Il futuro demografico dell'Italia - Dipartimento di Economia politica

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02.02.2015 Views

integrazione. L’obiettivo di limitare l’accesso sul nostro territorio di lavoratori extracomunitari fu poi rafforzato dal progressivo allargamento del numero di paesi per i quali era richiesto il visto turistico e dalla norma che non consentiva la trasformazione di un visto per turismo in uno di lavoro Nella sostanza, tuttavia, la possibilità d’ingresso per motivi di lavoro è limitata al caso di stranieri chiamati nominativamente dai datori di lavoro per ricoprire qualifiche specializzate e, come già stabilito dalla 943, previo accertamento della non disponibilità di lavoratori italiani e comunitari con analoghe qualifiche. È poi richiesto che il datore di lavoro dia garanzia di assumersi l’onere dell’alloggio e del rientro in patria. Di fatto, però, fino al 1995 i decreti interministeriali subirono ritardi cronici ed inclusero nel totale ricongiungimenti familiari ed asili politici. La legge Martelli prevede, infine, una sanatoria (la terza in otto anni) che, a differenza delle precedenti, non impone più che l’immigrato dimostri di avere un lavoro dipendente 99 . La sanatoria porterà alla regolarizzane di circa 220mila lavoratori 100 . Nella sostanza è evidente che la legge Martelli non vede l’immigrazione come una necessità strutturale della nostra economia, ma come un dato di cui prendere atto per il passato e un rischio da fronteggiare per l’avvenire con misure rigorose di controllo degli ingressi 101 . Tornando allo sviluppo del dibattito scientifico in tema di migrazioni, nel 1994, introducendo i lavori per la presentazione del terzo rapporto IRP, Livi Bacci dopo aver affermato che la politica dell’immigrazione era incentrata tutta sulla chiusura delle frontiere, così riassumeva la situazione: “Questa politica ha molte limitazioni di varia natura e livello: perché ha l’occhio solo sul breve periodo; perché non tiene conto che nei prossimi 10-20 anni la popolazione in età attiva tenderà a diminuire e la domanda di lavoro ad aumentare anche per l’invecchiamento della popolazione e la crescente domanda nel settore dei servizi personali; perché non è definita e determinata sul piano dell’integrazione e dell’inserimento degli immigrati; perché politicamente incerta a fronte d’improvvisi (ma non imprevedibili) afflussi di rifugiati, perché affidata solo a misure di polizia per la repressione dell’immigrazione clandestina mentre il mercato del lavoro è lasciato ampiamente senza controllo, perché affida la “programmazione degli ingressi” a un non meglio definito concerto di ministeri 102 e questo anno per anno – come se si trattasse di contingentare l’importazione di auto giapponesi e non di essere umani e come se la politica migratoria non dovesse avere degli obbiettivi di lungo periodo anziché seguire il frusciare del vento congiunturale” 103 . Ben diversi il tono, le tesi e le conclusioni della relazione principale di Golini 104 che ripropose con forza il tema delle conseguenze di una bassa fecondità, presentando i risultati di una proiezione della popolazione italiana su di un orizzonte temporale di 100 anni. L’esercizio, basato sulla metodologia utilizzata alcuni anni prima da Coale per gli Stati Uniti 105 , giungeva ovviamente a conclusioni qualitativamente identiche 106 . 99 La sanatoria prevedeva la non punibilità dei datori di lavoro che denunciassero rapporti di lavoro irregolari, pregressi o in atto e li esonerava dal versamento dei contributi previdenziali e assicurativi per i periodi precedenti la regolarizzazione. Prevedeva, inoltre, la regolarizzazione delle attività di commercio ambulante, previo superamento di speciali corsi di qualificazione professionale. 100 La legge 30 introduce nell’ordinamento la procedura di espulsione del cittadino extracomunitario e disciplina con una certa precisione le varie ipotesi ed i rimedi giurisdizionali. 101 G. D’Auria, op. cit., pag. 12. 102 Secondo la legge Martelli il provvedimento flussi deve essere emanato di concerto fra i ministri degli Affari esteri, dell’Interno, del Bilancio e della programmazione economica, del Lavoro e della previdenza sociale, sentiti i ministri di settore eventualmente interessati, il Cnel, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale e la Conferenza stato regioni. Infine, lo schema di decreto, che evidentemente non ha un ben precisa paternità, deve essere trasmesso alle commissioni parlamentari competenti che esprimono un parere al governo. 103 Massimo Livi Bacci, “Introduzione”, in A. Golini (a cura di), Tendenze demografiche e politiche per la popolazione, Terzo Rapporto IRP, Il Mulino, 1994; pag. 15. 104 Antonio Golini, “Le tendenze demografiche dell’Italia in un quadro europeo. Analisi e problemi per una politica per la popolazione”, in A. Golini (a cura di), Tendenze demografiche e politiche per la popolazione, Terzo Rapporto IRP, Il Mulino 105 Ansley J. Coale, “Demographic effects of below-replacement fertility and their social implications”, in Kingsley Davis, Mikhail S. Bernstam and Rita Ricardo-Campbell, eds, Below-replacement fertility in industrial societies: causes, consequences, policies. Population and Development Review, Supplement to vol. 12, New York: Population Council, 1986pp. 203-216. 106 Le ipotesi adottate da Golini sono sostanzialmente uguali a quelle di Coale, a parte un orizzonte temporale leggermente più limitato: la vita media è prevista costante a 77 anni per gli uomini e a 84 per le donne, i tassi di fecondità utilizzati sono, come indicato nella tavola: 2,07, 1,8, 1,3 e 1. 69

