gli Enti locali, si<br />

dovrebbe preoccupare<br />

di realizzare<br />

nuovi alloggi per<br />

la Polizia penitenziaria,<br />

evitando la<br />

creazione di cooperative<br />

che non<br />

reputo affidabili.<br />

Nel nostro<br />

istituto funziona con efficienza l'ufficio<br />

programmazione e servizi. A volte per<br />

mancanza di personale, si eccede negli<br />

straordinari e raramente in doppi turni.<br />

Riguardo i Sex offender, la mia impressione<br />

è molto positiva.<br />

La II Casa di reclusione di Milano-<br />

<strong>Bollate</strong>, funziona meglio di altri Istituti.<br />

Le persone detenute, possiamo dire<br />

che sono privilegiate, perciò l'ambiente è<br />

adatto a portare a termine con successo il<br />

progetto.<br />

Il rapporto tra agente e detenuto, non<br />

è sempre facile. Rispetto al passato, il<br />

detenuto è cambiato, perciò bisogna dare<br />

l'opportunità, finalizzata al reinserimento<br />

sociale. Sono convinto che l'istituto di


<strong>Bollate</strong> può essere di esempio ad altri istituti<br />

sparsi nel nostro bel Paese.<br />

Reparto Infermeria<br />

Agente Martino Boccardi<br />

Terminati gli studi di maturità, ho<br />

cominciato a svolgere diverse attività lavorative<br />

senza ottenere risultati soddisfacenti,<br />

fino a quando sono partito per il servizio<br />

di leva, allora obbligatorio. L’ho svolto in<br />

questo corpo, maturando interessi nell'ambito<br />

lavorativo professionale.<br />

Nonostante la lontananza dalla mia<br />

città di origine, i rapporti con la famiglia<br />

sono rimasti solidi e quelli con gli amici,<br />

si sono rafforzati.<br />

Pur vivendo in una città come Milano,<br />

il problema economico, è attenuato dal<br />

fatto che abbiamo a disposizione alloggi<br />

che l'amministrazione fornisce.<br />

Nel reparto infermeria, dove sono assegnato,<br />

esiste un problema di orario. Il<br />

personale è carente, perciò siamo costretti<br />

a raddoppiare i turni - notturni - a prestare<br />

ore straordinarie ogni giorno, senza<br />

potersi concedere riposi per non creare<br />

disservizio.<br />

Il rapporto con i detenuti è discreto,<br />

a volte difficile. Il reparto infermeria è<br />

diverso dagli altri. Il nostro rapporto,<br />

avviene con le persone detenute bisognose<br />

di cure mediche, perciò le loro condizioni<br />

necessitano attenzione e pazienza. Posso<br />

dire che quasi sempre riusciamo a risolvere<br />

qualsiasi tipo di problema.<br />

È un buon progetto, quello che riguarda<br />

il recupero dei detenuti Sex offender.<br />

Questi, soffrono di gravi manìe ossessive,<br />

quindi hanno bisogno di essere seguiti con<br />

attenzione professionale da parte di un<br />

équipe specializzata che permetta il loro<br />

reinserimento.<br />

Sono convinto che vanno aiutati a non<br />

farli ricadere, una volta espletata la pena,<br />

nello stesso reato. Dando il nostro contributo,<br />

diamo un servizio alla società.<br />

Concludo dicendo che a mio parere<br />

questo istituto è abbastanza "avanzato"<br />

per permettere l'inserimento di chi ha<br />

sbagliato nei confronti della società. Sono<br />

convinto che l'esperienza e la professionalità<br />

della direzione e del personale della<br />

Polizia penitenziaria, porterà ad aumentare<br />

la percentuale delle persone detenute<br />

recuperate.<br />

Penso che attualmente questo istituto<br />

sia in fase di evoluzione e di continua<br />

crescita.<br />

Reparto Conti Correnti<br />

Capo reparto Domenico Di Feo<br />

Ho 43 anni e da 21 sono nel corpo<br />

della Polizia penitenziaria. Pugliese di origine,<br />

ho fatto domanda per entrare nella<br />

Polizia penitenziaria, domanda accettata<br />

un anno dopo. Allora portavamo le stellette<br />

in quanto militari.<br />

La situazione economica in cui verso,<br />

non è delle migliori di conseguenza al mio<br />

nucleo familiare, formato da mia moglie e<br />

tre figli che frequentano le scuole superiori.<br />

Essendo l'unico a tirare avanti la baracca,<br />

si possono immaginare quali sacrifici<br />

devo fare per far studiare i miei figli e<br />

raggiungere dignitosamente la fine del<br />

mese. Aggiungo che l'ufficio in cui lavoro,<br />

non sono consentite ore straordinarie che,<br />

sinceramente, a me farebbero comodo.<br />

Inoltre, l'entrata dell'euro ha peggiorato<br />

la situazione. Per fortuna non pago affitto,<br />

giacché vivo in alloggio di mia proprietà<br />

pagando un mutuo.<br />

Il progetto che riguarda il recupero dei<br />

Sex offender, ha portato molta attenzione,<br />

tra di noi, spesso se ne parla. Personalmente<br />

non ho mai giudicato una persona<br />

carte<strong>Bollate</strong> 18<br />

detenuta per i reati commessi. Questi<br />

hanno commesso reati particolari, perciò,<br />

il progetto per il recupero, attraverso il<br />

passaggio nei reparti comuni è ambizioso.<br />

Questo lo indica il fatto che in Italia,<br />

si sta sperimentando per la prima volta a<br />

<strong>Bollate</strong>. Comunque, il nostro compito è<br />

quello di vigilare ed assecondare la riuscita<br />

di questo progetto innovativo.<br />

Con il detenuto, nel rispetto dei ruoli,<br />

è indispensabile dare la dovuta considerazione<br />

che va data ad una persona umana.<br />

Il nostro ufficio, offre un servizio a tutta la<br />

popolazione carceraria di <strong>Bollate</strong>. Il nostro<br />

compito, lo svolgiamo con attenzione e<br />

premura, anche se qualche disguido può<br />

avvenire come in tutte le cose.<br />

Reparto Quarto<br />

Ispettore Nicola Grieco<br />

La mia partecipazione al concorso, nel<br />

corpo della polizia penitenziaria, avvenne<br />

per caso, quando ancora dovevo conseguire<br />

la laurea. In quel tempo avevo un vaga idea<br />

di cosa fosse e come funzionasse il carcere.<br />

In seguito ho conseguito la laurea in giurisprudenza,<br />

svolgendo una tesi in diritto<br />

del lavoro e specificatamente sul lavoro<br />

penitenziario.<br />

Ho 28 anni, ho acquistato con mutuo<br />

una casa, superando difficoltà economiche,<br />

limitando le spese al necessario, poiché<br />

Milano è una città dove il caro vita si fa<br />

sentire, più che in altre città. Quindi è<br />

necessario adeguare il proprio livello di vita<br />

allo stipendio che reputo ottimo, rispetto<br />

al settore privato. In una città quale<br />

Milano posso dire di cavarmela in quanto<br />

singly, mentre la situazione economica si<br />

complicherebbe, se dovessi mantenere una<br />

famiglia. Sono di origine pugliese, perciò<br />

come la maggior parte di chi ha fatto questa<br />

scelta lavorativa, sono costretto a vivere<br />

lontano dai miei genitori che vedo ogni tre<br />

mesi. Naturalmente se dovessi sposarmi e<br />

formare un mia famiglia, il problema non<br />

si porrebbe, poiché ho deciso nel limite del<br />

possibile di vivere il mio futuro a Milano,<br />

avendo acquistato un appartamento. Sappiamo<br />

che a Milano come in ogni grande<br />

area urbana, esiste il problema degli alloggi.<br />

A <strong>Bollate</strong>, diversamente da altri istituti<br />

penitenziari, c’è una caserma nuova che<br />

permette al personale di rimanere alloggiato<br />

per lunghi periodi. Inoltre ci sono degli<br />

alloggi demaniali adiacenti all’istituto, che<br />

vengono assegnati in base ad una graduatoria.<br />

Esiste anche una graduatoria stilata<br />

dalla Prefettura su base provinciale, per


l’attribuzione di alloggi a cui concorrono<br />

tutte le forze dell’ordine . Inoltre sono a<br />

conoscenza di proposte avanzate da alcuni<br />

sindacalisti, per costituire una cooperativa<br />

edilizia. Possiamo dire in linea generale che<br />

il problema degli alloggi, è attenuato.<br />

Anche da noi esiste la carenza di personale,<br />

perciò si è obbligati ad ore straordinarie<br />

e doppi turni che devono essere visti<br />

come un fatto eccezionale e seriamente<br />

motivato.<br />

Il progetto sex offender, ci porta un<br />

esperienza importante e innovativa. Noi<br />

operatori, per dovere professionale dobbiamo<br />

guardare senza pregiudizi a tale tipologia<br />

di detenuti. Avendo riguardo, non<br />

lavoro. In questo istituto, il rapporto tra<br />

agente e detenuto è complesso. Questo<br />

deve essere graduato in relazione al tipo<br />

di reparto, dove un agente può essere più<br />

indicato di un altro. Da noi è importante<br />

l’elemento dell’osservazione e della prevenzione.<br />

Sarebbe opportuno lo svolgimento<br />

di corsi specifici per rendere gli agenti<br />

consapevoli delle finalità e dei metodi da<br />

usare durante lo svolgimento del proprio<br />

lavoro. Fa da sfondo a ciò, la necessità di<br />

garantire la sicurezza ed essere dotati di<br />

efficaci strumenti per prevenire e reprimere<br />

le condotte illecite.<br />

Sono convinto che l’istituto stia diventando<br />

sempre più un esperimento di custodia<br />

attenuata. Questo è positivo, però<br />

va perseguito attuando sempre le dovute<br />

misure di sicurezza, valutando sempre in<br />

maniera obbiettiva i traguardi da perseguire,<br />

nonché avere a disposizione un organico<br />

di polizia adeguato nel numero e nella<br />

sostanza. Questo non sempre è stato fatto.<br />

provvedere all'acquisto di una casa, allora<br />

il problema economico si farà sentire.<br />

Attualmente sono libera, perciò mi adatto<br />

alla situazione. Sono a conoscenza del progetto<br />

Sex offender.<br />

Come donna mi sento interiormente<br />

toccata da questo tipo di reato che non<br />

può lasciarmi indifferente.<br />

Aggiungo che non è mia abitudine<br />

giudicare i detenuti per i reati commessi,<br />

anche se questi non sono tutti uguali;<br />

ognuno di loro è una persona diversa con<br />

la propria personalità ed è questa la cosa<br />

che va considerata: la personalità.<br />

Sappiamo che a <strong>Bollate</strong> si sta sperimentando<br />

per la prima volta un progetto che<br />

alla natura del reato, ma alle loro carenze.<br />

Perciò il trattamento a questi detenuti è<br />

tracciato da una equipe specializzato.<br />

Più complessa diventa la loro collocazione<br />

nei reparti comuni, di conseguenza<br />

alla cultura carceraria, portata a rifiutare<br />

tali persone. Questa cultura vigente, noi<br />

operatori non possiamo accettarla, poiché<br />

significherebbe la sconfitta del nostro<br />

Movimento Contabile<br />

Agente scelto Germana Ferilli<br />

Ho 32 anni, sono nubile e vivo in<br />

caserma. Mi sono sentita attratta da un<br />

mondo tutto nuovo e tutto da scoprire, per<br />

questo ho scelto questo lavoro. Aggiungo<br />

che di concorsi per trovare un impiego ne<br />

avevo fatti diversi.<br />

A Milano le mie entrate economiche<br />

mi permettono di vivere senza particolari<br />

problemi.<br />

Posso permettermi di frequentare una<br />

palestra ed andare al ristorante o al teatro<br />

quando lo desidero. Vivo a Milano da<br />

quattro anni e mezzo, penso spesso al<br />

mio futuro, quando avrò la possibilità di<br />

formarmi una famiglia e di conseguenza<br />

QUALIFICA<br />

STIPENDIO<br />

AGENTE 1.201,86<br />

AGENTE SCELTO 1.255,84<br />

ASSISTENTE 1.316,85<br />

ASSISTENTE CAPO 1.383,61<br />

VICE SOVRINTENDENTE 1.435,01<br />

SOVRINTENDENTE 1.472,43<br />

SOVRINTENDENTE CAPO 1.585,32<br />

VICE ISPETTORE 1.527,42<br />

ISPETTORE 1.571,04<br />

ISPETTORE CAPO 1.621,63<br />

ISPETTORE SUPERIORE 1.689,00<br />

Le cifre s’intendono nette senza scatti, straordinari e altri emolumenti.<br />

dovrebbe portare al recupero sociale chi ha<br />

commessa crimini sessuali.<br />

Vedremo cosa accadrà quando sarà<br />

deciso il loro trasferimento nei reparti<br />

comuni e quale sarà il rapporto tra detenuti<br />

in generale. Questo sarà importante<br />

per appurare il successo o il fallimento del<br />

progetto.<br />

Mi auguro un risultato positivo, affinché<br />

il loro reinserimento sociale non provochi<br />

traumi umani.<br />

Questo istituto ha una popolazione<br />

carceraria diversificata, nel senso che ospita<br />

detenuti che devono scontare 6 mesi<br />

e quelli che devono scontare 20 anni. A<br />

questo aggiungiamo che la maggioranza è<br />

extracomunitaria con una notevole presenza<br />

di tossicodipendenti e alcolisti e ultimamente<br />

si sono aggiunti i Sex offender.<br />

È considerevole come la direzione riesca<br />

a gestire di una popolazione così eterogenea.<br />

testimonianze raccolte da<br />

Mario Curtone<br />

Francesco Ironico<br />

carte<strong>Bollate</strong> 19


Claudio<br />

Per quanto concerne la prima<br />

domanda, io sento di non aver commesso<br />

nessun reato perché praticamente<br />

le banche hanno fatto fallire<br />

la mia azienda e di conseguenza non<br />

credo di avere particolari colpe.<br />

Per quanto riguarda gli altri miei<br />

colleghi carcerati, non sono in grado<br />

di giudicarli e non li giudicherò mai.<br />

Come non li giudicavo quando<br />

ero fuori, non li giudico adesso che<br />

sono dentro; bisogna avere la testa<br />

per pensare a se stessi.<br />

Ma se parliamo dei Sex offender,<br />

diciamo che questo reato è una cosa<br />

talmente meschina che non ci sono<br />

parole per definirlo.<br />

Queste persone hanno diritto di<br />

vivere anche loro, di venire in Chiesa<br />

- che è la casa di tutti - però, se li<br />

mettono nei reparti comuni, non so<br />

fino a che punto sono favorevole sia<br />

per loro che per chi deve sopportarli.<br />

Franco<br />

Penso che giudicare…<br />

no assolutamente come non<br />

va bene uniformare tutti i<br />

reati; è un' ingiustizia anche<br />

questa.<br />

Ci sono persone che<br />

hanno commesso reati<br />

molto lievi e, a parer mio,<br />

sono comunque diverse. Il<br />

mio pensiero riguardo ai Sex<br />

offender, quando ero ancora<br />

fuori, era più severo. In<br />

carcere sono cambiato; nel<br />

vedere "l'animale in cattività"<br />

mi sono ammorbidito.<br />

Se da fuori avrei detto<br />

sicuramente "sono da punire<br />

severamente"; adesso<br />

da qui, a vederli in questa<br />

situazione, sono diventato<br />

più riflessivo. Se poi venissi<br />

toccato personalmente io<br />

o la mia famiglia… sarebbe<br />

tutto diverso. Penso che<br />

il programma che stanno<br />

seguendo sia una cosa interessante<br />

e comunque un<br />

Forum in redazione sui Sex offender<br />

PARLIAMONE, DUNQUE<br />

tentativo valido di reinserimento e<br />

l'équipe è molto preparata anche se<br />

non assicura la riuscita.<br />

Per concludere, devo aggiungere<br />

che qui dentro c'è comunque una<br />

cultura del branco e delle bande,<br />

quindi non c'è una libertà vera di<br />

pensiero su queste persone perché<br />

c'è una grossa pressione da parte di<br />

tutti.<br />

Francesco<br />

Io non vorrei giudicarli, però non<br />

mi va di essere obbligato a stare con<br />

loro. In verità non li posso vedere<br />

specialmente quelli che hanno violentato<br />

i bambini.<br />

Ma scherziamo Un bambino non<br />

si può difendere<br />

Carla Chiappini: va bene ma<br />

c'è chi pensa che anche vendere la<br />

droga a un bambino è un reato molto<br />

grave<br />

Francesco: la droga ai bambini…<br />

però non è la stessa cosa; io con la<br />

droga mica gioco, mica ti obbligo,<br />

vieni tu e compri, mica te la devi<br />

prende per forza, io non vado ad<br />

obbligare un bambino.<br />

Mario<br />

Il reato in se stesso è difficile da<br />

accettare, Come non è accettabile<br />

il reato commesso da chi scippa un<br />

anziano che ha appena ritirato la pensione;<br />

secondo la mia opinione sono<br />

reati molto gravi che vanno giudicati<br />

in ugual misura. Rifacendomi a ciò<br />

che ha detto Francesco; il ragazzino<br />

è indifeso davanti ad un adulto, ma<br />

anche la vecchietta si trova in una<br />

posizione di inferiorità verso chi la<br />

sta rapinando, persone che hanno<br />

commesso questa tipologia di reato<br />

ne abbiamo molti nelle sezioni e vengono<br />

accettati.<br />

Forse perché non sono stato toccato<br />

personalmente, ma contro i Sex<br />

offender non ho nessun risentimento,<br />

li ritengo detenuti come altri,<br />

molto ammalati, che hanno bisogno<br />

di terapie particolari, io non sono uno<br />

Il carcere sembra respingere qualsiasi respiro di libertà.<br />

E persino l'espressione autentica di idee e opinioni risulta frenata e trattenuta<br />

entro regole non scritte ma comunque presenti e ben radicate nell'ambiente e<br />

nelle persone.<br />

Nella redazione di carte<strong>Bollate</strong>, poi, si è osato non poco il giorno in cui il<br />

direttore Adriano Todaro ha proposto un libero confronto sui cosiddetti "Sex<br />

offenders" ovvero persone condannate per reati sessuali. Chiunque abbia avuto<br />

a che fare, in modo non superficiale, con qualsiasi istituto penale, sa molto bene<br />

che ovunque nel nostro Paese questa tipologia di detenuti viene "protetta" dagli<br />

altri e chiusa in apposite sezioni per evitare che subisca discriminazioni o addirittura<br />

atti di violenza.<br />

Ora nella Casa di reclusione di Milano-<strong>Bollate</strong> si sta sperimentando un progetto<br />

che prevede il graduale inserimento di circa una ventina di "Sex offenders"<br />

nelle sezioni comuni così come già spiegato in modo esauriente nello scorso<br />

numero del giornale.<br />

Dobbiamo francamente ammettere che il primo tentativo di discussione era<br />

andato piuttosto male e il dibattito aveva faticato parecchio a decollare.<br />

La seconda volta ci siamo mossi entro i confini precisi di due domande fisse,<br />

