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IL SETTORE TESSILE IN ITALIA: FIBRE NATURALI E ... - LaMMA-Test

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<strong>IL</strong> <strong>SETTORE</strong> TESS<strong>IL</strong>E <strong>IN</strong> <strong>ITALIA</strong>:<br />

<strong>FIBRE</strong> <strong>NATURALI</strong> E COMFORT<br />

Analisi conoscitiva e prospettive<br />

<strong>LaMMA</strong>-TEST<br />

Tecnologie per il<br />

Sistema Tessile


<strong>IL</strong> <strong>SETTORE</strong> TESS<strong>IL</strong>E <strong>IN</strong> <strong>ITALIA</strong>:<br />

<strong>FIBRE</strong> <strong>NATURALI</strong> E COMFORT<br />

Analisi conoscitiva e prospettive<br />

Settembre 2005<br />

3


Titolo Progetto:<br />

Il settore tessile in Italia: fibre naturali e comfort<br />

Analisi conoscitiva e prospettive<br />

Rif. Prodotto : Analisi conoscitiva<br />

Data: Settembre 2005<br />

Edizione: 1.1<br />

Titolo Prodotto: <strong>LaMMA</strong>-TEST Tecnologie per il Sistema Tessile<br />

Tipo: Interno<br />

Autori:<br />

Laura Bacci (CNR Ibimet)<br />

Silvia Baronti(CNR Ibimet- <strong>LaMMA</strong> TEST)<br />

Alfonso Crisci (CNR Ibimet- <strong>LaMMA</strong> TEST)<br />

Marco Morabito (CNR Ibimet- <strong>LaMMA</strong>)<br />

Antonio Raschi (CNR Ibimet)<br />

Giuseppina Siciliano (CNR Ibimet- <strong>LaMMA</strong> TEST)<br />

Massimo Viti (CNR Ibimet- <strong>LaMMA</strong> TEST)<br />

Editori:<br />

<strong>LaMMA</strong>-TEST Tecnologie per il Sistema Tessile<br />

4


<strong>IN</strong>DICE<br />

1. <strong>IL</strong> TESS<strong>IL</strong>E <strong>IN</strong> <strong>ITALIA</strong> .....................................................................................7<br />

1.1 QUADRO GENERALE: ASPETTI ECONOMICI...................................7<br />

1.2 <strong>IL</strong> TESS<strong>IL</strong>E E L’AMBIENTE.................................................................13<br />

1.2.1 Certificazioni ambientali di processo e di prodotto..................... 14<br />

1.2.2 I principali impatti del settore tessile.............................................. 33<br />

1.2.3 Il mercato dei prodotti tessili biologici e prospettive future....... 42<br />

1.3 LE MATERIE PRIME ...........................................................................56<br />

1.3.1 Fibre vegetali....................................................................................... 59<br />

1.3.2 Coloranti naturali................................................................................ 67<br />

1.3.3 Fibre sintetiche e artificiali................................................................ 71<br />

1.4 <strong>IN</strong>NOVAZIONE DI PRODOTTO..........................................................75<br />

1.4.1 Possibilità e prospettive delle colture da fibra e coloranti<br />

naturali in campo tessile.................................................................... 77<br />

1.4.2 L'innovazione in campo tessile nei riguardi del comfort............ 94<br />

2. <strong>IL</strong> DISTRETTO TESS<strong>IL</strong>E PRATESE ......................................................... 135<br />

2.1 QUADRO GENERALE...................................................................... 135<br />

2.2 CENNI STORICI................................................................................ 139<br />

2.3 ASPETTI TERRITORIALI e DEMOGRAFIA .................................... 142<br />

2.3.1 Inquadramento geografico e demografia ................................... 143<br />

5


2.4 ATTIVITA’ ECONOMICHE................................................................ 147<br />

2.4.1 Le risorse umane ............................................................................. 162<br />

2.4.2 Il ciclo produttivo .............................................................................. 164<br />

2.4.3 Lorganizzazione industriale .......................................................... 166<br />

2.4.4 I rapporti con i mercati esteri......................................................... 166<br />

2.5 <strong>IL</strong> DISTRETTO E L’AMBIENTE........................................................ 171<br />

CONSIDERAZIONI DI S<strong>IN</strong>TESI...................................................................... 177<br />

BIBLIOGRAFIA............................................................................................... 181<br />

BIBLIOGRAFIA COMFORT .................................................................... 185<br />

APPENDICE .................................................................................................... 191<br />

I Schede informative su piante da fibra e coloranti naturali................. 192<br />

II Realtà italiane di filiera........................................................................ 215<br />

III Appendice statistica ............................................................................ 219<br />

6


1. <strong>IL</strong> TESS<strong>IL</strong>E <strong>IN</strong> <strong>ITALIA</strong><br />

1.1 QUADRO GENERALE: ASPETTI ECONOMICI<br />

7


Con decine di migliaia di imprese, più di 300.000 addetti, e<br />

un’incidenza di circa il 2% sul P<strong>IL</strong> nazionale, il settore tessile è uno<br />

dei settori più importanti dell’industria italiana, con un rilevante peso<br />

nello scenario mondiale. Il tradizionale fattore di successo del tessile<br />

italiano è la capacità di coniugare innovazione, moda, stile creativo<br />

con le tecnologie produttive. Negli ultimi anni il settore tessile italiano,<br />

tuttavia, si trova impegnato da nuovi fronti competitivi: i paesi a basso<br />

costo del lavoro e i paesi ad alti livelli di investimenti che consentono<br />

elevati standard qualitativi. In queste difficili situazioni di mercato, la<br />

vitalità dell’imprenditoria nazionale si deve confermare con nuove<br />

strategie, nuovi prodotti, migliore qualità, flessibilità e<br />

personalizzazione che consentano di valorizzare il settore moda.<br />

L’industria tessile, composta per la stragrande maggioranza da<br />

imprese piccole o piccolissime, si caratterizza per un’elevata<br />

frantumazione del ciclo produttivo tra imprese specializzate nella<br />

lavorazione di diverse fibre/filati in una o più fasi del ciclo medesimo.<br />

Negli anni 70, 80 e primi 90 l’industria tessile italiana ha fortemente<br />

ridimensionato l’occupazione; la concorrenza dei paesi a basso costo<br />

del lavoro e la ricerca di una maggior produttività hanno comportato<br />

grandi ristrutturazioni.<br />

Analizzando i dati per l’anno 2004, infatti, si può notare come il<br />

sistema tessile abbigliamento-moda (TA) Made in Italy continui, per il<br />

terzo anno consecutivo, a perdere posizioni. Il fatturato settoriale è<br />

sceso verso la soglia dei 42,5 miliardi d’euro; si tratta di una flessione<br />

annuale del 1,4%, che va a sommarsi al calo cumulato del 10%<br />

registrato nel biennio 2002-2003. I riflessi di questo pesantissimo<br />

ciclo recessivo sono evidenti sull’occupazione (quasi 24 mila posti di<br />

lavoro persi nel 2004, oltre 66 mila nell’ultimo triennio) ed alla<br />

numerosità delle aziende attive che si è ridotta a meno di 68 mila<br />

unità (di cui oltre il 95% di dimensioni piccole e piccolissime).<br />

L’industria tessile archivia, infatti, il 2004 con un fatturato in calo del<br />

4,1%, i leggeri recuperi che hanno caratterizzato le produzioni laniere<br />

(+1,4%, ma tale risultato arriva dopo un triennio, quello fra il 2001 ed<br />

il 2003, molto negativo) non hanno, infatti, potuto bilanciare i nuovi<br />

pesanti cedimenti che hanno interessato il comparto cotoniero-liniero<br />

e della nobilitazione (-7%). Un ulteriore leggero cedimento (-0,7%) ha<br />

caratterizzato l’industria tessile-serica. A “valle” della filiera, l’attività<br />

dell’industria dell’abbigliamento (maglieria e calzetteria incluse) si è<br />

infine mantenuta stazionaria (+0,5%), ma se si concentra l’analisi<br />

8


sull’attività realizzata in Italia (che rappresenta ancora circa l’80% del<br />

totale) si sconta un calo del 1,7%. A livello di sotto-comparti,<br />

nell’industria laniera, i risultati complessivi riflettono soprattutto i<br />

recuperi non marginali che hanno interessato la tessitura cardata,<br />

mentre forti segnali di sofferenza hanno continuato ad interessare il<br />

comparto della filatura, e le produzioni destinate alla maglieria in<br />

particolare. Nell’industria serica, segnali di quasi stabilizzazione sono<br />

venuti sia dalle produzioni destinate alla cravatteria sia a quelle,<br />

dimensionalmente più rilevanti, rivolte all’abbigliamento femminile.<br />

Nel comparto Abbigliamento invece, le differenziazioni di<br />

performance maggiori si sono registrate fra classi di imprese e non<br />

fra i comparti. In particolare, le imprese più strutturate, di dimensioni<br />

medio-grandi, hanno ottenuto i risultati relativamente meno<br />

penalizzanti. Lo scorso anno, le esportazioni complessive di prodotti<br />

T.A. sono aumentate ad un ritmo non superiore all’1%,<br />

confermandosi su livelli inferiori del 10% rispetto al 2001. A livello di<br />

macroprodotti, tale risultato si è ottenuto come sintesi di incrementi<br />

del 2,4% per filati e tessuti, e di una virtuale stagnazione (-0,1%) per i<br />

prodotti di vestiario. I flussi di prodotti T.A. destinati sui mercati U.E.<br />

(a quindici paesi) sono aumentati dell’1,4%, mentre quelli diretti verso<br />

i nuovi membri sono diminuiti del 13% circa. Fuori dalla U.E., risultati<br />

ancora deludenti hanno riguardato le esportazioni dirette negli Stati<br />

Uniti, terzo maggior mercato estero per il sistema moda Made in Italy,<br />

che hanno registrato un nuovo calo (-2,6%); tale calo, tuttavia, riflette<br />

esclusivamente i movimenti sfavorevoli sul fronte dei cambi: se<br />

espresse in dollari, infatti, le esportazioni italiane dirette negli USA<br />

evidenzierebbero un incremento superiore al 7%. Il fattore cambio ha<br />

un ruolo, anche se meno rilevante, nella determinazione dei risultati<br />

ottenuti sul mercato Giapponese (l’ottavo per importanza) molto<br />

deludenti se misurati in euro (-8,5%), ma leggermente meno<br />

penalizzanti (-6% circa) se misurati in Yen.<br />

La Russia si è invece confermata, ancora una volta, il mercato<br />

più dinamico. Anche nel 2004 le esportazioni italiane dirette in quel<br />

paese sono cresciute a tassi a due cifre (+11,2%) connotando il<br />

mercato russo come il decimo maggior sbocco commerciale. Da<br />

segnalare infine il significativo incremento (+5,1%) delle esportazioni<br />

dirette ad Hong Kong. Sul fronte dei flussi in entrata, in particolare, il<br />

2004 è archiviato con incrementi delle importazioni (in valore) del<br />

4,7%, pur in un contesto di domanda ancora riflessivo. Tale risultato<br />

9


iflette soprattutto i forti aumenti che hanno interessato le importazioni<br />

di vestiario (+7,8%) e dei prodotti di maglieria in particolare (+15,4%).<br />

Le importazioni di filati e tessuti, infatti, almeno nei dati in valore sono<br />

risultate sostanzialmente stazionarie (+0,3%). A livello di paese la<br />

Cina ha ulteriormente consolidato la propria posizione di leadership in<br />

un contesto in cui la competitività di prezzo dell’offerta del gigante<br />

asiatico (che purtroppo e, in alcuni casi, ascrivibile a pratiche unfair<br />

ed ad alcuni comportamenti che lasciano intravedere sospetti di<br />

strategie predatorie) è risultata ulteriormente amplificata dalle<br />

importazioni italiane che hanno rappresentato nel 2004, quasi il 15%<br />

del valore totale dei flussi in entrata. In termini di dinamica, le<br />

performance ottenute dalle imprese turche sono risultate ancora più<br />

notevoli: +21,2%. Con importazioni in crescita a ritmi quasi 5 volte<br />

superiori rispetto alle esportazioni, l’attivo commerciale settoriale si è<br />

ulteriormente deteriorato scendendo abbondantemente sotto la soglia<br />

dei 12 miliardi di euro. Si tratta comunque del 31% dell’attivo<br />

commerciale complessivo dell’industria manifatturiera italiana del<br />

2004. Dalle tabelle successive pubblicate dall’Istituto Nazionale per il<br />

Commercio Estero appare evidente la posizione di privilegio della<br />

Cina nel settore tessile con una quota di mercato in crescita rispetto<br />

all’Italia e la Germania che registrano un calo. L’Italia d’altronde<br />

mostra una diminuzione del fatturato delle esportazioni in tutti i<br />

principali mercati di sbocco dei prodotti tessili Made in Italy.<br />

10


Riassumendo, i pessimi risultati economici del tessile italiano<br />

dipendono da una serie di convergenze negative, non tutte<br />

prevedibili, che hanno fortemente contribuito ad aumentare le perdite,<br />

tra cui:<br />

• fine dei contingenti all’import 1 ;<br />

• Cina e paesi emergenti sempre più competitivi e aggressivi;<br />

• sottovalutazione del dollaro;<br />

• consumi europei debolissimi.<br />

1 Per contingenti all’import s’intende una restrizione all’importazione di materiali<br />

tessili applicate dalla Comunità Europea nei confronti della Cina, data la forte<br />

concorrenza sul mercato mondiale soprattutto in seguito all’entrata della Cina nel WTO<br />

avvenuta nel 2001. L’idea della comunità europea è quella di applicare restrizioni<br />

quantitative all’importazione di alcuni prodotti tessili dalla Cina, restrizioni che fanno<br />

riferimento al regolamento 1084/2005 approvato il 12 luglio 2005 e abolito dopo breve per<br />

permettere di stipulare accordi direttamente con Pechino. Tali accordi tra Pechino e<br />

Bruxelles prevedevano una autolimitazione della Cina stessa sulle proprie esportazioni di<br />

prodotti tessili verso l’Europa fino al 2008. Accordo anche questo saltato. Pertanto gli<br />

indumenti made in Cina potranno di nuovo entrare nel Vecchio Continente grazie ad una<br />

deroga del sistema delle quote stabilito nel precedente accordo tra Ue e Cina. La<br />

situazione rimane quindi immutata. L’unica cosa certa è che il settore tessile italiano sta<br />

passando un periodo di forte crisi dimostrata dai numeri analizzati precedentemente.<br />

11


1. <strong>IL</strong> TESS<strong>IL</strong>E <strong>IN</strong> <strong>ITALIA</strong><br />

