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Il futuro demografico dell'Italia - Dipartimento di Economia politica

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contribuissero, insieme alla progressiva <strong>di</strong>minuzione della mortalità che si veniva concentrando<br />

sempre più nelle età più avanzate, a far aumentare la popolazione nella fase lavorativa della vita.<br />

Le prime aree del vecchio mondo nelle quali la cosiddetta transizione demografica ha avuto<br />

inizio -e che sono state quin<strong>di</strong> le prime ad accumulare un enorme potenziale migratorio- hanno<br />

avuto la possibilità <strong>di</strong> mantenere una situazione <strong>di</strong> equilibrio della popolazione in età lavorativa<br />

alimentando consistenti flussi <strong>di</strong>retti verso il nuovo mondo. Successivamente, il <strong>di</strong>sequilibrio ha<br />

preso la forma <strong>di</strong> una elevata <strong>di</strong>soccupazione che, nel caso dell’Italia, è stato gestito, da un punto<br />

<strong>di</strong> vista sociale, me<strong>di</strong>ante una concentrazione nella fasi iniziali della fase lavorativa, e quin<strong>di</strong> con il<br />

supporto delle famiglie <strong>di</strong> origine. <strong>Il</strong> problema del carico sociale risultava comunque abbastanza<br />

modesto dato che l’età me<strong>di</strong>a alla morte non era molto più elevata <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> pensionamento.<br />

Questo scenario è in corso <strong>di</strong> totale capovolgimento a seguito della caduta della natalità delle<br />

popolazioni autoctone sotto il livello <strong>di</strong> rimpiazzo, e del progressivo aumento della durata della<br />

vita. Per quanto riguarda il primo punto ritengo che le probabilità <strong>di</strong> un forte aumento della<br />

fecon<strong>di</strong>tà delle popolazione autoctona siano molto basse e che una fecon<strong>di</strong>tà sotto il livello <strong>di</strong><br />

rimpiazzo debba ormai essere considerata, per motivi che <strong>di</strong>scuterò più ampiamente nel prossimo<br />

capitolo, un dato strutturale e caratterizzante della presente fase demografica. Ricordo anche che,<br />

qualora le tendenze in atto si confermassero, servirebbero circa 90 anni per portare la fecon<strong>di</strong>tà<br />

della popolazione italiana 312 al livello <strong>di</strong> rimpiazzo. Per quanto riguarda il secondo punto, sono<br />

personalmente convinto che i progressi della genetica in<strong>di</strong>chino che siamo soltanto all’inizio <strong>di</strong> una<br />

nuova fase storica che potrebbe portare l’età alla morte a limiti oggi impensati. Osservo infine che<br />

i margini <strong>di</strong> aumento della popolazione in età lavorativa causati da ulteriori possibili <strong>di</strong>minuzioni<br />

della mortalità nelle fasce <strong>di</strong> età da essa coperta sono molto ridotti.<br />

La catena causale che ho precedentemente delineato e che porta dalla denatalità<br />

all’immigrazione ed al conseguente contributo delle donne straniere alle nascite potrebbe essere<br />

interpretata come la manifestazione <strong>di</strong> un meccanismo naturale ed endogeno <strong>di</strong> riequilibrio<br />

<strong>demografico</strong>. Al <strong>di</strong> là delle <strong>di</strong>verse valutazioni personali sulla presenza o meno <strong>di</strong> forze<br />

riequilibratici all’interno dei macro sistemi socio – economici 313 , credo che l’atteggiamento<br />

corretto dovrebbe comunque essere quello <strong>di</strong> non lasciare che sia solo il “mercato” a determinare<br />

l’evoluzione demografica, ma che sia opportuno intervenire per raggiungere nel periodo più breve<br />

possibile una situazione <strong>di</strong> quasi equilibrio <strong>demografico</strong> e per creare le con<strong>di</strong>zioni che consentano<br />

<strong>di</strong> mantenerla. Una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> continuo fabbisogno <strong>di</strong> manodopera straniera non può, infatti,<br />

che avere effetti negativi sul funzionamento <strong>di</strong> quasi tutti gli aspetti ed i comparti della nostra<br />

società e della nostra economia.<br />

La struttura attuale della popolazione italiana implica -e gli esercizi <strong>di</strong> scenario lo mostrano<br />

chiaramente- che il numero dei morti tenderà progressivamente ad aumentare per i prossimi 50 anni<br />

raggiungendo una cifra intorno alle 800mila unità verso la metà del secolo. <strong>Il</strong> valore effettivo<br />

<strong>di</strong>penderà, tuttavia, dalla quantità dei sal<strong>di</strong> migratori e dalla loro struttura per classe <strong>di</strong> età 314 . Un<br />

valore <strong>di</strong> circa 850.000 nati, 300mila in più del valore attuale, potrebbe pertanto costituire un target<br />

realistico per il raggiungimento <strong>di</strong> un equilibrio <strong>demografico</strong> alla metà del secolo.<br />

Poiché al momento attuale la situazione non è molto lontana da quella <strong>di</strong> equilibrio, il<br />

problema è quello <strong>di</strong> generare un progressivo aumento delle nascite che le mantenga in linea con<br />

tale obiettivo. Tradotto in valori me<strong>di</strong> annui il numero dei nati dovrebbe aumentare <strong>di</strong> circa 7.000,<br />

7.500 unità all’anno per i prossimi 40 anni.<br />

Se rimaniamo all’interno <strong>di</strong> un orizzonte temporale della durata <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>ci anni, come abbiamo<br />

fatto sviluppando gli scenari nel capitolo precedente, ciò implicherebbe un aumento <strong>di</strong> circa<br />

110mila nascite, il che porterebbe il numero desiderato dei nati a circa 670mila nel 2021. Le nostre<br />

simulazioni hanno mostrato che, anche con i flussi migratori generati da un aumento della<br />

312 È tuttavia molto probabile che in tale intervallo <strong>di</strong> tempo il parlare <strong>di</strong> popolazione italiana così come la inten<strong>di</strong>amo<br />

oggi non abbia più senso.<br />

313 Personalmente ritengo che l’ipotesi <strong>di</strong> equilibrio possa in certi casi rappresentare una approssimazione alla realtà<br />

sufficientemente buona data la durata temporale relativa <strong>di</strong> molti dei fenomeni che analizziamo, ma che il generale corso<br />

degli eventi sia, forse, per quelli che ricadono nel campo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o delle scienze fisiche, sia, certamente, per quelli che<br />

ricadono in una ampia definizione della zoologia e nei quali rientrano quelli della specie a cui apparteniamo, siano<br />

dominati da tendenze evolutive in cui la causalità è la caratteristica dominante ed in cui solo il nostro desiderio <strong>di</strong><br />

sicurezza ci porta a leggere l’adattamento ambientale come la manifestazione <strong>di</strong> tendenze riequilibratici e teleologiche.<br />

314 Questo valore potrebbe essere una sottostima in presenza <strong>di</strong> flussi migratori più che sostitutivi e non regolati della<br />

popolazione in età lavorativa<br />

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