Il futuro demografico dell'Italia - Dipartimento di Economia politica

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Pertanto, se le frontiere del paese fossero state chiuse, la popolazione in età lavorativa, qui definita tra i 15 ed i 69 anni, sarebbe diminuita di 1.246.000 unità tra il 1991 ed il 2006 262 Secondo le nostre elaborazioni, il saldo migratorio è stato negativo solo in due degli otto quinquenni considerati: il 1976-81 ed il 1991-96. Il primo è quello in cui il nostro paese ha registrato il più elevato saldo naturale della popolazione in età lavorativa, il secondo quello in cui maggiore è stata la flessione del livello occupazionale. Notiamo poi che negli ultimi due quinquenni -che hanno registrato una crescita media annua dell’occupazione di 270mila unità- il saldo migratorio ha più che compensato il calo naturale della popolazione in età lavorativa. 2.000 1.500 Graf. 6.12 - Italia; maschi e femmine; popolazione in età lavorativa; saldi demografici Saldo naturale Saldo migratorio Saldo totale 1.000 500 0 -500 -1.000 1966-71 1971-76 1976-81 1981-86 1986-91 1991-96 1996-01 2001-06 Come conseguenza degli andamenti che abbiamo appena descritto, il saldo totale della popolazione in età lavorativa registra valori positivi nei primi cinque quinquenni, con un valore massimo di quasi due milioni tra il 1981 ed il 1986, valori negativi nei due successivi ed un valore positivo tra il 2001 ed il 2006. Si osservi che il calo più pronunciato della Popolazione in età lavorativa si registra nel periodo 1991-1996 nel quale ad un saldo naturale negativo si è sommato un saldo migratorio dello stesso segno e che è certamente da imputare alla contrazione della probabilità di trovare lavoro, a seguito della più grave crisi occupazionale che ha colpito l’Italia nel dopoguerra. In conclusione, gli aspetti più caratterizzanti delle tendenze demografiche che hanno interessato la popolazione in età lavorativa nei quaranta anni qui considerati sono stati i seguenti: • Il progressivo calo del saldo generazionale che presenta, tuttavia, un sia pur modesto valore positivo anche nell’ultimo quinquennio analizzato; questo andamento è da imputare al contemporaneo calo delle entrate ed aumento delle uscite per compimento di età; • Il conseguente progressivo calo del saldo naturale che, malgrado la forte diminuzione delle morti, è divenuto negativo all’inizio anni ‘90 e, a partire da tale momento, presenta valori assoluti crescenti; • Saldi migratori sempre positivi, ad eccezione di due quinquenni e causati, il primo, dall’andamento delle variabili demografiche, il secondo, da quello delle variabili economiche. 3.2.2 Occupazione e forze di lavoro Tra il 1966 ed il 2006 l’occupazione totale del nostro paese è aumentata di 4.243.000 unità. In questo periodo le uscite definitive sono state 19.638.000 e le entrate generazionali nell’occupazione 23.881.000. L'ingresso delle nuove generazioni nell’area dell’occupazione è quindi imputabile per 262 Questo valore, stimato utilizzando i dati dell’Indagine Trimestrale e dell’Indagine Continua sulle Forze di lavoro è decisamente inferiore a quello che presenteremo nel capitolo 8, basato sui dati anagrafici aggiustati sulla base delle risultanze dei Censimenti. 151

en l'82,2% alle uscite definitive e, più in particolare, per il 70,5% a ritiri definitivi dal lavoro e per il 11,7%. alla morte di lavoratori in età lavorativa. Il contributo dell’espansione occupazionale è stato solo del 17,8%. In sostanza, la crescita economica e tutte le politiche del lavoro messe in essere dai vari governi che si sono alternati in questo lungo intervallo hanno dato un contributo all’ingresso nell’occupazione delle nuove generazioni solo di poco superiore alla morte. Notiamo, infine, che nei quaranta anni qui considerati si è realizzato un ricambio totale degli occupati presenti nel mercato del lavoro nel 1966. Tav. 6.17 - Italia; entrate nell'occupazione per sesso e causa; 1966-2006 Ritiri dal Domanda Domanda Morte lavoro aggiuntiva di flusso Uomini 12.120 2.366 218 14.704 Donne 4.726 427 4.025 9.177 Totale 16.845 2.792 4.243 23.881 Uomini 71,9 84,7 5,1 61,6 Donne 28,1 15,3 94,9 38,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Uomini 82,4 16,1 1,5 100,0 Donne 51,5 4,6 43,9 100,0 Totale 70,5 11,7 17,8 100,0 Le cause degli ingressi hanno avuto un peso molto diverso per uomini e donne. Per i primi, ritiri dal lavoro e morte hanno avuto una incidenza di gran lunga superiore alla media, mentre il contributo della domanda aggiuntiva è stato solo del 1,5%. Per le seconde, la domanda aggiuntiva ha contribuito per ben il 43,8% e la morte solo per il 5,1% In estrema sintesi possiamo dire che tra il 1966 ed il 2006 l’area dell’occupazione ha recepito in media ogni anno 597mila persone alla prima esperienza lavorativa; 491mila per rimpiazzare lavoratori ritiratisi dal lavoro o morti, e 106mila per occupare i posti di lavoro aggiuntivi. Gli ingressi di donne sono stati pari al 38,4% degli ingressi totali, passando però da una percentuale del 29,5% del primo quinquennio ad una del 45,3% del quinquennio 1996-2001, per poi scendere in quello successivo al 40,6%. In generale, il tasso di femminilizzazione degli ingressi risulta positivamente correlato all’incidenza della domanda aggiuntiva sulla domanda di flusso. In sostanza, il peso della componente femminile sulle entrate è stato tanto più elevato quanto maggiore è stata l’espansione occupazionale del periodo. Osserviamo, infine, che l’aumento del tasso di femminilizzazione dello stock di occupati trova la propria “spiegazione” nel fatto che: • Il tasso di femminilizzazione della domanda di flusso sia risultato sempre più elevato del tasso di femminilizzazione della domanda di stock; • Il tasso di femminilizzazione della domanda di flusso sia stato e rimanga più elevato del tasso di femminilizzazione della domanda sostitutiva. L’andamento della domanda sostitutiva, ma soprattutto della domanda aggiuntiva, hanno provocato oscillazioni molto pronunciate delle entrate nell’occupazione. La domanda sostitutiva, dopo essere progressivamente diminuita nel primo quindicennio, ha poi imboccato un trend decisamente crescente e ha comunque garantito lavoro in media a quasi 500mila giovani l’anno. Di contro, i valori della domanda aggiuntiva risultano compresi tra un minimo di -767mila del quinquennio 1991-96, l’unico ad essere caratterizzato da una contrazione occupazionale, ed un massimo di 1.435.000 del quinquennio 2001-2006. Le entrate totali nell’occupazione risultano così comprese tra un minimo di 2.175.000 del quinquennio 1991-96 ed un massimo di 3.821.000 del quinquennio successivo. Va altresì sottolineato che nell’ultimo decennio le entrate medie annue sono state sempre superiori alle 700mila unità, un valore di gran lunga maggiore di quello delle entrate nella popolazione in età lavorativa. 152

