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Il futuro demografico dell'Italia - Dipartimento di Economia politica

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in età lavorativa dei sette paesi considerati) il calo sarà drammatico: -14,4% in Ucraina, -9,6% in<br />

Moldavia, -9% in Romania e -5% in Polonia e sarà pari, nel totale, a quasi 8 milioni <strong>di</strong> unità.<br />

Malgrado questi andamenti demografici, la Population Division ritiene che questi paesi<br />

continueranno ad essere esportatori netti <strong>di</strong> manodopera fino al 2050. Tutta l’impostazione proposta<br />

in questo lavoro porta a fornire una previsione totalmente <strong>di</strong>versa. Ritengo, infatti, che Ucraina,<br />

Romania, Polonia e Moldavia registreranno nei prossimi 15 anni un’inversione del segno del saldo<br />

migratorio come successo negli anni ’70 ai paesi del Sud Europa ed esattamente per la stessa<br />

ragione: l’esaurirsi del potenziale migratorio a seguito della contrazione della natalità e dei forti<br />

flussi in uscita da essi registrati. In seguito, anche questi paesi saranno inevitabilmente interessati<br />

da un crescente fabbisogno strutturale <strong>di</strong> manodopera le cui conseguenze non potranno che essere<br />

simili a quelle previste per l’Italia.<br />

Per quanto riguarda il nostro paese, l’implicazione è che nei prossimi quin<strong>di</strong>ci anni le fonti<br />

Europee <strong>di</strong> manodopera tenderanno progressivamente ad esaurirsi, mentre il fabbisogno <strong>di</strong><br />

manodopera straniera tenderà ad aumentare. Fino ad ora l’Italia non si è posta il problema se ed in<br />

che misura fosse importante effettuare delle scelte relative alla provenienza degli immigrati,<br />

limitandosi a fissare quote preferenziali per i paesi <strong>di</strong>sposti a collaborare nel controllo dei flussi<br />

clandestini. L’auspicabile passaggio da politiche <strong>di</strong>fensive, ispirate dalla paura dell’invasione, ad<br />

atteggiamenti proattivi e a politiche dell’immigrazione volte a raggiungere obiettivi ben definiti<br />

dovrebbe portare a comprendere che una <strong>politica</strong> della provenienza potrebbe avere numerose<br />

valenze e costituire un importante tema <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione.<br />

Flussi migratori della consistenza qui ipotizzata non potranno non generare problemi<br />

d’inserimento sociale la cui complessità <strong>di</strong>penderà dalla <strong>di</strong>fferenze culturale dei nuovi arrivati. Ciò<br />

detto, rimane tuttavia da comprendere che cosa si debba intendere per <strong>di</strong>fferenze culturali e<br />

<strong>di</strong>scutere quali <strong>di</strong>fferenze risultino più accettabili per la nostra società. In tutti i casi credo che la<br />

cosa fondamentale sia quella <strong>di</strong> non aver paura <strong>di</strong> aprire su questo tema un <strong>di</strong>battito il più ampio ed<br />

articolato possibile. <strong>Il</strong> risultato dovrebbe essere perlomeno quello portare allo scoperto i nostri<br />

pregiu<strong>di</strong>zi e <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffondere una migliore conoscenza degli “altri”.<br />

La scelta dei paesi <strong>di</strong> provenienza può poi avere importanti valenze anche <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne economico:<br />

invece <strong>di</strong> fornire quote privilegiate ai paesi che ci aiutano a controllare i nostri confini, la<br />

concessione <strong>di</strong> quote potrebbe <strong>di</strong>venire uno strumento <strong>di</strong> <strong>politica</strong> commerciale in aprticolare per<br />

quanto riguarda le fonti energetiche e le materia prime. Anche in questo caso la complessità del<br />

problema non si presta a facili proposte e credo che una eventuale Agenzia per l’immigrazione<br />

dovrebbe avere il compito <strong>di</strong> fornire analisi e suggerimenti da <strong>di</strong>scutere nelle opportune se<strong>di</strong><br />

politiche.<br />

4. <strong>Il</strong> riequilibrio <strong>demografico</strong><br />

A partire dal 1993 la popolazione italiana presenta un saldo <strong>demografico</strong> naturale negativo che,<br />

al <strong>di</strong> là delle oscillazioni <strong>di</strong> breve periodo, risulta tendenzialmente crescente. <strong>Il</strong> contributo dato dal<br />

saldo naturale generato dalla popolazione straniera, sempre fortemente positivo, non è stato fino ad<br />

ora sufficiente a controbilanciare il saldo della popolazione italiana, se non nel 2004 e nel 2006.<br />

C’è poi un tendenziale accordo degli scenari demografici ad oggi <strong>di</strong>sponibili che questa situazione<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sequilibrio naturale sia destinata non solo a permanere, ma ad aggravarsi nel corso dei<br />

prossimi 40 anni.<br />

Come abbiamo visto nel Capitolo 1 (si veda in particolare la Tav. 1.3), secondo la previsione<br />

“pessimistica” dell’ISTAT nel 2050 i nati dovrebbero essere 356mila ed i morti 843mila, il che<br />

genererebbe un saldo naturale negativo <strong>di</strong> 487mila unità. Secondo la previsione “ottimistica” i nati<br />

dovrebbero essere 448mila ed i morti 773 mila il che porterebbe il saldo naturale a -325mila unità.<br />

Analoghi i dati delle Nazioni Unite che prevedono 472mila nati, 787mila morti ed una saldo <strong>di</strong> -<br />

315mila unità. Nel primo caso il numero dei nati rappresenta il 42,2% del numero necessario per<br />

produrre un equilibrio tra nascite e morti, nel secondo il 58%, nel terzo il 60.0%. Inoltre, in tutti<br />

questi scenari il contributo del saldo migratorio risulta largamente insufficiente a colmare il saldo<br />

naturale della popolazione residente per cui il saldo totale dei tre scenari nel 2050 risulta uguale<br />

rispettivamente a – 363mila, -175mila e -180mila unità.<br />

La storia della popolazione italiana ed europea mostra che perio<strong>di</strong> anche molto lunghi <strong>di</strong><br />

progressivo calo della popolazione totale si sono già verificati e che tali perio<strong>di</strong> furono<br />

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