gennaio-febbraio - Carte Bollate
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Anno 1 n. 2 / 2006<br />
<strong>gennaio</strong> - <strong>febbraio</strong><br />
carte<strong>Bollate</strong><br />
PERIODICO DI INFORMAZIONE DELLA II CASA DI RECLUSIONE DI MILANO-BOLLATE<br />
il nuovo<br />
VIAGGIO FRA I VOLONTARI<br />
EDITORIALE<br />
Stampiano senza colore perché non<br />
abbiamo più soldi. Se non li troveremo,<br />
il rischio è quello di chiudere<br />
questa esperienza.<br />
FORUM<br />
Continua il dibattito sul problema<br />
dei Sex offender. Un forum fra i<br />
componenti della redazione.<br />
TRIENNALE / MOSTRA<br />
Per 25 giorni si parlerà di carcere<br />
con convegni e mostre. Un programma<br />
con molte luci e qualche ombra.<br />
VIAGGI DELLA SPERANZA<br />
Vengono in Italia nella speranza di<br />
un domani migliore. Come fanno<br />
Quanto costano questi viaggi Ne<br />
parliamo con il detenuto, dottor<br />
Cherkaoui Redouane.<br />
AFFETTIVITÀ<br />
Un convegno, a <strong>Bollate</strong>, per rilanciare<br />
il progetto.<br />
NEGATO IL PERMESSO<br />
Ad un detenuto di <strong>Bollate</strong> negano<br />
il permesso per vedere la madre in<br />
fin di vita. Non la vedrà neppure da<br />
morta.<br />
INCHIESTA / MA COME VIVONO GLI<br />
AGENTI DEL CARCERE DI BOLLATE<br />
Qualcuno bene, altri non troppo. Tutti soffrono della lontananza da<br />
casa, hanno problemi economici, di alloggi, di turni spesso pesanti.<br />
Abbiamo voluto interessarci di loro perché fanno parte di questa comunità<br />
dove anche noi viviamo. Ci hanno raccontato i motivi per cui si<br />
sono arruolati e spiegato cosa pensano dei detenuti per reati sessuali.
Senza soldi e senza colore<br />
Il lettore che aprirà questo numero del giornale, lo troverà completamente<br />
diverso. Prima di tutto la testata che dallo scorso numero è modificata con<br />
l’aggiunta di “il nuovo” e poi non c’è più il colore.<br />
Sulla testata siamo stati costretti a fare - non per nostra volontà, ma per<br />
il comportamento di uno screditato personaggio - un’altra registrazione in<br />
Tribunale che ha comportato una spesa imprevista.<br />
Sulla questione del colore, invece, è necessario dilungarci un po’ di più.<br />
Quando abbiamo fatto la scelta di usare il colore, questa era determinata dal<br />
fatto di poter offrire al lettore un prodotto più moderno e accattivante. È<br />
indubbio che “macchie” di colore rendano il prodotto più leggibile e non è<br />
un caso che tutti i grandi giornali, dal Corriere alla Stampa, stanno ristrutturandosi<br />
o l’hanno già fatto per il full-color.<br />
Nessuno può disconoscere che il nostro giornale è cresciuto. È cresciuto<br />
velocemente nella grafica e un po’ più lentamente nei contenuti. Nella galassia<br />
dei giornali del carcere, carte<strong>Bollate</strong> rappresenta sì un granellino, ma è un<br />
granellino che confrontato agli altri non fa certo brutta figura e non soffre<br />
di complessi d’inferiorità. Sui contenuti cresciamo più lentamente, come è<br />
normale che sia.<br />
Dobbiamo lavorare ancora molto sulla scrittura per rendere le pagine<br />
omogenee, dobbiamo lavorare maggiormente sulla scelta degli argomenti,<br />
dobbiamo fare un prodotto giornalisticamente corretto. Di questo sono ben<br />
consapevoli i redattori che si stanno sforzando di fare questo e, numero dopo<br />
numero, c’è una varietà di articoli e argomenti che mi spinge ad insistere in<br />
questo senso.<br />
D’altronde, la grafica è essa stessa giornalismo e noi abbiamo avuto la fortuna<br />
di avere due grafici creativi come Paola Pandiani e Vincenzo Mennuni,<br />
che hanno sviluppato molto questo settore aiutati da bravi grafici-detenuti.<br />
Quindi al giornale va dato un voto complessivo ed io, pur non essendo<br />
mai contento del prodotto (i redattori lo sanno bene!), non posso che dare<br />
un voto positivo. Però. . .<br />
Sì, c’è un però. C’è il fatto che non abbiamo più soldi per poter stampare<br />
il giornale a colori e fra poco non li avremo neppure per stampare solo con<br />
il nero. Perché tutto questo Intanto i costi. Ogni toner nero costa 190 euro.<br />
Per ogni numero ne consumiamo poco più di due, quindi abbiamo bisogno<br />
di almeno 400 euro. Ogni toner a colori costa 278 euro e noi abbiamo bisogno<br />
dei quattro colori di base, quindi 1.112 euro. In totale, 1.512 euro per<br />
numero. Poi c’è la carta e altro materiale d’uso. In pratica se non troviamo i<br />
soldi, questa esperienza finirà.<br />
Si parla, da tempo, di un finanziamento che è diventato, ormai, fantomatico.<br />
Stiamo lavorando per ottenerlo, ma non è detto che così sarà. Certo,<br />
non c’è solo il giornale. Quando si legge che in un carcere hanno fatto la tv<br />
a circuito chiuso, immancabilmente qualcuno s’innamora di questa idea e<br />
magari sogna di farla anche a <strong>Bollate</strong>. Anche in quel carcere, però, sono già in<br />
difficoltà e chiedono soldi per poter continuare l’esperienza che è certamente<br />
importante e stimolante. Noi crediamo di avere le carte in regola per poter<br />
continuare la nostra esperienza, senza voli pindarici ed esaltazioni che durano<br />
lo spazio di un mattino.<br />
Vogliamo continuare a fare il giornale, questo giornale! Lo vogliamo fare<br />
anche se è difficile, pur con tutte le difficoltà. Difficile perché, molte volte, il<br />
giornale non è neppure avvisato degli eventi che riguardano il carcere.<br />
Può piacere o meno, ma nello stesso tempo chiediamo, anzi, esigiamo il<br />
rispetto di tutti per quello che stiamo facendo. Sicuramente può essere fatto<br />
meglio e certamente c’inventeremo qualcosa per raccogliere un po’ di soldi.<br />
Ma alla fine, se chiuderà, il danno non sarà solo per i redattori -detenuti, ma<br />
sarà un danno per tutti.<br />
Quando muore un giornale, non dimentichiamolo, muore sempre un po’<br />
di democrazia.<br />
Adriano Todaro<br />
EDITORIALE
VOGLIAMO CONTINUARE A<br />
FARE IL GIORNALE.<br />
QUESTO GIORNALE!<br />
- Allora, prof., mi torni a dire a cosa serve il giornalismo.<br />
-È l’ultima fottuta barriera che c’impedisce di cadere nella barbarie. Senza<br />
il giornalismo, senza la circolazione delle informazioni, tutti alzeremmo la<br />
mano quando il big brother ce lo ordina. È la voce dei muti, l’orecchio in più<br />
che dio ha dato ai sordi. È l’unico fottuto mestiere che ancora valga la pena<br />
nella seconda metà del XX secolo.<br />
È l’equivalente moderno della pirateria etica, il soffio vitale delle ribellioni<br />
degli schiavi. È l’unico lavoro del cazzo che sia ancora divertente.<br />
È quello che impedisce il ritorno al semplicismo cavernicolo. Contraddittoriamente,<br />
torna a occuparsi di cose eterne: la verità, il male, l’etica, il nemico.<br />
È la migliore letteratura, perché è la più immediata.<br />
È la chiave della democrazia reale, perché la gente deve sapere cosa sta succedendo<br />
per decidere come giocarsi la vita. È il rincontro delle migliori tradizioni<br />
morali del cristianesimo con quelle della sinistra rivoluzionaria della<br />
fine del XIX secolo. È l’anima di un Paese.<br />
Senza giornalisti saremmo tutti morti, e la maggioranza ciechi. Senza circolazioni<br />
di informazione veridica saremmo tutti stupidi. È anche il rifugio dei<br />
topi di fogna, la zona più contaminata, insieme alla polizia, di tutta la nostra<br />
società. Uno spazio che si fa più degno perché va condiviso con i tipi più<br />
abbiettii, più servili, più abbuffini, più corrotti.<br />
E per comparazione ti offre la possibilità dell’eroismo. È come se mettessero<br />
il cielo e l’inferno in un frullatore e tu dovessi lavorare in movimento. È una<br />
falegnameria del senso comune. . . Ti basta o devo andare avanti<br />
- Mi basta, gli dissi, grazie prof.<br />
Paco Ignatio Taibo II<br />
Sentendo che il campo di battaglia<br />
Si fa strada la convinzione che il giornalismo anziché attività intellettuale e critica, sia in realtà una funzione<br />
notarile, un anello tecnico perfettamente modellato sui gerghi e le movenze del potere.<br />
C’è il rischio non solo di allevare una generazione di giornalisti culturalmente passivi, ma anche di far<br />
nascere un nuovo e più sottile conformismo di massa, una sudditanza verso quello che viene imposto<br />
come l’unico linguaggio possibile.<br />
Tutto il peso dell’intervento critico e della manifestazione di opinioni, viene trasferito su poche persone<br />
appartenenti al personale politico, che sembrano essere le uniche autorizzate ad analizzare i fatti, che<br />
sono spessissimo animate da intenzioni non informative e talvolta persino culturalmente non attrezzate<br />
per rivolgersi alla pubblica opinione.<br />
La realtà assume così un’ottica partitica, iperpoliticizzata, che non corrisponde a nulla di autentico, che<br />
genera nuova sfiducia e distacco che deforma la politica stessa e persino la vita istituzionale.<br />
Andrea Barbato
Sommario<br />
Editoriale<br />
Senza colore e senza soldi<br />
Lettere in redazione<br />
Blitz su droghe e legittima difesa<br />
Reclami & Reclami<br />
La rappresentazione della pena alla Triennale<br />
La memoria olfattiva e il ricordo degli odori<br />
Incontro del magistrato Brambilla con 100 detenuti<br />
Storia / Karl Marx<br />
I burloni dell’art. 21 e l’Atm<br />
Muore la madre, ma non ha il permesso di vederla<br />
Amnistia / Si continua a speculare sui detenuti<br />
Inchiesta / Ma come vivono gli agenti<br />
Forum / Sui Sex offender, parliamone<br />
pag. 3<br />
pag. 4<br />
pag. 6<br />
pag. 9<br />
pag. 10<br />
pag. 11<br />
pag. 12<br />
pag. 13<br />
pag. 14<br />
pag. 15<br />
pag. 16<br />
pag. 17<br />
pag. 20<br />
I guai peggiori di questo mondo,<br />
non li provoca colui<br />
che racconta quello che sa,<br />
ma colui che racconta<br />
più di quello che sa<br />
redazione<br />
Il nuovo<br />
carte<strong>Bollate</strong><br />
via c. belgioioso, 120<br />
20157 milano<br />
direttore responsabile<br />
adriano todaro<br />
giornalista esterna<br />
carla chiappini<br />
impaginazione e grafica<br />
alessandro de luca<br />
vincenzo mennuni<br />
paola pandiani<br />
hanno collaborato, a vario titolo,<br />
a questo numero:<br />
Immigrazione / I viaggi della speranza<br />
pag. 22<br />
Volontariato / Con chitarra, voce e un sorriso<br />
pag. 23<br />
Spigolature carcerarie<br />
pag. 24<br />
Affettività / Il progetto bungalow per incontri più sereni<br />
pag. 26<br />
Nuova educatrice al Secondo reparto<br />
pag. 27<br />
La pagina rosa<br />
pag. 28<br />
Morire di carcere<br />
pag. 30<br />
Il Sesto reparto e le condizioni psicologiche del colore<br />
pag. 31<br />
Natale in carcere<br />
pag. 31<br />
Poesie<br />
pag. 32<br />
L’isola dei famosi<br />
pag. 33<br />
Sport / Grande impegno per il campionato di calcio<br />
pag. 34<br />
Vogliamo continuare a fare questo giornale!<br />
pag. 35<br />
cartebollate@libero. it<br />
alina<br />
ananke<br />
lucia castellano<br />
antonio cirianni<br />
davide ditali<br />
don fabio fossati<br />
andreas fulde<br />
francesco ironico<br />
claudio macario<br />
diego manzella<br />
francesco merolle<br />
gianni minino<br />
franco palazzesi<br />
libero vanutelli<br />
responsabile tecnico<br />
mario curtone<br />
stampa<br />
in proprio<br />
“ANIME”<br />
martedi 7 marzo 2006 presso i Musei di Porta Romana in Viale Sabotino, 22<br />
a Milano, sarà inaugurata la personale del Maestro Santi Sindoni<br />
Questo numero di carte<strong>Bollate</strong><br />
è stato chiuso in redazione<br />
alle ore 19 di giovedì<br />
16 <strong>febbraio</strong> 2006<br />
Il disegno di copertina è di<br />
Santi Sindoni.<br />
Quelli a pag. 29 e pag. 35 sono di<br />
Gabriele Galati e Moreno Mele.<br />
Questo periodico è stato realizzato<br />
grazie al contributo della<br />
cooperativa Articolo 3<br />
Registrazione Tribunale di Milano<br />
n. 862 del 16 novembre 2005
LETTERE IN REDAZIONE<br />
Da buon cristiano<br />
Sollecitato dall’invito del direttore di<br />
carte<strong>Bollate</strong> alla fine di un suo articolo<br />
(“Chi chiede la parola”), vorrei prendere<br />
la parola a proposito del tema della presenza<br />
in istituto dei cosiddetti Sex offender,<br />
soprattutto dopo la loro partecipazione alla<br />
messa di Natale in teatro.<br />
Non voglio fare un intervento “confessionale”<br />
che parla delle mie personali convinzioni<br />
cristiane: mi riprometto di farlo<br />
con le persone che frequentano la catechesi<br />
e la messa domenicale. Vorrei, invece, fare<br />
qualche riflessione ad alta voce che possa<br />
sollecitare le reazioni di tutti, credenti e no,<br />
ben conscio che la stessa presenza massiccia<br />
alla messa natalizia è frutto per molti non<br />
tanto di una chiara esplicita scelta di fede,<br />
ma di un più generico - anche se per me<br />
significativo - senso di appartenenza “culturale<br />
e civile” alla tradizione cristiana.<br />
Non nascondo che la mattina di Natale<br />
ero curioso, e insieme un po’ preoccupato,<br />
di vedere quello che sarebbe successo e di<br />
vedere la mia stessa reazione. Da quella<br />
mattina sono venute le semplici reazioni<br />
che vi propongo.<br />
Condivido molto la posizione della<br />
direttrice che invita ciascuno a non giudicare:<br />
e non solo perché lo sento dal mio<br />
punto di vista un messaggio puramente<br />
evangelico, ma perché credo sia un valore<br />
profondamente laico, cioè inserito nella<br />
natura più profonda di una sana umanità.<br />
Ogni buon regime carcerario dovrebbe<br />
fondarsi proprio sulla distinzione tra il<br />
reato commesso e la persona che l’ha<br />
commesso. Il reato va giudicato ed espiato,<br />
la persona dev’essere rispettata e messa<br />
nella condizione di potersi distaccare dalla<br />
colpa commessa, per prenderne le distanze,<br />
creando così le condizioni per non ricadere<br />
negli errori e tornare a vivere una vita pienamente<br />
libera.<br />
Penso, però, che sia un bene poter<br />
dire ad alta voce, in modo ovviamente<br />
educato e civile, le proprie perplessità e<br />
fatiche. Parlare ad alta voce è terapeutico,<br />
non bisogna nascondere i propri pensieri,<br />
soprattutto, quando si parla di reazioni<br />
istintive ed emotive. Quel genere di reati<br />
fa inesorabilmente nascere in ciascuno di<br />
noi, me compreso, una forte difficoltà. Chi<br />
si atteggia a persona al di sopra di ogni<br />
pregiudizio e capace di ogni libertà, rischia<br />
di fingere e di non essere credibile fino in<br />
fondo. È vero che ogni reato va a ledere la<br />
libertà e la dignità della persona che n’è<br />
vittima – proprio in questi giorni hanno<br />
rubato ad un giovane della mia parrocchia<br />
la moto nuova che si era comperato dopo i<br />
primi due anni di lavoro.<br />
Ne era orgoglioso e rappresentava per<br />
lui il primo passo di una vera autonomia<br />
dalla sua famiglia; il furto l’ha prostrato<br />
in modo fortissimo: si è sentito beffato,<br />
disprezzato, non è stato colpito solo nella<br />
sua proprietà, è stato offeso dentro, nella<br />
sua identità professionale! – eppure, i reati<br />
contro la persona ci colpiscono in un modo<br />
più violento, perché sentiamo che vanno<br />
a ledere in profondità la dignità degli<br />
uomini, delle donne e dei bambini che ne<br />
sono vittima. Pensare che si possa fingere<br />
indifferenza di fronte a tutto questo, non<br />
è corretto ed è anche un po’ ingenuo. Per<br />
questo occorre parlare, discutere, far emergere<br />
le proprie paure, scrollandosi però di<br />
dosso anche tutti quei luoghi comuni della<br />
morale carceraria che impediscono perfino<br />
di parlarne, perché la condanna inappellabile<br />
è già stata data da sempre.<br />
In questi mesi io spero che tra noi si<br />
possa parlare con libertà (è un bel paradosso,<br />
pensando a dove viviamo!), cercando<br />
di darci una mano a fare dei passi insieme<br />
verso una maggiore tolleranza nella verità<br />
delle proprie fatiche e dei propri rifiuti. carte<strong>Bollate</strong><br />
può avere un ruolo fondamentale<br />
in questo dibattito.<br />
Un’ultima cosa, la più importante. Io<br />
frequento il sesto reparto e pian piano sto<br />
imparando a conoscere le persone che vi<br />
abitano. Avendo detto con chiarezza che<br />
anch’io ho provato e provo difficoltà a vivere<br />
quest’aspetto del mio lavoro, vorrei tentare<br />
di dire che cosa mi spinge a continuare<br />
in questa presenza. Io vado lì perché lì ci<br />
sono degli uomini e vorrei, nel mio piccolo,<br />
con le mie limitazioni, con le mie fatiche<br />
e i miei pregiudizi da superare, provare a<br />
dare una mano allo sforzo immane che essi<br />
stanno compiendo, insieme con l’équipe<br />
degli educatori, di ricostruzione della loro<br />
vita. Mi dico e mi ripeto che ogni uomo<br />
ha diritto ad avere una nuova possibilità e<br />
carte<strong>Bollate</strong> 4<br />
che laddove si è generata violenza è perché,<br />
forse, altra violenza aveva già lasciato il<br />
segno. E vado lì, ovviamente, perché credo<br />
da buon cristiano che la parola del Vangelo,<br />
insieme con la buona volontà e con gli<br />
strumenti terapeutici corretti, possa aiutare<br />
a generare una nuova vita.<br />
don Fabio Fossati - cappellano<br />
Chiedo la parola<br />
Come tanti leggo con attenzione carte<strong>Bollate</strong><br />
che ci permette di avere<br />
notizie a riguardo la nostra vita ristretta e<br />
il luogo in cui siamo costretti a vivere. La<br />
dottoressa Lucia Castellano ci ha informato<br />
dell'arrivo a <strong>Bollate</strong> di 19 detenuti per<br />
reati sessuali.<br />
La sua fermezza di portare a termine<br />
il progetto che sancisce l'inserimento nei<br />
reparti di queste persone, è stata molto<br />
chiara e decisa, suggerendo a chi non è<br />
d'accordo di fare domandina per altra<br />
destinazione carceraria, e, come si diceva<br />
una volta, o mangi questa minestra o salti<br />
dalla finestra. Per seguire il trattamento<br />
d'inserimento, si è colta l'occasione di<br />
partecipare tutti insieme ad ascoltare la<br />
messa il giorno di Natale che si è svolta nei<br />
locali del teatro.<br />
La scelta di un luogo sacro che accoglie<br />
tutti in preghiera, ed il giorno di Natale è
LETTERE IN REDAZIONE<br />
stata sicuramente un inizio intelligente del<br />
progetto. Però, sarebbe stato onesto avvisare<br />
della loro presenza gli altri detenuti,<br />
dando così la possibilità di scegliere senza<br />
obblighi, come è accaduto in questo caso.<br />
Molto probabilmente, la prossima<br />
occasione, potrebbe essere un evento teatrale<br />
prestigioso, dove tutti vorrebbero<br />
assistere. Però, ripeto, sarebbe onesto avvisare<br />
che a questo spettacolo assisteranno i<br />
Sex offender, in modo che si possa decidere<br />
o meno la propria partecipazione.<br />
Personalmente, appartengo alla stragrande<br />
maggioranza dei detenuti che non<br />
accettano la convivenza, l'inserimento nei<br />
piani del reparto e quindi nelle celle<br />
comuni, di questo "tipo" di detenuti.<br />
Come tutte le società, anche quella<br />
carceraria, ha i propri usi e costumi; ad<br />
esempio, quando un nuovo giunto viene<br />
accompagnato alla cella di destinazione,<br />
i detenuti che già vivono in quella<br />
cella, possono rifiutarsi di accettarlo. Mi<br />
domando cosa accadrà, quando in una<br />
cella sarà presentato un detenuto che ha<br />
commesso reati sessuali.<br />
Lascio a voi immaginare la risposta.<br />
È necessario ricordare che noi tutti<br />
viviamo privi di libertà, perciò in condizioni<br />
anormali; spesso si hanno i nervi a<br />
fior di pelle. In queste condizioni, diventa<br />
facile per un detenuto discutere animatamente<br />
ed a volte venire alle mani per futili<br />
motivi. Domando: cosa accadrà quando<br />
in una cella sarà obbligatorio convivere<br />
con una persona che interiormente non<br />
è accettata<br />
Il problema è di difficile soluzione;<br />
lo dimostra il fatto che in tutte la carceri<br />
d'Italia non esiste questa convivenza.<br />
<strong>Bollate</strong> permette alla persona detenuta<br />
di vivere dignitosamente, perciò si pone<br />
come banco di prova mettendo sul piatto<br />
della bilancia, il lavoro e quindi il salario<br />
mensile, oltre alla libertà di movimenti ed<br />
i servizi qualificanti che dispone, citiamo<br />
per tutti il teatro e la biblioteca.<br />
Perciò, per logica, si sarà costretti a scegliere<br />
tra la vita in comune ed una diversa<br />
destinazione, però a volte la logica, per chi<br />
vive tra le mura sbarrate non esiste, è dai<br />
fatti privi di logica e di convenienza che<br />
nasceranno i problemi.<br />
La persona detenuta, non è portata<br />
a discutere di questo tipo di problema,<br />
comunque come lei dice caro direttore<br />
Adriano Todaro, parliamone.<br />
carte<strong>Bollate</strong> 5<br />
Lettera firmata<br />
Sullo stesso argomento c’è pervenuta<br />
un’altra lettera a firma “un gruppo di detenuti”.<br />
Ripetiamo quello che stato detto più<br />
volte. Le lettere anonime non le pubblichiamo.<br />
Se lo scrivente non vuole proprio che<br />
il suo nome appaia sul giornale, possiamo<br />
utilizzare la formula “lettera firmata”, ma<br />
come direttore debbo conoscere chi sono le<br />
persone che hanno scritto la lettera. Pronto<br />
a pubblicarla quando mi saranno forniti i<br />
nominativi.<br />
Lettera aperta<br />
Cari lettori di carte<strong>Bollate</strong>, busso alla<br />
porta di questa redazione per far<br />
conoscere l'esperienza della storia di vita<br />
comune.<br />
In questo luogo di giustizia, sono per<br />
scontare la mia punizione carceraria di<br />
anni 1, mesi 10, giorni 8. Gli errori commessi<br />
fuori alla libertà risalgano agli anni<br />
‘95/96.<br />
Provenivo dalla libertà, ho dovuto<br />
lasciare il mio lavoro, la mia casa gli<br />
affetti, nonché molti punti di riferimento<br />
esterni.<br />
Mi sono costituito di persona in questo<br />
istituto, poiché ne sentivo parlare bene.<br />
Da subito mi sono attivato per farmi<br />
conoscere dagli operatori, educatori e assistenti<br />
sociali, nonché dal personale della<br />
Polizia penitenziaria, dal volontariato e dai<br />
cappellani; insomma, ho cercato di non<br />
perdere tempo.<br />
Attualmente sono impiegato in attività<br />
