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Il futuro demografico dell'Italia - Dipartimento di Economia politica

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Obiettivo <strong>di</strong> questo capitolo è quello <strong>di</strong> verificare la capacità esplicativa del modello proposto,<br />

<strong>di</strong> utilizzarlo poi costruire degli scenari del fabbisogno <strong>di</strong> manodopera straniera e dei sal<strong>di</strong><br />

migratori e per proporre degli scenari demografici che ne riflettano le conseguenze sul livello e<br />

sulla struttura della popolazione.<br />

La prima parte del capitolo presenta un confronto tra le tendenze demografiche del periodo<br />

1991-2006 e quelle del quin<strong>di</strong>cennio successivo. L’analisi mette in luce come i flussi migratori<br />

registrati dal nostro paese negli ultimi quin<strong>di</strong>ci anni siano stati <strong>di</strong> fatto esattamente commisurati al<br />

fabbisogno. Evidenzia poi che nei prossimi quin<strong>di</strong>ci anni il buco <strong>demografico</strong> sarà <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni<br />

maggiori <strong>di</strong> quelle sperimentate nell’intervallo precedente. Essa evidenzia, infine, gli effetti e le<br />

conseguenze dei flussi migratori realizzatisi in maniera del tutto incontrollata tra il 1991 ed il 2006.<br />

Più in particolare, i dati mostrano che flussi migratori non regolamentati hanno dato un contributo<br />

molto modesto al riequilibrio della situazione demografica del nostro paese, ma hanno coperto per<br />

circa l’80% il calo delle donne autoctone in età fertile.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o dell’andamento <strong>demografico</strong> e del mercato del lavoro nel periodo 2001-2006<br />

permette poi <strong>di</strong> testare il modello e <strong>di</strong> calcolare alcuni parametri fondamentali per la costruzione<br />

degli scenari. <strong>Il</strong> modello evidenzia come nel periodo considerato il fabbisogno occupazionale si sia<br />

concentrato quasi unicamente nel nord e nel centro, mentre il sud ha continuato a funzionare come<br />

bacino <strong>di</strong> emigrazione per le altre due circoscrizioni. <strong>Il</strong> fabbisogno occupazionale del periodo,<br />

stimato in circa 1,8 milioni <strong>di</strong> unità, è stato sod<strong>di</strong>sfatto per quasi il 60% dall’immigrazione, per il<br />

28% dall’assorbimento della <strong>di</strong>soccupazione e per poco più del 12% dall’aumento della<br />

partecipazione.<br />

Dopo aver presentato la metodologia che verrà adottata, la seconda parte del capitolo presenta<br />

tre scenari <strong>di</strong> massima <strong>di</strong> fabbisogno occupazionale, fabbisogno <strong>di</strong> manodopera straniera e sal<strong>di</strong><br />

migratori relativi a tre <strong>di</strong>verse ipotesi <strong>di</strong> crescita occupazionale: nulla, tendenziale ed interme<strong>di</strong>a. <strong>Il</strong><br />

saldo migratorio me<strong>di</strong>o annuo necessario per sod<strong>di</strong>sfare il fabbisogno <strong>di</strong> manodopera straniera nel<br />

prossimo quinquennio risulta compreso le 175mila unità del primo scenario e le 468mila del terzo.<br />

Gli scenari <strong>di</strong> massima evidenziano che aumenti dell’occupazione genereranno aumenti della<br />

popolazione in età lavorativa, miglioramenti dei principali in<strong>di</strong>catori del mercato del lavoro,<br />

aumenti dell’incidenza della popolazione straniera.<br />

<strong>Il</strong> paragrafo successivo <strong>di</strong>mostra che l’attuale <strong>di</strong>stribuzione territoriale e per classe <strong>di</strong> età della<br />

popolazione e dell’occupazione rendono del tutto irrealistico ipotizzare che il livello occupazionale<br />

del nostro paese possa aumentare senza attivare sal<strong>di</strong> migratori della <strong>di</strong>mensione appena in<strong>di</strong>cata.<br />

L’ultima parte del capitolo presenta in maniera più articolata gli scenari 2 e 3. I risultati <strong>di</strong><br />

questo esercizio oltre a fornire valutazioni più precise dei sal<strong>di</strong> migratori, ne dettagliano le<br />

conseguenze sull’incidenza della componente straniera, sulla sua <strong>di</strong>stribuzione per sesso e classe <strong>di</strong><br />

età. In<strong>di</strong>cano, inoltre, il contributo che l’immigrazione potrà fornire all’aumento della natalità -e<br />

quin<strong>di</strong> alla ricostituzione <strong>di</strong> una situazione <strong>di</strong> equilibrio <strong>demografico</strong> naturale- e mostrano che la<br />

chiave per il contenimento del carico strutturale è la crescita dell’occupaizone. Confermano, infine,<br />

che la conseguenza ultima della caduta della natalità sarà una crescita senza precedenti della<br />

popolazione.<br />

2. Tendenze demografiche a confronto: 1991-2006, 2006-2021<br />

Per mettere in una prospettiva storica il contesto <strong>demografico</strong> del periodo 2006-21 rispetto al<br />

quale costruiremo gli scenari <strong>di</strong> fabbisogno <strong>di</strong> manodopera ed i conseguenti scenari demografici,<br />

può essere utile confrontare quello che sarebbe successo alla popolazione residente in età<br />

lavorativa in assenza <strong>di</strong> flussi migratori tra il 1991 ed il 2006 e quello che succederebbe, nella<br />

stessa ipotesi, nel quin<strong>di</strong>cennio successivo.<br />

2.1 La popolazione in età lavorativa<br />

<strong>Il</strong> primo elemento che emerge è che il buco <strong>demografico</strong> della popolazione in età lavorativa del<br />

prossimo quin<strong>di</strong>cennio sarà decisamente più consistente <strong>di</strong> quello del quin<strong>di</strong>cennio precedente (3,1<br />

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