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Introduzione ....................................................................................... 2<br />
CAPITOLO I<br />
Settore lattiero-caseario e fabbisogni di formaggi innovativi ............ 4<br />
CAPITOLO II<br />
Segmentazione del mercato ............................................................. 10<br />
CAPITOLO III<br />
Tecnologie casearie alternative alle paste filate .............................. 16<br />
CAPITOLO IV<br />
I coagulanti innovativi ...................................................................... 20<br />
CAPITOLO V<br />
Arricchimento nutrizionale dei formaggi attraverso l’alimentazione<br />
degli animali ..................................................................................... 26<br />
CAPITOLO VI<br />
Le essenze foraggere utilizzate nel progetto NOVOROD ................. 36<br />
CAPITOLO VII<br />
La ricerca di mercato ........................................................................ 50<br />
CAPITOLO VIII<br />
Pianificazione delle azioni................................................................. 58<br />
1
Introduzione<br />
Il Progetto Novorod ha la finalità di immettere elementi di<br />
innovazione lungo tutta la filiera di produzione del settore<br />
lattierocaseario bovino, contribuendo ad aumentarne la competitività<br />
attraverso l'introduzione di nuove tecnologie ed innovazioni di<br />
prodotto e di processo.<br />
In particolare, le azioni progettuali intervengono sulle seguenti fasi<br />
della filiera:<br />
ALLEVAMENTO. Si implementano sistemi di allevamento<br />
finalizzati a una zootecnia da “formaggio” e non più da “latte”,<br />
attraverso: la valorizzazione delle razze bovine a maggiore attitudine<br />
casearia (Bruna e Pezzata Rossa) e di modelli di allevamento meno<br />
intensivi; il collaudo di sistemi di alimentazione basati su foraggere<br />
ad elevato potenziale di modifica del contenuto in sostanze ad azione<br />
nutrizionale nel latte; il collaudo di formulazioni alimentari a base di<br />
oleaginose ricche in acidi grassi polinsaturi; il collaudo di protocolli<br />
di produzione di foraggere.<br />
TRASFORMAZIONE. Presso i caseifici aderenti al progetto, si<br />
collaudano linee di produzione innovative che riguardano: formaggi<br />
a base di caglio vegetale, (messo a punto negli anni precedenti<br />
dall'Unità di Ricerca per la Zootecnia Estensiva del CRA) prodotti<br />
utilizzando il carciofo bianco di Pertosa (presidio Slow Food); sieroformaggi<br />
spalmabili e cremosi arricchiti con frutti di bosco prodotti<br />
nel comprensorio degli Alburni, grazie al riutilizzo del siero di<br />
scarto; formaggi naturalmente arricchiti, grazie ai sistemi di<br />
alimentazione basati su foraggere ad elevato potenziale di modifica<br />
del contenuto in sostanze ad azione nutrizionale nel latte.<br />
2
VALORIZZAZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI<br />
FORMAGGI INNOVATIVI. L’obiettivo finale è concorrere al<br />
riposizionamento strategico del settore lattierocaseario bovino<br />
mediante azioni tese a: trasferire innovazioni tecnologiche e di<br />
prodotto alle imprese; rafforzare la collaborazione tra imprese ed enti<br />
di ricerca; garantire azioni di formazione e valorizzazione dei nuovi<br />
prodotti.<br />
3
CAPITOLO I<br />
Settore lattiero-caseario e fabbisogni di formaggi innovativi<br />
Il mercato italiano dei formaggi è in crescita ed è caratterizzato da<br />
elevati consumi procapite. Si compone di una grande varietà di<br />
prodotti, anche se la maggior parte dei consumi è riferita solo ad<br />
alcune tipologie. Su circa 13 milioni di tonnellate di latte lavorate<br />
dalle imprese, circa 9 milioni sono destinate alla produzione di<br />
quattro tipologie di prodotti: mozzarella, Grana Padano, Parmigiano<br />
e latte alimentare. (Mercati Mark up, 2008). Nel tempo, si assiste ad<br />
un mutamento delle occasioni di consumo dei formaggi e delle<br />
preferenze espresse dai consumatori, con una crescita rilevante dei<br />
prodotti innovativi, destinati a specifiche occasioni di consumo. I<br />
bilanci di approvvigionamento nazionali di formaggi e latticini<br />
rivelano, nel periodo 1996-2009, una situazione in crescita per il<br />
consumo umano, così come evidenziato in figura 1.1. Nel periodo<br />
considerato, l’aumento registrato è pari al 5,59%.<br />
Figura 1.1 Consumi domestici di formaggi e latticini<br />
Fonte:ns elaborazione su dati Ismea (valori in migliaia di tonnellate)<br />
4
Una stima dei consumi di formaggi in Italia, ripartiti per macroaree<br />
geografiche, può essere ricavata da un’indagine campionaria<br />
(Indagine Inran-Scai 2005-2006) riassunta in tabella 1.1.<br />
Tabella 1.1 Consumi giornalieri di formaggi in Italia<br />
Media consumi giornalieri (g/kg peso corporeo/die) formaggi per area<br />
Area geografica<br />
media<br />
Centro 0,94<br />
Nord occidentale 0,96<br />
Nord orientale 0,94<br />
Sud-isole 0,96<br />
TOTALE 0,95<br />
Gli acquisti di formaggi in Italia ed in Campania nel periodo 2001-<br />
2010 sono illustrati nel grafico seguente (figura 1.2) dove i valori<br />
indicati rappresentano la variazione percentuale di acquisti domestici<br />
dedicata ai formaggi, assumendo pari a 100 il valore dell’anno 2000.<br />
Figura 1.2 Acquisti domestici di formaggi<br />
Fonte:ns elaborazione su dati Ismea (Valore 2000=100)<br />
5
La situazione italiana, pertanto, mostra complessivamente nel<br />
periodo 2001-2010 un incremento degli acquisti di formaggi<br />
(+0,6%). In Campania, invece, si rileva una diminuzione degli<br />
acquisti (-6,1%).<br />
La solidità della filiera lattiero casearia campana si riflette anche sul<br />
ruolo che tali prodotti rivestono nel complesso del paniere di acquisti<br />
familiari. La spesa media mensile familiare per la macrocategoria<br />
“Uova, formaggi e latte” per il 2004 (figura 1.3) conferma una quota<br />
nettamente più consistente a livello regionale rispetto alla media<br />
nazionale e meridionale.<br />
Figura1. 3 Spesa media mensile per "Uova, formaggi e latte"<br />
Fonte:ns elaborazione su dati Ismea (valori correnti in euro)<br />
Nonostante l’elevata varietà di prodotti interni e la polverizzazione<br />
produttiva, con più di 2000 imprese di trasformazione di dimensioni<br />
molto piccole, l’Italia risulta essere un paese importatore netto, così<br />
come evidenziato dall’andamento import-export (in valore<br />
economico) mostrato nella tabella 1.2. Nel 2011 si evince un<br />
incremento del divario tra esportazioni ed importazioni rispetto<br />
6
all’anno precedente. La situazione campana è inversa rispetto<br />
all’Italia ed evidenzia saldi normalizzati positivi, indicativi di<br />
esportazioni superiori alle importazioni. Nel 2011, tuttavia, il saldo<br />
normalizzato (67,1%) è inferiore rispetto all’anno precedente<br />
(71,4%).<br />
Tabella 1. 2 Interscambio dei prodotti lattiero-caseari<br />
Interscambio Italia 2010 (gen-set) 2011 (gen-set) Var %<br />
Esportazioni 2.147.441 2.386.591 11,1<br />
Importazioni 3.580.621 3.908.085 9,1<br />
Saldi -1.433.180 -1.521.493<br />
Saldi normalizzati (%) -25,0 -24,2<br />
Fonte:ns elaborazioni su dati ICE (valori in migliaia di euro)<br />
Le caratteristiche del sistema produttivo lattiero-caseario sono<br />
differenziate a seconda della specie allevata. I dati sulla consistenza<br />
del bestiame da latte nel periodo 2002-2011 sono riportati in figura<br />
1.4.<br />
Figura 1.4 Allevamento del bestiame da latte in Campania<br />
Fonte:ns elaborazione su dati Istat (numero di capi)<br />
7
In Campania, gli allevamenti bufalino, caprino e ovino registrano un<br />
incremento rispettivamente del 54,02%, 4,01% e 4,99%, a fronte di<br />
una diminuzione dell’allevamento bovino (-13,77%). Il dato è in<br />
linea con l’andamento nazionale per allevamento bovino (-8,16%) e<br />
bufalino (+46,95%) ed in controtendenza per caprino (-2,87%) ed<br />
ovino (-2,29%).<br />
La produzione campana in valore dei prodotti lattiero caseari<br />
corrisponde, nel 2007, a 181 milioni di euro pari al 4,14% della<br />
produzione nazionale ed al 21,32% del valore della produzione<br />
meridionale. (Ismea, 2008).<br />
La consistenza del tessuto produttivo lattiero-caseario regionale è<br />
sintetizzata nella tabella 1.3, da cui si evince l’elevata consistenza<br />
dell’industria della trasformazione nelle province di Napoli, Salerno<br />
e Caserta.<br />
Tabella 1.3 Caseifici presenti in Campania<br />
Caseifici della Campania<br />
Provincia<br />
Numero attività<br />
Avellino 70<br />
Benevento 38<br />
Caserta 354<br />
Napoli 440<br />
Salerno 308<br />
Totale 1210<br />
Fonte:ns elaborazioni su dati CCIAA<br />
Il dettaglio produttivo regionale di formaggi nel periodo 2002-2010<br />
(figura 1.5) evidenzia un incremento produttivo di circa il 54%, a<br />
fronte di un incremento nazionale del 9,73% registratosi nello stesso<br />
periodo.<br />
8
Figura 1.5 Produzione di formaggi in Campania<br />
Fonte:ns elaborazione su dati Istat (quantità in quintali)<br />
L’incremento della produzione regionale conferma, dunque, la<br />
rilevanza del settore lattiero caseario sul tessuto produttivo campano,<br />
con incrementi superiori di quasi sei volte rispetto alle medie<br />
nazionali.<br />
RIFERIMENTI: Mercati Mark up (2008), I Formaggi; Inran (Istituto<br />
Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), L’indagine<br />
Nazionale sui consumi alimentari in Italia: Inran- Scai 2005-2006; Ismea,<br />
Indicatori del sistema agroalimentare, Bilanci di approvvigionamento<br />
lattiero-caseari; Ismea ( 2010), Osservatorio consumi domestici acquisti di<br />
formaggi; Ismea (2008), Outlook dell’agroalimentare italiano 2008.<br />
SITOGRAFIA: www.ice.it; www.datima.ismea.it; www.agri.istat.it<br />
9
CAPITOLO II<br />
Segmentazione del mercato<br />
Il settore lattiero-caseario è caratterizzato da una notevole varietà di<br />
produzioni che ne differenziano il mercato. Le modalità di<br />
classificazione dei formaggi sono molteplici. A ciò si aggiunge la<br />
frammentazione che deriva dalle produzioni tipiche di ogni territorio.<br />
In Campania, ad esempio, la filiera lattiero-casearia rappresenta uno<br />
dei principali segmenti economici dell’agroalimentare regionale ed è<br />
caratterizzata da notevoli tipicità territoriali. Tuttavia nel settore<br />
lattiero-caseario campano manca la tradizione e la tecnologia di<br />
lavorazione di formaggi alternativi alle paste filate, ottenuti con latte<br />
vaccino. La realizzazione di tale tipologia produttiva ed il tentativo<br />
d’inserimento sul mercato, non possono prescindere da un’accurata<br />
analisi dello stesso in termini di consumi, contesto produttivo e<br />
prezzo, relativamente alle tipologie di prodotti già consolidati ed<br />
affermati. I consumi alimentari di formaggi, per classe d’età e per<br />
area geografica d’appartenenza sono desumibili dalla tabella 2.1.<br />
Tabella 2.1 Consumi medi di formaggi e sostituti<br />
Consumi medi di Formaggi e sostituti (g/kg di peso corporeo/die)<br />
Classi età<br />
Nord Nord<br />
Centro<br />
occidentale Orientale<br />