lavorativa presso la Mof (Manutenzione<br />
ordinaria fabbricati) come elettricista. Nel<br />
pomeriggio vado a scuola.<br />
Frequento il secondo anno delle superiori<br />
(“Primo Levi” del progetto Sirio),<br />
faccio parte della commissione culturale<br />
cineforum, sono frequentatore della<br />
biblioteca dell'istituto e quella "one line".<br />
Faccio colloqui con i miei datori di lavoro,<br />
con i quali mantengo regolare corrispondenza.<br />
In questa prima fase della mia<br />
detenzione posso dire di non sentirmi solo<br />
o abbandonato.<br />
Ho chiesto - tramite domandina -<br />
alla direttrice Lucia Castellano di essere<br />
ammesso all'articolo 21, come prevede<br />
il regolamento penitenziario, il quale mi<br />
permetterebbe di riprendere la mia attività<br />
lavorativa all'esterno, rientrando in istituto<br />
la sera.<br />
Credo di essere sulla giusta strada, sto<br />
mettendo a frutto la privazione della mia<br />
libertà. Non intendo lasciarmi riempire<br />
di vuoto, ma cerco di farmi aiutare dai<br />
vari operatori sociali, per sentirmi accompagnato,<br />
nonché sostenuto nelle difficili<br />
situazioni che nel carcere ci sono e si<br />
incontrano.<br />
Non nascondo la tristezza dell'animo,<br />
in quanto se mi avessero offerto la possibilità<br />
dell'affidamento ai servizi sociali del<br />
mio territorio, non sarei dovuto entrare<br />
in carcere.<br />
Comunque ho cercato di trasformare<br />
la mia rabbia nascosta, in energia positiva<br />
di cui mi sono abbandonato nelle mani<br />
del sistema carcerario nella sua burocrazia<br />
sperando che le cose vadano meglio e<br />
bene.<br />
È molto facile perdere tutto nella vita<br />
come sentirsi sconfitto dal mondo, quindi<br />
sarà certamente difficile ricostruire il<br />
tutto.<br />
Essere "terremotato" nelle vicenda<br />
della giustizia degli uomini, spesso ci<br />
si può sentire non solo persi, ma anche<br />
dimenticati dal mondo e da tutti.<br />
Questa mia esperienza tuttora in corso,<br />
attualmente la ritengo positiva sotto tutti i<br />
punti di vista. Mi auguro possa continuare<br />
sino al raggiungimento degli obbiettivi<br />
sopra descritti.<br />
Credo nella certezza della pena, quando<br />
questa partecipata al reinserimento non<br />
perda tempo prezioso nelle scrivanie della<br />
burocrazia.<br />
Con questo chiudo lasciandovi un<br />
breve pensiero: nessuno è tanto ricco da<br />
non poter ricevere e accettare, accogliendo<br />
qualcosa anche dagli altri. "Pellegrino" tra<br />
le sbarre.<br />
Davide Ditali, IV reparto
BLITZ SU DROGHE E LEGITTIMA DIFESA.<br />
GLI ULTIMI COLPI DI CODA DEL GOVERNO<br />
I PARERI DI ANTIGONE, GRUPPO ABELE,<br />
DEL PG MAISTO E DEL PG DI VENEZIA FORTUNA<br />
DROGHE<br />
Finalmente l’agognata legge sulle<br />
droghe è passata con il solito voto di<br />
fiducia: 148 favorevoli, 82 contrari.<br />
Per farla passare l’hanno messa all’interno<br />
delle misure di sicurezza per le<br />
Olimpiadi di Torino, con un maxiemendamento.<br />
È il pacchetto-regalo per An da parte<br />
di Berlusconi e nei confronti della parte<br />
dell’Udc (ala muccioliniana) che fa capo<br />
a ministro Giovanardi.<br />
Tutti in coro sfidando il buon senso,<br />
l’evidenza scientifica e l’esperienza della<br />
gran parte degli operatori del settore,<br />
salutano il ritorno della “tolleranza zero”<br />
dei tempi craxiani, cancellata da un referendum<br />
popolare.<br />
Portiamo, di seguito, il parere dell’Associazione<br />
Antigone, del Gruppo<br />
Abele e di Francesco Maisto, Procuratore<br />
generale a Milano.<br />
Antigone<br />
Se i detenuti tossicodipendenti oggi<br />
sono circa 20 mila, dopo la legge Fini-<br />
Giovanardi sulle droghe si andranno a<br />
moltiplicare. Giovani incensurati che<br />
fanno uso di marijuana o hashish rischiano<br />
decenni di galera.<br />
I consumatori di droghe leggere sono<br />
trattati molto peggio dei cocainomani e<br />
forse immaginiamo il perché. È l'ennesima<br />
legge illiberale e violenta. Una legge<br />
contro le famiglie, contro i giovani e<br />
contro il buon senso.<br />
Non avendo tempo, non avendo<br />
il coraggio di affrontare la discussione<br />
parlamentare viene posta la fiducia inserendo<br />
le norme anti-droga nel decreto<br />
sulle Olimpiadi.<br />
Il diritto e la coerenza legislativa sono<br />
oramai carta straccia. Infine si lascia presumere<br />
che lo sport sia tutto e solo una<br />
questione di uso di droghe.<br />
Non vengano quindi successivamente<br />
in modo ipocrita a esultare se vinciamo<br />
qualche medaglia alle Olimpiadi di<br />
Torino.<br />
Gruppo Abele<br />
È grave la modifica apportata al Senato<br />
alla legislazione in materia di tossicodipendenza,<br />
all'interno del decreto Olimpiadi,<br />
con voto di fiducia. Grave per molti giovani<br />
che possono non essere definiti tossicodipendenti<br />
anche se entrano in contatto con<br />
droghe leggere, grave<br />
per le persone tossicodipendenti,<br />
grave<br />
per le loro famiglie,<br />
grave per la già tragica<br />
situazione delle<br />
carceri italiane. Grave<br />
per tutti.<br />
Per riassumere,<br />
sono quattro i punti,<br />
in estrema sintesi, su<br />
cui esprimiamo il dissenso,<br />
dato dall'esperienza<br />
e dall'incontro<br />
con migliaia di situazioni<br />
che sono entrate<br />
in contatto con le<br />
droghe, e delle quali<br />
molte hanno dato<br />
una svolta alla loro<br />
vita abbandonando<br />
l'uso delle sostanze.<br />
Primo: l'equiparazione<br />
tra droghe leggere<br />
e pesanti mette sostanze,<br />
effetti e persone,<br />
molto diverse, sullo<br />
stesso piano e porterà<br />
inevitabilmente<br />
nel circuito carcerario<br />
molti assuntori di sole<br />
droghe leggere. Questa<br />
nuova legislazione<br />
ci riporterà a quanto<br />
avveniva tra il 1990 e<br />
il 1993.<br />
Secondo: quando<br />
si definisce per legge<br />
chi è tossicodipendente e chi spacciatore e<br />
si determina la quantità si limita fortemente<br />
la discrezionalità del giudice che - le<br />
storie lo dimostrano - è necessaria perché<br />
ogni situazione va valutata, caso per caso,<br />
nell'ambito del giudizio.<br />
Terzo: le cure coatte. La legge introduce<br />
la consequenzialità tra condanna e opportunità<br />
di trattamento prevedendo l'accesso<br />
ai programmi di trattamento in sostituzione<br />
della pena. E se per tutte le forme<br />
Ecco cosa dice la legge<br />
I punti principali della Fini-Giovanardi sono l’unificazione<br />
di tutte le sostanze psicotrope in un’unica tabella.<br />
parificando droge pesanti e leggere, la criminalizzazione<br />
del consumo, l’inasprimento delle pene e parificazione<br />
dei servizi privati a quelli pubblici.<br />
Con la tabella unica cadono tutte le distinzione tra<br />
diversi tipi di sostanze, ma la determinazione della quantità<br />
al di sopra delle quali scatta l’accusa di spaccio, è stata<br />
demandata a un successivo decreto. Avere rinviato a un<br />
momento successivo la definizione delle modiche quantità,<br />
comporterà anche un periodo di grandi discrezionalità<br />
nell’applicazione della legge.<br />
Oltre all’inasprimento delle pene, con la parificazione<br />
delle sostanze viene introdotta anche l’equiparazione<br />
dei trattamenti previsti, per il consumatore di cannabinoidi<br />
così come per il tossicodipendente da eroina.<br />
Potranno essere comminate pene da 1 a 6 anni per la<br />
detenzione di “lievi entità” di droghe e pene da 6 a 20<br />
anni con multe da 2 mila a 260 mila euro per “quantità<br />
elevate” che comportino l’accusa di spaccio.<br />
Chi detiene una quantità per uso personale, se<br />
riconosciuto come pericolo pubblico, sarà sottoposto a<br />
sanzioni amministrative come il ritiro della patente e passaporto,<br />
obbligo di recarsi almeno due volte la settimana<br />
in commissariato e di rientrare a casa entro un’ora fissata.<br />
Strutture private e comunità potranno certificare lo stato<br />
di tossicodipendenza e mettere a punto i piani terapeutici.<br />
In pratica, chi dovrebbe “curare” il tossicodipendente, è<br />
la stessa struttura che prima ne accerta la condizione di<br />
dipendenza. Un regalo, anche economico, del governo,<br />
agli amici come don Gelmini e San Patrignano.<br />
di trattamento la libera scelta è un tassello<br />
fondamentale ciò diviene imprescindibile<br />
per chi entra in una comunità terapeutica<br />
che rappresenta uno strumento efficace<br />
carte<strong>Bollate</strong> 6
solo se la persona che ne fruisce può sceglierla<br />
liberamente giorno per giorno.<br />
Quarto: l'introduzione delle certificazione<br />
da parte dei privati per l'accesso al<br />
trattamento.<br />
Oggi le comunità hanno molti posti<br />
vuoti e potrebbe esserci una sorta di “conflitto<br />
di interessi”, vale a dire un invio più<br />
facile, per “far tornare i conti” per riempire,<br />
non nell'interesse della persona, ma della<br />
struttura. Noi siamo per una separazione<br />
di tutto ciò; in parole povere avremmo<br />
lasciato questo aspetto unicamente ai servizi<br />
pubblici.<br />
Francesco Maisto<br />
Procuratore generale<br />
Milano<br />
Dottor Maisto, il Senato oggi ha<br />
approvato le modifiche della normativa<br />
sulle droghe attraverso il decreto legge<br />
sulle Olimpiadi. I decreti legge si adottano<br />
in casi di urgenza. A quale urgenza fa<br />
fronte il provvedimento a suo avviso<br />
La Costituzione consente la decretazione<br />
d'urgenza solo quando ci sia il carattere<br />
di urgenza. Mentre sul provvedimento di<br />
abrogazione della ex-Cirielli c'era l'emergenza,<br />
cioè di non mandare in carcere<br />
detenuti che avevano fatto un programma<br />
terapeutico, per tutti gli altri articoli per i<br />
quali è stato fatto l'emendamento, il requisito<br />
dell'emergenza non c'è. Tutta la parte<br />
relativa al potere delle Regioni, l'assemblamento<br />
delle tabelle, non c'è il requisito<br />
dell'emergenza.<br />
Droghe leggere e pesanti sono equiparate.<br />
Quali saranno le prime conseguenze<br />
giudiziarie<br />
Le tabelle portano al fatto che ci troviamo<br />
di fronte allo stesso trattamento<br />
sanzionatorio. Conseguentemente ci sarà<br />
un maggiore ampliamento dell'operatività<br />
degli arresti obbligatori in flagranza o<br />
quasi flagranza, si aggraverà la situazione di<br />
affollamento delle carceri e aumenteranno<br />
i processi per le nuove condotte sanzionate,<br />
andando a pesare sulla già ingolfata macchina<br />
della giustizia.<br />
Il provvedimento reintroduce le quantità<br />
di principio attivo come discrimine<br />
tra uso personale e spaccio, ma rimanda<br />
al ministero della Salute la decisione dei<br />
valori soglia.<br />
Mentre in Parlamento si vota, il ministero<br />
non ha ancora pubblicato le quantità.<br />
Si rischia un vuoto legislativo<br />
Intanto mi pare che il fatto cioè che<br />
non si scriva la soglia nella legge è un fatto<br />
positivo. Ma il problema è più generale, il<br />
problema è la soglia. Si sbaglia ogni volta<br />
che si ricorre a criteri quantitativi. Su questo<br />
la Corte Costituzionale si era già espressa<br />
con la sentenza numero 28 del 1993.<br />
Nella vacatio legis, tra la pubblicazione cioè<br />
della legge in Gazzetta ufficiale e la sua<br />
entrata in vigore, che di solito è di 15 giorni,<br />
c'è tempo per il ministero di emettere la<br />
tabella. Se ciò non avvenisse avremmo una<br />
norma penale in bianco e grossi problemi<br />
interpretativi.<br />
Il testo introduce accanto alle quantità<br />
soglia anche dei parametri investigativi<br />
per discernere lo spaccio dal consumo,<br />
come il peso lordo, il confezionamento,<br />
il taglio della sostanza. Lo trova utile<br />
Aiuteranno gli agenti di polizia<br />
Dei parametri investigativi non c'è<br />
necessità. C'è tutta una giurisprudenza<br />
costante ed unanime della Corte di Cassazione<br />
su quelli che sono i parametri<br />
investigativi, cioè quelli indiziari se si versa<br />
nell'una o nell'altra ipotesi. Le forze dell'ordine<br />
in quanto operano in brutta condizione<br />
sulla strada, di questi parametri non<br />
sapranno mai cosa farsene, questi parametri<br />
servono al giudice.<br />
Il decreto Olimpiadi ha modificato<br />
anche l'articolo 94bis della ex-Cirielli,<br />
sospendendo l'aumento di pena dei detenuti<br />
recidivi tossicodipendenti, a patto<br />
che abbiano un percorso terapeutico in<br />
corso. È limitativo assegnare i benefici<br />
soltanto a chi sceglie la comunità<br />
L'obiettivo iniziale della Cirielli per<br />
quanto riguarda i tossicodipendenti era<br />
di punirli ancora di più e di mandarli in<br />
carcere senza sospendere la pena se recidivi.<br />
A questo hanno cercato di porre riparo con<br />
il decreto sulle Olimpiadi.<br />
Il decreto prevedeva in un primo<br />
momento l'esonero per quelli che erano<br />
tossicodipendenti, ma che avessero comunque<br />
un programma di recupero in corso.<br />
Quello di oggi è ancora più restrittivo<br />
perché non si applica nei confronti di tossicodipendenti<br />
che non abbiano in corso<br />
al momento del deposito della condanna<br />
definitiva un percorso terapeutico.<br />
Se una persona inizia un programma<br />
e lo continua da dopo che la sentenza è<br />
carte<strong>Bollate</strong> 7<br />
divenuta definitiva a quando viene emesso<br />
l'ordine di carcerazione non serve a niente.<br />
C'è una riduzione dell'area di operatività<br />
della sospensione della pena del<br />
tossicodipendente che abbia in corso un<br />
trattamento terapeutico. Sulle modifiche<br />
alla legge sulle droghe non vede vizi di<br />
incostituzionalità, quando ad esempio<br />
reintroduce il criterio quantitativo, già<br />
abrogato dal referendum del 1993<br />
Si tratta in effetti della mera reiterazione<br />
di una legge che nei suoi princìpi<br />
era già stata ritenuta incostituzionale dalla<br />
Corte Costituzionale dopo il referendum.<br />
Si riproduce per legge ordinaria ciò che la<br />
maggioranza dei cittadini italiani aveva con<br />
voto referendario voluto abrogare. Il principio<br />
secondo il quale il legislatore ordinario<br />
non può reiterare una legge abrogata per<br />
referendum.<br />
Dopo il referendum la Corte ha valutato<br />
non costituzionale il principio quantitativo.<br />
La questione potrà essere sollevata nel<br />
momento in cui si richiederà una valutazione<br />
di legittimità costituzionale.<br />
LEGITTIMA DIFESA<br />
Meglio sarebbe dire legittima offesa.<br />
Comunque sia, è il regalo di fine stagione<br />
fatto da Berlusconi alla Lega Nord. Le<br />
nuove norme cancellano il principio della<br />
proporzionalità della risposta alla presunta<br />
minaccia, alla base della vecchia legge e<br />
di fatto consentono al comune cittadino<br />
di sparare a chiunque ritenga stia minacciando<br />
non solo la propria vita, ma anche<br />
i propri beni.<br />
Una licenza d’uccidere estesa anche al<br />
di fuori della propria abitazione e applicabile<br />
nel proprio giardino, nei negozi e in<br />
qualunque luogo si svolga un’attività professionale<br />
o commerciale, in pratica anche<br />
in tutti i posti di lavoro.<br />
A scrutinio segreto, 244 parlamentari<br />
della maggioranza hanno detto sì, 175<br />
dell’opposizione no.<br />
E così chi reagirà con la violenza non<br />
sarà punibile per “eccesso di difesa”. Il caso<br />
ha voluto che due giorni dopo l’approvazione<br />
della legge, un imprenditore di Verona,<br />
militante leghista, ha ucciso un ragazzo di<br />
26 anni che tentava di penetrargli in casa,<br />
con ben 13 colpi di pistola semiautomatica<br />
Hk calibro 40, secondo alcuni esperti, più<br />
devastante della famosa 357 Magnum.<br />
Andrà in galera
Si può usare un’arma, dice la legge,<br />
legittimamente detenuta o “altro mezzo”,<br />
vale a dire che in mancanza della pistola<br />
con regolare porto d’armi, si può accoltellare,<br />
spaccare la testa, sgozzare ed altro.<br />
Naturalmente ci sono dei limiti e condizioni:<br />
il pericolo d’aggressione e la mancata<br />
desistenza da parte dell’intruso.<br />
Un po’ come chiedere al ragazzo di 26<br />
anni con 13 pallottole in corpo di testimoniare<br />
di essersi arreso davanti alla vittima.<br />
L’ineffabile ministro della Giustizia,<br />
Roberto Castelli, fuori di sé dalla gioia, ha<br />
dichiarato che “Da oggi i delinquenti devono<br />
avere qualche timore in più e le brave persone,<br />
vittime di aggressioni, qualche problema in<br />
meno”. In realtà le cose non stanno così.<br />
Nel Far West, almeno, qualche regola esisteva.<br />
Con la nuova legge non esistono più<br />
regole e d’ora in avanti bisognerà fare<br />
molta attenzione a non essere scambiati<br />
per potenziali malviventi, magari mentre si<br />
attraversa un campo, proprietà privata.<br />
Il parere, di seguito, su questa legge da<br />
parte dell’Unione Camere Penali, dell’Associazione<br />
magistrati e di Ennio Fortuna<br />
Procuratore generale di Venezia.<br />
Ettore Randazzo<br />
presidente Unione camere penali<br />
Purtroppo è stata approvata un’altra<br />
legge ingiusta, che autorizza la legittima<br />
offesa anche nei confronti di chi non<br />
rappresenta un pericolo per l’incolumità<br />
del cittadino.<br />
Antonio Patrono<br />
segretario<br />
Associazione nazionale magistrati<br />
È una norma di cui non si sentiva<br />
bisogno perché c’è già la legislazione<br />
vigente, interpretata da una giurisdizione<br />
ormai decennale. Era sufficiente e conforme<br />
ai migliori canoni del diritto penale.<br />
Ennio Fortuna<br />
Procuratore generale di Venezia<br />
Dottor Fortuna, appena 48 ore<br />
dopo l’approvazione della legittima<br />
difesa, c’è già il primo morto.<br />
Sarei più cauto. Certo è una drammatica<br />
coincidenza, ma non si può stabilire<br />
un rapporto tra quanto accaduto e la<br />
nuova legge. Temo però che fatti come<br />
quello di Verona si ripeteranno: se è vero<br />
che la persona aggredita viene autorizzata<br />
a difendersi con le armi, allora è probabile<br />
che la malavita faccia meno rapine,<br />
ma se decide di farle si arma a sua volta<br />
e probabilmente sa sparare meglio del<br />
semplice cittadino.<br />
Lei una legge così l’avrebbe approvata<br />
Ho il massimo rispetto per il Parlamento,<br />
ma se fosse dipeso da me no.<br />
Credo che si sia voluta dare una risposta al<br />
bisogno di sicurezza avvertito soprattutto<br />
qui in Veneto.<br />
Io sono Pg in una regione ricca, in<br />
cui c’è stata un’escalation di rapine nelle<br />
ville. In una situazione simile credo che<br />
autorizzare l’uso delle armi esponga tutti<br />
al rischio di scontri cruenti in cui sia l’aggressore<br />
che l’aggredito possono rimane<br />
colpiti.<br />
E io temo soprattutto per il cittadino<br />
indifeso.<br />
Non crede che questa legge introduce<br />
un malinteso senso di sicurezza e un<br />
pericolosissimo stravolgimento culturale:<br />
quello che ognuno ha diritto a sparare<br />
e a reagire anche in maniera sproporzionata<br />
al pericolo che lo minaccia<br />
Questo è un punto molto discusso,<br />
soggetto probabilmente a una verifica da<br />
parte della Corte costituzionale.<br />
La legge parifica sostanzialmente il<br />
valore della vita a quello del domicilio, il<br />
che secondo me è tutto da discutere. Non<br />
sono sicuro che il legislatore, che può fare<br />
molto ma non tutto, possa addirittura<br />
abolire quell’esigenza di proporzione tra<br />
la minaccia ricevuta e la risposta data, che<br />
è esistita per secoli.<br />
C’è poi un nuovo concetto con il<br />
quale fare i conti, quello della desistenza<br />
dell’aggressore.<br />
Abbiamo a che fare con una legge<br />
molto più complessa di quanto sembri.<br />
Se un cittadino trova in casa un ladro<br />
disarmato, per la legge può sparare lo<br />
stesso se non vi è desistenza da parte del<br />
malvivente, cioè se il ladro non si arrende<br />
o non fugge e se vi è pericolo di un’aggressione.<br />
Alla vittima si chiede di fare una valutazione<br />
immediata del pericolo che corre<br />
sperando che non sbagli, altrimenti non<br />
scatta la legittima difesa.<br />
carte<strong>Bollate</strong> 8<br />
Come si prova la mancata desistenza<br />
da parte dell’aggressore una volta che<br />
questi è morto<br />
Si prova con quello che rimane, cioè con<br />
la parola dell’aggredito. Per il giudice - che<br />
deve verificare tutto - si tratta di una valutazione<br />
estremamente delicata e difficile,<br />
visto che l’unica verità che gli viene offerta<br />
è quella dell’interessato.<br />
Il ministro Castelli difende l’imprenditore<br />
di Verona e dice che la nuova legge<br />
interverrà in suo favore.<br />
Ha ragione, perché una legge di favore<br />
è sempre retroattiva. Certo, se Ciampi la<br />
firma, questo è ovvio.<br />
* Le varie dichiarazioni sono state riprese<br />
dai Comunicati stampa delle associazioni,<br />
dall’agenzia giornalistica Redattore Sociale e<br />
dal quotidiano il manifesto.<br />
Appello / Medici non<br />
date il porto d’armi<br />
“L’unica risposta alla legge appena<br />
approvata sulla legittima difesa è<br />
che i medici facciano obiezione di<br />
coscienza e si rifiutino di rilasciare<br />
a chi non ne ha bisogno per lavoro,<br />
il certificato d’idoneità psicofisica<br />
necessario per il porto d’armi”.<br />
Questo l’appello degli ideatori<br />
della campagna “Addio alle armi”,<br />
promossa dall’Associazione<br />
vegetariana italiana (Avi), fondata<br />
da Aldo Capitini, padre della<br />
nonviolenza nel nostro Paese, in<br />
collaborazione con Peacelink. “Chi<br />
possiede un’arma per ‘difesa’, molte<br />
volte la usa per offesa.<br />
“Chi la usa per uno ‘sport’<br />
chiamato caccia e uccide ogni<br />
stagione molti animali, può usarla<br />
anche verso il presunto ladro o verso<br />
la moglie, il vicino o chissà chi altro”.<br />
L’appello è rivolto ai colleghi da<br />
Riccardo Trespidi, presidente del<br />
Comitato medico-scientifico dell’Avi:<br />
“È il medico di famiglia a rilasciare il<br />
certificato d’idoneità che di solito<br />
è sufficiente ad ottenere il porto<br />
d’armi. La campagna nasce dalla<br />
personale obiezione di coscienza che<br />
io pratico già da qualche anno, con<br />
non pochi problemi”.
