Il futuro demografico dell'Italia - Dipartimento di Economia politica

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02.02.2015 Views

itardo. Molto più difficile cogliere la relazione tra nascite ed uscite dalla popolazione in età lavorativa data la notevole distanza temporale tra questi eventi (rispettivamente di 65 e 50 anni) e l’impatto di tassi di mortalità ancora abbastanza elevati su questa seconda variabile. Secondo le nostre elaborazioni il saldo generazionale, vale a dire la differenza tra le entrate e le uscite relative alla popolazione in età lavorativa, è passato dai 18 milioni del quinquennio 1950-55 ai 70 milioni del 2000-2005. In questo caso, il massimo dovrebbe essere raggiunto, con 115 milioni, nel periodo 2040-45. Tenendo conto delle morti la popolazione in età lavorativa dovrebbe passare dai 112 milioni del 1950 ai 1.119 milioni del 2050. 180000 150000 Graf. 5.3 - Paesi sottosviluppati; entrate, uscite e saldi generazionali relativi alla popolazione in età lavorativa; dati quinquennali; 1950 -2050 diff entrate uscite 120000 90000 60000 30000 0 2045-50 2040-45 2035-40 2030-35 2025-30 2020-25 2015-20 2010-15 2005-10 2000-05 1995-00 1990-95 1985-90 1980-85 1975-80 1970-75 1965-70 1960-65 1955-60 1950-55 Per chi non fa il demografo di professione può sembrare strano che una costante e progressiva diminuzione del tasso di natalità si accompagni ad un aumento fortissimo delle nascite. La spiegazione di questo processo, così drammatico anche se poco intuitivo, sta nel fatto che è la mortalità a diminuire per prima e che la diminuzione della natalità interviene solo dopo un intervallo che può essere di 30-50 anni. Inoltre, la riduzione del tasso di mortalità è causata essenzialmente dalla diminuzione dei tassi di mortalità relativi ai primi anni di vita ed in particolare del tasso di mortalità infantile. Ciò provoca l’arrivo all’età fertile di coorti di donne via via più numerose il cui tasso di fertilità è ancora sui valori precedenti, innescando la crescita delle nascite che a sua volta provoca un progressivo aumento della popolazione in età riproduttiva. Quando la fertilità comincia a diminuire, il fenomeno interessa un numero di donne in età fertile talmente elevato che l’effetto numerosità finisce col prevalere per un lunghissimo periodo. D’altra parte, la diminuzione del tasso di mortalità rallenta la crescita delle morti anche in presenza di una popolazione che sta aumentando a ritmi molto veloci. In questa fase il saldo tra nati e morti non è solo positivo, ma crescente e provoca aumenti accelerati della popolazione Il processo che abbiamo appena descritto -e che si traduce nella comparsa di generazioni sempre più numerose che scorrono lungo il sentiero della vita- provoca inizialmente un aumento della proporzione dei giovani, poi della popolazione in età lavorativa e quindi un ringiovanimento della popolazione. Se la fertilità continua a diminuire e scende sotto il livello dei 2,1 figli per donna, un valore che garantisce la stabilità della popolazione in quanto ogni coppia riprodurrebbe se stessa, il processo si inverte. Generazioni via via meno numerose cominciano a percorrere il sentiero della vita, il numero di donne in età fertile a diminuire e ciò accelera il processo di denatalità. In questa fase si assiste, in primo luogo, ad una diminuzione del numero dei giovani, poi delle persone in età lavorativa e quindi in un progressivo aumento della proporzione degli anziani ed infine anche del loro numero. In sostanza la popolazione tende ad invecchiare. La conseguenza finale di questo processo è l’aumento delle morti e del relativo tasso il che fa sì che se anche il numero dei nati si stabilizza la popolazione totale continua a diminuire. L’analisi della transizione nei paesi in via di sviluppo e poi in quelli sviluppati evidenzia quanto abbiamo appena enunciato 129

Nel 1950, nei paesi in via di sviluppo (Graf. 5.4) la “transizione” era già più avanzata che in quelli sottosviluppati. Non solo il tasso di mortalità era ormai sotto il 25 per mille, ma anche quello di natalità si trovava già nella fase discendente. La distanza massima fra i due tassi è stata raggiunta nel quinquennio 1970-75, con dieci anni d’anticipo sui paesi sottosviluppati e con un valore inferiore: 23,7 punti per mille. Negli anni successivi la convergenza fra i due indicatori è stata decisamente più rapida e secondo le Nazioni Unite nel 2050 la differenza fra i due indicatori dovrebbe essere solo di 2,5 punti per mille. 50 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0 Graf. 5.4 - Paesi in via di sviluppo; tassi di natalità, tassi di mortalità e differenza;1950 - 2050 Diff. Tasso di mortalità Tasso di natalità 2040-45 2030-35 2020-25 2010-15 2000-05 1990-95 1980-85 1970-75 1960-65 1950-55 Anche in questo caso i valori assoluti ci permettono di cogliere meglio l’enorme impatto della transizione (Graf. 5.5). Nei paesi in via di sviluppo il numero dei nati passa dai 70 milioni del 1950 ad un massimo di 99 del quinquennio 1985-90 e si prevede che sia ancora di 76 milioni nel 2050. La differenza con i morti -il cui numero medio annuo ha toccato un minimo di 28 milioni nel quinquennio 1970-75- è stata massima nel quinquennio 1985-90 con quasi 70 milioni all’anno e dovrebbe scendere a soli 15 milioni all’anno nel 2050. 600000 500000 400000 300000 200000 100000 0 Graf. 5.5 - Paesi in via di sviluppo; nati, morti e differenza; Valori quinquennali; 1950 - 2050 Diff. Nati Morti 2040-45 2030-35 2020-25 2010-15 2000-05 1990-95 1980-85 1970-75 1960-65 1950-55 L’andamento della popolazione in età lavorativa (Graf. 5.6) riflette sostanzialmente quello della popolazione totale con un ritardo di 15 anni: la differenza massima tra entrate ed uscite generazionali viene infatti raggiunta tra il 2005 ed il 2010 (con quasi 80 milioni all’anno) e 130