Sud e isole<br />
Bambini piccoli<br />
(0-2)<br />
2,50 2,09 3,01 2,27<br />
Bambini<br />
(3-9)<br />
1,88 1,64 2,09 1,82<br />
Adolescenti<br />
(10-17)<br />
1,20 1,33 1,21 1,08<br />
Adulti<br />
(18-64)<br />
0,90 0,92 0,88 0,90<br />
Anziani<br />
(65-97)<br />
0,80 0,79 0,70 0,86<br />
Fonte:ns elaborazione su dati Inran-Scai 2005-2006<br />
10
Dalla tabella si evince che i valori più alti di consumo medio<br />
procapite sono individuabili nei bambini. Tuttavia, esiste una forte<br />
variabilità in funzione del sesso del consumatore, oltre che della<br />
provenienza geografica. L’intrinseca variabilità delle tipologie<br />
produttive di formaggio e le derivanti difficoltà sovraesposte<br />
costituiscono un ulteriore elemento di mutabilità interna.<br />
Gli indici relativi agli acquisti di formaggi per le famiglie dell’Italia<br />
e del meridione nel periodo 2001-2010 sono rappresentati nella<br />
figura 2.1. L’andamento risulta differente a seconda delle tipologie<br />
considerate.<br />
Figura 2.1 Acquisti medi di formaggi delle famiglie italiane e<br />
meridionali<br />
Fonte:ns elaborazione su dati Ismea (Valore 2000=100)<br />
I formaggi stagionati, infatti, subiscono un calo maggiore sia per<br />
l’Italia (-5,9%) che per il meridione (-10,9%), con un calo più<br />
marcato per quest’ultima area. I formaggi freschi e fusi, invece,<br />
11
hanno un andamento diverso a seconda dell’area considerata:<br />
sebbene nel meridione subiscano un calo del 6,2%, in Italia<br />
registrano un aumento del 7,3%. Questo mostra, pertanto, come il<br />
settore dei formaggi freschi, almeno stando ai dati nazionali, possa<br />
essere un utile segmento di mercato su cui inserire nuove produzioni.<br />
Il trend relativo alla segmentazione produttiva dei formaggi in<br />
Campania nel periodo 2002-2010 è mostrato nelle figure 2.2 e 2.3.<br />
Figura 2.2 Produzione delle principali tipologie di formaggi in<br />
Campania<br />
Fonte: ns elaborazione su dati Istat(quintali)<br />
La produzione di formaggi a pasta dura, semidura e molle risulta in<br />
aumento e con variazioni rispettivamente del 489,36%, 21,33% e<br />
855,84%. L’andamento nazionale è simile, anche se con valori di<br />
incremento inferiori per i formaggi a pasta dura (3,10%) e semidura<br />
(5,38%) mentre per i formaggi a pasta molle si registra una<br />
diminuzione (-7,00%).<br />
12
Figura 2.3 Produzione di formaggi freschi in Campania<br />
Fonte: ns elaborazione su dati Istat (quintali)<br />
La produzione di formaggi freschi in regione (figura 2.3) mostra<br />
valori nettamente superiori rispetto alle altre tipologie e con un trend,<br />
nel periodo esaminato, del +41,42%. L’andamento nazionale per la<br />
stessa categoria mostra altresì una crescita di circa la metà rispetto al<br />
dato campano (+24,68%).<br />
L’andamento storico dei prezzi (1993-2012) sul mercato nazionale<br />
all’origine dei formaggi per tipologia, è riassunto nella figura 2.4. Il<br />
trend dei prezzi risulta essere crescente per tutte le varietà, ma si può<br />
altresì constatare un incremento più consistente per le tipologie<br />
formaggi freschi e latticini (+85,01%) ed a pasta dura (+56,62%).<br />
13
Figura 2.4 Trend dei prezzi dei formaggi in Italia (mercato di origine)<br />
Fonte:ns elaborazione su dati Ismea (prezzi in €/Kg)<br />
L’andamento dei prezzi relativi al mercato d’origine per la<br />
Campania, relativi al periodo 2007-2012, evidenziano una<br />
diminuzione in valore dei prezzi di Caciocavallo (-14,87%),<br />
Scamorza (-1,51%) e Mozzarella di bufala (- 2,49%), cui si affianca<br />
un incremento dei prezzi del formaggio Silano (+5,41%).<br />
A titolo di esempio dell’andamento del mercato all’ingrosso<br />
regionale, si possono considerare i dati rilevati dalla Camera di<br />
Commercio di Salerno, relativi al periodo 2003-2010. La mozzarella<br />
di bufala mostra andamenti quasi costanti dei prezzi, che si attestano<br />
su un valore di 769 €/quintale. Il caciocavallo stagionato e le provole<br />
affumicate bufaline mostrano invece incrementi rispettivamente dello<br />
0,25% (789 €/quintale) e del 2,60% (800€/quintale) a fine periodo. I<br />
prezzi delle scamorze (692 €/quintale) e del caciocavallo fresco (596<br />
€/quintale) restano, invece, invariati nel tempo.<br />
14
Dall’analisi della segmentazione del mercato si evince che i<br />
formaggi prodotti nell’ambito del progetto Novorod si inseriscono in<br />
un segmento di mercato in espansione. Come già evidenziato, la<br />
produzione ed i prezzi dei formaggi a pasta molle sono in crescita in<br />
Italia ed in Campania. Inoltre la produzione di formaggi freschi e<br />
latticini registra valori nettamente superiori rispetto alle altre<br />
categorie. Il successo dei formaggi innovativi del progetto Novorod<br />
in tale segmento di mercato, sarà favorito anche dalle innovazioni di<br />
prodotto, come nel caso dei formaggi realizzati utilizzando caglio<br />
vegetale a base di Carciofo Bianco di Pertosa, tecnica scoperta e<br />
messa a punto dall’unità di Ricerca per la Zootecnia Estensiva di<br />
Bella (PZ), che conferisce al prodotto particolari caratteristiche<br />
sensoriali. Le note amarognole derivanti dall’utilizzo del caglio di<br />
carciofo ne costituiscono elemento di distinzione, incontrando le<br />
preferenze di un mercato sempre più attento a prodotti differenziati,<br />
con contenuto salutistico, con caratteristiche peculiari che rendono<br />
uniche le occasioni di consumo.<br />
RIFERIMENTI: Inran (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la<br />
Nutrizione), L’indagine Nazionale sui consumi alimentari in Italia: Inran-<br />
Scai 2005-2006; Ismea (2010), Osservatorio consumi domestici acquisti di<br />
formaggi ; PSR 2007-2013 della Regione Campania<br />
SITOGRAFIA: www.agri.istat.it; www.datima.ismea.it<br />
15
CAPITOLO III<br />
Tecnologie casearie alternative alle paste filate<br />
Uno degli obiettivi del progetto NOVOROD è l’introduzione di<br />
tecnologie casearie alternative alle paste filate. Di seguito si<br />
illustrano gli schemi tecnologici di tre tipologie di formaggi vaccini,<br />
già apprezzati dal consumatore in alcune prove di assaggio. Si tratta<br />
dei seguenti formaggi: caciotta dolce, formaggio molle, “semicotto”.<br />
I primi due sono a breve stagionatura, 10-20 giorni, con pezzatura da<br />
500 g, in linea con l’attuale tendenza di mercato che preferisce forme<br />
piccole. Per la struttura morbida e il sapore lattico e dolce, si pensano<br />
soprattutto per il consumatore più giovane. Il terzo è di media<br />
stagionatura (minimo 3 mesi), di pezzatura maggiore (1-2 kg) ma si<br />
presta al porzionamento e confezionamento sottovuoto. È gradito dal<br />
consumatore più “maturo”, che ama un gusto più pronunciato, senza<br />
tuttavia rinunciare alla delicatezza del latte vaccino.<br />
Un’ultima considerazione importante. Ogni tecnologia prevede una<br />
maturazione a temperatura e umidità ben precise, e a volte la<br />
salamoia. Ciascun passaggio dello schema tecnologico influisce sul<br />
risultato finale. Pertanto è opportuno che al formaggio che si sceglie<br />
di produrre si dedichi una CELLA, in modo da rispettare le<br />
caratteristiche di temperatura e umidità, e una SALAMOIA. Il<br />
rischio è di “contaminare” il formaggio con aromi o sapori estranei<br />
alla tipologia (es., fumo o fermentato da paste filate) o non favorire<br />
l’asciugatura più idonea per quei formaggi.<br />
Con queste premesse, vediamo ora i flussi tecnologici dei tre<br />
formaggi.<br />
16
Tecnologia della caciotta<br />
Ingredienti: Latte vaccino pastorizzato o<br />
termizzato, caglio liquido di vitello (25<br />
ml/hl, titolo 1:18000), fermento: S.<br />
thermophilus e L. bulgaricus per inoculo<br />
diretto in caldaia, preincubato in latte a 40°C.<br />
Attrezzature: stampi in plastica a forma di canestro da 1 kg con<br />
fondo, teli di plastica.<br />
Tempo Attività<br />
00.00 fermento liofilizzato nel secchio di latte a 40°C<br />
00.25 latte + fermento del secchio in caldaia a 38°C<br />
00.45 aggiunta del caglio e mescolamento lento e omogeneo<br />
00.55 presa (10 minuti) e successiva coagulazione (25-30 min)<br />
01.20 1° taglio con lira a 5 cm, rivoltamento con spannarola<br />
01.30 2° taglio con lira fino a “nocciola”, poi riposo (10’ ca.)<br />
01.40 agitazione della cagliata con la rotella<br />
01.45 asportazione di una parte del siero<br />
01.55 temperatura cagliata 38°, inizio travaso negli stampi preriscaldati<br />
con acqua calda e posti su tavolo d’acciaio<br />
02.10 copertura degli stampi con teli di plastica, pH 6.4-6.45<br />
02.40 1° rivoltamento, stufatura a 38°C x 3 ore fino a pH 5.2<br />
03.10 2°, 3°, 4° rivoltamento con cadenza 30 minuti<br />
05.40 formaggio negli stampi in cella a 7-8°C per 12 ore<br />
17.30 il giorno dopo, stampi in salamoia o salatura a secco<br />
Salamoia: a 19°Baumè, pH 5,00 ca., temperatura 15-17°C, 2 ore/kg.<br />
Cura: 2-4 ore di sgocciolatura dopo salamoia, cella fredda a 8°C per<br />
20 gg, frequenti rivoltamenti e pulitura delle muffe (U.R. celle 85-<br />
90%). Caratteristiche: crosta paglierina, pasta morbida, eventuale<br />
piccola occhiatura, sapore dolce, lattico e leggermente acidulo. Resa:<br />
12-14%.<br />
17
Tecnologia del formaggio molle<br />
Ingredienti: Latte vaccino pastorizzato o<br />
termizzato, caglio liquido di vitello, miscela di<br />
fermenti tipo S. thermophilus e L. lactis in<br />
rapporto 1:1.<br />
Attrezzature: caldaia a doppio fondo, stampi<br />
parallelepipedi in plastica con fondo, da 500 g,<br />
tavoli spersori in acciaio, celle di stagionatura e refrigerate.<br />
Tempo Attività<br />
00.00 latte in caldaia a 34-36°C, aggiunta di fermenti 0.5-1.5%<br />
00.10 aggiunta caglio (25-30 ml/hl a titolo 1:18.000)<br />
00.20 presa (in circa 8-10 minuti)<br />
00.35 taglio del coagulo con lira a <strong>file</strong> distanti 5 cm<br />
00.40 riposo cagliata per 5’, rivoltamento con spannarola<br />
00.50 rottura a grani di nocciola grossa<br />
00.55 riposo cagliata sotto siero, eliminazione di 1/3 del siero<br />
01.05 travaso rapido della cagliata negli stampi su tavolo spersore<br />
01.30 sgrondo siero dagli stampi<br />
01.40 inizio rivoltamenti e stufatura – locale a 32-34°C e 90% UR, per<br />
3-4 ore con rivoltamenti periodici ogni 1, 2, 3, 4 ore (fino a 6<br />
rivoltamenti) – pH pasta a fine stufatura 5.0-5.2. Asciugatura e<br />
consolidamento dei formaggi nello stampo in un locale a 5-6°C x<br />
12 ore.<br />
Salatura: a secco con sale grosso sulle facce, oppure salamoia (pH<br />
>5) a 10-12°C, a conc. 18 °Baumé per 1 ora. Cura: in celle a 6-7°C e<br />
UR 85-90%, per 20-30 giorni con rivoltamenti giornalieri e lavaggi<br />
con acqua e sale. Caratteristiche: crosta giallognola, pasta morbida,<br />
uniforme, chiara, senza occhiatura, fondente in bocca; sapore<br />
burroso, mai acido o piccante. Resa: 12-13%.<br />
18
Tecnologia del semicotto<br />
Ingredienti: Latte vaccino pastorizzato o<br />
termizzato, sieroinnesto o lattocolture di<br />
S. thermophilus.<br />
Attrezzature: caldaia a doppio fondo,<br />
stampi di plastica da 3 kg, tavoli spersori,<br />