RECLAMI & RECLAMI<br />
Gent. ma direttrice<br />
dott. sa Lucia Castellano.<br />
Per conoscenza<br />
Educatore<br />
dott. Orlando Carbone<br />
Responsabile III reparto<br />
Redazione carte<strong>Bollate</strong><br />
Mi chiamo Francesco Guttuso<br />
ho 40 anni vivo al III reparto,<br />
sono in carcere a <strong>Bollate</strong> da un anno.<br />
La mia situazione personale, non è delle migliori. Ho<br />
perso mia moglie nel 2003, ho due figli che si sono da me<br />
allontanati con la perdita della loro mamma. Non faccio<br />
colloqui, praticamente sono un uomo solo.<br />
Sento spesso parlare di lei, signora direttrice come persona<br />
attenta all’occupazione ed al lavoro.<br />
Per me, di conseguenza allo stato in cui mi sento, il<br />
lavoro è particolarmente importante, le motivazioni sono<br />
facilmente comprensibili. Come tutti i detenuti, faccio<br />
domandina per ottenere un lavoro, indispensabile per la<br />
mia esistenza.<br />
Purtroppo mi sono visto scavalcare da compagni che a<br />
mio avviso non avevano i requisiti richiesti dalla graduatoria<br />
per ottenere un lavoro prima di me.<br />
Di conseguenza penso che sarebbe opportuno per tutta<br />
la popolazione carceraria di <strong>Bollate</strong>, conoscere quali sono<br />
i criteri usati per formare il punteggio che decide chi deve<br />
occupare per primo un posto di lavoro.<br />
La conoscenza dei criteri usati per formare la graduatoria<br />
che permette l’accesso al lavoro, eliminerebbe il sospetto<br />
di un malcostume in uso di conseguenza a favoritismi.<br />
La ringrazio per l’attenzione che vorrà dare per instaurare<br />
la trasparenza; affinché non ci siano favoritismi verso<br />
nessuno, convinto che almeno in carcere dobbiamo essere<br />
trattati tutti allo stesso modo.<br />
Francesco Guttuso III reparto<br />
Gentile sig Guttuso,<br />
l'accesso al lavoro in questo<br />
Istituto è regolato come segue:<br />
A) Lavoro alle dipendenze di<br />
aziende esterne (PCDET, Nova<br />
Spes, Outsider, WSC).<br />
L'azienda, quando ha bisogno<br />
di personale, pubblica un bando,<br />
specificando il numero di persone<br />
da assumere e i requisiti richiesti.<br />
Il bando viene affisso nelle<br />
bacheche dei vari reparti e i detenuti<br />
che lo desiderino, inoltrano<br />
la domanda di assunzione.<br />
Le domande sono selezionate<br />
dal responsabile dell'area trattamentale<br />
il quale verifica che i<br />
richiedenti non siano occupati in altre attività, incompatibili<br />
con il lavoro desiderato.<br />
B) Lavoro alle dipendenze dell'Amministrazione<br />
penitenziaria. I detenuti sono ammessi al lavoro secondo<br />
una graduatoria esistente come data-base (il programma<br />
che esiste in ogni reparto si chiama CRB, ed è un acronimo<br />
di Casa Reclusione <strong>Bollate</strong>). Il detenuto all'atto<br />
dell'ingresso compila una scheda anagrafica in cui indica<br />
tutti i suoi dati, sulla base di questa, il data-base attribuisce<br />
dei punteggi e, nello specifico, dà un punto per<br />
ogni familiare a carico fino ad un massimo di 3 punti, un<br />
punto ogni mese di anzianità di istituto, con frazione di<br />
un trentesimo di punto per ogni giorno che passa.<br />
Nel suo caso, risulta che a tutt'oggi ha un punteggio<br />
totale di 4.57 dato dal programma sulla base dell'anzianità<br />
di istituto essendo entrato in questa sede l’1 ottobre<br />
2004, più un punto in quanto risulta che ha un figlio a<br />
carico.<br />
Ad ogni modo, lei risulta iscritto alla scuola media dal<br />
25 ottobre 2005, alla classe B con i seguenti orari e giorni:<br />
Lun. Mart. Merc. Ven. dalle 8. 50 alle 11. 30. Pertanto,<br />
penso che non abbia ancora lavorato proprio per tale<br />
motivo, poiché, come più volte comunicato, chi sceglie<br />
di andare a scuola non può poi interrompere il corso di<br />
studi per lavorare, o deve scegliere un tipo di lavoro compatibile,<br />
come orari, con l'impegno scolastico.<br />
Invito tutti i detenuti a prendere visione di questa<br />
organizzazione e a segnalarmi, indicando situazioni concrete<br />
e non con lamentele generiche, se e quando il meccanismo<br />
descritto non funzioni, in modo da permettermi<br />
di apporre i correttivi necessari.<br />
carte<strong>Bollate</strong> 9
ALLA TRIENNALE DI MILANO PER 25 GIORNI<br />
LA RAPPRESENTAZIONE DELLA PENA<br />
UN PROGRAMMA CON MOLTE LUCI E QUALCHE OMBRA<br />
Inizierà il 23 <strong>febbraio</strong> e durerà 25 giorni,<br />
un importantissimo momento in<br />
cui il carcere sarà al centro della “rappresentazione”<br />
Non è un caso, infatti, che<br />
i promotori dell’iniziativa e il Comitato<br />
scientifico l’hanno appunto chiamato<br />
“La rappresentazione della pena - L’invisibile<br />
vita nuda”.<br />
Anomalo anche il posto della rappresentazione,<br />
la Triennale, luogo di<br />
rappresentazione per eccellenza, ma<br />
dell’abitare, del costruire, luogo dove<br />
designer e, spesso, tecnici della comunicazione<br />
visiva si riuniscono per esporre<br />
le loro opere.<br />
Questa volta, invece, al centro c’è il<br />
carcere con la nuda vita come metafora<br />
filosofica, ci sono i detenuti, i loro corpi<br />
intesi come macchine produttive per<br />
mostrare così “l’altra faccia della nuda<br />
vita che è la vita nuda quando il corpo<br />
torna ad essere relegato alla sua funzione<br />
elementare di macchina di sopravvivenza”.<br />
Rappresentare cioè, come dice la<br />
bozza del Comitato scientifico, “ciò<br />
che rimane invisibile come il vivere dei<br />
soggetti migranti, quelli che vivono nei<br />
containers per guerre o calamità naturali e<br />
quelli che sono nei luoghi della segregazione<br />
ove il corpo sconta la pena”. Quindi il<br />
carcere, ma non una mostra sul carcere,<br />
ma bensì 25 giorni “in cui dentro la<br />
Triennale, dentro la città” si faccia “rappresentazione<br />
della pena per riconoscere e<br />
riconoscersi anche in questa marginalità<br />
della vita nuda che piaccia o meno fa<br />
parte a pieno titolo della rappresentazione<br />
sociale”.<br />
Per visualizzare tutto ciò gli organizzatori<br />
hanno pensato ad una mostra<br />
Il Comitato scientifico<br />
e a un ciclo di seminari. La mostra,<br />
titolata “Nella città, l’inferno. I luoghi<br />
della pena” occuperà uno spazio espositivo<br />
di 800 metri quadrati dove saranno<br />
visibili 14 celle. Gli altri momenti della<br />
mostra saranno l’entrata nel carcere, la<br />
rappresentazione che il cinema ha dato<br />
nell’universo della pena, il teatro e, per<br />
finire, i numeri dell’universo carcerario<br />
con una parete bianca dove il visitatore<br />
della mostra potrà scrivere le proprie<br />
valutazioni, sensazioni, suggerimenti. . .<br />
Per il teatro, ci sarà la presenza<br />
degli attori di <strong>Bollate</strong> e la costruzione<br />
di una “piazza” dove si discuterà del<br />
carcere.<br />
L’apertura, come detto, è per il<br />
23 <strong>febbraio</strong>. Sarà la trasmissione televisiva<br />
“L’infedele” ad aprire, all’interno<br />
della stessa Triennale, la mostra e sarà<br />
chiusa dalla trasmissione “Iceberg” di<br />
Telelombardia che farà parlare di carcere<br />
i rappresentanti dei vari partiti. In<br />
mezzo a questi due eventi, tutta una<br />
serie di dibattiti e momenti importanti<br />
con i candidati sindaci di Milano, con<br />
filosofi, un seminario di cinema, uno<br />
sul teatro, uno sul tema dell’opinione<br />
pubblica e il carcere, uno sul tema della<br />
sicurezza nelle città, uno su carcere e<br />
campi di concentramento.<br />
E poi, ancora seminari e dibattiti<br />
fra architetti sulla progettazione dei<br />
luoghi di pena, sui comitati di cittadini<br />
che si occupano di microcriminalità,<br />
su come le religioni hanno affrontato il<br />
tema “fede e pena”, le esperienze internazionali,<br />
su carcere e droga, su carcere<br />
e soggenti migranti.<br />
Uno seminario sarà coordinato<br />
dalla direttrice Lucia Castellano e avrà<br />
Aldo Bonomi (sociologo) - Gianni Canova (docente Iulm) - Lucia<br />
Castellano (direttrice carcere di <strong>Bollate</strong>) - Francesco Maisto (procuratore<br />
della Repubblica di Milano), Luigi Pagano (provveditore regionale Amministrazione<br />
penitenziaria), Franco Origoni (architetto), Marella Santangelo<br />
(architetta).<br />
carte<strong>Bollate</strong> 10<br />
per tema le alternative al carcere, dalla<br />
legge Gozzini ad oggi.<br />
Un programma, dunque, denso,<br />
molto denso, ma nello stesso tempo<br />
molto importante che produrrà anche<br />
due giornate dedicate a coloro che dentro<br />
e fuori il carcere lavorano per rendere<br />
questi luoghi più umani.<br />
Infine, case editrici, con la collaborazione<br />
della rivista Ristretti orizzonti di<br />
Padova, faranno conoscere libri e giornali<br />
prodotti nel circuito carcerario.<br />
Perché invitare<br />
quei giornali<br />
Abbiamo detto già nel titolo che quello<br />
che sta facendo la Triennale di Milano<br />
è un meraviglioso progetto. Un progetto<br />
che ha molte luci, ma anche qualche<br />
ombra.<br />
Sin dalle prime righe della bozza del<br />
Comitato scientifico si parla, giustamente,<br />
dell’impatto che hanno “le tecnologie<br />
della comunicazione” e, considerato l’importanza<br />
dell’argomento, mi sarei aspettato,<br />
in questo campo, qualcosa di più<br />
che il semplice dibattito fra “esperti”, il<br />
solito bla-bla-bla che la televisione, ogni<br />
sera, ci propina, magari con i candidati<br />
sindaci di Milano per la solita passerella<br />
elettoralistica.<br />
Non so, nel momento in cui scrivo<br />
queste note, se gli invitati resteranno<br />
quelli citati nella bozza, ma se così sarà<br />
non credo proprio che si farà qualcosa<br />
d’innovativo.<br />
L’importanza del tema non si risolve<br />
con una puntata dell’Infedele o di Iceberg,<br />
quanto piuttosto mettere in evidenza come<br />
i mezzi di comunicazione di massa trattano<br />
i problemi del carcere. Su questo sì che<br />
ci sarebbe molto da dire!<br />
In realtà un dibattito fra i mezzi<br />
di comunicazione di massa c’è. Infatti<br />
s’invitano sette testate e la sperequazione<br />
salta subito agli occhi. Solo due (Radio<br />
Popolare e Vita) s’interessano di carcere
in termini non speculativi, uno è “generalista”<br />
(il Corriere), uno prettamente economico-finanziario<br />
(il Sole-24 Ore) e tre<br />
sono anomale, spesso forcaiole (Il Foglio,<br />
Libero, la Padania).<br />
Ma sul carcere, cosa mi può mai dire<br />
uno come Gianluigi Paragone Quando il<br />
10 dicembre scorso ha deciso di far sbarcare<br />
il suo giornale, La Padania, anche<br />
al Sud, a Palermo, ha messo questo titolo<br />
in prima pagina: “Minchia, arriviamo!”<br />
che, come si vede, è il massimo della finezza.<br />
Un giornale che predica, ogni giorno,<br />
in termini razzisti il “diritto” della “legittima<br />
offesa”.<br />
Cosa può dirmi di nuovo sul carcere<br />
Vittorio Feltri, uno che è stato ammonito<br />
dall’Ordine dei giornalisti perché, pur di<br />
vendere qualche copia in più, ha portato<br />
in prima pagina le foto dei bambini dei<br />
siti pedofili Come può parlare di diritti<br />
dei detenuti la nota e confessa “spia” della<br />
Cia Giuliano Ferrara Forse parlerà del<br />
suo amico Adriano Sofri, non certo del<br />
detenuto di Secondigliano. Tre testate,<br />
dunque, becere, campioni del liberalismo,<br />
nemici acerrimi dello “Stato assistenzialista”,<br />
propugnatori di “meno Stato e più<br />
mercato”, difensori dell’uomo più inquisito<br />
d’Italia che però non disdegnano i soldi<br />
di “Roma ladrona” come dimostrano i<br />
contributi che hanno ricevuto poche settimane<br />
or sono da parte di questo Stato.<br />
I giornali, per prendere i contributi<br />
debbono essere o espressione diretta dei<br />
partiti (come La Padania) oppure essere<br />
rappresentati in Parlamento o all’europarlamento<br />
con due deputati. E così Il Foglio,<br />
di proprietà per il 38% della signora<br />
Miriam Bertolini in arte Veronica Lario,<br />
moglie di Berlusconi, registrato in Tribunale<br />
come espressione di una fantomatica<br />
“Convenzione per la giustizia”, si porta a<br />
casa 3.511.906,92 euro. Libero, invece,<br />
di proprietà della famiglia Angelucci attiva<br />
nel settore sanitario, è registrato come<br />
giornale (udite, udite!) del Movimento<br />
monarchico italiano e per questo si prende<br />
5.371.151,76 euro. La Padania, infine,<br />
organo della Lega lombarda, si prende<br />
4.028.363,80 euro.<br />
Sono questi che parleranno di carcere!<br />
Perché, allora, non far parlare anche qualche<br />
redattore-detenuto e non nel limbo di<br />
qualche particolare momento, ma con i<br />
direttori di questi giornali<br />
Per ultimo, ritengo importante aver<br />
chiesto la collaborazione di Ristretti orizzonti<br />
perché è un periodico che ha la<br />
forza, l’esperienza, la capacità di poter<br />
coordinare un lavoro del genere. Pur tuttavia,<br />
ritengo che in Lombardia ci siano<br />
diverse testate che avrebbero potuto collaborare<br />
con il giornale di Padova.<br />
Il fatto è che molte volte non ci si<br />
accorge neppure di quello che abbiamo a<br />
portata di mano, né si tende a valorizzare<br />
queste potenzialità. Si preferisce volgere lo<br />
sguardo altrove.<br />
L’OCCHIO VUOLE LA SUA PARTE, MA IN REALTÁ<br />
È IL NASO AD AVERE L’ULTIMA PAROLA.<br />
La memoria “olfattiva” e le associazioni degli odori.<br />
Ognuno di noi è stato inconsapevolmente<br />
condizionato, sin dall’infanzia,<br />
da profumi ed aromi che appartengono<br />
alla nostra “cultura olfattiva”.<br />
Anzi, sembra proprio che le associazioni<br />
olfattive più antiche, quelle che risalgono<br />
ai primi anni della nostra vita, siano<br />
in grado di risvegliare le emozioni più<br />
profonde. La loro forza dipende anche<br />
dall’importanza che per noi ha avuto la<br />
situazione in cui l’odore è stato percepito<br />
e, se ci soffermiamo a riflettere, forse<br />
possiamo riuscire a ricostruire quell’antico<br />
legame e capire così qualcosa di più<br />
su noi stessi.<br />
Infatti, a chi non è capitato di avvertire<br />
casualmente un profumo e sentirsi<br />
immediatamente trasportare nel<br />
passato Magari l’odore degli alberi di<br />
un parco vi ha fatto tornare in mente<br />
il cortile dove giocavate da bambini e,<br />
come per incanto, vi tornano in mente<br />
ricordi ed episodi che credevate sepolti<br />
per sempre. Le immagini che affiorano<br />
alla memoria, oltre ad essere ricche di<br />
particolari, saranno accompagnate da<br />
forti reazioni emotive, che rispecchieranno<br />
gli stati d’animo di allora.<br />
Facilmente, quindi, i profumi evocatori<br />
di libertà avranno sull’organismo<br />
un effetto de-stressante, quelli che ricordano<br />
la famiglia saranno rassicuranti,<br />
mentre gli odori che si accompagnano<br />
ad esperienze spiacevoli, reati violenti,<br />
arresti, carcere, rigetti ecc. susciteranno<br />
sentimenti d’avversione, ansia, rabbia e<br />
disagio.<br />
Si tratta di un processo di condizionamento<br />
che scaturisce dalla relazione<br />
che in passato c’è stata tra quel particolare<br />
stimolo olfattivo e l’evento che c’è<br />
capitato nella nostra vita.<br />
Questo significa che se riceviamo<br />
un “rigetto” dal Tribunale, ed in quel<br />
mentre avvertiamo un forte profumo di<br />
tabacco, magari perché qualcuno lì intorno<br />
si è appena acceso un sigaro, in<br />
futuro, l’odore del tabacco riprodurrà<br />
in noi la stessa sensazione d’angoscia e<br />
di sofferenza. Ma la cosa importante è<br />
carte<strong>Bollate</strong> 11<br />
che spesso, non si ha la consapevolezza<br />
di questo. Può quindi accadere che una<br />
condizione emotiva, buona o cattiva,<br />
sia attribuita a persone o eventi esterni<br />
quando, in realtà, è stata suscitata semplicemente<br />
da un odore.<br />
Magari ci troviamo in sezione, o ai<br />
passeggi, con una persona che vediamo<br />
per la prima volta e, sentendo odore di<br />
tabacco, iniziamo ad avvertire una sensazione<br />
spiacevole, di malessere, ma senza<br />
sapere il perché. Saremo allora portati<br />
a credere che la persona che in quel momento<br />
c’è accanto sia antipatica, o sgradita<br />
la voce che ascoltiamo, o indigesto<br />
il cibo che stiamo mangiando… attribuendo<br />
erroneamente all’ambiente che<br />
ci circonda emozioni e sensazioni che<br />
niente hanno a che vedere con questi.<br />
E’ perché l’odore del tabacco ci ha<br />
ricondotto con forza ad un collegamento<br />
associativo che ci siamo persi, quello<br />
del “rigetto” del Tribunale.<br />
F. P.
IN OCCASIONE DELLE FESTE NATALIZIE<br />
IL MAGISTRATO GUIDO BRAMBILLA<br />
INCONTRA 100 DETENUTI DI BOLLATE<br />
I compiti del magistrato di sorveglianza<br />
Il magistrato di sorveglianza vigila sull’organizzazione degli istituti di<br />
sorveglianza e di pena e prospetta al ministro le esigenze dei vari servizi, con<br />
particolare riguardo all’attuazione del trattamento rieducativo. Vigila che il<br />
detenuto sia trattato in conformità delle leggi e dei regolamenti, interviene<br />
quando si ravvedono elementi che non rispettano i diritti della persona detenuta.<br />
Provvede su permessi, licenze e alternative carcerarie. Provvede sulla riduzione<br />
della pena per la liberazione anticipata e sulla remissione del debito.<br />
Il magistrato di sorveglianza deve offrire a tutti i detenuti la possibilità di<br />
entrare in contatto con lui con periodici colloqui individuali, dando la possibilità<br />
al detenuto di presentare personalmente eventuali istanze o reclami orali. Visita i<br />
locali dove vivono i detenuti.<br />
Per una persona ristretta, incontrare il<br />
magistrato di sorveglianza dovrebbe<br />
essere usuale. Invece è una rarità. perciò<br />
quando questo accade, come avvenuto a<br />
<strong>Bollate</strong>, crea fra la popolazione carceraria<br />
vivo interesse.<br />
L’occasione dell’incontro è stato reso<br />
possibile dalla vicedirettrice, Mimma<br />
Buccoliero e dall’educatore del terzo<br />
reparto, Orlando Carbone. E così,<br />
cento detenuti si sono trovati nell’area<br />
trattamentale a discutere con<br />
il magistrato di sorveglianza Guido<br />
Brambilla.<br />
Il magistrato, dopo aver fatto gli<br />
auguri a tutta la popolazione carceraria,<br />
ha iniziato la sua prolusione con<br />
una frase che ci fa capire la necessità<br />
di credere in noi stessi: “Ricordatevi<br />
che voi siete molto di più di quello che<br />
avete fatto”.<br />
Un approccio certamente non<br />
scontato e che dimostra grande apertura<br />
nei nostri confronti. Ma il magistrato<br />
è andato oltre, ha riconosciuto<br />
i ritardi della magistratura riguardante<br />
istanze e liberazione anticipata<br />
sottolineando, però, che la magistratura<br />
di soverveglianza di Milano sta, seppur<br />
lentamente, cambiando.<br />
In futuro - secondo il dottor Brambilla<br />
- il magistrato di sorveglianza opererà<br />
per istituto e non più per lettera<br />
alfabetica, come avviene attualmente. In<br />
questo modo avremo il magistrato di<br />
sorveglianza che opererà a <strong>Bollate</strong>, quello<br />
di San Vittore, Opera, ecc. Questa nuova<br />
organizzazione - sempre secondo il magistrato<br />
- consentirà a magistrati e detenuti<br />
di conoscersi meglio. Naturalmente tutto<br />
questo sarà possibile se la magistratura<br />
potrà disporre di un adeguato organico<br />
così da poter assolvere al meglio ai suoi<br />
compiti.<br />
Questo dell’organico è certamente<br />
problema importante perché per noi<br />
detenuti è vitale la figura del magistrato<br />
di sorveglianza. Attualmente, proprio per<br />
la carenza degli organici, il magistrato è<br />
costretto a centellinare la sua presenza<br />
nelle carceri con la conseguenza di non<br />
conoscere la persona detenuta e l’impossibilità<br />
di vigilare sul rispetto dei loro<br />
diritti.<br />
Con la nuova organizzazione, i tempi<br />
carte<strong>Bollate</strong> 12<br />
di reinserimento della persona detenuta<br />
dovrebbero accorciarsi.<br />
Il dibattito che è seguito all’intervento<br />
del dottor Guido Brambilla, ha coinvolto<br />
numerosi detenuti. In tanti si sono lamentati<br />
per l’attesa dei giorni della liberazione<br />
anticipata (le persone detenute che hanno<br />
avuto un buon comportamento e non<br />
hanno ricevuto sanzioni disciplinari, gli<br />
sono riconosciuti tre mesi l’anno di liberazione<br />
anticipata).<br />
Facile immaginare l’importanza del<br />
provvedimento che comporta non solo<br />
una diminuzione della pena, ma anche<br />
l’accesso ai benefici previsti per ottenere<br />
l’alternativa al carcere.<br />
Su questo grosso problema, il magistrato<br />
ha fatto presente l’enormità dei<br />
fascicoli esistenti in tribunale che riguardano<br />
le istanze di liberazione anticipata.<br />
Per velocizzare l’iter burocratico si usano i<br />
computer con la centralizzazione dei dati<br />
Ebbene, molto candidamente, il dottor<br />
Guido Brambilla risponde che si fa tutto a<br />
mano, con la penna perché le risorse<br />
finanziarie destinate agli uffici sono<br />
insufficienti.<br />
Questa è l’ennesima prova della<br />
scarsa considerazione che ha lo Stato<br />
per i suoi dipendenti e per le persone<br />
ristrette.<br />
E l’amnistia-indulto<br />
La risposta del dottor Brambilla<br />
non si presta ad equivoci: “Lo Stato<br />
dovrebbe fare dei passi verso l’amnistia-indulto,<br />
come atto di clemenza.<br />
Voi vivete in un’area felice rispetto<br />
a tanti altri istituti dove il sovraffollamento<br />
è un problema serio per<br />
la vivibilità delle persone. Spero che<br />
questo atto di clemenza sia concesso al<br />
più presto”.<br />
Come sappiamo, poi le cose non<br />
sono andate così. Nelle carceri ci sono<br />
state proteste e anche a <strong>Bollate</strong> i detenuti<br />
hanno rifiutato per due giorni consecutivi<br />
il vitto del carrello. Il dibattito prosegue<br />
con domande da una parte molto pertinenti<br />
e dall’altra con domande di carattere<br />
personale. Nel primo caso, ad esempio, la<br />
domanda sulla cosiddetta legge Cirielli.<br />
Nel secondo caso si arriva al punto di<br />
assediare il magistrato con domande che
iguardano posizioni personali. In questo<br />
modo il dibattito perde spessore e diminuisce<br />
l’interesse del presenti.<br />
Riteniamo comprensibile, naturalmente,<br />
il comportamento delle persone<br />
che hanno avanzato richieste personali<br />
proprio perché non sempre è possibile<br />
poter avere un confronto con i magistrati.<br />
E a questo proposito c’è una buona notizia.<br />
Gennaro Sanarica, cuoco alla Staccata,<br />
è riuscito ad ottenere il suo primo<br />
permesso premio di 12 ore, dopo diversi<br />
anni trascorsi dietro le sbarre.<br />
Questo grazie al dottor Guido Brambilla<br />
che è riuscito a districare una matassa<br />
burocratica complicata, concedendo ad<br />
una persona 12 ore di libertà. Dodici ore<br />
di vita.<br />
Francesco Ironico<br />
Come affrontare<br />
il carcere<br />
Parto dal presupposto che in carcere ci<br />
sono venuto di mia spontanea volontà;<br />
per intenderci mi sono costituito, quindi<br />
cosciente di dover pagare il mio debito.<br />
Decidere di perdere il libero arbitrio non<br />
è cosa semplice da tollerare.<br />
È sempre un trauma, ma sicuramente<br />
lo è di meno per coloro che vi sono stati<br />
tradotti contro la propria volontà.<br />
Se non altro perché si è presa coscienza<br />
d’aver commesso degli errori e quindi è giusto<br />
dover pagare. Soprattutto, non bisogna<br />
far atrofizzare il cervello, quindi bisogna<br />
risolvere due importanti problemi:<br />
1° - Come far trascorrere il tempo. Lavorare,<br />
se si può, leggere, scrivere o lavorare<br />