La tabella 3.1 riassume i principali risultati dell’esercizio previsivo. Nell’ipotesi ottimistica che nel 2070 il tasso di fecondità fosse risalito al livello di rimpiazzo, il livello raggiunto dalla popolazione italiana nel 2092 sarebbe stato del 5,3% inferiore a quello di 100 anni prima e sarebbe poi rimasto sostanzialmente costante. Ipotizzando un saldo migratorio di 50.000 persone all’anno, pari quindi ad un afflusso di 5 milioni di immigrati più i loro discendenti, la popolazione italiana sarebbe risultata superiore a quella di partenza del 16% e avrebbe presentato un trend positivo di circa lo 0,1% 9 . All’altro estremo, nel caso in cui il tasso di fecondità fosse sceso ad un figlio per donna, la popolazione italiana sarebbe scesa a 11,8 milioni di persone, in assenza di migrazioni, e a 16,5 in presenza delle migrazioni ipotizzate e gli immigrati avrebbero rappresentato circa 1/3 della popolazione totale. In entrambi i casi, la popolazione sarebbe ulteriormente diminuita in maniera molto veloce anche negli anni successivi. Non molto diverse le conclusioni ottenute ipotizzando un tasso di fecondidi 1,3 figli per donna. Tav. 3.1 Italia; Popolazione al 2092 in scenari alternativi di fecondità ed immigrazione; valori assoluti e numero indice Numero medio di figli per donna Senza immigrazione Con 50.000 immigrati netti all'anno Senza immigrazione Con 50.000 immigrati netti all'anno Valori assoluti N.I. 1992= 100 2,07 53,6 62,2 94,7 109,7 1,80 38,7 46 68,3 81,3 1,30 19,4 24,9 34,2 44,0 1,00 11,8 18,5 20,9 29,2 Fonte: Antonio Golini; 1994 Le conclusioni qualitative che furono tratte da questo esercizio, da Coale prima e da Golini poi, sono abbastanza ovvie ed intuitive. In presenza di una fecondità a livello di rimpiazzo la popolazione tende a riportarsi in una situazione di equilibrio demografico su valori non molto diversi da quelli di partenza. In tutti gli altri scenari, tassi di fecondità sotto il livello di rimpiazzo innestano una progressiva diminuzione della popolazione totale destinata a continuare fino alla sparizione della popolazione stessa. Limitandoci a considerare la situazione nell’anno d’arrivo, l’esercizio evidenzia che: • Il peso dei giovani è positivamente correlato al tasso di fecondità; • Il peso degli anziani e l’età mediana della popolazione di arrivo lo sono inversamente; • Il peso della popolazione in età lavorativa 20-64 non presenta differenze rilevanti nei quattro scenari di fertilità. Per quanto riguarda i flussi migratori, è emblematica la scelta di un valore irrisorio di 50.000 unità all’anno, fisso per 100 anni, scelta che non viene in alcun modo discussa, giustificata e posta in relazione con le tendenze demografiche. Se il dato riflette la situazione di quel periodo, l’idea che il dato sulle migrazioni possa essere inserito nelle proiezioni demografiche come variabile esterna, priva di qualunque riferimento all’evoluzione della popolazione autoctona o ad altre variabili economiche, riflette, per quanto strano ciò possa apparire ad un non demografo, una consuetudine condivisa e tuttora dominante. D’altra parte Golini è ben consapevole che: “Le preoccupazioni riguardanti l’ammontare della popolazione potrebbero essere risolte favorendo un arrivo molto maggiore d’immigrati dal Terzo Mondo” 107 . Egli osserva però “A me più che ragionevole pare una posizione cinica quella di sostenere in punto di principio che se in Italia, ad esempio, le forze di lavoro dovessero non bastare si potrà pur sempre agire sul rubinetto del mercato del lavoro straniero regolandolo a volontà, senza quindi tenere in alcun conto che l’emigrazione quando non sia assolutamente il frutto di una libera scelta comporta pur sempre un doloroso sradicamento dal proprio ambiente e una difficile e spesso penosa integrazione nel nuovo ambiente. L’operazione potrebbe comunque comportare un impegno notevolissimo per la società italiana dal momento che, come si mostra in un recente lavoro di G. Gesano, se si volesse o si 107 Ibidem, pag. 59 70

