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4 - Società Chimica Italiana

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Riflessioni sul curricolo di chimica<br />

Principalmente l'insegnante deve creare un ambiente di apprendimento tale che l'alunno sia coinvolto in prima persona e<br />

sia lui stesso che durante la costruzione comune del processo di insegnamento/apprendimento chieda “e adesso cosa<br />

succede” “e ora cosa facciamo”. Questo ambiente di apprendimento è il “laboratorio” che molti docenti confondono<br />

con il mostrare agli alunni qualche esperimento su un argomento già affrontato sul libro: il laboratorio costituisce una<br />

metodologia, e non va confuso con l'andare nell'aula di scienze. La metodologia laboratoriale prevede l'utilizzo dell'aula<br />

di scienze per eseguire esperienze che devono affrontare un problema suggerito agli alunni o che è nato dagli alunni<br />

stessi, i quali devono sapere che si va in aula di scienze con un preciso obiettivo di lavoro. In questo scenario il libro di<br />

testo dovrebbe essere un ausilio che fornisce spunti, materiali e schede di lavoro, invece anche i testi che hanno una<br />

impostazione più sperimentale in realtà sono un prontuario di esperimenti forniti con descrizioni puntuali, dove viene<br />

detto cosa si fa, quali sono le osservazioni e anche le conclusioni che si devono trarre: si tratta di vere e proprie ricette<br />

dal risultato garantito!<br />

E per quanto riguarda i contenuti, quali affrontare Una volta scelto l’argomento generale da trattare secondo<br />

l’approccio metodologico descritto, la scelta dei contenuti specifici viene di conseguenza. Il docente si deve chiedere:<br />

quali contenuti posso affrontare in classe con una metodologia di tipo laboratoriale, nella quale l'alunno apprende per<br />

scoperta e per problemi e apprende comprendendo La costruzione di un sensato curricolo di chimica deve partire da<br />

questa domanda.<br />

Ad esempio: perchè un alunno di scuola secondaria di primo grado dovrebbe imparare il modello atomico e l'energia di<br />

attivazione Ogni contenuto proposto dal docente deve corrispondere ad una necessità dell'alunno, deve rispondere a<br />

domande che l'alunno si pone, risolvere un suo problema e spiegare fenomeni che cadono sotto la sua diretta esperienza.<br />

Solo così l'alunno può apprendere in modo significativo concetti che possono poi generare competenze. Nel caso<br />

contrario l'alunno non riesce ad impadronirsene, i concetti rimangono per lui verità cadute dall'alto e non potendosi<br />

collegare né all'esperienza dell'alunno né a concetti già in suo possesso non diventeranno mai competenze.<br />

La costruzione di percorsi di chimica<br />

Il curricolo verticale messo a punto dalla Commissione Curricoli della Divisione di Didattica della Società <strong>Chimica</strong><br />

<strong>Italiana</strong> (DD/SCI) per tutti i livelli scolari preuniversitari, e quindi anche per la scuola secondaria di primo grado,<br />

riprende e amplia le Indicazioni ministeriali del 2007 per quanto riguarda la chimica. Intanto non si tratta di un vero<br />

curricolo, la cui costruzione viene chiaramente lasciata al docente (autonomia scolastica), ma di indicazioni per la<br />

costruzione di percorsi di chimica sostenibili dagli allievi a cui sono rivolti, ancorate alle più recenti ricerche didattiche<br />

nel settore. Queste indicazioni per il curricolo presentate dalla DD/SCI mostrano una articolazione precisa dei concetti<br />

espressi in termini di competenze che l'alunno deve raggiungere e queste poi vanno declinate dal docente in termini di<br />

conoscenze e abilità per la programmazione dei propri percorsi didattici. I nuclei fondanti individuati a cui sono<br />

ancorate le competenze sono essenzialmente due: “Natura e struttura della materia” e “Trasformazioni della materia”.<br />

Tale scelta ci pare che sia il frutto di una riflessione sensata: infatti per riconoscere una trasformazione sarà opportuno<br />

che l'alunno prima indaghi sulle molteplici forme nelle quali le sostanze si presentano davanti ai suoi occhi, e in seguito<br />

osservi quali trasformazioni macroscopiche tali sostanze possono subire.<br />

Prendendo in esame l'articolazione delle indicazioni per il curricolo di chimica, nella coniugazione di questi due nuclei<br />

fondanti emerge però un aspetto: nel primo nucleo fondante si parla di “struttura della materia” e nel secondo di<br />

“trasformazioni della materia” e questi si traducono rispettivamente, per la scuola secondaria di primo grado, nella<br />

formulazione di due competenze, la numero 6 del primo nucleo e la numero 2 del secondo nucleo su cui è opportuno<br />

soffermarsi. La prima delle due dice: “interpreta gli stati fisici della materia e la formazione di miscele in termini di<br />

aggregazione di particelle”; la seconda dice: “fornisce una prima interpretazione delle osservazioni di trasformazioni<br />

in termini di un modello particellare”.<br />

Abbiamo già detto riguardo la necessità del riferirsi comunque agli aspetti macroscopici della chimica, senza prendere<br />

in esame caratteristiche microscopiche che, non cadendo sotto l'esperienza diretta dell'alunno, rimarrebbero per lui solo<br />

concetti astratti; inoltre, dal momento che l'alunno deve costruire la propria conoscenza comprendendo i fenomeni che<br />

osserva, non tutto ciò che l'alunno può osservare può essere da lui compreso. Partendo da questi presupposti è quindi<br />

coerente coniugare per la scuola secondaria di primo grado i nuclei fondanti anche in termini di struttura della materia<br />

Per gli alunni lo studio della materia può spesso presentare delle difficoltà. Ad esempio, il concetto di liquido è quello<br />

che più facilmente gli alunni apprendono fin dalla scuola primaria; invece risultano loro più ostici i solidi e soprattutto<br />

gli aeriformi: per quanto riguarda gli aeriformi riesce loro difficile pensare che i gas abbiano una materialità; nei solidi<br />

la difficoltà è che polveri e solidi deformabili (come stoffa, cotone, carta) non corrispondono al concetto di solido come<br />

struttura rigida che gli alunni di solito hanno.<br />

Anche se l'utilizzo dei cosiddetti modelli “a palline” può essere utile per rappresentare le differenze di aggregazione tra i<br />

tre diversi stati della materia è sempre l'insegnante che lo propone. In definitiva il modello particellare della materia<br />

rimane sempre, per l'alunno, un insieme di concetti astratti: l'alunno tende a conservare le proprie convinzioni a<br />

riguardo, perchè i concetti trattati non hanno agganci con le conoscenze in suo possesso; il modello è qualcosa che viene<br />

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CnS – La <strong>Chimica</strong> nella Scuola Ottobre – Dicembre 2009

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