1.2 <strong>IL</strong> TESS<strong>IL</strong>E E L’AMBIENTE<br />

13


1.2.1 Certificazioni ambientali di processo e di prodotto<br />

In materia di tutela dei bisogni ambientali, la cultura e la prassi<br />

della qualità (capacità d’identificazione e soddisfazione di bisogni) e<br />

le relative forme d’assicurazione della conformità ai requisiti<br />

applicabili (certificazione), si sono sviluppate con un certo ritardo<br />

rispetto a quelle afferenti alla tutela di altri bisogni correlati con le<br />

attività economiche e la vita sociale (es. sicurezza, affidabilità,<br />

prestazioni e caratteristiche qualitative in genere dei beni strumentali<br />

e di consumo), per i quali si sono affermati, da qualche tempo, le<br />

classiche forme di assicurazione della qualità rappresentate dalla<br />

certificazione di prodotto e affini (approccio diretto all’assicurazione<br />

della qualità) e dalla certificazione dei cosiddetti sistemi di gestione<br />

per la qualità (approccio indiretto).<br />

In tema di sviluppo della qualità ambientale, occorre poi<br />

distinguere tra l'approccio sistemico (realizzazione e certificazione di<br />

Sistemi di Gestione Ambientale SGA) e approccio di prodotto<br />

(etichette e dichiarazioni ambientali di vario tipo). Il primo, infatti, pur<br />

risultando tuttora limitato rispetto al caso dei sistemi di gestione per la<br />

qualità SGQ, ha ricevuto un considerevole impulso con la<br />

pubblicazione della Norma ISO 14001, mentre il secondo solo oggi si<br />

affaccia, peraltro timidamente, allo scenario della qualità ambientale.<br />

L'andamento evolutivo delle certificazioni di SGA in Italia, ancorché<br />

non esplosivo, ha comunque conosciuto negli ultimi anni incrementi<br />

significativi e si è attestato, nel biennio 2002-2003, su incrementi<br />

annui compresi fra il 45 ed il 50%. Il relativo incremento medio<br />

mensile, nel periodo corrispondente, è pari a circa 130<br />

certificazioni/mese, valore superiore al dato medio 2003 (pari a 83<br />

certificazioni/mese) il che lascia ben sperare in un positivo sviluppo di<br />

tale importante forma di certificazione. Nell'ambito dell'evoluzione<br />

delle certificazioni di SGA di cui sopra, merita conto segnalare il<br />

numero crescente di Amministrazioni ed Enti pubblici chiamati ad<br />

amministrare gli aspetti ambientali del territorio (regioni, province,<br />

comuni, comunità montane, parchi e riserve naturali, aree protette in<br />

genere) che si accostano a questo tipo di certificazione, per offrire ai<br />

cittadini una chiara ed efficace dimostrazione dell'impegno alla tutela<br />

dell'ambiente. Nel campo delle certificazioni di SGA (ISO 14001),<br />

l’Italia è ben posizionata collocandosi al quarto posto in Europa (dopo<br />

14


Germania, Spagna e Svezia) ed al settimo posto nel mondo (dopo<br />

Giappone, Germania, Spagna, Svezia, Cina e USA).<br />

Certificazioni di processo<br />

Le certificazioni di processo rispecchiano, a livello internazionale,<br />

il generale consenso circa le attuali buone pratiche rivolte alla<br />

protezione dell'ambiente, applicabili a qualunque organizzazione e in<br />

qualunque parte del mondo. L'intera serie ISO 14000 fornisce<br />

strumenti manageriali per le organizzazioni che vogliano porre sotto<br />

controllo i propri aspetti ed impatti ambientali e migliorare le proprie<br />

prestazioni in tale campo. La decisione di applicare i requisiti ISO<br />

14000 è pertanto una decisione di tipo strategico da prendersi a cura<br />

della direzione aziendale. Ciascuna organizzazione può anche<br />

scegliere di non adottare i modelli proposti da ISO 14000, e rivolgersi<br />

a mercati che non li richiedano. Una caratteristica chiave di tutti i<br />

requisiti ISO 14000 è la loro natura volontaria. "Volontaria", in questo<br />

caso, significa l'assenza di qualsiasi costrizione legislativa al loro<br />

utilizzo. Se tale dicitura fosse obbligatoria, ovviamente vi sarebbero<br />

anche controlli e sanzioni, mentre oggi l’ampio margine di<br />

discrezionalità permette contraffazioni e frodi, doppiamente lesive nei<br />

confronti dell’industria produttrice europea: si concretizza una<br />

concorrenza sleale e si crea un danno all’immagine del prodotto.<br />

ISO 14001<br />

La certificazione ISO (International Standard Organization)<br />

14001, recepita in Italia come UNI EN ISO 14001 è una certificazione<br />

che attesta la conformità di un’azienda a<br />

delle particolari norme ambientali dettate<br />

a livello internazionale, consentendo a<br />

qualunque organizzazione di raggiungere<br />

e dimostrare buoni livelli di prestazione<br />

ambientale. La certificazione si basa sul<br />

controllo degli impatti ambientali<br />

dell’azienda, tramite l’implementazione di<br />

un Sistema di Gestione Ambientale<br />

(SGA), connessi alle attività realizzate, ai prodotti e ai servizi offerti.<br />

15


Inoltre la norma richiede che l’azienda preveda un piano di<br />

miglioramento delle proprie performance ambientali negli anni. Per i<br />

prodotti tessili è prevista la certificazione ISO 14001.<br />

EMAS<br />

La certificazione EMAS tramite il regolamento (CE) n 761 del<br />

2001, al quale aderiscono gli Stati membri dell’Unione Europea e<br />

quelli dello spazio economico europeo,<br />

introduce il sistema comunitario di ecogestione<br />

e audit ambientale, il cui obiettivo consiste nel<br />

miglioramento delle performance ambientali e<br />

nel fornire alle organizzazioni, alle autorità di<br />

controllo ed ai cittadini (al pubblico in senso lato)<br />

uno strumento di valutazione e gestione<br />

dell'impatto ambientale di un’organizzazione,<br />

basato non solo sui limiti imposti dalle leggi ma nel miglioramento<br />

continuo delle prestazioni. A differenza delle norme ISO 14001 il<br />

marchio EMAS è valido a livello europeo. EMAS è stato lanciato nel<br />

1995 ed è stato sottoposto a revisione nel 2001. EMAS è aperto a<br />

qualsiasi organizzazione del settore pubblico e privato che intenda<br />

migliorare la propria efficienza ambientale.<br />

Certificazioni di prodotto<br />

Anche per quanto concerne le certificazioni di prodotto, allo stato<br />

attuale, sono delle azioni volontarie; vale a dire una scelta del<br />

produttore, che desidera utilizzare un marchio di certificazione del<br />

prodotto, il rispetto delle norme di produzione legate al marchio<br />

stesso. Accanto ai due marchi europei descritti di seguito, molti paesi<br />

hanno introdotto anche dei marchi nazionali. L’Italia non ha marchi<br />

nazionali.<br />

16


ECOLABEL.<br />

Dall’inizio degli anni Ottanta molti dei paesi europei hanno<br />

istituito marchi di qualità ecologica azionale: ha iniziato la Germania<br />

nel 1979 con l’Angelo Azzurro, seguita da Francia,<br />

Regno Unito, Olanda, Danimarca e Portogallo. Per<br />

uniformare il contesto comunitario ed evitare che lo<br />

stesso tipo di prodotto fosse etichettato con marchi<br />

ecologici differenti, nel 1992 l’Unione Europea ha<br />

emanato il Regolamento CEE n. 880/92, aggiornato<br />

nel 2000 (Regolamento n.1980, Gazzetta Ufficiale<br />

delle Comunità Europee del 21/9/00), con cui ha<br />

introdotto un sistema comunitario d’assegnazione di<br />

un marchio di qualità ecologica. Il sistema si basa su un elenco<br />

fissato dalla Commissione Europea di gruppi di prodotti per i quali è<br />

possibile richiedere il marchio. Si tratta di un elenco aperto, che può<br />

essere ampliato su iniziativa dei privati o degli organismi nazionali<br />

competenti, che possono stimolare la Commissione ad avviare la<br />

procedura di definizione dei gruppi di prodotti e dei criteri ecologici<br />

specifici.Il marchio, noto con il nome di Ecolabel e contraddistinto da<br />

una margherita, ha come obiettivo quello di promuovere prodotti e<br />

servizi che durante l’intero ciclo di vita presentino un minore impatto<br />

sull’ambiente, orientando i consumatori verso scelte di consumo<br />

sostenibili. Si tratta di uno strumento volontario: nel momento in cui<br />

ne fanno richiesta, i produttori e i distributori possono garantire<br />

qualitativamente e distinguere i loro prodotti e servizi tramite<br />

l’etichetta ecologica che i consumatori riconosceranno come segnale<br />

del rispetto dell’ambiente.<br />

Tra i gruppi di prodotti considerati sono compresi anche i<br />

“Prodotti tessili per abbigliamento e arredamento di interni”. I criteri<br />

per l’assegnazione del marchio comunitario a tali prodotti sono stati<br />

stabiliti dalla Decisione della Commissione 1999/178/CE, modificata<br />

dalla decisione del 15 maggio 2002 (2002/371/CE) e sono conformi<br />

al Regolamento n.1980/2000. L’uso dell’Ecolabel è concesso, in<br />

Italia, dall’Organismo Competente; Comitato Ecolabel-Ecoaudit –<br />

Sezione Ecolabel Italia (previsto dal Regolamento 413/95 e costituito<br />

con DM 12.11.96).La concessione dell’etichetta passa attraverso la<br />

verifica della rispondenza ai criteri previsti, la delibera dell’Organismo<br />

Competente, che è notificata alla Commissione europea, e la stipula<br />

di un contratto sulle condizioni d’uso. L’etichetta è assegnata per un<br />

17


periodo di produzione determinato che non può in ogni modo<br />

superare il periodo di validità di tre anni, salvo proroga. Gli oneri per il<br />

richiedente consistono nei costi per le analisi, che debbono essere<br />

eseguite presso laboratori abilitati, nel pagamento del diritto di<br />

istruttoria e, una volta concessa l’etichetta, nel pagamento dei diritti<br />

d’uso (0.15% del fatturato) e dei costi per le verifiche.<br />

Le principali caratteristiche del marchio sono:<br />

- La non adozione non comporta l’esclusione dal mercato (carattere<br />

volontario)<br />

- Ha lo scopo di promuovere un minore impatto ambientale;<br />

- Sono esclusi dall’etichetta i prodotti alimentari, farmaceutici,<br />

bevande, sostanze pericolose o fabbricati con processi che<br />

possono nuocere all’uomo o all’ambiente.<br />

- E’ attribuibile solo a beni di consumo destinati al consumatore<br />

finale e non a prodotti intermedi;<br />

- Esprime un giudizio positivo sull’intero ciclo di vita del prodotto, con<br />

riferimento alla quantità di rifiuti, all’inquinamento e al degrado del<br />

suolo, alla contaminazione dell’atmosfera, ai rumori, al consumo di<br />

energia, al consumo di risorse naturali e agli effetti sugli<br />

ecosistemi.<br />

-<br />

-<br />

- Quadro di riferimento normativo:<br />

• Regolamento 880/92/CEE del Consiglio del 23 marzo1992<br />

concernente un sistema comunitario di assegnazione di un marchio<br />

di qualità ecologica (GUCE L 99 1/4/92 p. 1).<br />

• Decreto 2 agosto 1995, n. 413 "Regolamento recante norme per<br />

l'istituzione ed il funzionamento del Comitato per l'Ecolabel e<br />

l'Ecoaudit" (GU n.231 del 3/10/95).<br />

• Circolare Ministero dell'industria 31/7/97, N. 162263 - Chiarimenti<br />

in merito all'accertamento dei requisiti di idoneità dei laboratori ad<br />

eseguire il controllo preliminare indipendente che deve corredare la<br />

domanda di concessione del marchio di qualità ecologica Ecolabel<br />

(GU n.184 dell'8/8/97).<br />

• 93/517/CEE: Decisione della Commissione, del 15 settembre 1993,<br />

concernente un contratto tipo relativo alle condizioni di uso del<br />

18


marchio comunitario di qualità ecologica (GUCE L 243 29/9/93 p.<br />

13).<br />

• 93/326/CEE: Decisione della Commissione, del 13 maggio 1993,<br />

che stabilisce gli orientamenti indicativi per la fissazione delle<br />

spese e dei diritti da applicare nell'ambito del sistema di<br />

assegnazione di un marchio comunitario di qualità ecologica<br />

(GUCE L 129 27/5/93 p. 23).<br />

• 94/10/CE Decisione della Commissione del 21 dicembre 1993<br />

relativa al formulario modello per il sommario ai fini della<br />

notificazione delle decisioni di assegnazione del marchio<br />

comunitario di qualità ecologica (GUCE L007 dell'11/1/94 p. 17).<br />

•<br />

19


10<br />

1<br />

3<br />

1<br />

4<br />

3<br />

9<br />

6<br />

1<br />

1<br />

1<br />

1<br />

1<br />

31<br />

Austria<br />

Belgium<br />

Czech Republic<br />

Denmark<br />

Estonia<br />

Finland<br />

France<br />

Germany<br />

Greece<br />

Italy<br />

Lithuania<br />

Portugal<br />

Spain<br />

Sweden<br />

Tab. 1 Prodotti tessili<br />

certificati Eco-label<br />

paesi UE (valori<br />

assoluti)<br />

1%<br />

15%<br />

4%<br />

5%<br />

1% 4% 1%<br />

9% 1%<br />

13%<br />

1%<br />

1%<br />

1%<br />

43%<br />

Austria<br />

Belgium<br />

Czech Republic<br />

Denmark<br />

Estonia<br />

Finland<br />

France<br />

Germany<br />

Greece<br />

Italy<br />

Lithuania<br />

Portugal<br />

Spain<br />

Sweden<br />

Tab. 2 Prodotti tessili<br />

certificati Eco-Label<br />

paesi UE (valori<br />

percentuali)<br />

Prodotti certificati Ecolabel nei paesi UE (Fonte: Elaborazione <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati del<br />