cioè identiche per tutti:<br />

A tuo avviso può una persona che si è macchiata di un reato erigersi a<br />

giudice di altri condannati<br />

Quando eri un uomo libero cosa pensavi di queste persone Quali sentimenti<br />

avevi nei loro confronti<br />

carte<strong>Bollate</strong> 20


psicologo per giudicare se l’impatto<br />

con altri detenuti, diciamo normali,<br />

possa giovare al loro reinserimento,<br />

mi riservo comunque dei dubbi.<br />

Anch’io ho una cultura che mi<br />

impone di tenere le distanze, ma<br />

riflettendoci penso che se nella cella<br />

di fianco vive uno di loro non mi<br />

interessa.<br />

Comunque vige un mentalità<br />

carceraria piena di contraddizioni:<br />

abbiamo il vicino di branda oppure<br />

di cella che è un delatore “solo per<br />

un suo vantaggio va ha raccontare<br />

cose non vere”, e tutti pur sapendolo<br />

non dicono niente. Tuttora molti<br />

esponenti della malavita obbligano le<br />

loro donne e non solo, a prostituirsi.<br />

“Cosa nostra” che sono italiani emigrati<br />

in America, hanno costruito le<br />

loro fortune sulla prostituzione, di<br />

loro tutti parlano con rispetto e ora ci<br />

scandalizziamo per uno stupratore.<br />

Carla: una cosa che non hai detto,<br />

è se tu ti senti di dover esprimere dei<br />

giudizi rispetto alla vita degli altri.<br />

Mario: assolutamente no! Non<br />

esprimo giudizi perché anch’io ho<br />

commesso reati, di un’altra indole,<br />

però siamo tutti qui per scontare una<br />

pena senza rendercela più difficile.<br />

Roberto<br />

Io torno a ripetere quello che ho<br />

detto l'altro giorno; cioè che questi<br />

cristiani qua li manderei all'ospedale.<br />

Questo non è il posto per curarli<br />

e noi qui non possiamo essere di nessun<br />

aiuto per loro.<br />

Sono convinto che ritorneranno<br />

fuori e ricommetteranno lo stesso<br />

reato, sicuramente.<br />

Così come la maggior parte dei<br />

magistrati ha paura che anche ognuno<br />

di noi se si trova fuori, "in mezzo<br />

una strada" vada a reiterare il reato.<br />

D'altro canto, se io sono fuori,<br />

sono in difficoltà e non ho niente da<br />

mangiare, che cosa devo fare<br />

L'opportunità non mi è stata data,<br />

cosa posso fare Faccio morire i miei<br />

figli di fame No!, io vado a commettere<br />

lo stesso tipo di reato di prima.<br />

Così questi che hanno un altro<br />

tipo di reato nella testa vanno a commettere<br />

lo stesso tipo di reato perché<br />

sono malati e questa malattia non<br />

gli passa; forse siamo un po' malati<br />

anche noi…<br />

Se io non sono ammalato, vado<br />

in chiesa, vado a chiedere l'elemosina,<br />

ma il reato non lo faccio; invece<br />

anch’io ho qualcosa che non va perché<br />

non voglio chiedere mai niente a<br />

nessuno.<br />

Così la ragiono io…<br />

Carla: tu, comunque, da solo con<br />

te stesso, pensi di poter esprimere un<br />

giudizio su queste persone<br />

Roberto: ma io li giudico relativamente<br />

così come giudico me stesso;<br />

se ho commesso il mio reato dentro<br />

di me c'è qualcosa che non va e so<br />

che dentro di loro c'è un'altra cosa<br />

che non va, e non si può aggiustare;<br />

non esiste che vengano messi in una<br />

sezione comune, questi la malattia ce<br />

l'hanno nel Dna.<br />

Libero<br />

Io penso che la maggioranza dei<br />

reati è commessa per tornaconto e<br />

per denaro, mentre, nel caso dei<br />

Sex offender, è la natura che non è<br />

stata generosa con loro; bisogna aver<br />

pazienza e far in modo che questa<br />

malattia si evolva.<br />

Da soli non hanno la possibilità<br />

di uscirne. Io penso che sono stati<br />

sfortunati; avrei potuto avere anch'io<br />

questa predisposizione, ringrazio Dio<br />

che non ce l'ho.<br />

Ho un bambino ancora piccolo<br />

e questa è una malattia odiosa però<br />

qualcuno se ne deve occupare; poi<br />

noi stessi che speriamo nei condoni,<br />

che vogliamo ritornare nella società,<br />

dobbiamo renderci conto che hanno<br />

già ricevuto un giudizio e dobbiamo<br />

rispettarlo.<br />

Se li giudichiamo ancora vuol dire<br />

che prevarichiamo le istituzioni che<br />

noi stessi come cittadini abbiamo<br />

delegato a giudicare. Ho sempre pensato<br />

così anche prima di entrare qua<br />

dentro.<br />

Antonio<br />

Per quanto riguarda la prima<br />

domanda, io non ho mai giudicato<br />

nessuno neanche prima di entrare<br />

in carcere perché fa parte della mia<br />

educazione; i miei genitori mi hanno<br />

insegnato che prima devo imparare a<br />

giudicare me stesso e dopo a giudicare<br />

gli altri ed è già una cosa difficile<br />

giudicare se stessi!<br />

Per quanto riguarda il fatto che<br />

carte<strong>Bollate</strong> 21<br />

loro, i Sex offender siano inseriti tra<br />

noi, dico che questo è un tipo di<br />

reato duro da digerire così come ce<br />

ne sono tanti altri, ma è un reato che<br />

anche fuori mi faceva schifo.<br />

Però noi dobbiamo considerare<br />

anche una cosa; viviamo in un luogo<br />

dove non abbiamo la facoltà del libero<br />

arbitrio e questo vuol dire che non<br />

possiamo decidere quello che possiamo<br />

fare e quello che non vogliamo<br />

fare, quello che dobbiamo accettare e<br />

quello che non dobbiamo accettare e<br />

questa è la nostra pena.<br />

Se mettono in reparto uno di loro,<br />

certamente non andrò a trovarlo in<br />

cella e certamente non gli rivolgerò<br />

la parola, però non è che posso fare<br />

più di tanto.<br />

Certo non mi piace l'idea di averlo<br />

vicino, perché è un tipo di reato che<br />

oltretutto non riesco proprio a capire.<br />

Qui non chiedo mai a nessuno che<br />

cosa ha fatto perché non mi interessa<br />

saperlo; io ti giudico solo da come<br />

tu ti comporti con me, e tu mi devi<br />

giudicare da come io mi comporto<br />

nei tuoi confronti.<br />

Così facevo anche fuori. È chiaro<br />

che, quando ero libero, se avessi<br />

saputo di uno che ha violentato o<br />

scippato una vecchietta, avrei preferito<br />

stargli lontano ma qui non ho<br />

questa facoltà.<br />

Andreas<br />

Secondo me non si dovrebbero<br />

mai giudicare le persone e, anche<br />

se non è sempre facile, provo a non<br />

farlo. Ognuno ha il diritto di sbagliare<br />

e merita una chance per riabilitarsi.<br />

In questo specifico discorso entra<br />

per me un ragionamento abbastanza<br />

facile.<br />

Alla fine usciamo tutti e io preferisco<br />

se le nostre mogli e figli incontreranno<br />

uno che ha fatto il percorso<br />

qui da noi piuttosto di uno che non<br />

l'ha fatto, vedendo che pone meno<br />

rischi di commettere lo stesso reato<br />

un'altra volta.<br />

Pensavo così già prima del mio<br />

arresto e non intendo cambiare opinione<br />

solo perché sono in galera.<br />

Direi quasi che la mia detenzione<br />

ha ancora rinforzato questa opinione.<br />

dibattito coordinato da<br />

Carla Chiappini


IMMIGRAZIONE<br />

I VIAGGI DELLA SPERANZA<br />

DEI CITTADINI DI SERIE B<br />

Cherkaoui Redouane ci spiega<br />

come funzionano e quanto costano<br />

Il carcere è quanto di più brutto possa<br />

capitare. Uccide il valore più grande<br />

della vita, la libertà. Anche la cosa più<br />

brutta può farti capire cose che non avresti<br />

mai capito.<br />

Vivere in spazi ristretti, ti obbliga a<br />

conoscere persone che col passare delle<br />

ore, dei giorni, dei mesi e degli anni,<br />

riesci a comprendere il valore umano di<br />

queste persone accomunati.<br />

In una intervista fatta alla direttrice<br />

Lucia Castellano, a proposito dei detenuti<br />

stranieri, la stessa denunciava che i<br />

detenuti clandestini erano “cittadini di<br />

serie B”.<br />

E così continuava: “A me piacerebbe<br />

imparare le loro tradizioni, la loro cultura”.<br />

Queste parole avevano risvegliato in<br />

me la voglia di conoscere maggiormente<br />

le esperienze fatte da queste persone,<br />

conoscere i motivi, le difficoltà incontrati<br />

nel cercare di approdare in Italia alla<br />

ricerca di un domani migliore.<br />

Il carcere mi ha fatto convivere con il<br />

dottor Cherkaoui Redouane, marocchino,<br />

detenuto del terzo reparto, il quale<br />

si adopera come volontario allo Sportello<br />

giuridico per aiutare la comunità detenuta<br />

straniera che non ha possibilità di<br />

difendersi giuridicamente.<br />

La redazione di carte<strong>Bollate</strong>, è situata a<br />

fianco allo Sportello giuridico, perciò mi<br />

capita di parlare spesso con Redouane dei<br />

cittadini di seri "B", alla quale, oltre agli<br />

immigrati clandestini, appartiene tutta la<br />

popolazione carceraria mondiale, senza<br />

distinzione di razza, di pelle o di religione.<br />

Approfittando di questa conoscenza,<br />

chiedo a Redouane di descrivermi un<br />

“viaggio”.<br />

“Penso di conoscere il fenomeno<br />

dell'immigrazione clandestina - dice<br />

Redouane - e spiegherò ai lettori di carte<strong>Bollate</strong><br />

come, quando, e perché avviene.<br />

“Una delle ragione che spiega bene la<br />

riproduzione dell'immigrazione irregolare<br />

è la conseguente difficoltà ed impossibilità<br />

dei governi nordafricani nell'impedirla.<br />

“Essa è diventata il prodotto di una<br />

vera e propria mobilitazione sociale.<br />

Come vedremo in seguito, si tratta di<br />

una valvola di sfogo rispetto a ogni forma<br />

di frustrazione, di insoddisfazione e di<br />

rivolta provocate da situazioni di degrado<br />

assai gravi, vissute come insopportabili.<br />

I cittadini appartenenti ai tre Paesi del<br />

Magreb, (Marocco, Tunisia e l'Algeria)<br />

hanno la stessa cultura, le stesse usanze<br />

ed i medesimi costumi, praticamente il<br />

problema dell'immigrazione è simile per<br />

i tre Stati citati.<br />

“Questi, preferiscono questa ‘valvola<br />

di sfogo’ al rischio di rivolte o a quello<br />

della propagazione del fondamentalismo<br />

religioso.<br />

“Così si capisce la crescita poco contrastata<br />

del business sull'immigrazione<br />

clandestina. Il fenomeno riguarda tutti i<br />

Paesi d'emigrazione.<br />

“Ci troviamo di fronte a un vero<br />

e proprio investimento finanziario da<br />

parte delle famiglie e della parentela, a<br />

cui si aggiunge una solidarietà diffusa<br />

e socialmente approvata. Il costo delle<br />

partenze regolari non è inferiore a quello<br />

dell'immigrazione clandestina, anzi<br />

spesso presuppone una spesa più alta<br />

poiché include un forfait per i primi mesi<br />

d'emigrazione.<br />

“Per un clandestino che dal Marocco<br />

deve raggiungere Milano, il viaggio costa<br />

circa 3.000 euro, pressappoco quanto<br />

guadagna in un anno”.<br />

Redouane racconta che esistono altre<br />

forme per raggiungere l’Italia ad esempio<br />

il “matrimonio bianco” che ha un costo<br />

fra i 6 e gli 8 mila euro. Ma in cosa<br />

consiste<br />

“È il classico matrimonio per procura.<br />

Un cittadino del Magreb già residente<br />

in Italia, riesce a trovare persone consenzienti<br />

al cosiddetto matrimonio per<br />

procura.<br />

“Questo sistema è molto richiesto da<br />

chi vuole ottenere la cittadinanza italiana<br />

senza correre i pericoli che comporta<br />

l'immigrazione clandestina. Il problema<br />

è avere la disponibilità finanziaria”.<br />

Redouane continua a raccontare il<br />

viaggio, addentrandosi nei particolari.<br />

“Come dimostrano i fatti, nella maggior<br />

parte dei casi, i tentativi d'emigrazione<br />

clandestina falliscono; perciò il prezzo<br />

per la traversata è rateizzato in due o tre<br />

rate.<br />

“L'ultima rata, può variare in base alla<br />

stagione e alle ‘fluttuazioni’ del mercato.<br />

Tutte le notizie concordano sul fatto che<br />

in questi ultimi anni si e verificato un<br />

continuo aumento del costo dei ‘passaggi’<br />

a causa dell'effetto perverso, tipico di<br />