cella fredda e cella di stagionatura.<br />
Tempo Attività<br />
00.00 latte in caldaia a 38°C, aggiunta di fermenti 1-3%<br />
00.20 aggiunta caglio liquido, 25-30 ml/hl (titolo 1:18.000)<br />
00.50 taglio della cagliata e rottura fino a “chicco di riso”<br />
01.00 riscaldamento della cagliata a 42-45°C in agitazione lenta<br />
01.20 riposo della cagliata<br />
01.40 estrazione del siero e trasferimento di cagliata nelle forme,<br />
pressatura manuale della pasta nelle forme<br />
02.00 stufatura a 38-40°C x 3 ore fino a pH della pasta 5.2<br />
05.00 sosta in cella fredda a 6-8°C x 12 ore<br />
17.00 immersione in salamoia per 12 ore o salatura a secco<br />
Salatura: soluzione salina a 12°C, a conc. 18° Baumé, o a secco.<br />
Cura: rivoltamenti e puliture in cella fredda, a 12-15°C, UR 80-85%,<br />
per 3 - 6 mesi, secondo il prodotto che si vuole ottenere. È preferibile<br />
utilizzare un ambiente naturale, come grotte o cantine interrate, da<br />
destinare esclusivamente alla cura dei formaggi. Caratteristiche:<br />
crosta a superficie irregolare, unghia evidente, pasta compatta con<br />
rara occhiatura, colore avorio, lieve granulosità, solubile, sapore<br />
caratteristico, sapido, intenso nei più invecchiati, mai piccante.<br />
Resa: 10%<br />
19
CAPITOLO IV<br />
I coagulanti innovativi<br />
Un formaggio innovativo può essere espressione di un coagulante<br />
innovativo. Brevemente, il coagulante nel settore caseario è una<br />
sostanza ricca di enzimi in grado di far coagulare il latte. È chiamato<br />
comunemente anche CAGLIO. Gli enzimi (principio attivo dei<br />
coagulanti) partecipano alla reazione chimica di trasformazione di<br />
proteine e grassi. Avremo così le proteasi, enzimi ad azione<br />
proteolitica (spezzano cioè le proteine in molecole più piccole) e<br />
lipasi, azione lipolitica (spezzano le molecole dei grassi liberando<br />
acidi grassi).<br />
Classificazione dei coagulanti<br />
Esistono diversi tipi di coagulanti e sono venduti in forma liquida,<br />
polvere o in pasta. Nella tabella seguente sono riportati i più diffusi.<br />
Tabella 4.1 Tipi di coagulanti suddivisi per origine<br />
ORIGINE TIPO ENZIMI<br />
- animale - Caglio bovino<br />
- Caglio caprino e ovino<br />
- Pepsina bovina, suina, di<br />
pollo<br />
- proteolitici<br />
- proteolitici e lipasi<br />
- Pepsina<br />
- fungina<br />
(muffe)<br />
- da DNA<br />
ricombinato<br />
(OGM)<br />
da Mucor miehei<br />
da Mucor pusillis<br />
da Endothia parasitica<br />
- di batteri (E. coli)<br />
- di lieviti (K. lactis)<br />
- di funghi (A. nidulans)<br />
- vegetale Estratto di cardo, gallio, fico,<br />
papaia, etc.<br />
Proteasi acida<br />
- Chimosina A<br />
- Chimosina B<br />
- Chimosina B<br />
Miscela di enzimi<br />
proteolitici<br />
20
Il caglio animale in breve<br />
Il più diffuso e conosciuto è quello liquido ottenuto dallo stomaco<br />
del vitello. È disponibile anche in polvere e in pasta. I suoi enzimi<br />
(pepsina e chimosina) sono attivati da un pH acido e anche la<br />
temperatura influisce sull’attività coagulante (40°C è la temperatura<br />
ottimale). La pepsina è 45 volte più proteolitica della chimosina.<br />
Sono disattivate a 52-59°C. I formaggi ottenuti con questo caglio<br />
sono caratterizzati da una pasta dolce in quelli freschi, sapida ma mai<br />
piccante in quelli stagionati.<br />
Per alcuni formaggi tradizionali sono utilizzati il caglio di agnello e<br />
di capretto (in pasta o in polvere), industriali o aziendali. Questi<br />
coagulanti presentano, oltre a chimosina e pepsina, quantità variabili<br />
di lipasi, un enzima ancora poco studiato, e sono responsabili del<br />
gusto piccante del formaggio. Miscelando ad arte il caglio ovicaprino<br />
con quello bovino, si può creare una gamma di formaggi<br />
vaccini con carattere deciso, come il provolone piccante.<br />
Una curiosità: i vegetariani assoluti (Vegani) non mangiano il formaggio<br />
fatto con caglio animale e cercano, invece, formaggi ottenuti con altri<br />
coagulanti.<br />
Altri coagulanti: microbici e da OGM<br />
I coagulanti microbici (disponibili in forma liquida e in polvere) si<br />
ottengono dalla coltivazione di muffe (citate nella precedente tabella)<br />
e sono resistenti a pH e temperature elevati. La caratteristica<br />
principale è la capacità di indurre un rassodamento più lento della<br />
cagliata all’inizio e più rapido alla fine del processo, con maggiore<br />
velocità di acidificazione e di spurgo della cagliata rispetto al caglio<br />
di origine animale. Pertanto è bene velocizzare il processo, per<br />
evitare un’acidificazione o un’asciugatura eccessiva della cagliata.<br />
21
I coagulanti da organismi geneticamente modificati (OGM)<br />
contengono solo chimosina. Come si ottengono Il codice genetico<br />
responsabile della produzione di questo enzima è “copiato” da quello<br />
bovino e la “copia” viene “trapiantata” in microrganismi non<br />
pericolosi per la salute umana; questi si moltiplicano e producono<br />
l’enzima, che viene raccolto e venduto in forma liquida. Per la<br />
legislazione italiana, per poterli usare si deve ottenere<br />
un’autorizzazione specifica, sono vietati per la produzione di<br />
formaggi DOP o IGP. Essendo a base di sola chimosina, non<br />
riproducono la miscela presente negli altri coagulanti.<br />
Il caglio vegetale<br />
Come abbiamo visto nella tabella, più di una specie vegetale presenta<br />
un’azione coagulante.<br />
In alcuni paesi europei (Spagna e Portogallo) si producono formaggi<br />
tradizionali e DOP con estratto di Cynara cardunculus (cardo<br />
selvatico): Queso de la Serena, Torta del Casar, Ibores in Spagna, il<br />
Serpa e il Serra da Estrela in Portogallo (solo per citare qualche<br />
nome), quasi tutti prodotti con latte ovino, a livello aziendale,<br />
artigianale o in piccoli caseifici. In Italia, Lucio Columella, nel 50<br />
d.C. (“De Re Rustica”), citava l’uso del cardo selvatico, ed ancora<br />
oggi si produce il Caciofiore nel Lazio.<br />
I principi attivi coagulanti sono contenuti nel fiore del cardo, e la<br />
miscela di enzimi è tutt’oggi molto studiata a livello internazionale.<br />
Sono state individuate due proteasi (la cynarasi e la cardosina),<br />
presenti in forme e dosi diverse. La conseguenza di questa variabilità<br />
è che la “forza di coagulazione” dell’estratto non è costante. Inoltre<br />
altri fattori influiscono sul potere coagulante, come le modalità di<br />
22
preparazione e di estrazione. La coagulazione avviene fra i 27° e i<br />
30°C; la miscela di enzimi presenta la massima attività in un latte a<br />
pH 5,1 e un’intensa attività proteolitica: questi formaggi presentano<br />
tutti una pasta “molle”, burrosa, che tende a perdere completamente<br />
la struttura e presentarsi liquefatta, da prendersi “al cucchiaio”! Si<br />
presentano, inoltre, a volte piccanti e con una lieve nota amara,<br />
caratteristica specifica e non difetto, dovuta a proteolisi secondarie.<br />
Naturale innovazione<br />
L’equipe del CRA ZOE ha studiato e messo a punto un coagulante<br />
vegetale innovativo, ed è stato utilizzato per la lavorazione di latte<br />
vaccino di razze alternative alla Frisona, ossia la Pezzata Rossa e la<br />
Bruna Italiana. Al latte di queste razze, che ha un contenuto<br />
superiore di grasso e proteine, nonché una maggiore resa alla<br />
caseificazione rispetto alla Frisona (tabella 4.2), si aggiungono le<br />
sostanze nutraceutiche provenienti da un’alimentazione mirata (vedi<br />
capitoli successivi), in grado di arricchire in modo naturale il latte.<br />
Tabella 4.2 Composizione media e resa del latte delle razze Frisona,<br />
Bruna e PR per la produzione di un formaggio a pasta dura<br />
Frisona italiana Bruna Alpina Pezzata Rossa<br />
Grasso % 3,67 3,8 3,9<br />
Proteina % 3,35 3,6 3,42<br />
Caseina % 2,25 2,69 2,65<br />
Resa % 6,75 8,02 7,62<br />
23
Nell’ambito di NOVOROD sono state proposte due tipologie di<br />
formaggio con coagulante vegetale: a) tipo Caciotta: discoidale,<br />
pezzatura da 500 g, 20 giorni di stagionatura, a pasta morbida e<br />
avvolgente, dal gusto dolce-amaro, che tende alla nocciola verde con<br />
l’avanzare della maturazione (oltre i 30 giorni); b) tipo Semicotto:<br />
rottura più spinta (a chicco di riso) e riscaldamento della cagliata a<br />
42-45°C, pezzatura da 2-3 kg e stagionato per almeno 3 mesi. La<br />
pasta è compatta, con lieve occhiatura, solubile, a volte leggermente<br />
astringente, sapida e caratterizzata da note più decise (erbaceo,<br />
fresco, etc.).<br />
Vediamo di seguito gli schemi tecnologici.<br />
Schema tecnologico della Caciotta a coagulante vegetale<br />
• latte pastorizzato + fermenti termofili, temp. 36°C<br />
• aggiunta di coagulante vegetale<br />
• presa e coagulazione (in 60-80 minuti)<br />
• taglio a quadrati di 5 cm di lato, riposo 10 min, rottura a<br />
nocciola, riposo<br />
• messa in forma e drenaggio, stufatura a 35-36°C x 3 ore<br />
• salatura a secco o salamoia<br />
• maturazione in cella a 8-10°C e Umidità Relativa 85-90% per 20-<br />
30 gg,<br />
24
Schema tecnologico del semicotto a coagulante vegetale<br />
• latte pastorizzato + fermenti termofili, temp. 38°C<br />
• aggiunta di coagulante vegetale<br />
• presa e coagulazione (in 1 ora circa)<br />
• rottura a chicco di riso e riposo<br />
• riscaldamento della cagliata in caldaia a 42-45°C e riposo per 10-<br />
15’<br />
• messa in forma con pressatura manuale e stufatura a 38°C x 3<br />
ore<br />
• salatura in salamoia o a secco<br />
• maturazione in cella a 12-15°C per 90-120 gg e Umidità Relativa<br />
75-80%<br />
Dal siero ottenuto dalle lavorazioni si può ottenere una ricotta<br />
morbida, con sentore di erbaceo, che si sprigiona soprattutto appena<br />
fatta e ancora calda.<br />
Le prospettive si rivelano interessanti, considerando il successo di<br />
pubblico (soprattutto il consumatore “informato”), riscontrato da<br />
questi formaggi in varie occasioni di assaggio, un riscontro positivo<br />
per un prodotto innovativo che si presenta sotto buoni auspici.<br />
25
CAPITOLO V<br />
Arricchimento nutrizionale dei formaggi attraverso<br />
l’alimentazione degli animali<br />
Parlare di arricchimento, di una matrice come il formaggio,<br />
soprattutto se formaggi stagionati (con basso contenuto di acqua),<br />
con un elevato contenuto di sali minerali (calcio), grasso e proteine,<br />
può sembrare un paradosso. Le motivazioni sono diverse e limitate,<br />
generalmente, a molecole e microcomponenti poco considerati. Si<br />
tratta, infatti, di dare la giusta importanza nell’ambito dei<br />
macrocomponenti (grasso, proteine, ecc.) alle singole molecole<br />
costitutive (acidi grassi liberi e totali, amminoacidi, vitamine ecc.).<br />
Sono proprio queste molecole, poco importanti dal punto di vista<br />
quantitativo, a esercitare effetti positivi sulla salute umana. Un<br />
formaggio con un contenuto elevato di grasso è generalmente<br />
demonizzato dai “dietologi”che si preoccupano solo di vietarceli.<br />
Grasso elevato, infatti, è sinonimo di colesterolo elevato e,<br />