Catalogo Europeo dellEco-Label)<br />

20


OEKO-TEX.<br />

Alla fine degli anni ’80 l’Istituto di ricerca tessile austriaco OTI<br />

preparò uno schema di prove da eseguire sui prodotti tessili,<br />

relativamente alle sostanze<br />

tossiche che possono contenere:<br />

tale schema era noto con il nome<br />

di “OTN 100”. Nel 1992, basandosi<br />

su questa esperienza ed unendola<br />

a quella dell’Oko –Check,<br />

sviluppato in Germania, l’istituto<br />

austriaco e quello tedesco si sono<br />

uniti a costituire International<br />

Association for Research and <strong>Test</strong>ing in the Field of Textile Ecology,<br />

il cui primo obiettivo è stato l’elaborazione dell’Oeko-Tex Standard<br />

100. Si tratta di uno standard volto verso una “ecologia umana”,<br />

ovvero che prende in considerazione le sostanze potenzialmente<br />

pericolose che potrebbero essere contenute nel prodotto finale e<br />

quindi venire a contatto con il consumatore. Lo standard contiene una<br />

serie di test analitici da eseguire su determinati parametri e ne<br />

specifica i limiti in base a considerazioni scientifiche. All’inizio del<br />

1993, altri Istituti di ricerca in campo tessile si sono uniti<br />

all’Associazione Internazionale come membri. Tutti i membri testano<br />

le sostanze pericolose elencate nello standard utilizzando le stesse<br />

metodiche analitiche e gli stessi valori limite e certificando i prodotti<br />

con l’utilizzo del marchio registrato “Confidence in Textiles. <strong>Test</strong>ed for<br />

Harmful Substances according Oeko-Tex Standard 100”.<br />

Nel 1995 compare la prima versione di Oeko-Tex standard 1000,<br />

con la quale sono fissati i presupposti per una produzione favorevole<br />

all’ambiente: sono, infatti, elaborati una serie di parametri che<br />

etichettano i luoghi di produzione e così pure le tecnologie e le so<br />

stanze chimiche utilizzate. Nel 1999, infine, è data per la prima volta<br />

ad un prodotto tessile l’etichetta “Oeko-Tex standard 100 plus”: tale<br />

etichetta indica che il manufatto adempie alle richieste di Oeko-<br />

Standard 100 e che è prodotto in luoghi conformi all’Oeko-Standard<br />

1000. In Italia, l’unico istituto in Italia preposto per il rilascio del<br />

marchio Oeko-Tex Standard 100 è Centrocot (Centro Tessile<br />

Cotoniero e Abbigliamento), Busto Arsizio (Varese).<br />

21


Valutazione delle azioni volontarie<br />

Tra i marchi Ecolabel e Oeko-Tex, il secondo è sicuramente il più<br />

diffuso, con un’azione commerciale che si è spinta al di là delle<br />

barriere nazionali e si è diffusa in Europa, mentre il primo non sembra<br />

aver superato la fase di decollo iniziale.<br />

Secondo i dati riportati nel lavoro di Adil Elmassi, (“The European<br />

Flower Label & Oeko-Tex Standard 100. A comparative approach”)<br />

aggiornato al 2002, esistono 20.000 certificati Oeko-Tex in tutto il<br />

mondo, i quali si riferiscono a 3.500 società diverse, di cui 1.800<br />

europee; per quanto riguarda Ecolabel, invece, sono state concesse<br />

96 licenze per più di 400 prodotti, di cui 35 appartengono al settore<br />

tessile.<br />

La ragione di questo diverso impatto va ricercata nella natura dei<br />

due marchi e nei rispettivi target. Innanzitutto, Ecolabel si rivolge ad<br />

una vasta gamma di prodotti (frigoriferi, carta, vernici, etc..), mentre<br />

Oeko-Tex è, per definizione, un marchio strettamente tessile. Altra<br />

importante differenza dipende dal diverso approccio delle due<br />

etichette: Ecolabel si basa su una “ecologia di produzione”, mentre<br />

Oeko-Tex è volto verso una “ecologia umana”. Il primo mira, infatti, a<br />

ridurre l’impatto della produzione tessile sull’ambiente e, di<br />

conseguenza, sulla salute del consumatore: a questo scopo<br />

introduce dei limiti che riguardano sostanze potenzialmente<br />

contenute nelle diverse fibre tessili e che regolamentano i processi e i<br />

prodotti chimici utilizzati nel corso di tutto il ciclo produttivo, nonché le<br />

emissioni in atmosfera e lo scarico nelle acque reflue di determinati<br />

composti nocivi per l’ambiente.<br />

Il secondo, Oeko-Tex, mira invece a ridurre l’impatto del prodotto<br />

finale sulla salute del consumatore e suddivide i manufatti tessili in 4<br />

classi, a seconda che siano rivolti ai bambini al di sotto dei 2 anni<br />

(classe I), che entrino a contatto diretto con la pelle o meno (classe II<br />

e III) e che siano utilizzati come materiale decorativo (classe IV). E’<br />

facile dunque intuire come i criteri di Oeko-Tex siano più facilmente<br />

applicabili: analizzare il prodotto finito è, infatti, meno laborioso e<br />

meno complesso che analizzare il processo produttivo. Questo<br />

aspetto si rispecchia anche in termini di costi, rendendo il marchio<br />

Ecolabel decisamente più oneroso (si tenga inoltre conto che ai costi<br />

di applicazione bisogna aggiungere una tassa annuale per l’utilizzo<br />

22


del marchio, pari allo 0,15% del volume annuale di vendite del<br />

prodotto all’interno della Comunità).<br />

Ultima differenza sostanziale tra i due è la verifica della<br />

corrispondenza dei prodotti ai requisiti richiesti: per Ecolabel le<br />

dichiarazioni, i documenti, i report dei test e qualunque altra evidenza<br />

deve essere fornita dal produttore stesso o dai suoi fornitori; al<br />

contrario, tutti i prodotti tessili in accordo con Oeko-Tex sono testati in<br />