ogni proibizione.<br />

Tuttavia si riproduce sempre; o stretta<br />

repressiva o allentamento delle maglie.<br />

“Questo paradosso va considerato un<br />

composto del governo e opinione pubblica,<br />

interessato al business della ‘guerra alle<br />

migrazioni’, è, a volte per fare carriera,<br />

oppure per fare lievitare le spese militari e<br />

dalle polizie pubbliche e private. Inoltre,<br />

incontriamo l'interesse degli imprenditori<br />

italiani delle economie sommerse,<br />

bisognosi di manodopera clandestina.<br />

In Italia un lavoratore extracomunitario<br />

oltre a prestarsi ai lavori umili, diventa un<br />

affare in termini economici per il datore<br />

di lavoro.<br />

“L'oscillazione fra stretta repressiva e<br />

allentamento delle maglie è dovuta alle<br />

negoziazioni con i Paesi di immigrazione,<br />

alla congiuntura socio-politica interna e<br />

alla discrezionalità delle polizie. La morsa<br />

si allenta quando i poliziotti devono arrotondare<br />

il loro magro stipendio, oppure<br />

quando lo sfogo migratorio allontana il<br />

rischio di rivolte o di esplosioni fondamentalisti,<br />

ed infine quando si cerca di<br />

alzare il prezzo degli accordi con i Paesi<br />

ricchi che vogliono trasformare i ‘Paesi<br />

terzi’ in una sorta di subappaltatori del<br />

lavoro delle polizie dei Paesi ricchi.<br />

“Harraga - in arabo bruciare - così<br />

sono chiamati quelli che ‘bruciano’ la<br />

frontiera clandestinamente e, a volte,<br />

anche i documenti d'identità quando<br />

arriva la polizia, facendo in questo modo<br />

sparire tracce di provenienza ufficiale,<br />

evitando il rimpatrio.<br />

La polizia sfrutta il business dell'immigrazione<br />

clandestina ‘allentando o strin-<br />

carte<strong>Bollate</strong> 22


gendo le maglie. Reprimono per fare<br />

vedere che stanno svolgendo il loro lavoro<br />

soprattutto quando il governo, a sua<br />

volta, deve dimostrare la propria affidabilità<br />

nel contenimento dell'emigrazione,<br />

ai Paesi europei con cui ha sottoscritto<br />

accordi in proposito.<br />

“La lancia, è il barcone da pesca che<br />

può trasportare fino a trentacinque persone.<br />

La traversata costa 1. 000 euro a testa<br />

per un totale di 30/35 mila euro a viaggio.<br />

I responsabili del commercio umano<br />

clandestino si chiamano passeurs. Questi<br />

stipulano regolari contratti stagionali per<br />

la pesca, affittando le imbarcazioni dai<br />

proprietari. In seguito il passeur cerca un<br />

pilota capace e viene concordato il prezzo<br />

del trasporto.<br />

“Quando la barca è sequestrata o<br />

va persa, il passeur, come da contratto,<br />

la ripaga al proprietario. Il passeur non<br />

viaggia mai. Per cercare ‘un passaggio’ su<br />

una barca è sufficiente andare in uno dei<br />

caffè conosciuti; dove c'è qualcuno pronto<br />

a procurare un posto per partire. Le<br />

voci circolano, i reclutatori sono spesso<br />

persone a cui viene assicurato il viaggio<br />

gratuito se trovano cinque o sei che pagano<br />

il passeur.<br />

“Al caffè si prendono gli accordi e si<br />

paga una parte in anticipo; questo vale<br />

come prenotazione del posto sulla barca.<br />

I candidati alla partenza si fanno vedere<br />

spesso per avere informazione sul giorno<br />

della partenza.<br />

Fissato il giorno e l'ora, al luogo<br />

stabilito si deve arrivare con la massima<br />

discrezione; tutto è avvolto nelle tenebre<br />

dell'attività illecita che è pericolosa per<br />

tutti. Per raggiungere la destinazione,<br />

si marcia per molti chilometri (15-20),<br />

cambiando spesso direzione; chi chiede<br />

informazioni lo fa con gesti senza mai<br />

rivolgere la parola a chi lo guida.<br />

“Al tramonto, finalmente, si raggiunge<br />

la spiaggia e si aspetta che arrivi la<br />

barca che deve fare dei segnali luminosi.<br />

In quel momento si paga il resto”.<br />

Paura di morire in mare<br />

“Sì, certo. Ma la paura si supera una<br />

volta che sei in barca. Per fare il ‘viaggio’<br />

si lavora anche un anno o due, perciò non<br />

possiamo permetterci di farci fermare<br />

dalla paura. Chi non ha un amico all'ambasciata,<br />

non può permettersi un visto,<br />

quindi rimane il mare come l'unica via.<br />

“A questo punto, cosa vuoi che c'importi<br />

della paura”.<br />

Francesco Ironico<br />

VOLONTARIATO IN CARCERE / Il coro<br />

CON CHITARRA E VOCE,<br />

MA SOPRATTUTTO<br />

CON UN SORRISO<br />

coniugi Raffaella e Mario Granata sono<br />

I due volontari che il sabato danno lezione<br />

di canto a circa venti detenuti che<br />

formano il coro della Casa di reclusione<br />

di <strong>Bollate</strong>.<br />

Li abbiamo visti esibirsi in occasione<br />

della messa celebrata a Pasqua dal cardinale<br />

Dionigi Tettamanzi.<br />

Mario alla chitarra e Raffaella a dirigere<br />

i canti, sono presenti, ogni domenica,<br />

alla messa che si celebra nei cinque reparti<br />

dell’istituto.<br />

Mario era tecnico sistemista,<br />

mentre Raffaella<br />

insegnava alle scuole elementari.<br />

Oggi sono pensionati.<br />

Hanno due figlie,<br />

di 23 e 27 anni, quest’ultima<br />

sposata.<br />

Come sono arrivati a<br />

fare volontariato in carcere<br />

Lo spiegano loro stessi<br />

attraverso le parole di Raffaella.<br />

“Da tempo conosciamo<br />

don Antonio Sfondrini,<br />

cappellano del carcere<br />

e, si può dire, da sempre<br />

collaboriamo attivamente in<br />

parrocchia, soprattutto con i<br />

ragazzi dell’oratorio attraverso<br />

attività come giochi,<br />

teatro e canto. L’anno scorso<br />

abbiamo incontrato, per caso, don Antonio,<br />

dopo tanto tempo. . ., ma sarà stato davvero<br />

un caso<br />

“Abbiamo chiaccherato e don Antonio<br />

ci ha parlato della sua esperienza nel carcere<br />

di <strong>Bollate</strong>. Dopo qualche tempo ci ha telefonato<br />

chiedendoci se eravamo disponibili a<br />

formre un coro e animare le messe domenicali<br />

con chitarra e canto.<br />

“Un po’ titubanti abbiamo accettato;<br />

per noi il carcere era un mondo sconosciuto,<br />

tutto da scoprire, anche con qualche pregiudizio,<br />

visto quello che si dice ‘fuori dalle<br />

sbarre’, spesso a sproposito.<br />

“Nell’ottore 2004 è iniziato il nostro<br />

rapporto col carcere di <strong>Bollate</strong>, convinti in<br />

ogni caso di fare un servizio utile e di poter<br />

dare qualcosa.<br />

“Siamo stati ben accolti da tutti i detenuti<br />

incontrati ed abbiamo scoperto che<br />

non sono poi così diversi da noi, soprattutto<br />

abbiamo capito che sono persone, degne,<br />

quindi, di tutta la nostra attenzione. La<br />

cosa importante è che credevamo di dare<br />

qualcosa, invece siamo stati noi a ricevere<br />

tanto!<br />

“Ormai si è instaurto un rapporto di<br />

reciproca simpatia: non importa se a volta<br />

Mario sbaglia un accordo e io “stecco”; l’importante<br />

è questo momento vissuto insieme<br />

che, pur nella sua religiosità, racchiude<br />

molto di più. Il darsi la mano, sorridersi<br />

a vicenda. salutarsi amichevolmente, ci fa<br />

sentire uniti e più ricchi.<br />

“Così, dalla consueta comunità parrocchiale,<br />

ci siamo trovati a far parte di una<br />

comunità forse alternativa, ma in ogni<br />

modo fatta di persone vere, con problemi<br />

più o meno grandi, con un passato che a<br />

volta si vorrebbe dimenticare; ma tanti di<br />

loro hanno dentro una gran forza che li fa<br />

andare avanti, senza mai perdere la dignità<br />

e la speranza”.<br />

Francesco Merolle<br />

carte<strong>Bollate</strong> 23


Gennaro Sanarica, pena complessiva 20<br />

anni, fine pena 2016, è riuscito a dicembre,<br />

ad ottenere un permesso premio<br />

di dodici ore ed è già rientrato felicissimo.<br />

Il fatto di per sé fa pensare che ci sia<br />

una reale svolta nella magistratura di sorveglianza<br />

di Milano, che si sia aperta una<br />

“breccia” nell’usuale e vituperata severità<br />

con la quale sono vagliati i benefici che si<br />

possono ottenere, quando siamo nei termini<br />

di legge.<br />

L’esempio sopra citato n’è la prova.<br />

Il dottor Guido Brambilla, concedendo<br />

questo permesso premio, manda un “messaggio”<br />

benevolo, facendo ben sperare<br />

alle moltitudini di detenuti nell’attesa di<br />

risposte, che vi è un reale impegno nelle<br />

“concessioni” di benefici, senza troppe illusioni,<br />

ma in ogni caso questi fatti sono<br />

un inizio.<br />

La cosa positiva di questa faccenda è<br />

che il dottor Brambilla ha avuto modo di<br />

conoscere il Sanarica, in uno spettacolo<br />

teatrale, qui a <strong>Bollate</strong>, nel teatro del carcere<br />

e di scambiarsi, a fine spettacolo, qualche<br />

parola. Gennaro Sanarica ha poi incontrato<br />

di nuovo il magistrato in occasione del<br />

servizio catering, dove svolge mansioni di<br />

cuoco, scambiandosi nuovamente alcuni<br />

commenti. Ecco, io voglio credere che<br />

questa sia la vera svolta nella magistratura.<br />

Voglio credere ad un rapporto umano che<br />

infranga le barriere cartacee fredde e sterili<br />

delle quali si servono i magistrati per valutarci.<br />

Più volte ho modo di parlare con i<br />

detenuti che richiedono benefici, di persona.<br />

In questo modo nel magistrato si forma<br />

un’opinione più consona, più precisa<br />

del detenuto, con contorni psicologici più<br />

reali. Si crea, così, una reazione empatica<br />

che permette di fare una giusta valutazione<br />

da parte del titubante magistrato. Certo,<br />

questo nei casi, diciamo così, dove vi sono<br />

più perplessità, negli altri dove la chiarezza<br />

è estrema, non ve n’è bisogno.<br />

Il rapporto umano e la parola, oltre ovviamente<br />

alle varie relazioni, è il metodo di<br />

SPIGOLATURE CARCERARIE<br />

di Franco Palazzesi<br />

C’È UNA SVOLTA ALLA<br />

MAGISTRATURA<br />

DI SORVEGLIANZA DI MILANO <br />

giusta valutazione, perché dietro un diniego<br />

di una qualunque richiesta di beneficio<br />

ci sono risvolti umani talvolta drammatici.<br />

Avere la possibilità di esternare il proprio<br />

essere, la propria situazione, i progetti di<br />

vita futura direttamente e guardando negli<br />

occhi chi ha il potere di dire l’ultima parola<br />

su cose così importanti, credo sia doveroso,<br />

un atto di civiltà e d’umanità che il dottor<br />

Brambilla al quale va tutto il nostro riconoscimento<br />

e la nostra simpatia, ha capito.<br />

Resta solo da augurarci che anche gli altri<br />

magistrati di sorveglianza si allineino con<br />

questi parametri seguendo l’esempio del<br />

loro collega. Inoltre, la direzione di questo<br />

carcere, così attenta alle nostre problematiche,<br />

dovrebbe “cavalcare” questa tigre<br />

incoraggiando e promuovendo i rapporti<br />

umani dei detenuti con la magistratura<br />

di sorveglianza, segnalando alla stessa chi<br />

è vicino ai termini per ottenere i benefici,<br />

organizzando colloqui individuali.<br />

Vecchia staccata<br />

“For ever”<br />

Abbiamo preso un “cicchetto”. A darcelo<br />

è stata la direttrice, Lucia Castellano,<br />

nel suo periodico incontro che ha con noi.<br />

La direttrice rimpiange il gruppo di detenuti<br />

che c’era prima alla Staccata, a suo<br />

parere, un gruppo combattivo, attivo, che<br />

ha fatto moltissimo per questo reparto.<br />

Nell’occasione ha anche citato i nomi di<br />

quei “virtuosi” che sono usciti liberanti o<br />

in articolo 21.<br />

La frase, però, più simpatica e colorita<br />

che ha detto, è stata che quel gruppo ha fatto<br />

trovare a noi, attuali abitanti, la “mangiatoia<br />

bassa”, vale a dire che il rimpianto<br />

gruppo ha fatto tutto ciò che c’era da fare<br />

in Staccata. Adesso noi troviamo la “pappa<br />

pronta” e senza quei “cervelli”, alla Staccata,<br />

c’è calma piatta, scarsa o nulla attività.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 24<br />

