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Giuliana Parotto - Politicamente.Net

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VOEGELIN INTERPRETE DI AGOSTINO.<br />

Contributo ad un’analisi critica.<br />

di<br />

<strong>Giuliana</strong> <strong>Parotto</strong><br />

1. Sfondi problematici<br />

Difficilmente è possibile sopravvalutare il posto occupato da Agostino nella riflessione<br />

voegeliniana. Questa figura è infatti centrale per la configurazione e la concettualizzazione di un<br />

problema che domina interamente l’opera di Eric Voegelin: quello della storia e delle forme con cui<br />

viene simbolizzata. E’ superfluo forse qui ricordare come tale problema trovi espressione già<br />

nell’incipit dell’opera di Voegelin più nota, se non più rilevante, ovvero la Nuova scienza politica:<br />

“L’esistenza dell’uomo nella società politica è un’esistenza storica: perciò una teoria della politica<br />

che voglia affrontare anche le questioni di principio deve essere nello stesso tempo, una teoria della<br />

storia” 1<br />

La dimensione storica è intrecciata indissolubilmente alla formulazione di una scienza politica<br />

nuova che sappia indagare attorno ai principi della scienza politica stessa, facendo un’opera di<br />

restauro, ovvero di riscoperta della tradizione politica classica e cristiana, attraverso uno sforzo di<br />

ricupero che potremmo definire in un certo senso genealogico. Mediante siffatta ricostruzione<br />

vengono ad affiorare in forma consapevole quelle che, malgrado ogni tentativo di auto-fondazione,<br />

rappresentano sempre il presupposto di qualsiasi produzione scientifica degna di interesse: le<br />

tradizioni teoriche elaborate nel corso della storia. Ad esse Voegelin si volge con un impegno di<br />

chiarificazione critica veramente notevole, non soltanto per l’attenzione ai testi condotta fino alla<br />

sottigliezza filologica ed ermeneutica, ma anche per la sensibilità ai contesti culturali, economici,<br />

simbolici, esperienziali. Di tutto questo immenso sforzo ricostruttivo di dimensioni stupefacenti e di<br />

effetti straordinariamente efficaci sotto il profilo teorico è testimonianza l’intera opera voegeliniana,<br />

la cui ricchezza oltrepassa di gran lunga il perimetro disegnato dalla filosofia per estendersi a campi<br />

pertinenti alla letteratura, all’arte, all’antropologia, alla storia.<br />

1 Eric Voegelin, The new science of politics, University Chicago Press, 1952 trad it. La nuova scienza politica, Roma ,<br />

Borla, 1999 p. 34.<br />

1


In parallelo si sviluppa anche la riflessione più specifica, che comunque difficilmente potremmo<br />

scindere dalla prima perché a questa si intreccia, incentrata sulla storia come forma di<br />

simbolizzazione. La storia, è, sotto questo rispetto, uno dei simboli principali tramite cui la società<br />

moderna ha interpretato il significato della sua esistenza. Non occorre qui sottolineare l’importanza<br />

che rivestono i simboli con cui una società si autointerpreta per l’ordine politico; e nemmeno<br />

ricordare come le forme dell’autointerpretazione rappresentino un elemento importantissimo che va<br />

a costituire la realtà politica stessa. Il simbolo della storia ha, in tal senso, efficacemente e<br />

pienamente sostituito il simbolo arcaico del cosmo: al principio d’ordine rappresentato dalla natura<br />

e dalla rappresentazione analogica che di essa offre la società si è sostituita la verità di un ordine<br />

storico immanente. E’ questa verità di ordine storico che, come una sorta di “sovrano sotterraneo”,<br />

condiziona forme di pensiero tra loro apparentemente molto diverse, che si percepiscono come<br />

antitetiche e conflittuali: dal liberalismo al marxismo, dalle ideologie progressiste al positivismo.<br />

Tali ideologie rappresentano altrettanti epifenomeni di quel processo di ri-divinizzazione da cui è<br />

caratterizzata la modernità, processo che trova appunto nel “simbolo” della storia uno dei suoi<br />

principali vettori teorici.<br />

In questo quadro, tracciato nelle sue linee essenziali, la figura di Agostino ottiene una collocazione<br />

di primo piano. La ri-divinizzazione moderna del mondo non è pensabile infatti senza l’essenziale<br />

passaggio rappresentato dal cristianesimo. Come una sorta di Giano bifronte il cristianesimo da un<br />

lato porta a compimento il processo storico di de-divinizzazione, mentre dall’altro, crea la<br />

grammatica della moderna ri-divinizzazione, perché individua nella storia il luogo rivelativo, il<br />

terreno su cui la divinità si manifesta. La storia si riempie di ambiguità: attraversata dai misteriosi<br />

disegni di Dio si carica di tensioni apocalittiche, di attese messianiche, di visioni profetiche. In<br />

maniera esplicita o latente, la tendenza ad attribuire alla storia un valore di verità immanente è la<br />

tentazione ricorrente a cui cedono numerose sette ereticali, fin dalle origini del cristianesimo. Esse<br />

assurgono in tal senso a manifestazioni paradigmatiche e originarie di quella ri-divinizzazione della<br />

storia che caratterizza, nel suo complesso, l’intera modernità. E’in questo snodo che Voegelin mette<br />

a fuoco la figura di Agostino, a cui viene ascritto il merito imperituro di aver “liquidato” come una<br />

“ridicola favola” l’attesa della Parousia quale evento che avrebbe “trasfigurato la struttura della<br />

storia sulla terra” 2 . Con ciò Agostino assume la massima importanza teorica: gli strumenti<br />

concettuali elaborati per sconfiggere le attese del Millennio, rappresentano una conquista teoricoteologica<br />

definitiva, efficace anche contro le forme moderne di interpretazione immanentistica del<br />

processo storico che, coerentemente con la lettura complessiva del cristianesimo nella Nuova<br />

scienza politica, pure si producono come varianti deformate delle categorie adombrate da Agostino.<br />

2 La nuova scienza politica, op. cit., p. 145.<br />

2


La conquista teorica agostiniana va a portare alla luce e a definire dunque i tratti peculiari<br />

dell’escatologia cristiana.<br />

Vediamoli.<br />

Voegelin, senza farne oggetto di specifica e diretta tematizzazione, individua una struttura teorica<br />

propria dell’escatologia cristiana. Associando l’elaborazione concettuale di von Balthasar e di Ernst<br />

Troeltsch, delinea questa struttura attraverso l’articolazione dell’escatologia secondo due “assi” che<br />

vengono definiti teleologico ed assiologico. Quanto si viene a toccare, qui, è un dibattito teologico<br />

che si sviluppa agli inizi del Novecento e che riproblematizza l’intera escatologia – fino allora<br />

pensata in termini meramente descrittivi, ovvero attraverso miti, immagini simboliche, allegorie<br />

sulla fine del tempo – reimpostandola alla luce del concreto, “esistenziale” che è implicito alla<br />

dimensione escatologica stessa. Ad esso occorre volgersi brevemente, per comprendere non solo lo<br />

sfondo problematico, ma anche la portata della posizione voegeliniana. Secondo la lettera di<br />

Troeltsch, a cui Voegelin fa riferimento, è l’intero fenomeno religioso ad essere definito dall’<br />

“Empfindung von Letzen Dingen” 3 , il sentimento delle cose ultime. Alla lettura dell’escatologia<br />

esclusivamente orientata sulla base del concetto della “fine del tempo” interpretata<br />

cronologicamente, si viene ad aggiungere dunque, come bene illustra il citato Troeltsch, una<br />

dimensione “verticale”: il rapporto, immediato e primitivo, con l’assoluto fuori dal tempo. E’questa<br />

la dimensione “assiologica”, originaria, che definisce una realtà sostanzialmente sovra-temporale<br />

identificata appunto con l’assoluto. Ora, il problema che da questo rinnovamento e rilettura<br />

dell’escatologia scaturisce è proprio il rapporto con la temporalità e con la storia: l’asse teleologico,<br />

propriamente detto, senza il quale risulta difficile persino parlare di escatologia 4 . Sia detto per<br />

inciso, è proprio sul valore e il significato da attribuire a questa dimensione temporale che la<br />

posizione balthasariana si differenzia radicalmente da quella di Troeltsch: questa farebbe cadere la<br />

possibilità di pensare il presente assiologico delle cose ultime anche in rapporto con il tempo,<br />

sottraendo all’escatologia la dimensione ad essa più propria, quella della temporalità intesa in senso<br />

lineare. Per von Balthasar si tratta qui di una questione nient’affatto scolastica. L’interpretazione<br />

troeltschiana dell’escatologia, nella visione dell’istante escatologico, l’”attimo” in cui appare<br />

l’eternità, comprometterebbe, insieme con la temporalità e con la storia, anche la dimensione<br />

personale, portando ad un’identità tra persona e Dio che “uccide l’essenza finita” 5 .<br />

3 Ernst Troeltsch, Die letzten Dinge, in „Die christliche Welt“, Gennaio 1908, n. 4, p. 76.<br />

4 “Nur dann könnte rechtmässig von einer axiologischen Eschatologie geredet werden, wenn auch die<br />

Gegenwartsbeziehung zum Ewigen wirklich eschatologisch, als Beziehung auf etwas in der Zeit Austehendes, also<br />

nicht in Sinne der praesentia salutis verstanden wird.” Georg Hoffmann, Das Problem der letzten Dingen in der<br />

neueren evangelischen Theologie, Göttingen, 1929, p. 50.<br />

5 Cfr., Hans Urs von Balthasar, Apokalypse der deutschen Seele. Studien zu einer Lehre von letzten Haltungen,<br />

Johannes Verlag, Einsiedeln, Freiburg, 1998, vol. 1 p. 3-17. Sul problema cfr. <strong>Giuliana</strong> <strong>Parotto</strong>, La politica tra storia ed<br />

3


Analizzando le poche righe che Eric Vogelin dedica a questo problema nella Nuova scienza<br />

politica, occorre evidenziare come, malgrado il riferimento a von Balthasar, la struttura<br />

dell’escatologia cristiana venga interpretata complessivamente più nella direzione tracciata da<br />

Troeltsch 6 : la “componente assiologica” viene identificata con lo “stato di perfezione”, la<br />

componente teleologica come “il progresso del pellegrino”, in movimento verso il telos, ovvero lo<br />

stato di perfezione stesso. La dimensione della storia nel suo complesso, resterebbe, pertanto,<br />

esclusa.<br />

Coerente con questa visione dell’escatologia si profila l’interpretazione di Agostino che troviamo<br />

nel La nuova scienza politica. Il contributo principale di Agostino sta proprio nel fatto di aver<br />

portato ad espressione in maniera esemplare l’escatologia cristiana, riuscendo a sconfiggere le<br />

credenze escatologiche del millenarismo, in quanto ha spostato le attese del regno di Dio dal piano<br />

della storia a quello dell’al di là. Agostino avrebbe definitivamente compiuto quella dissociazione<br />

tra al di qua e al di là che è il centro stesso dell’escatologia cristiana. Significativamente ricorre nel<br />

punto il nome di Albert Schweitzer, dal quale Voegelin attinge, nell’ascrivere al mancato verificarsi<br />

della Parousia subito dopo la morte di Cristo, il passaggio da un escatologia nel regno della storia ad<br />

un escatologia soprannaturale, che sarebbe quella propriamente cristiana 7 . Il carattere genuino del<br />

cristianesimo sarebbe dunque sito nella negazione di qualsiasi attesa storico-escatologica. Quella<br />

che troviamo qui adombrata è, essenzialmente, la direzione assiologica-verticale. Nella stessa<br />

direzione conduce un altro riferimento importante per l’interpretazione di Agostino, quello che si<br />

rintraccia nella nota a piè di pagina, dedicato a Jakob Taubes. Sebbene ivi sia citato in relazione alla<br />

tensione provocata nel cristianesimo primitivo dalla ricezione dell’Apocalisse, la posizione che<br />

Taubes ascrive ad Agostino all’interno di questo importante snodo è del tutto analoga a quella<br />

voegeliniana. Anche per Taubes Agostino avrebbe completamente invertito le attese escatologiche<br />

del regno di Dio, inaugurando insieme a questo spostamento un altro elemento specifico del<br />

cristianesimo, ovvero un’escatologia di tipo individuale: “L’attenzione è ora rivolta al destino<br />

individuale, e il tempo della fine viene sostituito dall’ultimo giorno della vita umana” 8 . Voegelin<br />

non ha seguito interamente Taubes fino a tale conclusione, perlomeno non nel La nuova scienza<br />

politica, mentre invece in Religionersatz troviamo un affermazione che per certi versi richiama<br />

escatologia. Un itinerario di Hans Urs von Balthasar, Milano, 2000; ibid., Zum Einfluss von Urs von Balthasar auf<br />

EricVoegelin, Occasional Papers, Eric-Voegelin – Archiv Ludwig-Maximilians Universität, 2002.<br />

6 Significativamente Troeltsch rimane l’unico riferimento a proposito della “struttura dell’escatologia” ovvero della<br />

distinzione tra i due assi escatologici, nell’opera Religionersatz. Die gnostiche Masenbewegungen unserer Zeit, in Der<br />

Gottesmord. Zur Genese und Gestalt der modernen politischen Gnosis, München,1999.<br />

7 Albert Schweitzer, Geschichte der Leben Jesu Foschung, Tübingen, 1920, p. 406.<br />

8 Jakob Taubes, Abendländische Eschatologie, München, 1991, trad it., Escatologia Occidentale, Milano, 1997 p. 111.<br />

Per un confronto tra von Balthasar e Taubes cfr., Ursula Baatz, Eschatologie versus Apokalyptik Hans Urs von<br />

Balthasar und Jakob Taubes, in Barbara Hallensleben/Guido Vergauwen (Hrsg), Letzte Haltungen. Hans Urs von<br />

Balthasar „Apokalypse der deutschen Seele“ –neu gelesen. Fribuorg, 2006, pp. 101-119.<br />

4


questa lettura individualista dell’escatologia, quando Voegelin sostiene che la risposta cristiana alla<br />

concezione gnostica è “che il mondo della storia rimane così com’è, e che il compimento salvifico<br />

dell’uomo attraverso la grazia è raggiunto nella morte” 9 . Tuttavia la grande differenza tra<br />

l’interpretazione dell’escatologia di Taubes e di Voegelin, in riferimento ad Agostino, sta nel fatto<br />

che nel primo la “svolta escatologica agostiniana” porta, in ultima istanza, ad una identificazione<br />

del Regno con la Chiesa: “Il regno millenario dell’Apocalisse è il tempo del potere della Chiesa”, e<br />

dunque sta alla base della politicizzazione della chiesa stessa. “La Civitas Dei – afferma Taubes - è<br />

“la base su cui si fonda lo stato medievale” 10 . Di altro segno è, invece, l’interpretazione<br />

voegeliniana. Sebbene anche Voegelin individui nella chiesa il “riflesso dell’eternità nel tempo” e<br />

indichi nella identificazione del regno millenario con la Chiesa il principale portato della svolta<br />

escatologica agostiniana, la chiesa viene intesa come comunità essenzialmente spirituale 11 a cui si<br />

affianca l’organizzazione di potere della società come “rappresentanza temporale dell’uomo” 12 . Il<br />

disegno escatologico riguarda, essenzialmente, la realtà della chiesa ed ha una direzione interamente<br />

assiologica: “superando il messianismo giudaico in senso stretto, la concezione specificamente<br />

cristiana della storia era pervenuta ad interpretare la fine della storia come un compimento<br />

trascendente” 13 . Contestualmente e sintomaticamente, l’organizzazione temporale dell’uomo non ha<br />

destino escatologico, è infatti relativa a “quella parte della natura umana che si dissolverà con la<br />

trasfigurazione del tempo nell’eternità.” 14 Dominio spirituale e dominio temporale restano<br />

assolutamente divisi; al primo soltanto spetta un destino escatologico, mentre il secondo è destinato<br />

a dileguarsi per sempre. E’in base a tale lettura dell’escatologia cristiana, di cui Agostino è<br />

l’indiscusso teorico ed il principale esponente, Voegelin formula la nota tesi, il baluardo teorico<br />

contro ogni fraintendimento e deviazione immanentistica dell’escatologia, che la storia non ha<br />

eidos. La storia “profana”, non ha alcun senso 15 .<br />

2. Agostino nella Herschaftslehre<br />

Dalle osservazioni fatte sopra si potrebbe ora aprire il problema se Voegelin interpreti Agostino a<br />

partire dalla lettura dell’escatologia cristiana oppure se, al contrario, approdi alla sopra descritta<br />

9 “dass die Welt in der Geschichte so bleibt, wie sie ist, und dass die erlösende Vollendung des Menschen durch die<br />

Gnade im Tod erfolg.” Eric Voegelin, Religionersatz, op, cit., p. 108. Tradizione mia.<br />

10 Jakob Taubes, op. cit., p. 111.<br />

11 “In questo modo la chiesa diventava l’universale organizzazione spirituale dei santi e dei peccatori che professano la<br />

loro fede in Cristo, come rappresentante della civitas dei nella storia, riflesso dell’eternità nel tempo.” Eric Voegelin, La<br />

nuova scienza politica, p. 145.<br />

12 Ibid., p. 145.<br />

13 Ibid., p. 154.<br />

14 Ibid.<br />

15 Cfr., <strong>Giuliana</strong> Parlotto, Il simbolo della storia. Studi su Eric Voegelin, Padova, 2004. p. 9 ss.<br />

5


concezione escatologica attraverso la lettura di Agostino. Ci si potrebbe con ragione domandare se<br />

la “struttura dell’escatologia cristiana” individuata da Voegelin non trovi, in definitiva, la sua ragion<br />

d’essere nel contesto di una riflessione di carattere essenzialmente politico, restituita in tutta la sua<br />

portata problematica, proprio attraverso la figura di Agostino. In ogni caso il ruolo teoreticamente<br />

decisivo ricoperto dal teologo, - il pensiero di Agostino risulta centrale nella definizione di quella<br />

che rappresenta una tesi senz’altro fondamentale nel La nuova scienza politica - forniscono uno<br />

stimulo forte per cercare di operare una sorta di ricostruzione della interpretazione voegeliniana di<br />