un laboratorio autorizzato che utilizza metodi analitici uniformi a quelli<br />

degli altri laboratori della rete.<br />

In conclusione, quindi, i criteri di Ecolabel appaiono troppo<br />

complessi, di difficile applicazione e spesso il vantaggio per il<br />

consumatore finale non è così evidente.<br />

Accanto a questi marchi ufficiali, regolamentati da precise<br />

normative europee, esistono anche alcuni marchi “privati”, legati ad<br />

associazioni o centri di certificazione. In Italia si segnalano Marchio<br />

Tessuto Biologico, UV Standard 801 e Marchio Confort.<br />

MARCHIO TESSUTO BIOLOGICO<br />

E’ legato alla certificazione dei prodotti tessili biologici secondo<br />

gli standard AIAB (Associazione Italiana Agricoltura<br />

Biologica). Tale certificazione prende in<br />

considerazione gli impatti ambientali a partire dalla<br />

coltivazione della fibra fino ad un’analisi dell’intera<br />

filiera produttiva. Inoltre prevede un’analisi delle<br />

condizioni di lavoro nella produzione tessile per<br />

assicurare il rispetto dei diritti di base dei lavoratori.<br />

Tale certificazione è quindi di tipo etico ed ambientale.<br />

23


UV STANDARD 801<br />

E’ un marchio “privato” con cui si definisce il grado di protezione<br />

dai raggi UV offerto da un tessuto. Il documento<br />

normativo di questo marchio è stato redatto<br />

dallInternational <strong>Test</strong>ing Association for Applied<br />

UV Protection di cui fanno parte istituti europei e<br />

no. Attualmente il numero di Istituti associati è di<br />

7, di cui l’italiano Centrocot (Centro Tessile<br />

Cotoniero e Abbigliamento), Busto Arsizio<br />

(Varese). Gli Istituti dellInternational <strong>Test</strong>ing<br />

Association for Applied UV Protection si sono<br />

posti l’obiettivo di determinare la protezione UV di un prodotto<br />

destinato al consumatore tenendo conto delle sollecitazioni cui il<br />

materiale è sottoposto quotidianamente. Questo Standard si applica<br />

a tutti i prodotti con superficie piatta come tessili, abbigliamento,<br />

calzature, tende da sole, ombrelloni, cuoio, lenzuola, ecc. che in<br />

qualche modo possono offrire protezione dalle radiazioni UV.<br />

MARCHIO COMFORT<br />

Questo marchio è stato ideato da Centrocot (Centro Tessile<br />

Cotoniero e Abbigliamento), Busto Arsizio<br />

(Varese). Il marchio Comfort attesta il grado di<br />

benessere offerto da un tessuto attraverso la<br />

valutazione delle proprietà termofisiologiche e<br />

delle proprietà sensoriali dello stesso. Il marchio<br />

Comfort è rilasciato unitamente alla<br />

classificazione del tessuto che prevede<br />

l'attribuzione di un indice indicante il grado di<br />

confortevolezza raggiunto dal tessuto e in particolare:<br />

Classe 3 - migliore indice di comfort<br />

Classe 2 - indica di comfort medio<br />

Classe 1 - peggiore indice di comfort<br />

24


La diffusione della certificazione ambientale di processo e di prodotto<br />

in Italia<br />

Nella tabella sottostante sono riportate il numero di ditte con<br />

certificazioni e marchi ambientali, a livello italiano, toscano e della<br />

sola provincia di Prato.<br />

Tab.3 Imprese con certificazioni e marchi ambientali<br />

Certificazioni e marchi ambientali<br />

Italia<br />

ISO 14001 84<br />

EMAS 6<br />

Eco-Label 10<br />

AIAB-tessuto biologico 5<br />

Oeko-Tex Standard 100 588<br />

Leggi di interesse per il settore tessile (uso sostanze pericolose e<br />

sicurezza dei prodotti per il consumatore)<br />

Le normative europee e nazionali che interessano il settore<br />

tessile da un punto di vista eco-tossicologico possono essere<br />

suddivise in due categorie:<br />

A) norme relative all'IMMISSIONE e USO di talune sostanze e<br />

preparati pericolosi.<br />

B) norme relative alla SICUREZZA GENERALE DEI PRODOTTI e<br />

alla tutela del consumatore. Si tratta di norme che valgono in<br />

modo generale per tutti i prodotti immessi sul mercato che<br />

devono essere “sicuri” per il consumatore e utilizzatore finale.<br />

Tale normativa, pertanto, interessa anche i prodotti tessili,<br />

sebbene in maniera indiretta.<br />

25


Normativa Europea sulle sostanze pericolose<br />

La prima regolamentazione a livello europeo in materia di<br />

restrizioni d’uso di talune sostanze e preparati pericolosi è la Direttiva<br />

76/769/CEE “concernente il ravvicinamento delle disposizioni<br />

legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati Membri<br />

relative alle restrizioni in materia di immissioni sul mercato e di uso di<br />

talune sostanze e preparati pericolosi”. Tale direttiva ha subito nel<br />

corso degli anni numerose modifiche dettate dalla necessità di<br />

adattare detta norma alle nuove sostanze ed ai nuovi parametri di<br />

riferimento che mano a mano erano individuati dalla ricerca<br />

scientifica e tecnologica.<br />

Di seguito sono riportate le modifiche ed integrazioni alla<br />

76/769/CEE: per ogni singola direttiva sono state riportate in corsivo<br />

tutte le regolamentazioni attinenti in modo specifico al settore tessile.<br />

Tab.4 Modifiche ed integrazioni alla 76/769/CEE<br />

79/663/CE<br />

83/264/CE<br />

89/677/CE<br />

TRI-(2,3 dibromopropil)<br />

fosfato (TRIS)<br />

(CAS n. 126-72-7)<br />

Ossido di tris-<br />

(aziridinil)-fosfina<br />

(TEPA) (CAS n. 5455-55-1)<br />

Bifenili polibromurati<br />

(PBB)<br />

COMPOSTI del<br />

MERCURIO<br />

Non è ammesso per il<br />

trattamento di articoli tessili, in<br />

particolare le sottovesti e gli<br />

articoli d i biancheria destinati a<br />

venire in contatto con la pelle<br />

Non sono ammessi negli articoli<br />

tessili destinati a venire in<br />

contatto con la pelle, ad<br />

esempio, gli oggetti di vestiario,<br />

le sottovesti e gli articoli di<br />

biancheria<br />

Non sono ammessi come<br />

sostanze e<br />

componenti di preparati<br />

destinati ad essere utilizzati per<br />

impregnazione di tessuti spessi<br />

per uso industriale e dei filati<br />

usati per la loro fabbricazione<br />

26


91/173/CE<br />

91/338/CE<br />

91/659/CE<br />

94/27/CE<br />

PENTACLOROFENOL<br />

O (CAS n. 87-86-5)<br />

CADMIO e i suoi<br />

composti (CAS. N.<br />

7440-43-9)<br />

AMIANTO<br />

CRISOLITO (CAS n.<br />

12001 29-5)<br />

NICKEL<br />

(CAS n.7440-02-0<br />

N. E<strong>IN</strong>ECS 2311114) e<br />

i suoi composti<br />

Non è ammesso un<br />

concentrazione pari o superiore<br />

allo 0,1% in massa nelle<br />

sostanze e nei preparati<br />

immessi sul mercato per<br />

impregnazione di tessuti<br />

spessi per uso industriale e dei<br />

filati usati per la loro<br />

fabbricazione<br />

Non sono ammessi per<br />

stabilizzare i prodotti finiti<br />

elencati qui di seguito fabbricati<br />

partendo da polimeri<br />

ecopolimeri del cloruro di vinile:<br />

.... vestiti ed accessori di<br />

abbigliamento (compresi i<br />

guanti) rivestimenti di<br />

pavimenti e di muri tessuti<br />

impregnati, spalmati, ricoperti o<br />

stratificati cuoi sintetici ....-<br />

veicoli per il trasporto su strada<br />

(interno, esterno, carrozzeria)<br />

immissione sul mercato e<br />

uso di<br />

prodotti contenenti questa fibra<br />

è vietato per : .... m) tessili finiti<br />

nella forma destinata alla<br />

fornitura allutilizzatore finale<br />

tranne se trattati per evitare il<br />

rilascio di fibre<br />

Non può essere utilizzato in<br />

prodotti destinati ad entrare in<br />

contatto diretto e prolungato<br />

con la pelle, quali: .... bottoni<br />

automatici, fermagli, rivetti,<br />

cerniere lampo e marchi<br />

metallici, se sono applicati<br />

agli indumenti se il tasso di<br />

cessione di nickel dalle parti di<br />

questi prodotti che vengono a<br />

contatto diretto e prolungato<br />

con la pelle è superiore a 0,5<br />

ìg/cm2/<br />

settimana<br />

27


94/60/CE<br />

96/55/CE<br />

97/10/CE<br />

99/43/CE<br />

99/51/CE<br />

2002/61/CE<br />

2003/3/CE<br />

SOSTANZE considerate<br />

CANCEROGENE<br />

SOLVENTI<br />

CLORURATI<br />

SOSTANZE considerate<br />

CANCEROGENE<br />

modifica i punti 29,30,31 della<br />

direttiva 76/769/CE relativi alle<br />

sostanze considerate<br />

cancerogene<br />

Sostanze classificate<br />

cancerogene, mutagene o<br />

tossiche Aggiunge nuove<br />

sostanze a quelle indicate ai<br />

punti 29,30,31 dellallegato I<br />

della direttiva 76/769/CE. In<br />

particolare si tratta di: composti<br />

di Cromo (IV) n° 024-017-00-8,<br />

azocoloranti della benzidina n°<br />

611-024-<br />

00-1<br />

PENTACLOROFENO<br />

LO (Cas n. 87-86-5) e<br />

relativi sali ed esteri<br />

COLORANTI AZOICI<br />

COLORANTE BLU<br />

Numero indice 611-070-<br />

00-2<br />

Non sono ammessi in<br />

concentrazioni pari o superiori<br />

allo 0,1% in massa nelle<br />

sostanze e nei preparati<br />

immessi sul mercato<br />

I coloranti azoici che, per<br />

scissione di uno o più gruppi<br />

azoici, possono rilasciare nel<br />

prodotto finito uno o più delle<br />

ammine aromatiche elencate in<br />

Appendice, in concentrazione<br />

superiori a 30 ppm NON<br />

devono essere usati in articoli<br />

tessili e in cuoio potenzialmente<br />

destinati ad entrare in contatto<br />

diretto e prolungato con la pelle<br />

o la cavità orale umana<br />

28


2003/11/CE<br />

DIFEN<strong>IL</strong> ETERE,<br />

derivato pentabromato<br />

DIFEN<strong>IL</strong> ETERE<br />

derivato octabromato<br />

1. Non può essere immesso sul<br />

mercato o utilizzato come<br />

sostanza o come componente<br />

di sostanze o di preparati in<br />

concentrazioni superiori allo<br />

0,1% in massa.<br />

2. Non possono essere<br />

immessi sul mercato articoli<br />

contenenti tale sostanza, o parti<br />

nelle quali se ne fa uso in<br />

funzione di ritardante di<br />

fiamma, in concentrazioni<br />

superiori allo 0,1% in massa<br />

29


Normativa Europea sulla sicurezza generale del prodotto<br />

Per quanto attiene invece alla normativa relativa alla sicurezza<br />

generale del prodotto non bisogna dimenticare che per proteggere la<br />

salute e la sicurezza del consumatore, la legislazione comunitaria ha<br />

stabilito che i produttori possano immettere sul mercato soltanto<br />

prodotti sicuri. In altri termini, qualsiasi prodotto fornito nell’ambito di<br />

un’attività commerciale e destinato ai consumatori o che possa<br />

essere utilizzato dai consumatori non deve presentare alcun rischio<br />

oppure soltanto rischi ridotti compatibili con l’utilizzazione del prodotto<br />

in condizioni normali e ragionevolmente prevedibili. A livello<br />

regolamentare si evidenziano le seguenti normative, che<br />

chiaramente, contenendo disposizioni applicabili a tutti i prodotti in<br />

generale, solo indirettamente riguardano i prodotti tessili:<br />

- Direttiva 92/59/CE del Consiglio del 20 giugno 1992 relativa alla<br />

sicurezza generale dei prodotti (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale<br />

delle Comunità Europee L 228 dell’11.8.1992)<br />

- Direttiva 2001/95/CE che abroga dal 15.01.2004 la suddetta<br />

direttiva 92/59/CEE<br />

- Direttiva 85/374/CEE del Consiglio del 25.07.1985 relativa al<br />

ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed<br />

amministrative degli Stati Membri in materia di responsabilità per<br />

danno da prodotti difettosi (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle<br />

Comunità Europee L 210 del 07.08.1985)<br />

Normativa nazionale<br />

Il nostro Paese, a differenza di altre nazioni europee nelle quali<br />

la normazione è stata frutto di impulsi esterni ed autonomi, ha<br />

regolamentato la materia della sicurezza del prodotto<br />

sostanzialmente recependo, in adempimento agli obblighi derivanti<br />

dall’appartenenza alla Comunità Europea, a livello nazionale le varie<br />

direttive europee:<br />

A) per quanto riguarda l'IMMISSIONE e l'USO di talune sostanze e<br />

preparati pericolosi:<br />

- il D.P.R. 10.09.1982 n.904 Attuazione della direttiva 76/769/CE<br />

relativa all’immissione sul mercato e all’uso di talune sostanze e<br />

30


preparati pericolosi” (pubblicata sulla G.U. n° 336 del<br />

07.12.1982). Tale D.P.R. prevede in allegato l’elenco delle<br />

sostanze e dei preparati pericolosi il cui uso è vietato. L’art. 1bis,<br />

introdotto dall’art. 27 della Legge 22 febbraio 1994 n° 146<br />

(pubblicata sulla G.U. del 4.03.1994 n° 52 e contenente<br />

“Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti<br />

dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee” (Legge<br />

Comunitaria 1993) prevede che tale allegato possa essere<br />

modificato con decreto del Ministero della Sanità “per assicurare<br />

la conformità alle direttive comunitarie”. Di fatto negli anni<br />

successivi l’Italia ha recepito parte delle direttive comunitarie<br />

recanti modifiche alla direttiva 76/769/CE appunto con Decreti<br />

del Ministero della Sanità (ora della Salute). In particolare si<br />

segnalano:<br />

- il Decreto Ministero della Sanità del 29.07.1994 (pubblicato sulla<br />

G.U. n° 214 del 1.01.1999) che ha attuato le direttive comunitarie<br />

89/677, 91/173, 91/338 e 91/339<br />

- il Decreto Ministero della Sanità del 12.08.1998 (pubblicato sulla<br />

G.U. n° 13 del 18.01.1999) che ha attuato le direttive comunitarie<br />

94/69/CE, 96/55/CE, 97/10/CE, 97/16/CE, 97/56/CE e 97/64/CE<br />

- il Decreto Ministero della Sanità del 13.12.1999 “Recepimento<br />

delle direttive 1999/43/Ce e 1999/51/Ce recanti modifiche alla<br />

Direttiva 76/769/CE relativa alle restrizioni in materia di<br />

immissioni sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati<br />

pericolosi” (pubblicato sulla G.U. n° 67 del 21.03.2000) che ha<br />

recepito le direttive 1999/43/CE (sostanze cancerogene) e<br />

1999/51/CE (Pentaclorofenolo).<br />

Il suddetto decreto è stato recentemente modificato dal Decreto<br />

Ministero della Salute del 10.01.2002 “Modificazioni della<br />

direttiva 76/769/CE relativa all’immissioni sul mercato e all’uso di<br />

talune sostanze e preparati pericolosi” (pubblicato sulla G.U. n°<br />

78 del 03.04.2002).<br />

- Il Decreto Ministero della Salute del 12.03.2003 “ Recepimento<br />

delle direttive 2002/61, recante diciannovesima modifica alla<br />

Direttiva 76/769/CEE del Consiglio del 27 luglio 1976, relativa<br />

alle restrizioni in materia di immissioni sul mercato e di uso di<br />

talune sostanze e preparati pericolosi: coloranti azoici”<br />

(pubblicato sulla G.U. n° 96 del 26.04.2003)<br />

31


B) Per quanto riguarda la SICUREZZA GENERALE DEI<br />

PRODOTTI e la tutela del consumatore si segnalano:<br />

- il D. Lgs 115 del 17.03.1995 che ha attuato la direttiva 92/59/CE<br />

relativa alla sicurezza generale dei prodotti (pubblicato sulla G.U.<br />

n° 92 del 20.04.1995) (N.B.: che quest'ultima direttiva sarà<br />

sostituita a partire dal 15.01.2004 dalla nuova direttiva Europea<br />

in materia di sicurezza generale dei prodotti (2001/95/CE)<br />

- La legge 10.04.1991 n. 126 “Norme per l’informazione del<br />

consumatore” (pubblicata sulla G.U. n° 89 del 16.04.1991) ha<br />

altresì previsto un obbligo di informazione del consumatore dei<br />

prodotti commercializzati in particolare in merito alla presenza di<br />

"materiali e sostanze che possono arrecare danno all'UOMO"<br />

(art. 1 lett. c.)<br />

La legge 126/1991 è stata attuata con Decreto 08.02.1997 n.101<br />

dal Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato<br />

“Regolamento di attuazione della legge 10 aprile 1991 n° 126,<br />

recante norme per l’informazione del consumatore ” ed è stata in<br />

un secondo momento modificata dalla L. 22.02.1994 n.146,<br />

recante disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti<br />

dall'appartenenza dell'Italia alla Comunità Europea.<br />

- Infine si segnala a tutela dei consumatori la L. 30.7.1998 n. 281<br />

“Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti” (pubblicata<br />

sulla G.U. n° 1889 del 14.08.1998) che ha riconosciuto e<br />

garantito i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei<br />

consumatori, anche in forma collettiva (riconoscimento delle<br />

Associazioni dei consumatori e degli utenti).<br />

32


1.2.2 I principali impatti del settore tessile<br />

Le economie avanzate si trovano oggi di fronte ad un triplice<br />

problema di sostenibilità. Il primo è certamente un problema di tipo<br />

ambientale al quale generalmente facciamo riferimento quando<br />

parliamo di sostenibilità. Il secondo si riferisce alla dimensione<br />

economica della sostenibilità stessa e riguarda la competitività, che<br />

costituisce un forte interesse, spesso dominante sia in ambito privato<br />

sia in ambito pubblico. Il terzo attiene al conseguimento della<br />

sostenibilità sociale, che include i concetti di equità, di empowerment<br />

e di accessibilità i quali pongono l’attenzione su una distribuzione<br />

socialmente equa dei costi e dei benefici connessi allo sviluppo. Le<br />

politiche di dumping cinesi sono del tutto simili a quelle che<br />

l’Occidente da oltre vent’anni infligge ai Paesi in via di sviluppo, e<br />

solo ora i nostri economisti sembrano accorgersi della loro iniquità.<br />

Questi tre campi d’azione hanno una particolare rilevanza<br />

proprio nel settore tessile, dove l’innovazione tecnologica e la<br />

progressiva liberalizzazione dei mercati internazionali ha reso sempre<br />

più comune la pratica di spostare diverse fasi manifatturiere presso<br />

fornitori localizzati nelle economie emergenti, dove spesso si è alla<br />

presenza di una legislazione e/o di controlli in campo ambientale e<br />

sociale meno stringenti rispetto alla situazione europea. E’ emersa la<br />

necessità per le imprese di dotarsi sempre più spesso di codici di<br />

condotta relativi alle condizioni di lavoro, ai diritti dell’uomo e alla<br />

tutela dell’ambiente. Fra le imprese, soprattutto quelle caratterizzate<br />

da una visione attenta all’ambiente, è venuta a determinarsi una<br />

crescente consapevolezza della necessità di sviluppare un approccio<br />

integrato di lungo termine tra le proprie operazioni e il vasto impatto<br />

che esse hanno sia sulla società sia sull’ambiente. Per muoversi<br />

verso una produzione tessile più sostenibile, quattro aspetti devono<br />

essere presi in considerazione:<br />

- Eliminare i rischi ambientali: molti dei prodotti chimici e dei<br />

processi utilizzati lungo la filiera tessile sono associati ad elevati<br />

rischi per l’uomo e l’ambiente<br />

- Minimizzare linquinamento e i rifiuti: la tintura e il finissaggio dei<br />

tessuti possono essere molto inquinanti, soprattutto con<br />

riferimento agli scarichi idrici.<br />

33


- Raggiungere un efficiente uso delle risorse: la produzione tessile<br />

è un processo intensivo caratterizzato da un ampio uso di<br />

risorse, particolarmente in termini di acqua 2.<br />

- Installare impianti per il trattamento delle acque reflue.<br />

Nelle pagine successive sono analizzati gli impatti ambientali che<br />

riguardano le diverse fasi della produzione tessile a partire dalla<br />

coltivazione della fibra vegetale.<br />

(i)<br />

2 Il caso dell’Uzbekistan<br />

La regione del Lago di Aral, in Uzbekistan, rappresenta sicuramente l’esempio più<br />

drammatico e noto degli effetti della produzione intensiva di cotone di tipo<br />

convenzionale: a causa delle grandi quantità d’acqua impiegate per l’irrigazione dei<br />

campi di cotone, quello che era una volta il quarto lago interno più grande della terra si è<br />

ridotto ad un terzo delle sue dimensioni originali. Inoltre la concentrazione di sale è<br />

aumentata da 10 a 34 g/l, e di conseguenza la flora e la fauna sono andate distrutte. 1,3<br />

milioni di ettari di terra coltivata, ovvero quasi il 42% della superficie coltivabile<br />

dell’Uzbekistan, presenta zone salifere. In seguito alla perdita dell’effetto mitigatore del<br />

Lago di Aral, il clima è cambiato ed è diventato più continentale (Becker P., 1992).<br />

L’approvvigionamento d’acqua per le popolazioni proviene da acque di superficie<br />

altamente inquinate dai pesticidi. Questa catastrofe ecologica non è priva di<br />

conseguenze per gli esseri umani: fin dalla metà degli anni ‘70, sono aumentate le<br />

malattie ereditarie, così come le malattie infettive dello stomaco, dell’intestino e delle vie<br />

respiratorie. La mortalità infantile è alta e le deformità sono divenute più frequenti<br />