Prendiamo atto del “cicchetto” e cercheremo<br />

di attivarci perseguendo stimoli<br />

creativi. Accettiamo la critica perché la riteniamo<br />

costruttiva. Pur tuttavia, però, facciamo<br />

presente alla direttrice che la Staccata,<br />

in quel periodo, era “terra di conquista”,<br />

non c’era niente, tutto era da fare e, quindi,<br />

non c’era bisogno di fare grandi sforzi<br />

mentali per decorare le “salette” dei piani o<br />

altro, pur senza nulla togliere ai meriti dei<br />

“vecchi”. Oggi la Staccata è molto diversa.<br />

C’è poco margine operativo, perché tutto<br />

funziona. Oggi c’è una realtà completamente<br />

diversa e i vecchi progetti non sarebbero<br />

più applicabili; ci sono persone con<br />

altre qualità, con altre caratteristiche.<br />

Nessuno o quasi sta con le mani in<br />

mano. Sono state fatte molte cose interessanti,<br />

dal rilancio della biblioteca alla decorazione<br />

delle salette colloqui, dal progetto<br />

per i “trompe-l’oeil”, al gruppo musicale,<br />

alla redazione del giornale con l’attivazione<br />

della segreteria ecc.<br />

Ci sembra pure importante rilevare,<br />

come si deve mantenere attivo e vitale ciò<br />

che già esiste, prima di sperimentare nuovi<br />

progetti.<br />

Il motto che dice: “Squadra che vince<br />

non si cambia”, ci sembra appropriato.<br />

Non cerchiamo, a tutti i costi, il cavillo<br />

dove comunque le cose funzionano.<br />

I bravi ragazzi<br />

della Staccata<br />

In questo numero voglio segnalare l’amico<br />

Giuseppe Preti, 48 anni, padre di una<br />

bimba piccola di quattro anni che vive a<br />

Brescia con la mamma ed aspetta che ritorni<br />

il suo papà.<br />

Egli è in espiazione di pena per reati di<br />

bancarotta risalenti al 1992. Qualche altro<br />

piccolo carico negli anni seguenti, sempre


per illeciti di natura finanziaria, alcune volte<br />

assolto dagli addebiti dopo anche tredici<br />

anni.<br />

Nel 2001 diventa papà dopo 10 anni<br />

d’attesa. Per stare vicino alla famiglia, lascia<br />

il lavoro di rappresentante, ma diventano<br />

definitive le condanne e va in affidamento.<br />

Un’ulteriore condanna lo conduce ad<br />

eccedere i tre anni ed è rinchiuso a Brescia<br />

per alcuni mesi e poi a <strong>Bollate</strong>, inserito alla<br />

Staccata.<br />

Durante gli anni precedenti aveva sviluppato<br />

il desiderio di imparare qualcosa<br />

dagli avvocati che lo avevano seguito. Grazie<br />

alla loro pazienza ed allo studio di codici<br />

e norme, si è potuto, così, inserire allo<br />

Sportello giuridico dove presta la sua opera<br />

volontaria con grande passione.<br />

Per lui tutte le persone sono uguali.<br />

E’ sempre disponibile con tutti, affabile,<br />

simpatico e, se qualche risultato pratico è<br />

ottenuto, è grazie al lavoro che svolge allo<br />

Sportello. Lavora anche all’ufficio-spesa<br />

e anche lì ci mette sempre del suo per risolvere<br />

le piccole contestazioni inerenti al<br />

lavoro.<br />

La calma, il saper parlare, il ragionamento,<br />

sono però le sue doti principali,<br />

qualità che pone al servizio di tutti con<br />

soddisfazione.<br />

Insomma, un altro bel personaggio libero<br />

da condizionamenti e che contribuisce<br />

non poco a mantenere la Staccata vivibile<br />

ed attiva.<br />

Scuola, primo<br />

quadrimestre<br />

Volendo tracciare un bilancio di<br />

questo primo quadrimestre, possiamo<br />

dire di essere soddisfatti.<br />

Tutto funziona, il livello di preparazione<br />

si è innalzato e vi è più attenzione<br />

da parte degli studenti, è stato dato anche<br />

un “contributo economico” a chi<br />

ha frequentato la stessa l’anno scorso e<br />

di questo siamo grati all’amministrazione<br />

perché i sacrifici per poter andare a<br />

scuola sono notevoli anche per noi studenti<br />

che rinunciamo a lavori a tempo<br />

pieno e a spazi personali per arricchire<br />

la nostra preparazione culturale.<br />

Ma la parte del “leone” la fanno i<br />

professori. Sono veramente eccezionali<br />

e si sono fatti voler bene da tutti gli<br />

studenti. Una menzione a parte però<br />

mi sento di farla per il professor Mitrano,<br />

di economia perché ha partecipato<br />

alla “marcia di Natale” a Roma a favore<br />

dell’amnistia. Un esempio concreto di<br />

come può cambiare il pensiero delle<br />

persone sui carcerati dopo che ci hanno<br />

conosciuto, vissuto con noi e capito<br />

le vicissitudini delle nostre vite, la<br />

nostra “normalità”, con la convinzione<br />

che vi è, anche tramite la scuola, l’effettiva<br />

possibilità di un reinserimento<br />

nella vita lavorativa.<br />

E’ stato chiesto alla direzione, da<br />

parte del consiglio dei professori, di<br />

poter partecipare con un parere, ai<br />

provvedimenti disciplinari, trasferimenti,<br />

cambi reparto, che possono<br />

colpire gli studenti, così da dare anche<br />

un significato alle “famose” schede di<br />

valutazione che devono compilare ogni<br />

quadrimestre, con il coinvolgimento<br />

attivo dei professori. Non saranno un<br />

mezzo “sterile” di valutazione, ma un<br />

modo per coinvolgere gli stessi docenti<br />

Le riunioni della<br />

Commissione cultura<br />

Ogni mercoledì, nell’Area trattamentale,<br />

si svolgono gli incontri della Commissione<br />

cultura. Vi partecipano detenuti<br />

sorteggiati dei vari reparti, e membri fissi<br />

come l’associazione Cuminetti, rappresentanti<br />

della scuola, educatori, ed alcune<br />

volte la direttrice o la vicedirettrice.<br />

In questi incontri si parla di varie cose,<br />

dalle comunicazioni sulla vita del carcere,<br />

alle proposte dei vari detenuti rappresentanti<br />

del loro reparto, ad esempio l’installazione<br />

delle lavatrici con essiccatore ai<br />

piani, l’organizzazione di concerti e spettacoli,<br />

il corso sulla memoria.<br />

L’incontro di mercoledì 4 <strong>gennaio</strong><br />

scorso, è stato molto interessante; l’ordine<br />

del giorno era la lamentela generalizzata<br />

sui ritardi delle richieste di liberazione<br />

anticipata, chiusure di sintesi, camere di<br />

consiglio con documentazioni incomplete.<br />

All’incontro ha partecipato la direttrice,<br />

che ha spiegato agli intervenuti com’è<br />

la situazione. Non è un buon momento<br />

quello che sta vivendo il nostro carcere,<br />

ha dichiarato la stessa, siamo tanti, circa<br />

900, le domande sono aumentate a dismisura<br />

e si fatica a stargli dietro; vi sono<br />

al percorso “intramurario” dello studente.<br />

Il giorno 19 dicembre si è svolta, nel<br />

teatro, la festa di fine anno, organizzata<br />

dalla professoressa Fernanda Tucci che<br />

ha curato anche la regia; è stata una<br />

“kermesse” gioiosa ed “intelligente”,<br />

non la solita festicciola “stantia” dove<br />

si pensa solo a mangiare, ma uno spettacolo<br />

vero e proprio con recite, canti<br />

in lingua e addirittura una scena teatrale<br />

tratta dal Boccaccio ben recitato da<br />

un gruppo di detenuti. I professori si<br />

sono “messi in gioco” cantando anche<br />

loro al karaoke tra gli applausi degli<br />

intervenuti, ed alcuni “pezzi” suonati<br />

dal vivo dalla “band della Staccata”<br />

hanno contribuito al buon esito della<br />

manifestazione. La sorpresa più bella<br />

e piacevole, però, è stata la visita dei<br />

professori dell’anno scorso. Tra ricordi<br />

e nostalgia, rincontrarli è stato un “tuffo”<br />

nel passato con la certezza di aver<br />

fatto bene.<br />

reparti come il secondo dove il “turn over”<br />

è continuo e quindi vi è un enorme volume<br />

di lavoro. Il personale è scarso e fa<br />

quello che può. Per poter poi andare più<br />

sullo specifico, è stato chiesto l’intervento<br />

di un volontario dello Sportello giuridico<br />

e dell’avvocato Franco Moro Visconti,<br />

anche lui volontario dello stesso. Sono<br />

state quindi chiarite e spiegate le procedure<br />

operative da tener presente quando<br />

s’inviano le istanze, le aspettative, la composizione<br />

della “relazione di sintesi”, gli<br />

aggiornamenti ecc.<br />

La direttrice auspica che i rappresentanti<br />

della Commissione cultura espongano<br />

nei reparti gli importanti fatti dibattuti;<br />

a tale proposito, vista anche la<br />

complessità dell’argomento, il sottoscritto,<br />

quale rappresentante della Staccata, il<br />

rappresentante dello Sportello giuridico,<br />

Giuseppe Preti – in collaborazione con<br />

l’avvocato Franco Moro Visconti – hanno<br />

organizzato degli incontri, uno per reparto,<br />

per poter adeguatamente spiegare le<br />

procedure e rispondere in generale sulla<br />

situazione odierna tra il carcere di <strong>Bollate</strong><br />

e la magistratura di sorveglianza.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 25


AFFETTIVITÁ/ Il progetto dei bungalow per incontri più<br />

sereni con la propria famiglia<br />

Nel 2001, alcuni detenuti di questo<br />

carcere, si sono attivati con una proposta<br />

di legge riguardo allo scottante tema<br />

dell’affettività; tale proposta corredata da un<br />

progetto operativo ben dettagliato, è tornata<br />

all’attenzione delle autorità, e quindi anche<br />

noi torneremo a discuterne in un convegno<br />

che si terrà con molta probabilità qui a <strong>Bollate</strong><br />

nel mese di marzo alla presenza di varie<br />

personalità ed associazioni interessate all’argomento.<br />

Noi crediamo fortemente in questo<br />

progetto e, ovviamente, speriamo che si<br />

realizzi. D’altronde, se vi sarà la possibilità,<br />

questo carcere con il suo management diventa<br />

l’unica struttura per poter realizzare<br />

questo progetto. Di seguito, alcuni stralci<br />

della proposta.<br />

INTRODUZIONE<br />

Non vi è dubbio alcuno che le persone<br />

private della libertà, necessitano dell’intervento<br />

delle istituzioni per adempiere ad<br />

ogni bisogno; sia esso riferibile alle necessità<br />

sanitarie, alimentari, economiche od<br />

affettive. Ogni esigenza personale (se prevista<br />

nell’ordinamento penitenziario come<br />

un diritto del detenuto), trova o dovrebbe<br />

trovare nelle istituzioni, una risposta o una<br />

procedura capace di rendere una concreta ed<br />

attuabile soluzione.<br />

A <strong>Bollate</strong>, generalmente, questo avviene:<br />

l’istituto, infatti, sta cercando in tutti i modi<br />

di attuare tutto quanto previsto dall’Ordinamento<br />

penitenziario al fine ultimo di rendere<br />

“accettabile e civile” lo stato di detenzione,<br />

cominciando dal lavoro. Spazi adeguati,<br />

sezioni “aperte”, personale di custodia attento<br />

alle esigenze del singolo, considerazione<br />

per la cultura, impegno verso il cosiddetto<br />

percorso di “trattamento individuale”. Con<br />

ovvie lacune, ma con indubbi positivi risultati,<br />

in ogni caso perseguiti in un tracciato<br />

sempre più visibile ed apprezzato. Molti<br />

potrebbero essere i settori d’intervento migliorativo,<br />

ma in queste pagine si vuole soprattutto<br />

investigare e proporre soluzioni ad<br />

una mancanza importante che il legislatore<br />

ha sinora poco considerato e verso la quale<br />

le istituzioni non hanno voluto o potuto<br />

trovare concrete soluzioni: l’affettività delle<br />

persone private della libertà personale.<br />

PROGETTO<br />

Si propone la costruzione, in uno spazio<br />

idoneo ricavato nelle aree di intercinta,<br />

di alcuni bungalow da adibire a locali ove<br />

svolgere permessi-premio di alcune ore. I<br />

bungalow sono strutture considerate “leggere”,<br />

pertanto non necessitano di concessioni<br />

edilizie, ma solo d’autorizzazioni comunali.<br />

Sono unità indipendenti, composte da un<br />

salottino con angolo cottura, un bagno con<br />

servizi, un terrazzo ed un piccolo giardino,<br />

arredato con pochi mobili, nel complesso,<br />

unità dignitose ed accoglienti. I costi per la<br />

realizzazione, sono ridotti; sono realizzabili<br />

in tempi brevissimi.<br />

Un ambiente privo di sbarre interno<br />

L’ipocrisia della definizione “affettività”<br />

di Adriano Sofri<br />

Carcere e sessualità - Che l’amore e il sesso siano vietati, con un peculiare accanimento terapeutico, ai detenuti, e che la questione sia<br />

ancora poco meno che innominabile (se non sotto copertura: affettività…) è una misura esemplare della miseria e dell’ipocrisia della<br />

vita pubblica. Essa sottintende che la sessualità sia un ingrediente marginale e superfluo delle relazioni umane, nell’ipotesi più blanda.<br />

Nella più comune, che sia un vizio dal quale esentare forzatamente coloro i cui corpi sono a disposizione dello Stato. Nella più sottile,<br />

che sia un bisogno essenziale al corpo e all’anima, ma così misconosciuto dall’ipocrisia sovrana che se ne può vietare l’esercizio, così<br />

da torturare corpi umani, e spesso giovani, senza aver l’aria di violare la Convenzione di Ginevra. La mutilazione o la masturbazione<br />

parossistica cui i detenuti sono costretti, lungi dal significare una qualunque degradazione per loro, copre di vergogna le autorità competenti<br />

e la società civile che vi si adatta. Il mondo libero costringe gli animali umani che tiene in gabbia a masturbarsi e ad intontirsi<br />

di “giornalini” e programmi televisivi di infima qualità, e si assicura di non volerli vedere e di non poterne sapere: unica differenza<br />

rispetto alle visitabili gabbie dei poveri gorilla e dei babbuini. Non occorre ricordare che la castità è un’espressione della sessualità<br />

degna come qualsiasi altra, a condizione di essere liberamente scelta. Quando sia imposta (la stessa cosa vale per l’omosessualità, e per<br />

ogni altra predilezione sessuale) è viceversa una forma di tortura e di trattamento degradante.<br />

Da La Nuova Città - Atti del convegno tenutosi a Firenze nel dicembre 2004<br />

carte<strong>Bollate</strong> 26<br />

all’area dell’istituto, ma con caratteristiche<br />

tali da sembrare ai momentanei occupanti<br />

un ambiente finalmente intimo e familiare<br />

ove trascorrere sei ore in serenità con benefiche<br />

ricadute sui detenuti, sulle famiglie ed<br />

in ultimo sull’intero sistema.<br />

Sono stati individuati gli spazi necessari.<br />

Fortunatamente <strong>Bollate</strong> ha ampie possibilità<br />

e la direzione ha espresso un parere, di massima,<br />

favorevole: l’istituto si arricchirebbe di<br />

nuove strutture e offrirebbe la possibilità dei<br />

permessi anche ai detenuti stranieri che non<br />

avendo un domicilio in Italia attualmente<br />

non possono accedere al beneficio.<br />

La magistratura di sorveglianza non dovrebbe<br />

apporre difficoltà: i permessi premiali<br />

verrebbero interamente svolti all’interno di<br />

un’area protetta e poiché svolti sotto la supervisione<br />

della casa di reclusione, non sussistono<br />

rischi di fuga e di commistione d’altri<br />

reati. Cadono così tutte le pregiudiziali<br />

di pericolosità. Alle famiglie dei detenuti è<br />

risparmiato il gravoso percorso dei cancelli e<br />

dell’entrata in carcere, sottraendo ogni pretesto<br />

ai pudori e alle eventuali maldicenze.<br />

Un solo passaggio alla sbarra principale ed<br />

un percorso esterno alle mura per arrivare<br />

ai bungalow. Per i bambini, un incontro più<br />

sereno, in un ambiente privo di sbarre ed<br />

in intimità con il genitore; per i congiunti,<br />

un’oasi di privacy.<br />

Dopo alcune “prove ai bungalow”, per i<br />

detenuti sarà più facile accedere ai permessi<br />

premiali presso la propria abitazione.


