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Il futuro demografico dell'Italia - Dipartimento di Economia politica

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quello <strong>di</strong> capire se i demografi <strong>di</strong>spongano <strong>di</strong> una strumentazione adeguata per assolvere a questo<br />

ruolo nodale.<br />

La “teoria” demografica delle migrazioni con<strong>di</strong>vide in maniera più o meno implicita numerosi<br />

elementi dell’impostazione economica. In primo luogo il contesto liberista e quin<strong>di</strong> l’interesse<br />

prioritario per l’analisi delle decisioni in<strong>di</strong>viduali <strong>di</strong> partenza. Rispetto alle analisi economiche le<br />

analisi demografiche sono, tuttavia, molto meno formalizzate, decisamente più descrittive e quin<strong>di</strong><br />

più inclini a cercare spiegazioni contingenti. In sostanza i demografi non hanno mai prodotto un<br />

“modello” dei flussi migratori. Infine, anche le analisi demografiche tendono a vedere i flussi<br />

migratori come elementi <strong>di</strong> riequilibrio delle situazioni demo - economiche dei vari paesi 53 . La<br />

situazione tipica è quella <strong>di</strong> un contesto in cui cause <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne <strong>demografico</strong> ed economico portano<br />

alla costituzione <strong>di</strong> un eccesso <strong>di</strong> popolazione che non può trovare sbocco nel mercato locale del<br />

lavoro o che comunque non trova sostentamento nel processo economico dell’area <strong>di</strong> residenza. A<br />

questo punto si ipotizza che, come in un sistema <strong>di</strong> vasi comunicanti l’acqua si riversa dai bacini<br />

con un livello più elevato a quelli in cui il livello è più basso finché i livelli non si siano eguagliati,<br />

così una parte delle persone che vivono in paesi caratterizzati da un eccesso relativo <strong>di</strong> popolazione<br />

è soggetta ad una pressione che spinge una parte dei suoi componenti ad emigrare verso altri paesi<br />

dove la popolazione è relativamente carente.<br />

In questa ottica alla metà degli anni ’80 Chesnais osservava che le varie fasi delle gran<strong>di</strong><br />

migrazioni transoceaniche del secolo scorso trovano un convincente riscontro temporale<br />

nell’evoluzione della transizione demografica nei gruppi <strong>di</strong> paesi da cui partirono i flussi migratori<br />

<strong>di</strong> ciascuna fase. Così, all’inizio del processo la maggior parte degli emigranti proviene dai paesi<br />

del Nord Europa, i primi ad entrare nel percorso della “transizione demografica”, mentre nella<br />

seconda entrano in scena i paesi dell’Europa meri<strong>di</strong>onale dove il fenomeno inizia più tar<strong>di</strong> 54 .<br />

Non è quin<strong>di</strong> sorprendente che la maggior parte delle interpretazioni demografiche dei flussi<br />

migratori italiani prendano l’avvio dalla tesi che una crescita demografica non accompagnata da<br />

un’adeguata crescita economica abbia svolto un ruolo fondamentale nell’attivare i flussi migratori<br />

L’analisi <strong>di</strong> alcuni recenti lavori sui flussi migratori italiani può essere utile per chiarire<br />

l’impostazione demografica e metterne in luce i limiti.<br />

Ad esempio, nel bel volume de<strong>di</strong>cato da Laterza a “La popolazione italiana dal me<strong>di</strong>oevo ad<br />

oggi”, Del Panta 55 così spiega l’inizio dei flussi migratori italiani verso l’estero: “In linea <strong>di</strong><br />

principio i fattori che determinarono l’innesco del grande esodo <strong>di</strong> massa sono abbastanza evidenti.<br />

In una fase <strong>di</strong> crescita demografica, generata dal <strong>di</strong>vario temporale tra l’inizio del calo della<br />

mortalità e quello del declino della fecon<strong>di</strong>tà, ed in presenza <strong>di</strong> risorse limitate e poco estensibili nel<br />

breve periodo, furono soprattutto gli effetti della grande crisi agraria degli anni Ottanta a scar<strong>di</strong>nare,<br />

nelle aree più povere del nuovo Stato unitario, un’economia <strong>di</strong> sussistenza sopravvissuta fino ad<br />

allora anche grazie al contributo che, ai magri bilanci familiari, arrecava in molti casi la pratica<br />

della mobilità temporanea”. Quin<strong>di</strong>, secondo Del Panta, l’inizio del grande esodo migratorio del<br />

nostro paese fu causato da una situazione <strong>di</strong> eccesso <strong>di</strong> offerta <strong>di</strong> lavoro provocato, da un lato, dalla<br />

crescita demografica e, dall’altro, dalla crisi del settore agricolo. Ma a questo esodo <strong>di</strong> piccoli<br />

proprietari, mezzadri ed affittuari del Veneto seguì ben presto quello <strong>di</strong> braccianti, artigiani e operai<br />

delle città e poi <strong>di</strong> lavoratori del sud già impegnati in attività agricole, rispetto ai quali la precedente<br />

spiegazione non sembra più applicarsi.<br />

Analogamente, nel recente volume <strong>di</strong> Donzelli “Storia dell’emigrazione italiana – Partenze”<br />

Golini ed Amato scrivono: ”Le <strong>di</strong>fferenze temporali nelle fasi dello sviluppo industriale e della<br />

conseguente grande urbanizzazione .. e le <strong>di</strong>fferenze temporali nelle fasi della transizione<br />

53 “Fra le metà dell’ottocento e l’inizio del novecento in una fase storica come quella della grande industrializzazione –<br />

partita nei vari paesi europei in tempi <strong>di</strong>versi e proseguita con velocità <strong>di</strong>verse – si era venuto a creare uno squilibrio fra<br />

“eccesso” <strong>di</strong> crescita demografica e non adeguato sviluppo economico, soprattutto occupazionale. Le migrazioni erano in<br />

grado <strong>di</strong> dare un contributo decisivo al ristabilimento degli equilibri <strong>demografico</strong> – economici e <strong>di</strong> contribuire in larga<br />

misura a risolvere i problemi <strong>di</strong> sottosviluppo delle aree <strong>di</strong> origine perché riuscivano a scaricare dall’Europa fino al<br />

20%del surplus <strong>demografico</strong> annuale”. A. Golini, La popolazione del pianeta, <strong>Il</strong> Mulino, 1999; pag. 95. Si noti che in<br />

questo passaggio come negli altri dello stesso argomento il concetto <strong>di</strong> eccesso <strong>di</strong> crescita demografica non è mai definito<br />

rispetto a qualche variabile <strong>di</strong> riferimento e rimane quin<strong>di</strong> non misurabile.<br />

54 Si veda su questo punto M. Livi Bacci, La trasformazione demografica delle società Europee, Loescher, 1984, I. C.<br />

Chesnais, La transition demographique, Ined, 1986<br />

55 Lorenzo Del Panta, “Dalla metà del settecento ai nostri giorni”, in L. Del Panta, M. Livi Bacci, G. Pinto e E. Sonnino,<br />

op. cit., pag. 197.<br />

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