(Reller, A. e Gerstenberg, J., 1997).<br />

34


Impatto sociale ed ambientale nella fase di produzione agricola<br />

L’impatto della coltivazione di piante da fibra sull’ambiente<br />

differisce secondo la specie e il modo di coltivazione.<br />

Cotone<br />

La coltivazione intensiva del cotone fa ampio uso di pesticidi<br />

chimici sintetici, fertilizzanti, stimolanti della crescita e defolianti, che<br />

sono stati applicati sui campi in tutto il mondo e che sono causa<br />

diretta della riduzione della fertilità dei suoli, della loro salinizzazione,<br />

della perdita di biodiversità, dell’inquinamento delle acque e di<br />

fenomeni di resistenza nei patogeni. A tale proposito basti<br />

considerare che sul cotone, che occupa circa il 2,5% della superficie<br />

agricola mondiale, è utilizzato il 25% del totale degli insetticidi e 11%<br />

di tutti i pesticidi. Quest’ampio impiego di prodotti agro-chimici<br />

determina anche serie conseguenze per gli agricoltori e le<br />

popolazioni rurali.<br />

Secondo una stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità<br />

(OMS), tra 500.000 e 2 milioni di persone sono vittime, ogni anno nel<br />

mondo, d’incidenti d’avvelenamento da agenti agro-chimici, di cui<br />

40.000 mortali. Circa un terzo di questi incidenti si verificano nel<br />

settore della coltivazione del cotone ed avvengono soprattutto nelle<br />

regioni in cui gli utilizzatori sono analfabeti o non sono consapevoli<br />

dei pericoli relativi all’impiego dei pesticidi, dove non sono disponibili<br />

attrezzature adeguate o sono troppo costose, dove l’accesso<br />

all’acqua è limitato e i servizi medici lontani o costosi. Questo è il<br />

caso di molti dei paesi poveri nel Sud.<br />

Negli ultimi anni la coltivazione del cotone è inoltre fortemente<br />

interessata dalla diffusione dell’ingegneria genetica.Il cotone<br />

modificato geneticamente è stato commercializzato per la prima volta<br />

negli USA nel 1996 ed oggi è diffuso in tutto il mondo. Negli USA ha<br />

raggiunto nel 2002 il 71% dei circa 6,4 milioni di ettari coltivati<br />

complessivamente a cotone, in Cina il cotone OGM ha raggiunto 1,5<br />

milioni di ettari (2001) pari al 35% dell’intera area. Da un rapporto<br />

basato sui dati di quattro Istituti di Ricerca Statali cinesi (Dayuan<br />

XUE, 2002) sull’impatto ambientale del Cotone BT in China, emerge<br />

che dopo alcuni anni dalla sua introduzione il cotone geneticamente<br />

35


modificato mostra: una crescita della resistenza al BT del principale<br />

parassita (il bollworm), una significativa riduzione nella popolazione<br />

dei predatori naturali del bollworm, un aumento dei parassiti<br />

secondari. Negli USA ha raggiunto nel 2002 il 71% dei circa 6,4<br />

milioni d’ettari coltivati complessivamente a cotone, in Cina il cotone<br />

OGM ha raggiunto 1,5 milioni di ettari (2001) pari al 35% dell’intera<br />

area a cotone. L’India che rappresenta la più grande area mondiale di<br />

produzione del cotone (circa 9,7 milioni di ettari), ma che è solamente<br />

terza come produzione dietro ad USA e Cina (fig.1), il cotone<br />

transgenico è stato introdotto nel 2002 dopo anni di trattative. Nel<br />

2003 la produzione ha interessato circa 95.000 ettari che dovrebbero<br />

diventare 310.000 nel 2004.<br />

• In conseguenza ai danni prodotti dalla coltivazione del cotone<br />

sull’ambiente, a livello mondiale numerose associazioni stanno<br />

operando per passare da una coltivazione convenzionale ad una<br />

coltivazione biologica, che seguita da processi di trasformazione<br />

ottimizzati dal punto di vista ecologico, possa portare alla<br />

produzione di tessuti “biologici”. Esempi di conversione ecologica<br />

della produzione del cotone si registrano in India con il progetto<br />

Maikaal dove i coltivatori si attengono esclusivamente a metodi di<br />

coltivazione biologica, bandendo l’uso dei pesticidi chimici, dei<br />

fertilizzanti di sintesi. Per proteggere le piantagioni usano strategie<br />

antiche e moderne:<br />

• Introduzione di predatori naturali dei parassiti;<br />

• Razionamento dell'acqua al 70% del fabbisogno naturale delle<br />

piante per renderle più "coriacee" all'assalto dei parassiti;<br />

• Realizzazione di piccoli campi "trappola" ai margini dei campi<br />

principali dove i parassiti non sono contrastati;<br />

• Impiego di antiparassitari a base vegetale;<br />

• Utilizzo di fertilizzanti di origine animale;<br />

• Utilizzo di sementi che abbiano subito almeno quattro cicli di<br />

germinazione senza trattamenti chimici.<br />

36


Fig. 1 Produzione mondiale di Cotone<br />

37


Canapa<br />

La coltivazione della canapa ha un impatto sull’ambiente<br />

trascurabile poiché non occorrono né concimazioni (che porterebbero<br />

ad un aumento del diametro degli steli con conseguente diminuzione<br />

della qualità della fibra), né trattamenti fitosanitari (gli attacchi di<br />

parassiti rientrano normalmente nelle soglie tollerate) né diserbanti<br />

perché la canapa, coprendo rapidamente il suolo, soffoca le malerbe.<br />

Lino<br />

La coltivazione del lino è relativamente semplice e facilmente<br />

applicabile. La concimazione del lino è realizzata con quantitativi<br />

molto bassi di fertilizzante. Infatti, un eccesso di concimazioni<br />

azotate, così come eccessi idrici e densità di semina elevata,<br />

favoriscono l’allettamento della coltura che risulta un problema<br />

estremamente grave. I mezzi di lotta sono soprattutto preventivi e<br />

riguardano sostanzialmente la scelta varietale ed il contenimento<br />

della quantità di azoto; i mezzi chimici producono effetti negativi sulla<br />

quantità e qualità della produzione (riduzione dell’altezza delle piante,<br />

allungamento del ciclo vegetativo, minore produzione di seme, qualità<br />

inferiore della fibra). La macerazione è dovuta a speciali enzimi<br />

prodotti da microrganismi (batteri) che proliferano negli steli stesi sui<br />

campi dopo l'estirpazione (macerazione a terra) oppure imbevuti<br />

d'acqua (macerazione ad acqua).<br />

Ortica<br />

L’impatto della coltivazione dell’ortica sull’ambiente è legato alla<br />

necessità di buone concimazioni azotate per ottenere elevate<br />

produzioni. Tuttavia anche una coltivazione di tipo biologico, con<br />

l’introduzione di concimi organici, fornisce buone produzioni. Escluso<br />

il primo anno, nel quale si ha l’affermazione della coltura, l’ortica non<br />

ha bisogno di trattamenti diserbanti, poiché è estremamente<br />

competitiva.Trattamenti fitosanitari non sono necessari.<br />

Ginestra<br />

L’impatto della coltivazione della ginestra sull’ambiente è<br />

minimo. È una pianta dotata di una certa plasticità, si adatta a tutti gli<br />

ambienti da quelli salmastri a quelli argillosi pur prediligendo terreni<br />

alcalini, non richiede grandi concimazioni, e per quanto riguarda i<br />

38


fabbisogni idrici, risponde bene anche in condizioni di scarsa<br />

disponibilità di acqua.<br />

Per quanto riguarda le FASI DI POST RACCOLTA e il loro<br />

impatto sull’ambiente, l’unico passaggio che può costituire dei<br />

problemi è la fase di macerazione. Le tecniche di macerazione, per<br />

lino, ortica, ginestra e canapa avvengono principalmente in acqua<br />

(calda o fredda secondo le varie tecniche) e con l’utilizzo di particolari<br />

enzimi. Posso avvenire anche a secco (“macerazione a terra”) sui<br />

campi subito dopo l’estirpazione. L’utilizzo di enzimi rende il processo<br />

meno inquinante, e migliora la qualità della fibra.<br />

Elevato impatto sociale ed ambientale nella fase di produzione<br />

industriale<br />

La produzione tessile richiede una grande varietà di processi che<br />

vengono presentati in maniera sintetica nella figura seguente.<br />

Fig.2 Processi della produzione tessile<br />

Agricoltura<br />

Sottoprodotti<br />

naturali<br />

organici e inorganici,<br />

pesticidi<br />

S g ra n a tu ra<br />

selezione<br />

pulitura<br />

Preparazione della fibra<br />

F ibra<br />

O li d i filatu ra ,<br />

lu b rific a n ti<br />

Filatura<br />

R ito rc itu ra<br />

… .<br />

Preparazione del filato<br />

F ila to<br />

B o z z im e , o li d i<br />

Im bozzim atura<br />

te s s itu ra , o li d i<br />

Tessitura<br />

o rd itu ra<br />

Im m a g lia tu ra<br />

Preparazione<br />

del<br />

tessuto<br />

Tessuto<br />

greggio<br />

A u s ilia ri c h im ic i,<br />

acqua<br />

Coloranti, ausiliari<br />

chim ici, acqua<br />

P re tra tta m e n ti:<br />

sbozzim a,<br />

m ercerizzo,<br />

lavaggio,<br />

candeggio<br />

Tintura<br />

Stam pa<br />

Finissaggio<br />

N obilitazione<br />

Taglio<br />

C ucito<br />

S tira tu ra<br />

Manifattura<br />

P ro d o tto<br />

fin ito<br />

39


I principali problemi ambientali che derivano dalle attività dell’industria<br />

tessile riguardano: emissioni in acqua e aria, uso di acqua e di<br />

energia. Tra questi, l’acqua rappresenta la principale<br />

preoccupazione. L’industria tessile usa l’acqua come principale<br />

mezzo per rimuovere impurità, applicare i colori e gli agenti di<br />

finissaggio, e per generare vapore. Il principale problema è, quindi,<br />

rappresentato dalla quantità di acque scaricate e delle sostanze<br />

chimiche in esse presenti. Una descrizione di questi scarichi è<br />

riportata nella tabella 5, che riporta i dati estrapolati a livello europeo<br />

dai risultati di una ricerca condotta in Germania ed Austria. Dai dati<br />

riportati appare che una larga percentuale delle emissioni<br />

dell’industria tessile è attribuibile alle seguenti sostanze:<br />

• Agenti di imbozzimatura<br />

• Agenti di preparazione ed oli di filatura<br />

• Impurità nelle fibre naturali (metalli, minerali e pesticidi).<br />

I prodotti chimici e gli ausiliari aggiunti negli stabilimenti di<br />

nobilitazione possono essere superiori a 1 kg per kg di prodotto<br />

tessile lavorato. Il numero e la varietà di queste sostanze è molto<br />

ampio: l’ultima lista emessa da TEGEWA ( Industrial Association For<br />

Textile And Leather Aids, Tanning Materials, And Raw Materials For<br />

Detergents) riporta più di 7.000 ausiliari, anche se l’80% del loro<br />

consumo annuale è coperto da non più del 20% dei prodotti.<br />

40


Tab. 5 Principali emissioni in acqua dallindustria tessile in Europa<br />

Sostanze<br />

Emissioni (t/anno)<br />

Sali 200000 - 250000<br />

Impurità delle fibre naturali (inclusi i biocidi) e materiali<br />

associate (ad es. lignina, cere, ecc.)<br />

50000 - 100000<br />

Agenti di bozzima (principalmente amido, derivati<br />

dell’amido, ma anche poliacrilati, alcoli polivinilici, 80000 – 100000<br />

carbossimetilcellulose e galattomannani)<br />

Agenti di preparazione (principalmente oli minerali, ma<br />

anche oli esterificati)<br />

25000 – 30000<br />

Surfattanti (agenti disperdenti, emulsionanti, detergenti<br />

e agenti bagnanti)<br />

20000 - 25000<br />

Acidi Carbossilici (principalmente acido acetico) 15000 – 20000<br />

Thickeners 10000 - 15000<br />

Urea 5000 – 10000<br />

Complessati < 5000<br />

Solventi organici<br />

speciali ausiari con proprietà più o meno<br />

ecotossicologiche<br />

Fonte: EURATEX, 2000<br />

n.d.<br />

< 5000<br />

L’organizzazione dei processi di lavorazione nell’industria tessile<br />

e l’ampio uso di prodotti chimici, determinano condizioni di rischio per<br />

la salute dei lavoratori. Nelle prime fasi di lavorazione, il problema<br />

principale è costituito dalle polveri che contengono una parte di<br />

pesticidi. Nelle successive fasi, il rischio è associato all’impiego dei<br />

prodotti chimici e all’emissione di composti organici volatili e<br />

formaldeide che sono assorbiti dai polmoni e dalla pelle dei lavoratori.<br />

41


1.2.3 Il mercato dei prodotti tessili biologici e prospettive future<br />

Il settore del tessile biologico oggi è giovane, piccolo, globale,<br />

altamente frammentato con un elevato potenziale di crescita.<br />

Alcuni dati possono aiutare ad illustrare questi punti:<br />

• Giovane: il mercato dei prodotti tessili biologici è stato creato<br />

solamente agli inizi degli anni ’90 quando l’industria della moda<br />

iniziò a lanciare nuovi prodotti e linee tessili sia negli USA sia in<br />

Europa, commercializzandoli come “verdi”, “naturali” e “ecologici”.<br />

• Piccolo: il volume della fibra di cotone venduta nel mercato<br />

internazionale come “certificata biologica” è in ogni modo ancora<br />

molto limitato: c.a 6.000 t che sono pari a meno del 1% della<br />

produzione globale di fibra di cotone3. Il mercato europeo per i<br />

prodotti tessili biologici è ancora il più importante (c.a 3.500t/anno).<br />

L’impiego maggiore si registra in Germania (c.a. 1.750 t), seguito<br />

dalla Svizzera (c.a. 750 t), Regno Unito (c.a 250 t) e Svezia (c.a<br />

150 t). Il mercato statunitense è stimato intorno alle 2.000 t di fibra<br />

da cotone biologico e quello giapponese vale circa 220 t per anno.<br />

L’Italia, con un volume d’affari che si aggira sui 2-3 Mil. Euro, è<br />

tutt’oggi un paese in cui pochi pionieri operano nel settore del<br />

tessile biologico, dove è ancora scarso il livello di conoscenza tra<br />

gli stessi operatori sulle potenzialità del settore.<br />

In termini di valore, sebbene non siano disponibili statistiche<br />

complete che consentano di tracciare una fotografia più precisa del<br />

settore, il mercato delle fibre naturali da agricoltura biologica<br />

corrisponde a circa 680 Mil di Euro.<br />

3 P. Ton (2002), The international market for organic cotton and eco-textiles. A 2001<br />

market survey. Pesticide Action Network-UK (PAN-UK), London.<br />

42


Una ripartizione per i principali mercati occidentali è riportato<br />

nella tabella 6 seguente:<br />

Tab. 6 Principali Mercati occidentali del tessile biologico<br />

Europa 370.000.000<br />

USA 281.000.000<br />

Giappone 34.000.000<br />

Totale 685.000.000<br />

Il mercato principale è l’Europa (pari ad oltre il 50% del totale),<br />

con la Germania che con i suoi 220 Mil. Euro è sicuramente il<br />

mercato più rappresentativo. Seguono la Svizzera con 95 Mil Euro e<br />

l’Inghilterra con circa 37,5 Mil di Euro.<br />

L’Italia, con un volume d’affari che si aggira sui 2-3 Mil. Euro, è<br />

tutt’oggi un paese in cui pochi pionieri operano nel settore del tessile<br />

biologico, dove è ancora scarso il livello di conoscenza tra gli stessi<br />

operatori sulle potenzialità del settore.<br />

• Con un elevato potenziale di crescita: i pochi dati disponibili<br />

dimostrano che la crescita del mercato negli USA ha fatto<br />

registrare un incremento medio annuo del 22% nel periodo 1996-<br />

2000 4 , Le imprese non abbisognano di fare significativi investimenti<br />

di capitali per entrare in questo mercato; non sono necessarie<br />

particolari tecnologie per espandere il settore. Il settore del<br />

biologico può essere considerato un mercato di sostituzione.<br />

• Globale: il cotone biologico è prodotto, lavorato e venduto nei<br />

principali mercati di tutto il mondo, in modo similare al mercato del<br />

cotone convenzionale.<br />

• Altamente frammentato: il settore del cotone biologico è oggi molto<br />

frammentato, con un numero limitato di imprese che forniscono<br />

materie prime o servizi ad ogni livello della catena del valore. Ci<br />

sono poche possibilità di utilizzare sistemi sviluppati che aiutino le<br />

imprese a trovare altri operatori con i quali lavorare per produrre<br />

4 Organic Trade Association - OTA (2001), “Organic manufacturer survey 2001. Organic<br />

Trade Association, Greenfield MA, USA.<br />

43


utilizzando cotone biologico. Questo alto livello di frammentazione<br />

e le ridotte infrastrutture di comunicazione fanno aumentare i rischi<br />

e i costi ad ogni livello della catena del valore, contribuendo<br />

significativamente a far aumentare i costi dei prodotti finiti.<br />

Allo stato attuale, ci sono solo poche grandi imprese del settore<br />

tessile e della moda che sono coinvolte nel mercato delle fibre tessili<br />

biologiche (si veda la tabella seguente), anche se la loro quota di<br />

mercato è passata dal 30% del 1998 a circa il 50% nel 2001. Questa<br />

tendenza sembra peraltro destinata ad essere confermata anche in<br />

futuro.<br />

Tab. 7 Imprese del settore tessile biologico coinvolte nel mercato della moda<br />