Affettività<br />

Un progetto che<br />

funziona bene<br />

questo punto parlo con Stefania Carrera,<br />

operatrice del progetto “Io non<br />

A<br />

ho paura”. Il progetto — che sta funzionando<br />

molto bene — è, in qualche maniera,<br />

l’anticipatore, in piccolo, del nuovo<br />

progetto sull’affettività. Si tratta della<br />

stanza arredata come un appartamento<br />

con cucina e bagno, dove si può fare i<br />

colloqui solo con figli minori, all’interno<br />

della “staccata”; comunque “monitorati”<br />

costantemente da invisibili microcamere.<br />

Stefania, cosa ne pensa del nuovo<br />

progetto<br />

Conosco il progetto e ne ho seguito<br />

l’intero iter, sin dalla prima presentazione<br />

effettuata dai detenuti che l’hanno ideato.<br />

È stato più volte oggetto di discussione<br />

all’interno del gruppo affettività, dell’osservatorio<br />

carcere e territorio.<br />

Credo che sia una proposta interessante<br />

da più punti di vista e sarebbe bello diventasse<br />

uno dei tanti progetti pilota che<br />

hanno visto la luce nell’istituto di <strong>Bollate</strong>.<br />

Quindi pensa che sarà attuabile<br />

In linea teorica credo di sì, poiché è<br />

una delle risposte possibili al diritto all’affettività<br />

sancito dal nostro ordinamento.<br />

In linea pratica bisogna capire in che<br />

categoria rientrerebbero tali colloqui (permessi<br />

premiali o altro) e muoversi dentro<br />

i paletti dati dai riferimenti normativi.<br />

La vostra agenzia se ne occuperà<br />

Oltre che “Spazio aperto servizi”, ci<br />

occupiamo anche di altri progetti; Agesol,<br />

Agenzia di Solidarietà per il lavoro che<br />

nasce con una missione precisa: favorire<br />

il reinserimento lavorativo di persone che<br />

provengono da circuiti penali; è dunque il<br />

“lavoro” il nostro obiettivo privilegiato, lavoro<br />

inteso come mezzo di sostentamento<br />

lecito e come possibilità di reinserimento<br />

a pieno titolo nella società. Quindi, almeno<br />

per ora, il tema dell’affettività non fa<br />

parte della peculiarità di Agesol. Ma una<br />

cosa non esclude l’altra, e l’interesse per<br />

ol lavoro di rete con altri soggetti e/o progetti,<br />

potrebbe condurre ad interessanti<br />

collaborazioni “trasversali”.<br />

Franco Palazzesi<br />

Una nuova educatrice<br />

Per Catia Bianchi necessario<br />

aiutare di più il Secondo reparto<br />

Con il trasferimento dell’educatrice della<br />

sezione Staccata, Tiziana Porfilio, sostituita<br />

dalla dottoressa Daniela Roehrssen, già<br />

educatrice del Secondo reparto, si è venuta<br />

a creare una mancanza in questo reparto,<br />

colmata dall’arrivo della dottoressa Catia<br />

Bianchi, 36 anni. La dottoressa Bianchi,<br />

giunge a <strong>Bollate</strong> grazie ad un procedimento<br />

di mobilità intercompartimentale che ha<br />

permesso il suo trasferimento direttamente<br />

dall’Asl della Provincia di Milano 1, dove ha<br />

lavorato come educatrice per 13 anni, di cui<br />

11 in una Comunità preadolescenti e adolescenti<br />

in affidamento<br />

dal Tribunale dei<br />

Minori e 2 in un ex<br />

ospedale psichiatrico.<br />

Quindi la sua<br />

formazione d’educatrice<br />

professionale,<br />

è prettamente<br />

socio-pedagogica.<br />

Sin dai tempi del<br />

percorso formativo,<br />

ha sempre tenuto<br />

in considerazione<br />

la possibilità di lavorare<br />

in carcere,<br />

possibilità che ora, dopo queste importanti<br />

esperienze, ha visto concretizzarsi.<br />

Dottoressa Bianchi, come ha conosciuto<br />

l’istituto di <strong>Bollate</strong><br />

Sono entrata per la prima volta nell’istituto<br />

di <strong>Bollate</strong> l’anno scorso, in occasione di<br />

una rappresentazione teatrale. L’impressione<br />

è stata, nonostante l’indubbia natura del<br />

contesto, positiva. Positivo è stato anche il<br />

primo approccio professionale, che, in ogni<br />

caso, ha richiesto, e continua a richiedere,<br />

adattamenti e apprendimenti riconducibili<br />

alla complessità che contraddistingue l’ambiente<br />

ristretto.<br />

Mi considero così ancora nella fase d’osservazione<br />

“partecipata” di tutto ciò che mi<br />

circonda. Affiancata dal dottor Giovanni<br />

Perricone, l’educatore in missione da Lecco,<br />

e supportata dai colleghi, ho cominciato ad<br />

entrare nel merito del lavoro quotidiano.<br />

Sono stata assegnata al Secondo reparto per<br />

evidenti esigenze; mi sento ben predisposta<br />

verso quest’incarico che si avvicina molto a<br />

quelle che sono attese e predisposizioni personali.<br />

Quale impressione le ha dato il primo<br />

impatto con l’ambiente e con le persone<br />

detenute<br />

La realtà di questo reparto, molto diversificata<br />

e complessa, è caratterizzata dalla<br />

presenza di stranieri e di persone detenute<br />

con problemi di tossicodipendenza; tutti con<br />

fine pena brevi, perciò difficili al trattamento.<br />

Sono persone che vanno aiutate più degli<br />

altri, poiché necessitano di un’attenzione<br />

particolare. Questa<br />

situazione sarà oggetto<br />

di un processo<br />

di riorganizzazione<br />

nei prossimi mesi, a<br />

partire dalla firma di<br />

protocollo dell’Asl,<br />

che permetterà un<br />

intervento maggiormente<br />

strutturato<br />

sul versante delle<br />

tossicodipendenze.<br />

Sarà il trascorrere<br />

del tempo e l’entrare<br />

sempre più nel<br />

merito delle situazioni<br />

a consentirmi di proporre e sviluppare<br />

iniziative o progetti tesi a creare o migliorare<br />

condizioni di opportunità per le persone<br />

detenute. La mia impressione è di poter lavorare<br />

in un clima di collaborazione con i<br />

colleghi e con tutte le persone appartenenti<br />

all’équipe, oltre naturalmente con il personale<br />

della Polizia penitenziaria del Secondo<br />

reparto.<br />

La popolazione carceraria è stata estromessa<br />

dalla società e rinchiusa in luoghi ristretti<br />

per espiare la pena. Possiamo affermare<br />

che lo Stato ha la colpa di aver permesso la<br />

ghettizzazione di persone costrette a vivere ai<br />

margini sociali, portati quindi a commettere<br />

quella tipologia di crimini definiti reati comuni,<br />

facendo spesso uso di stupefacenti.<br />

Possiamo quindi immaginare le situazioni<br />

ambientali che hanno portato le persone<br />

recluse al Secondo reparto. A questi vanno<br />

aggiunti quei cittadini di serie “B”, quasi<br />

tutti privi di cittadinanza che sono gli extracomunitari.<br />

M.C.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 27


Il carcere non è<br />

un albergo<br />

LA PAGINA ROSA<br />

Questa "Pagina rosa" è aperta alla collaborazione delle donne<br />

detenute delle varie carceri italiane che vogliono far conoscere i loro pensieri.<br />

