Il futuro demografico dell'Italia - Dipartimento di Economia politica

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02.02.2015 Views

Capitolo sesto – Evoluzione demografica e mercato del lavoro 1. Introduzione Una delle tesi centrale di questo volume è che il funzionamento del mercato del lavoro risente, in maniera molto più pronunciata di quanto riconosciuto dal paradigma neoclassico, delle tendenze demografiche e che i flussi migratori sono l’inevitabile conseguenza della carenza strutturale di offerta di lavoro generata dal calo della natalità. Sosterremo più avanti che i flussi migratori, per rispondere in maniera opportuna alle esigenze del mercato del lavoro, debbono essere opportunamente regolati sia sotto l’aspetto quantitativo, sia sotto quello qualitativo. Questa operazione di fine tuning deve necessariamente basarsi su di una conoscenza approfondita del mercato del lavoro che può essere ottenuta solo attraverso l’utilizzo congiunto di variabili di stock e di variabili di flusso. La struttura del capitolo riflette questa impostazione. La prima parte del capitolo analizza i tempi ed i ritmi della transizione demografica italiana ed il suo impatto sulla struttura per classi di età della popolazione. L’obiettivo è quello di mostrare che il passaggio dell’Italia da paese esportatore a paese importatore di manodopera e l’attuale fabbisogno strutturale d’immigrati sono dovuti ad una crescente rarefazione dell’offerta di lavoro autoctono che affonda le proprie radici nel lungo processo di trasformazione demografica iniziato durante la seconda metà dell’ottocento Analizzeremo, in particolare, l’accelerazione della denatalità che si manifesta a partire dal 1965 e documenteremo il suo impatto sui flussi generazionali di entrata e di uscita relativi alla popolazione in età lavorativa ed ai principali aggregati del mercato del lavoro. Nella seconda parte del capitolo utilizzeremo la variante generazionale del modello stock - flussi per evidenziare le tendenze di fondo del mercato del lavoro italiano nel periodo 1966-2006 250 . L’analisi di lungo periodo permette, da un lato, di cogliere le principali evoluzioni strutturali e, dall’altro, di far emergere le peculiarità della fase in corso, iniziata verso la metà degli anni ’90. L’ultima parte del capitolo mette in evidenza le ancora forti differenze che esistono tra le ripartizioni italiane sia relativamente all’andamento demografico, sia relativamente alla situazione del mercato del lavoro, senza trascurare in alcuni casi necessari approfondimenti regionali. 2 La transizione demografica italiana: le lontane origine del fabbisogno strutturale di manodopera straniera In Italia la “transizione” demografica inizia con notevole ritardo rispetto ad altri paesi europei quali l’Inghilterra, la Francia e, in generale, i paesi del Nord Europa. Essa è tuttavia già in corso quando giunge a compimento l’unificazione del paese: il tasso di mortalità presenta un andamento decrescente già nel decennio 1861-71, andamento che continuerà poi ininterrotto fino al 1951 (Graf. 6.1). La natalità inizia a diminuire verso il 1880 e, tranne lievi inversioni di tendenza tra il 1921 ed il 1931 e tra il 1961 ed il 1971, continuerà a diminuire fino alla prima metà degli anni ‘90. 250 Il 1966 è il primo anno per il quale si dispone di dati abbastanza consistenti dell’Indagine Trimestrale sulle Forze di Lavoro, le cui prime sperimentazioni risalgono al 1959. Nei quaranta anni qui considerati le definizioni dei principali aggregati del mercato del lavoro hanno subito numerose modifiche come pure il questionario di rilevazione. I dati prodotti dall’Indagine Trimestrale rappresentano comunque l’unica fonte che può essere utilizzata per un’analisi dei lungo periodo del mercato del lavoro italiano. 135