La tabella 3.1 riassume i principali risultati dell’esercizio previsivo. Nell’ipotesi ottimistica che<br />

nel 2070 il tasso <strong>di</strong> fecon<strong>di</strong>tà fosse risalito al livello <strong>di</strong> rimpiazzo, il livello raggiunto dalla<br />

popolazione italiana nel 2092 sarebbe stato del 5,3% inferiore a quello <strong>di</strong> 100 anni prima e sarebbe<br />

poi rimasto sostanzialmente costante. Ipotizzando un saldo migratorio <strong>di</strong> 50.000 persone all’anno,<br />

pari quin<strong>di</strong> ad un afflusso <strong>di</strong> 5 milioni <strong>di</strong> immigrati più i loro <strong>di</strong>scendenti, la popolazione italiana<br />

sarebbe risultata superiore a quella <strong>di</strong> partenza del 16% e avrebbe presentato un trend positivo <strong>di</strong><br />

circa lo 0,1% 9 .<br />

All’altro estremo, nel caso in cui il tasso <strong>di</strong> fecon<strong>di</strong>tà fosse sceso ad un figlio per donna, la<br />

popolazione italiana sarebbe scesa a 11,8 milioni <strong>di</strong> persone, in assenza <strong>di</strong> migrazioni, e a 16,5 in<br />

presenza delle migrazioni ipotizzate e gli immigrati avrebbero rappresentato circa 1/3 della<br />

popolazione totale. In entrambi i casi, la popolazione sarebbe ulteriormente <strong>di</strong>minuita in maniera<br />

molto veloce anche negli anni successivi. Non molto <strong>di</strong>verse le conclusioni ottenute ipotizzando un<br />

tasso <strong>di</strong> fecon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> 1,3 figli per donna.<br />