“Noi siamo in un deserto, nessuno comprende<br />

nessun altro” (Flaubert).<br />

Spesso il sistema penitenziario finisce con<br />

l’infliggere un indebito supplemento di<br />

condanna.<br />

Toglie il futuro a troppi detenuti, azzera<br />

le loro speranze di redimersi e, di fatto, non<br />

li riammette nella società.<br />

Questa questione va risolta velocemente<br />

secondo “i principi costituzionali del rispetto<br />

della dignità umana e del recupero dei<br />

reclusi”. Il circuito punizione, espiazione,<br />

ravvedimento, dovrebbe essere più efficiente<br />

ed umano, incrementando le misure alternative<br />

alle celle. Si è affermato che è sbagliato<br />

dipingere le carceri come dei lager, e si<br />

è chiamato il carcere di Cagliari “Hotel a<br />

cinque stelle”.<br />

Il pianeta carcere ha uno strano destino,<br />

a volte è dimenticato, a volte è di colpo agli<br />

onori della cronaca in un quadro distorto.<br />

Si è riconosciuto che ci vorrebbero più<br />

risorse per aumentare e formare il personale<br />

e nuove opportunità di studio e di lavoro. Il<br />

problema di sempre permane: il carcere è e<br />

rimane una struttura repressiva.<br />

Monsignor Giorgio Caniato, ispettore<br />

generale dei Cappellani nelle carceri, dopo<br />

aver trascorso quarantuno anni tra i detenuti<br />

scrisse: “Bisogna distruggere tutte le carceri<br />

perché non servono a rieducare. Un detenuto<br />

recuperato alla società rimane ancora solo<br />

un’eccezione”.<br />

Qualcun altro affermò: vendere quelle<br />

storiche con un interesse artistico e costruirne<br />

di nuove.<br />

Ma come saranno quelle nuove<br />

Gli uomini a volte non volendo cambiare<br />

se stessi, cambiano spesso le leggi e le<br />

istituzioni, nell’illusione che le cose possano<br />

andare meglio, ma dopo qualche tempo si<br />

accorgono che tutto torna come prima o<br />

peggio.<br />

Il carcere è luogo dove ogni privazione ed<br />

amarezza significano infelicità.<br />

La mancanza di un’occupazione che assorba,<br />

dà tormento, di un lavoro che impegni,<br />

che metta in moto le energie, porta a<br />

preoccupazioni, a pensieri tristi, a malinconie.<br />

Le occupazioni ed il lavoro sono indispensabili<br />

e positive, le attività creative rinnovano<br />

le persone. In carcere si attraversano<br />

momenti neri, quando lo sconforto ci prende<br />

oscura la nostra esistenza in un velo buio<br />

come un cielo coperto da nuvole e minacciose<br />

che fanno scomparire il sole.<br />

L’ultima notte<br />

d’inverno.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 28<br />

Era una notte d’inverno, come tante altre.<br />

Tutto era bianco per la neve caduta ininterrottamente<br />

durante la giornata. Un silenzio<br />

ovattato circondava il giardino che Chantal osservava<br />

dalla finestra della sua camera. Pareva<br />

inondato di luce, tanto era visibile, anche negli<br />

angoli solitamente bui.<br />

Ad un tratto, Chantal vide un’ombra muoversi<br />

quasi furtivamente fra gli alberi.<br />

Guardò attentamente perché era assai improbabile<br />

che a quell’ora, di notte, qualcuno<br />

potesse trovarsi lì. Chantal, da quando Omar<br />

l’aveva lasciata, non aveva più amici; per lei<br />

Omar era stato tutto, amico, amante, marito.<br />

Spesso pensava agli anni trascorsi assieme, una<br />

vita vissuta una per l’altro. Omar era un giornalista<br />

e, spesso, doveva recarsi all’estero come<br />

inviato.<br />

Chantal lo seguiva ovunque. Erano felici.<br />

Non avevano avuto figli, ma non ne sentivano<br />

la mancanza. Ogni tanto pensava a quel giorno,<br />

quando era voluta restare a casa: “Mi sento<br />

stanca oggi - aveva detto ad Omar - rimango<br />

a casa a riposarmi”.<br />

Omar non se l’era presa, comprensivo<br />

come sempre: “Torno prima che posso - aveva<br />

risposto - cerca di riprenderti, mi raccomando.<br />

Ti voglio in forma al mio ritorno”.<br />

Non era più tornato. La informarono che<br />

mentre lui tornava in albergo, il ponte che stava<br />

percorrendo era crollato e lui era precipitato<br />

nel fiume in piena.<br />

Il corpo non era stato mai trovato e Chantal<br />

aveva atteso il suo ritorno per lungo, ma<br />

invano. Le era sembrato impossibile che lui<br />

potesse morire e lasciarla per sempre. L’aveva<br />

persino odiato: “Non dovevi farmi questo, come<br />

hai potuto abbandonarmi Se un Dio esiste, perché<br />

colpirmi così”.<br />

La collera le impediva di assimilare il lutto.<br />

La sua vita era cambiata, non frequentava più i<br />

pochi amici che avevano ed essi, a poco a poco,<br />

l’avevano lasciata alla sua solitudine.<br />

Chantal era con il naso contro il vetro; ora<br />

l’ombra pareva la chiamasse. “Che faccio Esco<br />

o rimango qui”.<br />

Chantal non sapeva che fare, un misto di<br />

paura e curiosità l’invadevano. L’ombra gesticolava<br />

sempre più; era un uomo alto e bruno,<br />

Come Omar.<br />

“Omar sei tu”.<br />

Il cuore le batteva forte. Omar è tornato, si<br />

diceva, allora è vero che non è morto.<br />

Scese le scale precipitosamente, s’infilò il<br />

giaccone appeso accanto alla porta d’ingresso<br />

e si precipitò in ciabatte sulla neve.<br />

Man mano che cerca di avvicinarsi all’uomo,<br />

questi si allontanava. Chantal era infreddolita,<br />

bagnata.<br />

“Omar, sei tu”.<br />

Ora l’uomo si era fermato e Chantal lo<br />

raggiunse. Era Omar, era come la mattina che<br />

era andato via promettendole di tornare presto.<br />

Si abbracciarono, si baciarono a lungo, lui<br />

cominciò ad accarezzarle i capelli.<br />

“Non ci lasceremo più ora, non potevo stare<br />

senza di te, ti amo”.<br />

“Ho freddo Omar, ho tanto freddo”.<br />

“Vedrai piccola, passerà”.<br />

Chantal si sentì svenire, le sue gambe cedettero<br />

e si accasciò sulla neve. Ora non sentiva<br />

più freddo.<br />

Omar era accanto a lei e potevano benissimo<br />

trovarsi su una spiaggia dorata, gli sembrava<br />

addirittura di sentire il fruscio delle onde.<br />

Era felice.<br />

Arrivò il mattino. Blinda, la donna delle<br />

pulizie, attraversava sempre il giardino per recarsi<br />

dalla signora Chantal.<br />

“Oddio, signora, signora che è successo”.<br />

Chantal, immobile, sorrideva sdraiata nella<br />

neve, pareva dormisse. Blinda si accorse che la<br />

signora non avrebbe più risposto. Accanto a<br />

Chantal, sulla neve, vi era un’impronta come


se una persona fosse stata lì, sdraiata accanto<br />

a lei. Ma chi<br />

Furono fatte parecchie ricerche da parte<br />

della polizia, ma invano. Nessuno era stato in<br />

quel giardino nella notte.<br />

Chantal era morta per assideramento e il<br />

caso fu chiuso.<br />

Il marito<br />

Ananke<br />

Il carcere è come il vento che porta a dimenticare<br />

episodi della propria vita che<br />

non si vuole ricordare.<br />

Questo pensavo, mentre sorseggiando<br />

il caffé ammiravo dalla finestra della mia<br />

cella la bellezza che irradiavano i monti<br />

innevati. Il mio cercare di vivere serenamente<br />

questo periodo di detenzione non<br />

rientrava nell’ordinamento interno della<br />

casa circondariale-pilota del Piemonte,<br />

dove anche i sogni ad occhi aperti sono<br />

interrotti.<br />

Un agente si presentò davanti alla cella<br />

dicendo: “L’ispettrice vuole conferire con te”.<br />

Mi vestii in fretta e furia e scesi al piano<br />

terra sperando in una buona notizia quale<br />

il trasferimento da quel carcere.<br />

Entrai nell’ufficio e mi trovai di fronte<br />

due ispettrici che, con un’abbondante<br />

dose di sarcasmo, mi dissero: “Come sta<br />

suo marito”. Impietrita risposi: “Mio marito”.<br />

Pensai che fossero improvvisamente<br />

impazzite per pormi<br />

quella domanda.<br />

Tutti sapevano<br />

che mio marito era<br />

morto da tre anni e<br />

sei mesi ed è proprio<br />

per la sua morte che<br />

io mi trovavo detenuta<br />

da quasi tre<br />

anni con l’imputazione<br />

di uxoricidio.<br />

“Vuoi vedere che<br />

è stato tutto un imbroglio<br />

e lui se la sta<br />

godendo beatamente<br />

tra i monti della Valle<br />

d’Aosta Questo non<br />

doveva farmelo”. I<br />

miei pensieri erano<br />

un susseguirsi d’incredibili<br />

congetture.<br />

“Mio marito è morto<br />

da tre anni e sei mesi”<br />

risposi con un tremante filo di voce alle<br />

ispettrici.<br />

“Ma lei gli ha parlato ieri sera”. Pensai<br />

che nell’aria ci fosse voglia di magia, forse<br />

la programmazione di un nuovo corso e il<br />

tentativo di tastare il terreno per vedere chi<br />

fosse idoneo a frequentarlo. “Scusi ispettore,<br />

ma io con mio marito non ci parlavo nemmeno<br />

da vivo, figuriamoci ora che è morto,<br />

perché e morto vero”.<br />

“Signora, c’è stato riferito da un agente di<br />

sezione che lei legge le carte e di notte parla<br />

con i morti”.<br />

Nella mia cella non ci sono né pupazzi<br />

carte<strong>Bollate</strong> 29<br />

per fatture né pietre magiche o amuleti di<br />

sorta, ma esclusivamente le poche cose consentite<br />

in cella.<br />

Il carcere è pieno di gatti neri, ma che io<br />

sappia, ancora nessuno li ha usati per motivi<br />

esoterici e, vista la grandezza della cella,<br />

non sarebbe neanche possibile disegnare dei<br />

cerchi magici.<br />

Un dubbio mi assalì, non vedevo l’ora<br />

di ritornare in cella per comunicare con un<br />

amico del maschile tramite finestre (cosa<br />

che faccio tutte le sere), che l’agente sentendomi<br />

parlare e non vedendo l’interlocutore<br />

abbia pensato che parlassi con i morti invece<br />

che con il mio amico del reparto uomini.<br />

Non sapevo se mettermi a ridere per<br />

questa situazione veramente assurda.<br />

Non risi perché subito seguirono le minacce<br />

di conseguenze disciplinari, qualora<br />

avessi continuato con spiritismi, tarocchi e<br />

fondi di caffé.<br />

Eppure non ho mai dato, neppure fisicamente,<br />

l’idea della strega. Sono esile,<br />

bionda e con gli occhi castani.<br />

La rabbia mi stava invadendo; non era<br />

possibile che persone atte ad accompagnarci<br />

in un percorso di redenzione facessero<br />

simili insinuazioni.<br />

Sono ormai trascorsi diversi giorni da<br />

allora, ma la cosa invece di svanire nel nulla<br />

si sta sempre più ingigantendo.<br />

Ormai tutti mi chiedono notizie di mio<br />

