Il futuro demografico dell'Italia - Dipartimento di Economia politica

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02.02.2015 Views

Capitolo quattro - Critiche e proposte La maestra dice alla classe: “Disegnate una testa”. Dal fondo Pierino chiede ”Dal di fuori o dal di dentro”. Anonimo del XXI secolo. 1. Introduzione Nel primo capitolo di questo lavoro ho illustrato quale sia al momento attuale la visione più probabile del futuro demografico del nostro paese secondo la Population Division delle Nazioni Unite e secondo il nostro Istituto di Statistica, inserendola nel contesto più generale dell’andamento demografico della popolazione mondiale. Abbiamo anche visto quale sarebbe, sempre secondo la Population Division, il saldo migratorio richiesto dal nostro paese e da altri paesi industrializzati, in particolare Giappone e Germania, per raggiungere alcuni obiettivi demografici, quali quelli di mantenere inalterata, al livello più alto raggiunto, la popolazione totale e la popolazione in età lavorativa. Nello stesso capitolo ho richiamato le proiezioni relative alle principali variabili del mercato del lavoro effettuate dall’Unione Europea, illustrando brevemente la metodologia utilizzata. Nel secondo e nel terzo capitolo ho ripercorso l’evoluzione dei flussi migratori che hanno interessato il nostro paese a partire dalla fine della secondo guerra mondiale, intrecciando tale storia con quella del dibattito teorico che si veniva svolgendo a livello nazionale ed internazionale, non solo sui flussi migratori, ma anche sulle tendenze demografiche in atto e sulle loro conseguenze, e con quella degli interventi legislativi che sono stati attuati dal nostro paese. Obiettivo di questo capitolo è quello di mettere in luce quelli che io ritengo essere i punti deboli degli apparati teorici discussi fino ad oggi. A questo proposito ricordo che i demografi: • Non hanno previsto l’inversione di segno dei saldi migratori dei paesi della sponda nord del Mediterraneo; • Hanno clamorosamente sbagliato la previsione sull’andamento della fecondidi fine transizione non ipotizzando mai la comparsa di livelli di fecondità largamente sotto il livello di sostituzione; • Stanno proponendo proiezioni demografiche che continuano a sottostimare fortemente l’evoluzione demografica come conseguenza della sottostima dei saldi migratori. Il capitolo si divide in due parti, la prima centrata su temi demografici, la seconda sui temi del mercato del lavoro. Le critiche che verranno presentate all proiezioni demografiche e alle proiezioni delle variabili del mercato del lavoro costituiscono la necessaria premessa alla presentazione di un modello alternativo per effettuare in maniera congiunta, la stima del fabbisogno occupazionale e la costruzione di proiezioni demografiche. Le proiezioni demografiche sono il frutto del lavoro di esperti; quindi, vengono normalmente prese per buone. Di fatto, la validità dei dati che ci vengono forniti non è garantita dalla indiscutibile serietà, professionalità e buona fede di chi li ha prodotti, ma dalle metodologie ed ipotesi sulle quali si basano le procedure che li hanno generati. Chiarita la differenza tra i concetti di proiezione e previsione demografica, spesso usati come sinonimi anche da esperti del settore, concentrerò la discussione sul realismo delle ipotesi utilizzate per effettuare le proiezioni, realismo dal quale dipende la loro affidabilità. La domanda che mi porrò è se tali ipotesi siano tutte ugualmente accettabili e sostenibili. Discuterò, infine, brevemente, il ruolo che proiezioni e previsioni possono avere per il policy maker. Tutte le discipline presentano una notevole inerzia e resistenza ai cambiamenti del proprio corpus teorico Per le scienze sociali questo è, però, un problema particolarmente rilevante 169 , dato 169 Le discipline che si occupano della realtà fisica si pongono l’obiettivo di trovare le leggi che governano il funzionamento dell’universo sia nei suoi aspetti più macroscopici, sia nei suoi aspetti più microscopici. L’ipotesi di fondo, è che tali leggi siano eterne ed immutabili. Il mondo di Newton ed il mondo di Einstein sono gli stessi; ciò che cambia è la loro lettura. Il problema è pertanto solo quello di una maggiore o minore disponibilità ad accettare visioni alternative di una “realtà” condivisa. 87