di fantasia per inventarsi qualcosa da fare<br />
durante la giornata.<br />
2° -Sopravvivere psicologicamente al carcere.<br />
Nella stragrande maggioranza dei casi,<br />
ci viene in aiuto la nostra natura di esseri<br />
umani perché vi sono mali e sventure atroci,<br />
cui non osiamo pensare; se ci capita, però,<br />
di inciamparvi, scopriamo in noi risorse che<br />
ignoriamo di avere e ce la caviamo meglio di<br />
quanto avremmo sperato. Purtroppo ci sono<br />
alcuni che questa capacità non la possiedono<br />
e, allora, soccombono.<br />
A. C.<br />
GLI STUDI<br />
DI KARL MARX<br />
Karl crebbe, per così dire, nell’ovatta.<br />
Senza preoccupazioni e pensieri, in un<br />
cordiale rapporto con i genitori. La vita<br />
dei Marx era quella di una grande, armonica<br />
famiglia, soprattutto dopo che, nel<br />
1819, il padre aveva acquistato a Treviri, in<br />
Simeonstrasse 8, una casa dove la famiglia<br />
si trasferì.<br />
Dall’inverno 1830 all’estate del 1835,<br />
Karl frequentò a Treviri l’ex ginnasio dei<br />
gesuiti, diventato il nuovo ginnasio prussiano<br />
(Friedrich Wilhelm).<br />
Lo dirigeva lo storico e pedagogista<br />
Johann Hugo Wyttenbach (1767-1848),<br />
liberale, seguace del grande filosofo tedesco<br />
Immanuel Kant. Molto stimato dalla popolazione,<br />
lo era assai meno dal governo per<br />
essere stato, in gioventù simpatizzante dei<br />
giacobini, l’ala più avanzata della Rivoluzione<br />
francese. I temi dell’esame di maturità,<br />
conseguita il 25 agosto 1835, sono i primi<br />
documenti scritti che esistono di Marx. Il<br />
tema di tedesco - “Considerazioni di un<br />
giovane in occasione della scelta di una professione”<br />
- riflette idee correnti dell’illuminismo<br />
borghese e contiene argomenti talora<br />
analoghi a quelli che si trovano nel sistema<br />
della dottrina morale (1798) del filosofo<br />
idealista tedesco Johann G. Fiche.<br />
La destinazione dell’uomo non è tanto<br />
una brillante posizione sociale, quanto un<br />
impegno a lavorare attivamente per l’umanità<br />
e a tendere verso la perfezione morale. Di<br />
spirito illuministico per le posizioni genericamente<br />
laiche che sostiene, è anche il tema<br />
di religione - “L’unione dei credenti con<br />
Cristo secondo il Vangelo di Giovanni” -.<br />
La religione vi è fatta coincidere con l’etica,<br />
con l’esercizio della virtù. Marx, come si<br />
vede anche dalle vicende della conversione<br />
del padre, non aveva una vera tradizione<br />
religiosa familiare. Nulla di più di un<br />
adempimento scolastico degli studi classici<br />
è il saggio di composizione latina basato sul<br />
quesito se il principato di Augusto possa a<br />
buon diritto annoverarsi tra le età più felici<br />
dello Stato romano. C’erano già idee politiche<br />
liberali in questo giovanissimo Marx<br />
Sarebbe azzardato affermarlo, sebbene dopo<br />
l’esame di maturità egli ostentatamente trascurasse<br />
la tradizionale visita di concedo al<br />
professore di latinoVitus Loers. Questi, noto<br />
per le sue convinzioni reazionarie, aveva il<br />
compito preciso di controllare le posizioni<br />
carte<strong>Bollate</strong> 13<br />
politiche dei suoi allievi. Tumultuose idee<br />
nuove nacquero invece a Marx durante<br />
il periodo universitario, quando, prima a<br />
Bonn dall’ottobre 1835 a luglio 1836, poi<br />
a Berlino dall’autunno 1836 al marzo 1841,<br />
avrebbe dovuto, per desiderio del padre,<br />
dedicarsi alla giurisprudenza.<br />
Sono anni piuttosto avventurosi. A Bonn<br />
il suo piano di studio è fondato su materie<br />
giuridiche, ma comprende anche corsi di<br />
mitologia e letteratura greco-romana e storia<br />
dell’arte moderna tenuti da August von<br />
Schlegel (1767-1845), Un grande nome<br />
del movimento romantico. Marx fa parte di<br />
un’associazione di giovani poeti che hanno<br />
l’abitudine di riunirsi per comporre canzoni<br />
rivoluzionarie.<br />
È arrestato per ubriachezza e schiamazzi<br />
notturni, è coinvolto nella pratica dei duelli,<br />
abituale presso le associazioni studentesche<br />
e subisce, perciò, anche un’inchiesta per<br />
detenzione di armi vietate. A Berlino segue<br />
le lezioni di Karl von Savigny (1779-1861),<br />
esponente della scuola storica del diritto<br />
d’indirizzo reazionario, e quelle del liberale<br />
Eduard Gans (1797-1839) sulla legislazione<br />
prussiana. Passa però serate e nottate<br />
in birreria, discutendo di filosofia con i<br />
coetanei del cosiddetto Club dei dottori,<br />
un gruppo di giovani intellettuali allievi di<br />
Georg Wilhelm Friedrich Hegel, il grande<br />
caposcuola dell’idealismo. Essi però criticavano<br />
il maestro da sinistra, da posizioni<br />
liberaleggianti. C’erano, fra questi studiosi,<br />
personaggi che avranno nome e futuro. Vi<br />
troviamo anzitutto Friedrich Engels, discendente<br />
da una famiglia di industriali tessili di<br />
Barman, nella Prussia renana settentrionale,<br />
che di lì a poco sarà pure lui a Berlino, in<br />
servizio militare, e nel 1844 diventerà il<br />
grande amico di Marx. Proprio lui descrisse<br />
questi giovani hegeliani in un poema satirico<br />
del 1842, “Il trionfo della fede”.<br />
C’erano nel gruppo, scrive Engels, Bruno<br />
Bauer “con un diavoletto alle spalle che<br />
gli insegna come deve mettere alle strette i<br />
teologi”; l’anarchico Max Stirner che grida<br />
“via i regolamenti, via le leggi”; il materialista<br />
e critico della religione Ludwig Feuerbach<br />
(1804-1872) per il quale “la sola verità dei<br />
sacramenti” cristiani dell’eucarestia e del<br />
battesimo è “mangiare, bere e fare il bagno”.<br />
E c’era, appunto, “un tipo nero di Treviri”,<br />
Karl Marx, “che imperversa pieno di furore,<br />
come se volesse afferrare l’ampia volta celeste<br />
e tirarla sulla terra”.<br />
a cura di Diego Manzella<br />
(2 - continua)
I “BURLONI” DELL’ART. 21<br />
E L’AZIENDA TRANVIARIA MILANESE<br />
Al quinto reparto, nel nostro carcere, sono<br />
“ospitati” i cosiddetti art. 21, detenuti che<br />
vanno a lavorare fuori e alla sera rientrano.<br />
Ad alcuni di loro non è concesso di usare mezzi<br />
propri per andare al lavoro e rientrare la<br />
sera, quindi sono obbligati ad usare i mezzi<br />
pubblici con un tragitto studiato; tutto questo<br />
comporta disagi e tempi di percorrenza abnormi.<br />
A questa situazione già di per sé antipatica,<br />
si va ad aggiungere una tracotanza della<br />
Pubblica amministrazione riguardo ai mezzi<br />
usati e che sono gli unici a disposizione.<br />
A tale proposito, pubblico due simpatiche<br />
lettere che una coppia di detenuti “burloni”<br />
ha inviato all’Atm milanese senza peraltro<br />
avere nessuna risposta in merito.<br />
F.P.<br />
Spett. Azienda Trasporti Municipali<br />
A.T.M. Milano<br />
Ufficio Relazioni Clienti<br />
Alla cortese attenzione dott. Luigi Foieni<br />
Gentilissimo dottore,<br />
siamo a disturbarLa per fare presente<br />
un particolare, riguardante naturalmente<br />
l’Azienda da Lei rappresentata in questa<br />
sede.<br />
Da circa tre mesi, e più precisamente,<br />
dal giorno di lunedì 12 settembre 2005,<br />
usufruiamo giornalmente del servizio, volendolo<br />
chiamare così, della linea tranviaria<br />
n. 19.<br />
Insieme ad amici saliamo, sulla predetta<br />
linea, a Roserio, al mattino alle ore 7,45<br />
fino a Milano centro, dopo un tragitto della<br />
durata di circa quaranta minuti e alla sera<br />
con percorso, naturalmente inverso, alle ore<br />
18.20, con arrivo a Roserio intorno alle ore<br />
19.30, ancora peggiore, per quanto possa<br />
apparire impossibile, del precedente.<br />
Dalla data sopraccitata, abbiamo sempre<br />
usufruito di un servizio di serie inferiore<br />
rispetto alla normalità, in quanto le carrozze<br />
di questa linea sono sempre di vecchio modello,<br />
se non addirittura “preistorico” nell’universo<br />
dei trasporti pubblici ed in particolare<br />
proprio nel segmento tranviario.<br />
Come a Lei è sicuramente ben noto,<br />
la scomodità di queste carrozze è assoluta,<br />
le panche sono in legno, le carrozze sono<br />
rumorosissime, il riscaldamento inesistente<br />
e siamo convinti che gli ammortizzatori<br />
fossero, ai tempi di costruzione, ancora<br />
una lontana, se non impossibile, utopia. Le<br />
possiamo assicurare che per chi come noi<br />
ha già problemi alla schiena o peggio, non<br />
è proprio la migliore terapia consigliabile<br />
ma neanche per qualsiasi tipo di eventuali<br />
patologie.<br />
La cosa comunque più fastidiosa è incrociare<br />
altri tram, verdi per esempio, che<br />
al confronto dei “nostri” ci appaiono come<br />
astronavi e che noi guardiamo con occhi<br />
colmi di lacrime per l’invidia.<br />
Ben conosciamo, intendiamo Lei e chi<br />
scrive, il confort di questi magnifici mezzi,<br />
il quale utilizzo costa, all’utente del servizio,<br />
esattamente quanto il nostro, e sapere questo<br />
ci comporterà sicuramente, nel breve,<br />
anche danni psichici irreversibili.<br />
Al di là delle battute e di qualsiasi inutile<br />
e sterile polemica, Lei ha già perfettamente<br />
intuito e capito il significato del nostro disappunto,<br />
chiaramente la soluzione non sta<br />
a noi, ma a chi legge.<br />
Noi potremmo semplicemente propor-<br />
Le, però siamo troppo coinvolti per essere<br />
obbiettivi, di dimezzare il costo del biglietto,<br />
giusto per non farci sentire clienti di<br />
serie B, oppure, come logico, e crediamo<br />
doveroso, inserire nuove carrozze, non necessariamente<br />
dell’ultimissima generazione,<br />
sarebbe troppo, anche su questa linea, un<br />
po’ “dimenticata”.<br />
Non siamo a tediarLa con gli infiniti<br />
ritardi serali, con persone paganti letteralmente<br />
appese alle portiere che non riescono<br />
a chiudersi, che tanto ricordano film cult<br />
degli anni Ottanta, (intendiamo Fantozzi,<br />
tanto per essere chiari ) sarebbe troppo, per<br />
ora, restiamo comunque in attesa di una<br />
Sua gentile, e speriamo veloce, risposta e Le<br />
porgiamo, unitamente ai nostri sfortunati<br />
compagni dei deliziosi e confortevoli viaggi<br />
che Atm giornalmente ci mette, tanto carinamente,<br />
a nostra disposizione, i nostri<br />
migliori e più distinti saluti.<br />
Lettera firmata<br />
Milano, 3 dicembre 2005<br />
Dopo l’invio di questa lettera, non avendo<br />
ricevuto alcuna risposta in merito, i “burloni”<br />
ne inviano un’altra:<br />
Gentilissimo dottore,<br />
eccoci nuovamente a disturbarLa con le<br />
carte<strong>Bollate</strong> 14<br />
nostre, forse per Lei, buffe richieste e quesiti.<br />
Uno di noi due, grazie a Lei, ha potuto<br />
vincere una bella scommessa, infatti l’altro,<br />
il perdente, aveva scommesso sulla Sua correttezza<br />
e sulla credibilità dell’Azienda che<br />
Lei rappresenta.<br />
Come ben sa, Lei non si è tuttora degnato,<br />
incredibilmente, di farci pervenire<br />
alcuna risposta al nostro fax di sabato 3 dicembre<br />
2005.<br />
Forse per Lei è normale visto che l’Azienda<br />
è a carattere di Pubblico Servizio e il Suo<br />
ufficio in particolare, probabilmente è un<br />
grande vuoto che riceve fax a Suo insindacabile<br />
e mobilissimo giudizio, da riciclare<br />
come carta usata.<br />
Le possiamo assicurare, in tutta sincerità,<br />
che avevamo pensato che una metropoli<br />
importante, che noi amiamo veramente,<br />
avesse un servizio pubblico all’altezza e posasse<br />
le proprie basi su addetti e funzionari<br />
corretti, seri e disponibili verso gli utenti<br />
ma, naturalmente, i risultati, i Suoi risultati,<br />
ci hanno dato torto.<br />
È assolutamente palese che a differenza<br />
di chi opera all’interno di aziende private<br />
soprattutto con mansioni di responsabilità<br />
se non addirittura di assoluta autonomia,<br />
come gli scriventi, la Sua è una posizione<br />
di forza dall’alto della quale non si è persino<br />
degnato di rispondere con un semplice<br />
ed elegante diniego, ma forse è pretendere<br />
troppo, è questione di stile e correttezza.<br />
Bene, al di là di fin troppe facili critiche,<br />
dalle quali preferiamo astenerci, però,<br />
vista la nostra esperienza ci permettiamo<br />
di sconsigliarla vivamente di scommettere<br />
sulla correttezza e sull’efficienza di alcuni<br />
servizi dei quali, peraltro, il nostro stimato<br />
Primo Cittadino, a noi molto caro, si è reso<br />
garante, è una scommessa persa, ma noi, comunque,<br />
non ci aspettavamo nulla di più.<br />
Dato che noi, invece, unitamente a molti<br />
altri individui che formano una certa parte<br />
di utenza, siamo persone educate, corrette e<br />
sicuramente ottimi professionisti, all’interno<br />
dei nostri ambiti lavorativi, Le inviamo i<br />
nostri migliori e più distinti Saluti.<br />
Lettera firmata<br />
Milano, 15 dicembre 2005<br />
Questa è una realtà appena fuori dal carcere,<br />
ognuno di noi, da ciò, tragga le dovute<br />
considerazioni.
AD UN DETENUTO DI BOLLATE<br />
MUORE LA MADRE, MA LUI NON HA IL<br />
PERMESSO DI<br />
VEDERLA NÈ VIVA NÈ MORTA<br />
Per la popolazione carceraria, nessun<br />
atto di clemenza. Lo ha deciso il Parlamento.<br />
Nessuna considerazione umana<br />
per un detenuto del primo reparto di<br />
<strong>Bollate</strong>, Luciano G., 53 anni, incensurato,<br />
prima di essere condannato, nel<br />
2002, a sei anni per bancarotta.<br />
Luciano sta espiando la pena nel<br />
carcere di <strong>Bollate</strong>, dove tutte le persone<br />
ristrette vorrebbero scontare la propria<br />
pena, per la vivibilità e la considerazione<br />
umana che l'istituto riserva ai detenuti,<br />
rispettando l'art. 27 della Costituzione<br />
Italiana che recita: "Le pene non possono<br />
consistere in trattamenti contrari al senso<br />
di umanità e devono tendere alla rieducazione<br />
del condannato".<br />
Fatta questa premessa, lasciamo parlare<br />
Luciano:<br />
“Mercoledì 11 <strong>gennaio</strong>, sono chiamato<br />
dalla matricola ed informato delle gravi<br />
condizioni di mia madre.<br />
“Il personale mi permette di compilare<br />
il modello 30 dell’Ordinamento penitenziario,<br />
che consiste nella richiesta al magistrato<br />
di sorveglianza di un permesso per<br />
potere vedere la mamma da viva”.<br />
Infatti, l'art. 30 dell'Ordinamento<br />
penitenziario recita: "Nel caso di imminente<br />
pericolo di vita di un familiare, alla<br />
persona detenuta può essere concesso dal<br />
magistrato di sorveglianza il permesso di<br />
recarsi a visitare, con le cautele previste dal<br />
regolamento, l'infermo".<br />
La notizia della gravità della salute<br />
della madre, viene dal Policlinico<br />
di Milano. Luciano attende di ricevere<br />
quell’atto "dovuto" da parte del magistrato<br />
di sorveglianza. Giovedì alle 5,30,<br />
la mamma di Luciano muore.<br />
È il cappellano del Policlinico che<br />
avvisa don Antonio, cappellano del carcere<br />
di <strong>Bollate</strong>. Alle 17 dello stesso<br />
giorno, don Antonio informa Luciano<br />
dandogli conforto spirituale. Dicono a<br />
Luciano che il giorno seguente sarebbe<br />
arrivato il permesso che avrebbe dato<br />
l'opportunità di vedere per l'ultima volta<br />
la propria madre deceduta.<br />
Il giorno seguente, venerdì, alle ore<br />
15,30, gli agenti chiudono in cella i<br />
detenuti per effettuare la conta. Luciano<br />
si rifiuta di entrare nella propria cella<br />
chiedendo di parlare con il comandante<br />
o la direttrice, dal momento che nessuno<br />
è in grado d'informarlo riguardo il<br />
permesso.<br />
Il capo reparto provvede a farlo<br />
accompagnare dalla direttrice.<br />
“Incontro la dottoressa Lucia Castellano<br />
che, dopo avermi fatto le condoglianze, si<br />
adopera facendo il possibile affinché potessi<br />
vedere mia madre da morta. Purtroppo<br />
non mi è stato possibile vedere mia madre<br />
né da viva né da morta. Sabato alle 14,<br />
sono informato che è giunto un permesso<br />
di 3 ore. Il funerale era stato fatto alle 10,<br />
perciò sono accompagnato al loculo dove<br />
riposa mia madre. Ho pregato affinché<br />
mi desse la forza per andare avanti. Non<br />
auguro a nessuno di provare la sofferenza<br />
che continuo a portarmi dentro”.<br />
Il carcere è un luogo che stimola<br />
la riflessione. Ci siamo chiesti a cosa è<br />
dovuto, per quale ragione deve accadere<br />
un fatto che non tiene conto dei valori<br />
umani che sono universali.<br />
Luciano non è un detenuto pericoloso,<br />
si evince dalla natura del crimine<br />
commesso (bancarotta), ha espiato 4<br />
anni di detenzione, ne mancano due,<br />
perciò è nei termini consentiti dalla<br />
legge per usufruire benefici, quali permessi-<br />
premio e alternative carcerarie.<br />
Ad oggi non gli è stato concesso alcun<br />
beneficio pur avendo tenuto, in questo<br />
periodo di detenzione, un comportamento<br />
di buona condotta.<br />
Ci rivolgiamo al magistrato di sorveglianza<br />
con una domanda: perché, non<br />
ha permesso ad una persona di vedere<br />
per l'ultima volta la propria madre<br />
Siamo consapevoli che la legge affida<br />
a lei la decisione in merito e le chiediamo<br />
ancora perché ha negato ad una<br />
persona di vedere la propria madre per<br />
l'ultima volta.<br />
Vorremmo proprio ricevere una<br />
risposta.<br />
F. I<br />
carte<strong>Bollate</strong> 15
IL PARLAMENTO ITALIANO CONTINUA<br />
A GIOCARE CON I SENTIMENTI<br />
E LE ASPETTATIVE DEI DETENUTI<br />
Per l’ennesima volta si è parlato di<br />
amnistia accompagnata da indulto e<br />
come sempre si sono illuse le persone<br />
detenute.<br />
Oggi, nei penitenziari italiani, le persone<br />
detenute recidive sono una buona<br />
parte. Pertanto il beneficio ancora una<br />
volta avrebbe giovato, più che altro, a<br />
salvaguardare qualche politico che non ha<br />
ancora fruito della prescrizione del reato.<br />
Non si riesce a capire queste esclusioni.<br />
Perché chi è recidivo non ha diritto<br />
a nessun sconto di pena Se viene<br />
commesso un reato nel quinquennio,<br />
automaticamente il beneficio è revocato<br />
sia all’incensurato che al recidivo; pertanto<br />
a cosa servono questi emendamenti<br />
repressivi nei confronti di una categoria<br />
di detenuti Nell’ascoltare attentamente<br />
gli interventi dei vari parlamentari, ho<br />
avuto modo di constatare quanto la Lega<br />
Nord sia attenta a salvaguardare i cittadini<br />
dalla massa di delinquenti che il provvedimento,<br />
secondo loro, avrebbe rimesso<br />
in circolazione. È stato ripetuto sino alla<br />
nausea che ci deve essere la certezza della<br />
pena; una persona condannata in via<br />
definitiva, deve scontare la sua condanna<br />
senza che un condono oppure una amnistia,<br />
la cancelli.<br />
Perché l’onorevole Umberto Bossi non<br />
getta alle ortiche l’immunità parlamentare<br />
e rifiutando la condizionale, che è un<br />
beneficio, si presenta con grande dignità<br />
in un carcere per scontare la sua condanna<br />
a otto mesi (pena definitiva), sentenziata<br />
per le tangenti Enimont Anche il suo<br />
delfino, Roberto Maroni, per non essere<br />
da meno, si presenti a scontare i quattro<br />
mesi inflitti per resistenza a pubblico<br />
ufficiale.<br />
Non voglio menzionare gli altri ventuno<br />
onorevoli condannati, perciò pregiudicati,<br />
che siedono nel Parlamento italiano<br />
e in quello europeo.<br />
Quello che mi stupisce del nostro bel<br />
Paese, sono i modi di amministrare le<br />
leggi. Se una persona qualunque commette<br />
un reato, è un delinquente e viene<br />
espulso dai pubblici uffici per un periodo<br />
prestabilito, a volte anche perpetuo, mentre<br />
un politico che commette un reato<br />
rimane sempre un onorevole, oppure uno<br />
stimato senatore. Loro sono immuni alle<br />
nuove tentazioni che li porterebbero alla<br />
recidività. Non esiste nessun rischio che<br />
possano continuare a delinquere prendento<br />
tangenti.<br />
Il sovraffollamento delle carceri è una<br />
triste realtà, ma presto risolvibile. Secondo<br />
il ministro Roberto Castelli, basterebbe<br />
costruire nuove carceri. E quelle<br />
decine di carceri nuove già costruite e mai<br />
entrate in funzione Tutta Italia le ha viste<br />
nel programma satirico Striscia la notizia.<br />
A cosa sono servite Forse a dare alloggio<br />
a dei cittadini senza una dimora come<br />
è successo in Campania, concedendogli<br />
addirittura la residenza e l’allacciamento<br />
all’energia elettrica<br />
Oppure a riempire le tasche di qualche<br />
zelante politico che doveva tappare<br />
qualche buco con la voce “costruzioni<br />
carceri”<br />
Quelle patrie galere sono costate ai<br />
contribuenti centinaia di miliardi delle<br />
carte<strong>Bollate</strong> 16<br />
vecchie lire e come molte opere murarie<br />
italiane “incompiute”, restano alla mercè<br />
dei vandali e abbandonate al degrado.<br />
Ora mi domando: perché la magistratura<br />
che è sempre così attenta non<br />
indaga su chi ha ordinato l’edificazione di<br />
quegli istituti di pena Per quale assurdo<br />
motivo sono rimaste vuote, quando in<br />
molti penitenziari del territorio alloggiano<br />
anche otto persone in una cella di tre<br />
metri per due in condizioni di vita disumane<br />
Non è un reato spendere i soldi dei<br />
contribuenti per far gioire i vandali<br />
Questi signori che vengono chiamati<br />
onorevoli, sono coloro che approfittano<br />
della fiducia che il popolo ha riposto in<br />
loro per proporre, fare e disfare leggi che<br />
calzano esclusivamente al fabbisogno, per<br />
essere assolti dagli intrallazzi che durano<br />
da una vita.<br />
Non rimarrei certo stupito se un<br />
domani al Parlamento ci fosse un partito<br />
capitanato da un altro leader storico. . .<br />
Totò Reiina.<br />
Mario Curtone
INCHIESTA<br />
MA COME VIVONO GLI AGENTI<br />
ALLOGGI, LONTANANZA DA CASA, CARO VITA.<br />
QUESTI I PROBLEMI CHE DENUNCIANO GLI AGENTI<br />
DELLA POLIZIA PENITENZIARIA DI BOLLATE<br />
Reparto Staccata<br />
Agente scelto<br />
Mariano Bennati<br />
Ho il piacere di lavorare<br />
al reparto staccata da<br />
quattro anni. Ho scelto<br />
questo lavoro perché "giù<br />
al Nord" non c'è molta<br />
scelta. Quindi arruolarsi<br />
diventa una scelta obbligata.<br />
Devo dire che il tempo<br />
mi ha fatto innamorare<br />
del lavoro. Oggi mi dedico<br />
con zelo e passione, perciò,<br />
questo lavoro a me piace.<br />
A <strong>Bollate</strong> non esistono carichi esagerati<br />
di lavoro che svolgiamo nella normalità.<br />
Vivo a Milano con la famiglia, quindi<br />
non ho problemi di lontananza o di<br />
alloggio.<br />
Per ciò che riguarda il progetto Sex<br />
offender, il reparto che li ospita è gestito<br />
dalla Staccata, perciò, svolgo il mio<br />
servizio anche nel loro reparto. Queste<br />
sono persone che hanno commesso reati<br />
particolari, però cerco di lavorarci con<br />
deontologia e zelo, perché essere inseriti<br />
in questo progetto, è stata una loro scelta;<br />
questo, significa che hanno riconosciuto<br />
il reato, perciò sono persone bisognose<br />
di essere aiutati, e, vanno aiutati affinché<br />
Per migliorare la conoscenza di coloro che lavorano in questo istituto, carte<strong>Bollate</strong><br />
ha svolto un’inchiesta fra gli agenti di Polizia penitenziaria di <strong>Bollate</strong>.<br />
L’abbiamo fatto perché vogliamo capire quali sono i loro problemi, vogliamo<br />
fare conoscere a tutti i lettori il pensiero di alcuni di loro. Abbiamo parlato del<br />
perché della loro scelta di lavoro, sugli orari del servizio, sulla lontananza dalla<br />
loro terra d’origine, sulle difficoltà economiche che incontrano, sulla carenza<br />
degli alloggi. E, tutti, ci hanno fatto conoscere il loro pensiero sui Sex offender<br />
e su questo istituto.<br />