Agostino. Questo indirizza verso un opera che Voegelin inizia a concepire nei primi anni 30 e che<br />

mai vide la luce finendo, a detta dello stesso autore, per essere abbandonata. Si tratta di una teoria<br />

del dominio (Herschaftslehre) che dobbiamo collocare nel quadro del tentativo complessivo operato<br />

da Voegelin, di – usando le parole stesse dell’autore in uno dei rari luoghi in cui vi si fa riferimento<br />

- “elaborare un sistema di Staatslehre” 16 . E’qui che Voegelin si confronta, per la prima volta, con i<br />

testi agostiniani. Per ricostruire le caratteristiche teoriche dell’interpretazione voegeliniana di<br />

Agostino, è dunque necessario aprire una parentesi analizzando alcuni passaggi, al nostro scopo<br />

significativi, di questo testo.<br />

Anzitutto qualche accenno sommario alla storia della stesura del testo. E’un testo dattiloscritto di<br />

circa 130 pagine 17 che risulta incompleto in alcune parti e che presenta differenti stesure e<br />

comporta, per questo, notevoli difficoltà di ricostruzione. Nell’edizione del volume 32 dei Collected<br />

Works il testo è presentato in una versione complessiva, che restituisce le 130 pagine nella loro<br />

interezza. Per il nostro scopo assume tuttavia maggior interesse l’edizione tedesca, comparsa di<br />

recente, in cui viene posto in opera il tentativo di ricostruire le diverse fasi di composizione del<br />

manoscritto. La ragione fondamentale di tale tentativo sta, a detta dello stesso curatore, Peter J<br />

Opitz, nello “stato scadente del dattiloscritto”, in cui si ravvisano “indici analitici contraddittori,<br />

assenza di corrispondenze precise tra gli indici e il manoscritto stesso, pagine andate interamente<br />

perdute, nonché una serie di passaggi testuali che, secondo le indicazioni dello stesso Voegelin, non<br />

erano ancora state interamente portati a termine.” 18 Da una lettera inviata da Eric Voegelin a<br />

Baumgarten si fa riferimento inoltre ad una prima stesura dove vengono posti i fondamenti di una<br />

16 Eric Voegelin, Riflessioni Autobiografiche, in La politica dai simboli alle esperienze, a cura di Sandro Chignola,<br />

Milano 1993, p. 108.<br />

17 Una prima traduzione in inglese del manoscritto si trova in The collected Works of Eric Voegelin, Vol 32, The Theory<br />

of Governance and other Miscellaneous Papers, 1921 – 1938 ed. con una introduzione di William Petropulos e Gilbert<br />

Weiss, Columbia and London, University of Missouri Press, 2003. Recentemente è comparsa anche la traduzione<br />

tedesca del manoscritto nel quadro della collana Occasional Papers. Erich Voegelin, Herrschaftslehre in Occasional<br />

Papers, LVI, Ludwig-Maximilian Universität, 2007. A questa edizione faccio riferimento nel testo.<br />

18 “Original im Rahmen der Occasional Paper-Rehie zu veröffentlichen, was sich allerdings als schwieriger als erwartet.<br />

Grund dafür war zum einen der schlechte Zustand des überlieferten Typoscript, widerspüchliche Inhaltverzeichnisse,<br />

fehlende Uebereinstimmungen zwischen Innhaltverzeichnissen und Typoscript, verlorengegangene Seiten, sowie eine<br />

Reihe von Textstellen, die, nach Hinweisen Voegelins, noch nicht endgültig ausgeführt waren.“ Peter J Opitz,<br />

Editorische Anmerkungen zu Eric Voegelin Herschafftslehre in Eric Voegelin, Herrschaftslehre, op. cit., p. 75 ss.<br />

6


teoria del dominio (die “Grundlagen der Herschaftslehre”) che possiamo interpretare come una<br />

sorta di versione originaria (Urfassung). A questa si affianca una versione più evoluta e completa,<br />

anche se, anch’essa, lacunosa 19 . La restituzione di entrambe le versioni – la prima databile verso il<br />

1931 – la seconda probabilmente al massimo non oltre il 1934 20 – consente di evidenziare delle<br />

differenze che sono per noi importanti. Secondo la ricostruzione di Peter J Opitz le due versioni<br />

accusano delle difformità sia di concezione che di contenuto, che testimoniano dell’ispessirsi della<br />

problematica antropologica. La versione del 1931 – che il curatore titola “Grundlagen der<br />

Herschaftslehre” – si apre con l’analisi critica della teoria del potere di Max Weber ed approda solo<br />

in un secondo momento all’antropologia filosofica, segnatamente nella forma della meditazione di<br />

Cartesio, che occupa il paragrafo 5 21 . Nella seconda versione appare, invece, il problema<br />

dell’antropologia filosofica fin dal principio, il primo capitolo viene intitolato La definizione del<br />

concetto di persona, e, al posto di Cartesio, quale riferimento fondamentale per la definizione del<br />

concetto di persona troviamo Agostino. Solo al capitolo secondo riappare Max Weber, nella forma<br />

pressoché identica a quella presente nella versione del 31.<br />

Ora, quanto il cambiamento di disposizione dei capitoli tanto gli sviluppi teorici che essi<br />

adombrano, fanno pensare a un duplice, contestuale, passaggio, che, se non rappresenta una “svolta<br />

teorica” vera e propria, è comunque un’indicazione importante del percorso che porta Voegelin a<br />

riconoscere all’antropologia filosofica un ruolo di primo piano, ruolo che, nel corso della riflessione<br />

successiva, non perderà più. Contestualmente a questo passaggio abbiamo il comparire della figura<br />

di Agostino, la cui interpretazione critica risulta utilissima proprio per portare alla luce le categorie<br />

antropologiche voegeliniane. Fondamentale è, a questo punto, tentare di ricostruire il passaggio che<br />

dalla teoria del dominio – dall’ambito politico – porta all’antropologia filosofica.<br />

Come ho già accennato, il tentativo di costituire una teoria del dominio si inquadra nel più<br />

complessivo sforzo di produrre una teoria generale dello stato all’altezza delle problematiche<br />

sollevate nel contesto della discussione teorica tedesca del primo dopoguerra. La ricostruzione di<br />

tale dibattito e la posizione di Voegelin in esso, esulano evidentemente dal perimetro di questo<br />

19 Cfr., Ibid., p. 76.<br />

20 All’inizio dell’opera Rasse und Staat, che vede la luce nel 1933 Eric Voegelin delinea il quadro della sua teoria dello<br />

stato e così indirettamente ci informa che, ancora nel 33, il progetto di costituire una teoria generale dello stato – di cui<br />

la teoria del potere sarebbe una parte – è ancora perseguito. Michael Henke ha messo in luce come anche lo Stato<br />

Autoritario, che appare nel 1936, venga pensato da Voegelin nel contesto di una teoria generale dello stato a cui<br />

starebbe lavorando. Cfr., Michael Henkel, Herrschaft – Erlebnis –Erfahrung. Warum scheiterte Voegelins Project<br />

einer geisteswissenschaflichen Staatslehre In Peter J. Opitz, Eric Voegelins Herrschaftslehre: Annährungen an einen<br />

schwierigen Text, in Occasional Papers, LVII, Eric-Voegelin Archiv Ludwig-Maximilians Universitäät, München,<br />

2007, pp. 41-73.<br />

21 Cfr., Eric Voegelin, „Grundlagen der Herrschaftslehre”. Ein Kapitel des Systems der Staatslehre, Occasional<br />

Papers, LV, Eric-Voegelin Archiv, Ludwig-Maximilians-Universität München, 2007.<br />

7


lavoro, oltre al fatto che a tale tema sono stati dedicati numerosi, approfonditi studi 22 . E’tuttavia<br />

necessario, ancorché solo a titolo di orientamento generale, richiamare come la Herrschaftslehre si<br />

sviluppi nell’ambito di una teoria generale dello stato formulata in confronto polemico non soltanto<br />

con Hans Kelsen e con la riduzione da questi operata della Staatslehre con la Rechtslehre 23 ; ma<br />

anche, in termini più generali, in confronto con quella ipostatizzazione dello stato, filosoficamente<br />

fondata nel wertbeziehende Methode di stampo neokantiano, che produce per Voegelin l’effetto di<br />

rendere di fatto incomprensibili realtà politiche disomogenee ed estranee all’idea dello stato stesso.<br />

E’proprio lo sforzo di sottrarsi ad ogni forma di unilateralismo metodologico e la percezione della<br />

ridotta capacità esplicativa, se non della fuorviante arbitrarietà, di ipostatizzazioni concettuali come<br />

quella dello stato, che induce Voegelin a indirizzare le sue ricerche all’analisi delle forme concrete<br />

attraverso cui il potere si manifesta. In altri termini, Voegelin ritiene necessario considerare<br />

“l’attore della realtà sociale nella situazione concreta dello svolgersi storico”, ovvero indagare i<br />

processi concreti attraverso cui si produce l’obbedienza, le forme del riconoscimento, le<br />

fenomenologie dei rapporti di potere, considerati a partire dalle realtà individuali e non da quelle<br />

collettive 24 . In tale contesto Voegelin articola la sua indagine a partire dalla riflessione di Max<br />

Weber, segnatamente in riferimento al problema del potere definito come quel “fenomeno per cui<br />

una volontà manifestata (“comando”) del detentore o dei detentori del potere vuole influire<br />

sull’agire di altre persone (del “dominato” o dei “dominati”) ed influisce effettivamente in modo<br />

tale che il loro agire procede, in un grado socialmente rilevante, come se i dominati avessero, per<br />

loro stesso volere, assunto il contenuto del comando per massima del loro agire (“Obbedienza”)” 25 .<br />

L’analisi critica della trattazione weberiana è piuttosto importante, in quanto illumina la<br />

costellazione teorica in cui emerge l’intera problematica della persona.<br />

E’opportuno quindi richiamarne qui le linee essenziali. Il nucleo della definizione weberiana è<br />

individuato da Voegelin in tre elementi principali: l’esternazione di volontà (il comando),<br />

l’intenzione di influenzare, e l’influenza di fatto e l’adempimento del comando. L’elemento ideal-<br />

22 Cfr., Michael Henke, Positivismuskritik und autoritäre Staat. Die Grundlagendebatte in der Weimarer<br />

Staatsrechtslehre und Eric Voegelin Weg zu einer neue Wissenschaft der Politik (bis 1938), Occasional Papers,<br />

XXXVI, Eric-Voegelin Archiv, Ludwig-Maximilians Universität, München, 2003; Hans Jörg Sigwart, Das Politische<br />

und die Wissenschaft. Intellektuell-biographische Studien zum Frühwerk Eric Voegelins, Wuerzburg, 2004; Sandro<br />

Chignola, „Fethicism with the norm“ and symbols of politics, Occasional Papers, X, Eric-Voegelin Archiv, Ludwig-<br />

Maximilians Universität, Muenchen 1999.<br />

23 Il passo delle Riflessioni Autobiografiche è noto: “Nella terminologia convenzionale del tempo la disciplina che<br />

Kelsen rappresentava come professore era la Staatslehre; da quando il neokantismo delimitò con il suo metodo la logica<br />

del sistema delle norme, alla Staatslehre fu imposto di diventare Rechtslehre, mentre tutto quello che andava al di là<br />

della Rechtslehre, non poteva più rientrare nella Staatslehre. Si trattava, evidentemente, di una posizione insostenibile”<br />

Riflessioni Autobiografiche, op. cit., p. 95.<br />

24 In questo senso è, complessivamente, significativa la recensione di Eric Voegelin alla Verfassungslehre di Carl<br />

Schmitt. Cfr. Eric Voegelin, La dottrina della Costituzione di Carl Schmitt. Tentativo di analisi costruttiva dei suoi<br />

principi teorico-politici, in a cura di Giuseppe Duso, Filosofia politica e pratica del pensiero. Eric Voegelin, Leo Strass,<br />

Hannah Arendt, Milano 1988, pp. 291-314.<br />

25 Max Weber, Economia e società, vol. IV, p. 48, Milano, 1980.<br />

8


tipico del rapporto di obbedienza sarebbe sito nella pura relazione eteronoma di subordinazione<br />

incardinata unicamente nella stessa formale relazione di obbedienza, senza considerazione del<br />

valore o del non valore del comando in quanto tale 26 . Seguendo l’argomentazione weberiana,<br />

Voegelin mette in luce come la definizione ideal-tipica del potere e del rapporto di obbedienza, sia<br />

trovata per differenza da un lato da forme ibride dettate dal mero interesse – che possono<br />

trasformarsi in un rapporto puro di obbedienza ma che non lo sono, nella misura in cui trovano<br />

motivazione appunto nell’interesse di colui che obbedisce e non nella volontà di colui che comanda;<br />

dall’altro da forme legate alla condivisione del comando stesso, che “se lo autorizzano, rendono il<br />

comando superfluo, se non lo autorizzano, lo rendono inefficace” 27 . Entrambe le forme andrebbero<br />

a distruggere, quindi, il rapporto di obbedienza nella sua essenza. E’proprio su questo nucleo che si<br />

appuntano le critiche voegeliniane: l’obbedienza per l’obbedienza – l’obbedienza pura – comporta<br />

infatti che “la persona subordinata ponga immediatamente la persona dominante al posto di se<br />

stessa e agisca solo sulla base delle decisioni morali del dominante” 28 . L’obbedienza implicherebbe,<br />

in tal modo, che il subordinato non possa più essere concepito come persona morale. Una tale<br />

concezione tradisce, secondo Voegelin, una matrice sostanzialmente “giuridica”, in quanto solo<br />

nella sfera del diritto possiamo rinvenire fenomeni analoghi di dissoluzione della persona morale.<br />

Questa riduzione della persona a mera funzione, emerge ancora maggiormente nella definizione<br />

weberiana della disciplina come “la possibilità, ottenuta in forza di una disposizione esercitata, di<br />

un comando di ottenere obbedienza immediata, automatica e schematica presso una certa<br />

moltitudine di uomini” 29 . La definizione, che rende ancora più esplicita la riduzione della persona a<br />

qualcosa di meccanico e di automatico, tradisce il paradigma di fondo presente a Weber, quello del<br />

burocrate prussiano 30 . Veramente tale modello di persona risulta essere astratto perché “nella sfera<br />

della realtà concreta non esiste tale dissoluzione, piuttosto ciascun uomo sussiste in tutti i suoi modi<br />

di essere, tra i quali vi è pure quello morale, anche quando si trova in una relazione di dominio.” 31 .<br />

L’ottica con cui guardare il rapporto di dominio non può prescindere dalla persona morale: anche<br />

seguire un comando inevitabilmente implica una dimensione del dovere che ha origine nel centro<br />

della persona che obbedisce; il rapporto di obbedienza non è dunque eteronomo, perlomeno nella<br />

accezione che tale eteronomia assume in Max Weber. Il carattere di obbligo non viene, in sostanza,<br />

26 Eric Voegelin, “Grundlagen der Herrschaftslehre”.Ein Kapitel des Systems der Staatslehre, Occasional Paper,Eric-<br />

Voegelin-Archiv, Ludwig-Maximilians-Universität, Muenchen, 2007, p. 9 ss.<br />

27 Ibid., p. 13.<br />

28 “Die Person des Beherrschten setzt gleichsam die Person des Herrschers an die Stelle ihrer eigenen und handelt auf<br />

Grund del sittlichen Entscheidungen des Herrschers.”, Ibid., p. 14.<br />

29 Cfr., Eric Voegelin, „Grundlagen der Herrschaftlehre“, op. cit., p. 14 -15.<br />

30 Ibid., p. 15.<br />

31 “In der Sphäre der Daseinswirklichkeit gibt es solche “Auslöschen” nicht, vielmehr verharrt jeder Mensch in allen<br />

seinen Seinsweisen zu denen auch sein sittliches Wesen gehört, auch wenn er in einer Herrschaftsbeziehung steht.“<br />

Ibid., p. 14.<br />

9


dalla subordinazione incondizionata, che nella realtà non esiste, bensì dalla convinzione autonoma<br />

che l’obbedienza sia giusta. Seguendo la lettera di Voegelin, l’obbedienza agli ordini “riceve il<br />

carattere del dovere dal centro della persona dell’attore, che con ciò si esperisce come inveramento<br />

di un tutto, il cui contenuto può essere ragionevolmente compreso e inverato anche da altre persone<br />

per loro parte” 32 . In altri termini tanto colui che obbedisce quanto colui che comanda si<br />

percepiscono allo stesso modo, seppure in maniera diversa, come soggetti che fanno parte della<br />

totalità.<br />

Quanto Voegelin introduce qui è il concetto di “sittliches Ganze”. Sorpasserebbe di gran lunga il<br />

perimetro di questo lavoro l’analisi di tale concetto, che tradisce più che evidenti richiami hegeliani,<br />

e che viene tuttavia tematizzato da Voegelin a partire dal pensiero di Othmar Spann. Per quanto<br />

attiene allo scopo che mi sono proposta, è sufficiente evidenziare come con il concetto di totalità<br />

etica Voegelin intenda, in sostanza, definire, seguendo le definizioni di Othmar Spann, il regno<br />

delle idee e dei valori che informa ogni tipo di società, inteso non in senso platonico, cioè come una<br />

sorta di “creazione sovratemporale pensata magari in conformità con le entità matematiche” 33 , bensì<br />

come qualcosa di esistenziale che si realizza nel nostro esserci come esserci concreto e storico 34 . Si<br />

tratta qui di un’esperienza spirituale che viene descritta nei termini di ispirazione (Eingebung),<br />

rapimento estatico, (Einfall), intesi come momenti attraverso cui lo spirito si rende reale, si<br />

concretizza. E’a ciò che necessariamente occorre guardare se si vuole indagare radicalmente il<br />

problema del dominio. In questo snodo la problematica filosofica voegeliniana si ispessisce<br />

decisamente, mentre acquista rilievo l’antropologia filosofica.<br />

Il passaggio è importante e si appunta su quella che Voegelin avverte come una sorta di duplicità<br />

nella teorica di Othmar Spann, che rimane irrisolta e che necessita invece di essere rigorosamente<br />

tematizzata e differenziata. Da una parte Voegelin evidenzia la valenza esclusivamente descrittiva<br />

delle analisi di Spann, una sorta di “Daseinsbeschreibung” che “oggettiva” in un certo senso<br />

l’esperienza della ispirazione (Eingebung); dall’altra un piano ontologico che descrive un ordine di<br />

carattere metafisico. Quest’ultimo rappresenta il vero interesse per una filosofia della società<br />

