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Il futuro demografico dell'Italia - Dipartimento di Economia politica

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della razionalità …ha prodotto delle stilizzazioni dell’attore uomo la cui accettazione acritica mi<br />

pare dovuta più che ad una loro intrinseca vali<strong>di</strong>tà ad una notevole carenza <strong>di</strong> fantasia e <strong>di</strong> senso<br />

dell’umorismo da parte degli economisti. Ovviamente il problema non è solo e non tanto quello<br />

della rappresentazione corretta dell’uomo e della natura umana: anche se ciò non può e non deve<br />

costituire una scusante per poi accettare pe<strong>di</strong>ssequamente una tra<strong>di</strong>zione culturale che non mi pare<br />

più attuale, non c’è alternativa all’astrazione, alla semplificazione e all’utilizzazione <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong><br />

valore nella costruzione <strong>di</strong> modelli. <strong>Il</strong> problema vero è che continuando ad accettare una<br />

impostazione che più <strong>di</strong> un secolo <strong>di</strong> crescente dominio neoclassico ha progressivamente inculcato<br />

e reso largamente dominante, stiamo perdendo <strong>di</strong> vista i veri problemi, formulando sempre meno le<br />

domande rilevanti, quelle che dovrebbero emergere con crescente evidenza da una natura sempre<br />

più violentata, da una umanità sempre più polarizzata dal punto <strong>di</strong> vista economico e da un mondo<br />

dove i concetti stessi <strong>di</strong> uomo e <strong>di</strong> umano sono ormai molto <strong>di</strong>versi a seconda del paese, della città<br />

o anche solo del quartiere in cui si vive e si muore.”<br />

A livello più tecnico, il paper proponeva degli scenari relativi al periodo 1988-2003 162 . <strong>Il</strong><br />

punto <strong>di</strong> partenza era costituito dal fatto che, a livello nazionale, la popolazione in età lavorativa<br />

sarebbe <strong>di</strong>minuita tra il 1993 ed il 2003 <strong>di</strong> 1.450.000 unità. Tale contrazione si sarebbe però<br />

concentrata unicamente nel centro nord, dove la Popolazione in età lavorativa sarebbe <strong>di</strong>minuita <strong>di</strong><br />

1.650.000 unità, mentre nel sud sarebbe ulteriormente aumentata <strong>di</strong> circa 200.000 unità. Le<br />

elaborazioni mostravano che l’Italia Centro settentrionale avrebbe avuto bisogno <strong>di</strong> importare<br />

manodopera già a partire dal primo quinquennio, anche in presenza <strong>di</strong> un livello occupazionale<br />

costante, che il fabbisogno sarebbe aumentato progressivamente nei quinquenni successivi e<br />

sarebbe stato correlato positivamente al tasso <strong>di</strong> crescita dell’occupazione.<br />

Riparametrando i dati degli scenari sulla crescita occupazionale effettivamente registrata tra<br />

il 1993 ed il 2003 si ottiene per il nord un fabbisogno <strong>di</strong> manodopera proveniente da altre aree <strong>di</strong><br />

circa 1,200.000 unità 163 , che corrisponde ad un saldo migratorio <strong>di</strong> circa 1,8 milioni, un dato del<br />

tutto coerente con quanto si è poi effettivamente verificato e comunque in netta controtendenza con<br />

quanto veniva sostenuto dalla letteratura dei quel periodo.<br />

Conclusioni simili furono esposte anche in un successivo lavoro 164 in cui le proiezioni<br />

riguardavano il periodo 1991 – 2006. In tale sede affermavo: “… qualora lo scenario 2 (crescita<br />

me<strong>di</strong>a annua dello 0,4%) dovesse prevalere, tra il 1991 ed il 2006 le regioni del Centro Nord<br />

dovranno importare 2.340.000 lavoratori. <strong>Il</strong> valore salirebbe a 3.191.000 nello scenario 3 (crescita<br />

