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Il futuro demografico dell'Italia - Dipartimento di Economia politica

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Rispetto al passato essa non mette nel conto il dramma delle migrazioni <strong>di</strong> massa che hanno<br />

caratterizzato i paesi europei nel corso del XIX secolo e che se si sono tradotte in storie <strong>di</strong> successo<br />

per una minoranza, hanno rappresentato per la maggioranza delle persone e delle famiglie<br />

coinvolte drammatiche esperienze <strong>di</strong> abbandono della loro terra, sbarchi in paesi stranieri dove,<br />

come ben testimonia quanto oggi accade in Italia, l’accoglienza non era certamente entusiastica,<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> miseria e <strong>di</strong> sra<strong>di</strong>camento culturale, ritorni spesso in situazioni analoghe se non<br />

peggiori a quelle <strong>di</strong> partenza.<br />

Per quanto riguarda il periodo più recente, l’analisi svolta nel capitolo 4 ha documentato la<br />

drammatiche crescita demografica sperimentata da numerosi pesi in via <strong>di</strong> sviluppo e quella che<br />

verrà sperimentata dai paesi sottosviluppati. Credo che nessuno possa sostenere che in questi casi<br />

la crescita demografica abbia rappresentato e rappresenterà una risorsa ed una molla <strong>di</strong> sviluppo.<br />

Essa è stata e sarà causa <strong>di</strong> miseria fisica e morale e, come sempre, saranno i più deboli, ed in<br />

particolare i bambini, a soffrirne maggiormente.<br />

Rispetto ai paesi che sono più avanti nella “transizione” è evidente che la visione classica <strong>di</strong><br />

equilibrio finale proposta da Livi Bacci è totalmente sconfessata dalle tendenze demografiche in<br />

atto che risultano poi estremamente lontane da con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> efficienza. Se è vero che in<br />

molti paesi la probabilità <strong>di</strong> morte prima dei 50 anni è ormai estremamente ridotta e che nelle età<br />

più avanzate essa è una funzione <strong>di</strong>retta dell’età, è anche vero che ciò che si sta verificando è un<br />

rovesciamento della pendenza della piramide dell’età, un fenomeno che non può certo essere<br />

definito “naturale” secondo i normali parametri. Anche se a mio modo <strong>di</strong> vedere i pericoli <strong>di</strong> non<br />

sostenibilità degli attuali sistemi <strong>di</strong> welfare sono del tutto infondati o potrebbero comunque essere<br />

gestiti con le opportune politiche, questo fenomeno ha già determinato notevoli regressi <strong>di</strong> tali<br />

sistemi rispetto alla situazione precedente ed altri ne determinerà nei prossimi anni.<br />

L’aspetto <strong>di</strong> maggiore <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne sociale ed economico è però rappresentato dal calo della<br />

popolazione autoctona in età lavorativa e dalle sue conseguenze.<br />

5. Fabbisogno <strong>demografico</strong> <strong>di</strong> lavoro e migrazioni internazionale nella prima metà del XXI<br />

secolo<br />

Come abbiamo visto all’inizio <strong>di</strong> questo capitolo, vi sono già 67 paesi con un tasso <strong>di</strong> fecon<strong>di</strong>tà<br />

sotto la soglia <strong>di</strong> sostituzione e la cui popolazione in età lavorativa è, pertanto, destinata a<br />

<strong>di</strong>minuire.<br />

Secondo le stime della Population Division, in assenza <strong>di</strong> flussi migratori, tra il 2005 ed il<br />

2025, la popolazione in età lavorativa dovrebbe <strong>di</strong>minuire in 47 paesi. Tra il 2025 ed il 2050, 378 il<br />

fenomeno dovrebbe interessare altri 15 paesi portando il numero totale dei paesi dell’area del<br />

potenziale calo della PEL a 62.<br />

I primi 47 includono 7 paesi asiatici (Hong Kong, Macao, Giappone, Corea del Sud, Singapore<br />

Cipro e Georgia), tutti i paesi europei ad eccezione <strong>di</strong> Islanda ed Irlanda (oltre all’Albania che<br />

come abbiamo visto non fa parte della ADDP), le Barbados, il Canada e l’Australia. Nei 25 anni<br />

successivi entrano nel novero gli Stati Uniti, l’Islanda e l’Irlanda, il Cile, Cuba e gli altri 5 stati<br />

Caraibici che abbiamo già visto avere un tasso <strong>di</strong> fecon<strong>di</strong>tà sotto la soglia <strong>di</strong> sostituzione. In Asia<br />

si registra l’ingresso <strong>di</strong> Azebaijian, Armenia, Tailan<strong>di</strong>a e soprattutto della Cina. In Africa <strong>di</strong><br />

Mauritius<br />

Pertanto, nel 2025 la popolazione in età lavorativa interessata da un <strong>futuro</strong> decremento della<br />

popolazione autoctona ammonterà a circa 1,9 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> unità (un miliardo dei quali in Cina), vale<br />

a <strong>di</strong>re al 36% della popolazione mon<strong>di</strong>ale in questa fascia <strong>di</strong> età.<br />

Nel primo intervallo la <strong>di</strong>minuzione della PEL dovrebbe ammontare a circa 72 milioni <strong>di</strong> unità;<br />

nel secondo intervallo il calo, relativo adesso a 62 paesi, dovrebbe essere <strong>di</strong> circa 291 milioni <strong>di</strong><br />

unità, <strong>di</strong> cui 140 in Cina. Pertanto, in assenza <strong>di</strong> flussi migratori, il calo della popolazione in età<br />

lavorativa tenderà ad intensificarsi nel corso della prima metà del secolo e questa tendenza<br />

dovrebbe confermarsi anche nei 50 anni successivi sia per il probabile ingresso <strong>di</strong> nuovi paesi<br />

nell’ADDP, sia per il probabile intensificarsi del fenomeno nei paesi già interessati.<br />

L’incidenza del fenomeno varia notevolmente da paese a paese in funzione dell’intensità del<br />

calo della natalità e dell’anno in cui la fecon<strong>di</strong>tà è scesa sotto il livello <strong>di</strong> rimpiazzo.<br />

378 Kazakistan, Vietnam, Libano, Giamaica e Bahamas<br />

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