(Gesellschaftsphilosophie) e trova il suo cogente nucleo tematico in una particolare modalità<br />

dell’intuizione (Eingebung) caratteristica e paradigmatica. Essa consiste nell’essere aperto<br />

32 “In der Beschreibung des Menschen als eines sittlichen Wesens zeigt sich dagegen das Befolgen von Befehlen<br />

unausweichlich als ein der Materie nach gesolltes Handeln, als ein Handeln, das urspruenglich oder abgeleitet aus dem<br />

Personszentrum des Handelnden selbs den Charakter des Gesollten empfängt“, Ibid., p. 15.<br />

33 “Nun darf aber das Ideen-reich nicht missverstanden werden als ein ueberzeitliches Gebilde ohne geschichtliche<br />

Erscheinungsform, vielleicht nach der Art mathemathischer Gegenstände, auf die als Gegenstände sich das Bewusstsein<br />

duech Erkenntnisakte richten kann.”, Eric Voegelin, „Grundlagen der Herrschaftslhre“, op. cit., p. 17.<br />

34 “Nicht aber um eine solche präsistenzielle Idee geht es, sondern um die existentielle, in unserem Dasein als konkret<br />

geschichtlichem sich verwirklichende“, Ibid., p. 18.<br />

10


dell’uomo a qualcosa che, “espresso con un’immagine spaziale, sta “prima” o“sopra” e in funzione<br />

di cui è disposto qualsiasi atto creativo o autonomo” 35 .<br />

Tale modalità caratteristica dell’intuizione a cui Spann fa riferimento ha, in realtà, una lunga<br />

tradizione; non è infatti altro che la meditazione filosofica. Al paragrafo quinto delle “Grundlagen<br />

der Herrschaftlehre” appare, come esito di un percorso di ricerca incentrato sul dominio, la figura<br />

di René Decartes. Questa decisiva svolta “metafisica” è presentata da Voegelin come un necessario<br />

approfondimento del concetto di intuizione (Eingebung) liberato dalla ambigua duplicità da cui era<br />

ancora avvolto nella teorica di Spann. Lo spessore ontologico del concetto di intuizione viene così<br />

interamente alla luce: se per Spann l’intuizione è l’esperienza di una persona osservata<br />

“oggettivamente” ovvero analizzata secondo una modalità “scientifica” e puramente descrittiva, per<br />

Descartes invece l’intuizione non è analizzata come esperienza di una persona qualsiasi, bensì viene<br />

illuminata come esperienza del proprio fondamento esistenziale, del proprio, personale, filosofare.<br />

Si tratta, appunto, dell’esperienza della meditare filosofico. E’in rapporto a questo fondamento<br />

ultimo che viene poi ri-tematizzata l’intera teoria del dominio 36 .<br />

In siffatto contesto teorico si introduce la figura di Agostino. Occorre osservare che, come<br />

anticipato sopra, non esiste nella versione primitiva della Herrschaftslehre, alcun riferimento al<br />

teologo. E’ tuttavia proprio con un capitolo dedicato alla dottrina della persona in Agostino che si<br />

apre la seconda, più matura, versione. In questa il procedere dell’argomentazione appare rovesciato:<br />

la discussione delle tesi weberiane slitta al secondo capitolo; mentre la meditazione filosofica che,<br />

nella prima versione, rappresenta l’esito di un percorso di analisi, acquista rilievo ed è posta in<br />

apertura. Non si tratta, sicuramente, di un caso. Piuttosto possiamo interpretare questo<br />

rovesciamento come la definitiva acquisizione di quella prospettiva di tipo ontologico che scaturiva,<br />

nei Grundlagen, quale necessario “approfondimento” originato dalla radicalizzazione filosofica<br />

della domanda intorno al nocciolo della Herrschaftslehre, ovvero l’obbedienza: da un fenomeno<br />

“esteriore” l’analisi procede verso le ragioni “interiori”. Qui l’ordine è invertito e, in un certo senso,<br />

“messo in piedi”. Il prius ontologico, l’esperienza fondante, è la premessa necessaria a qualsiasi<br />

teoria del dominio. Contestualmente emerge in primo piano la problematica della persona. Il primo<br />

capitolo si apre con il titolo Die Bestimmung des Personsbegriffes, la definizione del concetto di<br />

persona, che, sulla scorta della riflessione di Scheler, si intreccia immediatamente con la prassi della<br />

35 “Der analytische Kern ist nun die paradigmatische als “Eigebung” charakterisierte Offenheit des Menschen gegen ein<br />

Etwas hin, das in den räumlichen Bildern “Vor” oder “Ueber” in Beziehung auf die selbstmächtige oder schöpferische<br />

Tat angeordnet wird” Ibid., p. 19.<br />

36 Emerge, in tale prospettiva, uno dei centri irradianti del pensiero di Voegelin, quello che mette a fuoco il diretto<br />

rapporto tra ordine politico e ordine dell’anima. Sul tema, con riferimento a Othmar Spann cfr., Michael Henke, op. cit.,<br />

p. 52-53.<br />

11


meditazione filosofica 37 . Una questione ulteriore è costituita dalla ragione di questa presenza di<br />

Agostino. Perché la meditazione di Agostino Come arriva Voegelin ad Agostino Suggestiva<br />

l’ipotesi che egli giunga ad Agostino proprio attraverso la mediazione di Scheler 38 , che si ripromette<br />

di liberare “den Kern des augustinismus von seinen zeitgeschichtlichen Huellen” 39 ; forse, più<br />

semplicemente, possiamo attenerci alla lettera stessa del testo voegeliniano, secondo cui il teologo<br />

mostrerebbe, in maniera esemplare, come proceda la meditazione e quali siano le tappe essenziali<br />

del suo sviluppo. Nella meditazione agostiniana – afferma Voegelin - si trovano descritte le formule<br />

e le forme che costituiscono, ancora oggi, il modello classico per la ricerca attorno alla persona e al<br />

tempo 40 . Agostino mostrerebbe, insomma, il legame indissolubile tra la meditazione filosofica e il<br />

concetto di persona.<br />

Già da questo incipit possiamo osservare come, nell’interpretazione voegeliniana, il tempo giochi<br />

un ruolo centrale nella definizione della persona stessa e, anticipando qui le conclusioni dell’analisi,<br />

è senz’altro decisivo anche per la complessiva lettura di Agostino. Non è sviluppando il tema della<br />

temporalità, tuttavia, che si apre il paragrafo dedicato ad Agostino. Le vie attraverso cui la persona<br />

trova definizione, sono individuate da Voegelin attraverso due diverse modalità meditative, l’una<br />

rivolta all’essere, la seconda rivolta al divenire. Entrambe esprimono un percorso, un itinerarium,<br />

dell’anima alla ricerca di Dio. La meditazione attorno all’essere implica la dimensione dello spazio;<br />

il filo conduttore è infatti la domanda attorno al locum, ovvero la domanda dove l’anima trovi Dio.<br />

Evidentemente non si tratta di una domanda posta sul piano razionale; afferma Voegelin: “Agostino<br />

non cerca Dio di cui già possiede un ben preciso concetto”. Piuttosto il locum è il punto dove il<br />

movimento dell’anima giunge alla pace, ove tutte le inquietudini, tutte le cose terrene, sono<br />

gradualmente eliminate fino a che “l’anima giace nuda davanti a Dio” 41 . Seguendo i passi descritti<br />

nel X libro delle Confessioni, Voegelin descrive il processo di ricerca che procede innalzandosi<br />

attraverso tutti i gradi dell’essere: dal mondo dei sensi – all’inizio il corpus o il sensus – all’anima,<br />

intesa nel senso di principio vitale che anima il corpo, fino alla memoria. Senza soffermarsi troppo<br />

sulla complessa fenomenologia del ricordo e il disordine che regna – secondo la lettera agostiniana<br />

– nelle “distese” e nei “vasti palazzi della memoria” 42 Voegelin mette subito in luce la gerarchia dei<br />

differenti gradi della memoria che procede dal ricordo della percezione sensoriale, al ricordo degli<br />

oggetti matematici in senso platonico, elevandosi fino al ricordo degli affetti. Si tratta qui della<br />

37 Cfr. William Petropulos, Eric Voegelins Herschaftslehre, Peter J. Opitz, Eric Voegelins Herrschaftslehre.<br />

Annäherungen an einen schwierigen Text, Occasional Papers, Eric Voegelin Archiv Ludwig-Maximilians Universität,<br />

Muenchen, 2007, p. 85.<br />

38 William Petropulos, ad esempio, ritiene che la lettura di Agostino sia avvenuta attraverso la mediazione di Scheler.<br />

Cfr., Ibid., p. 75 ss.<br />

39 Max Scheler, Vom Ewigen in Menschen, Gesammelte Werk, Band 5, 1954, p. 396.<br />

40 Cfr., Herrschaftlehre, op. cit., p. 9<br />

41 Ibid., p. 9 .<br />

42 Agostino, Confessioni, X, 8, 12.<br />

12


memoria personale, dove propriamente l’io incontra se stesso: al centro della meditazione vi è la<br />

memoria della memoria, il “meminisse me memini” che traccia il perimetro in cui è circoscritto il<br />

centro della persona: “magna vis est memoriae …et hoc animus est, et hoc ipse sum” 43 . Conclude<br />

Voegelin: “La meditazione trova la sua fine temporanea in una definizione del nocciolo della<br />

persona come iterazione della memoria; negli atti della memoria tra loro relati si costituisce l’ego<br />

ipse.” 44<br />

E’questo il centro stesso della persona spirituale, che è ora raggiunto, e che tuttavia – nella<br />

lettura di Voegelin - non rappresenta ancora affatto il fine della meditazione. Proprio perché è posto<br />

nell’al di qua terreno, non può rappresentare il “luogo” in cui è possibile trovare Dio: “et nusquam<br />

locus, et recedimus et accedimus, et nusquam locum” 45 . E’con questo carattere di negazione che si<br />

conclude il percorso spirituale della ricerca di Dio, ed esso sostanzia anche, più in generale, tutta<br />

l’interpretazione “dialettica” voegeliniana, non solo della meditazione sull’essere ma anche, come<br />

vedremo, di quella intorno al divenire. I concetti che servono a illustrare le strutture dell’essere<br />

terreno verrebbero, nel procedere agostiniano, sollevati fino al limite dell’essere che segna i confini<br />

dell’al di qua – attraverso il processo di negazione – ivi poi verrebbero rovesciati in affermazione, a<br />

condizione però di subire una radicale trasformazione. Il percorso spirituale porta, infatti, fino al<br />

limite ed ha il carattere del limite: “l’oltrepassamento” - dove la negazione si trasforma in<br />

affermazione - implica una trasformazione dei significati ( Bedeutungswandel) “in cui va perso<br />

qualsiasi senso umano.” 46 L’incommensurabilità tra finito ed infinito, tra il fluire del tempo e<br />

l’eternità, tra umano e divino che si mostra, infine, al termine del percorso meditativo intorno<br />

all’essere, definisce la persona nei termini della tensione verso il limite. Quanto finisce per cadere<br />

in secondo piano è, significativamente, l’ancoraggio della persona a Dio stesso, ciò che Jean<br />

Guitton 47 ascrive alla memoria Dei, la memoria con cui Dio sottomette al tempo la conoscenza<br />

stessa dell’immutabile 48 . Questa non sarebbe altro che la storia di Dio in noi, il percorso verso la<br />

conoscenza di Dio che avviene nel ricordo, quello che, portando alla luce “ciò che non sa neppure<br />

lo spirito dell’uomo che è in lui” 49 , viene ad identificarsi, in sostanza, con la storia di tutte le<br />

Confessioni: “mettendo insieme queste forze contrarie del ricordo e del desiderio, Dio passa nel<br />

nostro tempo, dove ci appare con i tratti di una bellezza ben antica e ben moderna” 50 .<br />

43 “Grande è la potenza della memoria, qualcosa di terrificante, Dio mio, la sua profonda e infinita complessità; e tutto<br />

questo è la mente, tutto questo sono io.” Confessioni, op. cit., X, 17, 26.<br />

44 Eric Voegelin, Herrschaftslehre, op. cit., p. 11.<br />

45 Agostino, Confessioni, op. cit., X, XXVI, 37.<br />

46 Eric Voegelin, Herrschatslehre, op. cit., p. 12.<br />

47 Jean Guitton, Le Temps et l’Eternité chez Plotin et Saint Augustin, Paris, 1933, p. 208 ss.<br />

48 Agostino, De Trinitate, IV, 1.<br />

49 Agostino, Confessioni, X, V, 7.<br />

50 “C’est par la conscience et la mémoire que saint Augustin s’elève vers l’auteur des etres, car si la connaisance ne se<br />

sépare pas de la recherche, elle ne se sépare pas davantage de la mémoire. En alliant ce forces contraires du souvenir et<br />

13


La definizione della persona che emerge nella meditazione sul divenire, ovvero sul tempo,<br />

presenta evidenti analogie argomentative alla meditazione riferita all’essere. Qui non viene più<br />

cercato un locus animae, il centro dove tutte le tensioni si allentano, il luogo che non è più un luogo,<br />

bensì il tempo che non è più un tempo. Evidentemente, secondo la “dialettica” che caratterizza<br />

Agostino, il tempo in cui Dio riposa in noi, il tempo della pienezza, sarà anche qualcosa di<br />

completamente “altro”, sarà il tempo dell’azione. “Dio è l’azione e la quiete in uno” 51 . E’nella<br />

definizione di questo “tempo altro” e paradossale che prende le mosse la speculazione agostiniana<br />

sul tempo, interpretata attraverso la relazione tra creator e creatura: il tempo è inquadrato, in ultima<br />

istanza, dentro tale relazione, secondo le note formulazioni che troviamo nel XI libro delle<br />

Confessioni. Il tempo, afferma Voegelin, viene vieppiù inteso come qualcosa di creato e<br />

appartenente completamente alla creatura del cielo e della terra, che si contrappone come un tutto<br />

alla volontà creatrice di Dio. Quest’ultima non poggia su alcun tempo anteriore ma esclusivamente<br />

sulla celsitudo semper praesentis aeternitatis. 52 Ora, proprio in questa formulazione, Voegelin<br />

coglie il “nodo” della temporalità agostiniana: per capire l’eterna sostanza di Dio, come qualcosa<br />

che si contrappone al tempo, Agostino opererebbe quella trasformazione concettuale, per cui i<br />

predicati vengono “snaturati” nel loro significato e il loro contenuto di esperienza viene<br />

interamente svuotato 53 . La funzione di questo “snaturamento” delle parole, che tuttavia mantengono<br />

il loro carattere sensibile (sinnliche Geschmack), sarebbe, in ultima istanza, quella di dirigere il<br />

lettore verso l’al di là, preparando l’atto dell’intentio. Afferma Voegelin:<br />

“Si osserva in questi passi lo snaturamento delle parole precedere e ante, che, nel procedere<br />

dell’analisi di Agostino, perdono qualunque significato spaziale e temporale, senza tuttavia<br />

mostrare una superiorità valoriale. Esse conservano il loro carattere sensibile e soltanto attraverso il<br />

procedere della confessione monologica e in tale processo di rovesciamento dialettico suggeriscono<br />

al lettore la direzione verso un al di là (corsivo dell’autrice), verso cui tende l’io nell’atto<br />

dell’intentio di cui ancora si deve parlare.” 54<br />

E’qui che la dimensione temporale si ispessisce e viene alla luce il tratto più caratteristico della<br />

meditazione sul divenire: il tempo è interpretato come distentio, - tempus est quandam distentionem<br />

di désir, Dieu passe dans notre temps, où il nous apparaît sous les traits s’une beauté bien ancienne et bien nouvelle.<br />

Jean Guitton, op. cit., p. 208.<br />

51 “Gott aber ist die Tat und die Ruhe in einem” Eric Voegelin, Herschaftslehre, op. cit., p. 12.<br />

52 Cfr., Confessioni, XI, XIII, 18.<br />

53 L’esempio di questo procedere dialettico, come lo definisce Voegelin, è trovato nella nozione di presente che ha solo<br />

senso in quanto relazionato ad un passato e ad un futuro; “(la nozione di presente” wird aus dieser Kontext<br />

herausgehoben und als immerwährende aufgestellt, nicht ohne noch den ausdruecklichen Zusatz, dass keine Zeit als<br />

Ganzes gegenwärtig sein kann (nullum tempus totum esse praesens)”, Eric Voegelin, Herrschaftslehre, op. cit., p. 13.<br />

54 “Man beachte in diesel Stellen die Denaturierung der Worte precedere und ante, die jeden raumliche und zeitlichen<br />

Sinn eines Vorangehens durch Augustinus Analyse verlieren, aber auch nicht einen Wertvorrang bezeichen. Sie<br />

bewahren ihren sinnlichen Geschmack und nur durch den Gang des monologischen Bekenntnisses und in diesem Gang<br />

dialektischer Wendung geben sie dem Leser die Richtung auf ein Jenseits, auf das Ich im Akt der noch zu<br />

besprechenden intentio sich spannt.“ Eric Voegelin, Herrschaftslehre, op. cit., p. 12.<br />

14


– concetto che sintetizza in sé non solo la dimensione psicologica dello svolgersi del tempo 55 , ma<br />

anche quella spirituale della dissipazione. Il senso della distentio è quello dell’assenza di Dio, del<br />

peccato, della distrazione e della dispersione; quello dell’intentio, invece è sito nel superamento del<br />

passato che avviene non per tendere verso il futuro, ma verso l’uno, verso il creatore che precede<br />

tutti i tempi. E’proprio in tale tensione tra intentio e distentio che Voegelin trova il nucleo della<br />

persona: “la persona è il punto in cui si incrociano l’eternità divina e la temporalità umana; in essa<br />

si svela la finitezza come essenza del mondo.” 56 Meditazione sul divenire e sull’essere coincidono<br />

nel portare ad una definizione di persona come “esperienza del limite, nella quale si definisce un aldi<br />

qua finito contro un al di là infinito” 57 .<br />

Anche qui, come negli esiti dell’analisi attorno alla meditazione sull’essere, occorre osservare<br />

come venga lasciato indietro, nell’interpretazione voegeliniana, l’ancoraggio della persona<br />

all’immagine divina, intesa come idea interamente presente in Dio 58 . Sarebbe questa, spirito che<br />

sempre deborda dallo spirito, a costituire il nucleo presente nel fondo, ciò che noi veramente<br />

siamo 59 . Alla luce di tale concezione, il “limite” non può costituire il nocciolo della persona, nella<br />

misura in cui il “limite” è lo scarto tra ciò che “noi siamo e ciò che siamo”; lo “scarto”, provvisorio,<br />

che definisce la condizione della vita temporale: “finchè l’eternità apparirà come uno stato in cui la<br />

coscienza sarà perfetta, in cui noi saremo tutto ciò che siamo” 60 . E’alla luce di questa perfezione che<br />

la distensio agostiniana acquista il suo intero significato; non solo quello, essenzialmente rilevato da<br />