0,8%) e ad<strong>di</strong>rittura a 4.057.000 nello scenario 4 (crescita 1,2%). 165 “Se ricor<strong>di</strong>amo che nel Centro<br />

Nord dal 1991 al 2006 l’occupazione è cresciuta approssimativamente in linea con lo scenario 3 è<br />

evidente che quelle proiezioni si sono <strong>di</strong>mostrate realistiche ed accurate 166 .<br />

Queste analisi e previsioni hanno avuto pochissimo riscontro a livello accademico e nullo a<br />

livello politico il che mi ha portato a trascurare negli anni successivi questa linea <strong>di</strong> ricerca.<br />

L’occasione <strong>di</strong> riprendere il filo del lavoro svolto negli anni ’80 e ‘90 mi è stata data dall’offerta <strong>di</strong><br />

Francesco Carche<strong>di</strong> <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nare, insieme a lui, una ricerca affidata dal Ministero del Welfare ad<br />

Italia lavoro 167 . A partire dal 2004 ho poi curato, da solo o insieme ad alcuni collaboratori ed<br />

amici, alcuni stu<strong>di</strong> regionali relativi all’Abruzzo, all’Umbria, alla Valle d’Aosta ed all’Emilia 168 .<br />

162 <strong>Il</strong> paper presentava quattro scenari per l’Italia nel complesso e per le due gran<strong>di</strong> ripartizione basati su 4 ipotesi <strong>di</strong><br />

crescita me<strong>di</strong>a annua dell’occupazione, rispettivamente nulla, pari allo 0,4%, allo 0,8% e al 1,2%. Si ipotizzava, altresì ,<br />

che il tasso <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione non potesse scendere sotto il 2,5% e che il lavoro fosse omogeneo <strong>Il</strong> fabbisogno è<br />

calcolato come <strong>di</strong>fferenza tra il livello dell’occupazione ed il livello delle forze <strong>di</strong> lavoro ottenuto in funzione della<br />

domanda <strong>di</strong> flusso e delle entrate nella popolazione in età lavorativa.<br />

163 <strong>Il</strong> testo recitava: “In queste regioni (le regioni del Centro nord) un probabile scenario 2 (corrispondente ad una crescita<br />

me<strong>di</strong>a annua dell’occupazione dello 0,4%) comporterebbe per il 2003 una carenza <strong>di</strong> oltre un milioni <strong>di</strong> lavoratori…”;<br />

pag. 144<br />

164 Bruni Michele (a cura <strong>di</strong>), Attratti, sospinti, respinti, Franco Angeli, 1994.<br />

165 Ibidem, pag. 39<br />

166 A livello regionale, ragionamenti del tipo qui esposto portarono anche Andrea Gan<strong>di</strong>ni a prevedere per l’Emilia, in<br />

uno scenario <strong>di</strong> crescita me<strong>di</strong>a annua del 8%, un fabbisogno <strong>di</strong> circa 500mila immigrati (italiani e stranieri) tra il 1991 ed<br />

il 2010; A. Gan<strong>di</strong>ni, ”Previsioni sul mercato del lavoro e implicazioni sull’immigrazione extracomunitaria negli anni<br />

novanta: il caso dell’Emilia Romagna”, Prospettiva sindacale, n. 79/80, anno XXII, marzo/giugno 1991.<br />

167<br />

Italia Lavoro, “Analisi delle esperienze relative ai nuovi ingressi per quota per motivi <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> immigrati.<br />

Ipotesi <strong>di</strong> fattibilità e sperimentazione <strong>di</strong> un modello <strong>di</strong> gestione. Sintesi”, Roma, 2004<br />

168<br />

Bruni Michele, “La presenza straniera in Abruzzo: situazione attuale e prospettive”, mimeo, 2005; Bruni Michele,<br />

Dario Ceccarelli e Paolo Sereni, Le fasce deboli nel mercato del lavoro regionale. Situazione attuale, scenari futuri e<br />

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