Il futuro demografico dell'Italia - Dipartimento di Economia politica

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02.02.2015 Views

A sua volta Golini sostenne che le cause dei flussi migratori internazionali erano da individuare negli squilibri qualitativi tra domanda ed offerta di lavoro, una tesi che verrà riproposta costantemente nei successivi quindici anni tanto da essere ancora ripresa, come vedremo meglio in seguito, nel secondo documento programmatico relativo al 2001-2003. “Tali squilibri, scriveva Golini, sono alla base dell’immigrazione della manodopera straniera, manodopera disposta da un lato ad accettare i lavori più faticosi ed ingrati, ormai rifiutati dalle forze di lavoro italiane ad elevata istruzione, e dall’altro non soggetta alla forte rigidità che per gli italiani si ha nelle procedure di assunzione e nella mobilità.” 77 Sia la tesi da spinta, sia quella dei disequilibri qualitative venivano riproposte nell’intervento di Dell’Aringa, Faustini e Gros Pietro che affermavano:”Tutto ciò (il passaggio dell’Italia da paese di emigrazione a paesi d’immigrazione) si è verificato in una fase in cui la disoccupazione italiana andava aumentando”. 78 Dunque, né il rientro dei nostri emigranti né l’afflusso di stranieri possono essere spiegati dalle variabili “interne” del mercato del lavoro, ma da variabili “esterne” e cioè: • Dall’andamento sfavorevole della domanda di lavoro nei paesi verso i quali s’indirizzava la nostra emigrazione; • Dall’eccedenza dell’offerta di lavoro nei paesi dai quali affluisce la nuova immigrazione verso l’Italia. L’esempio più evidente di quanto in quel momento fosse assente, anche in profondi studiosi del problema, la percezione del ruolo che l’evoluzione demografica stava avendo, ma soprattutto avrebbe avuto, sui saldi migratori emerge con estrema chiarezza dall’intervento di Tapinos e Turci. Gli autori osservano che “fino al 1990 l’immigrazione legale dovrebbe essere trascurabile, mentre resterà un problema ricorrente per i paesi europei l’immigrazione clandestina”, mentre dopo il “1990, ...con l’arrivo sul mercato delle classi toccate dalla diminuzione della fecondità, ... non si può escludere l’eventualità di una ripresa dell’immigrazione.” 79 Tuttavia, pur avendo ben chiara l’evoluzione demografica attesa, i due autori stimano la presenza straniera in Italia al 2020 in 900.000 80 unità partendo da una stima nel 1984, sicuramente in eccesso, di 800.000 stranieri presenti nel nostro paese. Questa proiezione appare tanto più sorprendente in quanto nello stesso articolo i due autori imputano il “ricorso massiccio e sistematico” a manodopera straniera da parte dei paesi dell’Europa occidentale tra il 1950 ed il 1970 ad una domanda di lavoro elevata, legata ai bisogni della ricostruzione e alle prospettive di crescita economica, e di una offerta di lavoro ridotta dal rallentamento demografico (nel caso della Francia soprattutto) e dalle conseguenze della guerra (in particolare in Germania), accettando quindi una interpretazione essenzialmente domandista dei flussi migratori di tale periodo. 3. La seconda metà degli anni ’80: la legge 943 Nel 1986, il Governo italiano emana, in attuazione della convenzione internazionale della OIL n. 143 del 1975, già ratificata dal nostro paese 81 , ma ancora priva di strumenti attuativi, la legge 943 82 . A livello di principi questa legge, come rimarrà vero anche per le successive, appare fortemente garantista. Essa esordisce, infatti, affermando il principio della parità di trattamento e di piena uguaglianza di diritti dei lavoratori extracomunitari legalmente residenti e dello loro famiglie, e garantendo i diritti relativi all’uso dei servizi sociali, sanitari, ed educativi, alla disponibilità non solo di una politica volta a regolare i flussi migratori in maniera intelligente, ma anche di una precisa politica per gi immigrati è ancora in attesa di una risposta politica adeguata. 77 Antonio Golini, “Panorama dell’attuale evoluzione demografica”, in G. Fuà, op. cit., 1986; pag. 80. 78 Dell’Aringa, Faustini e Gros Pietro, “Evoluzione demografica ed offerta di lavoro: una rassegna di problemi ”, in G. Fuà, op. cit., 1986; pag. 89. 79 Georges Tapinos e Maria Chiara Turci, “Esperienze e problemi dei paesi d’immigrazione”, in G. Fuà, op. cit., 1986; pagg. .125-126. 80 Come indicato dai due autori, la previsione fu effettuata “applicando l’ipotesi che i comportamenti migratori siano determinati dal rapporto tra il potenziale di lavoro dell’area di provenienza e quello dell’area di destinazione”(p. 130). 81 Legge n. 158 del 10 aprile 1981. 82 Legge 943, del 30 dicembre 1986, Norme in materia di collocamento e di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine. 65