Voegelin, di dispersione e di distrazione, ma anche quello che troviamo ad esempio nel libro XI,<br />

38 61 legato al dispiegarsi del tempo nelle sue potenzialità positive, intrecciate alla dimensione,<br />

55 Cfr., Guitton, op. cit., p. 188 ss.<br />

56 Cfr., Eric Voegelin, Herrschaftslehre, op. cit., p. 15.<br />

57 „Person ist die Erfahrung der Grenze, an der ein Diesseitig-Endliches sich gegen ein Jenseitig-Unendliches absetz“<br />

Ibid.<br />

58 “Ecco quanto ho spaziato cercandoti nella mia memoria, Signore, e al di fuori di essa non ti ho trovato. Né ho trovato<br />

di te qualcosa che non fosse ricordo, da quando ti ho conosciuto. Poiché da quando ti ho conosciuto non ti ho più<br />

dimenticato (…) Da quando ti ho conosciuto, rimani nella mia memoria, e lì ti ritrovo quando mi ricordo ti te e di te mi<br />

diletto.” Confessioni, X, XXIV, 35; “E sono entrato nella sede che il mio animo stesso possiede nella mia memoria,<br />

poiché l’animo ricorda anche se stesso, ma tu non c’eri, giacchè, così come non sei né un’immagine corporea né un<br />

sentimento d’essere vivente, come gioia, tristezza, desiderio, paura, ricordo, oblio e simili, allo stesso modo non sei<br />

neppure l’animo, poiché sei Signore e Dio dell’animo, e tutto questo è mutevole mentre tu rimani immutabile sopra<br />

ogni cosa, e ti sei degnato di abitare nella mia memoria, dal momento che ti ho conosciuto.” Confessioni, X, XXV,<br />

36.<br />

59 Cfr., Hans Urs von Balthasar, Homo creatus est, soprattutto il capitolo Person und Geschlecht, dove von Balthasar,<br />

nel differenziare la persona dall’individuo, pone la vocazione in posizione centrale. Afferma von Balthasar: “Teilnehme<br />

an der Sendung Christi (oder das, was Paulus im Aufbau der Kirche “carisma” nennt und was dem Einzelnen als seine<br />

ewige Idee bei Gott und seine soziale Aufgabe geschenkt wird): das wäre das eigentliche Zentrum der Wirklichkeit von<br />

Person.” p. 100. Hans Urs von Balthasar, Homo creatus est, Einsiedeln, 1996.<br />

60 Jean Guitton, op. cit., p. 181. La traduzione è mia.<br />

61 „Mi appresto a cantare una canzone, che conosco: prima di cominciare, la mia attesa è rivolta all’intera canzone, ma<br />

dopo che ho cominciato, tutto quello che via via consegno al passato riempie la mia memoria, e dunque il corso di<br />

questa mia azione si divide distendendosi (distenditur .in memoriam) nella memoria per la parte cantata, nell’attesa per<br />

quella ancora da cantare:ma presente è l’attenzione attraverso cui ciò che era futuro passa per diventare passato.”<br />

Confessioni, XI, XXVIII, 38.<br />

15


carica di ambiguità ma anche di promesse, della scoperta del profondo del sé, del percorso spirituale<br />

della scoperta di Dio presente in noi.<br />

Sulla base di tale analisi risulta ora possibile comprendere non solo il contesto ma anche la<br />

ragione delle “insufficienze” teoriche che Voegelin riscontra in Agostino, che, seguendo la lettera<br />

del testo, “pur avendo il merito di iniziare la meditazione filosofica moderna, tuttavia non fornisce<br />

tutto quanto necessita la nuova teoria della persona” 62 . Le “insufficienze” si appuntano,<br />

sintomaticamente, attorno a due aspetti. Il primo è la creaturalità. Afferma Voegelin: “Per la<br />

concezione odierna della persona la contrapposizione tra persona e mondo è primaria, per Agostino<br />

la contrapposizione tra Dio e mondo” 63 . Ciò implica una concezione ontologica “ingenua” 64<br />

secondo cui tutta la creazione, e in essa la persona, è “qualcosa di oggettivamente dato”<br />

(gegenständlich Gegebenes). Nella definizione del nucleo della persona come “limite” viene<br />

sintomaticamente a cadere proprio la creaturalità, l’ancoraggio della persona a Dio, quell’unità<br />

essenziale con l’essere divino che costituisce il nocciolo della persona, e che, nell’esistenza terrena,<br />

è misteriosamente occultato e nascosto come un mistero. E’proprio la lettera di Agostino a mettere<br />

in luce il radicamento della persona nella creaturalità: il nucleo di questa, quel “qualcosa” che “non<br />

sa neppure lo spirito dell’uomo che è in lui” e che tuttavia “c’è nell’uomo” è noto a Dio perché ne è<br />

il creatore: “Tu, Signore, dell’uomo sai tutto perché lo hai creato” 65 . Del resto, secondo la teoria<br />

agostiniana, Dio crea il mondo in un attimo intemporale, facendo, da una parte le essenze compiute<br />

(tra cui Agostino conta gli angeli ma anche le anime umane), dall’altra le rationes seminales,<br />

ovvero tutte le creature che verranno, tanto le piante quanto gli animali, e pure il corpo di Adamo,<br />

che, unito all’anima, diviene il primo uomo 66 . In tale dimensione profonda, nel grembo di Dio, è il<br />

nucleo stesso della persona.<br />

A questa insufficienza che rivelerebbe la meditazione agostiniana, si collega direttamente la<br />

seconda, che si incentra sulla interpretazione del tempo come un “dissolvens”. Riportiamo il passo<br />

per intero: “Il sintomo più evidente di questo ordine oggettivo, per cui ad un osservatore anche la<br />

persona risulta essere un oggetto tra gli altri, è il concetto di tempo di Agostino – esso non è<br />

un’intima coscienza del tempo, non è il constituens dell’io, ma al contrario il suo dissolvens;“ 67<br />

Anche qui l’intepretazione pare sintomatica. Da un lato accorda poco spazio alla dimensione<br />

62 Eric Voegelin, Herrschaftlehre, op. cit., p. 16.<br />

63 “Fuer die neuzeitliche Personlehere ist der Gegensatz von Person und Welt primär, fuer Augustin der Gegensatz von<br />

Gott und Welt.„ Ibid., p. 16.<br />

64 “der Besitz einer Ontologie, ob ausdruecklich oder naiv, ist die Voraussetzung fuer eine ueberzeugende Meditation<br />

dieser Typus“ Ibid., p. 15.<br />

65 Confessioni, X, V, 7. Analogamente, nel libro X Agostino afferma: “Ti supplico, mio Dio, svelami a me stesso,<br />

affinché io possa confessare ai miei fratelli disposti a pregare per me le ferite che avrò scoperto”, XXXVII, 62.<br />

66 Agostino, De Genesi ad Litteram, VII 24. 35. Per L’insieme della problematica cfr. Etienne Gilson, Introduction a<br />

l’étude de S. Augustin, Paris, 1949, pp. 256-274.<br />

67 Eric Voegelin, Herrschaftslehre, op. cit., p. 16.<br />

16


positiva che Agostino riconosce al tempo come luogo in cui si compie la storia di Dio in noi, il<br />

“luogo” dove si sviluppano, come sopra accennato, le Confessioni. E’in tale dimensione positiva del<br />

tempo che troviamo la persona: per usare una felice espressione di Jean Guitton, “L’uomo<br />

dell’eternità è presente nell’uomo del tempo: la nozione di persona può dunque nascere e<br />

svilupparsi” 68 . D’altro lato – giacchè è perso l’ancoraggio a Dio definito dalla creaturalità - l’ubi<br />

consistam della persona viene paradossalmente ad essere cercato proprio nella dimensione<br />

temporale: è nella coscienza del tempo che troviamo il constituens dell’io.<br />

3. Agostino e la storia.<br />

Dalle linee teoriche che caratterizzano la Herrschaftslehre, che rappresenta un momento aurorale<br />

del percorso filosofico di Eric Voegelin nonché il primo testo in cui viene affrontato il pensiero di<br />

Agostino, è possibile ora, tornando alle problematiche di filosofia della storia da cui la riflessione<br />

ha preso le mosse, illuminare meglio alcuni aspetti dell’interpretazione voegeliniana dell’Ipponate.<br />

A questo scopo occorre richiamare alla memoria come Voegelin, pur riconoscendo ad Agostino il<br />

merito di aver definitivamente sconfitto le attese intramondane del Regno di Dio e con questo di<br />

aver operato una svolta decisiva ed epocale per il pensiero occidentale in generale, ciò nondimeno<br />

ritiene la filosofia della storia agostiniana condizionata dalla situazione politica a cui pure risulta,<br />

per altri versi, debitrice. In altri termini: laddove la crisi dell’impero romano e il rapporto complesso<br />

e controverso che il cristianesimo mostra proprio con tale crisi impongono ad Agostino quel “tour<br />

de force” interpretativo costituito dalla Civitas Dei e così ricco di risultati decisivi, la stessa crisi sta<br />

anche alla base di quello che per Voegelin rappresenta il limite principale della sintesi agostiniana 69 .<br />

La “crisi” dell’impero romano conferisce all’opera di Agostino quel carattere dominato – secondo<br />

le parole dello stesso Voegelin - “dalla sensazione di invecchiamento, dalla tendenza verso una fine<br />

inevitabile, causata dallo spettacolo di disintegrazione offerto dal mondo circostante” 70 . Sul piano<br />

della teoria siffatta “sensazione di invecchiamento” troverebbe espressione icastica nella nozione di<br />

saeculum senescens. Qui sta la principale debolezza teorica della filosofia della storia agostiniana;<br />

nella mutata situazione storica – segnatamente quella che si sviluppa a partire dal 1200 – è tale<br />

carattere a determinare una sorta di impotenza del pensiero di Agostino nel rendere ragione di una<br />

storia che, invece di invecchiare, pare andare incontro ad una “robusta fioritura” 71 . Alla luce di<br />

68 « L’homme de l’eternitè est présent dans l’homme du temps: la notion de persone peut donc naitre et se développer »,<br />

J. Guitton, op. cit., p. 232.<br />

69 Cfr. Su questo tema <strong>Giuliana</strong> <strong>Parotto</strong>, Il simbolo della storia, op. cit., p. 80 ss.<br />

70 Cfr., Eric Voegelin, History of Political Ideas, in The Collected Works of Eric Voegelin, volume 19, Hellenism,<br />

Rome, and Early Christianity, University of Missouri Press Columbia and London, 1997, p. 211<br />

71 Cfr., Eric Voegelin, La nuova scienza Politica, op. cit., p. 154.<br />

17


questo nuovo vigore la filosofia della storia di Agostino risulta essere affetta da “disfattismo” 72 , in<br />

quanto appunto non è in grado di rendere giustizia alla sfera mondana di esistenza. E’in questa<br />

“falla” che si va ad inserire, quindi, prima la speculazione di Gioacchino da Fiore 73 , poi, in un<br />

crescendo drammatico, tutti gli altri analoghi tentativi di ri-divinizzazione.<br />

Analizzando più da vicino il concetto di seculum senescens, ovvero volgendosi al paragrafo che a<br />

tale concetto Voegelin dedica quando affronta la figura e l’opera di Agostino nella History of<br />

political Ideas, troviamo delle significative affinità e corrispondenze con l’interpretazione<br />

agostiniana che abbiamo trovato nella Herrschaftslehre. Occorre anzitutto premettere che Voegelin<br />

inquadra il concetto incrociando un’antica tradizione simbolica con la partizione caratteristica delle<br />

età dell’uomo: la senectus è la sesta età nella vita, accanto alla infantia, la puerizia, l’adolescentia,<br />

la iuventus e l’aetas senior. Sei sono anche i giorni che Dio impiegò a creare il mondo; e sei sono le<br />

età della storia, dai predecessori di Cristo: da Adamo a Noè, ad Abramo, a Davide, fino all’Esilio e<br />

a Cristo e, da ultimo, l’età posteriore a Cristo stesso. E’questo il saeculum senescens. In conformità<br />

ai cenni rinvenuti nel La nuova scienza la nozione di saeculum senescens è definita come “weak<br />

point” un punto debole che è di decisiva importanza perché veicola l’idea che “la storia del mondo<br />

cristiano non ha alcuna struttura sua propria” 74 . Secondo le linee teoriche già messe in luce,<br />

l’orientamento trascendente dell’escatologia cristiana toglie alla storia mondana qualsiasi “scopo<br />

interno” 75 . Così interpreta Voegelin: la sesta epoca è il “seculum senescens del mondo fatiscente,<br />

che non offre speranza oltre la sua fine ad eccezione per quel che riguarda la pace celeste” 76 .<br />

Nessuna potenzialità positiva è ascritta dunque al tempo della storia.<br />

Ora, se andiamo ad analizzare la nozione di seculum senescens quale età che viene inaugurata<br />

dall’incarnazione, non troviamo affatto un’immagine di pessimismo e di decadenza. Theodor<br />

Mommsen, in un articolo il cui titolo è Sant’Agostino e l’idea di progresso, intravede nelle sei età le<br />

scansioni di un movimento di progresso che culmina esattamente con la sesta età: “In riferimento al<br />

corso della città, nella città celeste si può dir che vi sia un progresso, non in senso materialista, ma<br />

nel senso che vi è una graduale rivelazione della verità divina che viene comunicata da Dio<br />

all’uomo, specialmente riguardo alle profezie che predicano il messia futuro.” 77 Le sei età<br />

rappresentano, in sostanza, la “crescita dell’illuminazione spirituale della razza umana” 78 . Come<br />

afferma Agostino: “la senectus dell’uomo vecchio, l’ultima età, è quella in cui è nato l’uomo nuovo,<br />

72 Ibid.<br />

73 ”La speculazione gioachimitica fu un tentativo di conferire al corso immanente della storia un significato che la<br />

concezione agostiniana gli negava” Ibid., p. 154.<br />

74 Eric Voegelin, History of political Ideas, Ellenism, Rome and Early Christianity, op. cit., p. 212.<br />

75 Ibid.<br />

76 Ibid.<br />

77 Theodor Mommsen, St. Augustine and Idea of Progress, J. hist. of ideas 12 (1951), pp. 346-74. La citazione si trova a<br />

p. 372.<br />

78 Ibid., 372.<br />

18


quello che vive in accordo con lo spirito” 79 . Con l’età di Cristo l’eterno scende nel tempo e il tempo<br />

è radicalmente rinnovato: Cristo rende infatti nuovamente il tempo “capace di eternità” 80 . In tal<br />

senso quanto viene qui ad essere riconfermato, al di là dell’elemento negativo che lega il tempo alla<br />

dissipazione e al peccato, è la stessa potenzialità positiva dischiusa dalle Confessioni; l’ultima età<br />

libera questa potenzialità nella misura in cui permette, secondo un’espressione di Jules Chaix-Ruy<br />

che una “certa eternità si faccia nel tempo; perché è nel tempo che il frumento cresce mescolato al<br />

loglio” 81 .<br />

Con l’interpretazione essenzialmente negativa che Voegelin ascrive al saeculum senescens<br />

nuovamente la presenza dell’eterno nel tempo viene ad essere, nel passaggio della History dedicato<br />

ad Agostino, sottodimensionata. Se ciò significhi anche, portando a fondo l’analogia che si profila<br />

tra le “insufficienze” teoriche attribuite ad Agostino nella Herrschaftslehre e quelle individuate sul<br />

piano della storia nella History e nel La nuova scienza politica, che Voegelin assegni al tempo una<br />

funzione costitutiva nei confronti del soggetto anche sul piano della storia, è una questione<br />

complessa. Per certi versi il tentativo di trovare un significato complessivo della civiltà all’interno<br />

della storia, l’individuazione di un processo di differenziazione della coscienza, autorizzano<br />

un’interpretazione in tal senso. Certamente è sullo sfondo di una concezione siffatta che viene ad<br />

essere interpretata l’immagine del seculum senescens. Il paragrafo ad esso dedicato si chiude con lo<br />

concertante parallelismo tra Agostino e Hegel che, l’uno posto alla fine del mondo antico, l’altro<br />

alla fine del mondo moderno si trovano entrambi “al precipizio della storia” dove “la dinamica della<br />

storia è interamente esaurita e noi guardiamo dal bordo del mondo nel nulla” 82 . La profonda<br />

ambivalenza 83 del tempo della storia – il cui svolgimento è spesso paragonato alla misteriosa<br />

armonia della musica, con le sue dissonanze, le sue pause, le riprese, nel gioco complesso del<br />

ricordo e dell’attesa – si risolve nel silenzio.<br />

VOEGELIN INTERPRETE DI AGOSTINO.<br />

79 Agostino, De Genesi contra Manicheos, I, 23, 40 cit. in ibid., p. 374.<br />

80 Jules Chaix-Ruy, La cité de Dieu et la structure du Temps, in Augustinus Magister, Congres International<br />

Augustinien, Paris, 21-24 September 1954, Supplement a “l’Année Théologique Augustinienne”, p. 929.<br />

81 Ibid., p. 927.<br />

82 ”The position of Augustin at the end of the ancient world is in this respect parallel to that of Hegel at the end of the<br />

age of national state: when the Idea has evolved through thesis and antithesis to the synthesis in the objective morality<br />

of the state in the present, we stand at the precipice of history; the dynamics of history is spent, and we lok over the<br />

border od the world into nothingness.” Eric Voegelin, Ellenism, Rome, op. cit., p. 212-13.<br />