Impresa 1998 1999 2000 2001<br />

Coop-Schweiz (Svizzera) 400 500 500 600<br />

Hess-Natur (Germania) 250 280 300 175<br />

Levi-Strauss (USA) 150 175 nd nd<br />

Nike (USA) 100 325 450 550<br />

Otto-Versand (Germania) 50 150 500 750<br />

Patagonia (USA) 700 700 700 700<br />

Totale 1.650 2.130 2.450 2.775<br />

Crescita (in % sul precedente anno)<br />

Fonte: P. Ton (2002)<br />

29,1 15,0 13,3<br />

44


Il mercato nord americano<br />

Negli USA, i prodotti tessili biologici sono prevalentemente<br />

venduti tramite commercio elettronico, cataloghi di vendita, negozi di<br />

alimenti e prodotti per la salute e negozi o boutique specializzate per<br />

l’abbigliamento biologico. A tal proposito si tenga in considerazione<br />

che il commercio elettronico e l’acquisto per corrispondenza sono<br />

molto più diffusi negli USA che in Europa.<br />

Da una recente ricerca della statunitense OTA emerge che il<br />

2002 è stato un anno caratterizzato da un numero crescente di grandi<br />

imprese statunitensi e canadesi che hanno aumentato il loro impiego<br />

di cotone biologico, aggiungendolo alle loro linee di prodotto, o<br />

impegnandosi ad impiegarlo nel breve termine. Alcuni esempi (in<br />

ordine alfabetico):<br />

• Cutter and Buck ha iniziato il suo programma volto ad incorporare<br />

10-15% di cotone biologico in due delle sue principali linee di<br />

camice per uomo e ha un terza linea con il 50%.<br />

• Early Winters ha convertito la sua firma “Smith Rock” in una linea<br />

al 100% biologica.<br />

• GAIAM ha lanciato la sua Linea Casa fatta da lenzuola, pigiami,<br />

tende completamente in cotone biologico. Questa linea è andata<br />

ad aggiungersi alla linea di indumenti per lo yoga che già dal 2000<br />

era interamente in cotone biologico.<br />

• Hanna Andersson, dopo il successo dell’introduzione nel 2002 di<br />

una linea in cotone Bio, sta verificando come espandere questa<br />

offerta nei prossimi anni.<br />

• Mountain Equipment Coop (MEC) in Canada ha convertito la sua<br />

linea di indumenti per bambini al cotone biologico.<br />

• Patagonia, già a partire dal 1999, ha deciso di utilizzare<br />

unicamente cotone da agricoltura biologica e “…di riconvertire<br />

totalmente alla causa dell’ecologia l’azienda” 5 .<br />

• La Nike ha lanciato una nuova collezione per donna “Nike<br />

Organics” realizzata al 100% con cotone biologico. Questa nuova<br />

linea si va ad aggiungere alla decisione presa precedentemente di<br />

inserire un 5% di cotone Bio in molte altre linea della<br />

multinazionale.<br />

5 La Repubblica, 10 febbraio 1999.<br />

45


• La Timberland Company ha iniziato un piano per integrare il cotone<br />

biologico nella propria linea di abbigliamento. Dalla primavera del<br />

2003 alla primavera del 2006, la compagnia ha pianificato di offrire<br />

ai propri clienti sia prodotti al 100% biologici che prodotti con un<br />

misto di biologico e convenzionale.<br />

Il mercato tedesco<br />

In Europa, com’è già stato detto, la Germania rappresenta il<br />

primo mercato. La domanda per questi prodotti ha iniziato a<br />

svilupparsi all’inizio degli anni novanta a seguito di una crescente<br />

preoccupazione per le allergie alla pelle associate principalmente ai<br />

coloranti e agli accessori impiegati nell’industria tessile, e da un forte<br />

ed ideologico movimento di consumatori ambientalisti. Inoltre, le<br />

imprese tedesche erano alla ricerca di produzioni con un maggiore<br />

valore aggiunto al fine di affrontare meglio la crescente competizione<br />

derivante dai paesi con un costo del lavoro decisamente inferiore. Le<br />

compagnie che vendono con catalogo per corrispondenza dominano<br />

il mercato tedesco. Nel 2000 la più grande catena di vendita per<br />

corrispondenza OTTO-Versand è divenuto il leader del mercato con<br />

un impiego di oltre 400t di cotone biologico, che sono divenute 700-<br />

800 nel 2001. Su questo canale di vendita va registrata la crisi<br />

dell’azienda specializzata in cotone biologico Hess-Natur, la quale<br />

fino al 1999 ha costituito un vero caso di successo con un incremento<br />

di fatturato annuo di oltre l’8%. Nel 2000 le vendite si sono<br />

drammaticamente ridotte e l’azienda è stata acquisita da<br />

Neckermann.<br />

Il mercato svizzero<br />

Il mercato svizzero è dominato dalla catena di distribuzione<br />

COOP-Schweiz, che è il secondo gruppo dopo MIGROS. Oggi la<br />

COOP svizzera è stimato che impieghi circa 500 t di cotone biologico<br />

all’anno, che la rendono il secondo o terzo più grande operatore<br />

mondiale nel settore dopo PATAGONIA e forse OTTO-Versand. La<br />

COOP ha pianificato di convertire gradualmente la sua intera<br />

collezione tessile in biologico. Gli altri operatori presenti in Svizzera<br />

operano prevalentemente sulla vendita per corrispondenza e sono:<br />

Köppel, WWF-Panda, Greenpeace-Switzerland e Helvetas. Questi<br />

46


operatori sono in sofferenza (Köppel è fallito nel 2001) dovuta alla<br />

generale crisi della vendita per catalogo. Per quanto riguarda la ONG<br />

Helvetas, questa ha recentemente concluso un accordo con<br />

MIGROS e con il produttore di T-shirt Switcher che si sono<br />

impegnate a ritirare il cotone proveniente dai progetti sostenuti da<br />

Helvetas in Mali.<br />

Il mercato giapponese<br />

Il mercato giapponese ha preso avvio all’inizio degli anni novanta<br />

e dipende per larga parte dall’uso di cotone proveniente dal nord<br />

America e, particolarmente, dal Texas Organic Cotton Marketing<br />

Cooperative (TOCMC). Il mercato è complessivamente stimato in<br />

220t di fibra per anno. I due principali operatori sono la Japanese<br />

Organic Cotton Association (JOCA), più orientata al mercato<br />

“generale” del tessile biologico” e la Nippon Organic Cotton (NOC)<br />

orientata a quei consumatori più preoccupati per i problemi allergici.<br />

Nel giugno del 2001 JOCA ha lanciato il marchio “Pure Organic”.<br />

Favorisce la vendita del “ecrù” o dei cotoni colorati naturalmente .<br />

Imprese di interesse sono la Itochu e l’importatore di filati PATACO. I<br />

fornitori nordamericani e europei che operano in Giappone affermano<br />

molto positivamente che nonostante la crisi economica che persiste<br />

in questo paese, il mercato del tessile biologico sta decisamente<br />

crescendo.<br />

Il mercato inglese<br />

Il Regno Unito è considerato uno dei mercati di prossima e più<br />

accentuata crescita. Secondo PAN-UK Katherine Hamnett sta<br />

preparando una linea completamente biologica, mentre Marks and<br />

Spencer, nonostante alcuni insuccessi del passato, continua a<br />

dimostrare interesse e la Coop è previsto che entri in questo mercato<br />

nel prossimo futuro.<br />

Un fenomeno interessante nel Regno Unito è legato alla attiva<br />

promozione del cotone biologico da parte di ditte come MacDonald &<br />

Taylor e Natracare, che vendono prodotti per l’igiene come cotone<br />

idrofilo, salviette igieniche e assorbenti. Questi prodotti sono venduti<br />

nelle principali catene di supermercato come Tesco, Sainsbury’s, Coop<br />

e Waitrose.<br />

47


Il mercato olandese<br />

In Olanda ci sono alcuni segnali interessanti legati a due<br />

iniziative separate.<br />

La prima è Kuyichi, una nuova impresa di abbigliamento promossa<br />

dalla ONG Solidaridad, si ripromette di vendere capi di abbigliamento<br />

biologico provenienti dal commercio equo e solidale. Il target di<br />

Kuyichi è orientato ai giovani e alla moda.<br />

La seconda iniziativa è conosciuta con il nome di “Timmermans<br />

initiative” ed è un consorzio di imprese al quale partecipano la catena<br />

di abbigliamento C&A (abbigliamento bambini), il Gruppo Vespo<br />

(linea letto) e Rentex-Sportex (indumenti professionali). Il cotone<br />

biologico proverrà da un progetto della cooperazione olandese in<br />

Benin. Timmermans initiative pensa di usare in futuro 300-400 t di<br />

cotone biologico.<br />

Il mercato italiano<br />

Il mercato italiano è una piccola realtà ma in forte espansione.<br />

Cominciano a farsi largo i primi innovativi prodotti tessili biologici<br />

“Made in Italy”, T-shirt, maglie, felpe, intimo, ma anche salviette,<br />

salvaslip e assorbenti, rispettosi dell’ambiente e dei diritti dei<br />

lavoratori. Ad essi si affidano alcune aziende come risposta alla crisi<br />

del tessile italiano e opportunità di rilancio del settore. Il volume<br />

d’affari del tessile biologico certificato, secondo una stima di Icea su<br />

dati Ota e Pan-Uk, si aggira in Italia sui 2 o 3 milioni di euro.<br />

A Carpi, in provincia di Modena, ad esempio, nel cuore di uno<br />

dei tanti distretti italiani del tessile che negli ultimi anni ha ridotto<br />

fatturati, esportazioni e numero di impiegati (-14% le aziende e -15%<br />

gli addetti nel periodo 2000 -2003), un manipolo di 12 imprese, che<br />

coprono segmenti complementari della filiera del tessile, è riuscito a<br />

realizzare con successo, in via sperimentale, un primo campionario di<br />

moda bio.<br />

La Coop Italia attraverso l’iniziativa “la campagna del cotone”<br />

promossa da Tradewatch (osservatorio sul WTO) ha messo in<br />

vendita nei propri ipermercati una polo biologica. La nuova polo è<br />

realizzata in 100% cotone coltivato utilizzando le metodologie<br />

dell’agricoltura biologica e proveniente dall’India Centrale. Con<br />

questo prodotto Coop ha deciso di supportare il progetto bioRe, che<br />

garantisce ai contadini coinvolti nella realizzazione della polo uno<br />

48


stile di vita e condizioni di lavoro dignitose. Per l'intero processo<br />

produttivo, che va dalla coltivazione del cotone al confezionamento,<br />

Coop collabora esclusivamente con aziende che rispettano le norme<br />

etiche contenute nella certificazione SA8000.<br />

Altre imprese in Veneto, Lazio e Toscana, stanno già vendendo<br />

prodotti tessili biologici, certificati da Icea, istituto leader in Italia per la<br />