dell’abitazione e all’identità culturale 83 . Di fatto, buona parte di queste affermazioni di principio rimarranno tali per lungo tempo, anche per la mancata attivazione dei relativi strumenti attuativi. La 943 si limita a disciplinare l’accesso al lavoro subordinato dei lavoratori extracomunitari. L’ingresso in Italia per lavoro è ammesso solo se lo straniero è in possesso del visto rilasciato dall’autorità consolare sulla base dell’autorizzazione al lavoro concessa da un Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione. Tuttavia, le modalità sancite dalla 943 per l’ottenimento del visto da parte di lavoratore extracomunitario sono tali da rendere praticamente impossibile il processo. Essa introduce anche il principio secondo il quale l’ingresso nel territorio e l’accesso al mercato del lavoro da parte del lavoratore extracomunitario è subordinato alla non disponibilità di lavoratori italiani e comunitari già presenti sul territorio a ricoprire tale posto. Osservo, per inciso, che, in assenza di una definizione dell’ambito territoriale e di strumenti sofisticati di incontro domanda ed offerta, allora e tuttora non esistenti nel nostro paese, tale disponibilità non può essere in alcun modo seriamente verificata. Si tenga, infatti, presente che, al momento attuale, si registrano oltre 7 milioni di avviamenti all’anno di cui circa un milione e duecentomila relativo a lavoratori stranieri e che anche nel 1986 ve ne erano probabilmente oltre 5 milioni. In sostanza, la norma esprime più un’assicurazione politica formale per il lavoratore italiano di quanto non rappresenti un principio di razionalizzazione del processo allocativo. Enrico Pugliese ha ben sintetizzato la contraddizione che caratterizza questo documento: essere molto garantista per i pochi lavoratori capaci di usufruirne e rappresentare per tutti gli altri un provvedimento di chiusura 84 . La 943 prevede poi il secondo intervento di sanatoria. Esso è diretto ai clandestini presenti in Italia prima del 27 gennaio 1987. L’intervento porterà alla regolarizzazione di quasi 119mila stranieri 85 . Nel frattempo il dibattito teorico in tema di migrazione continuava. Nel 1988 l’Istituto di Ricerche sulla Popolazione, cominciò a portare all’attenzione del paese il problema dell’implosione demografica. Era questo il titolo del primo paragrafo dell’introduzione del secondo rapporto IRP - CNR sulla popolazione italiana, scritto da Golini allora direttore dell’Istituto 86 . Golini richiamava un esercizio di Bourgeois-Pichat 87 che mostrava come con una fecondidi 1,2 figli per coppia, “cioè al livello bassissimo che quasi si registra attualmente in Italia e Germania Federale”, la popolazione dei paesi a sviluppo avanzato avrebbe raggiunto il valore massimo verso il 2020, ma dopo 230 anni sarebbe del tutto scomparsa”. Golini affermò poi che, sulla base delle tendenze in atto, la popolazione del Centro-nord sarebbe diminuita di cinque milioni di unità nei trenta anni successivi. Queste pessimistiche considerazioni di ordine demografico, che finiranno poi col rivelarsi del tutto infondate 88 , si basano ovviamente su scenari demografici con saldi migratori nulli. Questa scelta è giustificata dalla successiva analisi che Golini fa del problema dei flussi migratori. molto articolata, ma certo non priva di contraddizioni ed errori. 83 Nota G. D’Auria: “Una legge ad alto tasso di civiltà, tanto più che vedeva la luce in una congiuntura economica nient’affatto favorevole allo sviluppo dell’occupazione interna. Di più i principi della “convivenza “ e “dell’integrazione “, cui la legge si ispirava, non trovavano riscontro in altri paesi che, dopo aver favorito per lungo tempo l’ingresso di manodopera straniera, perseguivano –già da alcuni anni- dure politiche di restrizione e addirittura di espulsione dei lavoratori stranieri esuberanti o marginali”. op. cit., pag. 5 84 M. I. Maciotti e E. Pugliese, op. cit. 85 “La stessa regolarizzazione dei clandestini – che rappresentava il motivo fondamentale della legge – apparve ben presto un traguardo alla portata di pochi fortunati, poiché moltissimi datori di lavoro preferirono correre il rischio delle blande sanzioni stabilite dalla legge, piuttosto che accettare le nuove regole del gioco imposte dalla parità di trattamento - retributiva e contributiva – fra lavoratori italiani e lavoratori stranieri. A questi ultimi si poneva il drammatico dilemma fra la regolarizzazione – con licenziamento - e l’accettazione della clandestinità - con conservazione del posto di lavoro … 86 Antonio Golini “La popolazione italiana. Una visione d’insieme”, in Secondo Rapporto sulla Situazione Demografica in Italia, CNR e IRP, 1988 87 Bourgeois-Pichat J. (1988), “Du XX au XXI siecle: l’Europe et sa population apres l’an 2000 », Population, 1, pp. 9- 44. 88 A distanza di quasi venti anni da quelle proiezioni è evidente che i saldi migratori del nostro paese hanno più che compensato il saldo naturale negativo registratosi a partire dal 1993. 66