83 Cfr,m Henri-Irénée Marrou, L’ambivalence du temps de l’historie chez Sain Augustin, Conférence Albert Le Grand,<br />

Libraire J. Vrin, 1950.<br />

19


Contributo ad un’analisi critica.<br />

di<br />

<strong>Giuliana</strong> <strong>Parotto</strong><br />

3. Sfondi problematici<br />

Difficilmente è possibile sopravvalutare il posto occupato da Agostino nella riflessione<br />

voegeliniana. Questa figura è infatti centrale per la configurazione e la concettualizzazione di un<br />

problema che domina interamente l’opera di Eric Voegelin: quello della storia e delle forme con cui<br />

viene simbolizzata. E’superfluo forse qui ricordare come tale problema trovi espressione già<br />

nell’incipit dell’opera di Voegelin più nota, se non più rilevante, ovvero la Nuova scienza politica:<br />

“L’esistenza dell’uomo nella società politica è un’esistenza storica: perciò una teoria della politica<br />

che voglia affrontare anche le questioni di principio deve essere nello stesso tempo, una teoria della<br />

storia” 84<br />

La dimensione storica è intrecciata indissolubilmente alla formulazione di una scienza politica<br />

nuova che sappia indagare attorno ai principi della scienza politica stessa, facendo un’opera di<br />

restauro, ovvero di riscoperta della tradizione politica classica e cristiana, attraverso uno sforzo di<br />

ricupero che potremmo definire in un certo senso genealogico. Mediante siffatta ricostruzione<br />

vengono ad affiorare in forma consapevole quelle che, malgrado ogni tentativo di auto-fondazione,<br />

rappresentano sempre il presupposto di qualsiasi produzione scientifica degna di interesse: le<br />

tradizioni teoriche elaborate nel corso della storia. Ad esse Voegelin si volge con un impegno di<br />

chiarificazione critica veramente notevole, non soltanto per l’attenzione ai testi condotta fino alla<br />

sottigliezza filologica ed ermeneutica, ma anche per la sensibilità ai contesti culturali, economici,<br />

simbolici, esperienziali. Di tutto questo immenso sforzo ricostruttivo di dimensioni stupefacenti e di<br />

effetti straordinariamente efficaci sotto il profilo teorico è testimonianza l’intera opera voegeliniana,<br />

la cui ricchezza oltrepassa di gran lunga il perimetro disegnato dalla filosofia per estendersi a campi<br />

pertinenti alla letteratura, all’arte, all’antropologia, alla storia.<br />

In parallelo si sviluppa anche la riflessione più specifica, che comunque difficilmente potremmo<br />

scindere dalla prima perché a questa si intreccia, incentrata sulla storia come forma di<br />

84 Eric Voegelin, The new science of politics, University Chicago Press, 1952 trad it. La nuova scienza politica, Roma ,<br />

Borla, 1999 p. 34.<br />

20


simbolizzazione. La storia, è, sotto questo rispetto, uno dei simboli principali tramite cui la società<br />

moderna ha interpretato il significato della sua esistenza. Non occorre qui sottolineare l’importanza<br />

che rivestono i simboli con cui una società si autointerpreta per l’ordine politico; e nemmeno<br />

ricordare come le forme dell’autointerpretazione rappresentino un elemento importantissimo che va<br />

a costituire la realtà politica stessa. Il simbolo della storia ha, in tal senso, efficacemente e<br />

pienamente sostituito il simbolo arcaico del cosmo: al principio d’ordine rappresentato dalla natura<br />

e dalla rappresentazione analogica che di essa offre la società si è sostituita la verità di un ordine<br />

storico immanente. E’ questa verità di ordine storico che, come una sorta di “sovrano sotterraneo”,<br />

condiziona forme di pensiero tra loro apparentemente molto diverse, che si percepiscono come<br />

antitetiche e conflittuali: dal liberalismo al marxismo, dalle ideologie progressiste al positivismo.<br />

Tali ideologie rappresentano altrettanti epifenomeni di quel processo di ri-divinizzazione da cui è<br />

caratterizzata la modernità, processo che trova appunto nel “simbolo” della storia uno dei suoi<br />

principali vettori teorici.<br />

In questo quadro, tracciato nelle sue linee essenziali, la figura di Agostino ottiene una collocazione<br />

di primo piano. La ri-divinizzazione moderna del mondo non è pensabile infatti senza l’essenziale<br />

passaggio rappresentato dal cristianesimo. Come una sorta di Giano bifronte il cristianesimo da un<br />

lato porta a compimento il processo storico di de-divinizzazione, mentre dall’altro, crea la<br />

grammatica della moderna ri-divinizzazione, perché individua nella storia il luogo rivelativo, il<br />

terreno su cui la divinità si manifesta. La storia si riempie di ambiguità: attraversata dai misteriosi<br />

disegni di Dio si carica di tensioni apocalittiche, di attese messianiche, di visioni profetiche. In<br />

maniera esplicita o latente, la tendenza ad attribuire alla storia un valore di verità immanente è la<br />

tentazione ricorrente a cui cedono numerose sette ereticali, fin dalle origini del cristianesimo. Esse<br />

assurgono in tal senso a manifestazioni paradigmatiche e originarie di quella ri-divinizzazione della<br />

storia che caratterizza, nel suo complesso, l’intera modernità. E’in questo snodo che Voegelin mette<br />

a fuoco la figura di Agostino, a cui viene ascritto il merito imperituro di aver “liquidato” come una<br />

“ridicola favola” l’attesa della Parousia quale evento che avrebbe “trasfigurato la struttura della<br />

storia sulla terra” 85 . Con ciò Agostino assume la massima importanza teorica: gli strumenti<br />

concettuali elaborati per sconfiggere le attese del Millennio, rappresentano una conquista teoricoteologica<br />

definitiva, efficace anche contro le forme moderne di interpretazione immanentistica del<br />

processo storico che, coerentemente con la lettura complessiva del cristianesimo nella Nuova<br />

scienza politica, pure si producono come varianti deformate delle categorie adombrate da Agostino.<br />

La conquista teorica agostiniana va a portare alla luce e a definire dunque i tratti peculiari<br />

dell’escatologia cristiana.<br />

85 La nuova scienza politica, op. cit., p. 145.<br />

21


Vediamoli.<br />

Voegelin, senza farne oggetto di specifica e diretta tematizzazione, individua una struttura teorica<br />

propria dell’escatologia cristiana. Associando l’elaborazione concettuale di von Balthasar e di Ernst<br />

Troeltsch, delinea questa struttura attraverso l’articolazione dell’escatologia secondo due “assi” che<br />

vengono definiti teleologico ed assiologico. Quanto si viene a toccare, qui, è un dibattito teologico<br />

che si sviluppa agli inizi del Novecento e che riproblematizza l’intera escatologia – fino allora<br />

pensata in termini meramente descrittivi, ovvero attraverso miti, immagini simboliche, allegorie<br />

sulla fine del tempo – reimpostandola alla luce del concreto, “esistenziale” che è implicito alla<br />

dimensione escatologica stessa. Ad esso occorre volgersi brevemente, per comprendere non solo lo<br />

sfondo problematico, ma anche la portata della posizione voegeliniana. Secondo la lettera di<br />

Troeltsch, a cui Voegelin fa riferimento, è l’intero fenomeno religioso ad essere definito dall’<br />

“Empfindung von Letzen Dingen” 86 , il sentimento delle cose ultime. Alla lettura dell’escatologia<br />

esclusivamente orientata sulla base del concetto della “fine del tempo” interpretata<br />

cronologicamente, si viene ad aggiungere dunque, come bene illustra il citato Troeltsch, una<br />

dimensione “verticale”: il rapporto, immediato e primitivo, con l’assoluto fuori dal tempo. E’questa<br />

la dimensione “assiologica”, originaria, che definisce una realtà sostanzialmente sovra-temporale<br />

identificata appunto con l’assoluto. Ora, il problema che da questo rinnovamento e rilettura<br />

dell’escatologia scaturisce è proprio il rapporto con la temporalità e con la storia: l’asse teleologico,<br />

propriamente detto, senza il quale risulta difficile persino parlare di escatologia 87 . Sia detto per<br />

inciso, è proprio sul valore e il significato da attribuire a questa dimensione temporale che la<br />

posizione balthasariana si differenzia radicalmente da quella di Troeltsch: questa farebbe cadere la<br />

possibilità di pensare il presente assiologico delle cose ultime anche in rapporto con il tempo,<br />

sottraendo all’escatologia la dimensione ad essa più propria, quella della temporalità intesa in senso<br />

lineare. Per von Balthasar si tratta qui di una questione nient’affatto scolastica. L’interpretazione<br />

troeltschiana dell’escatologia, nella visione dell’istante escatologico, l’”attimo” in cui appare<br />

l’eternità, comprometterebbe, insieme con la temporalità e con la storia, anche la dimensione<br />

personale, portando ad un’identità tra persona e Dio che “uccide l’essenza finita” 88 .<br />

Analizzando le poche righe che Eric Vogelin dedica a questo problema nella Nuova scienza<br />

politica, occorre evidenziare come, malgrado il riferimento a von Balthasar, la struttura<br />

86 Ernst Troeltsch, Die letzten Dinge, in „Die christliche Welt“, Gennaio 1908, n. 4, p. 76.<br />

87 “Nur dann könnte rechtmässig von einer axiologischen Eschatologie geredet werden, wenn auch die<br />

Gegenwartsbeziehung zum Ewigen wirklich eschatologisch, als Beziehung auf etwas in der Zeit Austehendes, also<br />

nicht in Sinne der praesentia salutis verstanden wird.” Georg Hoffmann, Das Problem der letzten Dingen in der<br />

neueren evangelischen Theologie, Göttingen, 1929, p. 50.<br />

88 Cfr., Hans Urs von Balthasar, Apokalypse der deutschen Seele. Studien zu einer Lehre von letzten Haltungen,<br />

Johannes Verlag, Einsiedeln, Freiburg, 1998, vol. 1 p. 3-17. Sul problema cfr. <strong>Giuliana</strong> <strong>Parotto</strong>, La politica tra storia ed<br />

escatologia. Un itinerario di Hans Urs von Balthasar, Milano, 2000; ibid., Zum Einfluss von Urs von Balthasar auf<br />

EricVoegelin, Occasional Papers, Eric-Voegelin – Archiv Ludwig-Maximilians Universität, 2002.<br />

22


dell’escatologia cristiana venga interpretata complessivamente più nella direzione tracciata da<br />

Troeltsch 89 : la “componente assiologica” viene identificata con lo “stato di perfezione”, la<br />

componente teleologica come “il progresso del pellegrino”, in movimento verso il telos, ovvero lo<br />

stato di perfezione stesso. La dimensione della storia nel suo complesso, resterebbe, pertanto,<br />

esclusa.<br />

Coerente con questa visione dell’escatologia si profila l’interpretazione di Agostino che troviamo<br />

nel La nuova scienza politica. Il contributo principale di Agostino sta proprio nel fatto di aver<br />

portato ad espressione in maniera esemplare l’escatologia cristiana, riuscendo a sconfiggere le<br />

credenze escatologiche del millenarismo, in quanto ha spostato le attese del regno di Dio dal piano<br />

della storia a quello dell’al di là. Agostino avrebbe definitivamente compiuto quella dissociazione<br />

tra al di qua e al di là che è il centro stesso dell’escatologia cristiana. Significativamente ricorre nel<br />

punto il nome di Albert Schweitzer, dal quale Voegelin attinge, nell’ascrivere al mancato verificarsi<br />

della Parousia subito dopo la morte di Cristo, il passaggio da un escatologia nel regno della storia ad<br />

un escatologia soprannaturale, che sarebbe quella propriamente cristiana 90 . Il carattere genuino del<br />

cristianesimo sarebbe dunque sito nella negazione di qualsiasi attesa storico-escatologica. Quella<br />

che troviamo qui adombrata è, essenzialmente, la direzione assiologica-verticale. Nella stessa<br />

direzione conduce un altro riferimento importante per l’interpretazione di Agostino, quello che si<br />

rintraccia nella nota a piè di pagina, dedicato a Jakob Taubes. Sebbene ivi sia citato in relazione alla<br />

tensione provocata nel cristianesimo primitivo dalla ricezione dell’Apocalisse, la posizione che<br />

Taubes ascrive ad Agostino all’interno di questo importante snodo è del tutto analoga a quella<br />

voegeliniana. Anche per Taubes Agostino avrebbe completamente invertito le attese escatologiche<br />

del regno di Dio, inaugurando insieme a questo spostamento un altro elemento specifico del<br />

cristianesimo, ovvero un’escatologia di tipo individuale: “L’attenzione è ora rivolta al destino<br />

individuale, e il tempo della fine viene sostituito dall’ultimo giorno della vita umana” 91 . Voegelin<br />

non ha seguito interamente Taubes fino a tale conclusione, perlomeno non nel La nuova scienza<br />

politica, mentre invece in Religionersatz troviamo un affermazione che per certi versi richiama<br />

questa lettura individualista dell’escatologia, quando Voegelin sostiene che la risposta cristiana alla<br />

concezione gnostica è “che il mondo della storia rimane così com’è, e che il compimento salvifico<br />

89 Significativamente Troeltsch rimane l’unico riferimento a proposito della “struttura dell’escatologia” ovvero della<br />

distinzione tra i due assi escatologici, nell’opera Religionersatz. Die gnostiche Masenbewegungen unserer Zeit, in Der<br />

Gottesmord. Zur Genese und Gestalt der modernen politischen Gnosis, München,1999.<br />

90 Albert Schweitzer, Geschichte der Leben Jesu Foschung, Tübingen, 1920, p. 406.<br />

91 Jakob Taubes, Abendländische Eschatologie, München, 1991, trad it., Escatologia Occidentale, Milano, 1997 p. 111.<br />

Per un confronto tra von Balthasar e Taubes cfr., Ursula Baatz, Eschatologie versus Apokalyptik Hans Urs von<br />

Balthasar und Jakob Taubes, in Barbara Hallensleben/Guido Vergauwen (Hrsg), Letzte Haltungen. Hans Urs von<br />

Balthasar „Apokalypse der deutschen Seele“ –neu gelesen. Fribuorg, 2006, pp. 101-119.<br />

23


dell’uomo attraverso la grazia è raggiunto nella morte” 92 . Tuttavia la grande differenza tra<br />

l’interpretazione dell’escatologia di Taubes e di Voegelin, in riferimento ad Agostino, sta nel fatto<br />

che nel primo la “svolta escatologica agostiniana” porta, in ultima istanza, ad una identificazione<br />

del Regno con la Chiesa: “Il regno millenario dell’Apocalisse è il tempo del potere della Chiesa”, e<br />

dunque sta alla base della politicizzazione della chiesa stessa. “La Civitas Dei – afferma Taubes - è<br />

“la base su cui si fonda lo stato medievale” 93 . Di altro segno è, invece, l’interpretazione<br />

voegeliniana. Sebbene anche Voegelin individui nella chiesa il “riflesso dell’eternità nel tempo” e<br />

indichi nella identificazione del regno millenario con la Chiesa il principale portato della svolta<br />

escatologica agostiniana, la chiesa viene intesa come comunità essenzialmente spirituale 94 a cui si<br />

affianca l’organizzazione di potere della società come “rappresentanza temporale dell’uomo” 95 . Il<br />

disegno escatologico riguarda, essenzialmente, la realtà della chiesa ed ha una direzione interamente<br />

assiologica: “superando il messianismo giudaico in senso stretto, la concezione specificamente<br />

cristiana della storia era pervenuta ad interpretare la fine della storia come un compimento<br />

trascendente” 96 . Contestualmente e sintomaticamente, l’organizzazione temporale dell’uomo non ha<br />

destino escatologico, è infatti relativa a “quella parte della natura umana che si dissolverà con la<br />

trasfigurazione del tempo nell’eternità.” 97 Dominio spirituale e dominio temporale restano<br />

assolutamente divisi; al primo soltanto spetta un destino escatologico, mentre il secondo è destinato<br />

a dileguarsi per sempre. E’in base a tale lettura dell’escatologia cristiana, di cui Agostino è<br />

l’indiscusso teorico ed il principale esponente, Voegelin formula la nota tesi, il baluardo teorico<br />

contro ogni fraintendimento e deviazione immanentistica dell’escatologia, che la storia non ha<br />

eidos. La storia “profana”, non ha alcun senso 98 .<br />

4. Agostino nella Herschaftslehre<br />

Dalle osservazioni fatte sopra si potrebbe ora aprire il problema se Voegelin interpreti Agostino a<br />

partire dalla lettura dell’escatologia cristiana oppure se, al contrario, approdi alla sopra descritta<br />

concezione escatologica attraverso la lettura di Agostino. Ci si potrebbe con ragione domandare se<br />

la “struttura dell’escatologia cristiana” individuata da Voegelin non trovi, in definitiva, la sua ragion<br />

92 “dass die Welt in der Geschichte so bleibt, wie sie ist, und dass die erlösende Vollendung des Menschen durch die<br />

Gnade im Tod erfolg.” Eric Voegelin, Religionersatz, op, cit., p. 108. Tradizione mia.<br />

93 Jakob Taubes, op. cit., p. 111.<br />

94 “In questo modo la chiesa diventava l’universale organizzazione spirituale dei santi e dei peccatori che professano la<br />

loro fede in Cristo, come rappresentante della civitas dei nella storia, riflesso dell’eternità nel tempo.” Eric Voegelin, La<br />

nuova scienza politica, p. 145.<br />

95 Ibid., p. 145.<br />

96 Ibid., p. 154.<br />

97 Ibid.<br />

98 Cfr., <strong>Giuliana</strong> Parlotto, Il simbolo della storia. Studi su Eric Voegelin, Padova, 2004. p. 9 ss.<br />

24


d’essere nel contesto di una riflessione di carattere essenzialmente politico, restituita in tutta la sua<br />

portata problematica, proprio attraverso la figura di Agostino. In ogni caso il ruolo teoreticamente<br />

decisivo ricoperto dal teologo, - il pensiero di Agostino risulta centrale nella definizione di quella<br />

che rappresenta una tesi senz’altro fondamentale nel La nuova scienza politica - forniscono uno<br />

stimulo forte per cercare di operare una sorta di ricostruzione della interpretazione voegeliniana di<br />