40 35 30 25 20 15 10 5 0 1861-1871 Graf. 6.1- Italia; tassi di natalità, di mortalità e di crescita naturale 1871-1881 1881-1891 1891-1901 1901-1911 1911-1921 1921-1931 1931-1941 Tasso di crescita naturale Tasso di mortalità Tasso di natalità 1941-1951 1951-1961 1961-1971 1971-1981 1981-1991 12 10 8 6 4 2 0 -2 -4 -6 1861-1871 Graf. 6.2 - Italia; tassi di crescita naturale, tassi di crescita migratoria e tassi di crescita totale 1871-1881 1881-1891 1891-1901 1901-1911 1911-1921 1921-1931 1931-1941 1941-1951 1951-1961 1961-1971 1971-1981 Tasso di crescita totale Tasso di crescita naturale Tasso migratorio 1981-1991 La prima fase della “transizione” demografica dura fino al 1931. In questa fase, caratterizzata da decrementi della mortalità più accentuati di quelli della natalità, il tasso di crescita naturale aumenta progressivamente (con l’ovvia eccezione del decennio 1911-1921) e tocca un valore massimo di 11,2 per mille tra il 1921 ed il 1931. La seconda fase si caratterizza, invece, per un progressivo calo del tasso di crescita naturale che diventa negativo nel 1993, quando, per la prima volta nella storia del nostro paese, il tasso di mortalità eccede il tasso di natalità e la differenza tra i due indicatori, limitatamente alla popolazione autoctona, continua ad accentuarsi negli anni successivi. Il tasso di crescita della popolazione totale non dipende solo dal tasso di crescita naturale, ma anche dal tasso di migratorietà (Graf. 6.2). La storia dei flussi migratori che hanno interessato il nostro paese presenta due fasi ben distinte. Nella prima, che abbraccia il periodo che va dall’unità fino al 1973, l’Italia rappresenta uno dei grandi fornitori di manodopera per le Americhe, l’Australia ed i paesi economicamente più sviluppati dell’Europa, in particolare Francia, Germania, Svizzera e Belgio. Il saldo migratorio aumenta fino all’ultimo decennio del XIX secolo, quando raggiunge un valore medio annuo del 4 per mille, per poi diminuire progressivamente, pur presentando ancora due picchi: il primo, con valori intorno al 2,5 per mille, tra il 1911 ed il 1931 251 ed il secondo con valori leggermente inferiori tra il 1951 ed il 1971. Tra il 1875 ed il 1975, venticinque milioni d’italiani, vale a dire un quarto della popolazione nata nello stesso periodo, lasciano l’Italia e 8,3 milioni si stabiliscono definitivamente all’estero 252 . Come conseguenza di questi andamenti, il tasso di crescita totale della popolazione è stato sempre notevolmente inferiore al tasso di crescita naturale fino all’inizio degli anni ‘70. I valori massimi (attorno al 8,6 per mille) si registrano tra il 1901 ed il 1911 e tra il 1921 ed il 1931. Nella seconda, ancora in corso e destinata sicuramente a protrarsi a lungo, la situazione si capovolge e l’Italia diventa uno dei principali paesi di sbocco: in poco più di trenta anni circa sei milioni di stranieri approdano nel nostro paese e due terzi vi si stabiliscono. La conseguenza è che la popolazione italiana, contrariamente a quanto paventato dai demografi, dopo una breve fase di stagnazione, riprende a crescere e nel 2006 supera per la prima volta la soglia dei 59 milioni e si avvia rapidamente a superare quella dei sessanta. Focalizziamo ora la nostra attenzione sul periodo successivo al 1950 (Graf. 6.3). In questo periodo il tasso di mortalità rimane sostanzialmente costante intorno al valore del 9,5 per mille. Di contro, il tasso di natalità dopo essersi mantenuto su valori prossimi al 18 per mille nel corso degli anni ‘50, all’inizio del decennio successivo registra un’improvvisa impennata e tocca il 20,1 per mille nel 1964 253 . Nei venti anni successivi esso si contrae in maniera violenta ed infrange la soglia del 10 per mille nel 1986 per poi assestarsi su valori tra il 9 ed il 10 nel periodo successivo, con un minimo del 9,2 nel 1994 e nel 2001. 251 I flussi migratori in uscita sono progressivamente aumentati negli ultimi tre decenni del secolo XIX toccando la cifra record di 1.333.000 unità tra il 1891 ed il 1901 (Graf. 5). La quota di un milione di emigranti netti è stata superata in altri quattro decenni tra il 1911 ed il 1931 e tra il 1951 ed il 1971. 252 Vedi Golini (1988). 253 E’ la cosiddetta fase di baby boom chi si registra più o meno negli stessi anni in tutti i paesi industrializzati. 136

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Graf. 6.2 - Italia; tassi <strong>di</strong> crescita naturale, tassi <strong>di</strong> crescita<br />