A sua volta Golini sostenne che le cause dei flussi migratori internazionali erano da in<strong>di</strong>viduare<br />

negli squilibri qualitativi tra domanda ed offerta <strong>di</strong> lavoro, una tesi che verrà riproposta<br />

costantemente nei successivi quin<strong>di</strong>ci anni tanto da essere ancora ripresa, come vedremo meglio in<br />

seguito, nel secondo documento programmatico relativo al 2001-2003. “Tali squilibri, scriveva<br />

Golini, sono alla base dell’immigrazione della manodopera straniera, manodopera <strong>di</strong>sposta da un<br />

lato ad accettare i lavori più faticosi ed ingrati, ormai rifiutati dalle forze <strong>di</strong> lavoro italiane ad<br />

elevata istruzione, e dall’altro non soggetta alla forte rigi<strong>di</strong>tà che per gli italiani si ha nelle<br />

procedure <strong>di</strong> assunzione e nella mobilità.” 77<br />

Sia la tesi da spinta, sia quella dei <strong>di</strong>sequilibri qualitative venivano riproposte nell’intervento <strong>di</strong><br />

Dell’Aringa, Faustini e Gros Pietro che affermavano:”Tutto ciò (il passaggio dell’Italia da paese <strong>di</strong><br />

emigrazione a paesi d’immigrazione) si è verificato in una fase in cui la <strong>di</strong>soccupazione italiana<br />

andava aumentando”. 78 Dunque, né il rientro dei nostri emigranti né l’afflusso <strong>di</strong> stranieri possono<br />

essere spiegati dalle variabili “interne” del mercato del lavoro, ma da variabili “esterne” e cioè:<br />

• Dall’andamento sfavorevole della domanda <strong>di</strong> lavoro nei paesi verso i quali<br />

s’in<strong>di</strong>rizzava la nostra emigrazione;<br />

• Dall’eccedenza dell’offerta <strong>di</strong> lavoro nei paesi dai quali affluisce la nuova<br />

immigrazione verso l’Italia.<br />

L’esempio più evidente <strong>di</strong> quanto in quel momento fosse assente, anche in profon<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi del<br />

problema, la percezione del ruolo che l’evoluzione demografica stava avendo, ma soprattutto<br />

avrebbe avuto, sui sal<strong>di</strong> migratori emerge con estrema chiarezza dall’intervento <strong>di</strong> Tapinos e Turci.<br />