Agostino. Questo indirizza verso un opera che Voegelin inizia a concepire nei primi anni 30 e che<br />

mai vide la luce finendo, a detta dello stesso autore, per essere abbandonata. Si tratta di una teoria<br />

del dominio (Herschaftslehre) che dobbiamo collocare nel quadro del tentativo complessivo operato<br />

da Voegelin, di – usando le parole stesse dell’autore in uno dei rari luoghi in cui vi si fa riferimento<br />

- “elaborare un sistema di Staatslehre” 99 . E’qui che Voegelin si confronta, per la prima volta, con i<br />

testi agostiniani. Per ricostruire le caratteristiche teoriche dell’interpretazione voegeliniana di<br />

Agostino, è dunque necessario aprire una parentesi analizzando alcuni passaggi, al nostro scopo<br />

significativi, di questo testo.<br />

Anzitutto qualche accenno sommario alla storia della stesura del testo. E’un testo dattiloscritto di<br />

circa 130 pagine 100 che risulta incompleto in alcune parti e che presenta differenti stesure e<br />

comporta, per questo, notevoli difficoltà di ricostruzione. Nell’edizione del volume 32 dei Collected<br />

Works il testo è presentato in una versione complessiva, che restituisce le 130 pagine nella loro<br />

interezza. Per il nostro scopo assume tuttavia maggior interesse l’edizione tedesca, comparsa di<br />

recente, in cui viene posto in opera il tentativo di ricostruire le diverse fasi di composizione del<br />

manoscritto. La ragione fondamentale di tale tentativo sta, a detta dello stesso curatore, Peter J<br />

Opitz, nello “stato scadente del dattiloscritto”, in cui si ravvisano “indici analitici contraddittori,<br />

assenza di corrispondenze precise tra gli indici e il manoscritto stesso, pagine andate interamente<br />

perdute, nonché una serie di passaggi testuali che, secondo le indicazioni dello stesso Voegelin, non<br />

erano ancora state interamente portati a termine.” 101 Da una lettera inviata da Eric Voegelin a<br />

Baumgarten si fa riferimento inoltre ad una prima stesura dove vengono posti i fondamenti di una<br />

teoria del dominio (die “Grundlagen der Herschaftslehre”) che possiamo interpretare come una<br />

sorta di versione originaria (Urfassung). A questa si affianca una versione più evoluta e completa,<br />

99 Eric Voegelin, Riflessioni Autobiografiche, in La politica dai simboli alle esperienze, a cura di Sandro Chignola,<br />

Milano 1993, p. 108.<br />

100 Una prima traduzione in inglese del manoscritto si trova in The collected Works of Eric Voegelin, Vol 32, The<br />

Theory of Governance and other Miscellaneous Papers, 1921 – 1938 ed. con una introduzione di William Petropulos e<br />

Gilbert Weiss, Columbia and London, University of Missouri Press, 2003. Recentemente è comparsa anche la<br />

traduzione tedesca del manoscritto nel quadro della collana Occasional Papers. Erich Voegelin, Herrschaftslehre in<br />

Occasional Papers, LVI, Ludwig-Maximilian Universität, 2007. A questa edizione faccio riferimento nel testo.<br />

101 “Original im Rahmen der Occasional Paper-Rehie zu veröffentlichen, was sich allerdings als schwieriger als<br />

erwartet. Grund dafür war zum einen der schlechte Zustand des überlieferten Typoscript, widerspüchliche<br />

Inhaltverzeichnisse, fehlende Uebereinstimmungen zwischen Innhaltverzeichnissen und Typoscript, verlorengegangene<br />

Seiten, sowie eine Reihe von Textstellen, die, nach Hinweisen Voegelins, noch nicht endgültig ausgeführt waren.“ Peter<br />

J Opitz, Editorische Anmerkungen zu Eric Voegelin Herschafftslehre in Eric Voegelin, Herrschaftslehre, op. cit., p. 75<br />

ss.<br />

25


anche se, anch’essa, lacunosa 102 . La restituzione di entrambe le versioni – la prima databile verso il<br />

1931 – la seconda probabilmente al massimo non oltre il 1934 103 – consente di evidenziare delle<br />

differenze che sono per noi importanti. Secondo la ricostruzione di Peter J Opitz le due versioni<br />

accusano delle difformità sia di concezione che di contenuto, che testimoniano dell’ispessirsi della<br />

problematica antropologica. La versione del 1931 – che il curatore titola “Grundlagen der<br />

Herschaftslehre” – si apre con l’analisi critica della teoria del potere di Max Weber ed approda solo<br />

in un secondo momento all’antropologia filosofica, segnatamente nella forma della meditazione di<br />

Cartesio, che occupa il paragrafo 5 104 . Nella seconda versione appare, invece, il problema<br />

dell’antropologia filosofica fin dal principio, il primo capitolo viene intitolato La definizione del<br />

concetto di persona, e, al posto di Cartesio, quale riferimento fondamentale per la definizione del<br />

concetto di persona troviamo Agostino. Solo al capitolo secondo riappare Max Weber, nella forma<br />

pressoché identica a quella presente nella versione del 31.<br />

Ora, quanto il cambiamento di disposizione dei capitoli tanto gli sviluppi teorici che essi<br />

adombrano, fanno pensare a un duplice, contestuale, passaggio, che, se non rappresenta una “svolta<br />

teorica” vera e propria, è comunque un’indicazione importante del percorso che porta Voegelin a<br />

riconoscere all’antropologia filosofica un ruolo di primo piano, ruolo che, nel corso della riflessione<br />

successiva, non perderà più. Contestualmente a questo passaggio abbiamo il comparire della figura<br />

di Agostino, la cui interpretazione critica risulta utilissima proprio per portare alla luce le categorie<br />

antropologiche voegeliniane. Fondamentale è, a questo punto, tentare di ricostruire il passaggio che<br />

dalla teoria del dominio – dall’ambito politico – porta all’antropologia filosofica.<br />

Come ho già accennato, il tentativo di costituire una teoria del dominio si inquadra nel più<br />

complessivo sforzo di produrre una teoria generale dello stato all’altezza delle problematiche<br />

sollevate nel contesto della discussione teorica tedesca del primo dopoguerra. La ricostruzione di<br />

tale dibattito e la posizione di Voegelin in esso, esulano evidentemente dal perimetro di questo<br />

lavoro, oltre al fatto che a tale tema sono stati dedicati numerosi, approfonditi studi 105 . E’tuttavia<br />

102 Cfr., Ibid., p. 76.<br />

103 All’inizio dell’opera Rasse und Staat, che vede la luce nel 1933 Eric Voegelin delinea il quadro della sua teoria dello<br />

stato e così indirettamente ci informa che, ancora nel 33, il progetto di costituire una teoria generale dello stato – di cui<br />

la teoria del potere sarebbe una parte – è ancora perseguito. Michael Henke ha messo in luce come anche lo Stato<br />

Autoritario, che appare nel 1936, venga pensato da Voegelin nel contesto di una teoria generale dello stato a cui<br />

starebbe lavorando. Cfr., Michael Henkel, Herrschaft – Erlebnis –Erfahrung. Warum scheiterte Voegelins Project<br />

einer geisteswissenschaflichen Staatslehre In Peter J. Opitz, Eric Voegelins Herrschaftslehre: Annährungen an einen<br />

schwierigen Text, in Occasional Papers, LVII, Eric-Voegelin Archiv Ludwig-Maximilians Universitäät, München,<br />

2007, pp. 41-73.<br />

104 Cfr., Eric Voegelin, „Grundlagen der Herrschaftslehre”. Ein Kapitel des Systems der Staatslehre, Occasional<br />

Papers, LV, Eric-Voegelin Archiv, Ludwig-Maximilians-Universität München, 2007.<br />

105 Cfr., Michael Henke, Positivismuskritik und autoritäre Staat. Die Grundlagendebatte in der Weimarer<br />

Staatsrechtslehre und Eric Voegelin Weg zu einer neue Wissenschaft der Politik (bis 1938), Occasional Papers,<br />

XXXVI, Eric-Voegelin Archiv, Ludwig-Maximilians Universität, München, 2003; Hans Jörg Sigwart, Das Politische<br />

und die Wissenschaft. Intellektuell-biographische Studien zum Frühwerk Eric Voegelins, Wuerzburg, 2004; Sandro<br />

26


necessario, ancorché solo a titolo di orientamento generale, richiamare come la Herrschaftslehre si<br />

sviluppi nell’ambito di una teoria generale dello stato formulata in confronto polemico non soltanto<br />

con Hans Kelsen e con la riduzione da questi operata della Staatslehre con la Rechtslehre 106 ; ma<br />

anche, in termini più generali, in confronto con quella ipostatizzazione dello stato, filosoficamente<br />

fondata nel wertbeziehende Methode di stampo neokantiano, che produce per Voegelin l’effetto di<br />

rendere di fatto incomprensibili realtà politiche disomogenee ed estranee all’idea dello stato stesso.<br />

E’proprio lo sforzo di sottrarsi ad ogni forma di unilateralismo metodologico e la percezione della<br />

ridotta capacità esplicativa, se non della fuorviante arbitrarietà, di ipostatizzazioni concettuali come<br />

quella dello stato, che induce Voegelin a indirizzare le sue ricerche all’analisi delle forme concrete<br />

attraverso cui il potere si manifesta. In altri termini, Voegelin ritiene necessario considerare<br />

“l’attore della realtà sociale nella situazione concreta dello svolgersi storico”, ovvero indagare i<br />

processi concreti attraverso cui si produce l’obbedienza, le forme del riconoscimento, le<br />

fenomenologie dei rapporti di potere, considerati a partire dalle realtà individuali e non da quelle<br />

collettive 107 . In tale contesto Voegelin articola la sua indagine a partire dalla riflessione di Max<br />

Weber, segnatamente in riferimento al problema del potere definito come quel “fenomeno per cui<br />

una volontà manifestata (“comando”) del detentore o dei detentori del potere vuole influire<br />

sull’agire di altre persone (del “dominato” o dei “dominati”) ed influisce effettivamente in modo<br />

tale che il loro agire procede, in un grado socialmente rilevante, come se i dominati avessero, per<br />

loro stesso volere, assunto il contenuto del comando per massima del loro agire (“Obbedienza”)” 108 .<br />

L’analisi critica della trattazione weberiana è piuttosto importante, in quanto illumina la<br />

costellazione teorica in cui emerge l’intera problematica della persona.<br />

E’opportuno quindi richiamarne qui le linee essenziali. Il nucleo della definizione weberiana è<br />

individuato da Voegelin in tre elementi principali: l’esternazione di volontà (il comando),<br />

l’intenzione di influenzare, e l’influenza di fatto e l’adempimento del comando. L’elemento idealtipico<br />

del rapporto di obbedienza sarebbe sito nella pura relazione eteronoma di subordinazione<br />

incardinata unicamente nella stessa formale relazione di obbedienza, senza considerazione del<br />

Chignola, „Fethicism with the norm“ and symbols of politics, Occasional Papers, X, Eric-Voegelin Archiv, Ludwig-<br />

Maximilians Universität, Muenchen 1999.<br />

106 Il passo delle Riflessioni Autobiografiche è noto: “Nella terminologia convenzionale del tempo la disciplina che<br />

Kelsen rappresentava come professore era la Staatslehre; da quando il neokantismo delimitò con il suo metodo la logica<br />

del sistema delle norme, alla Staatslehre fu imposto di diventare Rechtslehre, mentre tutto quello che andava al di là<br />

della Rechtslehre, non poteva più rientrare nella Staatslehre. Si trattava, evidentemente, di una posizione insostenibile”<br />

Riflessioni Autobiografiche, op. cit., p. 95.<br />

107 In questo senso è, complessivamente, significativa la recensione di Eric Voegelin alla Verfassungslehre di Carl<br />

Schmitt. Cfr. Eric Voegelin, La dottrina della Costituzione di Carl Schmitt. Tentativo di analisi costruttiva dei suoi<br />

principi teorico-politici, in a cura di Giuseppe Duso, Filosofia politica e pratica del pensiero. Eric Voegelin, Leo Strass,<br />

Hannah Arendt, Milano 1988, pp. 291-314.<br />

108 Max Weber, Economia e società, vol. IV, p. 48, Milano, 1980.<br />

27


valore o del non valore del comando in quanto tale 109 . Seguendo l’argomentazione weberiana,<br />

Voegelin mette in luce come la definizione ideal-tipica del potere e del rapporto di obbedienza, sia<br />

trovata per differenza da un lato da forme ibride dettate dal mero interesse – che possono<br />

trasformarsi in un rapporto puro di obbedienza ma che non lo sono, nella misura in cui trovano<br />

motivazione appunto nell’interesse di colui che obbedisce e non nella volontà di colui che comanda;<br />

dall’altro da forme legate alla condivisione del comando stesso, che “se lo autorizzano, rendono il<br />

comando superfluo, se non lo autorizzano, lo rendono inefficace” 110 . Entrambe le forme andrebbero<br />

a distruggere, quindi, il rapporto di obbedienza nella sua essenza. E’proprio su questo nucleo che si<br />

appuntano le critiche voegeliniane: l’obbedienza per l’obbedienza – l’obbedienza pura – comporta<br />

infatti che “la persona subordinata ponga immediatamente la persona dominante al posto di se<br />

stessa e agisca solo sulla base delle decisioni morali del dominante” 111 . L’obbedienza<br />

implicherebbe, in tal modo, che il subordinato non possa più essere concepito come persona<br />

morale. Una tale concezione tradisce, secondo Voegelin, una matrice sostanzialmente “giuridica”,<br />

in quanto solo nella sfera del diritto possiamo rinvenire fenomeni analoghi di dissoluzione della<br />

persona morale. Questa riduzione della persona a mera funzione, emerge ancora maggiormente<br />

nella definizione weberiana della disciplina come “la possibilità, ottenuta in forza di una<br />

disposizione esercitata, di un comando di ottenere obbedienza immediata, automatica e schematica<br />

presso una certa moltitudine di uomini” 112 . La definizione, che rende ancora più esplicita la<br />

riduzione della persona a qualcosa di meccanico e di automatico, tradisce il paradigma di fondo<br />

presente a Weber, quello del burocrate prussiano 113 . Veramente tale modello di persona risulta<br />

essere astratto perché “nella sfera della realtà concreta non esiste tale dissoluzione, piuttosto ciascun<br />

uomo sussiste in tutti i suoi modi di essere, tra i quali vi è pure quello morale, anche quando si trova<br />

in una relazione di dominio.” 114 .<br />

L’ottica con cui guardare il rapporto di dominio non può prescindere dalla persona morale: anche<br />

seguire un comando inevitabilmente implica una dimensione del dovere che ha origine nel centro<br />

della persona che obbedisce; il rapporto di obbedienza non è dunque eteronomo, perlomeno nella<br />

accezione che tale eteronomia assume in Max Weber. Il carattere di obbligo non viene, in sostanza,<br />

dalla subordinazione incondizionata, che nella realtà non esiste, bensì dalla convinzione autonoma<br />

109 Eric Voegelin, “Grundlagen der Herrschaftslehre”.Ein Kapitel des Systems der Staatslehre, Occasional Paper,Eric-<br />

Voegelin-Archiv, Ludwig-Maximilians-Universität, Muenchen, 2007, p. 9 ss.<br />

110 Ibid., p. 13.<br />

111 “Die Person des Beherrschten setzt gleichsam die Person des Herrschers an die Stelle ihrer eigenen und handelt auf<br />

Grund del sittlichen Entscheidungen des Herrschers.”, Ibid., p. 14.<br />

112 Cfr., Eric Voegelin, „Grundlagen der Herrschaftlehre“, op. cit., p. 14 -15.<br />

113 Ibid., p. 15.<br />

114 “In der Sphäre der Daseinswirklichkeit gibt es solche “Auslöschen” nicht, vielmehr verharrt jeder Mensch in allen<br />

seinen Seinsweisen zu denen auch sein sittliches Wesen gehört, auch wenn er in einer Herrschaftsbeziehung steht.“<br />

Ibid., p. 14.<br />

28


che l’obbedienza sia giusta. Seguendo la lettera di Voegelin, l’obbedienza agli ordini “riceve il<br />

carattere del dovere dal centro della persona dell’attore, che con ciò si esperisce come inveramento<br />

di un tutto, il cui contenuto può essere ragionevolmente compreso e inverato anche da altre persone<br />

per loro parte” 115 . In altri termini tanto colui che obbedisce quanto colui che comanda si<br />

percepiscono allo stesso modo, seppure in maniera diversa, come soggetti che fanno parte della<br />

totalità.<br />

Quanto Voegelin introduce qui è il concetto di “sittliches Ganze”. Sorpasserebbe di gran lunga il<br />

perimetro di questo lavoro l’analisi di tale concetto, che tradisce più che evidenti richiami hegeliani,<br />

e che viene tuttavia tematizzato da Voegelin a partire dal pensiero di Othmar Spann. Per quanto<br />

attiene allo scopo che mi sono proposta, è sufficiente evidenziare come con il concetto di totalità<br />

etica Voegelin intenda, in sostanza, definire, seguendo le definizioni di Othmar Spann, il regno<br />

delle idee e dei valori che informa ogni tipo di società, inteso non in senso platonico, cioè come una<br />

sorta di “creazione sovratemporale pensata magari in conformità con le entità matematiche” 116 ,<br />

bensì come qualcosa di esistenziale che si realizza nel nostro esserci come esserci concreto e<br />

storico 117 . Si tratta qui di un’esperienza spirituale che viene descritta nei termini di ispirazione<br />

(Eingebung), rapimento estatico, (Einfall), intesi come momenti attraverso cui lo spirito si rende<br />

reale, si concretizza. E’a ciò che necessariamente occorre guardare se si vuole indagare<br />

radicalmente il problema del dominio. In questo snodo la problematica filosofica voegeliniana si<br />

ispessisce decisamente, mentre acquista rilievo l’antropologia filosofica.<br />

Il passaggio è importante e si appunta su quella che Voegelin avverte come una sorta di duplicità<br />

nella teorica di Othmar Spann, che rimane irrisolta e che necessita invece di essere rigorosamente<br />

tematizzata e differenziata. Da una parte Voegelin evidenzia la valenza esclusivamente descrittiva<br />

delle analisi di Spann, una sorta di “Daseinsbeschreibung” che “oggettiva” in un certo senso<br />

l’esperienza della ispirazione (Eingebung); dall’altra un piano ontologico che descrive un ordine di<br />

carattere metafisico. Quest’ultimo rappresenta il vero interesse per una filosofia della società<br />

