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Il futuro demografico dell'Italia - Dipartimento di Economia politica

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<strong>Il</strong> secondo capitolo <strong>di</strong>scute l’ultima grande ondata <strong>di</strong> emigrazione cha ha interessato il nostro<br />

paese tra il 1946 ed il 1972. Da un punto <strong>di</strong> vista quantitativo i flussi sono stati caratterizzati da una<br />

progressiva per<strong>di</strong>ta d’importanza delle mete extraeuropee, prima, e <strong>di</strong> quelle europee, poi, a favore<br />

delle regioni del Nord Italia, ed in particolare del triangolo industriale. Una breve rassegna mette in<br />

luce come le interpretazioni <strong>di</strong> questo fenomeno siano state prive della necessaria organicità e si<br />

siano quasi sempre basate su spiegazioni ad hoc che facevano riferimento ad un’ottica <strong>di</strong> spinta. La<br />

costruzione <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>ce che cerca <strong>di</strong> valutare congiuntamente il ruolo della crescita economica e<br />

dell’andamento <strong>demografico</strong> dei paesi <strong>di</strong> sbocco fornisce un’interpretazione alternativa del<br />

fenomeno. Tra il 1972 ed il 1976 l’Italia e tutti gli altri paesi del Me<strong>di</strong>terraneo registrano<br />

un’improvvisa inversione del segno dei flussi migratori, un fenomeno che non era stato<br />

minimamente previsto dagli stu<strong>di</strong>osi dei fenomeni migratori. Solo dopo molti anni questo evento è<br />

stato oggetto <strong>di</strong> alcuni tentativi <strong>di</strong> analisi e <strong>di</strong> spiegazioni sufficientemente approfon<strong>di</strong>te da parte<br />

sia <strong>di</strong> demografi, sia <strong>di</strong> economisti. L’analisi <strong>di</strong> due lavori, uno economico ed uno <strong>demografico</strong>,<br />

fornisce l’occasione per analizzare l’approccio delle due <strong>di</strong>scipline alla spiegazione dei flussi<br />

migratori. <strong>Il</strong> punto centrale che emerge dalla <strong>di</strong>scussione è che l’approccio economico non solo<br />

non riesce a fornire un’interpretazione univoca e convincente del fenomeno, ma non affronta alcuni<br />

temi fondamentali quali ad esempio quello <strong>di</strong> capire perché un certo numero <strong>di</strong> persone emigri in<br />

un dato paese e soprattutto se tale numero sia coerente o meno con il fabbisogno espresso da quel<br />

mercato del lavoro. La mia tesi è che la struttura logica del sistema analitico neoclassico, che si<br />

concentra sulle scelte in<strong>di</strong>viduali <strong>di</strong> partenza, <strong>di</strong> fatto non ha gli strumenti per affrontare tali temi.<br />

La stessa conclusione vale per l’impostazione descrittiva dell’approccio <strong>demografico</strong> storicamente<br />

concentrato sulle cause <strong>di</strong> partenza e quasi mai sul perché delle scelte <strong>di</strong> destinazione.<br />

L’impostazione analitica proposta in questo lavoro viene poi utilizzata per fornire una spiegazione<br />

dell’inversione <strong>di</strong> segno dei sal<strong>di</strong> migratori che hanno caratterizzato i pesi della sponda nord del<br />

Me<strong>di</strong>terraneo.<br />

<strong>Il</strong> terzo capitolo ripercorre la storia della legislazione italiana in tema <strong>di</strong> politiche per<br />

l’immigrazione e dell’immigrazione, dalla fase delle circolari alla proposte <strong>di</strong> legge presentata da<br />

Livi Bacci durante la breve vita del II Governo Pro<strong>di</strong>, intrecciandola con le interpretazioni che del<br />

fenomeno venivano via via fornite dagli stu<strong>di</strong>osi italiani. L’analisi della letteratura evidenzia come<br />

si debba arrivare alla fine degli anni ‘90 perché la demografia ufficiale cominci a riconoscere<br />

l’esistenza <strong>di</strong> una relazione tra caduta della natalità, contrazione della popolazione in età lavorativa<br />

e flussi migratori. L’interpretazione prevalsa fino ad allora, e che non mancherà <strong>di</strong> essere<br />

riproposta anche in seguito, è quella che i flussi migratori verso il nostro paese sono causati dalle<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> miseria e <strong>di</strong> sottosviluppo cha caratterizzano i paesi in via <strong>di</strong> sviluppo, che il nostro<br />

mercato del lavoro non ha bisogno se non <strong>di</strong> un numero esiguo <strong>di</strong> immigrati per fare fronte a<br />

specifici fenomeni <strong>di</strong> missmatch, che il calo dell’offerta generato dalla contrazione demografica<br />

può essere gestito attraverso incrementi della produttività, aumenti della partecipazione femminile<br />

e degli anziani, che un’immigrazione consistente sarebbe fonte <strong>di</strong> tensioni sociali e che la<br />

popolazione italiana non vedrebbe <strong>di</strong> buon occhio la nascita <strong>di</strong> molti bambini stranieri sul nostro<br />

territorio. Così il primo documento ufficiale che ammette, sia pure in maniera cauta e circoscritta,<br />

l’esistenza <strong>di</strong> un fabbisogno strutturale <strong>di</strong> manodopera straniera è il documento programmatico che<br />

fece seguito alla legge Napolitano Turco, la legge a cui va riconosciuto il merito <strong>di</strong> aver introdotto<br />

il principio della programmazione triennale delle quote. I documenti successivi saranno più sfumati<br />

e torneranno a proporre le solite tesi <strong>di</strong> spinta. <strong>Il</strong> punto fondamentale è però che nessun documento<br />

ufficiale fino ad ora pubblicato ha spiegato che cosa si debba intendere per fabbisogno<br />

suggerendone implicitamente una definizione errata. La conseguenza è che le procedure<br />

sommariamente in<strong>di</strong>cate per misurare questa variabile, per altro adottate solo in alcune regioni, ne<br />

hanno sempre stimato un’altra, la domanda <strong>di</strong> flusso <strong>di</strong> stranieri, per altro in maniera del tutto<br />

errata. D’altra parte l’IRP e l’Istat hanno continuato a proporre previsioni del fenomeno che sono<br />

state fino ad ora puntualmente contraddette dai fatti. Le corrette interpretazioni del fenomeno<br />

migratorio formulate da Livi Bacci davanti al Senato italiano nel corso <strong>di</strong> questa legislatura hanno<br />

portato all’approvazione <strong>di</strong> quote sostanzialmente coerenti con il fabbisogno per il biennio 2006 e<br />

2007. Purtroppo, la proposta <strong>di</strong> legge che vedeva lo stesso Livi Bacci come primo firmatario è<br />

rimasta tale ed è improbabile che il nuovo Governo Berlusconi ne voglia proporre una basata su<br />

principi così illuminati. Nell’ultima parte del capitolo ripercorro i contributi da me forniti<br />

all’analisi del fenomeno migratorio a partire dalla metà degli anni ’50 e riven<strong>di</strong>co il fatto <strong>di</strong> aver da<br />

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