Gli autori osservano che “fino al 1990 l’immigrazione legale dovrebbe essere trascurabile, mentre<br />

resterà un problema ricorrente per i paesi europei l’immigrazione clandestina”, mentre dopo il<br />

“1990, ...con l’arrivo sul mercato delle classi toccate dalla <strong>di</strong>minuzione della fecon<strong>di</strong>tà, ... non si<br />

può escludere l’eventualità <strong>di</strong> una ripresa dell’immigrazione.” 79 Tuttavia, pur avendo ben chiara<br />

l’evoluzione demografica attesa, i due autori stimano la presenza straniera in Italia al 2020 in<br />

900.000 80 unità partendo da una stima nel 1984, sicuramente in eccesso, <strong>di</strong> 800.000 stranieri<br />

presenti nel nostro paese. Questa proiezione appare tanto più sorprendente in quanto nello stesso<br />

articolo i due autori imputano il “ricorso massiccio e sistematico” a manodopera straniera da parte<br />

dei paesi dell’Europa occidentale tra il 1950 ed il 1970 ad una domanda <strong>di</strong> lavoro elevata, legata ai<br />

bisogni della ricostruzione e alle prospettive <strong>di</strong> crescita economica, e <strong>di</strong> una offerta <strong>di</strong> lavoro ridotta<br />

dal rallentamento <strong>demografico</strong> (nel caso della Francia soprattutto) e dalle conseguenze della guerra<br />

(in particolare in Germania), accettando quin<strong>di</strong> una interpretazione essenzialmente doman<strong>di</strong>sta dei<br />

flussi migratori <strong>di</strong> tale periodo.<br />

3. La seconda metà degli anni ’80: la legge 943<br />

Nel 1986, il Governo italiano emana, in attuazione della convenzione internazionale della OIL<br />

n. 143 del 1975, già ratificata dal nostro paese 81 , ma ancora priva <strong>di</strong> strumenti attuativi, la legge<br />

943 82 .<br />

A livello <strong>di</strong> principi questa legge, come rimarrà vero anche per le successive, appare fortemente<br />

garantista. Essa esor<strong>di</strong>sce, infatti, affermando il principio della parità <strong>di</strong> trattamento e <strong>di</strong> piena<br />

uguaglianza <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti dei lavoratori extracomunitari legalmente residenti e dello loro famiglie, e<br />

garantendo i <strong>di</strong>ritti relativi all’uso dei servizi sociali, sanitari, ed educativi, alla <strong>di</strong>sponibilità<br />

non solo <strong>di</strong> una <strong>politica</strong> volta a regolare i flussi migratori in maniera intelligente, ma anche <strong>di</strong> una precisa <strong>politica</strong> per gi<br />

immigrati è ancora in attesa <strong>di</strong> una risposta <strong>politica</strong> adeguata.<br />

77 Antonio Golini, “Panorama dell’attuale evoluzione demografica”, in G. Fuà, op. cit., 1986; pag. 80.<br />

78 Dell’Aringa, Faustini e Gros Pietro, “Evoluzione demografica ed offerta <strong>di</strong> lavoro: una rassegna <strong>di</strong> problemi ”, in G.<br />

Fuà, op. cit., 1986; pag. 89.<br />

79 Georges Tapinos e Maria Chiara Turci, “Esperienze e problemi dei paesi d’immigrazione”, in G. Fuà, op. cit., 1986;<br />

pagg. .125-126.<br />

80 Come in<strong>di</strong>cato dai due autori, la previsione fu effettuata “applicando l’ipotesi che i comportamenti migratori siano<br />

determinati dal rapporto tra il potenziale <strong>di</strong> lavoro dell’area <strong>di</strong> provenienza e quello dell’area <strong>di</strong> destinazione”(p. 130).<br />

81 Legge n. 158 del 10 aprile 1981.<br />

82 Legge 943, del 30 <strong>di</strong>cembre 1986, Norme in materia <strong>di</strong> collocamento e <strong>di</strong> trattamento dei lavoratori extracomunitari<br />

immigrati e contro le immigrazioni clandestine.<br />

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