itardo. Molto più <strong>di</strong>fficile cogliere la relazione tra nascite ed uscite dalla popolazione in età<br />

lavorativa data la notevole <strong>di</strong>stanza temporale tra questi eventi (rispettivamente <strong>di</strong> 65 e 50 anni) e<br />

l’impatto <strong>di</strong> tassi <strong>di</strong> mortalità ancora abbastanza elevati su questa seconda variabile. Secondo le<br />

nostre elaborazioni il saldo generazionale, vale a <strong>di</strong>re la <strong>di</strong>fferenza tra le entrate e le uscite relative<br />

alla popolazione in età lavorativa, è passato dai 18 milioni del quinquennio 1950-55 ai 70 milioni<br />

del 2000-2005. In questo caso, il massimo dovrebbe essere raggiunto, con 115 milioni, nel periodo<br />

2040-45. Tenendo conto delle morti la popolazione in età lavorativa dovrebbe passare dai 112<br />

milioni del 1950 ai 1.119 milioni del 2050.<br />

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Graf. 5.3 - Paesi sottosviluppati; entrate, uscite e sal<strong>di</strong> generazionali relativi<br />

alla popolazione in età lavorativa; dati quinquennali; 1950 -2050<br />

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Per chi non fa il demografo <strong>di</strong> professione può sembrare strano che una costante e<br />

progressiva <strong>di</strong>minuzione del tasso <strong>di</strong> natalità si accompagni ad un aumento fortissimo delle nascite.<br />

La spiegazione <strong>di</strong> questo processo, così drammatico anche se poco intuitivo, sta nel fatto che è la<br />

mortalità a <strong>di</strong>minuire per prima e che la <strong>di</strong>minuzione della natalità interviene solo dopo un<br />

intervallo che può essere <strong>di</strong> 30-50 anni. Inoltre, la riduzione del tasso <strong>di</strong> mortalità è causata<br />

essenzialmente dalla <strong>di</strong>minuzione dei tassi <strong>di</strong> mortalità relativi ai primi anni <strong>di</strong> vita ed in<br />

particolare del tasso <strong>di</strong> mortalità infantile. Ciò provoca l’arrivo all’età fertile <strong>di</strong> coorti <strong>di</strong> donne via<br />

via più numerose il cui tasso <strong>di</strong> fertilità è ancora sui valori precedenti, innescando la crescita delle<br />

nascite che a sua volta provoca un progressivo aumento della popolazione in età riproduttiva.<br />

Quando la fertilità comincia a <strong>di</strong>minuire, il fenomeno interessa un numero <strong>di</strong> donne in età fertile<br />

talmente elevato che l’effetto numerosità finisce col prevalere per un lunghissimo periodo. D’altra<br />

parte, la <strong>di</strong>minuzione del tasso <strong>di</strong> mortalità rallenta la crescita delle morti anche in presenza <strong>di</strong> una<br />

popolazione che sta aumentando a ritmi molto veloci. In questa fase il saldo tra nati e morti non è<br />

solo positivo, ma crescente e provoca aumenti accelerati della popolazione<br />

<strong>Il</strong> processo che abbiamo appena descritto -e che si traduce nella comparsa <strong>di</strong> generazioni<br />

sempre più numerose che scorrono lungo il sentiero della vita- provoca inizialmente un aumento<br />

della proporzione dei giovani, poi della popolazione in età lavorativa e quin<strong>di</strong> un ringiovanimento<br />

della popolazione. Se la fertilità continua a <strong>di</strong>minuire e scende sotto il livello dei 2,1 figli per<br />

donna, un valore che garantisce la stabilità della popolazione in quanto ogni coppia riprodurrebbe<br />

se stessa, il processo si inverte. Generazioni via via meno numerose cominciano a percorrere il<br />

sentiero della vita, il numero <strong>di</strong> donne in età fertile a <strong>di</strong>minuire e ciò accelera il processo <strong>di</strong><br />

denatalità. In questa fase si assiste, in primo luogo, ad una <strong>di</strong>minuzione del numero dei giovani, poi<br />

delle persone in età lavorativa e quin<strong>di</strong> in un progressivo aumento della proporzione degli anziani<br />

ed infine anche del loro numero. In sostanza la popolazione tende ad invecchiare. La conseguenza<br />

finale <strong>di</strong> questo processo è l’aumento delle morti e del relativo tasso il che fa sì che se anche il<br />

numero dei nati si stabilizza la popolazione totale continua a <strong>di</strong>minuire.<br />

L’analisi della transizione nei paesi in via <strong>di</strong> sviluppo e poi in quelli sviluppati evidenzia<br />

quanto abbiamo appena enunciato<br />

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