marito chiamandolo anche per nome…<br />

E pensare che io volevo dimenticare<br />

tutto.<br />

Alina


NOME E COGNOME<br />

“MORIRE DI CARCERE”:<br />

DOSSIER OTTOBRE - NOVEMBRE - DICEMBRE 2005 *<br />

ETA’<br />

DATA MORTE<br />

CAUSA MORTE<br />

ISTITUTO<br />

Antimo Buccino<br />

Detenuto algerino<br />

Ferruccio Lionello<br />

Simon Leishaj<br />

Patrick Battipaglia<br />

Detenuto italiano<br />

Antonio Schiano<br />

27 anni<br />

29 anni<br />

47 anni<br />

36 anni<br />

23 anni<br />

70 anni<br />

36 anni<br />

2 ottobre<br />

3 ottobre<br />

3 ottobre<br />

6 ottobre<br />

10 ottobre<br />

18 ottobre<br />

24 ottobre<br />

Da accertare<br />

Suicidio<br />

Suicidio<br />

Suicidio<br />

Suicidio<br />

Malattia<br />

Da accertare<br />

Civitavecchia (RM)<br />

Ancona<br />

Belluno (arr. dom. )<br />

Vicenza<br />

Como<br />

Poggioreale (NA)<br />

Regina Coeli<br />

John G. 23 anni<br />

27 ottobre<br />

Suicidio<br />

San Vittore<br />

PerugachiXMaurizio X41 X27 Calabrese anni<br />

ottobre<br />

Da accertare<br />

Salerno<br />

XX<br />

X<br />

X31 X28 anni<br />

ottobre<br />

Suicidio<br />

Benevento<br />

XDetenuto X42 X28 africano anni<br />

ottobre<br />

XGiacomo X46 X2 Talamo anni<br />

2 XPietro X44 X3 Del Gaudio anni<br />

3 XDetenuto X34 X16 anni<br />

italianoXGrazia X51 anni<br />

GalardiXAlberto X51 D. F. anni<br />

XMichele X65 anni<br />

AlfanoXRinaldo X36 anni<br />

ErmatosiXEmanuele X32 anni<br />

X16 X16 X18 X20 X52 novembreX<br />

XSuicidio<br />

Parma<br />

XMalattia<br />

Foggia<br />

XMalattia<br />

Secondigliano (NA)<br />

XSuicidio XForlì<br />

XDa accertare XEmpoli (FI)<br />

XMalattia XRegina Coeli<br />

XSuicidio XMessina (libertà)<br />

XDa accertare XIsili (NU)<br />

X30 Manfredi<br />

LucchesiXMario XDa accertare<br />

anni<br />

XOmicidio<br />

XLuccaXLuccaXCrotone<br />

dicembre<br />

XCosimo Altieri<br />

XXX<br />

Pasquale Maravalli<br />

40 anni<br />

4 dicembre<br />

Mario Melis<br />

Detenuto italiano<br />

Mihai V. Lingurar<br />

Michele Pravatà<br />

Detenuto italiano<br />

Lorenzo Di Padova<br />

Piero Bertagni<br />

Romeo Cantoni<br />

Detenuto italiano<br />

Gaetano Maggio<br />

Daniele Salvatore<br />

52 anni<br />

34 anni<br />

27 anni<br />

68 anni<br />

36 anni<br />

44 anni<br />

41 anni<br />

37 anni<br />

37 anni<br />

34 anni<br />

34 anni<br />

7 dicembre<br />

9 dicembre<br />

10 dicembre<br />

15 dicembre<br />

16 dicembre<br />

17 dicembre<br />

17 dicembre<br />

24 dicembre<br />

26 dicembre<br />

30 dicembre<br />

30 dicembre<br />

* da Ristretti Orizzonti, giornale dei detenuti di Padova<br />

Malattia<br />

Suicidio<br />

Overdose<br />

Suicidio<br />

Suicidio<br />

Suicidio<br />

Malattia<br />

Suicidio<br />

Non accertate<br />

Overdose<br />

Suicidio<br />

Non accertate<br />

Regina Coeli<br />

Cagliari<br />

Bologna<br />

Padova<br />

Spoleto<br />

San Vittore<br />

Cuneo<br />

Genova<br />

La Spezia<br />

Como<br />

Lecce<br />

Como<br />

carte<strong>Bollate</strong> 30


IL SESTO REPARTO E LE<br />

CONDIZIONI PSICOLOGICHE<br />

LEGATE AL COLORE<br />

L<br />

’emozione del colore. Potremmo<br />

cominciare in questo modo per descrivere<br />

una riunione che è avvenuta alla<br />

Staccata lo scorso 16 <strong>gennaio</strong> fra i detenuti<br />

del Sesto reparto – i Sex offender<br />

– l’équipe che segue il loro trattamento<br />

e il professor Massimo Caiazzo. Ho partecipato<br />

come redattore all’incontro e<br />

devo affermare che sono rimasto favorevolmente<br />

colpito dalle domande dei detenuti<br />

e dal rapporto che si è instaurato<br />

fra il relatore e loro stessi.<br />

Massimo Caiazzo non è solo un docente<br />

con venti anni d’esperienza nel<br />

campo del colore. Nella sua carriera ha<br />

ricevuto numerosissimi riconoscimenti e<br />

ha contribuito a diversi progetti, dal disegno<br />

di alcuni orologi per la Swatch, alle<br />

fantasie cromatiche per tutti gli autobus<br />

di Verona che cambiano continuamente<br />

di colore, alla “colorazione, con i giusti<br />

accostamenti delle case di personaggi<br />

dello spettacolo come Gianna Nannini.<br />

E’ titolare, assieme a Giuseppe Bellucci,<br />

presente anch’esso all’incontro, di un<br />

piccolo studio di grafica e consulenza del<br />

colore a Milano.<br />

Con trasporto e passione il professor<br />

Caiazzo ha spiegato, raccontato e snocciolato<br />

una serie di selezioni d’immagini<br />

sul tema del colore: disegni, progetti, piramidi<br />

del colore con i giusti accostamenti,<br />

immagini virtuali che hanno lasciato<br />

tutti soddisfatti. La vivibilità di qualsiasi<br />

luogo – ha affermato Chiazzo – può migliorare<br />

con il giusto abbinamento di colore;<br />

infine, ha parlato delle condizioni<br />

psicologiche legate al colore, le emozioni<br />

che suscitano in noi certe tinte forti, cosa<br />

c’incuriosisce nelle varie tonalità, il tutto<br />

con garbo e professionalità. Circa due<br />

ore di proiezioni e spiegazioni passate in<br />

un attimo, in un rispettoso silenzio da<br />

parte dei detenuti che lo hanno ascoltato<br />

con attenzione, facendo poi delle competenti<br />

domande al riguardo.<br />

E’ stato interessante assistere a quest’incontro,<br />

come lo è stato vedere la<br />

“normalità” dei partecipanti; a tale proposito<br />

ho notato che questi detenuti<br />

sono persone come tutte le altre. Se non<br />

sapessimo la tipologia di reato, il loro<br />

essere persone comuni prevarrebbe sui<br />

pregiudizi che spesso si danno in maniera<br />

affrettata, e senza conoscerne le motivazioni<br />

e le cause profonde.<br />

Il gruppo degli “addetti ai lavori”<br />

dell’équipe, si è limitato ad ascoltare ed<br />

osservare; traspariva in loro una forte<br />

motivazione per la riuscita del “progetto”<br />

che stanno portando avanti e sembra<br />

che i tempi siano maturi per un graduale<br />

inserimento di qualche detenuto del Sesto<br />

reparto in alcune attività comuni con<br />

tutta la popolazione carceraria.<br />

E’ solo l’inizio e spero che il progetto<br />

riesca. Forse i detenuti degli altri reparti<br />

dovrebbero poter avere qualche assicurazione<br />

più. Assicurazione che deve essere<br />

fornita dall’équipe. Sarebbe un incoraggiamento<br />

per far capire ai “riottosi” l’utilità<br />

del lavoro che stanno compiendo.<br />

Franco Palazzesi<br />

Natale in carcere<br />

Questo è il secondo Natale che trascorro<br />

in carcere. L’anno scorso ero<br />

appena entrato da tre mesi. Dopo un<br />

lungo e travagliato percorso durato ben<br />

nove anni d’udienze, processi e sentenze,<br />

avevo preso la decisione più tormentata<br />

della mia vita, presentarmi all’età di 58<br />

anni all’entrata di quest’istituto per pagare<br />

il mio debito con la giustizia.<br />

Ricordo molto bene, e sicuramente<br />

non dimenticherò mai, lo sbigottimento<br />

dei due agenti all’entrata. Una era una<br />

donna che ebbe anche delle parole gentili<br />

e di conforto nei miei riguardi.<br />

Non avevo ancora ben focalizzato il<br />

luogo in cui mi trovavo, ero impegnato<br />

a risolvere quei piccoli problemi, di<br />

rapporti interpersonali, materiali ed organizzativi,<br />

che qui diventano grandi e<br />

sono di vitale importanza per cercare di<br />

sopravvivere nel migliore dei modi possibili,<br />

con l’aiuto e la comprensione degli<br />

altri detenuti.<br />

Quindi, per farla breve il Natale dello<br />

scorso anno l’ho trascorso in una specie<br />

di confusione mentale.<br />

Già dall’inizio del mese di dicembre in<br />

carcere si comincia respirare aria di festa<br />

natalizia complici le festicciole organizzate<br />

da chi lavora per i detenuti (insegnanti,<br />

assistenti delle varie associazioni). Dopo<br />

questo scambio di auguri, naturalmente e<br />

comprensibilmente, ci abbandonano per<br />

dedicarsi alle loro famiglie.<br />

In quel periodo il carcere cambia<br />

aspetto. Non si percepisce più aria di vitalità;<br />

i giorni si trascinano stancamente<br />

e con il trascorrere di loro, si avvicina il<br />

fatidico 24 e comincio a rendermi conto<br />

che la tristezza mi sta assalendo.<br />

Di norma, le mie giornate riesco a<br />

trascorrerle abbastanza facilmente. Tra il<br />

lavoro, l’impegno con il giornale e i compagni<br />

di questo travaglio, le ore passano,<br />

ma poi arrivano le 20, l’ora della chiusura,<br />

e qui cominciano i dolori. In questi<br />

momenti forse sarebbe meglio essere in<br />

una cella da quattro che da soli.<br />

Dalla tv, su tutti i canali, non si fa altro<br />

che parlare del Natale, regali, famiglia.<br />

Arrivano le note musicali di questa ricorrenza,<br />

che oggi apprezzo più di prima, e<br />

francamente sentire tutte queste cose mi<br />

danno terribilmente fastidio, delle volte<br />

anche rabbia. Il destino, nella vita mi ha<br />

dato moltissimo, ma mi ha anche tolto<br />

moltissimo. La mia famiglia – in questi<br />

ultimi anni costituita dai miei tre figli e<br />

da mia sorella – inutile sottolinearlo, mi<br />

manca immensamente.<br />

Queste feste le ho sempre trascorse<br />

con loro, oggi una domanda mi assilla<br />

angosciosamente: quale diritto ho io di<br />

togliere ai miei cari il piacere di stare accanto<br />

a loro in queste giornate Purtroppo<br />

la domanda mi tormenta terribilmente<br />

in questi giorni più che in altri.<br />

Aspetto con ansia di sentire la loro<br />

voce al telefono, sapere quello che faranno,<br />

dove andranno e con chi e per un carattere<br />

da “chioccia”, come il mio, saperli<br />

lontani senza di me, mi provoca un’angoscia<br />

indescrivibile.<br />

La vita ti passa davanti agli occhi<br />

come se stessi guardando un film con tutti<br />

i suoi momenti belli e i periodi atroci.<br />

Delle volte ti fermi e ti domandi il<br />

perché di tutto questo. A volte riesci a<br />

trovare una risposta, a volte la cerchi disperatamente,<br />

ma non la trovi.<br />

E’ triste, molto triste aver perso il dono<br />

del libero arbitrio della propria vita.<br />

Antonio Cirianni<br />

carte<strong>Bollate</strong> 31


E il naufragar m’è<br />

dolce in questo mare. . .<br />

Due cuori<br />

Due cuori nel vento,<br />

la strada percorrendo,<br />

fermandosi un momento,<br />

poi, ripartire viaggiando.<br />

D’ogni paese e città,<br />