(Gesellschaftsphilosophie) e trova il suo cogente nucleo tematico in una particolare modalità<br />

dell’intuizione (Eingebung) caratteristica e paradigmatica. Essa consiste nell’essere aperto<br />

115 “In der Beschreibung des Menschen als eines sittlichen Wesens zeigt sich dagegen das Befolgen von Befehlen<br />

unausweichlich als ein der Materie nach gesolltes Handeln, als ein Handeln, das urspruenglich oder abgeleitet aus dem<br />

Personszentrum des Handelnden selbs den Charakter des Gesollten empfängt“, Ibid., p. 15.<br />

116 “Nun darf aber das Ideen-reich nicht missverstanden werden als ein ueberzeitliches Gebilde ohne geschichtliche<br />

Erscheinungsform, vielleicht nach der Art mathemathischer Gegenstände, auf die als Gegenstände sich das Bewusstsein<br />

duech Erkenntnisakte richten kann.”, Eric Voegelin, „Grundlagen der Herrschaftslhre“, op. cit., p. 17.<br />

117 “Nicht aber um eine solche präsistenzielle Idee geht es, sondern um die existentielle, in unserem Dasein als konkret<br />

geschichtlichem sich verwirklichende“, Ibid., p. 18.<br />

29


dell’uomo a qualcosa che, “espresso con un’immagine spaziale, sta “prima” o“sopra” e in funzione<br />

di cui è disposto qualsiasi atto creativo o autonomo” 118 .<br />

Tale modalità caratteristica dell’intuizione a cui Spann fa riferimento ha, in realtà, una lunga<br />

tradizione; non è infatti altro che la meditazione filosofica. Al paragrafo quinto delle “Grundlagen<br />

der Herrschaftlehre” appare, come esito di un percorso di ricerca incentrato sul dominio, la figura<br />

di René Decartes. Questa decisiva svolta “metafisica” è presentata da Voegelin come un necessario<br />

approfondimento del concetto di intuizione (Eingebung) liberato dalla ambigua duplicità da cui era<br />

ancora avvolto nella teorica di Spann. Lo spessore ontologico del concetto di intuizione viene così<br />

interamente alla luce: se per Spann l’intuizione è l’esperienza di una persona osservata<br />

“oggettivamente” ovvero analizzata secondo una modalità “scientifica” e puramente descrittiva, per<br />

Descartes invece l’intuizione non è analizzata come esperienza di una persona qualsiasi, bensì viene<br />

illuminata come esperienza del proprio fondamento esistenziale, del proprio, personale, filosofare.<br />

Si tratta, appunto, dell’esperienza della meditare filosofico. E’in rapporto a questo fondamento<br />

ultimo che viene poi ri-tematizzata l’intera teoria del dominio 119 .<br />

In siffatto contesto teorico si introduce la figura di Agostino. Occorre osservare che, come<br />

anticipato sopra, non esiste nella versione primitiva della Herrschaftslehre, alcun riferimento al<br />

teologo. E’ tuttavia proprio con un capitolo dedicato alla dottrina della persona in Agostino che si<br />

apre la seconda, più matura, versione. In questa il procedere dell’argomentazione appare rovesciato:<br />

la discussione delle tesi weberiane slitta al secondo capitolo; mentre la meditazione filosofica che,<br />

nella prima versione, rappresenta l’esito di un percorso di analisi, acquista rilievo ed è posta in<br />

apertura. Non si tratta, sicuramente, di un caso. Piuttosto possiamo interpretare questo<br />

rovesciamento come la definitiva acquisizione di quella prospettiva di tipo ontologico che scaturiva,<br />

nei Grundlagen, quale necessario “approfondimento” originato dalla radicalizzazione filosofica<br />

della domanda intorno al nocciolo della Herrschaftslehre, ovvero l’obbedienza: da un fenomeno<br />

“esteriore” l’analisi procede verso le ragioni “interiori”. Qui l’ordine è invertito e, in un certo senso,<br />

“messo in piedi”. Il prius ontologico, l’esperienza fondante, è la premessa necessaria a qualsiasi<br />

teoria del dominio. Contestualmente emerge in primo piano la problematica della persona. Il primo<br />

capitolo si apre con il titolo Die Bestimmung des Personsbegriffes, la definizione del concetto di<br />

persona, che, sulla scorta della riflessione di Scheler, si intreccia immediatamente con la prassi della<br />

118 “Der analytische Kern ist nun die paradigmatische als “Eigebung” charakterisierte Offenheit des Menschen gegen<br />

ein Etwas hin, das in den räumlichen Bildern “Vor” oder “Ueber” in Beziehung auf die selbstmächtige oder<br />

schöpferische Tat angeordnet wird” Ibid., p. 19.<br />

119 Emerge, in tale prospettiva, uno dei centri irradianti del pensiero di Voegelin, quello che mette a fuoco il diretto<br />

rapporto tra ordine politico e ordine dell’anima. Sul tema, con riferimento a Othmar Spann cfr., Michael Henke, op. cit.,<br />

p. 52-53.<br />

30


meditazione filosofica 120 . Una questione ulteriore è costituita dalla ragione di questa presenza di<br />

Agostino. Perché la meditazione di Agostino Come arriva Voegelin ad Agostino Suggestiva<br />

l’ipotesi che egli giunga ad Agostino proprio attraverso la mediazione di Scheler 121 , che si<br />

ripromette di liberare “den Kern des augustinismus von seinen zeitgeschichtlichen Huellen” 122 ;<br />

forse, più semplicemente, possiamo attenerci alla lettera stessa del testo voegeliniano, secondo cui il<br />

teologo mostrerebbe, in maniera esemplare, come proceda la meditazione e quali siano le tappe<br />

essenziali del suo sviluppo. Nella meditazione agostiniana – afferma Voegelin - si trovano descritte<br />

le formule e le forme che costituiscono, ancora oggi, il modello classico per la ricerca attorno alla<br />

persona e al tempo 123 . Agostino mostrerebbe, insomma, il legame indissolubile tra la meditazione<br />

filosofica e il concetto di persona.<br />

Già da questo incipit possiamo osservare come, nell’interpretazione voegeliniana, il tempo giochi<br />

un ruolo centrale nella definizione della persona stessa e, anticipando qui le conclusioni dell’analisi,<br />

è senz’altro decisivo anche per la complessiva lettura di Agostino. Non è sviluppando il tema della<br />

temporalità, tuttavia, che si apre il paragrafo dedicato ad Agostino. Le vie attraverso cui la persona<br />

trova definizione, sono individuate da Voegelin attraverso due diverse modalità meditative, l’una<br />

rivolta all’essere, la seconda rivolta al divenire. Entrambe esprimono un percorso, un itinerarium,<br />

dell’anima alla ricerca di Dio. La meditazione attorno all’essere implica la dimensione dello spazio;<br />

il filo conduttore è infatti la domanda attorno al locum, ovvero la domanda dove l’anima trovi Dio.<br />

Evidentemente non si tratta di una domanda posta sul piano razionale; afferma Voegelin: “Agostino<br />

non cerca Dio di cui già possiede un ben preciso concetto”. Piuttosto il locum è il punto dove il<br />

movimento dell’anima giunge alla pace, ove tutte le inquietudini, tutte le cose terrene, sono<br />

gradualmente eliminate fino a che “l’anima giace nuda davanti a Dio” 124 . Seguendo i passi descritti<br />

nel X libro delle Confessioni, Voegelin descrive il processo di ricerca che procede innalzandosi<br />

attraverso tutti i gradi dell’essere: dal mondo dei sensi – all’inizio il corpus o il sensus – all’anima,<br />

intesa nel senso di principio vitale che anima il corpo, fino alla memoria. Senza soffermarsi troppo<br />

sulla complessa fenomenologia del ricordo e il disordine che regna – secondo la lettera agostiniana<br />

– nelle “distese” e nei “vasti palazzi della memoria” 125 Voegelin mette subito in luce la gerarchia<br />

dei differenti gradi della memoria che procede dal ricordo della percezione sensoriale, al ricordo<br />

degli oggetti matematici in senso platonico, elevandosi fino al ricordo degli affetti. Si tratta qui<br />

120 Cfr. William Petropulos, Eric Voegelins Herschaftslehre, Peter J. Opitz, Eric Voegelins Herrschaftslehre.<br />

Annäherungen an einen schwierigen Text, Occasional Papers, Eric Voegelin Archiv Ludwig-Maximilians Universität,<br />

Muenchen, 2007, p. 85.<br />

121 William Petropulos, ad esempio, ritiene che la lettura di Agostino sia avvenuta attraverso la mediazione di Scheler.<br />

Cfr., Ibid., p. 75 ss.<br />

122 Max Scheler, Vom Ewigen in Menschen, Gesammelte Werk, Band 5, 1954, p. 396.<br />

123 Cfr., Herrschaftlehre, op. cit., p. 9<br />

124 Ibid., p. 9 .<br />

125 Agostino, Confessioni, X, 8, 12.<br />

31


della memoria personale, dove propriamente l’io incontra se stesso: al centro della meditazione vi è<br />

la memoria della memoria, il “meminisse me memini” che traccia il perimetro in cui è circoscritto il<br />

centro della persona: “magna vis est memoriae …et hoc animus est, et hoc ipse sum” 126 . Conclude<br />

Voegelin: “La meditazione trova la sua fine temporanea in una definizione del nocciolo della<br />

persona come iterazione della memoria; negli atti della memoria tra loro relati si costituisce l’ego<br />

ipse.” 127<br />

E’questo il centro stesso della persona spirituale, che è ora raggiunto, e che tuttavia – nella<br />

lettura di Voegelin - non rappresenta ancora affatto il fine della meditazione. Proprio perché è posto<br />

nell’al di qua terreno, non può rappresentare il “luogo” in cui è possibile trovare Dio: “et nusquam<br />

locus, et recedimus et accedimus, et nusquam locum” 128 . E’con questo carattere di negazione che si<br />

conclude il percorso spirituale della ricerca di Dio, ed esso sostanzia anche, più in generale, tutta<br />

l’interpretazione “dialettica” voegeliniana, non solo della meditazione sull’essere ma anche, come<br />

vedremo, di quella intorno al divenire. I concetti che servono a illustrare le strutture dell’essere<br />

terreno verrebbero, nel procedere agostiniano, sollevati fino al limite dell’essere che segna i confini<br />

dell’al di qua – attraverso il processo di negazione – ivi poi verrebbero rovesciati in affermazione, a<br />

condizione però di subire una radicale trasformazione. Il percorso spirituale porta, infatti, fino al<br />

limite ed ha il carattere del limite: “l’oltrepassamento” - dove la negazione si trasforma in<br />

affermazione - implica una trasformazione dei significati ( Bedeutungswandel) “in cui va perso<br />

qualsiasi senso umano.” 129 L’incommensurabilità tra finito ed infinito, tra il fluire del tempo e<br />

l’eternità, tra umano e divino che si mostra, infine, al termine del percorso meditativo intorno<br />

all’essere, definisce la persona nei termini della tensione verso il limite. Quanto finisce per cadere<br />

in secondo piano è, significativamente, l’ancoraggio della persona a Dio stesso, ciò che Jean<br />

Guitton 130 ascrive alla memoria Dei, la memoria con cui Dio sottomette al tempo la conoscenza<br />

stessa dell’immutabile 131 . Questa non sarebbe altro che la storia di Dio in noi, il percorso verso la<br />

conoscenza di Dio che avviene nel ricordo, quello che, portando alla luce “ciò che non sa neppure<br />

lo spirito dell’uomo che è in lui” 132 , viene ad identificarsi, in sostanza, con la storia di tutte le<br />

Confessioni: “mettendo insieme queste forze contrarie del ricordo e del desiderio, Dio passa nel<br />

nostro tempo, dove ci appare con i tratti di una bellezza ben antica e ben moderna” 133 .<br />

126 “Grande è la potenza della memoria, qualcosa di terrificante, Dio mio, la sua profonda e infinita complessità; e tutto<br />

questo è la mente, tutto questo sono io.” Confessioni, op. cit., X, 17, 26.<br />

127 Eric Voegelin, Herrschaftslehre, op. cit., p. 11.<br />

128 Agostino, Confessioni, op. cit., X, XXVI, 37.<br />

129 Eric Voegelin, Herrschatslehre, op. cit., p. 12.<br />

130 Jean Guitton, Le Temps et l’Eternité chez Plotin et Saint Augustin, Paris, 1933, p. 208 ss.<br />

131 Agostino, De Trinitate, IV, 1.<br />

132 Agostino, Confessioni, X, V, 7.<br />

133 “C’est par la conscience et la mémoire que saint Augustin s’elève vers l’auteur des etres, car si la connaisance ne se<br />

sépare pas de la recherche, elle ne se sépare pas davantage de la mémoire. En alliant ce forces contraires du souvenir et<br />

32


La definizione della persona che emerge nella meditazione sul divenire, ovvero sul tempo,<br />

presenta evidenti analogie argomentative alla meditazione riferita all’essere. Qui non viene più<br />

cercato un locus animae, il centro dove tutte le tensioni si allentano, il luogo che non è più un luogo,<br />

bensì il tempo che non è più un tempo. Evidentemente, secondo la “dialettica” che caratterizza<br />

Agostino, il tempo in cui Dio riposa in noi, il tempo della pienezza, sarà anche qualcosa di<br />

completamente “altro”, sarà il tempo dell’azione. “Dio è l’azione e la quiete in uno” 134 . E’nella<br />

definizione di questo “tempo altro” e paradossale che prende le mosse la speculazione agostiniana<br />

sul tempo, interpretata attraverso la relazione tra creator e creatura: il tempo è inquadrato, in ultima<br />

istanza, dentro tale relazione, secondo le note formulazioni che troviamo nel XI libro delle<br />

Confessioni. Il tempo, afferma Voegelin, viene vieppiù inteso come qualcosa di creato e<br />

appartenente completamente alla creatura del cielo e della terra, che si contrappone come un tutto<br />

alla volontà creatrice di Dio. Quest’ultima non poggia su alcun tempo anteriore ma esclusivamente<br />

sulla celsitudo semper praesentis aeternitatis. 135 Ora, proprio in questa formulazione, Voegelin<br />

coglie il “nodo” della temporalità agostiniana: per capire l’eterna sostanza di Dio, come qualcosa<br />

che si contrappone al tempo, Agostino opererebbe quella trasformazione concettuale, per cui i<br />

predicati vengono “snaturati” nel loro significato e il loro contenuto di esperienza viene<br />

interamente svuotato 136 . La funzione di questo “snaturamento” delle parole, che tuttavia<br />

mantengono il loro carattere sensibile (sinnliche Geschmack), sarebbe, in ultima istanza, quella di<br />

dirigere il lettore verso l’al di là, preparando l’atto dell’intentio. Afferma Voegelin:<br />

“Si osserva in questi passi lo snaturamento delle parole precedere e ante, che, nel procedere<br />

dell’analisi di Agostino, perdono qualunque significato spaziale e temporale, senza tuttavia<br />

mostrare una superiorità valoriale. Esse conservano il loro carattere sensibile e soltanto attraverso il<br />

procedere della confessione monologica e in tale processo di rovesciamento dialettico suggeriscono<br />

al lettore la direzione verso un al di là (corsivo dell’autrice), verso cui tende l’io nell’atto<br />

dell’intentio di cui ancora si deve parlare.” 137<br />

E’qui che la dimensione temporale si ispessisce e viene alla luce il tratto più caratteristico della<br />

meditazione sul divenire: il tempo è interpretato come distentio, - tempus est quandam distentionem<br />

di désir, Dieu passe dans notre temps, où il nous apparaît sous les traits s’une beauté bien ancienne et bien nouvelle.<br />

Jean Guitton, op. cit., p. 208.<br />

134 “Gott aber ist die Tat und die Ruhe in einem” Eric Voegelin, Herschaftslehre, op. cit., p. 12.<br />

135 Cfr., Confessioni, XI, XIII, 18.<br />

136 L’esempio di questo procedere dialettico, come lo definisce Voegelin, è trovato nella nozione di presente che ha solo<br />

senso in quanto relazionato ad un passato e ad un futuro; “(la nozione di presente” wird aus dieser Kontext<br />

herausgehoben und als immerwährende aufgestellt, nicht ohne noch den ausdruecklichen Zusatz, dass keine Zeit als<br />

Ganzes gegenwärtig sein kann (nullum tempus totum esse praesens)”, Eric Voegelin, Herrschaftslehre, op. cit., p. 13.<br />

137 “Man beachte in diesel Stellen die Denaturierung der Worte precedere und ante, die jeden raumliche und zeitlichen<br />

Sinn eines Vorangehens durch Augustinus Analyse verlieren, aber auch nicht einen Wertvorrang bezeichen. Sie<br />

bewahren ihren sinnlichen Geschmack und nur durch den Gang des monologischen Bekenntnisses und in diesem Gang<br />

dialektischer Wendung geben sie dem Leser die Richtung auf ein Jenseits, auf das Ich im Akt der noch zu<br />

besprechenden intentio sich spannt.“ Eric Voegelin, Herrschaftslehre, op. cit., p. 12.<br />

33


– concetto che sintetizza in sé non solo la dimensione psicologica dello svolgersi del tempo 138 , ma<br />

anche quella spirituale della dissipazione. Il senso della distentio è quello dell’assenza di Dio, del<br />

peccato, della distrazione e della dispersione; quello dell’intentio, invece è sito nel superamento del<br />

passato che avviene non per tendere verso il futuro, ma verso l’uno, verso il creatore che precede<br />

tutti i tempi. E’proprio in tale tensione tra intentio e distentio che Voegelin trova il nucleo della<br />

persona: “la persona è il punto in cui si incrociano l’eternità divina e la temporalità umana; in essa<br />

si svela la finitezza come essenza del mondo.” 139 Meditazione sul divenire e sull’essere coincidono<br />

nel portare ad una definizione di persona come “esperienza del limite, nella quale si definisce un aldi<br />

qua finito contro un al di là infinito” 140 .<br />

Anche qui, come negli esiti dell’analisi attorno alla meditazione sull’essere, occorre osservare<br />

come venga lasciato indietro, nell’interpretazione voegeliniana, l’ancoraggio della persona<br />

all’immagine divina, intesa come idea interamente presente in Dio 141 . Sarebbe questa, spirito che<br />

sempre deborda dallo spirito, a costituire il nucleo presente nel fondo, ciò che noi veramente<br />

siamo 142 . Alla luce di tale concezione, il “limite” non può costituire il nocciolo della persona, nella<br />

misura in cui il “limite” è lo scarto tra ciò che “noi siamo e ciò che siamo”; lo “scarto”, provvisorio,<br />

che definisce la condizione della vita temporale: “finchè l’eternità apparirà come uno stato in cui la<br />

coscienza sarà perfetta, in cui noi saremo tutto ciò che siamo” 143 . E’alla luce di questa perfezione<br />

che la distensio agostiniana acquista il suo intero significato; non solo quello, essenzialmente<br />

rilevato da Voegelin, di dispersione e di distrazione, ma anche quello che troviamo ad esempio nel<br />

libro XI, 38 144 legato al dispiegarsi del tempo nelle sue potenzialità positive, intrecciate alla<br />