La redazione di carte<strong>Bollate</strong> ringrazia il corpo di Polizia penitenziaria e chi<br />
ci ha agevolato per portare a termine questa inchiesta. Un primo passo per un<br />
rapporto nuovo che vogliamo instaurare con gli agenti che fanno parte di questa<br />
comunità, una comunità che noi vogliamo raccontare.<br />
possano essere recuperati.<br />
Il rapporto con le persone detenute<br />
al reparto Staccata è ottimo. Noi ci<br />
limitiamo a mettere in atto quanto recita<br />
l'Ordinamento penitenziario. Questo ci<br />
permette di svolgere il nostro lavoro in<br />
perfetta armonia nel rispetto dei ruoli.<br />
Reparto Conti Correnti<br />
Agente scelto Sebastiano Ponzio<br />
Sono arrivato alla scelta di questo lavoro<br />
vincendo un concorso pubblico, dopo<br />
averne fatti tanti.<br />
Lo Stato sancisce la pena a chi viola<br />
la legge. Il compito della Polizia penitenziaria,<br />
è quello di rappresentare lo Stato,<br />
garantendo la sicurezza della persona e<br />
la corretta applicazione dell'Ordinamento<br />
penitenziario.<br />
Nel rapporto con il detenuto, può<br />
accadere d'instaurare un rapporto di amicizia<br />
nel rispetto dei ruoli.<br />
Sono a Milano da nove anni. Milano è<br />
una grande metropoli, capitale industriale<br />
economica, con un alto tenore di vita,<br />
una città molto cara. L'arrivo dell'euro, ha<br />
peggiorato la situazione economica, quindi<br />
con fatica si raggiunge la fine del mese.<br />
Questo lavoro, impone la lontananza dalla<br />
famiglia, visto che circa il 95% proviene<br />
dal centro o Sud Italia. Noi viviamo in<br />
una grande caserma abitativa, moderna ed<br />
accogliente. Però, il problema degli alloggi<br />
carte<strong>Bollate</strong> 17<br />
esiste. Penso che<br />
l'amministrazione<br />
penitenziaria,<br />
in concerto con<br />
gli Enti locali, si<br />
dovrebbe preoccupare<br />
di realizzare<br />
nuovi alloggi per<br />
la Polizia penitenziaria,<br />
evitando la<br />
creazione di cooperative<br />
che non<br />
reputo affidabili.<br />
Nel nostro<br />
istituto funziona con efficienza l'ufficio<br />
programmazione e servizi. A volte per<br />
mancanza di personale, si eccede negli<br />
straordinari e raramente in doppi turni.<br />
Riguardo i Sex offender, la mia impressione<br />
è molto positiva.<br />
La II Casa di reclusione di Milano-<br />
<strong>Bollate</strong>, funziona meglio di altri Istituti.<br />
Le persone detenute, possiamo dire<br />
che sono privilegiate, perciò l'ambiente è<br />
adatto a portare a termine con successo il<br />
progetto.<br />
Il rapporto tra agente e detenuto, non<br />
è sempre facile. Rispetto al passato, il<br />
detenuto è cambiato, perciò bisogna dare<br />
l'opportunità, finalizzata al reinserimento<br />
sociale. Sono convinto che l'istituto di
<strong>Bollate</strong> può essere di esempio ad altri istituti<br />
sparsi nel nostro bel Paese.<br />
Reparto Infermeria<br />
Agente Martino Boccardi<br />
Terminati gli studi di maturità, ho<br />
cominciato a svolgere diverse attività lavorative<br />
senza ottenere risultati soddisfacenti,<br />
fino a quando sono partito per il servizio<br />
di leva, allora obbligatorio. L’ho svolto in<br />
questo corpo, maturando interessi nell'ambito<br />
lavorativo professionale.<br />
Nonostante la lontananza dalla mia<br />
città di origine, i rapporti con la famiglia<br />
sono rimasti solidi e quelli con gli amici,<br />
si sono rafforzati.<br />
Pur vivendo in una città come Milano,<br />
il problema economico, è attenuato dal<br />
fatto che abbiamo a disposizione alloggi<br />
che l'amministrazione fornisce.<br />
Nel reparto infermeria, dove sono assegnato,<br />
esiste un problema di orario. Il<br />
personale è carente, perciò siamo costretti<br />
a raddoppiare i turni - notturni - a prestare<br />
ore straordinarie ogni giorno, senza<br />
potersi concedere riposi per non creare<br />
disservizio.<br />
Il rapporto con i detenuti è discreto,<br />
a volte difficile. Il reparto infermeria è<br />
diverso dagli altri. Il nostro rapporto,<br />
avviene con le persone detenute bisognose<br />
di cure mediche, perciò le loro condizioni<br />
necessitano attenzione e pazienza. Posso<br />
dire che quasi sempre riusciamo a risolvere<br />
qualsiasi tipo di problema.<br />
È un buon progetto, quello che riguarda<br />
il recupero dei detenuti Sex offender.<br />
Questi, soffrono di gravi manìe ossessive,<br />
quindi hanno bisogno di essere seguiti con<br />
attenzione professionale da parte di un<br />
équipe specializzata che permetta il loro<br />
reinserimento.<br />
Sono convinto che vanno aiutati a non<br />
farli ricadere, una volta espletata la pena,<br />
nello stesso reato. Dando il nostro contributo,<br />
diamo un servizio alla società.<br />
Concludo dicendo che a mio parere<br />
questo istituto è abbastanza "avanzato"<br />
per permettere l'inserimento di chi ha<br />
sbagliato nei confronti della società. Sono<br />
convinto che l'esperienza e la professionalità<br />
della direzione e del personale della<br />
Polizia penitenziaria, porterà ad aumentare<br />
la percentuale delle persone detenute<br />
recuperate.<br />
Penso che attualmente questo istituto<br />
sia in fase di evoluzione e di continua<br />
crescita.<br />
Reparto Conti Correnti<br />
Capo reparto Domenico Di Feo<br />
Ho 43 anni e da 21 sono nel corpo<br />
della Polizia penitenziaria. Pugliese di origine,<br />
ho fatto domanda per entrare nella<br />
Polizia penitenziaria, domanda accettata<br />
un anno dopo. Allora portavamo le stellette<br />
in quanto militari.<br />
La situazione economica in cui verso,<br />
non è delle migliori di conseguenza al mio<br />
nucleo familiare, formato da mia moglie e<br />
tre figli che frequentano le scuole superiori.<br />
Essendo l'unico a tirare avanti la baracca,<br />
si possono immaginare quali sacrifici<br />
devo fare per far studiare i miei figli e<br />
raggiungere dignitosamente la fine del<br />
mese. Aggiungo che l'ufficio in cui lavoro,<br />
non sono consentite ore straordinarie che,<br />
sinceramente, a me farebbero comodo.<br />
Inoltre, l'entrata dell'euro ha peggiorato<br />
la situazione. Per fortuna non pago affitto,<br />
giacché vivo in alloggio di mia proprietà<br />
pagando un mutuo.<br />
Il progetto che riguarda il recupero dei<br />
Sex offender, ha portato molta attenzione,<br />
tra di noi, spesso se ne parla. Personalmente<br />
non ho mai giudicato una persona<br />
carte<strong>Bollate</strong> 18<br />
detenuta per i reati commessi. Questi<br />
hanno commesso reati particolari, perciò,<br />
il progetto per il recupero, attraverso il<br />
passaggio nei reparti comuni è ambizioso.<br />
Questo lo indica il fatto che in Italia,<br />
si sta sperimentando per la prima volta a<br />
<strong>Bollate</strong>. Comunque, il nostro compito è<br />
quello di vigilare ed assecondare la riuscita<br />
di questo progetto innovativo.<br />
Con il detenuto, nel rispetto dei ruoli,<br />
è indispensabile dare la dovuta considerazione<br />
che va data ad una persona umana.<br />
Il nostro ufficio, offre un servizio a tutta la<br />
popolazione carceraria di <strong>Bollate</strong>. Il nostro<br />
compito, lo svolgiamo con attenzione e<br />
premura, anche se qualche disguido può<br />
avvenire come in tutte le cose.<br />
Reparto Quarto<br />
Ispettore Nicola Grieco<br />
La mia partecipazione al concorso, nel<br />
corpo della polizia penitenziaria, avvenne<br />
per caso, quando ancora dovevo conseguire<br />
la laurea. In quel tempo avevo un vaga idea<br />
di cosa fosse e come funzionasse il carcere.<br />
In seguito ho conseguito la laurea in giurisprudenza,<br />
svolgendo una tesi in diritto<br />
del lavoro e specificatamente sul lavoro<br />
penitenziario.<br />
Ho 28 anni, ho acquistato con mutuo<br />
una casa, superando difficoltà economiche,<br />
limitando le spese al necessario, poiché<br />
Milano è una città dove il caro vita si fa<br />
sentire, più che in altre città. Quindi è<br />
necessario adeguare il proprio livello di vita<br />
allo stipendio che reputo ottimo, rispetto<br />
al settore privato. In una città quale<br />
Milano posso dire di cavarmela in quanto<br />
singly, mentre la situazione economica si<br />
complicherebbe, se dovessi mantenere una<br />
famiglia. Sono di origine pugliese, perciò<br />
come la maggior parte di chi ha fatto questa<br />
scelta lavorativa, sono costretto a vivere<br />
lontano dai miei genitori che vedo ogni tre<br />
mesi. Naturalmente se dovessi sposarmi e<br />
formare un mia famiglia, il problema non<br />
si porrebbe, poiché ho deciso nel limite del<br />
possibile di vivere il mio futuro a Milano,<br />
avendo acquistato un appartamento. Sappiamo<br />
che a Milano come in ogni grande<br />
area urbana, esiste il problema degli alloggi.<br />
A <strong>Bollate</strong>, diversamente da altri istituti<br />
penitenziari, c’è una caserma nuova che<br />
permette al personale di rimanere alloggiato<br />
per lunghi periodi. Inoltre ci sono degli<br />
alloggi demaniali adiacenti all’istituto, che<br />
vengono assegnati in base ad una graduatoria.<br />
Esiste anche una graduatoria stilata<br />
dalla Prefettura su base provinciale, per
l’attribuzione di alloggi a cui concorrono<br />
tutte le forze dell’ordine . Inoltre sono a<br />
conoscenza di proposte avanzate da alcuni<br />
sindacalisti, per costituire una cooperativa<br />
edilizia. Possiamo dire in linea generale che<br />
il problema degli alloggi, è attenuato.<br />
Anche da noi esiste la carenza di personale,<br />
perciò si è obbligati ad ore straordinarie<br />
e doppi turni che devono essere visti<br />
come un fatto eccezionale e seriamente<br />
motivato.<br />
Il progetto sex offender, ci porta un<br />
esperienza importante e innovativa. Noi<br />
operatori, per dovere professionale dobbiamo<br />
guardare senza pregiudizi a tale tipologia<br />
di detenuti. Avendo riguardo, non<br />
lavoro. In questo istituto, il rapporto tra<br />
agente e detenuto è complesso. Questo<br />
deve essere graduato in relazione al tipo<br />
di reparto, dove un agente può essere più<br />
indicato di un altro. Da noi è importante<br />
l’elemento dell’osservazione e della prevenzione.<br />
Sarebbe opportuno lo svolgimento<br />
di corsi specifici per rendere gli agenti<br />
consapevoli delle finalità e dei metodi da<br />
usare durante lo svolgimento del proprio<br />
lavoro. Fa da sfondo a ciò, la necessità di<br />
garantire la sicurezza ed essere dotati di<br />
efficaci strumenti per prevenire e reprimere<br />
le condotte illecite.<br />
Sono convinto che l’istituto stia diventando<br />
sempre più un esperimento di custodia<br />
attenuata. Questo è positivo, però<br />
va perseguito attuando sempre le dovute<br />
misure di sicurezza, valutando sempre in<br />
maniera obbiettiva i traguardi da perseguire,<br />
nonché avere a disposizione un organico<br />
di polizia adeguato nel numero e nella<br />
sostanza. Questo non sempre è stato fatto.<br />
provvedere all'acquisto di una casa, allora<br />
il problema economico si farà sentire.<br />
Attualmente sono libera, perciò mi adatto<br />
alla situazione. Sono a conoscenza del progetto<br />
Sex offender.<br />
Come donna mi sento interiormente<br />
toccata da questo tipo di reato che non<br />
può lasciarmi indifferente.<br />
Aggiungo che non è mia abitudine<br />
giudicare i detenuti per i reati commessi,<br />
anche se questi non sono tutti uguali;<br />
ognuno di loro è una persona diversa con<br />
la propria personalità ed è questa la cosa<br />
che va considerata: la personalità.<br />
Sappiamo che a <strong>Bollate</strong> si sta sperimentando<br />
per la prima volta un progetto che<br />
alla natura del reato, ma alle loro carenze.<br />
Perciò il trattamento a questi detenuti è<br />
tracciato da una equipe specializzato.<br />
Più complessa diventa la loro collocazione<br />
nei reparti comuni, di conseguenza<br />
alla cultura carceraria, portata a rifiutare<br />
tali persone. Questa cultura vigente, noi<br />
operatori non possiamo accettarla, poiché<br />
significherebbe la sconfitta del nostro<br />
Movimento Contabile<br />
Agente scelto Germana Ferilli<br />
Ho 32 anni, sono nubile e vivo in<br />
caserma. Mi sono sentita attratta da un<br />
mondo tutto nuovo e tutto da scoprire, per<br />
questo ho scelto questo lavoro. Aggiungo<br />
che di concorsi per trovare un impiego ne<br />
avevo fatti diversi.<br />
A Milano le mie entrate economiche<br />
mi permettono di vivere senza particolari<br />
problemi.<br />
Posso permettermi di frequentare una<br />
palestra ed andare al ristorante o al teatro<br />
quando lo desidero. Vivo a Milano da<br />
quattro anni e mezzo, penso spesso al<br />
mio futuro, quando avrò la possibilità di<br />
formarmi una famiglia e di conseguenza<br />
QUALIFICA<br />
STIPENDIO<br />
AGENTE 1.201,86<br />
AGENTE SCELTO 1.255,84<br />
ASSISTENTE 1.316,85<br />
ASSISTENTE CAPO 1.383,61<br />
VICE SOVRINTENDENTE 1.435,01<br />
SOVRINTENDENTE 1.472,43<br />
SOVRINTENDENTE CAPO 1.585,32<br />
VICE ISPETTORE 1.527,42<br />
ISPETTORE 1.571,04<br />
ISPETTORE CAPO 1.621,63<br />
ISPETTORE SUPERIORE 1.689,00<br />
Le cifre s’intendono nette senza scatti, straordinari e altri emolumenti.<br />
dovrebbe portare al recupero sociale chi ha<br />
commessa crimini sessuali.<br />
Vedremo cosa accadrà quando sarà<br />
deciso il loro trasferimento nei reparti<br />
comuni e quale sarà il rapporto tra detenuti<br />
in generale. Questo sarà importante<br />
per appurare il successo o il fallimento del<br />
progetto.<br />
Mi auguro un risultato positivo, affinché<br />
il loro reinserimento sociale non provochi<br />
traumi umani.<br />
Questo istituto ha una popolazione<br />
carceraria diversificata, nel senso che ospita<br />
detenuti che devono scontare 6 mesi<br />
e quelli che devono scontare 20 anni. A<br />
questo aggiungiamo che la maggioranza è<br />
extracomunitaria con una notevole presenza<br />
di tossicodipendenti e alcolisti e ultimamente<br />
si sono aggiunti i Sex offender.<br />
È considerevole come la direzione riesca<br />
a gestire di una popolazione così eterogenea.<br />
testimonianze raccolte da<br />
Mario Curtone<br />
Francesco Ironico<br />
carte<strong>Bollate</strong> 19
Claudio<br />
Per quanto concerne la prima<br />
domanda, io sento di non aver commesso<br />
nessun reato perché praticamente<br />
le banche hanno fatto fallire<br />
la mia azienda e di conseguenza non<br />
credo di avere particolari colpe.<br />
Per quanto riguarda gli altri miei<br />
colleghi carcerati, non sono in grado<br />
di giudicarli e non li giudicherò mai.<br />
Come non li giudicavo quando<br />
ero fuori, non li giudico adesso che<br />
sono dentro; bisogna avere la testa<br />
per pensare a se stessi.<br />
Ma se parliamo dei Sex offender,<br />
diciamo che questo reato è una cosa<br />
talmente meschina che non ci sono<br />
parole per definirlo.<br />
Queste persone hanno diritto di<br />
vivere anche loro, di venire in Chiesa<br />
- che è la casa di tutti - però, se li<br />
mettono nei reparti comuni, non so<br />
fino a che punto sono favorevole sia<br />
per loro che per chi deve sopportarli.<br />
Franco<br />
Penso che giudicare…<br />
no assolutamente come non<br />
va bene uniformare tutti i<br />
reati; è un' ingiustizia anche<br />
questa.<br />
Ci sono persone che<br />
hanno commesso reati<br />
molto lievi e, a parer mio,<br />
sono comunque diverse. Il<br />
mio pensiero riguardo ai Sex<br />
offender, quando ero ancora<br />
fuori, era più severo. In<br />
carcere sono cambiato; nel<br />
vedere "l'animale in cattività"<br />
mi sono ammorbidito.<br />
Se da fuori avrei detto<br />
sicuramente "sono da punire<br />
severamente"; adesso<br />
da qui, a vederli in questa<br />
situazione, sono diventato<br />
più riflessivo. Se poi venissi<br />
toccato personalmente io<br />
o la mia famiglia… sarebbe<br />
tutto diverso. Penso che<br />
il programma che stanno<br />
seguendo sia una cosa interessante<br />
e comunque un<br />
Forum in redazione sui Sex offender<br />
PARLIAMONE, DUNQUE<br />
tentativo valido di reinserimento e<br />
l'équipe è molto preparata anche se<br />
non assicura la riuscita.<br />
Per concludere, devo aggiungere<br />
che qui dentro c'è comunque una<br />
cultura del branco e delle bande,<br />
quindi non c'è una libertà vera di<br />
pensiero su queste persone perché<br />
c'è una grossa pressione da parte di<br />
tutti.<br />
Francesco<br />
Io non vorrei giudicarli, però non<br />
mi va di essere obbligato a stare con<br />
loro. In verità non li posso vedere<br />
specialmente quelli che hanno violentato<br />
i bambini.<br />
Ma scherziamo Un bambino non<br />
si può difendere<br />
Carla Chiappini: va bene ma<br />
c'è chi pensa che anche vendere la<br />
droga a un bambino è un reato molto<br />
grave<br />
Francesco: la droga ai bambini…<br />
però non è la stessa cosa; io con la<br />
droga mica gioco, mica ti obbligo,<br />
vieni tu e compri, mica te la devi<br />
prende per forza, io non vado ad<br />
obbligare un bambino.<br />
Mario<br />
Il reato in se stesso è difficile da<br />
accettare, Come non è accettabile<br />
il reato commesso da chi scippa un<br />
anziano che ha appena ritirato la pensione;<br />
secondo la mia opinione sono<br />
reati molto gravi che vanno giudicati<br />
in ugual misura. Rifacendomi a ciò<br />
che ha detto Francesco; il ragazzino<br />
è indifeso davanti ad un adulto, ma<br />
anche la vecchietta si trova in una<br />
posizione di inferiorità verso chi la<br />
sta rapinando, persone che hanno<br />
commesso questa tipologia di reato<br />
ne abbiamo molti nelle sezioni e vengono<br />
accettati.<br />
Forse perché non sono stato toccato<br />
personalmente, ma contro i Sex<br />
offender non ho nessun risentimento,<br />
li ritengo detenuti come altri,<br />
molto ammalati, che hanno bisogno<br />
di terapie particolari, io non sono uno<br />
Il carcere sembra respingere qualsiasi respiro di libertà.<br />
E persino l'espressione autentica di idee e opinioni risulta frenata e trattenuta<br />
entro regole non scritte ma comunque presenti e ben radicate nell'ambiente e<br />
nelle persone.<br />
Nella redazione di carte<strong>Bollate</strong>, poi, si è osato non poco il giorno in cui il<br />
direttore Adriano Todaro ha proposto un libero confronto sui cosiddetti "Sex<br />
offenders" ovvero persone condannate per reati sessuali. Chiunque abbia avuto<br />
a che fare, in modo non superficiale, con qualsiasi istituto penale, sa molto bene<br />
che ovunque nel nostro Paese questa tipologia di detenuti viene "protetta" dagli<br />
altri e chiusa in apposite sezioni per evitare che subisca discriminazioni o addirittura<br />
atti di violenza.<br />
Ora nella Casa di reclusione di Milano-<strong>Bollate</strong> si sta sperimentando un progetto<br />
che prevede il graduale inserimento di circa una ventina di "Sex offenders"<br />
nelle sezioni comuni così come già spiegato in modo esauriente nello scorso<br />
numero del giornale.<br />
Dobbiamo francamente ammettere che il primo tentativo di discussione era<br />
andato piuttosto male e il dibattito aveva faticato parecchio a decollare.<br />
La seconda volta ci siamo mossi entro i confini precisi di due domande fisse,<br />
cioè identiche per tutti:<br />
A tuo avviso può una persona che si è macchiata di un reato erigersi a<br />
giudice di altri condannati<br />
Quando eri un uomo libero cosa pensavi di queste persone Quali sentimenti<br />
avevi nei loro confronti<br />
carte<strong>Bollate</strong> 20
psicologo per giudicare se l’impatto<br />
con altri detenuti, diciamo normali,<br />
possa giovare al loro reinserimento,<br />
mi riservo comunque dei dubbi.<br />
Anch’io ho una cultura che mi<br />
impone di tenere le distanze, ma<br />
riflettendoci penso che se nella cella<br />
di fianco vive uno di loro non mi<br />
interessa.<br />
Comunque vige un mentalità<br />
carceraria piena di contraddizioni:<br />
abbiamo il vicino di branda oppure<br />
di cella che è un delatore “solo per<br />
un suo vantaggio va ha raccontare<br />
cose non vere”, e tutti pur sapendolo<br />
non dicono niente. Tuttora molti<br />
esponenti della malavita obbligano le<br />
loro donne e non solo, a prostituirsi.<br />
“Cosa nostra” che sono italiani emigrati<br />
in America, hanno costruito le<br />
loro fortune sulla prostituzione, di<br />
loro tutti parlano con rispetto e ora ci<br />
scandalizziamo per uno stupratore.<br />
Carla: una cosa che non hai detto,<br />
è se tu ti senti di dover esprimere dei<br />
giudizi rispetto alla vita degli altri.<br />
Mario: assolutamente no! Non<br />
esprimo giudizi perché anch’io ho<br />
commesso reati, di un’altra indole,<br />
però siamo tutti qui per scontare una<br />
pena senza rendercela più difficile.<br />
Roberto<br />
Io torno a ripetere quello che ho<br />
detto l'altro giorno; cioè che questi<br />
cristiani qua li manderei all'ospedale.<br />
Questo non è il posto per curarli<br />
e noi qui non possiamo essere di nessun<br />
aiuto per loro.<br />
Sono convinto che ritorneranno<br />
fuori e ricommetteranno lo stesso<br />
reato, sicuramente.<br />
Così come la maggior parte dei<br />
magistrati ha paura che anche ognuno<br />
di noi se si trova fuori, "in mezzo<br />
una strada" vada a reiterare il reato.<br />
D'altro canto, se io sono fuori,<br />
sono in difficoltà e non ho niente da<br />
mangiare, che cosa devo fare<br />
L'opportunità non mi è stata data,<br />
cosa posso fare Faccio morire i miei<br />
figli di fame No!, io vado a commettere<br />
lo stesso tipo di reato di prima.<br />
Così questi che hanno un altro<br />
tipo di reato nella testa vanno a commettere<br />
lo stesso tipo di reato perché<br />
sono malati e questa malattia non<br />
gli passa; forse siamo un po' malati<br />
anche noi…<br />
Se io non sono ammalato, vado<br />
in chiesa, vado a chiedere l'elemosina,<br />
ma il reato non lo faccio; invece<br />
anch’io ho qualcosa che non va perché<br />
non voglio chiedere mai niente a<br />
nessuno.<br />
Così la ragiono io…<br />
Carla: tu, comunque, da solo con<br />
te stesso, pensi di poter esprimere un<br />
giudizio su queste persone<br />
Roberto: ma io li giudico relativamente<br />
così come giudico me stesso;<br />
se ho commesso il mio reato dentro<br />
di me c'è qualcosa che non va e so<br />
che dentro di loro c'è un'altra cosa<br />
che non va, e non si può aggiustare;<br />
non esiste che vengano messi in una<br />
sezione comune, questi la malattia ce<br />
l'hanno nel Dna.<br />
Libero<br />
Io penso che la maggioranza dei<br />
reati è commessa per tornaconto e<br />
per denaro, mentre, nel caso dei<br />
Sex offender, è la natura che non è<br />
stata generosa con loro; bisogna aver<br />
pazienza e far in modo che questa<br />
malattia si evolva.<br />
Da soli non hanno la possibilità<br />
di uscirne. Io penso che sono stati<br />
sfortunati; avrei potuto avere anch'io<br />
questa predisposizione, ringrazio Dio<br />
che non ce l'ho.<br />
Ho un bambino ancora piccolo<br />
e questa è una malattia odiosa però<br />
qualcuno se ne deve occupare; poi<br />
noi stessi che speriamo nei condoni,<br />
che vogliamo ritornare nella società,<br />
dobbiamo renderci conto che hanno<br />
già ricevuto un giudizio e dobbiamo<br />
rispettarlo.<br />
Se li giudichiamo ancora vuol dire<br />
che prevarichiamo le istituzioni che<br />
noi stessi come cittadini abbiamo<br />
delegato a giudicare. Ho sempre pensato<br />
così anche prima di entrare qua<br />
dentro.<br />
Antonio<br />
Per quanto riguarda la prima<br />
domanda, io non ho mai giudicato<br />
nessuno neanche prima di entrare<br />
in carcere perché fa parte della mia<br />
educazione; i miei genitori mi hanno<br />
insegnato che prima devo imparare a<br />
giudicare me stesso e dopo a giudicare<br />
gli altri ed è già una cosa difficile<br />
giudicare se stessi!<br />
Per quanto riguarda il fatto che<br />