ve ne andate per la via,<br />

per la vostra felicità,<br />

soli o in compagnia.<br />

A cosa servono i versi se non alla rugiada<br />

A cosa servono i versi se non a<br />

quella notte in cui un pugnale amaro ci esplora<br />

Pablo Neruda<br />

Siete la gioia e dolore,<br />

per tutti i vostri Amanti,<br />

di ognuno siete l’Amore,<br />

spasimanti sempre tanti.<br />

All’estate al sorgere del sole,<br />

ogni giorno viaggiate,<br />

poi d’inverno al calore,<br />

tra le braccia Amate.<br />

Di Amare un gran bisogno,<br />

per tutti e nel tempo,<br />

di ogni Amante il sogno,<br />

di averlo ogni momento.<br />

Frenetici i battiti palpitanti,<br />

di ognuno di voi,<br />

Amori sempre tanti,<br />

dell’Amore i padroni siete voi.<br />

Siete belli e meravigliosi,<br />

togliete il sonno a chi pensa,<br />

degli Amanti bisognosi,<br />

di non rimaner mai senza.<br />

Gianni Minino<br />

Giornata triste<br />

Giornata triste<br />

nei miei pensieri,<br />

le cose belle non son viste,<br />

è una giornata come ieri.<br />

Una giornata dura,<br />

passata in malinconia,<br />

vorrei trovar la cura,<br />

ma non credo che ci sia.<br />

Solo il tempo,<br />

piano piano,<br />

porta via questo momento,<br />

un ricordo ormai lontano.<br />

La giornata è finita,<br />

sperando che domani,<br />

non sia un’altra così sentita,<br />

pregando Dio incrocio le mani.<br />

Gianni Minino<br />

Era primavera<br />

L’ape volteggiava descrivendo<br />

Geometrici linguaggi,<br />

lassù, sul rilievo di Puntagrande,<br />

dove un giovane raccolto e pensante<br />

predire chiedeva con le parole:<br />

m’ama o non m’ama la mia Iole<br />

Tutt’intorno a sé, qua e là corolle,<br />

Fiori ammutoliti tra verdi zolle,<br />

petali sparsi e steli recisi<br />

simili a bocche prive di sorrisi.<br />

Amor chiedeva, ma non dava amore,<br />

Anzi inflisse strazio al povero fiore,<br />

senza linfa dal suolo sradicato<br />

parea dicesse: Ti ho perdonato<br />

Diego Manzella.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 32


L’ISOLA DEI FAMOSI<br />

Ancona: tenta di evadere a soli due giorni dal fine pena<br />

Fori sulla parete della cella, occultati grazie all’applicazione di gomme da masticare riciclate dopo l’uso. Occultati<br />

sì, ma non abbastanza da evitare che una guardia penitenziaria si accorgesse delle scalfitture nel corso di un’ispezione<br />

di routine. È così che a Nikolin Murataj sono stati contestati i reati di tentata evasione e danneggiamento a soli due<br />

giorni dal suo ritorno in libertà. Per lui ha di conseguenza avuto inizio la relativa vicenda giudiziaria.<br />

Ieri la prima udienza del processo. L’albanese, ora 35enne e all’epoca recluso nel carcere di Montacuto, avrebbe<br />

secondo l’accusa realizzato i buchi sulla parere confinante con l’esterno adoperando una delle barre del letto a mo’ di<br />

scalpello. Ma il 22 dicembre del 2000 il fatto era stato scoperto.<br />

Quel giorno il personale di custodia riscontrò dietro un termosifone una piccola rientranza nel muro. Ma la nicchia,<br />

nella quale erano state applicate diverse gomme da masticare, non era così profonda da risultare assimilabile ad<br />

un foro.<br />

Quello che viene naturale chiedersi è il perché del suo gesto. Ovvero: perché un detenuto albanese avrebbe dovuto<br />

tentare di evadere dal carcere di Montacuto se la sua liberazione era prevista due giorni dopo il fatto È quello che si è<br />

chiesto, ponendo la stessa domanda in aula di fronte al giudice monocratico Cantarini, l’avvocato Marco Fanciulli, al<br />

quale è stata affidata la difesa d’ufficio di Nikolaj. Due giorni dopo l’uomo sarebbe uscito dal carcere. Nikolin aveva ormai<br />

scontato per intero la sua pena. Gli sarebbe stato necessario molto più tempo per ricavarsi la via d’uscita piuttosto<br />

che attendere pazientemente il giorno della scarcerazione. Inizialmente era stato indagato anche il suo ex compagno di<br />

cella, sudamericano la cui posizione è stata però successivamente stralciata. La guardia penitenziaria non era mai stata<br />

in grado di affermare con assoluta certezza a chi dei due fosse da imputare il fatto. Nikolaj risulta attualmente libero e<br />

irreperibile. Il processo è stato rinviato al 20 <strong>febbraio</strong>.<br />

Il Messaggero, 31 <strong>gennaio</strong> 2005<br />

Milano: stare in casa con mia moglie Meglio il carcere…<br />

“In carcere, almeno, c’è l’ora d’aria”. Meglio la cella, quella vera. Con le sbarre, i letti a castello e le guardie. “Meglio<br />

di mia moglie”, sbotta il pregiudicato siciliano, di fronte al carabiniere di Cassano D’Adda. “Evasione dagli arresti<br />

domiciliari - sentenzia il militare - lei torna in carcere”.<br />

Sorriso: “Grazie. Finalmente”. Evasione alla rovescia. Pregiudicato di Caltanissetta, 3 anni e 9 mesi da scontare,<br />

fugge dalla casa dove vive con la moglie, e dove il giudice gli ha concesso di trascorrere la pena. Esausto, esasperato,<br />

dopo mesi di urla e liti. Perderà il privilegio: è quello che vuole.<br />

All’alba dell’altro giorno confessa ai carabinieri: “Sono scappato dai domiciliari per scappare da quella lì”. Il portone<br />

di San Vittore gli si chiude alle spalle.<br />

Storie di reclusi volontari<br />

Agosto 2005: pregiudicato ai domiciliari, 35 anni, passa l’intero giorno davanti alla televisione, fino a notte fonda.<br />

La sorella vuole che spenga alle 11. Una sera, dopo l’ennesima lite, bussa al commissariato: “Portatemi in carcere, così<br />

potrò vedermi la Tv in pace”. Accontentato.<br />

Pavia, 2002. Operaio, 40 anni, condannato per furto, una notte di novembre mette i vestiti in valigia e si incammina<br />

verso la caserma. Con tono esasperato, spiega: “Mia suocera è un’ossessione. Fatemi tornare in carcere. Lì, nessuno<br />

mi offenderà più”. Desiderio esaudito. Non sempre va liscia.<br />

Monza, 2003. Piccolo spacciatore evade dai domiciliari e si presenta alla guardiola del penitenziario: “Mettetemi<br />

dentro”. Prego “Mia madre è una rompiscatole”. Risponde l’agente: “Se vuole tornare in carcere, il suo avvocato deve<br />

fare un’istanza”. Deluso. Lo spacciatore viene riportato nella casa-galera.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 33<br />

Corriere della Sera, 5 <strong>febbraio</strong> 2006


SPORT / Calcio<br />

GRANDE IMPEGNO DI TUTTI PER IL<br />

CAMPIONATO INTERNO ED ESTERNO<br />

Con l'assenso della direzione del<br />

carcere e con la collaborazione<br />

della Polizia penitenziaria, l’allenatore<br />

Nazareno Prenna, insegnante del Ctp<br />

di Limbiate, ha organizzato per la stagione<br />

in corso, numerose squadre che<br />

partecipano ai diversi campionati.<br />

CAMPIONATO INTERNO<br />

Per il “torneo interno” del carcere<br />

di <strong>Bollate</strong> sono stati formate 15 squadre<br />

dei diversi reparti, in vista della<br />

partecipazione di quasi 400 persone<br />

divisi in 3 gironi. Sotto la supervisione<br />

dell’allenatore, il signor Nazareno,<br />

si gioca per un posto nelle finali, che<br />

CAMPIONATO ESTERNO<br />

Con l'inizio della stagione<br />

2005/2006 il carcere di <strong>Bollate</strong> ha<br />

cominciato la sua avventura nel calcio<br />

nazionale. La squadra “Seconda Casa<br />

di reclusione” sta giocando per la<br />

prima volta sul “grande” palcoscenico<br />

della Terza categoria Dilettanti (Girone<br />

B) della Figc ed è così la seconda squadra<br />

carceraria, dopo quella di Opera, a<br />

partecipare a questo campionato.<br />

Questa opportunità è stata possibile<br />

grazie all'entusiasmo e all'impegno<br />

della dottoressa Buccoliero<br />

(presidente della squadra), della dottoressa<br />

Castellano (vice presidente), e<br />

per il primo kick-off. La squadra,<br />

composta da ventidue giocatori scelti<br />

da tutti i reparti sia per la loro bravura<br />

calcistica sia per la loro buona personalità,<br />

si allena 2 volte la settimana<br />

sotto la supervisione del l’allenatore e<br />

gioca le partite ogni domenica mattina<br />

alle ore 10. 30 con una rara bellezza e<br />

un grande fair-play. Sul campo sono<br />

supportati da un piccolo gruppo di<br />

assistenti tecnici ed alcuni tifosi appassionati.<br />

Tra gli assistenti, il detenuto<br />

Uran Gijta del reparto Staccata merita<br />

una citazione a parte. Lui, essendo un<br />

diplomato arbitro e responsabile per<br />

il mantenimento e supporto tecnico<br />

si volgeranno verso la fine di maggio.<br />

Le partite sono giocate secondo un<br />

calendario “aperto”, che vuol dire che<br />

si fissa la data secondo le esigenze dei<br />

vari reparti per non incrociarsi con<br />

i colloqui o altri impegni. Il giorno<br />

della partita, le due squadre, con le<br />

rispettive tifoserie (fino ad 15 persone<br />

ognuna), accompagnate dall’allenatore<br />

scendono in campo per 2 ore di<br />

divertimento e passione. La squadra<br />

vincitrice del torneo, otterrà il titolo<br />

di campione del carcere di <strong>Bollate</strong> per<br />

l'anno 2005/2006, titolo vinto nella<br />

stagione scorsa dalla squadra “Club<br />

Africa” del primo reparto.<br />

dell’allenatore, il signor Nazareno, e<br />

grazie alla buona volontà della Figc e<br />

delle 15 altre squadre partecipante al<br />

campionato.<br />

La dottoressa Buccoliero e Nazareno<br />

Prenna hanno sacrificato una<br />

gran parte delle loro ultime vacanze<br />

di estate per superare le difficoltà<br />

burocratiche e per organizzare le mille<br />

piccole cose necessarie per una vicenda<br />

come questa.<br />

Grazie anche a questo impegno<br />

la Figc e le squadre della Terza categoria<br />

hanno accordato alla “Casa di<br />

reclusione” il diritto di giocare tutte le<br />

partite in casa e così tutto era pronto<br />

carte<strong>Bollate</strong> 34<br />

della squadra, è una persona “indispensabile”<br />

anche per la morale.<br />

Il campionato ha avuto inizio<br />

il 18 settembre e, dopo una prima<br />

fase di nervosismo con solo 2 punti<br />

ottenuti nelle prime 4 partite, le cose<br />

stanno andando meglio per la nostra<br />

squadra.<br />

Nel momento in cui chiudiamo<br />

questo numero, si è classificata al<br />

secondo posto e anche se la stagione<br />

è ancora lunga si può cominciare a<br />

sognare i play-off e una possibile promozione<br />

alla Seconda categoria.<br />

Andreas Fulde

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