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Il futuro demografico dell'Italia - Dipartimento di Economia politica

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<strong>Il</strong> primo lavoro <strong>di</strong> teoria economica in tema <strong>di</strong> migrazioni è lo storico paper <strong>di</strong> Lewis nel quale<br />

le migrazioni dal settore arretrato verso il settore moderno costituiscono allo stesso tempo un<br />

meccanismo <strong>di</strong> sviluppo e <strong>di</strong> riequilibrio 37 . L’ipotesi <strong>di</strong> questo modello, come dei successivi è,<br />

infatti, che lo spostamento <strong>di</strong> persone da un settore all’altro, da una zona all’altra o da un paese ad<br />

un altro incida sull’offerta <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> entrambi livellando i salari ed i costi del lavoro, mentre il<br />

trasferimento <strong>di</strong> rimesse contribuisce alla crescita economica delle aree <strong>di</strong> partenza Va sottolineato<br />

che in questa visione del mondo i flussi migratori non sono rappresentati come un complesso<br />

fenomeno <strong>demografico</strong>, economico e sociale, ma sono più semplicemente la somma <strong>di</strong><br />

comportamenti in<strong>di</strong>viduali. Nel tempo questa impostazione <strong>di</strong> base 38 ha dato luogo ad una serie <strong>di</strong><br />

specificazioni alternative delle motivazioni della scelta migratoria e dei processi decisionali. 39<br />

Nel 1962 Sjastad 40 utilizzò la “nuova” teoria del capitale umano 41 per leggere le migrazioni<br />

come un investimento teso a massimizzare il red<strong>di</strong>to dell’in<strong>di</strong>viduo. Nel modello <strong>di</strong> Sjastad la<br />

variabile esplicativa è costituita dal valore attuale delle <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to conseguibili nelle aree<br />

confrontate, al netto dei costi monetari e psicologici del trasferimento. Nel 1969 Todaro 42 produsse<br />

un modello che teneva conto della probabilità che l’immigrato aveva <strong>di</strong> trovare lavoro e considerò<br />

anche la situazione dell’immigrazione illegale e del conseguente rischio <strong>di</strong> espulsione. Lavori<br />

successivi analizzarono le conseguenze sulla scelta migratoria <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse propensioni al rischio e<br />

non appare certo sconvolgente la conclusione dei primi lavori <strong>di</strong> questo genere che riscontrarono<br />

una correlazione positiva tra propensione al rischio e scelte migratorie 43 .<br />

Ovviamente, fu sufficiente complicare un poco il mondo perché il quadro risultasse più<br />

articolato. Ad esempio, ponendo la famiglia come attore decisionale 44 ed ipotizzando che<br />

l’obiettivo perseguito fosse quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>versificare le fonti <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to, in modo da assicurarsi contro<br />

il rischio <strong>di</strong> un cattivo raccolto, Katz e Stark 45 <strong>di</strong>mostrarono che in certe con<strong>di</strong>zioni l’avversione al<br />

rischio poteva essere superata, che il <strong>di</strong>fferenziale <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to non è una con<strong>di</strong>zione necessaria per la<br />

scelta migratoria e che quin<strong>di</strong> lo sviluppo locale non necessariamente riduce i flussi in uscita. <strong>Il</strong><br />

<strong>di</strong>fferenziale <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to tra paese <strong>di</strong> partenza e paese <strong>di</strong> arrivo risulta irrilevante anche quando la<br />

scelta migratoria <strong>di</strong>penda dal desiderio dell’in<strong>di</strong>viduo <strong>di</strong> migliorare il proprio red<strong>di</strong>to relativo nel<br />

paese <strong>di</strong> partenza 46 .<br />

Altri lavori abbandonarono le ipotesi strettamente neoclassiche <strong>di</strong> omogeneità degli in<strong>di</strong>vidui,<br />

simmetria delle informazioni e massimizzazione dell’utilità. <strong>Il</strong> <strong>di</strong>fferenziale <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to e lo sviluppo<br />

locale tornano così a giocare un ruolo rilevante quando gli in<strong>di</strong>vidui attribuiscano una maggiore<br />

utilità al consumo nel paese <strong>di</strong> partenza rispetto a quello d’arrivo, non siano omogenei rispetto alla<br />

probabilità <strong>di</strong> emigrare e la realizzazione del progetto migratorio sia con<strong>di</strong>zionata dalla <strong>di</strong>sponibilità<br />

delle risorse necessarie per attuare il progetto migratorio 47 . Queste conclusioni risultano però<br />

ancora una volta capovolte, almeno in certe con<strong>di</strong>zioni, quando si ipotizzi che il lavoratore<br />

preferisca risiedere nel proprio paese, il livello salariale del paese <strong>di</strong> arrivo <strong>di</strong>penda dal livello <strong>di</strong><br />

qualificazione e si introduca l’ipotesi <strong>di</strong> informazioni asimmetriche 48 .<br />

37 A.W Lewis, “Economic development with unlinmited supplies of labor, The Manchester School of Economics and<br />

Social Stu<strong>di</strong>es, n. 22, pagg. 139-191, 1954<br />

38 Per una recente rassegna si veda: Alessandra Venturini, Le migrazioni ed i paesi sud europei. Un’analisi economica,<br />

Utet Libreria, Torino 2001.<br />

39 La teoria economica delle migrazioni è un tipico esempio <strong>di</strong> scienza normale in cui le ipotesi alternative che vengono<br />

utilizzate per produrre nuovi teoremi, anche sulla base degli sviluppi più recenti della <strong>di</strong>sciplina, rimangono in gran parte<br />

all’interno del para<strong>di</strong>gma.<br />

40 L.A Sjiastad, “The costs and returns of human migration”, Journal of Political Economy, n. 86, 1962<br />

41 T.W. Shultz, “Investment in human capital”, American Economic Review, n. 51, 1961, pagg. 1-17<br />

42 M. Todaro, A nodel of labour migration and urban unemployment in less developed countries, The American<br />

Economic Review, n. 59, pagg. 138-148, 1969<br />

43 P.C. Langley, The spatial allocation of migrants in England and Wales, Scottish Journal of Political Economy, 21, n.<br />

3, pagg. 259-277, 1974; R. A. Hart, Interregional economic migration: some theoretical considerations, Journal of<br />

Regional Sciences, 15, n. 5, pagg. 289-305, 1975<br />

44 O. Stark e D. E. Bloom, The new economics of labor migration, The American Economic Review, n. 75, 1985.<br />

45 E. Katz e O. Stark, “Labor migration and asymmetric information with moving and signaling costs”, Economic<br />

Letters, 1986.<br />

46 O. Stark e D. Levhari, labor migrations as a response to relative deprivation, Journal of Development Stu<strong>di</strong>es, 1, 99.<br />

55-70, 1988; O. Stark e E Taylor, Relative deprivation and international migration, Demography, 26, pagg. 1-14, 1989.<br />

47 R. Faini e A. Venturini, “Italian migration in the pre-war period”, in T Hatton e J. Williams (a cura <strong>di</strong>), Migration and<br />

international labour market (1850-1913), Routledge, Londra.<br />

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