comunque, di qualcosa di dannoso per la salute umana. Vedremo, o<br />
almeno cercheremo di dimostrare, che questo non è sempre vero. Se<br />
consideriamo come parametri di valutazione alcune molecole di tipo<br />
nutrizionale, le differenze fra latti e fra formaggi diventano<br />
importanti.<br />
In cosa arricchire<br />
Alcune molecole sono definite con l’aggettivo “essenziale”. Il<br />
termine “essenziale” non è solo sinonimo di “primario”, importante,<br />
fondamentale, ma indica un concetto molto preciso. Un nutriente è<br />
essenziale se l’organismo umano non è in grado di sintetizzarlo e, di<br />
conseguenza, la dieta rappresenta l’unica fonte di quel nutriente.<br />
Esiste, poi, un certo numero di sostanze non “essenziali” dal punto di<br />
vista nutrizionale, ma che, comunque, possono avere effetti benefici<br />
26
nel mantenimento di un buono stato di salute. Si tratta delle sostanze<br />
che, nella moderna terminologia scientifica, vengono definite<br />
“funzionali”.<br />
Si tratta di cercare di far aumentare il contenuto di quelle sostanze<br />
ritenute “funzionali” dal punto di vista della salute del consumatore.<br />
La qualità nutrizionale comprende tutti quei componenti<br />
potenzialmente presenti in maggiore quantità nei cosiddetti alimenti<br />
“funzionali”. Gli alimenti “funzionali” sono definiti come cibi che<br />
comprendono prodotti potenzialmente benefici per la salute oltre alle<br />
proprietà nutritive che normalmente veicolano. Sono compresi: gli<br />
acidi grassi della serie omega-3, il CLA (acido linoleico coniugato),<br />
gli antiossidanti, gli oligoelementi minerali e le vitamine.<br />
Queste molecole, pur incidendo poco dal punto di vista quantitativo,<br />
svolgono un ruolo molto importante. Anche altre molecole sono<br />
importanti dal punto di vista edonistico e non solo. Parliamo, in<br />
questo caso, dei componenti organici volatili (aldeidi, chetoni, alcoli,<br />
esteri e terpeni) importanti dal punto di vista dell’odore e dell’aroma<br />
del formaggio. Sostanze volatili, quindi, facilmente percepibili dal<br />
“naso” del consumatore e in grado di condizionare la scelta e<br />
l’acquisto di un formaggio.<br />
Quali sono le molecole più importanti su cui possiamo agire<br />
I prodotti lattiero-caseari contengono e sono una fonte<br />
importantissima di nutrienti essenziali. Se consideriamo le proteine,<br />
tanto per fare un esempio, che sono presenti con funzioni di sostegno<br />
in tutto il corpo animale, l’organismo pur essendo in grado di<br />
sintetizzarle ha la necessità di alcuni amminoacidi, “i mattoncini”<br />
delle proteine che vengono definiti “essenziali”. La lisina, il<br />
triptofano, la taurina, tanto per citarne qualcuno, sono amminoacidi<br />
essenziali.<br />
27
Su queste molecole, definite essenziali, il cui contenuto dipende da<br />
numerosi fattori (razza, stagione, ecc.), abbiamo poche possibilità di<br />
agire per aumentarne il contenuto tramite l’alimentazione animale.<br />
Su altre, invece, tramite l’alimentazione degli animali, abbiamo ampi<br />
margini di “manovra”. Ci riferiamo, in questo caso, al grasso, tra i<br />
macrocomponenti, e, tra i microcomponenti o metaboliti secondari,<br />
alla vitamina E (Tocoferolo), il beta carotene, gli antiossidanti, gli<br />
acidi grassi (polinsaturi, CLA, omega-3, ecc.) e il colesterolo.<br />
Il grasso e le proteine<br />
Il grasso e le proteine sono i due costituenti principali del formaggio<br />
e da cui dipende anche la resa di trasformazione. La loro quantità<br />
varia a seconda della composizione del latte di partenza e della<br />
stagionatura. Le proteine del formaggio sono rappresentate dalla<br />
caseina, tranne alcune eccezioni, come nel caso del Cacioricotta,<br />
tecnologia che prevede l’inclusione nel formaggio di caseina e<br />
sieroproteine. La caseina, infatti, rappresenta il substrato su cui<br />
agisce il caglio e entra a far parte del formaggio. La caseina svolge<br />
un ruolo fondamentale in quanto condiziona favorevolmente la<br />
coagulazione e con essa la ritenzione nella cagliata di maggiori<br />
quantità di grassi e proteine. Si ottiene, in questo modo, una cagliata<br />
più soda e ben spurgata che si presta meno ai difetti di maturazione<br />
che deprezzano il formaggio.<br />
Il contenuto di grasso e proteine influenza, oltre alla resa, anche le<br />
caratteristiche reologiche dei nostri formaggi. Nel latte,<br />
normalmente, il tenore in grasso è sempre superiore a quello delle<br />
proteine. Negli ultimi anni, invece, a causa di sistemi alimentari<br />
sempre più intensivi, con largo ricorso a dosi elevate di concentrato,<br />
si sta assistendo all’inversione del rapporto grasso /proteine. In molti<br />
casi il contenuto di proteina nel latte è superiore a quello del grasso.<br />
28
Non si tratta, ovviamente, di un aumento del contenuto di proteine<br />
(l’alimentazione ha scarsi effetti sul tenore in proteine) ma<br />
semplicemente, a causa di razioni sempre meno fibrose e a fibra<br />
corta, di una graduale diminuzione del contenuto di grasso. Il<br />
risultato finale è rappresentato da formaggi sempre più “gessosi”.<br />
L’impiego di razioni e sistemi di allevamento “meno intensivi” è uno<br />
degli scopi del progetto NOVOROD. Il contenuto di grasso e di<br />
proteina nel formaggio essendo il substrato di tutte, o quasi, le<br />
trasformazioni enzimatiche e batteriche che avvengono nel corso<br />
della maturazione, influenzano le caratteristiche organolettiche e<br />
sensoriali dei formaggi. In sostanza, tutto quello che, al termine della<br />
stagionatura di un formaggio, percepiamo è, comunque, legato al<br />
contenuto di grasso e proteina del latte. Non a caso i due fenomeni<br />
fondamentali della maturazione sono la lipolisi (scissione del grasso)<br />
e la proteolisi (scissione delle proteine).<br />
Il tenore in grasso può, quindi, essere aumentato, o almeno<br />
preservato, con opportune razioni e/o con l’impiego di idonee<br />
integrazioni alimentari. L’introduzione, con il progetto NOVOROD,<br />
nel piano colturale delle aziende, di essenze foraggere, idonee sia<br />
all’ambiente di coltivazione e sia all’alimentazione dei bovini, ha<br />
proprio lo scopo di garantire la formulazione di razioni con adeguati<br />
contenuti di foraggi (il tenore del grasso nel latte e nei formaggi è<br />
espressione del rapporto foraggi/concentrati della razione). Alcune<br />
integrazioni, invece, come il lino sono state introdotte sia per<br />
aumentare il grasso e il valore nutrizionale dei formaggi (contenuto<br />
di acidi grassi polinsaturi, CLA, ecc.) e sia, per testare coltivazioni<br />
che potrebbero rappresentare una valida alternativa a materie prime,<br />
con effetti sul valore nutrizionale del latte e dei formaggi, di<br />
provenienza esterna e sia per tentare una azione di recupero di risorse<br />
vegetali un tempo coltivate nelle aree interessate dal progetto.<br />
29
Vitamina E<br />
La vitamina E, grazie al fatto di essere dotata di proprietà<br />
antiossidanti, gioca un doppio ruolo. Garantisce, infatti, la stabilità<br />
degli alimenti proteggendoli dall’ossidazione e contribuisce al<br />
mantenimento dello stato di salute dell’uomo proteggendolo<br />
dall’azione negativa dei radicali liberi. Il contenuto nel latte e nei<br />
formaggi varia in funzione di numerosi fattori: specie animale,<br />
alimentazione, stagione e tecniche di lavorazione dei formaggi.<br />
Quasi tutti gli alimenti, testati e in corso di collaudo, presso le<br />
aziende zootecniche aderenti al progetto NOVOROD, e alcuni, in<br />
particolare, contribuiscono ad arricchire il latte e i formaggi in<br />
Vitamina E. Particolarmente interessanti sono risultati gli alimenti<br />
somministrati allo stato verde (sorgo foraggero).<br />
Beta carotene<br />
Il beta carotene, oltre ad essere il precursore della Vitamina A e,<br />
quindi, svolge, come tale, un ruolo importante a livello di nutrizione<br />
umana (soprattutto in termini di impedimento della formazione dei<br />
radicali liberi), è responsabile della colorazione gialla del latte e dei<br />
formaggi. Nel caso dei formaggi bovini il “giallo” è sinonimo di<br />
prodotti ottenuti da animali alimentati al pascolo (il contenuto più<br />
elevato si riscontra nelle piante verdi) e, in pratica, di alimento<br />
“naturale”. Le essenze impiegate nel progetto NOVOROD, foglie di<br />
carciofo, sorgo foraggero, ecc., hanno confermato che<br />
l’alimentazione degli animali svolge un ruolo importante. Sono state<br />
osservate, comunque, anche differenze imputabili alle razze<br />
(maggiore contenuto nel caso della Pezzata Rossa rispetto ai<br />
formaggi derivanti dal latte di Frisona). Esiste, in questo caso, un<br />
rapporto molto stretto tra razza e sistema alimentare. La Frisona,<br />
30
infatti, è tenuta alla stalla. Le Pezzate Rosse, impiegate nel progetto<br />
NOVOROD, usufruiscono sempre di un certa “quota” di pascolo.<br />
Antiossidanti<br />
Molte malattie dell’invecchiamento e alcune patologie (aterosclerosi,<br />
tumori, malattie neuro-degenerative) dipendono da reazioni<br />
ossidative. Il ruolo degli antiossidanti, quindi, apportati con la dieta è<br />
molto importante. Tra gli antiossidanti più potenti, il cui contenuto<br />
nel latte e nei formaggi può essere influenzato dalla dieta degli<br />
animali, ricordiamo i tocoferoli (Vitamina E) e il beta-carotene<br />
(precursore della Vitamina A). Anche altre sostanze come ad<br />
esempio i terpeni (contenuto elevato nelle leguminose verdi: veccia,<br />
ecc.) e i polifenoli (sanse vergini denocciolate) esercitano attività<br />
antiossidante.<br />
A una molecola è riconosciuta una capacità antiossidante se è in<br />
grado di neutralizzare, o rallentare, i processi ossidativi a carico di<br />
una sostanza. Tra i nutrienti presi in considerazione abbiamo l’alfatocoferolo<br />
(antiossidante) e il colesterolo (sostanza da proteggere).<br />
Il grado di protezione antiossidante misura la capacità di una<br />
sostanza, in questo caso l’alfa-tocoferolo, di proteggere<br />
dall’ossidazione il colesterolo (prevenendo la formazione di radicali<br />
liberi dannosi alla salute umana).<br />
Il CLA. Ne sentiamo parlare tanto, vediamo quali sono le<br />
principali funzioni<br />
L’acronimo CLA (Coniugated Linoleic Acid) è utilizzato per indicare<br />
una miscela di isomeri dell’acido grasso linoleico con doppi legami<br />
coniugati, localizzati, soprattutto, sugli atomi di carbonio 9 e 11.<br />
L’attività biologica è attribuita principalmente all’acido rumenico<br />
che costituisce circa il 90% del totale degli isomeri presenti nel<br />
31
grasso dei ruminanti. L’origine del CLA nel latte è duplice. Si<br />
ottiene, infatti, sia dalla bioidrogenazione ruminale degli acidi grassi<br />
insaturi, rappresentati in larga misura nei foraggi verdi, sia dalla<br />
sintesi nei tessuti animali, principalmente ghiandola mammaria e<br />
tessuto adiposo, a partire dall’acido vaccenico in seguito all’azione di<br />
un enzima (delta 9 -desaturasi).<br />
Gli studi effettuati sinora, soprattutto su modelli animali, hanno<br />
evidenziato l’efficacia del CLA nella prevenzione dei tumori, delle<br />