certificazione del Biologico, ma si tratta ancora di pionieri.<br />

Rivolgendo lo sguardo ai vari mercati del tessile biologico in Italia<br />

e nel mondo si può evincere che la crescita del settore è stata<br />

determinata e sarà guidata da diversi fattori:<br />

• la crescente attenzione da parte dei cittadini/consumatori verso le<br />

tematiche ambientali e della salute.<br />

• l’emergere di “consumatori verdi”: l’attenzione pubblica verso<br />

l’ambiente sta facendo emergere un nuovo consumatore (il<br />

consumatore verde), che vuole comprare prodotti con pochi o<br />

nessun impatto ambientale associati ad essi.<br />

• Un mercato oramai affermato per i prodotti alimentari biologici, che<br />

può fungere da traino anche per i prodotti tipicamente industriali<br />

che derivino da materie prime agricole ottenute con metodi di<br />

agricoltura biologica.<br />

• Crescente attenzione da parte delle aziende leader per i rischi<br />

connessi con i propri prodotti: le grandi imprese sembrano sempre<br />

più preoccupate per i rischi ambientali e sociali che sono connessi<br />

con i loro prodotti che forniscono al pubblico.<br />

Se esistono dei segnali che fanno ben sperare sulla crescita del<br />

settore tessile biologico, è comunque necessario agire su alcuni<br />

aspetti che possono favorire l’affermarsi e il consolidamento di tale<br />

crescita:<br />

• Creare un gruppo di operatori economici ad ogni livello della<br />

catena del valore: per la crescita del settore è determinante che<br />

operatori del convenzionale – ad ogni livello della filiera – entrino<br />

nel settore comprendendo il valore del cotone biologico e, ancora<br />

più importante, come integrare il cotone biologico nei loro prodotti e<br />

processi produttivi.<br />

• Costruire le infrastrutture per aiutare le imprese ad avere accesso<br />

alle informazioni chiave di questo settore: se si vuole che il settore<br />

49


cresca in modo significativo, sarà anche necessario che gli<br />

operatori siano in grado di accedere facilmente alle informazioni in<br />

merito a fornitori, domanda, partner commerciali e nuovi sviluppi<br />

nel settore.<br />

• Supportare i decisori politici, perché vengano avviate le procedure<br />

necessarie ad estendere il Reg. CEE 2092/91 anche ai prodotti<br />

non alimentari derivati da materie prime agricole ottenute con<br />

metodi da agricoltura biologica.<br />

• Costruire la domanda dei consumatori . Le imprese, le associazioni<br />

ambientaliste e del biologico devono lavorare insieme al fine di<br />

accrescere la consapevolezza nel consumatore del valore<br />

addizionale insito nelle fibre naturali biologiche. Sviluppare e<br />

coordinare una campagna a sostegno della crescita del mercato è<br />

lo strumento più efficiente per elevare la consapevolezza dei<br />

consumatori.<br />

L’introduzione di prodotti tessili ecologici e biologici in un<br />

mercato più vasto di quello assolutamente di nicchia dei consumi<br />

"salutistici” richiede che vengano affrontati alcuni aspetti chiave:<br />

• I prezzi dei prodotti tessili ecologici e biologici sono superiori del<br />

30-50% ed anche più rispetto ai prodotti convenzionali. Se nei<br />

mercati di nicchia, dove il fattore ecologico è considerato un valore<br />

aggiunto, questo differenziale di prezzo sembra essere giustificato,<br />

nel resto del mercato i consumatori non sono disponibili a pagare<br />

prezzi considerevolmente superiori rispetto ai prezzi medi dei<br />

prodotti analoghi.<br />

• Fuori dal mercato di nicchia, nella messa a punto dei prodotti,<br />

l’ottimizzazione ecologica deve essere attentamente vista insieme<br />

alla promozione commerciale e al contenimento dei costi.<br />

• Promozione commerciale, dinamica dei costi ed ottimizzazione<br />

ecologica dei prodotti hanno bisogno di essere affrontati<br />

simultaneamente fin dalla progettazione al fine di assicurare che<br />

tutte le caratteristiche dei prodotti tessili ecologici e biologici siano<br />

ben bilanciate e focalizzate sulle esigenze del consumatore.<br />

50


La gestione dei costi nella filiera dei tessili biologici<br />

Da una analisi fatta dal Dott. Paolo Foglia di Icea ( Istituto per la<br />

certificazione etica ed ambientale) si evince che prezzi più alti dei<br />

prodotti tessili biologici in comparazione con quelli convenzionali<br />

sono sicuramente fra i fattori che costituiscono un maggiore ostacolo<br />

per la loro introduzione sul mercato. Considerando che la<br />

maggioranza dei consumatori non sono generalmente pronti a<br />

pagare prezzi che siano significativamente superiori, diviene cruciale<br />

analizzare in dettaglio le differenze di costo che caratterizzano la<br />

produzione dei prodotti tessili biologici. I maggiori costi si verificano<br />

verosimilmente ad ogni livello del processo di creazione del valore.<br />

Conseguentemente, nell’affrontare la problematica della potenziale<br />

riduzione dei costi, è necessario prendere in considerazione tutte le<br />

fasi della filiera tessile. I maggiori impatti sui costi si verificano,<br />

innanzitutto a livello di produzione agricola.<br />

I prezzi medi internazionali del cotone nel 2002 sono stati i più<br />

bassi dal 1972-73 e che, una volta aggiustati dell’inflazione, potranno<br />

essere annoverati come i più bassi della storia, andando a peggiorare<br />

la situazione economica di molti paesi, non solamente africani, e<br />

soprattutto delle comunità agricole. Considerando ciò, i maggiori<br />

prezzi del cotone biologico nel settore agricolo sono oggi riconducibili<br />

al premio pagato nell’ambito dei meccanismi di Commercio Equo e<br />

Solidale (fairtrade), come anche ai costi di addestramento e<br />

consulenza necessari ad acquisire le conoscenze necessarie per la<br />

produzione biologica e ai costi della certificazione. Il premio di<br />

fairtrade costituisce un supporto socioeconomico agli agricoltori per<br />

aiutarli nella fase di conversione al biologico delle proprie aziende<br />

agricole.<br />

A livello di produzione agricola, il costo del cotone da agricoltura<br />

biologica è superiore del 15-30% rispetto al costo del cotone<br />

convenzionale 6 .<br />

A livello di filatura, come anche dei processi di produzione dei<br />

tessuti, si possono registrare dei costi maggiori dovuti alle piccole<br />

6 Questi dati, come i successivi richiamati in questo capitolo, sono tutti tratti da Maria<br />

Goldbach (2002), risultati del progetto di ricerca “EcoMTex” (Ecological Mass Textile).<br />

51


quantità lavorate come anche al problema delle produzioni “parallele”<br />

che devono essere avviate per la lavorazione del cotone biologico.<br />

Nella fase di filatura, questo genera un aumento dei costi pari a circa<br />

il 10-20%, mentre in fase di tessitura o del lavoro a maglia si registra<br />

un incremento dei costi del 1-50%.<br />

Nelle fasi di tintura e finissaggio, i maggiori costi, imputabili sia<br />

agli aspetti organizzativi connessi alla gestione delle produzioni<br />

“parallele”, che all’impiego di coloranti o additivi ottimizzati dal punto<br />

di vista ecologico, sono di circa il 10%.<br />

Coltivazione del<br />

cotone<br />

Filatura Tessitura<br />

Tintura<br />

Finissaggio Confezione Distribuzione<br />

+ 15-30% + 10-20% +1-50% +10% = =/+()<br />

I costi possono essere suddivisi in due differenti categorie: i costi<br />

sensibili al fattore “tempo”; i costi sensibili al fattore “quantità”.<br />

Costi sensibili al fattore tempo<br />

Molti dei costi rientranti in questa categoria si determinano a<br />

livello di produzione agricola, e possono essere identificati come:<br />

Le “perdite produttive”, legate ai fenomeni di “stanchezza” dei suoli<br />

determinati dalle pratiche intensive, inducono ad un significativo<br />

aggravio dei costi per i primi 4-5 anni; anche i “costi per la<br />

conversione agricola” hanno un effetto per un periodo variabile da 1 a<br />

5 anni (a seconda del grado di contaminazione da pesticidi dei<br />

terreni).<br />

52


I “costi di consulenza”, i “costi di apprendimento dei processi” e i<br />

“costi di coordinamento”, anche se non scompaiono completamente,<br />

tendono a diminuire significativamente nei primi 3-5 anni.<br />

Negli altri stadi della filiera, i costi maggiormente sensibili al<br />

fattore tempo sono i “costi di apprendimento dei processi” e i “costi di<br />

coordinamento”, i quali sono particolarmente rilevanti nei primi 1-3<br />

anni.<br />

Coltivazione<br />

del cotone<br />

Filatura<br />

Tessitura<br />

Tintura<br />

Finissaggio<br />

Confezione<br />

Distribuzione<br />

Perdite produttive<br />

4-5 anni<br />

Costi di<br />

apprendimento<br />

1-3<br />

anni<br />

Costi di conversione<br />

4-5 anni<br />

Costi di<br />

coordinamento<br />

1-3<br />

anni<br />

Costi di<br />

consulenza/addestramento<br />

3-5 anni<br />

Costi di apprendimento<br />

3-5 anni<br />

Costi di coordinamento<br />

3-5 anni<br />

Prendendo a riferimento le tipologie di costo identificate,<br />

abbiamo un picco iniziale di maggiori costi rispetto al cotone<br />

convenzionale pari a circa il 30%. Dopo i primi 5 anni, comunque,<br />

questi costi tendono a ridursi a circa il 15%. Questa percentuale può<br />

addirittura annullarsi nel lungo periodo, come ad esempio è stato<br />

verificato in alcune aziende indiane, per effetto di un incremento della<br />

produttività agricola determinato dall’applicazione dei metodi di<br />

agricoltura biologica.<br />

53


Costi sensibili al fattore quantità<br />

Gran parte dei costi sensibili al fattore quantità incidono nelle fasi<br />

più propriamente manifatturiere. Questi costi sono principalmente<br />

associabili alle relativamente piccole quantità di prodotto lavorate che<br />

richiedono la gestione di produzioni parallele. I costi di<br />

apprendimento e di coordinamento sono relativi al fattore quantità nel<br />

senso che sono indifferenti a questo fattore, ovvero essi sono gli<br />

stessi sia che l’azienda produca piccole o grandi quantità di prodotti<br />

tessili biologici.<br />

Produzione della<br />

fibra<br />

Filatura<br />

Tessitura<br />

Tintura<br />

Finissaggio<br />

Confezione Distribuzione<br />

Quantità di prodotto lavorato<br />

Produzioni parallele<br />

Processi di apprendimento<br />

Attività di coordinamento<br />

Processi di apprendimento<br />

Attività di coordinamento<br />

54


La maggiore opportunità di influenzare i costi sensibili al fattore<br />

quantità è, ovviamente, quella di provare ad aumentare le quantità<br />

prodotte come anche i quantitativi degli ordini in ogni singolo livello<br />

della filiera. La seguente illustrazione fornisce un’idea delle<br />

produzioni minime (e quindi degli ordini minimi) che possono indurre<br />

un effetto di riduzione dei costi:<br />

Produzione<br />

della fibra<br />

Filatura Tessitura<br />

Tintura<br />

Finissaggio<br />

Confezione<br />

Distribuzione<br />

Non critico<br />

> 100-150t<br />

> 1.000 t<br />

Nessun dato<br />

disponibile<br />

> 300-500 kg > 300 unità Non critico<br />

55


1. <strong>IL</strong> TESS<strong>IL</strong>E <strong>IN</strong> <strong>ITALIA</strong><br />

1.3 LE MATERIE PRIME<br />

56


Da millenni l’uomo utilizza prodotti naturali con matrice fibrosa<br />

per trasformarli in filati, dai quali ottenere tessuti per coprirsi,<br />

difendersi dal freddo, per adornarsi ed anche per ostentare il proprio<br />

stato sociale ed economico.<br />

Le fibre tessili naturali più importanti, quali:<br />

- la seta<br />

- il lino<br />

- la lana<br />

- il cotone<br />

rappresentano i prodotti tessili più antichi le cui origini sono quasi<br />

sempre partite dall’oriente per espandersi successivamente<br />

nell’occidente, infatti:<br />

Le fibre tessili chimiche, sono invece il frutto della tecnologia<br />

dall’inizio secolo ai giorni nostri.<br />

Le fibre tessili chimiche si sono evolute partendo dalle:<br />

• fibre chimiche artificiali, ottenute da prodotti naturali con processi<br />

di rigenerazione delle materie prime o processi di modificazione<br />

delle sostanze di base, successivamente si è arrivati alle:<br />

• fibre chimiche sintetiche ottenute per reazione di polimerizzazione<br />

(polimero) dell’elemento di base detto “monomero”; costituendo<br />

così un prodotto non esistente in natura, ma per l’appunto<br />

completamente da sintesi chimica.<br />

57


Per rendere più efficace il senso evolutivo delle fibre tessili,<br />

riportiamo qui di seguito in una tabella, i vantaggi e gli aspetti tecnici<br />

più rilevanti, che caratterizzano i due gruppi di fibre messi a<br />

confronto.<br />

Tab.1 Caratteristiche fibre tessili naturali e chimiche<br />

Fibre naturali<br />

Tatto caldo<br />

Mano morbida<br />

Bassa carica elettrostatica<br />

Facilità di assorbimento<br />

dell'umidità<br />

Buon potere coibente<br />

Ottime caratteristiche fisiologiche<br />

Fibre artificiali e sintetiche<br />

Resistenza alla rottura<br />

Resistenza all'abrasione<br />

Resistenza alle intemperie<br />

Asciugamento rapido<br />

Facilità di manutenzione<br />

Basso peso specifico<br />

Elasticità dei fili elastici<br />

Scarsa pelosità<br />

Possibilità di fissare le pieghe per<br />

alcuni aspetti di confezione<br />

Capacità elevata di traspirazione per<br />

le microfibre<br />

La definizione riportata nel testo della Norma UNI 5955186 e nel<br />

D.L. 22105/99 n. 194, (attuazione della direttiva 95/74/CE), indica<br />

che: “una fibra tessile è un elemento caratterizzato da flessibilità,<br />

finezza ed elevato rapporto tra lunghezza e dimensioni trasversali e<br />

da un orientamento preferenziale delle molecole in direzione<br />

longitudinale".<br />

La struttura di ogni fibra tessile contempla i seguenti punti:<br />

• la propria natura chimica appartenente ad un sistema polimerico<br />

• le specifiche proprietà fisiche<br />

• una specifica morfologia e forma.<br />

Dall'insieme dei primi due punti, si determinano le<br />

caratteristiche tessili proprie di una fibra. Tutte le fibre tessili<br />

58


sia naturali sia chimiche hanno come caratteristica comune la<br />

struttura chimica basata sul "sistema polimerico".<br />

1.3.1 Fibre vegetali<br />

In tutti i vegetali sono presenti fibre elementari di diversa origine,<br />

costituite da cellule allungate le cui pareti cellulosiche sono<br />

impregnate di lignina. Le fibre di interesse industriale invece sono<br />

ricavabili solo da un numero relativamente limitato di specie, in grado<br />

di fornire fibre con le caratteristiche richieste che possono essere<br />

costituite sia da singole fibre elementari, com’è il caso del cotone, o<br />

da più fibre elementari saldate assieme. La fibra può essere ricavata<br />

da peli inseriti sul frutto o sui semi, o, più frequentemente, dalla<br />

corteccia del fusto o anche dalle foglie.<br />

VEGETALI<br />

Cotone<br />

Lino<br />

Canapa<br />

Juta<br />

Ramie’<br />

Ortica,Ibisco,Ginestra Etc<br />

Manila,Sisal,Rafia<br />

Cocco<br />

Caucciu’<br />

Baccelli<br />

Corteccia<br />

Corteccia<br />

Corteccia<br />

Corteccia<br />

Corteccia<br />

Foglie Di Pianta<br />

Frutto Di Palma<br />

Lattice Di Pianta<br />

Oltre all’impiego tradizionale delle fibre per uso tessile, che per<br />

vari motivi hanno perso importanza, l'impiego delle piante da fibra è<br />

sempre più rivolto verso l'industria delle paste di cellulosa da<br />

utilizzare per carte o per cartoni da imballaggio. A seconda delle<br />

caratteristiche della fibra, infatti, utilizzando la pianta intera o parte di<br />