138 Cfr., Guitton, op. cit., p. 188 ss.<br />

139 Cfr., Eric Voegelin, Herrschaftslehre, op. cit., p. 15.<br />

140 „Person ist die Erfahrung der Grenze, an der ein Diesseitig-Endliches sich gegen ein Jenseitig-Unendliches absetz“<br />

Ibid.<br />

141 “Ecco quanto ho spaziato cercandoti nella mia memoria, Signore, e al di fuori di essa non ti ho trovato. Né ho trovato<br />

di te qualcosa che non fosse ricordo, da quando ti ho conosciuto. Poiché da quando ti ho conosciuto non ti ho più<br />

dimenticato (…) Da quando ti ho conosciuto, rimani nella mia memoria, e lì ti ritrovo quando mi ricordo ti te e di te mi<br />

diletto.” Confessioni, X, XXIV, 35; “E sono entrato nella sede che il mio animo stesso possiede nella mia memoria,<br />

poiché l’animo ricorda anche se stesso, ma tu non c’eri, giacchè, così come non sei né un’immagine corporea né un<br />

sentimento d’essere vivente, come gioia, tristezza, desiderio, paura, ricordo, oblio e simili, allo stesso modo non sei<br />

neppure l’animo, poiché sei Signore e Dio dell’animo, e tutto questo è mutevole mentre tu rimani immutabile sopra<br />

ogni cosa, e ti sei degnato di abitare nella mia memoria, dal momento che ti ho conosciuto.” Confessioni, X, XXV,<br />

36.<br />

142 Cfr., Hans Urs von Balthasar, Homo creatus est, soprattutto il capitolo Person und Geschlecht, dove von Balthasar,<br />

nel differenziare la persona dall’individuo, pone la vocazione in posizione centrale. Afferma von Balthasar: “Teilnehme<br />

an der Sendung Christi (oder das, was Paulus im Aufbau der Kirche “carisma” nennt und was dem Einzelnen als seine<br />

ewige Idee bei Gott und seine soziale Aufgabe geschenkt wird): das wäre das eigentliche Zentrum der Wirklichkeit von<br />

Person.” p. 100. Hans Urs von Balthasar, Homo creatus est, Einsiedeln, 1996.<br />

143 Jean Guitton, op. cit., p. 181. La traduzione è mia.<br />

144 „Mi appresto a cantare una canzone, che conosco: prima di cominciare, la mia attesa è rivolta all’intera canzone, ma<br />

dopo che ho cominciato, tutto quello che via via consegno al passato riempie la mia memoria, e dunque il corso di<br />

questa mia azione si divide distendendosi (distenditur .in memoriam) nella memoria per la parte cantata, nell’attesa per<br />

quella ancora da cantare:ma presente è l’attenzione attraverso cui ciò che era futuro passa per diventare passato.”<br />

Confessioni, XI, XXVIII, 38.<br />

34


dimensione, carica di ambiguità ma anche di promesse, della scoperta del profondo del sé, del<br />

percorso spirituale della scoperta di Dio presente in noi.<br />

Sulla base di tale analisi risulta ora possibile comprendere non solo il contesto ma anche la<br />

ragione delle “insufficienze” teoriche che Voegelin riscontra in Agostino, che, seguendo la lettera<br />

del testo, “pur avendo il merito di iniziare la meditazione filosofica moderna, tuttavia non fornisce<br />

tutto quanto necessita la nuova teoria della persona” 145 . Le “insufficienze” si appuntano,<br />

sintomaticamente, attorno a due aspetti. Il primo è la creaturalità. Afferma Voegelin: “Per la<br />

concezione odierna della persona la contrapposizione tra persona e mondo è primaria, per Agostino<br />

la contrapposizione tra Dio e mondo” 146 . Ciò implica una concezione ontologica “ingenua” 147<br />

secondo cui tutta la creazione, e in essa la persona, è “qualcosa di oggettivamente dato”<br />

(gegenständlich Gegebenes). Nella definizione del nucleo della persona come “limite” viene<br />

sintomaticamente a cadere proprio la creaturalità, l’ancoraggio della persona a Dio, quell’unità<br />

essenziale con l’essere divino che costituisce il nocciolo della persona, e che, nell’esistenza terrena,<br />

è misteriosamente occultato e nascosto come un mistero. E’proprio la lettera di Agostino a mettere<br />

in luce il radicamento della persona nella creaturalità: il nucleo di questa, quel “qualcosa” che “non<br />

sa neppure lo spirito dell’uomo che è in lui” e che tuttavia “c’è nell’uomo” è noto a Dio perché ne è<br />

il creatore: “Tu, Signore, dell’uomo sai tutto perché lo hai creato” 148 . Del resto, secondo la teoria<br />

agostiniana, Dio crea il mondo in un attimo intemporale, facendo, da una parte le essenze compiute<br />

(tra cui Agostino conta gli angeli ma anche le anime umane), dall’altra le rationes seminales,<br />

ovvero tutte le creature che verranno, tanto le piante quanto gli animali, e pure il corpo di Adamo,<br />

che, unito all’anima, diviene il primo uomo 149 . In tale dimensione profonda, nel grembo di Dio, è il<br />

nucleo stesso della persona.<br />

A questa insufficienza che rivelerebbe la meditazione agostiniana, si collega direttamente la<br />

seconda, che si incentra sulla interpretazione del tempo come un “dissolvens”. Riportiamo il passo<br />

per intero: “Il sintomo più evidente di questo ordine oggettivo, per cui ad un osservatore anche la<br />

persona risulta essere un oggetto tra gli altri, è il concetto di tempo di Agostino – esso non è<br />

un’intima coscienza del tempo, non è il constituens dell’io, ma al contrario il suo dissolvens;“ 150<br />

Anche qui l’intepretazione pare sintomatica. Da un lato accorda poco spazio alla dimensione<br />

145 Eric Voegelin, Herrschaftlehre, op. cit., p. 16.<br />

146 “Fuer die neuzeitliche Personlehere ist der Gegensatz von Person und Welt primär, fuer Augustin der Gegensatz von<br />

Gott und Welt.„ Ibid., p. 16.<br />

147 “der Besitz einer Ontologie, ob ausdruecklich oder naiv, ist die Voraussetzung fuer eine ueberzeugende Meditation<br />

dieser Typus“ Ibid., p. 15.<br />

148 Confessioni, X, V, 7. Analogamente, nel libro X Agostino afferma: “Ti supplico, mio Dio, svelami a me stesso,<br />

affinché io possa confessare ai miei fratelli disposti a pregare per me le ferite che avrò scoperto”, XXXVII, 62.<br />

149 Agostino, De Genesi ad Litteram, VII 24. 35. Per L’insieme della problematica cfr. Etienne Gilson, Introduction a<br />

l’étude de S. Augustin, Paris, 1949, pp. 256-274.<br />

150 Eric Voegelin, Herrschaftslehre, op. cit., p. 16.<br />

35


positiva che Agostino riconosce al tempo come luogo in cui si compie la storia di Dio in noi, il<br />

“luogo” dove si sviluppano, come sopra accennato, le Confessioni. E’in tale dimensione positiva del<br />

tempo che troviamo la persona: per usare una felice espressione di Jean Guitton, “L’uomo<br />

dell’eternità è presente nell’uomo del tempo: la nozione di persona può dunque nascere e<br />

svilupparsi” 151 . D’altro lato – giacchè è perso l’ancoraggio a Dio definito dalla creaturalità - l’ubi<br />

consistam della persona viene paradossalmente ad essere cercato proprio nella dimensione<br />

temporale: è nella coscienza del tempo che troviamo il constituens dell’io.<br />

4. Agostino e la storia.<br />

Dalle linee teoriche che caratterizzano la Herrschaftslehre, che rappresenta un momento aurorale<br />

del percorso filosofico di Eric Voegelin nonché il primo testo in cui viene affrontato il pensiero di<br />

Agostino, è possibile ora, tornando alle problematiche di filosofia della storia da cui la riflessione<br />

ha preso le mosse, illuminare meglio alcuni aspetti dell’interpretazione voegeliniana dell’Ipponate.<br />

A questo scopo occorre richiamare alla memoria come Voegelin, pur riconoscendo ad Agostino il<br />

merito di aver definitivamente sconfitto le attese intramondane del Regno di Dio e con questo di<br />

aver operato una svolta decisiva ed epocale per il pensiero occidentale in generale, ciò nondimeno<br />

ritiene la filosofia della storia agostiniana condizionata dalla situazione politica a cui pure risulta,<br />

per altri versi, debitrice. In altri termini: laddove la crisi dell’impero romano e il rapporto complesso<br />

e controverso che il cristianesimo mostra proprio con tale crisi impongono ad Agostino quel “tour<br />

de force” interpretativo costituito dalla Civitas Dei e così ricco di risultati decisivi, la stessa crisi sta<br />

anche alla base di quello che per Voegelin rappresenta il limite principale della sintesi<br />

agostiniana 152 . La “crisi” dell’impero romano conferisce all’opera di Agostino quel carattere<br />

dominato – secondo le parole dello stesso Voegelin - “dalla sensazione di invecchiamento, dalla<br />

tendenza verso una fine inevitabile, causata dallo spettacolo di disintegrazione offerto dal mondo<br />

circostante” 153 . Sul piano della teoria siffatta “sensazione di invecchiamento” troverebbe<br />

espressione icastica nella nozione di saeculum senescens. Qui sta la principale debolezza teorica<br />

della filosofia della storia agostiniana; nella mutata situazione storica – segnatamente quella che si<br />

sviluppa a partire dal 1200 – è tale carattere a determinare una sorta di impotenza del pensiero di<br />

Agostino nel rendere ragione di una storia che, invece di invecchiare, pare andare incontro ad una<br />

151 « L’homme de l’eternitè est présent dans l’homme du temps: la notion de persone peut donc naitre et se<br />

développer », J. Guitton, op. cit., p. 232.<br />

152 Cfr. Su questo tema <strong>Giuliana</strong> <strong>Parotto</strong>, Il simbolo della storia, op. cit., p. 80 ss.<br />

153 Cfr., Eric Voegelin, History of Political Ideas, in The Collected Works of Eric Voegelin, volume 19, Hellenism,<br />

Rome, and Early Christianity, University of Missouri Press Columbia and London, 1997, p. 211<br />

36


“robusta fioritura” 154 . Alla luce di questo nuovo vigore la filosofia della storia di Agostino risulta<br />

essere affetta da “disfattismo” 155 , in quanto appunto non è in grado di rendere giustizia alla sfera<br />

mondana di esistenza. E’in questa “falla” che si va ad inserire, quindi, prima la speculazione di<br />

Gioacchino da Fiore 156 , poi, in un crescendo drammatico, tutti gli altri analoghi tentativi di ridivinizzazione.<br />

Analizzando più da vicino il concetto di seculum senescens, ovvero volgendosi al paragrafo che a<br />

tale concetto Voegelin dedica quando affronta la figura e l’opera di Agostino nella History of<br />

political Ideas, troviamo delle significative affinità e corrispondenze con l’interpretazione<br />

agostiniana che abbiamo trovato nella Herrschaftslehre. Occorre anzitutto premettere che Voegelin<br />

inquadra il concetto incrociando un’antica tradizione simbolica con la partizione caratteristica delle<br />

età dell’uomo: la senectus è la sesta età nella vita, accanto alla infantia, la puerizia, l’adolescentia,<br />

la iuventus e l’aetas senior. Sei sono anche i giorni che Dio impiegò a creare il mondo; e sei sono le<br />

età della storia, dai predecessori di Cristo: da Adamo a Noè, ad Abramo, a Davide, fino all’Esilio e<br />

a Cristo e, da ultimo, l’età posteriore a Cristo stesso. E’questo il saeculum senescens. In conformità<br />

ai cenni rinvenuti nel La nuova scienza la nozione di saeculum senescens è definita come “weak<br />

point” un punto debole che è di decisiva importanza perché veicola l’idea che “la storia del mondo<br />

cristiano non ha alcuna struttura sua propria” 157 . Secondo le linee teoriche già messe in luce,<br />

l’orientamento trascendente dell’escatologia cristiana toglie alla storia mondana qualsiasi “scopo<br />

interno” 158 . Così interpreta Voegelin: la sesta epoca è il “seculum senescens del mondo fatiscente,<br />

che non offre speranza oltre la sua fine ad eccezione per quel che riguarda la pace celeste” 159 .<br />

Nessuna potenzialità positiva è ascritta dunque al tempo della storia.<br />

Ora, se andiamo ad analizzare la nozione di seculum senescens quale età che viene inaugurata<br />

dall’incarnazione, non troviamo affatto un’immagine di pessimismo e di decadenza. Theodor<br />

Mommsen, in un articolo il cui titolo è Sant’Agostino e l’idea di progresso, intravede nelle sei età le<br />

scansioni di un movimento di progresso che culmina esattamente con la sesta età: “In riferimento al<br />

corso della città, nella città celeste si può dir che vi sia un progresso, non in senso materialista, ma<br />

nel senso che vi è una graduale rivelazione della verità divina che viene comunicata da Dio<br />

all’uomo, specialmente riguardo alle profezie che predicano il messia futuro.” 160 Le sei età<br />

154 Cfr., Eric Voegelin, La nuova scienza Politica, op. cit., p. 154.<br />

155 Ibid.<br />

156 ”La speculazione gioachimitica fu un tentativo di conferire al corso immanente della storia un significato che la<br />

concezione agostiniana gli negava” Ibid., p. 154.<br />

157 Eric Voegelin, History of political Ideas, Ellenism, Rome and Early Christianity, op. cit., p. 212.<br />

158 Ibid.<br />

159 Ibid.<br />

160 Theodor Mommsen, St. Augustine and Idea of Progress, J. hist. of ideas 12 (1951), pp. 346-74. La citazione si trova<br />

a p. 372.<br />

37


appresentano, in sostanza, la “crescita dell’illuminazione spirituale della razza umana” 161 . Come<br />

afferma Agostino: “la senectus dell’uomo vecchio, l’ultima età, è quella in cui è nato l’uomo nuovo,<br />

quello che vive in accordo con lo spirito” 162 . Con l’età di Cristo l’eterno scende nel tempo e il<br />

tempo è radicalmente rinnovato: Cristo rende infatti nuovamente il tempo “capace di eternità” 163 . In<br />

tal senso quanto viene qui ad essere riconfermato, al di là dell’elemento negativo che lega il tempo<br />

alla dissipazione e al peccato, è la stessa potenzialità positiva dischiusa dalle Confessioni; l’ultima<br />

età libera questa potenzialità nella misura in cui permette, secondo un’espressione di Jules Chaix-<br />

Ruy che una “certa eternità si faccia nel tempo; perché è nel tempo che il frumento cresce<br />

mescolato al loglio” 164 .<br />

Con l’interpretazione essenzialmente negativa che Voegelin ascrive al saeculum senescens<br />

nuovamente la presenza dell’eterno nel tempo viene ad essere, nel passaggio della History dedicato<br />

ad Agostino, sottodimensionata. Se ciò significhi anche, portando a fondo l’analogia che si profila<br />

tra le “insufficienze” teoriche attribuite ad Agostino nella Herrschaftslehre e quelle individuate sul<br />

piano della storia nella History e nel La nuova scienza politica, che Voegelin assegni al tempo una<br />

funzione costitutiva nei confronti del soggetto anche sul piano della storia, è una questione<br />

complessa. Per certi versi il tentativo di trovare un significato complessivo della civiltà all’interno<br />

della storia, l’individuazione di un processo di differenziazione della coscienza, autorizzano<br />

un’interpretazione in tal senso. Certamente è sullo sfondo di una concezione siffatta che viene ad<br />

essere interpretata l’immagine del seculum senescens. Il paragrafo ad esso dedicato si chiude con lo<br />

concertante parallelismo tra Agostino e Hegel che, l’uno posto alla fine del mondo antico, l’altro<br />

alla fine del mondo moderno si trovano entrambi “al precipizio della storia” dove “la dinamica della<br />

storia è interamente esaurita e noi guardiamo dal bordo del mondo nel nulla” 165 . La profonda<br />

ambivalenza 166 del tempo della storia – il cui svolgimento è spesso paragonato alla misteriosa<br />

armonia della musica, con le sue dissonanze, le sue pause, le riprese, nel gioco complesso del<br />

ricordo e dell’attesa – si risolve nel silenzio.<br />

161 Ibid., 372.<br />

162 Agostino, De Genesi contra Manicheos, I, 23, 40 cit. in ibid., p. 374.<br />

163 Jules Chaix-Ruy, La cité de Dieu et la structure du Temps, in Augustinus Magister, Congres International<br />

Augustinien, Paris, 21-24 September 1954, Supplement a “l’Année Théologique Augustinienne”, p. 929.<br />

164 Ibid., p. 927.<br />

165 ”The position of Augustin at the end of the ancient world is in this respect parallel to that of Hegel at the end of the<br />

age of national state: when the Idea has evolved through thesis and antithesis to the synthesis in the objective morality<br />

of the state in the present, we stand at the precipice of history; the dynamics of history is spent, and we lok over the<br />

border od the world into nothingness.” Eric Voegelin, Ellenism, Rome, op. cit., p. 212-13.<br />

166 Cfr,m Henri-Irénée Marrou, L’ambivalence du temps de l’historie chez Sain Augustin, Conférence Albert Le Grand,<br />

Libraire J. Vrin, 1950.<br />

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