infezioni, dell’aterosclerosi. Sembra, infatti, che la sua attività<br />
anticancerogena risulterebbe di circa 100 volte maggiore di quella<br />
esercitata dagli acidi grassi della serie omega-3.<br />
Il contenuto più elevato si rileva nel latte degli animali al pascolo<br />
rispetto a quello proveniente da sistemi alla stalla. Le differenze,<br />
inoltre, tra i due sistemi, sono sempre più accentuate nel periodo<br />
invernale.<br />
Le diverse essenze del pascolo, pascolate e/o somministrate in stalla,<br />
arricchiscono in maniera differente il latte e i relativi prodotti lattiero<br />
caseari. I risultati ottenuti, nell’ambito del progetto NOVOROD,<br />
anche se ancora parziali hanno confermato il ruolo sia delle diverse<br />
essenze foraggere e sia, soprattutto, del tipo di integrazione (lino,<br />
sansa, ecc.). I dati riportati nella figura 5.1, a prescindere dalla razza<br />
e dalle aziende considerate, mostrano chiaramente che il contenuto di<br />
acido alfa-linolenico, CLA e HPI (Health Promoting Index-Indice di<br />
Promozione della Salute) è risultato superiore nel latte degli animali<br />
che hanno ricevuto l’integrazione a base di lino.<br />
32
% FAME<br />
% FAME<br />
Figura 5.1 Effetto dell’integrazione della dieta con lino su alcuni<br />
parametri nutrizionali del latte<br />
0,9<br />
0,8<br />
0,7<br />
0,6<br />
0,5<br />
0,4<br />
Controllo<br />
Lino<br />
0,3<br />
0,2<br />
0,1<br />
0<br />
ALA CLA HPI<br />
ALA= acido alfa-linolenico; CLA=Acido linoleico coniugato; HPI=Indice di<br />
promozione della salute<br />
Nei formaggi, come nel latte, è risultato confermato l’effetto del tipo<br />
di integrazione (figura 5.2).<br />
Figura 5.2 Effetto dell’integrazione della dieta con lino su alcuni<br />
parametri nutrizionali del formaggio (Caciotta)<br />
1<br />
0,9<br />
0,8<br />
0,7<br />
0,6<br />
0,5<br />
0,4<br />
Controllo<br />
Lino<br />
0,3<br />
0,2<br />
0,1<br />
0<br />
ALA CLA HPI<br />
ALA=acido alfa-linolenico; CLA=Acido linoleico coniugato; HPI=Indice di<br />
promozione della salute<br />
33
Omega-3 e omega-6. Ruolo e alimentazione umana e animale<br />
Il corpo umano è capace di produrre tutti gli acidi grassi necessari,<br />
tranne due: l’acido linoleico (acido grasso della serie omega-6) e<br />
l’acido alfa linolenico (acido grasso della serie omega-3). Entrambi<br />
sono essenziali e, quindi, devono essere introdotti con la dieta e sono<br />
importanti componenti delle membrane cellulari. Gli acidi grassi<br />
omega-3 sono, inoltre, considerati importanti come fattori di<br />
protezione nelle malattie cardiovascolari, antinfiammatori e<br />
anticancerogeni.<br />
Nella dieta umana normalmente il rapporto omega-6/omega-3<br />
dovrebbe essere 6/1. Negli ultimi anni, invece, si è assistito ad un<br />
progressivo aumento del contenuto di omega-6.<br />
Nella tabella 5.1 si riporta, a titolo di esempio, l’effetto<br />
dell’integrazione con sansa vergine denocciolata sul tenore di<br />
omega-3 e sul rapporto omega-6/omega-3.<br />
Tabella 5.1 Effetto dell’integrazione della dieta con “sansa” sul<br />
contenuto in omega-3 e il rapporto omega-6/omega-3 (Caciotta).<br />
Controllo<br />
Sansa<br />
Omega-3 0,39 0,76<br />
Omega-6/Omega-3 9:1 5,5:1<br />
Il contenuto di Omega-3 nel formaggio, rispetto alla dieta<br />
normalmente impiegata nelle aziende zootecniche, è risultato quasi il<br />
doppio e, soprattutto, il rapporto Omega-6/Omega è risultato quasi<br />
ottimale.<br />
34
La componente edonistica: i componenti organici volatili<br />
I componenti volatili (alcoli, aldeidi, chetoni, esteri, terpeni e<br />
sesquiterpeni) presenti nel latte e nei formaggi rappresentano una<br />
categoria di sostanze chimiche in grado di caratterizzare l’aroma di<br />
un latte o di un formaggio. Gli studi condotti dal CRA-ZOE hanno<br />
evidenziato che questi componenti variano in funzione del sistema<br />
alimentare e, nell’ambito di quest’ultimo, in funzione dell’incidenza<br />
del pascolo nella dieta e di alcune essenze foraggere. Il contenuto di<br />
sesquiterpeni, ad esempio, importanti per i riflessi positivi sull’aroma<br />
dei prodotti, varia in funzione delle piante maggiormente presenti<br />
nella dieta degli animali: l’aumento nella dieta di alcune piante come<br />
il Lolium perenne e la Dactylis glomerata, provoca un<br />
impoverimento di sesquiterpeni nel latte e nei formaggi. L’aumento<br />
di altre piante, invece, come alcune piante spontanee (Asperula<br />
odorata- caglio odoroso) o la Veccia (essenza in corso di collaudo<br />
presso le aziende zootecniche aderenti al progetto NOVOROD)<br />
determina un arricchimento di sesquiterpeni nei prodotti. Ciascuna<br />
essenza foraggera, in sostanza, trasmette al latte e ai formaggi una<br />
propria impronta olfattiva.<br />
I risultati relativi alle sperimentazioni, condotte finora, relative<br />
all’impiego del sorgo verde, del lino e della sansa vergine<br />
denocciolata non hanno evidenziato, tra i gruppi controllo e con<br />
integrazione, differenze significative.<br />
Per maggiori approfondimenti: Claps S., Sepe L., Annicchiarico G.,<br />
Fedele V. 2011. Prodotti caseari migliori da ovicaprini al pascolo.<br />
Informatore agrario, 48, 55-59; Claps S., Pizzillo M., Rubino R. 2011. Dalle<br />
stalle le stelle. Consigli per migliorare la qualità del latte e del formaggio.<br />
Ed. Caseus, pp. 135.<br />
35
CAPITOLO VI<br />
Le essenze foraggere utilizzate nel progetto NOVOROD<br />
Fra gli obiettivi del progetto NOVOROD c’è quello di testare<br />
l’introduzione negli ordinamenti colturali di foraggere ad elevato<br />
potenziale di modifica del contenuto di sostanze ad azione<br />
nutrizionale nel latte e nel formaggio (FORAN), come descritto nella<br />
sezione dedicata agli effetti dell’alimentazione sulle caratteristiche<br />
qualitative dei prodotti di origine animale. Fra queste, in particolare<br />
sono state scelte graminacee e leguminose, ed una specie come il<br />
lino, ad elevato contenuto di acidi grassi insaturi ed in particolare<br />
Omega 3 e CLA.<br />
Inoltre è stato sperimentato per l’alimentazione bovina l’uso di scarti<br />
tradizionalmente usati come foraggere nell’area pilota del progetto,<br />
ad esempio le foglie del carciofo Bianco di Pertosa, utilizzate fino<br />
agli anni ’70 in particolare per l’alimentazione degli ovi-caprini.<br />
Le specie scelte sono adatte per la coltivazione nella nostra regione<br />
secondo le tecniche e le esigenze pedo-climatiche descritte per<br />
ognuna di esse nelle schede che seguono.<br />
Le graminacee proposte dal progetto sono l’avena, il triticale ed il<br />
sorgo. Le leguminose sono la veccia ed il pisello proteico.<br />
Come oleaginosa è stato scelto il lino, tradizionalmente presente<br />
nella regione come tessile, ma introdotto recentemente nelle filiere<br />
zootecniche in centro Europa e nell’Italia centrale. Il progetto<br />
NOVOROD ha collaudato in Campania l’uso di varietà di lino adatte<br />
all’alimentazione zootecnica caratterizzate da rusticità ed elevato<br />
contenuto in acidi grassi polinsaturi.<br />
36
Avena<br />
L’avena (Avena sativa L.) viene coltivata<br />
soprattutto in Europa e America settentrionale sia<br />
nelle zone a nord (fino a 65° lat. Nord) che in<br />
quelle Mediterranee (30-35°). In Italia le<br />
produzioni per ettaro si aggirano intorno ai 15 q di<br />
granella. In passato la coltivazione dell’avena era<br />
molto più diffusa, ma oggi invece si assiste ad una<br />
forte riduzione di questa coltura. Le cause sono molteplici: riduzione<br />
degli allevamenti equini, minore produttività in termini di Unità<br />
Foraggere dell’avena rispetto all’orzo, eccesso di cellulosa nella<br />
granella. L’avena presenta però l’indubbia qualità di essere meno<br />
sensibile del frumento al mal del piede ed alla septoriosi. Il suo<br />
potere di accestimento, cioè di produrre culmi secondari, inoltre, è<br />
superiore rispetto a frumento od orzo. La granella dell’avena è la<br />
“biada” per eccellenza ma viene consumata anche dall’uomo<br />
(fiocchi) ed è una specie foraggiera molto importante sotto forma di<br />
erbaio.<br />
Esigenze ambientali<br />
Esiste un gran numero di cultivar di avena che presentano una grande<br />
variabilità. Questo rende possibile la coltivazione dell’avena in molti<br />
ambienti differenti. Questa specie è più adatta a zone con clima<br />
umido e fresco ma viene coltivata anche in inverno-primavera in<br />
zone caldo aride. L’avena è però danneggiata dalle alte temperature e<br />
dalla carenza idrica in particolare nelle fasi che vanno da inizio<br />
spigatura alla maturazione. E’ meno resistente del frumento e<br />
dell’orzo alle basse temperature perciò il suo impiego come coltura<br />
autunno primaverile è inferiore e limitato alle zone più a sud di Italia<br />
e Francia. E’ poco esigente riguardo al terreno.<br />
37
Varietà segnalate<br />
Come già accennato esistono molte varietà di avena con<br />
caratteristiche diverse. Le cultivar più recenti sono più resistenti<br />
all’allettamento ed al freddo. Tra le più promettenti di nuova<br />
costituzione ci sono le cv Genziana, Alcudia e Bionda. Quella usata<br />
nel progetto NOVOROD è la varietà Genziana.<br />
Questa cv fornisce alte rese e buona qualità merceologica in tutti gli<br />
ambienti in cui è stata testata. E’ possibile inoltre seminarla sia in<br />
autunno che in primavera con produzioni anche superiori alle 5 t/ha.<br />
Epoche di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali<br />
L’avena può essere seminata in autunno o primavera. La semina<br />
autunnale va fatta anticipata rispetto al frumento e allo stesso orzo,<br />
quindi in ottobre, mentre quella primaverile in marzo-aprile.<br />
La quantità di seme più consigliabile è di 120-150 kg/ha, adottando<br />
le densità inferiori nel caso di semine precoci.<br />
La concimazione azotata va commisurata, oltre che alla fertilità, del<br />
terreno e al clima, alla resistenza all’allettamento delle varietà<br />
impiegate. Le dosi massime applicabili alla cv. Ava (meno soggetta<br />
all’allettamento) sono di 60-80 Kg/ha di N; sulle altre varietà, più<br />
allettabili, 30-40 unità sono il massimo che si può dare. La risposta<br />
dell’avena alla concimazione azotata è ancora più spettacolare che<br />
negli altri cereali. Il diserbo ricalca quello del frumento (ovviamente<br />
con esclusione degli avenicidi).<br />
Normalmente non viene effettuata alcuna irrigazione.<br />
Con buone cultivar si possono raggiungere, in condizioni ottimali, 4-<br />
5 t/ha. Buone sono da considerare rese di 3,5-4 t/ha.<br />
Potenzialità di coltivazione in Campania<br />
38
La cv Genziana ha mostrato i migliori risultati produttivi in prove<br />
condotte in diverse aree dell’Italia centro meridionale. Essa risulta<br />
molto produttiva in condizioni climatiche e pedologiche diverse, e<br />
sembra dunque essere la cultivar che meglio di altre potrebbe<br />
adattarsi agli ambienti della regione Campania. Anche la cv Alcudia<br />
mostra parametri qualitativi interessanti.<br />
Triticale<br />
Il triticale è una specie agraria costituita dall’uomo tramite<br />