carte<strong>Bollate</strong> 21<br />
loro, i Sex offender siano inseriti tra<br />
noi, dico che questo è un tipo di<br />
reato duro da digerire così come ce<br />
ne sono tanti altri, ma è un reato che<br />
anche fuori mi faceva schifo.<br />
Però noi dobbiamo considerare<br />
anche una cosa; viviamo in un luogo<br />
dove non abbiamo la facoltà del libero<br />
arbitrio e questo vuol dire che non<br />
possiamo decidere quello che possiamo<br />
fare e quello che non vogliamo<br />
fare, quello che dobbiamo accettare e<br />
quello che non dobbiamo accettare e<br />
questa è la nostra pena.<br />
Se mettono in reparto uno di loro,<br />
certamente non andrò a trovarlo in<br />
cella e certamente non gli rivolgerò<br />
la parola, però non è che posso fare<br />
più di tanto.<br />
Certo non mi piace l'idea di averlo<br />
vicino, perché è un tipo di reato che<br />
oltretutto non riesco proprio a capire.<br />
Qui non chiedo mai a nessuno che<br />
cosa ha fatto perché non mi interessa<br />
saperlo; io ti giudico solo da come<br />
tu ti comporti con me, e tu mi devi<br />
giudicare da come io mi comporto<br />
nei tuoi confronti.<br />
Così facevo anche fuori. È chiaro<br />
che, quando ero libero, se avessi<br />
saputo di uno che ha violentato o<br />
scippato una vecchietta, avrei preferito<br />
stargli lontano ma qui non ho<br />
questa facoltà.<br />
Andreas<br />
Secondo me non si dovrebbero<br />
mai giudicare le persone e, anche<br />
se non è sempre facile, provo a non<br />
farlo. Ognuno ha il diritto di sbagliare<br />
e merita una chance per riabilitarsi.<br />
In questo specifico discorso entra<br />
per me un ragionamento abbastanza<br />
facile.<br />
Alla fine usciamo tutti e io preferisco<br />
se le nostre mogli e figli incontreranno<br />
uno che ha fatto il percorso<br />
qui da noi piuttosto di uno che non<br />
l'ha fatto, vedendo che pone meno<br />
rischi di commettere lo stesso reato<br />
un'altra volta.<br />
Pensavo così già prima del mio<br />
arresto e non intendo cambiare opinione<br />
solo perché sono in galera.<br />
Direi quasi che la mia detenzione<br />
ha ancora rinforzato questa opinione.<br />
dibattito coordinato da<br />
Carla Chiappini
IMMIGRAZIONE<br />
I VIAGGI DELLA SPERANZA<br />
DEI CITTADINI DI SERIE B<br />
Cherkaoui Redouane ci spiega<br />
come funzionano e quanto costano<br />
Il carcere è quanto di più brutto possa<br />
capitare. Uccide il valore più grande<br />
della vita, la libertà. Anche la cosa più<br />
brutta può farti capire cose che non avresti<br />
mai capito.<br />
Vivere in spazi ristretti, ti obbliga a<br />
conoscere persone che col passare delle<br />
ore, dei giorni, dei mesi e degli anni,<br />
riesci a comprendere il valore umano di<br />
queste persone accomunati.<br />
In una intervista fatta alla direttrice<br />
Lucia Castellano, a proposito dei detenuti<br />
stranieri, la stessa denunciava che i<br />
detenuti clandestini erano “cittadini di<br />
serie B”.<br />
E così continuava: “A me piacerebbe<br />
imparare le loro tradizioni, la loro cultura”.<br />
Queste parole avevano risvegliato in<br />
me la voglia di conoscere maggiormente<br />
le esperienze fatte da queste persone,<br />
conoscere i motivi, le difficoltà incontrati<br />
nel cercare di approdare in Italia alla<br />
ricerca di un domani migliore.<br />
Il carcere mi ha fatto convivere con il<br />
dottor Cherkaoui Redouane, marocchino,<br />
detenuto del terzo reparto, il quale<br />
si adopera come volontario allo Sportello<br />
giuridico per aiutare la comunità detenuta<br />
straniera che non ha possibilità di<br />
difendersi giuridicamente.<br />
La redazione di carte<strong>Bollate</strong>, è situata a<br />
fianco allo Sportello giuridico, perciò mi<br />
capita di parlare spesso con Redouane dei<br />
cittadini di seri "B", alla quale, oltre agli<br />
immigrati clandestini, appartiene tutta la<br />
popolazione carceraria mondiale, senza<br />
distinzione di razza, di pelle o di religione.<br />
Approfittando di questa conoscenza,<br />
chiedo a Redouane di descrivermi un<br />
“viaggio”.<br />
“Penso di conoscere il fenomeno<br />
dell'immigrazione clandestina - dice<br />
Redouane - e spiegherò ai lettori di carte<strong>Bollate</strong><br />
come, quando, e perché avviene.<br />
“Una delle ragione che spiega bene la<br />
riproduzione dell'immigrazione irregolare<br />
è la conseguente difficoltà ed impossibilità<br />
dei governi nordafricani nell'impedirla.<br />
“Essa è diventata il prodotto di una<br />
vera e propria mobilitazione sociale.<br />
Come vedremo in seguito, si tratta di<br />
una valvola di sfogo rispetto a ogni forma<br />
di frustrazione, di insoddisfazione e di<br />
rivolta provocate da situazioni di degrado<br />
assai gravi, vissute come insopportabili.<br />
I cittadini appartenenti ai tre Paesi del<br />
Magreb, (Marocco, Tunisia e l'Algeria)<br />
hanno la stessa cultura, le stesse usanze<br />
ed i medesimi costumi, praticamente il<br />
problema dell'immigrazione è simile per<br />
i tre Stati citati.<br />
“Questi, preferiscono questa ‘valvola<br />
di sfogo’ al rischio di rivolte o a quello<br />
della propagazione del fondamentalismo<br />
religioso.<br />
“Così si capisce la crescita poco contrastata<br />
del business sull'immigrazione<br />
clandestina. Il fenomeno riguarda tutti i<br />
Paesi d'emigrazione.<br />
“Ci troviamo di fronte a un vero<br />
e proprio investimento finanziario da<br />
parte delle famiglie e della parentela, a<br />
cui si aggiunge una solidarietà diffusa<br />
e socialmente approvata. Il costo delle<br />
partenze regolari non è inferiore a quello<br />
dell'immigrazione clandestina, anzi<br />
spesso presuppone una spesa più alta<br />
poiché include un forfait per i primi mesi<br />
d'emigrazione.<br />
“Per un clandestino che dal Marocco<br />
deve raggiungere Milano, il viaggio costa<br />
circa 3.000 euro, pressappoco quanto<br />
guadagna in un anno”.<br />
Redouane racconta che esistono altre<br />
forme per raggiungere l’Italia ad esempio<br />
il “matrimonio bianco” che ha un costo<br />
fra i 6 e gli 8 mila euro. Ma in cosa<br />
consiste<br />
“È il classico matrimonio per procura.<br />
Un cittadino del Magreb già residente<br />
in Italia, riesce a trovare persone consenzienti<br />
al cosiddetto matrimonio per<br />
procura.<br />
“Questo sistema è molto richiesto da<br />
chi vuole ottenere la cittadinanza italiana<br />
senza correre i pericoli che comporta<br />
l'immigrazione clandestina. Il problema<br />
è avere la disponibilità finanziaria”.<br />
Redouane continua a raccontare il<br />
viaggio, addentrandosi nei particolari.<br />
“Come dimostrano i fatti, nella maggior<br />
parte dei casi, i tentativi d'emigrazione<br />
clandestina falliscono; perciò il prezzo<br />
per la traversata è rateizzato in due o tre<br />
rate.<br />
“L'ultima rata, può variare in base alla<br />
stagione e alle ‘fluttuazioni’ del mercato.<br />
Tutte le notizie concordano sul fatto che<br />
in questi ultimi anni si e verificato un<br />
continuo aumento del costo dei ‘passaggi’<br />
a causa dell'effetto perverso, tipico di<br />
ogni proibizione.<br />
Tuttavia si riproduce sempre; o stretta<br />
repressiva o allentamento delle maglie.<br />
“Questo paradosso va considerato un<br />
composto del governo e opinione pubblica,<br />
interessato al business della ‘guerra alle<br />
migrazioni’, è, a volte per fare carriera,<br />
oppure per fare lievitare le spese militari e<br />
dalle polizie pubbliche e private. Inoltre,<br />
incontriamo l'interesse degli imprenditori<br />
italiani delle economie sommerse,<br />
bisognosi di manodopera clandestina.<br />
In Italia un lavoratore extracomunitario<br />
oltre a prestarsi ai lavori umili, diventa un<br />
affare in termini economici per il datore<br />
di lavoro.<br />
“L'oscillazione fra stretta repressiva e<br />
allentamento delle maglie è dovuta alle<br />
negoziazioni con i Paesi di immigrazione,<br />
alla congiuntura socio-politica interna e<br />
alla discrezionalità delle polizie. La morsa<br />
si allenta quando i poliziotti devono arrotondare<br />
il loro magro stipendio, oppure<br />
quando lo sfogo migratorio allontana il<br />
rischio di rivolte o di esplosioni fondamentalisti,<br />
ed infine quando si cerca di<br />
alzare il prezzo degli accordi con i Paesi<br />
ricchi che vogliono trasformare i ‘Paesi<br />
terzi’ in una sorta di subappaltatori del<br />
lavoro delle polizie dei Paesi ricchi.<br />
“Harraga - in arabo bruciare - così<br />
sono chiamati quelli che ‘bruciano’ la<br />
frontiera clandestinamente e, a volte,<br />
anche i documenti d'identità quando<br />
arriva la polizia, facendo in questo modo<br />
sparire tracce di provenienza ufficiale,<br />
evitando il rimpatrio.<br />
La polizia sfrutta il business dell'immigrazione<br />
clandestina ‘allentando o strin-<br />
carte<strong>Bollate</strong> 22
gendo le maglie. Reprimono per fare<br />
vedere che stanno svolgendo il loro lavoro<br />
soprattutto quando il governo, a sua<br />
volta, deve dimostrare la propria affidabilità<br />
nel contenimento dell'emigrazione,<br />
ai Paesi europei con cui ha sottoscritto<br />
accordi in proposito.<br />
“La lancia, è il barcone da pesca che<br />
può trasportare fino a trentacinque persone.<br />
La traversata costa 1. 000 euro a testa<br />
per un totale di 30/35 mila euro a viaggio.<br />
I responsabili del commercio umano<br />
clandestino si chiamano passeurs. Questi<br />
stipulano regolari contratti stagionali per<br />
la pesca, affittando le imbarcazioni dai<br />
proprietari. In seguito il passeur cerca un<br />
pilota capace e viene concordato il prezzo<br />
del trasporto.<br />
“Quando la barca è sequestrata o<br />
va persa, il passeur, come da contratto,<br />
la ripaga al proprietario. Il passeur non<br />
viaggia mai. Per cercare ‘un passaggio’ su<br />
una barca è sufficiente andare in uno dei<br />
caffè conosciuti; dove c'è qualcuno pronto<br />
a procurare un posto per partire. Le<br />
voci circolano, i reclutatori sono spesso<br />
persone a cui viene assicurato il viaggio<br />
gratuito se trovano cinque o sei che pagano<br />
il passeur.<br />
“Al caffè si prendono gli accordi e si<br />
paga una parte in anticipo; questo vale<br />
come prenotazione del posto sulla barca.<br />
I candidati alla partenza si fanno vedere<br />
spesso per avere informazione sul giorno<br />
della partenza.<br />
Fissato il giorno e l'ora, al luogo<br />
stabilito si deve arrivare con la massima<br />
discrezione; tutto è avvolto nelle tenebre<br />
dell'attività illecita che è pericolosa per<br />
tutti. Per raggiungere la destinazione,<br />
si marcia per molti chilometri (15-20),<br />
cambiando spesso direzione; chi chiede<br />
informazioni lo fa con gesti senza mai<br />
rivolgere la parola a chi lo guida.<br />
“Al tramonto, finalmente, si raggiunge<br />
la spiaggia e si aspetta che arrivi la<br />
barca che deve fare dei segnali luminosi.<br />
In quel momento si paga il resto”.<br />
Paura di morire in mare<br />
“Sì, certo. Ma la paura si supera una<br />
volta che sei in barca. Per fare il ‘viaggio’<br />
si lavora anche un anno o due, perciò non<br />
possiamo permetterci di farci fermare<br />
dalla paura. Chi non ha un amico all'ambasciata,<br />
non può permettersi un visto,<br />
quindi rimane il mare come l'unica via.<br />
“A questo punto, cosa vuoi che c'importi<br />
della paura”.<br />
Francesco Ironico<br />
VOLONTARIATO IN CARCERE / Il coro<br />
CON CHITARRA E VOCE,<br />
MA SOPRATTUTTO<br />
CON UN SORRISO<br />
coniugi Raffaella e Mario Granata sono<br />
I due volontari che il sabato danno lezione<br />
di canto a circa venti detenuti che<br />
formano il coro della Casa di reclusione<br />
di <strong>Bollate</strong>.<br />
Li abbiamo visti esibirsi in occasione<br />
della messa celebrata a Pasqua dal cardinale<br />
Dionigi Tettamanzi.<br />
Mario alla chitarra e Raffaella a dirigere<br />
i canti, sono presenti, ogni domenica,<br />
alla messa che si celebra nei cinque reparti<br />
dell’istituto.<br />
Mario era tecnico sistemista,<br />
mentre Raffaella<br />
insegnava alle scuole elementari.<br />
Oggi sono pensionati.<br />
Hanno due figlie,<br />
di 23 e 27 anni, quest’ultima<br />
sposata.<br />
Come sono arrivati a<br />
fare volontariato in carcere<br />
Lo spiegano loro stessi<br />
attraverso le parole di Raffaella.<br />
“Da tempo conosciamo<br />
don Antonio Sfondrini,<br />
cappellano del carcere<br />
e, si può dire, da sempre<br />
collaboriamo attivamente in<br />
parrocchia, soprattutto con i<br />
ragazzi dell’oratorio attraverso<br />
attività come giochi,<br />
teatro e canto. L’anno scorso<br />
abbiamo incontrato, per caso, don Antonio,<br />
dopo tanto tempo. . ., ma sarà stato davvero<br />
un caso<br />
“Abbiamo chiaccherato e don Antonio<br />
ci ha parlato della sua esperienza nel carcere<br />
di <strong>Bollate</strong>. Dopo qualche tempo ci ha telefonato<br />
chiedendoci se eravamo disponibili a<br />
formre un coro e animare le messe domenicali<br />
con chitarra e canto.<br />
“Un po’ titubanti abbiamo accettato;<br />
per noi il carcere era un mondo sconosciuto,<br />
tutto da scoprire, anche con qualche pregiudizio,<br />
visto quello che si dice ‘fuori dalle<br />
sbarre’, spesso a sproposito.<br />
“Nell’ottore 2004 è iniziato il nostro<br />
rapporto col carcere di <strong>Bollate</strong>, convinti in<br />
ogni caso di fare un servizio utile e di poter<br />
dare qualcosa.<br />
“Siamo stati ben accolti da tutti i detenuti<br />
incontrati ed abbiamo scoperto che<br />
non sono poi così diversi da noi, soprattutto<br />
abbiamo capito che sono persone, degne,<br />
quindi, di tutta la nostra attenzione. La<br />
cosa importante è che credevamo di dare<br />
qualcosa, invece siamo stati noi a ricevere<br />
tanto!<br />
“Ormai si è instaurto un rapporto di<br />
reciproca simpatia: non importa se a volta<br />
Mario sbaglia un accordo e io “stecco”; l’importante<br />
è questo momento vissuto insieme<br />
che, pur nella sua religiosità, racchiude<br />
molto di più. Il darsi la mano, sorridersi<br />
a vicenda. salutarsi amichevolmente, ci fa<br />
sentire uniti e più ricchi.<br />
“Così, dalla consueta comunità parrocchiale,<br />
ci siamo trovati a far parte di una<br />
comunità forse alternativa, ma in ogni<br />
modo fatta di persone vere, con problemi<br />
più o meno grandi, con un passato che a<br />
volta si vorrebbe dimenticare; ma tanti di<br />
loro hanno dentro una gran forza che li fa<br />
andare avanti, senza mai perdere la dignità<br />
e la speranza”.<br />
Francesco Merolle<br />
carte<strong>Bollate</strong> 23
Gennaro Sanarica, pena complessiva 20<br />
anni, fine pena 2016, è riuscito a dicembre,<br />
ad ottenere un permesso premio<br />
di dodici ore ed è già rientrato felicissimo.<br />
Il fatto di per sé fa pensare che ci sia<br />
una reale svolta nella magistratura di sorveglianza<br />
di Milano, che si sia aperta una<br />
“breccia” nell’usuale e vituperata severità<br />
con la quale sono vagliati i benefici che si<br />
possono ottenere, quando siamo nei termini<br />
di legge.<br />
L’esempio sopra citato n’è la prova.<br />
Il dottor Guido Brambilla, concedendo<br />
questo permesso premio, manda un “messaggio”<br />
benevolo, facendo ben sperare<br />
alle moltitudini di detenuti nell’attesa di<br />
risposte, che vi è un reale impegno nelle<br />
“concessioni” di benefici, senza troppe illusioni,<br />
ma in ogni caso questi fatti sono<br />
un inizio.<br />
La cosa positiva di questa faccenda è<br />
che il dottor Brambilla ha avuto modo di<br />
conoscere il Sanarica, in uno spettacolo<br />
teatrale, qui a <strong>Bollate</strong>, nel teatro del carcere<br />
e di scambiarsi, a fine spettacolo, qualche<br />
parola. Gennaro Sanarica ha poi incontrato<br />
di nuovo il magistrato in occasione del<br />
servizio catering, dove svolge mansioni di<br />
cuoco, scambiandosi nuovamente alcuni<br />
commenti. Ecco, io voglio credere che<br />
questa sia la vera svolta nella magistratura.<br />
Voglio credere ad un rapporto umano che<br />
infranga le barriere cartacee fredde e sterili<br />
delle quali si servono i magistrati per valutarci.<br />
Più volte ho modo di parlare con i<br />
detenuti che richiedono benefici, di persona.<br />
In questo modo nel magistrato si forma<br />
un’opinione più consona, più precisa<br />
del detenuto, con contorni psicologici più<br />
reali. Si crea, così, una reazione empatica<br />
che permette di fare una giusta valutazione<br />
da parte del titubante magistrato. Certo,<br />
questo nei casi, diciamo così, dove vi sono<br />
più perplessità, negli altri dove la chiarezza<br />
è estrema, non ve n’è bisogno.<br />
Il rapporto umano e la parola, oltre ovviamente<br />
alle varie relazioni, è il metodo di<br />
SPIGOLATURE CARCERARIE<br />
di Franco Palazzesi<br />
C’È UNA SVOLTA ALLA<br />
MAGISTRATURA<br />
DI SORVEGLIANZA DI MILANO <br />
giusta valutazione, perché dietro un diniego<br />
di una qualunque richiesta di beneficio<br />
ci sono risvolti umani talvolta drammatici.<br />
Avere la possibilità di esternare il proprio<br />
essere, la propria situazione, i progetti di<br />
vita futura direttamente e guardando negli<br />
occhi chi ha il potere di dire l’ultima parola<br />
su cose così importanti, credo sia doveroso,<br />
un atto di civiltà e d’umanità che il dottor<br />
Brambilla al quale va tutto il nostro riconoscimento<br />
e la nostra simpatia, ha capito.<br />
Resta solo da augurarci che anche gli altri<br />
magistrati di sorveglianza si allineino con<br />
questi parametri seguendo l’esempio del<br />
loro collega. Inoltre, la direzione di questo<br />
carcere, così attenta alle nostre problematiche,<br />
dovrebbe “cavalcare” questa tigre<br />
incoraggiando e promuovendo i rapporti<br />
umani dei detenuti con la magistratura<br />
di sorveglianza, segnalando alla stessa chi<br />
è vicino ai termini per ottenere i benefici,<br />
organizzando colloqui individuali.<br />
Vecchia staccata<br />
“For ever”<br />
Abbiamo preso un “cicchetto”. A darcelo<br />
è stata la direttrice, Lucia Castellano,<br />
nel suo periodico incontro che ha con noi.<br />
La direttrice rimpiange il gruppo di detenuti<br />
che c’era prima alla Staccata, a suo<br />
parere, un gruppo combattivo, attivo, che<br />
ha fatto moltissimo per questo reparto.<br />
Nell’occasione ha anche citato i nomi di<br />
quei “virtuosi” che sono usciti liberanti o<br />
in articolo 21.<br />
La frase, però, più simpatica e colorita<br />
che ha detto, è stata che quel gruppo ha fatto<br />
trovare a noi, attuali abitanti, la “mangiatoia<br />
bassa”, vale a dire che il rimpianto<br />
gruppo ha fatto tutto ciò che c’era da fare<br />
in Staccata. Adesso noi troviamo la “pappa<br />
pronta” e senza quei “cervelli”, alla Staccata,<br />
c’è calma piatta, scarsa o nulla attività.<br />
carte<strong>Bollate</strong> 24<br />
Prendiamo atto del “cicchetto” e cercheremo<br />
di attivarci perseguendo stimoli<br />
creativi. Accettiamo la critica perché la riteniamo<br />
costruttiva. Pur tuttavia, però, facciamo<br />
presente alla direttrice che la Staccata,<br />
in quel periodo, era “terra di conquista”,<br />
non c’era niente, tutto era da fare e, quindi,<br />
non c’era bisogno di fare grandi sforzi<br />
mentali per decorare le “salette” dei piani o<br />
altro, pur senza nulla togliere ai meriti dei<br />
“vecchi”. Oggi la Staccata è molto diversa.<br />
C’è poco margine operativo, perché tutto<br />
funziona. Oggi c’è una realtà completamente<br />
diversa e i vecchi progetti non sarebbero<br />
più applicabili; ci sono persone con<br />
altre qualità, con altre caratteristiche.<br />
Nessuno o quasi sta con le mani in<br />
mano. Sono state fatte molte cose interessanti,<br />
dal rilancio della biblioteca alla decorazione<br />
delle salette colloqui, dal progetto<br />
per i “trompe-l’oeil”, al gruppo musicale,<br />
alla redazione del giornale con l’attivazione<br />
della segreteria ecc.<br />
Ci sembra pure importante rilevare,<br />
come si deve mantenere attivo e vitale ciò<br />
che già esiste, prima di sperimentare nuovi<br />
progetti.<br />
Il motto che dice: “Squadra che vince<br />
non si cambia”, ci sembra appropriato.<br />
Non cerchiamo, a tutti i costi, il cavillo<br />
dove comunque le cose funzionano.<br />
I bravi ragazzi<br />
della Staccata<br />
In questo numero voglio segnalare l’amico<br />
Giuseppe Preti, 48 anni, padre di una<br />
bimba piccola di quattro anni che vive a<br />
Brescia con la mamma ed aspetta che ritorni<br />
il suo papà.<br />
Egli è in espiazione di pena per reati di<br />
bancarotta risalenti al 1992. Qualche altro<br />
piccolo carico negli anni seguenti, sempre
per illeciti di natura finanziaria, alcune volte<br />
assolto dagli addebiti dopo anche tredici<br />
anni.<br />
Nel 2001 diventa papà dopo 10 anni<br />
d’attesa. Per stare vicino alla famiglia, lascia<br />
il lavoro di rappresentante, ma diventano<br />
definitive le condanne e va in affidamento.<br />
Un’ulteriore condanna lo conduce ad<br />
eccedere i tre anni ed è rinchiuso a Brescia<br />
per alcuni mesi e poi a <strong>Bollate</strong>, inserito alla<br />
Staccata.<br />
Durante gli anni precedenti aveva sviluppato<br />
il desiderio di imparare qualcosa<br />
dagli avvocati che lo avevano seguito. Grazie<br />
alla loro pazienza ed allo studio di codici<br />
e norme, si è potuto, così, inserire allo<br />
Sportello giuridico dove presta la sua opera<br />
volontaria con grande passione.<br />
Per lui tutte le persone sono uguali.<br />
E’ sempre disponibile con tutti, affabile,<br />
simpatico e, se qualche risultato pratico è<br />
ottenuto, è grazie al lavoro che svolge allo<br />
Sportello. Lavora anche all’ufficio-spesa<br />
e anche lì ci mette sempre del suo per risolvere<br />
le piccole contestazioni inerenti al<br />
lavoro.<br />
La calma, il saper parlare, il ragionamento,<br />
sono però le sue doti principali,<br />
qualità che pone al servizio di tutti con<br />
soddisfazione.<br />
Insomma, un altro bel personaggio libero<br />
da condizionamenti e che contribuisce<br />
non poco a mantenere la Staccata vivibile<br />
ed attiva.<br />
Scuola, primo<br />
quadrimestre<br />
Volendo tracciare un bilancio di<br />
questo primo quadrimestre, possiamo<br />
dire di essere soddisfatti.<br />
Tutto funziona, il livello di preparazione<br />
si è innalzato e vi è più attenzione<br />
da parte degli studenti, è stato dato anche<br />
un “contributo economico” a chi<br />
ha frequentato la stessa l’anno scorso e<br />
di questo siamo grati all’amministrazione<br />
perché i sacrifici per poter andare a<br />
scuola sono notevoli anche per noi studenti<br />
che rinunciamo a lavori a tempo<br />
pieno e a spazi personali per arricchire<br />
la nostra preparazione culturale.<br />
Ma la parte del “leone” la fanno i<br />
professori. Sono veramente eccezionali<br />
e si sono fatti voler bene da tutti gli<br />
studenti. Una menzione a parte però<br />
mi sento di farla per il professor Mitrano,<br />
di economia perché ha partecipato<br />
alla “marcia di Natale” a Roma a favore<br />
dell’amnistia. Un esempio concreto di<br />
come può cambiare il pensiero delle<br />
persone sui carcerati dopo che ci hanno<br />
conosciuto, vissuto con noi e capito<br />
le vicissitudini delle nostre vite, la<br />
nostra “normalità”, con la convinzione<br />
che vi è, anche tramite la scuola, l’effettiva<br />
possibilità di un reinserimento<br />
nella vita lavorativa.<br />
E’ stato chiesto alla direzione, da<br />
parte del consiglio dei professori, di<br />
poter partecipare con un parere, ai<br />
provvedimenti disciplinari, trasferimenti,<br />
cambi reparto, che possono<br />
colpire gli studenti, così da dare anche<br />
un significato alle “famose” schede di<br />
valutazione che devono compilare ogni<br />
quadrimestre, con il coinvolgimento<br />