Tav. 3.1 Italia; Popolazione al 2092 in scenari alternativi <strong>di</strong> fecon<strong>di</strong>tà ed<br />

immigrazione; valori assoluti e numero in<strong>di</strong>ce<br />

Numero me<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

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Senza<br />

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Con 50.000<br />

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all'anno<br />

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Con 50.000<br />

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Valori assoluti N.I. 1992= 100<br />

2,07 53,6 62,2 94,7 109,7<br />

1,80 38,7 46 68,3 81,3<br />

1,30 19,4 24,9 34,2 44,0<br />

1,00 11,8 18,5 20,9 29,2<br />

Fonte: Antonio Golini; 1994<br />

Le conclusioni qualitative che furono tratte da questo esercizio, da Coale prima e da Golini poi,<br />

sono abbastanza ovvie ed intuitive. In presenza <strong>di</strong> una fecon<strong>di</strong>tà a livello <strong>di</strong> rimpiazzo la<br />

popolazione tende a riportarsi in una situazione <strong>di</strong> equilibrio <strong>demografico</strong> su valori non molto<br />

<strong>di</strong>versi da quelli <strong>di</strong> partenza. In tutti gli altri scenari, tassi <strong>di</strong> fecon<strong>di</strong>tà sotto il livello <strong>di</strong> rimpiazzo<br />

innestano una progressiva <strong>di</strong>minuzione della popolazione totale destinata a continuare fino alla<br />

sparizione della popolazione stessa. Limitandoci a considerare la situazione nell’anno d’arrivo,<br />

l’esercizio evidenzia che:<br />

• <strong>Il</strong> peso dei giovani è positivamente correlato al tasso <strong>di</strong> fecon<strong>di</strong>tà;<br />

• <strong>Il</strong> peso degli anziani e l’età me<strong>di</strong>ana della popolazione <strong>di</strong> arrivo lo sono inversamente;<br />

• <strong>Il</strong> peso della popolazione in età lavorativa 20-64 non presenta <strong>di</strong>fferenze rilevanti nei<br />

quattro scenari <strong>di</strong> fertilità.<br />

Per quanto riguarda i flussi migratori, è emblematica la scelta <strong>di</strong> un valore irrisorio <strong>di</strong> 50.000<br />

unità all’anno, fisso per 100 anni, scelta che non viene in alcun modo <strong>di</strong>scussa, giustificata e posta<br />

in relazione con le tendenze demografiche. Se il dato riflette la situazione <strong>di</strong> quel periodo, l’idea<br />

che il dato sulle migrazioni possa essere inserito nelle proiezioni demografiche come variabile<br />

esterna, priva <strong>di</strong> qualunque riferimento all’evoluzione della popolazione autoctona o ad altre<br />

variabili economiche, riflette, per quanto strano ciò possa apparire ad un non demografo, una<br />

consuetu<strong>di</strong>ne con<strong>di</strong>visa e tuttora dominante. D’altra parte Golini è ben consapevole che: “Le<br />

preoccupazioni riguardanti l’ammontare della popolazione potrebbero essere risolte favorendo un<br />

arrivo molto maggiore d’immigrati dal Terzo Mondo” 107 . Egli osserva però “A me più che<br />

ragionevole pare una posizione cinica quella <strong>di</strong> sostenere in punto <strong>di</strong> principio che se in Italia, ad<br />

esempio, le forze <strong>di</strong> lavoro dovessero non bastare si potrà pur sempre agire sul rubinetto del<br />

mercato del lavoro straniero regolandolo a volontà, senza quin<strong>di</strong> tenere in alcun conto che<br />

l’emigrazione quando non sia assolutamente il frutto <strong>di</strong> una libera scelta comporta pur sempre un<br />

doloroso sra<strong>di</strong>camento dal proprio ambiente e una <strong>di</strong>fficile e spesso penosa integrazione nel nuovo<br />

ambiente. L’operazione potrebbe comunque comportare un impegno notevolissimo per la società<br />

italiana dal momento che, come si mostra in un recente lavoro <strong>di</strong> G. Gesano, se si volesse o si<br />

107 Ibidem, pag. 59<br />

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