ibridazione tra frumento (Triticum) e segale (Secale). L’interesse per<br />
i triticali deriva dalla loro caratteristica di presentare caratteri di<br />
pregio del frumento (produttività, contenuto proteico totale) e della<br />
segale (rusticità, resistenza a molte malattie dell’apparato fogliare,<br />
resistenza al freddo). Per l’alimentazione del bestiame, il triticale può<br />
essere usato come granella o foraggio, in particolare come insilato.<br />
La granella è un’ottima fonte di calorie, proteine e amminoacidi ed è<br />
idonea soprattutto per l’alimentazione dei monogastrici.<br />
Esigenze ambientali<br />
Le varietà di triticale sono moltissime e presentano capacità di<br />
adattamento alle condizioni pedo-climatiche più diverse. Alcune<br />
manifestano notevole precocità, foto-insensibilità e resistenza alla<br />
siccità che le rendono idonee all’ambiente mediterraneo.<br />
Varietà segnalate<br />
La varietà Bienvenue (SEMFOR), è molto precoce, con pianta medio<br />
alta e molto resistente alle malattie. E’ una pianta di riferimento nelle<br />
prove ufficiali di confronto varietale in Italia ed è a duplice attitudine<br />
(granella e foraggio). La varietà Vitalis (SEMFOR) è precoce, con<br />
pianta alta e resistente all’allettamento con spiga lunga e pianta<br />
39
molto fogliosa. Nell’ambito del progetto NOVOROD e stata usata la<br />
varietà Agostino che presenta elevata produttività, ottima resistenza<br />
alle malattie (anche oidio) ed un alto contenuto in proteine.<br />
Epoche di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali<br />
Il triticale può essere seminato in autunno o in inverno, impiegando<br />
da 100 a 130 kg/ha di seme. Per il triticale da foraggio e per le nuove<br />
cultivar si consigliano dosi di seme più elevate (fino a 200-220 kg/ha<br />
circa per la cv Bienvenue).<br />
Per quanto riguarda le concimazioni, si consigliano circa 80 kg/ha di<br />
N, 60 di P 2 O 5 e 30 kg/ha di K 2 O.<br />
L’irrigazione non viene praticata e la raccolta viene effettuata con le<br />
stesse mietitrebbie usate per il frumento.<br />
Potenzialità di coltivazione in Campania<br />
Le potenzialità di introduzione delle varietà di triticale oggetto di<br />
studio sono enormi, data la grande capacità di adattabilità di questa<br />
specie agli ambienti più diversi. Precocità e rusticità sono le<br />
caratteristiche che permettono a questa pianta di superare inverni<br />
particolarmente freddi o ritorni di freddo primaverili che possono<br />
essere altrettanto pericolosi soprattutto nelle aree mediterranee. La<br />
sua precocità, e dunque una minore durata del ciclo, permette invece<br />
di sfuggire ai caldi eccessivi di inizio estate che spesso danneggiano<br />
il frumento (stretta).<br />
40
Sorgo da foraggio<br />
Il sorgo (Sorghum bicolor (L.) Moench.) è<br />
stata una delle prime piante ad essere<br />
coltivata e sembra che le forme attuali<br />
abbiano avuto la loro origine nell’Africa<br />
occidentale diverse migliaia di anni fa. La<br />
coltivazione del sorgo si è poi diffusa in<br />
tutto il mondo, prima in Asia ed Europa, poi in America e Australia.<br />
Nelle agricolture di sussistenza del Terzo Mondo la granella viene<br />
utilizzata direttamente per l’alimentazione umana, perché in questi<br />
paesi la trasformazione zootecnica sarebbe troppo costosa. In questi<br />
ambienti le rese sono molto basse (0,5-1 t/ha), sia per la primitiva<br />
tecnica colturale sia per le condizioni ambientali avverse: il sorgo<br />
infatti viene coltivato dove l’ambiente è troppo arido per il mais.<br />
Nelle agricolture progredite la granella di sorgo viene destinata<br />
all’alimentazione animale, in concorrenza con quella di mais, di cui<br />
ha analogo valore nutritivo. La pianta del sorgo, sia allo stato<br />
giovane che a maturazione lattea o cerosa della granella, si presta<br />
assai bene all’alimentazione del bestiame.<br />
Esigenze ambientali<br />
Il sorgo richiede per germinare temperature di 14°C ed è capace di<br />
sopportare le deficienze idriche con danni limitati, ma ha comunque<br />
bisogno di apporti idrici che per l’intero ciclo (tra piogge e<br />
disponibilità di riserve idriche del terreno) posso stimarsi intorno a<br />
300-350 mm (3000-3500 m 3 /ha). In terreni profondi e a buona<br />
capacità di ritenzione idrica bastano apporti idrici di 120-150 mm nei<br />
mesi da giugno ad agosto per assicurare rese soddisfacenti dal punto<br />
di vista tecnico ed economico.<br />
Queste condizioni si riscontrano in parecchie zone della regione<br />
Campania, anche in molte di quelle zone collinari svantaggiate,<br />
41
comunemente dette “marginali”. Nelle altre zone, troppo aride, il<br />
sorgo senza irrigazione non può essere proposto, ma potrebbe dare<br />
eccellenti risposte produttive a irrigazioni limitate, aventi carattere di<br />
soccorso.<br />
Per quanto riguarda il terreno, il sorgo si adatta bene anche a quelli<br />
argillosi pesanti con mediocre struttura; tollera un’ampia gamma di<br />
acidità (da pH 5,5 a 8,5) e una elevata salinità.<br />
Varietà segnalate<br />
Alcune varietà di sorgo ibrido sono state testate in ambienti simili a<br />
quelli in cui sono state condotte le prove sperimentali del progetto<br />
NOVOROD. Tra queste, le cultivar PIPER Sudan Grass ed il BMR<br />
333 (Sorghum bicolor X Sorghum sudanense) sorgo ibrido da<br />
foraggio. si sono dimostrate molto interessanti. Queste due varietà<br />
hanno dato ottimi risultati produttivi (120 q/ha di fieno e 550 q/ha di<br />
insilato, rispettivamente). In particolare, la varietà Piper è stata<br />
testata con apporti idrici molto ridotti. Le varietà appartenenti alla<br />
famiglia degli ibridi BMR si caratterizzano per avere caratteristiche<br />
di produttività e qualità della sostanza secca decisamente migliori<br />
rispetto ai sorghi da foraggio convenzionali, ed un minore contenuto<br />
di lignina, ma per questo anche maggiore suscettibilità<br />
all’allettamento. Per il progetto NOVOROD è stata usata la cultivar<br />
LUSSI (APSOV Sementi), che si caratterizza per avere un ciclo<br />
medio precoce ed una resa intorno alle 35-55 t/ha. In generale in<br />
Italia le cultivar che danno i migliori risultati sono quelle a ciclo<br />
medio-precoce.<br />
Epoca di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali<br />
Il sorgo è una pianta da coltura asciutta per cui vanno applicate tutte<br />
le pratiche atte a creare una buona riserva idrica del terreno e a<br />
favorire l’approfondimento delle radice, come la lavorazione<br />
42
profonda o a due strati. Il letto di semina deve essere preparato<br />
accuratamente e la semina va fatta in primavera (fine aprile, inizio<br />
maggio). Si distribuisce un quantitativo di seme pari a 30-40 kg/ha.<br />
La concimazione è limitata, soprattutto in presenza di scarse<br />
disponibilità idriche. Si distribuiscono in genere N (80-100 kg/ha) e<br />
P 2 O 5 (40-60 kg/ha). Il diserbo chimico del sorgo trova notevoli<br />
limitazioni nel ridottissimo numero di principi attivi il cui uso è<br />
ammesso su questa specie. La raccolta si effettua con le stesse<br />
macchine usate per il mais.<br />
Potenzialità di coltivazione in Campania<br />
La sperimentazione condotta in ambienti della piana del Sele ed in<br />
ambiente collinare (300 m s.l.m.) della provincia di Salerno ha<br />
dimostrato che le due varietà testate, Piper e BMR 333, danno ottimi<br />
risultati produttivi con apporti irrigui anche limitati (35 mm di<br />
pioggia per tutto il ciclo colturale per la Piper) ed anche con<br />
fertilizzazione ridottissima.<br />
Veccia<br />
Il gruppo delle veccie (Vicia sativa L., V. villosa Roth, V. pannonica<br />
Crantz, V. narbonensis L.) è caratterizzato da un elevato<br />
polimorfismo. La veccia comune (V. sativa) è adatta soprattutto per<br />
le zone meridionali d'Italia perché al Nord può andare incontro a<br />
moria a causa delle basse temperature. Il portamento è strisciante per<br />
tutte le veccie tranne che per la Veccia di Narbona. Spesso di usano<br />
in consociazione con le graminacee che fanno anche da tutore. La<br />
graminacea preferita a questo scopo è l’avena per la<br />
contemporaneità.<br />
Tra le veccie la più diffusa è la V. sativa che produce molto più seme<br />
delle altre, è fortemente polimorfa e va raccolta tempestivamente alla<br />
fioritura pena una diminuzione del valore nutritivo. Infatti dopo la<br />
43
fioritura essa manifesta estesi ingiallimenti, forti perdite di foglie<br />
basali e va rapidamente a seme.<br />
Esigenze ambientali<br />
La resistenza al freddo va da scarsa (Vicia sativa) ad elevata (Vicia<br />
villosa). La veccia villosa è più diffusa al nord proprio per la<br />
maggiore resistenza alle basse temperature e dà una produzione non<br />
elevata ma di buona qualità.<br />
Varietà segnalate<br />
Il panorama varietale delle veccie è molto vasto. Tra quelle di<br />
recente creazione ci sono Mery (D’Eugenio Sementi), che è una<br />
varietà adattabile ai diversi climi e che produce circa 300 q/ha di<br />
massa verde e 15-20 q/ha di granella, Claudia (D’Eugenio Sementi)<br />
250-300 q/ha di massa verde e 10-25 q/ha di granella, e Mirabella,<br />
Idice e Scudo (SIS, Società Italiana Sementi). Per il Progetto<br />
NOVOROD sono state utilizzate le cv Mikaela (Laboulet Semences),<br />
che si caratterizza per avere una produttività molto buona, buona<br />
rusticità e precocità di fioritura e maturazione, e Mirabella, che<br />
mostra una notevole precocità ed in generale un buon adattamento<br />
alle condizioni ambientali delle zone mediterranee.<br />
Epoca di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali<br />
La veccia comune (V. sativa) si semina in primavera soprattutto in<br />
ambienti freddi. La quantità di seme va da 80 a 110 semi a mq. Per<br />
l’erbaio misto veccia-avena è consigliabile una distribuzione di 50<br />
kg/ha di N e 100 kg/ha di P 2 O 5 .<br />
Potenzialità di coltivazione in Campania<br />
L’uso della veccia sativa in Campania è diffuso ma le nuove cv<br />
mostrano caratteristiche interessanti tali da poterne promuovere un<br />
44
maggiore utilizzo. La possibilità di inserimento della cv Mikaela nel<br />
panorama agricolo della regione Campania è da valutare in seguito ai<br />
risultati che saranno ottenuti nell’ambito del progetto NOVOROD.<br />
Pisello proteico<br />
Il pisello proteico (Pisum sativum Asch. et Gr.) è la leguminosa che<br />
presenta le maggiori potenzialità produttive e stabilità di resa,<br />
produce proteine di elevato valore nutrizionale sia per i monogastrici<br />
che per i ruminanti, è di uso consolidato nella mangimistica ed ha un<br />
ampio areale di adattamento. Ha una limitata presenza di fattori<br />
antinutrizionali, un discreto contenuto di lisina e presenta un basso<br />
rischio di contaminazioni fungine. E’ una leguminosa azotofissatrice<br />
per cui i suoi residui arricchiscono il terreno.<br />
Esigenze ambientali<br />
Il pisello proteico viene seminato in autunno nelle zone mediterranee<br />
mentre in Italia settentrionale viene seminato in primavera e cresce<br />