che l’oggetto dell’analisi e le leggi che lo governano sono in continua evoluzione 170 . In questo contesto, un tema che mi sembra cruciale è quello degli indicatori demografici di carico sociale, in particolare quelli utilizzati per misurare il peso degli anziani. Ci chiederemo se tali indicatori, introdotti quando la realtà socio-economica era totalmente diversa e la disponibilità di informazioni statistiche molto più ridotta, siano ancora idonei a rappresentare la realtà in cui viviamo e a suggerire le corrette politiche. Analizzerò poi alcune ipotesi specifiche utilizzate nelle proiezioni demografiche ed in particolare quella relativa all’adeguamento istantaneo della fecondità delle immigrate. Discuterò, infine, la tesi della Replacement migration, analizzando le critiche che sono state rivolte a questo concetto ed indicando la mia posizione al riguardo La seconda parte del capitolo riguarda temi più strettamente legati al mercato del lavoro. Come abbiamo visto, il dato relativo ai saldi migratori che entra nelle proiezioni demografiche è sostanzialmente un “educated guess”, di solito basato sulla media dei valori relativi agli ultimi dieci anni. I nostri governi hanno pertanto giustamente deciso che la dimensione delle quote non fosse derivata dalla proiezioni demografiche, ma fosse stabilita sulla base di analisi e procedure ad hoc. Il problema è però che i vari documenti governativi relativi a questo tema non hanno mai definito in maniera chiara cosa si debba intendere per fabbisogno occupazionale e quindi che cosa debba essere misurato; d’altra parte il concetto generico di fabbisogno da essi proposto non ha niente ha a che vedere con il fabbisogno di importare manodopera. Affronterò, infine, il tema delle proiezioni delle variabili del mercato del lavoro. In questo caso il problema è che tali proiezioni sono, non me ne vogliano i demografi, degli esercizi puramente demografici che niente hanno a che vedere con la teoria economica. In sostanza, la tesi che intendo sostenere è che le metodologie impiegate da tutti gli istituti di statistica per effettuare proiezioni demografiche e gli indicatori adottati per sintetizzare e confrontare la situazione presente e futura producono informazioni gravemente distorte, creando così premesse errate per l’elaborazione delle politiche. La situazione diventa ancora più grave se, non solo si accettano questi dati in maniera acritica, ma si proceda poi a costruire scenari del mercato del lavoro utilizzando procedure ancora meno sostenibili sul piano della teoria economica. 2. Critiche all’analisi demografica 2.1 Proiezioni e previsioni demografiche La metodologia utilizzata per proiettare in avanti una popolazione è concettualmente semplice. Qualora la popolazione sia chiusa e l’esercizio riguardi un unico territorio, dati il livello della popolazione e la sua struttura per sesso e singolo anno d’età nell’anno base, si otterrà la popolazione dell’anno successivo inserendo il numero stimato di nati nella classe di età 0 - 1 171 e sottraendo a tutte le generazioni successive 172 il relativo numero di morti. Ripetendo tale operazione per tutti gli anni del periodo considerato, è possibile proiettare in avanti la popolazione, calcolarne le variazioni assolute (la differenza tra i nati ed i morti) ed ottenere la struttura per sesso e classe d’età per ognuno degli anni compresi nell’intervallo. Le ipotesi cruciali sono dunque quelle relative al tasso di fecondità 173 ed ai tassi specifici di mortalità. L’esercizio si complica notevolmente quando si debbano considerare anche i flussi migratori, sia interni, sia internazionali. Tutte le proiezioni che abbiamo analizzato risolvono il problema ipotizzando dei saldi migratori sostanzialmente costanti per il periodo considerato. Il livello e la struttura dei flussi sono, in genere, calcolati come media dei valori degli ultimi dieci anni. A partire dalla metà degli anni ‘80, questa procedura ha avuto due conseguenze ben precise. La 170 Ovviamente vi sono differenze anche nella definizione di cambiamento e sulla rilevanza che ciò ha sulla teoria. Gli economisti neoclassici sembrano, ad esempio convinti, della immutabilità della natura umana e della sostanziale irrilevanza del contesto socio-economicio. Essi ritengono, pertanto, che le stesse teorie possano essere applicate in maniera ugualmente proficua al mondo greco, a quello medioevale o a quello delle moderne corporations. 171 Il numero dei nati è ottenuto moltiplicando il numero delle donne in età fertile (15-49) per tassi di fertilità specifici il cui livello costituisce una delle ipotesi della proiezione. 172 Ogni generazione include le persone nate in un dato anno di calendario. 173 Il tasso di mortalità è dato dal rapporto tra il numero dei nati in un determinato anno e la popolazione totale; il tasso di fecondità totale indica il numero di figli che ogni donna ha in media durante il suo periodo fertile. 88

Capitolo quattro - Critiche e proposte<br />

La maestra <strong>di</strong>ce alla classe:<br />

“Disegnate una testa”. Dal fondo<br />

Pierino chiede ”Dal <strong>di</strong> fuori o dal<br />

<strong>di</strong> dentro”.<br />

Anonimo del XXI secolo.<br />

1. Introduzione<br />

Nel primo capitolo <strong>di</strong> questo lavoro ho illustrato quale sia al momento attuale la visione più<br />

probabile del <strong>futuro</strong> <strong>demografico</strong> del nostro paese secondo la Population Division delle Nazioni<br />

Unite e secondo il nostro Istituto <strong>di</strong> Statistica, inserendola nel contesto più generale dell’andamento<br />