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La prima fase della “transizione” demografica dura fino al 1931. In questa fase, caratterizzata<br />

da decrementi della mortalità più accentuati <strong>di</strong> quelli della natalità, il tasso <strong>di</strong> crescita naturale<br />

aumenta progressivamente (con l’ovvia eccezione del decennio 1911-1921) e tocca un valore<br />

massimo <strong>di</strong> 11,2 per mille tra il 1921 ed il 1931. La seconda fase si caratterizza, invece, per un<br />

progressivo calo del tasso <strong>di</strong> crescita naturale che <strong>di</strong>venta negativo nel 1993, quando, per la prima<br />

volta nella storia del nostro paese, il tasso <strong>di</strong> mortalità eccede il tasso <strong>di</strong> natalità e la <strong>di</strong>fferenza tra i<br />

due in<strong>di</strong>catori, limitatamente alla popolazione autoctona, continua ad accentuarsi negli anni<br />

successivi.<br />

<strong>Il</strong> tasso <strong>di</strong> crescita della popolazione totale non <strong>di</strong>pende solo dal tasso <strong>di</strong> crescita naturale, ma<br />

anche dal tasso <strong>di</strong> migratorietà (Graf. 6.2). La storia dei flussi migratori che hanno interessato il<br />

nostro paese presenta due fasi ben <strong>di</strong>stinte. Nella prima, che abbraccia il periodo che va dall’unità<br />

fino al 1973, l’Italia rappresenta uno dei gran<strong>di</strong> fornitori <strong>di</strong> manodopera per le Americhe,<br />

l’Australia ed i paesi economicamente più sviluppati dell’Europa, in particolare Francia, Germania,<br />

Svizzera e Belgio. <strong>Il</strong> saldo migratorio aumenta fino all’ultimo decennio del XIX secolo, quando<br />

raggiunge un valore me<strong>di</strong>o annuo del 4 per mille, per poi <strong>di</strong>minuire progressivamente, pur<br />

presentando ancora due picchi: il primo, con valori intorno al 2,5 per mille, tra il 1911 ed il 1931 251<br />

ed il secondo con valori leggermente inferiori tra il 1951 ed il 1971. Tra il 1875 ed il 1975,<br />

venticinque milioni d’italiani, vale a <strong>di</strong>re un quarto della popolazione nata nello stesso periodo,<br />

lasciano l’Italia e 8,3 milioni si stabiliscono definitivamente all’estero 252 .<br />

Come conseguenza <strong>di</strong> questi andamenti, il tasso <strong>di</strong> crescita totale della popolazione è stato<br />

sempre notevolmente inferiore al tasso <strong>di</strong> crescita naturale fino all’inizio degli anni ‘70. I valori<br />

massimi (attorno al 8,6 per mille) si registrano tra il 1901 ed il 1911 e tra il 1921 ed il 1931.<br />

Nella seconda, ancora in corso e destinata sicuramente a protrarsi a lungo, la situazione si<br />

capovolge e l’Italia <strong>di</strong>venta uno dei principali paesi <strong>di</strong> sbocco: in poco più <strong>di</strong> trenta anni circa sei<br />

milioni <strong>di</strong> stranieri approdano nel nostro paese e due terzi vi si stabiliscono. La conseguenza è che<br />

la popolazione italiana, contrariamente a quanto paventato dai demografi, dopo una breve fase <strong>di</strong><br />

stagnazione, riprende a crescere e nel 2006 supera per la prima volta la soglia dei 59 milioni e si<br />

avvia rapidamente a superare quella dei sessanta.<br />

Focalizziamo ora la nostra attenzione sul periodo successivo al 1950 (Graf. 6.3). In questo<br />

periodo il tasso <strong>di</strong> mortalità rimane sostanzialmente costante intorno al valore del 9,5 per mille. Di<br />

contro, il tasso <strong>di</strong> natalità dopo essersi mantenuto su valori prossimi al 18 per mille nel corso degli<br />

anni ‘50, all’inizio del decennio successivo registra un’improvvisa impennata e tocca il 20,1 per<br />

mille nel 1964 253 . Nei venti anni successivi esso si contrae in maniera violenta ed infrange la<br />

soglia del 10 per mille nel 1986 per poi assestarsi su valori tra il 9 ed il 10 nel periodo successivo,<br />

con un minimo del 9,2 nel 1994 e nel 2001.<br />

251 I flussi migratori in uscita sono progressivamente aumentati negli ultimi tre decenni del secolo XIX toccando la<br />

cifra record <strong>di</strong> 1.333.000 unità tra il 1891 ed il 1901 (Graf. 5). La quota <strong>di</strong> un milione <strong>di</strong> emigranti netti è stata superata<br />

in altri quattro decenni tra il 1911 ed il 1931 e tra il 1951 ed il 1971.<br />

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