attivo dei professori. Non saranno un<br />
mezzo “sterile” di valutazione, ma un<br />
modo per coinvolgere gli stessi docenti<br />
Le riunioni della<br />
Commissione cultura<br />
Ogni mercoledì, nell’Area trattamentale,<br />
si svolgono gli incontri della Commissione<br />
cultura. Vi partecipano detenuti<br />
sorteggiati dei vari reparti, e membri fissi<br />
come l’associazione Cuminetti, rappresentanti<br />
della scuola, educatori, ed alcune<br />
volte la direttrice o la vicedirettrice.<br />
In questi incontri si parla di varie cose,<br />
dalle comunicazioni sulla vita del carcere,<br />
alle proposte dei vari detenuti rappresentanti<br />
del loro reparto, ad esempio l’installazione<br />
delle lavatrici con essiccatore ai<br />
piani, l’organizzazione di concerti e spettacoli,<br />
il corso sulla memoria.<br />
L’incontro di mercoledì 4 <strong>gennaio</strong><br />
scorso, è stato molto interessante; l’ordine<br />
del giorno era la lamentela generalizzata<br />
sui ritardi delle richieste di liberazione<br />
anticipata, chiusure di sintesi, camere di<br />
consiglio con documentazioni incomplete.<br />
All’incontro ha partecipato la direttrice,<br />
che ha spiegato agli intervenuti com’è<br />
la situazione. Non è un buon momento<br />
quello che sta vivendo il nostro carcere,<br />
ha dichiarato la stessa, siamo tanti, circa<br />
900, le domande sono aumentate a dismisura<br />
e si fatica a stargli dietro; vi sono<br />
al percorso “intramurario” dello studente.<br />
Il giorno 19 dicembre si è svolta, nel<br />
teatro, la festa di fine anno, organizzata<br />
dalla professoressa Fernanda Tucci che<br />
ha curato anche la regia; è stata una<br />
“kermesse” gioiosa ed “intelligente”,<br />
non la solita festicciola “stantia” dove<br />
si pensa solo a mangiare, ma uno spettacolo<br />
vero e proprio con recite, canti<br />
in lingua e addirittura una scena teatrale<br />
tratta dal Boccaccio ben recitato da<br />
un gruppo di detenuti. I professori si<br />
sono “messi in gioco” cantando anche<br />
loro al karaoke tra gli applausi degli<br />
intervenuti, ed alcuni “pezzi” suonati<br />
dal vivo dalla “band della Staccata”<br />
hanno contribuito al buon esito della<br />
manifestazione. La sorpresa più bella<br />
e piacevole, però, è stata la visita dei<br />
professori dell’anno scorso. Tra ricordi<br />
e nostalgia, rincontrarli è stato un “tuffo”<br />
nel passato con la certezza di aver<br />
fatto bene.<br />
reparti come il secondo dove il “turn over”<br />
è continuo e quindi vi è un enorme volume<br />
di lavoro. Il personale è scarso e fa<br />
quello che può. Per poter poi andare più<br />
sullo specifico, è stato chiesto l’intervento<br />
di un volontario dello Sportello giuridico<br />
e dell’avvocato Franco Moro Visconti,<br />
anche lui volontario dello stesso. Sono<br />
state quindi chiarite e spiegate le procedure<br />
operative da tener presente quando<br />
s’inviano le istanze, le aspettative, la composizione<br />
della “relazione di sintesi”, gli<br />
aggiornamenti ecc.<br />
La direttrice auspica che i rappresentanti<br />
della Commissione cultura espongano<br />
nei reparti gli importanti fatti dibattuti;<br />
a tale proposito, vista anche la<br />
complessità dell’argomento, il sottoscritto,<br />
quale rappresentante della Staccata, il<br />
rappresentante dello Sportello giuridico,<br />
Giuseppe Preti – in collaborazione con<br />
l’avvocato Franco Moro Visconti – hanno<br />
organizzato degli incontri, uno per reparto,<br />
per poter adeguatamente spiegare le<br />
procedure e rispondere in generale sulla<br />
situazione odierna tra il carcere di <strong>Bollate</strong><br />
e la magistratura di sorveglianza.<br />
carte<strong>Bollate</strong> 25
AFFETTIVITÁ/ Il progetto dei bungalow per incontri più<br />
sereni con la propria famiglia<br />
Nel 2001, alcuni detenuti di questo<br />
carcere, si sono attivati con una proposta<br />
di legge riguardo allo scottante tema<br />
dell’affettività; tale proposta corredata da un<br />
progetto operativo ben dettagliato, è tornata<br />
all’attenzione delle autorità, e quindi anche<br />
noi torneremo a discuterne in un convegno<br />
che si terrà con molta probabilità qui a <strong>Bollate</strong><br />
nel mese di marzo alla presenza di varie<br />
personalità ed associazioni interessate all’argomento.<br />
Noi crediamo fortemente in questo<br />
progetto e, ovviamente, speriamo che si<br />
realizzi. D’altronde, se vi sarà la possibilità,<br />
questo carcere con il suo management diventa<br />
l’unica struttura per poter realizzare<br />
questo progetto. Di seguito, alcuni stralci<br />
della proposta.<br />
INTRODUZIONE<br />
Non vi è dubbio alcuno che le persone<br />
private della libertà, necessitano dell’intervento<br />
delle istituzioni per adempiere ad<br />
ogni bisogno; sia esso riferibile alle necessità<br />
sanitarie, alimentari, economiche od<br />
affettive. Ogni esigenza personale (se prevista<br />
nell’ordinamento penitenziario come<br />
un diritto del detenuto), trova o dovrebbe<br />
trovare nelle istituzioni, una risposta o una<br />
procedura capace di rendere una concreta ed<br />
attuabile soluzione.<br />
A <strong>Bollate</strong>, generalmente, questo avviene:<br />
l’istituto, infatti, sta cercando in tutti i modi<br />
di attuare tutto quanto previsto dall’Ordinamento<br />
penitenziario al fine ultimo di rendere<br />
“accettabile e civile” lo stato di detenzione,<br />
cominciando dal lavoro. Spazi adeguati,<br />
sezioni “aperte”, personale di custodia attento<br />
alle esigenze del singolo, considerazione<br />
per la cultura, impegno verso il cosiddetto<br />
percorso di “trattamento individuale”. Con<br />
ovvie lacune, ma con indubbi positivi risultati,<br />
in ogni caso perseguiti in un tracciato<br />
sempre più visibile ed apprezzato. Molti<br />
potrebbero essere i settori d’intervento migliorativo,<br />
ma in queste pagine si vuole soprattutto<br />
investigare e proporre soluzioni ad<br />
una mancanza importante che il legislatore<br />
ha sinora poco considerato e verso la quale<br />
le istituzioni non hanno voluto o potuto<br />
trovare concrete soluzioni: l’affettività delle<br />
persone private della libertà personale.<br />
PROGETTO<br />
Si propone la costruzione, in uno spazio<br />
idoneo ricavato nelle aree di intercinta,<br />
di alcuni bungalow da adibire a locali ove<br />
svolgere permessi-premio di alcune ore. I<br />
bungalow sono strutture considerate “leggere”,<br />
pertanto non necessitano di concessioni<br />
edilizie, ma solo d’autorizzazioni comunali.<br />
Sono unità indipendenti, composte da un<br />
salottino con angolo cottura, un bagno con<br />
servizi, un terrazzo ed un piccolo giardino,<br />
arredato con pochi mobili, nel complesso,<br />
unità dignitose ed accoglienti. I costi per la<br />
realizzazione, sono ridotti; sono realizzabili<br />
in tempi brevissimi.<br />
Un ambiente privo di sbarre interno<br />
L’ipocrisia della definizione “affettività”<br />
di Adriano Sofri<br />
Carcere e sessualità - Che l’amore e il sesso siano vietati, con un peculiare accanimento terapeutico, ai detenuti, e che la questione sia<br />
ancora poco meno che innominabile (se non sotto copertura: affettività…) è una misura esemplare della miseria e dell’ipocrisia della<br />
vita pubblica. Essa sottintende che la sessualità sia un ingrediente marginale e superfluo delle relazioni umane, nell’ipotesi più blanda.<br />
Nella più comune, che sia un vizio dal quale esentare forzatamente coloro i cui corpi sono a disposizione dello Stato. Nella più sottile,<br />
che sia un bisogno essenziale al corpo e all’anima, ma così misconosciuto dall’ipocrisia sovrana che se ne può vietare l’esercizio, così<br />
da torturare corpi umani, e spesso giovani, senza aver l’aria di violare la Convenzione di Ginevra. La mutilazione o la masturbazione<br />
parossistica cui i detenuti sono costretti, lungi dal significare una qualunque degradazione per loro, copre di vergogna le autorità competenti<br />
e la società civile che vi si adatta. Il mondo libero costringe gli animali umani che tiene in gabbia a masturbarsi e ad intontirsi<br />
di “giornalini” e programmi televisivi di infima qualità, e si assicura di non volerli vedere e di non poterne sapere: unica differenza<br />
rispetto alle visitabili gabbie dei poveri gorilla e dei babbuini. Non occorre ricordare che la castità è un’espressione della sessualità<br />
degna come qualsiasi altra, a condizione di essere liberamente scelta. Quando sia imposta (la stessa cosa vale per l’omosessualità, e per<br />
ogni altra predilezione sessuale) è viceversa una forma di tortura e di trattamento degradante.<br />
Da La Nuova Città - Atti del convegno tenutosi a Firenze nel dicembre 2004<br />
carte<strong>Bollate</strong> 26<br />
all’area dell’istituto, ma con caratteristiche<br />
tali da sembrare ai momentanei occupanti<br />
un ambiente finalmente intimo e familiare<br />
ove trascorrere sei ore in serenità con benefiche<br />
ricadute sui detenuti, sulle famiglie ed<br />
in ultimo sull’intero sistema.<br />
Sono stati individuati gli spazi necessari.<br />
Fortunatamente <strong>Bollate</strong> ha ampie possibilità<br />
e la direzione ha espresso un parere, di massima,<br />
favorevole: l’istituto si arricchirebbe di<br />
nuove strutture e offrirebbe la possibilità dei<br />
permessi anche ai detenuti stranieri che non<br />
avendo un domicilio in Italia attualmente<br />
non possono accedere al beneficio.<br />
La magistratura di sorveglianza non dovrebbe<br />
apporre difficoltà: i permessi premiali<br />
verrebbero interamente svolti all’interno di<br />
un’area protetta e poiché svolti sotto la supervisione<br />
della casa di reclusione, non sussistono<br />
rischi di fuga e di commistione d’altri<br />
reati. Cadono così tutte le pregiudiziali<br />
di pericolosità. Alle famiglie dei detenuti è<br />
risparmiato il gravoso percorso dei cancelli e<br />
dell’entrata in carcere, sottraendo ogni pretesto<br />
ai pudori e alle eventuali maldicenze.<br />
Un solo passaggio alla sbarra principale ed<br />
un percorso esterno alle mura per arrivare<br />
ai bungalow. Per i bambini, un incontro più<br />
sereno, in un ambiente privo di sbarre ed<br />
in intimità con il genitore; per i congiunti,<br />
un’oasi di privacy.<br />
Dopo alcune “prove ai bungalow”, per i<br />
detenuti sarà più facile accedere ai permessi<br />
premiali presso la propria abitazione.
Affettività<br />
Un progetto che<br />
funziona bene<br />
questo punto parlo con Stefania Carrera,<br />
operatrice del progetto “Io non<br />
A<br />
ho paura”. Il progetto — che sta funzionando<br />
molto bene — è, in qualche maniera,<br />
l’anticipatore, in piccolo, del nuovo<br />
progetto sull’affettività. Si tratta della<br />
stanza arredata come un appartamento<br />
con cucina e bagno, dove si può fare i<br />
colloqui solo con figli minori, all’interno<br />
della “staccata”; comunque “monitorati”<br />
costantemente da invisibili microcamere.<br />
Stefania, cosa ne pensa del nuovo<br />
progetto<br />
Conosco il progetto e ne ho seguito<br />
l’intero iter, sin dalla prima presentazione<br />
effettuata dai detenuti che l’hanno ideato.<br />
È stato più volte oggetto di discussione<br />
all’interno del gruppo affettività, dell’osservatorio<br />
carcere e territorio.<br />
Credo che sia una proposta interessante<br />
da più punti di vista e sarebbe bello diventasse<br />
uno dei tanti progetti pilota che<br />
hanno visto la luce nell’istituto di <strong>Bollate</strong>.<br />
Quindi pensa che sarà attuabile<br />
In linea teorica credo di sì, poiché è<br />
una delle risposte possibili al diritto all’affettività<br />
sancito dal nostro ordinamento.<br />
In linea pratica bisogna capire in che<br />
categoria rientrerebbero tali colloqui (permessi<br />
premiali o altro) e muoversi dentro<br />
i paletti dati dai riferimenti normativi.<br />
La vostra agenzia se ne occuperà<br />
Oltre che “Spazio aperto servizi”, ci<br />
occupiamo anche di altri progetti; Agesol,<br />
Agenzia di Solidarietà per il lavoro che<br />
nasce con una missione precisa: favorire<br />
il reinserimento lavorativo di persone che<br />
provengono da circuiti penali; è dunque il<br />
“lavoro” il nostro obiettivo privilegiato, lavoro<br />
inteso come mezzo di sostentamento<br />
lecito e come possibilità di reinserimento<br />
a pieno titolo nella società. Quindi, almeno<br />
per ora, il tema dell’affettività non fa<br />
parte della peculiarità di Agesol. Ma una<br />
cosa non esclude l’altra, e l’interesse per<br />
ol lavoro di rete con altri soggetti e/o progetti,<br />
potrebbe condurre ad interessanti<br />
collaborazioni “trasversali”.<br />
Franco Palazzesi<br />
Una nuova educatrice<br />
Per Catia Bianchi necessario<br />
aiutare di più il Secondo reparto<br />
Con il trasferimento dell’educatrice della<br />
sezione Staccata, Tiziana Porfilio, sostituita<br />
dalla dottoressa Daniela Roehrssen, già<br />
educatrice del Secondo reparto, si è venuta<br />
a creare una mancanza in questo reparto,<br />
colmata dall’arrivo della dottoressa Catia<br />
Bianchi, 36 anni. La dottoressa Bianchi,<br />
giunge a <strong>Bollate</strong> grazie ad un procedimento<br />
di mobilità intercompartimentale che ha<br />
permesso il suo trasferimento direttamente<br />
dall’Asl della Provincia di Milano 1, dove ha<br />
lavorato come educatrice per 13 anni, di cui<br />
11 in una Comunità preadolescenti e adolescenti<br />
in affidamento<br />
dal Tribunale dei<br />
Minori e 2 in un ex<br />
ospedale psichiatrico.<br />
Quindi la sua<br />
formazione d’educatrice<br />
professionale,<br />
è prettamente<br />
socio-pedagogica.<br />
Sin dai tempi del<br />
percorso formativo,<br />
ha sempre tenuto<br />
in considerazione<br />
la possibilità di lavorare<br />
in carcere,<br />
possibilità che ora, dopo queste importanti<br />
esperienze, ha visto concretizzarsi.<br />
Dottoressa Bianchi, come ha conosciuto<br />
l’istituto di <strong>Bollate</strong><br />
Sono entrata per la prima volta nell’istituto<br />
di <strong>Bollate</strong> l’anno scorso, in occasione di<br />
una rappresentazione teatrale. L’impressione<br />
è stata, nonostante l’indubbia natura del<br />
contesto, positiva. Positivo è stato anche il<br />
primo approccio professionale, che, in ogni<br />
caso, ha richiesto, e continua a richiedere,<br />
adattamenti e apprendimenti riconducibili<br />
alla complessità che contraddistingue l’ambiente<br />
ristretto.<br />
Mi considero così ancora nella fase d’osservazione<br />
“partecipata” di tutto ciò che mi<br />
circonda. Affiancata dal dottor Giovanni<br />
Perricone, l’educatore in missione da Lecco,<br />
e supportata dai colleghi, ho cominciato ad<br />
entrare nel merito del lavoro quotidiano.<br />
Sono stata assegnata al Secondo reparto per<br />
evidenti esigenze; mi sento ben predisposta<br />
verso quest’incarico che si avvicina molto a<br />
quelle che sono attese e predisposizioni personali.<br />
Quale impressione le ha dato il primo<br />
impatto con l’ambiente e con le persone<br />
detenute<br />
La realtà di questo reparto, molto diversificata<br />
e complessa, è caratterizzata dalla<br />
presenza di stranieri e di persone detenute<br />
con problemi di tossicodipendenza; tutti con<br />
fine pena brevi, perciò difficili al trattamento.<br />
Sono persone che vanno aiutate più degli<br />
altri, poiché necessitano di un’attenzione<br />
particolare. Questa<br />
situazione sarà oggetto<br />
di un processo<br />
di riorganizzazione<br />
nei prossimi mesi, a<br />
partire dalla firma di<br />
protocollo dell’Asl,<br />
che permetterà un<br />
intervento maggiormente<br />
strutturato<br />
sul versante delle<br />
tossicodipendenze.<br />
Sarà il trascorrere<br />
del tempo e l’entrare<br />
sempre più nel<br />
merito delle situazioni<br />
a consentirmi di proporre e sviluppare<br />
iniziative o progetti tesi a creare o migliorare<br />
condizioni di opportunità per le persone<br />
detenute. La mia impressione è di poter lavorare<br />
in un clima di collaborazione con i<br />
colleghi e con tutte le persone appartenenti<br />
all’équipe, oltre naturalmente con il personale<br />
della Polizia penitenziaria del Secondo<br />
reparto.<br />
La popolazione carceraria è stata estromessa<br />
dalla società e rinchiusa in luoghi ristretti<br />
per espiare la pena. Possiamo affermare<br />
che lo Stato ha la colpa di aver permesso la<br />
ghettizzazione di persone costrette a vivere ai<br />
margini sociali, portati quindi a commettere<br />
quella tipologia di crimini definiti reati comuni,<br />
facendo spesso uso di stupefacenti.<br />
Possiamo quindi immaginare le situazioni<br />
ambientali che hanno portato le persone<br />
recluse al Secondo reparto. A questi vanno<br />
aggiunti quei cittadini di serie “B”, quasi<br />
tutti privi di cittadinanza che sono gli extracomunitari.<br />
M.C.<br />
carte<strong>Bollate</strong> 27
Il carcere non è<br />
un albergo<br />
LA PAGINA ROSA<br />
Questa "Pagina rosa" è aperta alla collaborazione delle donne<br />
detenute delle varie carceri italiane che vogliono far conoscere i loro pensieri.<br />
“Noi siamo in un deserto, nessuno comprende<br />
nessun altro” (Flaubert).<br />
Spesso il sistema penitenziario finisce con<br />
l’infliggere un indebito supplemento di<br />
condanna.<br />
Toglie il futuro a troppi detenuti, azzera<br />
le loro speranze di redimersi e, di fatto, non<br />
li riammette nella società.<br />
Questa questione va risolta velocemente<br />
secondo “i principi costituzionali del rispetto<br />
della dignità umana e del recupero dei<br />
reclusi”. Il circuito punizione, espiazione,<br />
ravvedimento, dovrebbe essere più efficiente<br />
ed umano, incrementando le misure alternative<br />
alle celle. Si è affermato che è sbagliato<br />
dipingere le carceri come dei lager, e si<br />
è chiamato il carcere di Cagliari “Hotel a<br />
cinque stelle”.<br />
Il pianeta carcere ha uno strano destino,<br />
a volte è dimenticato, a volte è di colpo agli<br />
onori della cronaca in un quadro distorto.<br />
Si è riconosciuto che ci vorrebbero più<br />
risorse per aumentare e formare il personale<br />
e nuove opportunità di studio e di lavoro. Il<br />
problema di sempre permane: il carcere è e<br />
rimane una struttura repressiva.<br />
Monsignor Giorgio Caniato, ispettore<br />
generale dei Cappellani nelle carceri, dopo<br />
aver trascorso quarantuno anni tra i detenuti<br />
scrisse: “Bisogna distruggere tutte le carceri<br />
perché non servono a rieducare. Un detenuto<br />
recuperato alla società rimane ancora solo<br />
un’eccezione”.<br />
Qualcun altro affermò: vendere quelle<br />
storiche con un interesse artistico e costruirne<br />
di nuove.<br />
Ma come saranno quelle nuove<br />
Gli uomini a volte non volendo cambiare<br />
se stessi, cambiano spesso le leggi e le<br />
istituzioni, nell’illusione che le cose possano<br />
andare meglio, ma dopo qualche tempo si<br />
accorgono che tutto torna come prima o<br />
peggio.<br />
Il carcere è luogo dove ogni privazione ed<br />
amarezza significano infelicità.<br />
La mancanza di un’occupazione che assorba,<br />
dà tormento, di un lavoro che impegni,<br />
che metta in moto le energie, porta a<br />
preoccupazioni, a pensieri tristi, a malinconie.<br />
Le occupazioni ed il lavoro sono indispensabili<br />
e positive, le attività creative rinnovano<br />
le persone. In carcere si attraversano<br />
momenti neri, quando lo sconforto ci prende<br />
oscura la nostra esistenza in un velo buio<br />
come un cielo coperto da nuvole e minacciose<br />
che fanno scomparire il sole.<br />
L’ultima notte<br />
d’inverno.<br />
carte<strong>Bollate</strong> 28<br />
Era una notte d’inverno, come tante altre.<br />
Tutto era bianco per la neve caduta ininterrottamente<br />
durante la giornata. Un silenzio<br />
ovattato circondava il giardino che Chantal osservava<br />
dalla finestra della sua camera. Pareva<br />
inondato di luce, tanto era visibile, anche negli<br />
angoli solitamente bui.<br />
Ad un tratto, Chantal vide un’ombra muoversi<br />
quasi furtivamente fra gli alberi.<br />
Guardò attentamente perché era assai improbabile<br />
che a quell’ora, di notte, qualcuno<br />
potesse trovarsi lì. Chantal, da quando Omar<br />
l’aveva lasciata, non aveva più amici; per lei<br />
Omar era stato tutto, amico, amante, marito.<br />
Spesso pensava agli anni trascorsi assieme, una<br />
vita vissuta una per l’altro. Omar era un giornalista<br />
e, spesso, doveva recarsi all’estero come<br />
inviato.<br />
Chantal lo seguiva ovunque. Erano felici.<br />
Non avevano avuto figli, ma non ne sentivano<br />
la mancanza. Ogni tanto pensava a quel giorno,<br />
quando era voluta restare a casa: “Mi sento<br />
stanca oggi - aveva detto ad Omar - rimango<br />
a casa a riposarmi”.<br />
Omar non se l’era presa, comprensivo<br />
come sempre: “Torno prima che posso - aveva<br />
risposto - cerca di riprenderti, mi raccomando.<br />
Ti voglio in forma al mio ritorno”.<br />
Non era più tornato. La informarono che<br />
mentre lui tornava in albergo, il ponte che stava<br />
percorrendo era crollato e lui era precipitato<br />
nel fiume in piena.<br />
Il corpo non era stato mai trovato e Chantal<br />
aveva atteso il suo ritorno per lungo, ma<br />
invano. Le era sembrato impossibile che lui<br />
potesse morire e lasciarla per sempre. L’aveva<br />
persino odiato: “Non dovevi farmi questo, come<br />
hai potuto abbandonarmi Se un Dio esiste, perché<br />
colpirmi così”.<br />
La collera le impediva di assimilare il lutto.<br />
La sua vita era cambiata, non frequentava più i<br />
pochi amici che avevano ed essi, a poco a poco,<br />
l’avevano lasciata alla sua solitudine.<br />
Chantal era con il naso contro il vetro; ora<br />
l’ombra pareva la chiamasse. “Che faccio Esco<br />
o rimango qui”.<br />
Chantal non sapeva che fare, un misto di<br />
paura e curiosità l’invadevano. L’ombra gesticolava<br />
sempre più; era un uomo alto e bruno,<br />
Come Omar.<br />
“Omar sei tu”.<br />
Il cuore le batteva forte. Omar è tornato, si<br />
diceva, allora è vero che non è morto.<br />
Scese le scale precipitosamente, s’infilò il<br />
giaccone appeso accanto alla porta d’ingresso<br />
e si precipitò in ciabatte sulla neve.<br />
Man mano che cerca di avvicinarsi all’uomo,<br />
questi si allontanava. Chantal era infreddolita,<br />
bagnata.<br />
“Omar, sei tu”.<br />
Ora l’uomo si era fermato e Chantal lo<br />
raggiunse. Era Omar, era come la mattina che<br />
era andato via promettendole di tornare presto.<br />
Si abbracciarono, si baciarono a lungo, lui<br />
cominciò ad accarezzarle i capelli.<br />
“Non ci lasceremo più ora, non potevo stare<br />
senza di te, ti amo”.<br />
“Ho freddo Omar, ho tanto freddo”.<br />
“Vedrai piccola, passerà”.<br />
Chantal si sentì svenire, le sue gambe cedettero<br />
e si accasciò sulla neve. Ora non sentiva<br />
più freddo.<br />
Omar era accanto a lei e potevano benissimo<br />
trovarsi su una spiaggia dorata, gli sembrava<br />
addirittura di sentire il fruscio delle onde.<br />
Era felice.<br />
Arrivò il mattino. Blinda, la donna delle<br />
pulizie, attraversava sempre il giardino per recarsi<br />
dalla signora Chantal.<br />
“Oddio, signora, signora che è successo”.<br />
Chantal, immobile, sorrideva sdraiata nella<br />
neve, pareva dormisse. Blinda si accorse che la<br />
signora non avrebbe più risposto. Accanto a<br />
Chantal, sulla neve, vi era un’impronta come
se una persona fosse stata lì, sdraiata accanto<br />
a lei. Ma chi<br />
Furono fatte parecchie ricerche da parte<br />
della polizia, ma invano. Nessuno era stato in<br />
quel giardino nella notte.<br />
Chantal era morta per assideramento e il<br />
caso fu chiuso.<br />
Il marito<br />
Ananke<br />
Il carcere è come il vento che porta a dimenticare<br />
episodi della propria vita che<br />
non si vuole ricordare.<br />