con temperature variabili tra 10 e 20 °C. La temperatura minima di<br />
germinazione è 4,4 °C. Le gelate primaverili possono danneggiare la<br />
pianta e teme il ristagno idrico per cui si adatta male a terreni<br />
asfittici, umidi e freddi. Il suo pH ottimale è compreso tra 5,5 e 6,5.<br />
Varietà segnalate<br />
Varietà molto interessanti sono Ideal (SIS), a semina primaverile,<br />
molto precoce con possibilità di semina autunnale tardiva nelle zone<br />
ad inverno meno rigido, e Pepone (SIS) che ha evidenziato una<br />
stabile ed eccellente potenzialità produttiva in tutti gli ambienti di<br />
coltivazione. La cv Baccara ha dato ottimi risultati in una prova di<br />
alimentazione bovina condotta in Emilia-Romagna. La Magistral<br />
(SEMFOR) è molto resistente al freddo.<br />
45
Nell’ambito del progetto NOVOROD è stata utilizzata la cv Genial<br />
(SEMFOR) che è una varietà di recente introduzione e manifesta<br />
buona resistenza al freddo, ottima resistenza all’allettamento e buona<br />
resa in granella.<br />
Epoca di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali<br />
L’epoca di semina è autunnale, invernale o primaverile in relazione<br />
alle varietà impiegate. Si consigliano profondità di 3-4 cm, in terreni<br />
di medio impasto e anche 5 cm in terreni leggeri. Si usa una quantità<br />
di seme in modo da ottenere 70-80 piante /mq alla raccolta. Per la<br />
preparazione del letto di semina, si cerca di limitare il numero di<br />
passaggi sul terreno per non costipare eccessivamente il suolo ed<br />
assicurare una sufficiente porosità dello strato arabile. E’ altrettanto<br />
importante ottenere un letto di semina omogeneo per effettuare al<br />
meglio le operazioni di raccolta ed avere minori perdite di prodotto.<br />
La concimazione azotata non è di norma necessaria perché la coltura<br />
è azotofissatrice. In casi particolari (es. terreno asfittico) può rendersi<br />
utile una somministrazione di 30–40 kg/ha di N in copertura. Si<br />
somministra il fosforo in quantità pari a 100-110 kg/ha, mentre per il<br />
potassio non sembrano necessari apporti massicci e ci si limita a<br />
distribuirne 100–120 kg/ha, con massimi di 160 in terreni poveri. Il<br />
pisello è coltura poco competitiva nei confronti delle malerbe. Ci<br />
sono molti principi attivi registrati per il diserbo del pisello. Tra<br />
questi Glyphosate, Sethoxydim e Trifluralin.<br />
Potenzialità di coltivazione in Campania<br />
La possibilità di inserimento della cultivar Genial negli ordinamenti<br />
coltuirali e nell’alimentazione animale all’interno della Regione<br />
Campania va valutata dopo i risultati ottenuti nell’ambito del<br />
progetto NOVOROD.<br />
46
Lino<br />
Il lino (Linum usitatissimum L.) è una coltura multifunzionale i cui<br />
prodotti (semi, fibre, olio) possono essere usati nell’artigianato,<br />
nell’industria o a fini alimentari, comprese grandi quantità di prodotti<br />
salutistici e nutraceutici. L’uso del lino da parte dell’uomo è<br />
antichissimo e risale al neolitico. Gli Egiziani usavano le fibre di lino<br />
per farne bende per l’imbalsamazione dei cadaveri e anche Greci e<br />
Romani le usavano per farne capi di vestiario. Il ruolo degli acidi<br />
grassi (soprattutto omega-3 e -6) contenuti nell’olio di lino nel<br />
ridurre il rischio di malattie cardiache o coronariche, cancro ed altri<br />
fattori di rischio per la salute umana è stato riportato da diversi<br />
autori. Il lino presenta in generale un profilo degli acidi grassi<br />
diversificato, ma quello da usare a fini alimentari deve possederne un<br />
profilo specifico. Nel lino esistono anche delle molecole<br />
antinutrizionali come alcuni glucosidi cianogeni, ma appropriati<br />
trattamenti termici possono eliminare il rischio di avvelenamento per<br />
gli esseri umani o gli animali.<br />
I semi sono di piccole dimensioni con un contenuto di olio che varia<br />
in funzione della varietà e dell’ambiente di coltivazione ma che in<br />
alcuni casi può superare il 40% in peso. Le produzioni di seme per<br />
l’estrazione di olio nelle nuove cultivar si attestano intorno ai 20-30<br />
q/ha.<br />
Esigenze ambientali<br />
L’area di coltivazione del lino è molto estesa e comprende ambienti<br />
climatici molto diversi tra loro. La temperatura minima di<br />
germinazione è di qualche grado superiore allo zero. Questo permette<br />
di attuare la semina autunnale, ad esempio nelle regioni del bacino<br />
del Mediterraneo o quella primaverile, che è la prassi prevalente<br />
nelle regioni dell’Europa centrale e settentrionale. In generale, le<br />
varietà da olio si sono dimostrate più valide negli ambienti caldo<br />
47
aridi meridionali mentre quelle da fibra negli ambienti settentrionali<br />
più piovosi. Prove sperimentali recentemente condotte in pieno<br />
campo in diversi ambienti della regione Campania hanno tuttavia<br />
dimostrato una certa sensibilità dei semi di lino ai ristagni idrici e<br />
delle plantule ai ritorni di freddo alla fine dell’inverno.<br />
Varietà segnalate<br />
Nell’ambito del progetto NOVOROD sono state utilizzate quattro<br />
varietà rustiche e di buon contenuto in acidi grassi omega-3: Natural,<br />
Linoal, Sideral e Valoal. La varietà Sideral è più adatta alla semina<br />
invernale. Tutte garantiscono un’elevata produzione (25-30 q/ha). La<br />
ditta SEMFOR ha fornito gratuitamente le sementi per le prove<br />
sperimentali.<br />
Epoche di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali<br />
Tradizionalmente, la semina autunnale va effettuata tra ottobre e<br />
novembre mentre quella primaverile tra marzo e aprile. La fittezza di<br />
semina varia a seconda delle finalità della coltura. Per la produzione<br />
di fibra si preferisce un investimento superiore, con un quantitativo<br />
di seme pari a 120-150 kg/ha mentre per la produzione di semi per<br />
estrazione di olio o per uso diretto, si preferisce un investimento pari<br />
a 50-60 kg/ha di seme. Questo perché una fittezza superiore riduce la<br />
ramificazione e quindi la fruttificazione ed è preferita negli impianti<br />
per la produzione di fibra.<br />
Il lino è particolarmente sensibile alla competizione delle malerbe.<br />
Qualora fosse necessario, il diserbo viene effettuato in preemergenza<br />
usando formulati a base di linuron e lenacil mentre in<br />
post-emergenza possono essere usati erbicidi a base di MCPA e<br />
bromoxynil.<br />
La concimazione dipende dal tipo di terreno su cui insiste la coltura.<br />
In generale, in terreni caratterizzati da scarsa disponibilità di<br />
48
elementi nutritivi, si ipotizzano quantitativi dell’ordine di 80-100<br />
kg/ha di N, 150 di P 2 O 5 e 50-100 di K 2 O. Naturalmente, vanno<br />
evitati gli eccessi, in particolare di azoto che possono portare ad<br />
allettamento delle piante di lino soprattutto se la fittezza di semina è<br />
elevata.<br />
Nelle aree dell’Europa settentrionale e centrale l’irrigazione non<br />
viene utilizzata, mentre nelle aree mediterranee un apporto idrico può<br />
essere necessario per ottenere rese più elevate. L’uso dell’irrigazione<br />
nelle aree marginali di coltivazione è tuttavia sconsigliabile.<br />
La raccolta è meccanica sia per la coltura da fibra che per quella da<br />
seme. Per quest’ultima si procede alla mietitrebbiatura con le normali<br />
mietitrebbie opportunamente regolate.<br />
Potenzialità di coltivazione in Campania<br />
I primi risultati delle prove sperimentali suggeriscono di preferire,<br />
dove possibile, le cultivar a semina primaverile. Le prove sono<br />
tuttora in corso presso l’azienda Formentin, in agro di S. Pietro al<br />
Tanagro (SA), e l’azienda D’Iorio, in agro di Sicignano degli Alburni<br />
(SA). Esse consentiranno di testare l’adattabilità delle quattro<br />
cultivar ai due diversi ambienti e il profilo degli acidi grassi (in<br />
particolare degli omega-3 e -6) contenuti nei semi e nei boccioli delle<br />
cultivar in oggetto, in modo da valutarne la possibilità di inserimento<br />
nella dieta delle vacche da latte o addirittura in quella umana come<br />
vegetali freschi.<br />
Riferimenti utili: Laboratorio di Biofisica del suolo – Università della<br />
Basilicata mariana.amato@unibas.it; giuseppe.landi@unibas.it;<br />
teoditommaso@hotmail.it; http://www.sisonweb.com/it; Baldoni R.,<br />
Giardini L. 1989. Coltivazioni Erbacee. Patron Editore;<br />
http://www.semfor.it;http://www.agraria.org;http://www.deugeniosementie<br />
uropa.it;http://www.laboulet.f;http://www.apsovsementi.it;http://www.agris<br />
eme.it; L’Informatore Agrario. Foto: G. Landi<br />
49
CAPITOLO VII<br />
La ricerca di mercato<br />
Il lancio di un prodotto innovativo nel settore lattiero-caseario non<br />
può prescindere da una ricerca di mercato tesa ad individuare le<br />
preferenze dei potenziali consumatori. Il partenariato del progetto<br />
Novorod ha dunque implementato specifici test, che seguono la fase<br />
di messa a punto del prodotto, con l’obiettivo di verificare la<br />
percezione delle caratteristiche organolettiche e funzionali del<br />
formaggio innovativo. La valutazione sensoriale si suddivide in due<br />
fasi distinte. La prima coinvolge un panel di esperti e si svolge<br />
presso la sede del CRA – ZOE, Unità di ricerca per la Zootecnia<br />
estensiva, la seconda interessa i consumatori e si svolge in diversi<br />
momenti di promozione organizzati sul territorio regionale ed<br />
extraregionale.<br />
La prima fase ha lo scopo di testare la rispondenza del prodotto al<br />
target prefissato. Se il prodotto innovativo non soddisfa le aspettative<br />
e/o presenta difetti evidenti non viene proposto al consumatore. La<br />
discussione tra i membri esperti, inoltre, serve ad individuare e<br />
suggerire possibili soluzioni e miglioramenti. L’analisi sensoriale<br />
con gli esperti viene effettuata, in un primo stadio, attraverso la<br />
realizzazione di test di esclusione triangolare, svolti individualmente<br />
dai giudici. Alla fine di questa prova viene realizzata una scheda di<br />
“valutazione condivisa” all’interno della quale vengono valutati<br />
collettivamente i descrittori che compongono il profilo sensoriale dei<br />
prodotti. Uno dei membri del panel guida la degustazione ed al<br />
termine, per ciascun parametro di valutazione (colore, odore, sapore,<br />
struttura e accettabilità finale del formaggio) viene attribuito un<br />
punteggio condiviso da tutti membri. Si sceglie di adottare una<br />
valutazione “condivisa” per attenuare le differenze soggettive ed<br />
50
individuali che, altrimenti, non renderebbero possibile una<br />
valutazione univoca della qualità del prodotto.<br />
Le prove di valutazione con i consumatori includono, in aggiunta al<br />
test di accettabilità circa le caratteristiche organolettiche del<br />
formaggio innovativo, due ulteriori schede di valutazione: una<br />
inerente le abitudini d’acquisto di prodotti lattiero-caseari; l’altra<br />
volta ad esprimere preferenze circa l’immagine visiva e il nome del<br />
prodotto innovativo. Durante tali prove vengono testate forma,<br />
colore, aspetti sensoriali, con lo scopo di consentire al consumatore<br />