Pertanto, se le frontiere del paese fossero state chiuse, la popolazione in età lavorativa, qui definita<br />

tra i 15 ed i 69 anni, sarebbe <strong>di</strong>minuita <strong>di</strong> 1.246.000 unità tra il 1991 ed il 2006 262<br />

Secondo le nostre elaborazioni, il saldo migratorio è stato negativo solo in due degli otto<br />

quinquenni considerati: il 1976-81 ed il 1991-96. <strong>Il</strong> primo è quello in cui il nostro paese ha<br />

registrato il più elevato saldo naturale della popolazione in età lavorativa, il secondo quello in cui<br />

maggiore è stata la flessione del livello occupazionale. Notiamo poi che negli ultimi due quinquenni<br />

-che hanno registrato una crescita me<strong>di</strong>a annua dell’occupazione <strong>di</strong> 270mila unità- il saldo<br />

migratorio ha più che compensato il calo naturale della popolazione in età lavorativa.<br />

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Come conseguenza degli andamenti che abbiamo appena descritto, il saldo totale della<br />

popolazione in età lavorativa registra valori positivi nei primi cinque quinquenni, con un valore<br />

massimo <strong>di</strong> quasi due milioni tra il 1981 ed il 1986, valori negativi nei due successivi ed un valore<br />

positivo tra il 2001 ed il 2006. Si osservi che il calo più pronunciato della Popolazione in età<br />

lavorativa si registra nel periodo 1991-1996 nel quale ad un saldo naturale negativo si è sommato<br />

un saldo migratorio dello stesso segno e che è certamente da imputare alla contrazione della<br />

probabilità <strong>di</strong> trovare lavoro, a seguito della più grave crisi occupazionale che ha colpito l’Italia nel<br />

dopoguerra.<br />

In conclusione, gli aspetti più caratterizzanti delle tendenze demografiche che hanno interessato<br />

la popolazione in età lavorativa nei quaranta anni qui considerati sono stati i seguenti:<br />

• <strong>Il</strong> progressivo calo del saldo generazionale che presenta, tuttavia, un sia pur modesto<br />

valore positivo anche nell’ultimo quinquennio analizzato; questo andamento è da<br />

imputare al contemporaneo calo delle entrate ed aumento delle uscite per compimento <strong>di</strong><br />

età;<br />

• <strong>Il</strong> conseguente progressivo calo del saldo naturale che, malgrado la forte <strong>di</strong>minuzione<br />

delle morti, è <strong>di</strong>venuto negativo all’inizio anni ‘90 e, a partire da tale momento, presenta<br />

valori assoluti crescenti;<br />

• Sal<strong>di</strong> migratori sempre positivi, ad eccezione <strong>di</strong> due quinquenni e causati, il primo,<br />

dall’andamento delle variabili demografiche, il secondo, da quello delle variabili<br />

economiche.<br />

3.2.2 Occupazione e forze <strong>di</strong> lavoro<br />

Tra il 1966 ed il 2006 l’occupazione totale del nostro paese è aumentata <strong>di</strong> 4.243.000 unità. In<br />

questo periodo le uscite definitive sono state 19.638.000 e le entrate generazionali nell’occupazione<br />

23.881.000. L'ingresso delle nuove generazioni nell’area dell’occupazione è quin<strong>di</strong> imputabile per<br />

262 Questo valore, stimato utilizzando i dati dell’Indagine Trimestrale e dell’Indagine Continua sulle Forze <strong>di</strong><br />

lavoro è decisamente inferiore a quello che presenteremo nel capitolo 8, basato sui dati anagrafici aggiustati<br />

sulla base delle risultanze dei Censimenti.<br />

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