Questo pensavo, mentre sorseggiando<br />
il caffé ammiravo dalla finestra della mia<br />
cella la bellezza che irradiavano i monti<br />
innevati. Il mio cercare di vivere serenamente<br />
questo periodo di detenzione non<br />
rientrava nell’ordinamento interno della<br />
casa circondariale-pilota del Piemonte,<br />
dove anche i sogni ad occhi aperti sono<br />
interrotti.<br />
Un agente si presentò davanti alla cella<br />
dicendo: “L’ispettrice vuole conferire con te”.<br />
Mi vestii in fretta e furia e scesi al piano<br />
terra sperando in una buona notizia quale<br />
il trasferimento da quel carcere.<br />
Entrai nell’ufficio e mi trovai di fronte<br />
due ispettrici che, con un’abbondante<br />
dose di sarcasmo, mi dissero: “Come sta<br />
suo marito”. Impietrita risposi: “Mio marito”.<br />
Pensai che fossero improvvisamente<br />
impazzite per pormi<br />
quella domanda.<br />
Tutti sapevano<br />
che mio marito era<br />
morto da tre anni e<br />
sei mesi ed è proprio<br />
per la sua morte che<br />
io mi trovavo detenuta<br />
da quasi tre<br />
anni con l’imputazione<br />
di uxoricidio.<br />
“Vuoi vedere che<br />
è stato tutto un imbroglio<br />
e lui se la sta<br />
godendo beatamente<br />
tra i monti della Valle<br />
d’Aosta Questo non<br />
doveva farmelo”. I<br />
miei pensieri erano<br />
un susseguirsi d’incredibili<br />
congetture.<br />
“Mio marito è morto<br />
da tre anni e sei mesi”<br />
risposi con un tremante filo di voce alle<br />
ispettrici.<br />
“Ma lei gli ha parlato ieri sera”. Pensai<br />
che nell’aria ci fosse voglia di magia, forse<br />
la programmazione di un nuovo corso e il<br />
tentativo di tastare il terreno per vedere chi<br />
fosse idoneo a frequentarlo. “Scusi ispettore,<br />
ma io con mio marito non ci parlavo nemmeno<br />
da vivo, figuriamoci ora che è morto,<br />
perché e morto vero”.<br />
“Signora, c’è stato riferito da un agente di<br />
sezione che lei legge le carte e di notte parla<br />
con i morti”.<br />
Nella mia cella non ci sono né pupazzi<br />
carte<strong>Bollate</strong> 29<br />
per fatture né pietre magiche o amuleti di<br />
sorta, ma esclusivamente le poche cose consentite<br />
in cella.<br />
Il carcere è pieno di gatti neri, ma che io<br />
sappia, ancora nessuno li ha usati per motivi<br />
esoterici e, vista la grandezza della cella,<br />
non sarebbe neanche possibile disegnare dei<br />
cerchi magici.<br />
Un dubbio mi assalì, non vedevo l’ora<br />
di ritornare in cella per comunicare con un<br />
amico del maschile tramite finestre (cosa<br />
che faccio tutte le sere), che l’agente sentendomi<br />
parlare e non vedendo l’interlocutore<br />
abbia pensato che parlassi con i morti invece<br />
che con il mio amico del reparto uomini.<br />
Non sapevo se mettermi a ridere per<br />
questa situazione veramente assurda.<br />
Non risi perché subito seguirono le minacce<br />
di conseguenze disciplinari, qualora<br />
avessi continuato con spiritismi, tarocchi e<br />
fondi di caffé.<br />
Eppure non ho mai dato, neppure fisicamente,<br />
l’idea della strega. Sono esile,<br />
bionda e con gli occhi castani.<br />
La rabbia mi stava invadendo; non era<br />
possibile che persone atte ad accompagnarci<br />
in un percorso di redenzione facessero<br />
simili insinuazioni.<br />
Sono ormai trascorsi diversi giorni da<br />
allora, ma la cosa invece di svanire nel nulla<br />
si sta sempre più ingigantendo.<br />
Ormai tutti mi chiedono notizie di mio<br />
marito chiamandolo anche per nome…<br />
E pensare che io volevo dimenticare<br />
tutto.<br />
Alina
NOME E COGNOME<br />
“MORIRE DI CARCERE”:<br />
DOSSIER OTTOBRE - NOVEMBRE - DICEMBRE 2005 *<br />
ETA’<br />
DATA MORTE<br />
CAUSA MORTE<br />
ISTITUTO<br />
Antimo Buccino<br />
Detenuto algerino<br />
Ferruccio Lionello<br />
Simon Leishaj<br />
Patrick Battipaglia<br />
Detenuto italiano<br />
Antonio Schiano<br />
27 anni<br />
29 anni<br />
47 anni<br />
36 anni<br />
23 anni<br />
70 anni<br />
36 anni<br />
2 ottobre<br />
3 ottobre<br />
3 ottobre<br />
6 ottobre<br />
10 ottobre<br />
18 ottobre<br />
24 ottobre<br />
Da accertare<br />
Suicidio<br />
Suicidio<br />
Suicidio<br />
Suicidio<br />
Malattia<br />
Da accertare<br />
Civitavecchia (RM)<br />
Ancona<br />
Belluno (arr. dom. )<br />
Vicenza<br />
Como<br />
Poggioreale (NA)<br />
Regina Coeli<br />
John G. 23 anni<br />
27 ottobre<br />
Suicidio<br />
San Vittore<br />
PerugachiXMaurizio X41 X27 Calabrese anni<br />
ottobre<br />
Da accertare<br />
Salerno<br />
XX<br />
X<br />
X31 X28 anni<br />
ottobre<br />
Suicidio<br />
Benevento<br />
XDetenuto X42 X28 africano anni<br />
ottobre<br />
XGiacomo X46 X2 Talamo anni<br />
2 XPietro X44 X3 Del Gaudio anni<br />
3 XDetenuto X34 X16 anni<br />
italianoXGrazia X51 anni<br />
GalardiXAlberto X51 D. F. anni<br />
XMichele X65 anni<br />
AlfanoXRinaldo X36 anni<br />
ErmatosiXEmanuele X32 anni<br />
X16 X16 X18 X20 X52 novembreX<br />
XSuicidio<br />
Parma<br />
XMalattia<br />
Foggia<br />
XMalattia<br />
Secondigliano (NA)<br />
XSuicidio XForlì<br />
XDa accertare XEmpoli (FI)<br />
XMalattia XRegina Coeli<br />
XSuicidio XMessina (libertà)<br />
XDa accertare XIsili (NU)<br />
X30 Manfredi<br />
LucchesiXMario XDa accertare<br />
anni<br />
XOmicidio<br />
XLuccaXLuccaXCrotone<br />
dicembre<br />
XCosimo Altieri<br />
XXX<br />
Pasquale Maravalli<br />
40 anni<br />
4 dicembre<br />
Mario Melis<br />
Detenuto italiano<br />
Mihai V. Lingurar<br />
Michele Pravatà<br />
Detenuto italiano<br />
Lorenzo Di Padova<br />
Piero Bertagni<br />
Romeo Cantoni<br />
Detenuto italiano<br />
Gaetano Maggio<br />
Daniele Salvatore<br />
52 anni<br />
34 anni<br />
27 anni<br />
68 anni<br />
36 anni<br />
44 anni<br />
41 anni<br />
37 anni<br />
37 anni<br />
34 anni<br />
34 anni<br />
7 dicembre<br />
9 dicembre<br />
10 dicembre<br />
15 dicembre<br />
16 dicembre<br />
17 dicembre<br />
17 dicembre<br />
24 dicembre<br />
26 dicembre<br />
30 dicembre<br />
30 dicembre<br />
* da Ristretti Orizzonti, giornale dei detenuti di Padova<br />
Malattia<br />
Suicidio<br />
Overdose<br />
Suicidio<br />
Suicidio<br />
Suicidio<br />
Malattia<br />
Suicidio<br />
Non accertate<br />
Overdose<br />
Suicidio<br />
Non accertate<br />
Regina Coeli<br />
Cagliari<br />
Bologna<br />
Padova<br />
Spoleto<br />
San Vittore<br />
Cuneo<br />
Genova<br />
La Spezia<br />
Como<br />
Lecce<br />
Como<br />
carte<strong>Bollate</strong> 30
IL SESTO REPARTO E LE<br />
CONDIZIONI PSICOLOGICHE<br />
LEGATE AL COLORE<br />
L<br />
’emozione del colore. Potremmo<br />
cominciare in questo modo per descrivere<br />
una riunione che è avvenuta alla<br />
Staccata lo scorso 16 <strong>gennaio</strong> fra i detenuti<br />
del Sesto reparto – i Sex offender<br />
– l’équipe che segue il loro trattamento<br />
e il professor Massimo Caiazzo. Ho partecipato<br />
come redattore all’incontro e<br />
devo affermare che sono rimasto favorevolmente<br />
colpito dalle domande dei detenuti<br />
e dal rapporto che si è instaurato<br />
fra il relatore e loro stessi.<br />
Massimo Caiazzo non è solo un docente<br />
con venti anni d’esperienza nel<br />
campo del colore. Nella sua carriera ha<br />
ricevuto numerosissimi riconoscimenti e<br />
ha contribuito a diversi progetti, dal disegno<br />
di alcuni orologi per la Swatch, alle<br />
fantasie cromatiche per tutti gli autobus<br />
di Verona che cambiano continuamente<br />
di colore, alla “colorazione, con i giusti<br />
accostamenti delle case di personaggi<br />
dello spettacolo come Gianna Nannini.<br />
E’ titolare, assieme a Giuseppe Bellucci,<br />
presente anch’esso all’incontro, di un<br />
piccolo studio di grafica e consulenza del<br />
colore a Milano.<br />
Con trasporto e passione il professor<br />
Caiazzo ha spiegato, raccontato e snocciolato<br />
una serie di selezioni d’immagini<br />
sul tema del colore: disegni, progetti, piramidi<br />
del colore con i giusti accostamenti,<br />
immagini virtuali che hanno lasciato<br />
tutti soddisfatti. La vivibilità di qualsiasi<br />
luogo – ha affermato Chiazzo – può migliorare<br />
con il giusto abbinamento di colore;<br />
infine, ha parlato delle condizioni<br />
psicologiche legate al colore, le emozioni<br />
che suscitano in noi certe tinte forti, cosa<br />
c’incuriosisce nelle varie tonalità, il tutto<br />
con garbo e professionalità. Circa due<br />
ore di proiezioni e spiegazioni passate in<br />
un attimo, in un rispettoso silenzio da<br />
parte dei detenuti che lo hanno ascoltato<br />
con attenzione, facendo poi delle competenti<br />
domande al riguardo.<br />
E’ stato interessante assistere a quest’incontro,<br />
come lo è stato vedere la<br />
“normalità” dei partecipanti; a tale proposito<br />
ho notato che questi detenuti<br />
sono persone come tutte le altre. Se non<br />
sapessimo la tipologia di reato, il loro<br />
essere persone comuni prevarrebbe sui<br />
pregiudizi che spesso si danno in maniera<br />
affrettata, e senza conoscerne le motivazioni<br />
e le cause profonde.<br />
Il gruppo degli “addetti ai lavori”<br />
dell’équipe, si è limitato ad ascoltare ed<br />
osservare; traspariva in loro una forte<br />
motivazione per la riuscita del “progetto”<br />
che stanno portando avanti e sembra<br />
che i tempi siano maturi per un graduale<br />
inserimento di qualche detenuto del Sesto<br />
reparto in alcune attività comuni con<br />
tutta la popolazione carceraria.<br />
E’ solo l’inizio e spero che il progetto<br />
riesca. Forse i detenuti degli altri reparti<br />
dovrebbero poter avere qualche assicurazione<br />
più. Assicurazione che deve essere<br />
fornita dall’équipe. Sarebbe un incoraggiamento<br />
per far capire ai “riottosi” l’utilità<br />
del lavoro che stanno compiendo.<br />
Franco Palazzesi<br />
Natale in carcere<br />
Questo è il secondo Natale che trascorro<br />
in carcere. L’anno scorso ero<br />
appena entrato da tre mesi. Dopo un<br />
lungo e travagliato percorso durato ben<br />
nove anni d’udienze, processi e sentenze,<br />
avevo preso la decisione più tormentata<br />
della mia vita, presentarmi all’età di 58<br />
anni all’entrata di quest’istituto per pagare<br />
il mio debito con la giustizia.<br />
Ricordo molto bene, e sicuramente<br />
non dimenticherò mai, lo sbigottimento<br />
dei due agenti all’entrata. Una era una<br />
donna che ebbe anche delle parole gentili<br />
e di conforto nei miei riguardi.<br />
Non avevo ancora ben focalizzato il<br />
luogo in cui mi trovavo, ero impegnato<br />
a risolvere quei piccoli problemi, di<br />
rapporti interpersonali, materiali ed organizzativi,<br />
che qui diventano grandi e<br />
sono di vitale importanza per cercare di<br />
sopravvivere nel migliore dei modi possibili,<br />
con l’aiuto e la comprensione degli<br />
altri detenuti.<br />
Quindi, per farla breve il Natale dello<br />
scorso anno l’ho trascorso in una specie<br />
di confusione mentale.<br />
Già dall’inizio del mese di dicembre in<br />
carcere si comincia respirare aria di festa<br />
natalizia complici le festicciole organizzate<br />
da chi lavora per i detenuti (insegnanti,<br />
assistenti delle varie associazioni). Dopo<br />
questo scambio di auguri, naturalmente e<br />
comprensibilmente, ci abbandonano per<br />
dedicarsi alle loro famiglie.<br />
In quel periodo il carcere cambia<br />
aspetto. Non si percepisce più aria di vitalità;<br />
i giorni si trascinano stancamente<br />
e con il trascorrere di loro, si avvicina il<br />
fatidico 24 e comincio a rendermi conto<br />
che la tristezza mi sta assalendo.<br />
Di norma, le mie giornate riesco a<br />
trascorrerle abbastanza facilmente. Tra il<br />
lavoro, l’impegno con il giornale e i compagni<br />
di questo travaglio, le ore passano,<br />
ma poi arrivano le 20, l’ora della chiusura,<br />
e qui cominciano i dolori. In questi<br />
momenti forse sarebbe meglio essere in<br />
una cella da quattro che da soli.<br />
Dalla tv, su tutti i canali, non si fa altro<br />
che parlare del Natale, regali, famiglia.<br />
Arrivano le note musicali di questa ricorrenza,<br />
che oggi apprezzo più di prima, e<br />
francamente sentire tutte queste cose mi<br />
danno terribilmente fastidio, delle volte<br />
anche rabbia. Il destino, nella vita mi ha<br />
dato moltissimo, ma mi ha anche tolto<br />
moltissimo. La mia famiglia – in questi<br />
ultimi anni costituita dai miei tre figli e<br />
da mia sorella – inutile sottolinearlo, mi<br />
manca immensamente.<br />
Queste feste le ho sempre trascorse<br />
con loro, oggi una domanda mi assilla<br />
angosciosamente: quale diritto ho io di<br />
togliere ai miei cari il piacere di stare accanto<br />
a loro in queste giornate Purtroppo<br />
la domanda mi tormenta terribilmente<br />
in questi giorni più che in altri.<br />
Aspetto con ansia di sentire la loro<br />
voce al telefono, sapere quello che faranno,<br />
dove andranno e con chi e per un carattere<br />
da “chioccia”, come il mio, saperli<br />
lontani senza di me, mi provoca un’angoscia<br />
indescrivibile.<br />
La vita ti passa davanti agli occhi<br />
come se stessi guardando un film con tutti<br />
i suoi momenti belli e i periodi atroci.<br />
Delle volte ti fermi e ti domandi il<br />
perché di tutto questo. A volte riesci a<br />
trovare una risposta, a volte la cerchi disperatamente,<br />
ma non la trovi.<br />
E’ triste, molto triste aver perso il dono<br />
del libero arbitrio della propria vita.<br />
Antonio Cirianni<br />
carte<strong>Bollate</strong> 31
E il naufragar m’è<br />
dolce in questo mare. . .<br />
Due cuori<br />
Due cuori nel vento,<br />
la strada percorrendo,<br />
fermandosi un momento,<br />
poi, ripartire viaggiando.<br />
D’ogni paese e città,<br />
ve ne andate per la via,<br />
per la vostra felicità,<br />
soli o in compagnia.<br />
A cosa servono i versi se non alla rugiada<br />
A cosa servono i versi se non a<br />
quella notte in cui un pugnale amaro ci esplora<br />
Pablo Neruda<br />
Siete la gioia e dolore,<br />
per tutti i vostri Amanti,<br />
di ognuno siete l’Amore,<br />
spasimanti sempre tanti.<br />
All’estate al sorgere del sole,<br />
ogni giorno viaggiate,<br />
poi d’inverno al calore,<br />
tra le braccia Amate.<br />
Di Amare un gran bisogno,<br />
per tutti e nel tempo,<br />
di ogni Amante il sogno,<br />
di averlo ogni momento.<br />
Frenetici i battiti palpitanti,<br />
di ognuno di voi,<br />
Amori sempre tanti,<br />
dell’Amore i padroni siete voi.<br />
Siete belli e meravigliosi,<br />
togliete il sonno a chi pensa,<br />
degli Amanti bisognosi,<br />
di non rimaner mai senza.<br />
Gianni Minino<br />
Giornata triste<br />
Giornata triste<br />
nei miei pensieri,<br />
le cose belle non son viste,<br />
è una giornata come ieri.<br />
Una giornata dura,<br />
passata in malinconia,<br />
vorrei trovar la cura,<br />
ma non credo che ci sia.<br />
Solo il tempo,<br />
piano piano,<br />
porta via questo momento,<br />
un ricordo ormai lontano.<br />
La giornata è finita,<br />
sperando che domani,<br />
non sia un’altra così sentita,<br />
pregando Dio incrocio le mani.<br />
Gianni Minino<br />
Era primavera<br />
L’ape volteggiava descrivendo<br />
Geometrici linguaggi,<br />
lassù, sul rilievo di Puntagrande,<br />
dove un giovane raccolto e pensante<br />
predire chiedeva con le parole:<br />
m’ama o non m’ama la mia Iole<br />
Tutt’intorno a sé, qua e là corolle,<br />
Fiori ammutoliti tra verdi zolle,<br />
petali sparsi e steli recisi<br />
simili a bocche prive di sorrisi.<br />
Amor chiedeva, ma non dava amore,<br />
Anzi inflisse strazio al povero fiore,<br />
senza linfa dal suolo sradicato<br />
parea dicesse: Ti ho perdonato<br />
Diego Manzella.<br />
carte<strong>Bollate</strong> 32
L’ISOLA DEI FAMOSI<br />
Ancona: tenta di evadere a soli due giorni dal fine pena<br />
Fori sulla parete della cella, occultati grazie all’applicazione di gomme da masticare riciclate dopo l’uso. Occultati<br />
sì, ma non abbastanza da evitare che una guardia penitenziaria si accorgesse delle scalfitture nel corso di un’ispezione<br />
di routine. È così che a Nikolin Murataj sono stati contestati i reati di tentata evasione e danneggiamento a soli due<br />
giorni dal suo ritorno in libertà. Per lui ha di conseguenza avuto inizio la relativa vicenda giudiziaria.<br />
Ieri la prima udienza del processo. L’albanese, ora 35enne e all’epoca recluso nel carcere di Montacuto, avrebbe<br />
secondo l’accusa realizzato i buchi sulla parere confinante con l’esterno adoperando una delle barre del letto a mo’ di<br />
scalpello. Ma il 22 dicembre del 2000 il fatto era stato scoperto.<br />
Quel giorno il personale di custodia riscontrò dietro un termosifone una piccola rientranza nel muro. Ma la nicchia,<br />
nella quale erano state applicate diverse gomme da masticare, non era così profonda da risultare assimilabile ad<br />
un foro.<br />
Quello che viene naturale chiedersi è il perché del suo gesto. Ovvero: perché un detenuto albanese avrebbe dovuto<br />
tentare di evadere dal carcere di Montacuto se la sua liberazione era prevista due giorni dopo il fatto È quello che si è<br />
chiesto, ponendo la stessa domanda in aula di fronte al giudice monocratico Cantarini, l’avvocato Marco Fanciulli, al<br />
quale è stata affidata la difesa d’ufficio di Nikolaj. Due giorni dopo l’uomo sarebbe uscito dal carcere. Nikolin aveva ormai<br />
scontato per intero la sua pena. Gli sarebbe stato necessario molto più tempo per ricavarsi la via d’uscita piuttosto<br />
che attendere pazientemente il giorno della scarcerazione. Inizialmente era stato indagato anche il suo ex compagno di<br />
cella, sudamericano la cui posizione è stata però successivamente stralciata. La guardia penitenziaria non era mai stata<br />
in grado di affermare con assoluta certezza a chi dei due fosse da imputare il fatto. Nikolaj risulta attualmente libero e<br />
irreperibile. Il processo è stato rinviato al 20 <strong>febbraio</strong>.<br />
Il Messaggero, 31 <strong>gennaio</strong> 2005<br />
Milano: stare in casa con mia moglie Meglio il carcere…<br />
“In carcere, almeno, c’è l’ora d’aria”. Meglio la cella, quella vera. Con le sbarre, i letti a castello e le guardie. “Meglio<br />
di mia moglie”, sbotta il pregiudicato siciliano, di fronte al carabiniere di Cassano D’Adda. “Evasione dagli arresti<br />
domiciliari - sentenzia il militare - lei torna in carcere”.<br />
Sorriso: “Grazie. Finalmente”. Evasione alla rovescia. Pregiudicato di Caltanissetta, 3 anni e 9 mesi da scontare,<br />
fugge dalla casa dove vive con la moglie, e dove il giudice gli ha concesso di trascorrere la pena. Esausto, esasperato,<br />
dopo mesi di urla e liti. Perderà il privilegio: è quello che vuole.<br />
All’alba dell’altro giorno confessa ai carabinieri: “Sono scappato dai domiciliari per scappare da quella lì”. Il portone<br />
di San Vittore gli si chiude alle spalle.<br />
Storie di reclusi volontari<br />
Agosto 2005: pregiudicato ai domiciliari, 35 anni, passa l’intero giorno davanti alla televisione, fino a notte fonda.<br />
La sorella vuole che spenga alle 11. Una sera, dopo l’ennesima lite, bussa al commissariato: “Portatemi in carcere, così<br />
potrò vedermi la Tv in pace”. Accontentato.<br />
Pavia, 2002. Operaio, 40 anni, condannato per furto, una notte di novembre mette i vestiti in valigia e si incammina<br />
verso la caserma. Con tono esasperato, spiega: “Mia suocera è un’ossessione. Fatemi tornare in carcere. Lì, nessuno<br />
mi offenderà più”. Desiderio esaudito. Non sempre va liscia.<br />
Monza, 2003. Piccolo spacciatore evade dai domiciliari e si presenta alla guardiola del penitenziario: “Mettetemi<br />
dentro”. Prego “Mia madre è una rompiscatole”. Risponde l’agente: “Se vuole tornare in carcere, il suo avvocato deve<br />
fare un’istanza”. Deluso. Lo spacciatore viene riportato nella casa-galera.<br />
carte<strong>Bollate</strong> 33<br />
Corriere della Sera, 5 <strong>febbraio</strong> 2006
SPORT / Calcio<br />
GRANDE IMPEGNO DI TUTTI PER IL<br />
CAMPIONATO INTERNO ED ESTERNO<br />
Con l'assenso della direzione del<br />
carcere e con la collaborazione<br />
della Polizia penitenziaria, l’allenatore<br />
Nazareno Prenna, insegnante del Ctp<br />
di Limbiate, ha organizzato per la stagione<br />
in corso, numerose squadre che<br />
partecipano ai diversi campionati.<br />
CAMPIONATO INTERNO<br />
Per il “torneo interno” del carcere<br />
di <strong>Bollate</strong> sono stati formate 15 squadre<br />
dei diversi reparti, in vista della<br />
partecipazione di quasi 400 persone<br />
divisi in 3 gironi. Sotto la supervisione<br />
dell’allenatore, il signor Nazareno,<br />
si gioca per un posto nelle finali, che<br />
CAMPIONATO ESTERNO<br />
Con l'inizio della stagione<br />
2005/2006 il carcere di <strong>Bollate</strong> ha<br />
cominciato la sua avventura nel calcio<br />
nazionale. La squadra “Seconda Casa<br />
di reclusione” sta giocando per la<br />
prima volta sul “grande” palcoscenico<br />
della Terza categoria Dilettanti (Girone<br />
B) della Figc ed è così la seconda squadra<br />
carceraria, dopo quella di Opera, a<br />
partecipare a questo campionato.<br />
Questa opportunità è stata possibile<br />
grazie all'entusiasmo e all'impegno<br />
della dottoressa Buccoliero<br />
(presidente della squadra), della dottoressa<br />
Castellano (vice presidente), e<br />
per il primo kick-off. La squadra,<br />
composta da ventidue giocatori scelti<br />
da tutti i reparti sia per la loro bravura<br />
calcistica sia per la loro buona personalità,<br />
si allena 2 volte la settimana<br />
sotto la supervisione del l’allenatore e<br />
gioca le partite ogni domenica mattina<br />
alle ore 10. 30 con una rara bellezza e<br />
un grande fair-play. Sul campo sono<br />
supportati da un piccolo gruppo di<br />
assistenti tecnici ed alcuni tifosi appassionati.<br />
Tra gli assistenti, il detenuto<br />
Uran Gijta del reparto Staccata merita<br />
una citazione a parte. Lui, essendo un<br />
diplomato arbitro e responsabile per<br />
il mantenimento e supporto tecnico<br />
si volgeranno verso la fine di maggio.<br />
Le partite sono giocate secondo un<br />
calendario “aperto”, che vuol dire che<br />
si fissa la data secondo le esigenze dei<br />
vari reparti per non incrociarsi con<br />
i colloqui o altri impegni. Il giorno<br />
della partita, le due squadre, con le<br />
rispettive tifoserie (fino ad 15 persone<br />
ognuna), accompagnate dall’allenatore<br />
scendono in campo per 2 ore di<br />
divertimento e passione. La squadra<br />
vincitrice del torneo, otterrà il titolo<br />
di campione del carcere di <strong>Bollate</strong> per<br />
l'anno 2005/2006, titolo vinto nella<br />
stagione scorsa dalla squadra “Club<br />
Africa” del primo reparto.<br />
dell’allenatore, il signor Nazareno, e<br />
grazie alla buona volontà della Figc e<br />
delle 15 altre squadre partecipante al<br />
campionato.<br />
La dottoressa Buccoliero e Nazareno<br />
Prenna hanno sacrificato una<br />
gran parte delle loro ultime vacanze<br />
di estate per superare le difficoltà<br />
burocratiche e per organizzare le mille<br />
piccole cose necessarie per una vicenda<br />
come questa.<br />
Grazie anche a questo impegno<br />
la Figc e le squadre della Terza categoria<br />
hanno accordato alla “Casa di<br />
reclusione” il diritto di giocare tutte le<br />
partite in casa e così tutto era pronto<br />
carte<strong>Bollate</strong> 34<br />
della squadra, è una persona “indispensabile”<br />
anche per la morale.<br />
Il campionato ha avuto inizio<br />
il 18 settembre e, dopo una prima<br />
fase di nervosismo con solo 2 punti<br />
ottenuti nelle prime 4 partite, le cose<br />
stanno andando meglio per la nostra<br />
squadra.<br />
Nel momento in cui chiudiamo<br />
questo numero, si è classificata al<br />
secondo posto e anche se la stagione<br />
è ancora lunga si può cominciare a<br />
sognare i play-off e una possibile promozione<br />
alla Seconda categoria.<br />
Andreas Fulde