<strong>demografico</strong> della popolazione mon<strong>di</strong>ale. Abbiamo anche visto quale sarebbe, sempre secondo la<br />

Population Division, il saldo migratorio richiesto dal nostro paese e da altri paesi industrializzati, in<br />

particolare Giappone e Germania, per raggiungere alcuni obiettivi demografici, quali quelli <strong>di</strong><br />

mantenere inalterata, al livello più alto raggiunto, la popolazione totale e la popolazione in età<br />

lavorativa. Nello stesso capitolo ho richiamato le proiezioni relative alle principali variabili del<br />

mercato del lavoro effettuate dall’Unione Europea, illustrando brevemente la metodologia<br />

utilizzata.<br />

Nel secondo e nel terzo capitolo ho ripercorso l’evoluzione dei flussi migratori che hanno<br />

interessato il nostro paese a partire dalla fine della secondo guerra mon<strong>di</strong>ale, intrecciando tale storia<br />

con quella del <strong>di</strong>battito teorico che si veniva svolgendo a livello nazionale ed internazionale, non<br />

solo sui flussi migratori, ma anche sulle tendenze demografiche in atto e sulle loro conseguenze, e<br />

con quella degli interventi legislativi che sono stati attuati dal nostro paese.<br />

Obiettivo <strong>di</strong> questo capitolo è quello <strong>di</strong> mettere in luce quelli che io ritengo essere i punti deboli<br />

degli apparati teorici <strong>di</strong>scussi fino ad oggi. A questo proposito ricordo che i demografi:<br />

• Non hanno previsto l’inversione <strong>di</strong> segno dei sal<strong>di</strong> migratori dei paesi della sponda<br />

nord del Me<strong>di</strong>terraneo;<br />

• Hanno clamorosamente sbagliato la previsione sull’andamento della fecon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> fine<br />

transizione non ipotizzando mai la comparsa <strong>di</strong> livelli <strong>di</strong> fecon<strong>di</strong>tà largamente sotto il<br />

livello <strong>di</strong> sostituzione;<br />

• Stanno proponendo proiezioni demografiche che continuano a sottostimare fortemente<br />

l’evoluzione demografica come conseguenza della sottostima dei sal<strong>di</strong> migratori.<br />

<strong>Il</strong> capitolo si <strong>di</strong>vide in due parti, la prima centrata su temi demografici, la seconda sui temi del<br />

mercato del lavoro. Le critiche che verranno presentate all proiezioni demografiche e alle proiezioni<br />

delle variabili del mercato del lavoro costituiscono la necessaria premessa alla presentazione <strong>di</strong> un<br />

modello alternativo per effettuare in maniera congiunta, la stima del fabbisogno occupazionale e la<br />

costruzione <strong>di</strong> proiezioni demografiche.<br />

Le proiezioni demografiche sono il frutto del lavoro <strong>di</strong> esperti; quin<strong>di</strong>, vengono normalmente<br />

prese per buone. Di fatto, la vali<strong>di</strong>tà dei dati che ci vengono forniti non è garantita dalla<br />

in<strong>di</strong>scutibile serietà, professionalità e buona fede <strong>di</strong> chi li ha prodotti, ma dalle metodologie ed<br />

ipotesi sulle quali si basano le procedure che li hanno generati. Chiarita la <strong>di</strong>fferenza tra i concetti<br />

<strong>di</strong> proiezione e previsione demografica, spesso usati come sinonimi anche da esperti del settore,<br />

concentrerò la <strong>di</strong>scussione sul realismo delle ipotesi utilizzate per effettuare le proiezioni, realismo<br />

dal quale <strong>di</strong>pende la loro affidabilità. La domanda che mi porrò è se tali ipotesi siano tutte<br />

ugualmente accettabili e sostenibili. Discuterò, infine, brevemente, il ruolo che proiezioni e<br />

previsioni possono avere per il policy maker.<br />

Tutte le <strong>di</strong>scipline presentano una notevole inerzia e resistenza ai cambiamenti del proprio<br />

corpus teorico Per le scienze sociali questo è, però, un problema particolarmente rilevante 169 , dato<br />

169 Le <strong>di</strong>scipline che si occupano della realtà fisica si pongono l’obiettivo <strong>di</strong> trovare le leggi che governano il<br />

funzionamento dell’universo sia nei suoi aspetti più macroscopici, sia nei suoi aspetti più microscopici. L’ipotesi <strong>di</strong><br />

fondo, è che tali leggi siano eterne ed immutabili. <strong>Il</strong> mondo <strong>di</strong> Newton ed il mondo <strong>di</strong> Einstein sono gli stessi; ciò che<br />

cambia è la loro lettura. <strong>Il</strong> problema è pertanto solo quello <strong>di</strong> una maggiore o minore <strong>di</strong>sponibilità ad accettare visioni<br />

alternative <strong>di</strong> una “realtà” con<strong>di</strong>visa.<br />

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