di valutare le performance e gli aspetti fisici del prodotto. Questi test<br />
servono a valutare gli elementi di attrattività, distintività e impatto<br />
del prodotto innovativo nei confronti del consumatore. Ad oggi, sono<br />
state effettuate tre prove di valutazione con i consumatori. La prima<br />
prova, svoltasi il 21 dicembre 2011 presso il museo MidA01 di<br />
Pertosa ha visto il coinvolgimento di circa 130 persone, di cui circa<br />
75 hanno partecipato attivamente allo svolgimento della prova<br />
sensoriale (test di accettabilità e preferenza). I formaggi analizzati<br />
durante questa prova sono stati prodotti sia con il caglio vegetale<br />
secondo la tecnica messa a punto dal CRA ZOE, e sia con dieta<br />
arricchita con sorgo (Caciotta).<br />
Pertosa, 21 Dicembre 2011- Convegno di presentazione<br />
51
Anche la seconda prova si è tenuta presso il museo Mida01, il 25<br />
Febbraio 2012, ed ha visto il coinvolgimento attivo di circa 55<br />
persone, con un’elevata partecipazione di tecnici della Regione<br />
Campania. I prodotti utilizzati per la prova sono formaggi a pasta<br />
semicotta, derivanti dalle prove di alimentazione con dieta arricchita<br />
in lino estruso e da ulteriori prove di collaudo con caglio vegetale.<br />
La terza prova si è tenuta presso il Vinitaly 2012 di Verona, il 25<br />
Marzo 2012, ed ha visto il coinvolgimento attivo di 33 persone. I<br />
prodotti utilizzati per la prova sono formaggi a pasta semicotta, con<br />
latte derivante dalle diete arricchite con sansa vergine denocciolata<br />
(naturalmente arricchito) e prodotto con caglio vegetale.<br />
Verona, 25 Marzo 2012- Presentazione e prova coi consumatori<br />
52
Il questionario e l’analisi dei risultati<br />
Il questionario somministrato al panel di consumatori, durante le tre<br />
prove finora effettuate, è formato da tre parti:<br />
Parte A – Test di accettabilità<br />
Ai consumatori vengono fatti assaggiare diversi campioni di<br />
formaggio innovativo. Questa tecnica comparativa sequenziale è<br />
caratterizzata da una comparazione tra più prototipi, assaggiati uno<br />
alla volta secondo una sequenza prestabilita. Una volta che li ha<br />
testati tutti, il soggetto esprime un giudizio riguardante i punti di<br />
forza e di debolezza dei singoli prototipi in relazione agli altri<br />
analizzati. In seguito i consumatori esprimono il proprio giudizio di<br />
gradimento, assegnando a ciascun campione un voto in una scala da<br />
1 (poco gradito) a 10 (molto gradito) e motivando la propria<br />
preferenza. Questa tecnica è molto utile quando si realizza una nuova<br />
formula di prodotto, che viene confrontato con quelli in commercio<br />
per valutare se presenta caratteristiche che lo contraddistinguono e<br />
che vengono valorizzate dal cliente.<br />
Analisi dei risultati<br />
Da una prima analisi dei test di accettabilità somministrati ai<br />
consumatori nel corso di eventi regionali ed extraregionali, è emerso<br />
che, per quanto riguarda la razza, sono stati apprezzati, in ordine<br />
decrescente, i formaggi prodotti con latte di Pezzata Rossa, di Bruna,<br />
ed infine quelli prodotti da latte di Frisona.<br />
Per quanto riguarda gli alimenti innovativi sinora testati, a parità di<br />
razza, i consumatori hanno espresso una preferenza in ordine<br />
decrescente, per il lino, la sansa ed infine il sorgo verde. In generale,<br />
i consumatori con un livello di informazione più elevato hanno<br />
53
espresso un giudizio più che positivo nei confronti della caciotta<br />
prodotta a caglio vegetale, che hanno apprezzato per il suo carattere<br />
innovativo, la spiccata morbidezza e l’equilibrio fra dolcezza,<br />
sapidità e nota amara finale.<br />
Parte B – Quantità e qualità di consumo, abitudini d’acquisto<br />
La seconda parte del questionario è composta da sezioni differenti.<br />
La prima sezione registra il profilo personale (sesso, età,<br />
occupazione, etc.) di ciascun intervistato. La seconda sezione<br />
analizza la quantità e la qualità di consumo di formaggio degli<br />
intervistati (quante volte a settimana consuma formaggi che<br />
tipologia di formaggi consuma) e al contempo fornisce numerose<br />
informazioni utili circa le abitudini d’acquisto (dove acquista<br />
abitualmente i formaggi che tipo di confezione predilige legge<br />
abitualmente l’etichetta dei formaggi che consuma).<br />
Analisi dei risultati<br />
E’ possibile effettuare un’analisi dei dati sin qui raccolti dalle prove<br />
di valutazione con i consumatori. Per quanto riguarda il profilo<br />
personale, emerge che la maggior parte degli intervistati è di sesso<br />
maschile (59%) e proviene dalla Regione Campania (87%). Il 57%<br />
degli intervistati ricade nella fascia d’età compresa tra i 40 e i 60<br />
anni e il 61% è in possesso di una laurea. I dati inerenti la<br />
professione degli intervistati, riportano che il 28% ricade nella<br />
categoria “impiegati”, il 26% in quella dei “liberi professionisti” e il<br />
12% appartiene alla categoria “lavoratori nel settore agricolo".<br />
L’analisi della seconda sezione del questionario, inerente la quantità<br />
e la qualità di consumo di formaggio degli intervistati, riporta i<br />
seguenti dati: gli intervistati consumano in media 2 o più volte i<br />
formaggi nell’arco della settimana (57%) e ben il 24% degli<br />
54
intervistati lo consumano tutti i giorni con predilezione per i<br />
formaggi quali Grana e Parmigiano, pecorino e fiordilatte vaccino<br />
(grafico 7.1).<br />
Grafico 7.1 Dettaglio sul consumo settimanale di formaggi<br />
Il luogo di acquisto privilegiato è il caseificio, con il 40% delle<br />
preferenze, segue il supermercato, con il 30% (grafico 7.2) e la<br />
confezione preferita d’acquisto è di carta (grafico 7.3).<br />
55
Grafico 7.2 Luogo di acquisto dei formaggi<br />
Grafico 7.3 Tipo di confezione dei formaggi<br />
56
Le informazioni riportate sull’etichetta dei formaggi viene letta dal<br />
70% degli intervistati.<br />
Parte C – Immagine visiva e nome<br />
Nell’ultima parte del questionario è stato chiesto agli intervistati di<br />
associare al formaggio innovativo, appena assaggiato, un logo, un<br />
nome e una forma. I consumatori devono quindi ordinare le diverse<br />
opzioni proposte in base al proprio giudizio di gradimento, indicando<br />
1 per la massima preferenza e così via.<br />
L’analisi dei risultati dei questionari compilati è indispensabile<br />
all’elaborazione di un’efficace strategia di promozione per il lancio<br />
del prodotto innovativo sul mercato.<br />
Analisi dei risultati<br />
Le informazioni ricavate da questa sezione del questionario hanno<br />
permesso, ad oggi, di arrivare alla definizione del nome e del logo<br />
del formaggio a caglio vegetale. Il nome prescelto è stato<br />
“CARCIOCACIO” e il logo (rappresentato di seguito) è un carciofo<br />
verde inserito nello slogan “Formaggio da latte ricco di nutrienti<br />
naturali & Carciofo Bianco di Pertosa”.<br />
57
CAPITOLO VIII<br />
Pianificazione delle azioni<br />
Attraverso l’elaborazione di un’idonea strategia di promozione e<br />
comunicazione aventi ad oggetto le nuove tecnologie ed innovazioni<br />
di prodotto e di processo introdotte, il progetto Novorod mira ad<br />
aumentare la competitività all’interno del settore lattiero-caseario<br />
campano.<br />
Il Progetto Novorod ha la finalità di immettere elementi di<br />
innovazione lungo tutta la filiera di produzione del settore lattierocaseario<br />
bovino e, con riferimento alla fase trasferimento,<br />
valorizzazione e commercializzazione dei nuovi prodotti caseari<br />
concorrere al riposizionamento strategico del settore mediante azioni<br />
tese a:<br />
<br />
<br />
<br />
trasferire innovazioni tecnologiche e di prodotto alle<br />
imprese;<br />
rafforzare la collaborazione tra imprese ed enti di ricerca;<br />
garantire azioni di formazione e valorizzazione dei nuovi<br />
prodotti.<br />
Trasferibilità dell’innovazione<br />
L’introduzione di elementi di innovazione in grado di creare una<br />
diversificazione della produzione attraverso nuove tecnologie<br />
casearie, con una elevata domanda latente da parte del mercato, e di<br />
coagulanti innovativi, rappresentano un momento di svolta per il<br />
comparto caseario campano.<br />
I processi di produzione dei formaggi innovativi del progetto<br />
Novorod sono da considerarsi di immediata trasferibilità agli altri<br />
58
operatori del settore e una risposta alla richiesta “urgente”, da parte<br />
del comparto, di innovazione.<br />
La promozione e valorizzazione dei formaggi innovativi presso gli<br />
operatori del settore avviene attraverso l’organizzazione di:<br />
attività di training in tutto il territorio campano. L’attività di<br />
training concerne le tecniche collaudate dal progetto e le<br />
innovazioni prodotte, a livello locale e regionale. L’attività<br />
di training è sviluppata sia mediante strumenti tradizionali<br />
(corsi) e sia attraverso strumenti innovativi (assistenza in<br />
remoto). Le aree di svolgimento dell’attività si definiscono<br />
di concordo con la Regione Campania.<br />
- convegni e conferenze che affrontano tematiche correlate al<br />
settore di interesse e al prodotto;<br />
- la partecipazione a fiere di settore in cui vengono organizzate<br />
degustazioni guidate dei formaggi innovativi.<br />
Il sito web del progetto Novorod, inoltre, garantisce ampia diffusione<br />
dei risultati del progetto grazie a sezioni dedicate al trasferimento dei<br />
documenti rilevanti.<br />
Valorizzazione e tutela dei formaggi innovativi<br />
Il progetto Novorod promuove l’istituzione di un Consorzio specifico<br />
per la valorizzazione e tutela dei prodotti innovativi validati: il<br />
“Consorzio Innonatura”.<br />
59
Il Consorzio favorirà la cooperazione fra mondo produttivo,<br />
rappresentato dagli imprenditori agricoli e dall’industria di<br />
trasformazione, e gli enti di ricerca.<br />
Il Consorzio avrà compiti di tutela, di promozione e di<br />
valorizzazione, di informazione del consumatore e di cura generale<br />
degli interessi relativi alle denominazioni.<br />
Il Consorzio seguirà il prodotto dalla raccolta della materia prima<br />
alla produzione nei caseifici e al confezionamento, fino<br />
all’etichettatura ed alla commercializzazione. A questo scopo<br />
saranno istituiti specifici Disciplinari di Produzione, sia per il<br />
formaggio a caglio vegetale che per i siero formaggi, a garanzia di un<br />
processo produttivo la cui tracciabilità è garantita dal Consorzio<br />
stesso.<br />
Gli obiettivi del Consorzio Innonatura:<br />
Valorizzare, attraverso le azioni comunicative, gli elementi<br />
distintivi del prodotto: utilizzo del caglio vegetale messo a<br />
punto dall’Unità ZOE del CRA e siero, impiego di latte<br />
naturalmente arricchito di omega-3, etc;<br />
Tutelare e vigilare sulla produzione e sul commercio dei<br />
formaggi innovativi;<br />
Attuare iniziative di informazione, pubblicitarie e<br />
promozionali per incrementare notorietà e consumo dei<br />
formaggi innovativi.<br />
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