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Il futuro demografico dell'Italia - Dipartimento di Economia politica

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demografica creano in misura <strong>di</strong>versificata e in tempi <strong>di</strong>versi in Europa larghi surplus <strong>di</strong><br />

popolazione agricola e <strong>di</strong> popolazione rurale la cui offerta sul mercato del lavoro eccede largamente<br />

la domanda, così che nel periodo 1870-1913 la spinta ad emigrare <strong>di</strong>venta fortissima, agevolata<br />

dalla crescente facilità, frequenza ed economicità dei trasporti e dalla <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> spazi<br />

immensi, oltre che <strong>di</strong> risorse, nei nuovi mon<strong>di</strong> da popolare.” 56<br />

Come l’ultima frase del precedente passaggio suggerisce, le analisi dei demografi non sono<br />

prive <strong>di</strong> riferimenti alle con<strong>di</strong>zioni dei paesi <strong>di</strong> sbocco. Del Panta, nel già citato lavoro, scrive ad<br />

esempio: “In effetti verso la fine dell’Ottocento....era andata emergendo negli Stati Uniti una nuova<br />

domanda <strong>di</strong> manodopera funzionale all’espansione industriale e alla rapida urbanizzazione che fu<br />

appunto sod<strong>di</strong>sfatta da gran<strong>di</strong> movimenti <strong>di</strong> massa cui (soprattutto con le regioni meri<strong>di</strong>onali)<br />

l’Italia dette un apporto assai rilevante, insieme agli altri paesi me<strong>di</strong>terranei e a quelli dell’Europa<br />

orientale.” 57<br />

La tesi della sovrappopolazione non sod<strong>di</strong>sfa invece completamente Andreina De Clementi<br />

che in un altro saggio dello stesso volume 58 scrive: ”Attribuire l’origine <strong>di</strong> questo imponente esodo<br />

a miseria e sovrappopolazione sarebbe quantomeno semplicistico. I poverissimi abitanti dei sassi <strong>di</strong><br />

Matera furono tra gli ultimi a mettersi in cammino, mentre Puglia e Sicilia, che tra il 1871 e il 1881<br />

videro crescere i residenti <strong>di</strong> oltre il 10%- rispetto ad una me<strong>di</strong>a nazionale del +6,39- si mossero<br />

anch’esse con estremo ritardo. Non che miseria e sovrappopolazione non vi abbiamo avuto il loro<br />

peso, ma vanno considerate concause <strong>di</strong> motivazioni più complesse relative all’amplificazione del<br />

mercato del lavoro e all’aggancio dell’offerta nazionale alla domanda intercontinentale, mentre la<br />

preponderanza conta<strong>di</strong>na in<strong>di</strong>ca la necessità <strong>di</strong> risalire ai caratteri alle vicissitu<strong>di</strong>ni della società<br />

agraria.”<br />

Di fatto il saggio della De Clementi sviluppa questi temi. In primo luogo evidenzia con<br />

estrema chiarezza come i movimenti migratori interni dell’inizio dell’ottocento si in<strong>di</strong>rizzassero<br />

dove vi era una carenza <strong>di</strong> offerta locale <strong>di</strong> lavoro: il Piemonte e la Lombar<strong>di</strong>a, con epicentro nelle<br />

risaie vercellesi; le zone cerealicole della costa tra Piombino ed il Circeo; i campi della Puglia che<br />

soffrivano <strong>di</strong> una mancanza endemica <strong>di</strong> braccia tanto che “Quivi si perdono in tempo <strong>di</strong><br />

abbondanza gli olivi, perché mancano le braccia”; il Marchesato le cui culture dovevano tutto al<br />

lavoro dei forestieri dato che “Scarsissimo e’ il numero dei conta<strong>di</strong>ni nelle due Calabrie”. L’autrice<br />

non sembra però cogliere le implicazioni del ruolo della domanda per il contesto migratorio nel suo<br />

complesso limitandosi a parlare <strong>di</strong> una interazione tra l’irruzione della rivoluzione demografica e la<br />

sfasatura dei lavori agricoli in <strong>di</strong>verse zone e a cercare la spiegazione delle ondate migratorie<br />

italiane quasi unicamente nelle con<strong>di</strong>zioni economiche della aree <strong>di</strong> partenza. In particolare<br />

l’autrice presenta un’analisi estremamente articolata delle tendenze economiche che, nelle sue<br />

parole, “decapitarono l’industria domestica e assottigliarono, fino a farli sparire del tutto, i cespiti<br />

della popolazione conta<strong>di</strong>na. ... Questo insieme <strong>di</strong> sventure si tradusse in una mobilitazione<br />

transoceanica senza precedenti in grado, questa sì, <strong>di</strong> competere con i sommovimenti analoghi <strong>di</strong><br />

altre latitu<strong>di</strong>ni.”<br />

Quin<strong>di</strong> anche in questo saggio prevale fortemente un’impostazione che tende a spiegare i<br />

flussi migratori sulla base della situazione demografica ed economica delle aree <strong>di</strong> partenza, dando<br />

un’importanza del tutto marginale alle con<strong>di</strong>zioni delle domanda <strong>di</strong> lavoro espressa dai paesi <strong>di</strong><br />

sbocco ed alle sue oscillazioni. Su <strong>di</strong> una linea analoga si pongono i lavori <strong>di</strong> Amoreno Martellini<br />

sull’emigrazione transoceanica del dopoguerra e quello <strong>di</strong> Federico Romero sull’emigrazione<br />

operaia in Europa tra il 1948 ed il 1973 59 .<br />

56 Antonio Golini e Flavia Amato, “Uno sguardo ad un secolo e mezzo <strong>di</strong> emigrazione italiana” in , P. Bevilacqua, A. De<br />

Clementi e E. Franzina (a cura <strong>di</strong>), Storia dell’emigrazione italiana. Partenze, Donzelli E<strong>di</strong>tore, 2001, pag. 46<br />

57 Del Panta, op. cit., pag. 199. Per quanto riguarda il periodo tra le due guerre, Del Panta si limita a ricordare che la<br />

<strong>di</strong>minuzione dei flussi che si verificò durante il periodo fascista è d’attribuire, da un lato alle restrizioni messe in essere<br />

dai governi dei paesi <strong>di</strong> sbocco, primi fra tutti gli Stati Uniti, e dall’altro alle politiche del regime fascista. Infine,<br />

relativamente al secondo dopoguerra, Del Panta si limita a caratterizzare i flussi <strong>di</strong> tale periodo senza fornirne alcuna<br />

spiegazione.<br />

58 Andreina De Clementi, “La “grande emigrazione”: dalle origini alla chiusura degli sbocchi americani”, P. Bevilacqua,<br />

A. De Clementi e E. Franzina (a cura <strong>di</strong>), Storia dell’emigrazione italiana. Partenze, Donzelli E<strong>di</strong>tore, 2001, pagg.<br />

187-212.<br />

59<br />

Amoreno Martellini, “L’emigrazione transoceanica fra gli anni quaranta e sessanta” e Federico Romero,<br />

“L’emigrazione operaia in Europa (1948-1973)”, in P. Bevilacqua, A. De Clementi e E. Franzina (a cura <strong>di</strong>),<br />

rispettivamente pagg 369-384 e pagg. 397-414.<br />

57

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