essa, mescolata oppure no ad altre fonti di materia prima attraverso<br />

processi diversificati, possono essere ottenute paste di cellulosa da<br />

destinare alla fabbricazione di carte molto fini (sigaretta, bibbia,<br />

carbone, ecc.) oppure grossolane (giornali, da pacco, ecc.) o<br />

addirittura da cartoni. Più recentemente gli impieghi delle piante da<br />

59


fibra sembrano notevolmente ampliarsi per la possibilità di utilizzare<br />

tecnologie innovative in settori molto diversificati. Si tratta in<br />

particolare di prodotti compositi, geotessili, tessuti non tessuti, etc.<br />

Molto più ampio è l'elenco delle colture da fibra considerate a<br />

livello mondiale. Alcune assumono importanza molto notevole<br />

nell'agricoltura ed anche nell'economia di diversi paesi della zona<br />

tropicale ed equatoriale.<br />

Nella tabella 2 è presentato un quadro comparativo riportando una<br />

sintesi di valutazioni sulle esigenze eco-fisiologiche (in particolare<br />

relativamente alle esigenze idriche e termiche, le indicazioni hanno<br />

un valore solo comparativo fra le colture riferito ai nostri ambienti).<br />

Nelle tabelle 3 e 4 sono riportate le caratteristiche delle fibre.<br />

60


Tab. 2 - Alcune indicazioni su colture da fibra.<br />

Nome<br />

comune<br />

Nome latino<br />

Parte<br />

utile<br />

ciclo<br />

Esígenze Disponib. Disponib.<br />

Temperatura idrica materiale<br />

Tecnica<br />

colturale<br />

Meccaniz.<br />

Cotone Gospypiurn sp. Frutto A E E E sì O<br />

Canapa<br />

Cannabis sativa<br />

L.<br />

Stelo A B B M sì CIO<br />

Lino<br />

Linum<br />

usitatissimum L.<br />

Steio A B M E si O<br />

Kenaf<br />

Hibiscus<br />

cannabinus L.<br />

Stelo A M M M-B sì 00<br />

Rosella<br />

Hibiscus<br />

sabdariffa L.<br />

Stelo A M M M-13 sì QO<br />

Miscanto<br />

Miscanthus<br />

sinensis<br />

Anders.<br />

Steio P B M E sì O<br />

var. giganteus<br />

Urena Urena tobata L. Stelo A M M B No QO<br />

Iuta Corchorus sp. Stelo A E E B No ND<br />

Canna Aiundo donax<br />

comune L.<br />

Stelo P M M E si ND<br />

Cannuccia Phragmítes<br />

communis Trin.<br />

Stelo P M M E sì ND<br />

Ramiè<br />

Boherneria<br />

nivea (L.) Gaud.<br />

Stelo P M M B sì P<br />

Ginestra<br />

Spartiurrì Ramific<br />

junceum L. azioni<br />

P M M M sì ND<br />

Crotolaria<br />

Crotolana<br />

juncea L.<br />

Fusto A M M B No ND<br />

Agave<br />

Aga ve<br />

americana L.<br />

Foglie P M M B No ND<br />

Agave<br />

Agave sisalana<br />

Perr.<br />

Foglie P M M m No ND<br />

Alfa<br />

Stipa<br />

tenacissima L.<br />

Foglie P M B B No ND<br />

Formio<br />

Phormiurn<br />

tenaxJ.G. Forst.<br />

Foglie P M B B No ND<br />

et G. Forst.<br />

Ciclo: A = Annuale; P = Pluriennale.<br />

Esigenze/Disponibilità: E = Elevate; M = Medie; B = Basse.<br />

Meccanizzazione: D = Disponibile;<br />

ND = Non Disponibile;<br />

P = A livello di Prototipo;<br />

QO = Quasi Operativa in fase di miglioramento;<br />

O = Operativa.<br />

61


Tab. 3 - Alcune caratteristiche delle fibre (da fonti diverse).<br />

. Fibre elementari Fibre industriali<br />

Colture lunghezza diametro lunghezza finezza Lunghezza<br />

(MM) (p) (MM) (m g-9 rigidità di rottura (km)<br />

Canapa 28,0 20 1,0-2,2 200-250 1,4 35-65<br />

Kenaf 8,0 18 1,2-1,8 100-300 1,8 30-35<br />

Urena 7,0 20 1,2-1,8 250-300 1,7 35-40<br />

Iuta 1,6-2,0 18 1,5-3,0 250-300 1,5-1,7 30-40<br />

Ramiè 160,0 40-55 0,2-0,4 2.000-2.500 1,4 55-60<br />

Sisal 2,0-4,0 20-30 0,5-1,0 30-35 2,3 45-55<br />

Formièr 4,0-8,0 8-13 1,2-2,5 100-150 - 35-45<br />

Tab. 4 - Contenuto medio dei principali componenti<br />

Cellulosa<br />

( S. S.)<br />

Emicellulosa<br />

(%S.S.)<br />

Lignina<br />

(I/Os.s.)<br />

Canapa fibra 60-72 9-19 2,3-4,7<br />

canapulo 36-41 18-37 19-21<br />

intero stelo 55-70 18 3-8<br />

Kenaf fibra 50 30 7<br />

kenapulo 38 33 18<br />

intero stelo 34-48 30 12-18<br />

Lino 61-65 21 3<br />

Cotone 94 1-2 -<br />

Sorgo da fibra 47 23 13<br />

(da Triolo, 1980; Barbiroli, 1994; Karus, 1997;Le Texier, 1997).<br />

La produzione delle fibre tessili vegetali: dati storici e attuali<br />

La produzione di fibre vegetali a livello mondiale è sempre stata<br />

molto importante.<br />

Già a partire dal 1922, (tabella 5) la produzione globale delle<br />

fibre raggiungeva valori elevati (61.500.000q.). Nel 1924, furono<br />

prodotti 79.500.000 quintali, eguagliando la media prebellica, e nel<br />

1926 la produzione totale arrivò a 95,2 milioni di quintali.<br />

I dati sulla produzione mondiale delle principali fibre tessili (in milioni<br />

di quintali) dal 1922 al 1934 sono i seguenti:<br />

62


Tab. 5 Produzione mondiale di fibre tessili<br />

Anno Canapa Abacà Lino Juta Cotone Totale<br />

1922 4,7 1,2 4,3 9,9 41,4 61,5<br />

1923 5,1 1,9 3,7 15,3 42,1 68,1<br />

1924 4,7 2,0 5,1 14,7 53,0 79,5<br />

1925 5,9 1,8 6,1 16,3 59,8 89,9<br />

1926 5,4 1,8 5,5 22,1 60,4 95,2<br />

1927 4,5 1,7 5,1 18,6 51,5 81,4<br />

1928 5,5 1,8 5,4 18,0 58,1 88,8<br />

1929 5,3 2,1 6,1 18,8 57,4 89,7<br />

1930 4,9 1,9 6,4 20,4 56,2 89,8<br />

1931 3,9 1,6 6,9 10,1 59,7 82,2<br />

1932 3,4 1,3 6,0 12,9 51,8 75,4<br />

1933 3,3 1,3 6,9 14,6 57,6 83,7<br />

1934 3,2 1,8 6,9 15,5 51,1 78,5<br />

Fonte: G. Proni, La canapicoltura italiana nelleconomia corporativa, con particolare<br />

riferimento alla: Bassa Valle Padana, Roma, 1938, pag. 301<br />

Per quanto riguarda la canapa, i dati a livello mondiale, risalenti<br />

a quel periodo della produzione, e gli ettari coltivati dalle varie<br />

nazioni, mostrano che l’Italia era al secondo posto sia per quanto<br />

riguardava l’estensione di suolo coltivato 79.477 ettari, sia per il totale<br />

ammontare di quintali prodotti che fu di 795.000 (tab.6).<br />

Tab. 6 Coltivazione di canapa a livello mondiale<br />

Paesi<br />

Ettari<br />

Coltivati<br />

Quintali<br />

prodotti<br />

Media<br />

per<br />

ettaro<br />

Russia 686.197 3.440.579 5,0<br />

Italia 79.477 795.000 10,0<br />

Russia Asiatica 66.917 297.049 4,5<br />

Ungheria 65.192 587.954 9,0<br />

Francia 17.214 147.266 8,7<br />

Giappone 13.518 94.893 7,1<br />

Serbia 14.025 67.025 4,8<br />

Romania 5.678 19.035 3,4<br />

Bulgaria 3.015 9.769 3,3<br />

Fonte: S. Capasso, Canapicoltura e sviluppo dei Comuni atellani,<br />

Frattamaggiore, 1994, pag. 13.<br />

63


Se guardiamo i dati italiani, ci accorgiamo che nell'Italia<br />

prebellica, la produzione globale annua di cotone, juta, lino, canapa<br />

ed abacà era nel quinquennio 1909-1913 in media di 77.800.000<br />

quintali, così suddivisi: 48.000.000 quintali di cotone, 15.300.000<br />

quintali di juta, 7.400.000 quintali di lino, 5.500.000 quintali di canapa<br />

e 1.500.000 quintali d’abacà. Come mostrano questi valori, alla<br />

produzione globale contribuiva il cotone con il 62%, seguito dalla juta<br />

con il 20%, il lino con il 9%, la canapa con il 7% e l’abacà con il 2%. Il<br />

primato del cotone nell’industria tessile era ben saldo.<br />

In Italia il decennio 1920-30 fu importante per lo sviluppo<br />

dell’industria di lavorazione delle fibre tessili naturali. La più grande<br />

fabbrica trasformatrice di canapa greggia nel nostro paese, il Linificio<br />

e Canapificio Nazionale di Milano, nel 1926, a più di cinquant'anni<br />

dalla nascita, disponeva di un capitale sociale di 150.000.000 di lire,<br />

24 stabilimenti distribuiti in varie zone d’Italia, 15.000 operai e<br />

105.000 fusi, e lavorava non solamente la canapa nostrana, ma<br />

anche quella estera, oltre alla juta ed al lino. Naturalmente,<br />

esistevano altre industrie che, pur non essendo di eguali dimensioni,<br />

rivestivano una certa importanza come il Canapificio dei Marchesi Roi<br />

a Vicenza, la manifattura Lombarda Lino e Canapa di Origlio, la S.A.<br />

Filatura di Vimercate, gli Stabilimenti Bender e Martiny che<br />

fabbricavano tubi e cinghie di canapa a Nole Canavese, lo<br />

Spaghificio Castellini di Milano, la Ditta Salvatore D’Antonio di<br />

Bologna, il Canapificio Contese a Cento e quello Anglo- Italiano<br />

Sinza Ferrara, il Canapificio Pepe, la Corderia Napoletana e la<br />

fabbrica di Carmine Pezzullo a Frattamaggiore. Sul finire degli anni<br />

’30 il mercato della canapa e del lino subì un forte declino per una<br />

presenza sempre più marcata del cotone sul mercato. Il cotone era<br />

un buon prodotto con un prezzo molto più basso di quelli di tessuti di<br />

canapa e di lino. I progressi della nuova fibra furono rapidissimi, in<br />

contrasto con quello che succedeva per la canapa, ancorata ai vecchi<br />

sistemi ed incapace di attrarre l’interesse della grande industria. Il<br />

cotone era usato anche nella fabbricazione di quei manufatti, come la<br />

teleria e la biancheria domestica, tradizionalmente occupata dalla<br />

lavorazione della canapa migliore.<br />

Nonostante questa crisi, nel 1941 la diffusione della canapa<br />

superava i 100.000 ettari (più precisamente 102.223) concentrati per<br />

il 58% nell'Emilia, per una produzione di oltre 135.000 t di tiglio, vale<br />

64


a dire circa 13,5 q ha -1 . Analogamente, alla stessa data, il lino era<br />

coltivato su 36.778 ha, per il 20% esclusivamente destinato alla<br />

produzione di tiglio, con rendimenti unitari medi prossimi ai 6 q ha -1 . Il<br />

cotone da parte sua si estendeva su una superficie di 78.360 ettari,<br />

per oltre l'84% coltivato in Sicilia.<br />

Per quanto riguarda le produzioni di fibre “minori” per uso tessile<br />

la ginestra ha avuto un ruolo importante nell’economia Italiana e<br />

soprattutto della Toscana intorno alla metà del secolo scorso. La<br />

ginestra, infatti, era chiamata a dare un non piccolo contributo<br />

all’indipendenza economica dell’Italia per la fabbricazione di<br />

manufatti ottenuti fino ad allora con materie prime di importazione<br />

come la juta. La coltivazione della ginestra, era importante soprattutto<br />

nella fabbricazione di sacchetti. (tab. 7). In tutta l’Italia, i ginestrifici<br />

erano 61, di cui 9 in Toscana distribuiti tra le province di Firenze,<br />

Arezzo e Siena.<br />

Tab.7 Numero di ginestrifici esistenti distribuiti per regioni (1941)<br />

Regioni<br />

Ginestrifici<br />

piccolissimi piccoli medi grandi totale<br />

Liguria 1 1<br />

Emilia 3 3<br />

Toscana 7 2 9<br />

Marche 3 8<br />

Umbria 4 4 8<br />

Lazio 3 1 2 6<br />

Abruzzo e<br />

3 1 4<br />

Molise<br />

Campania 3 4 7<br />

Lucania 1 2 1 4<br />

Calabria 11 3 1 15<br />

Sardegna 1 1<br />

TOTALE 15 34 10 2 61<br />

(Boggia, 1942)<br />

Per quanto riguarda le superfici attuali a canapa, bisogna<br />

affermare che negli ultimi anni (dal 1998 in poi) c’è stato un forte<br />

rilancio di questa coltura da fibra, e grazie al contributo CEE di<br />

1.300.000 lire per ettaro, nel 2000 sono stati seminati 255 ettari, per<br />

arrivare nel 2004 a 1.001 ha (dati Istat anno 2004). Le regioni più<br />

65


attive sono state in ordine: l’Emilia-Romagna, il Piemonte, la<br />

Toscana, le Marche e la Campania. La coltivazione di lino in Italia è<br />

ancora molto bassa, 89 ha nel 2004 (dati Istat), ed i maggiori<br />

produttori a livello europeo sono la Francia, il Belgio e l’Olanda con<br />

una superficie coltivata di circa 98.767 ettari nel 2003-2004. Le<br />

maggiori coltivazioni a livello mondiale si hanno in Russia con<br />

140.000 ha ed in Cina con 133.000 ha.(tab.8)<br />

Tab. 8 Coltivazione di lino nel mondo<br />

66


1.3.2 Coloranti naturali<br />

L'uso di sostanze coloranti non è certamente prerogativa della<br />

nostra società contemporanea. L'impiego di sostanze coloranti è,<br />

infatti, antichissimo e ha svolto probabilmente un ruolo preminente<br />

nello sviluppo delle prime civiltà e dei primi manufatti. Fra i coloranti, i<br />

pigmenti vegetali hanno forse avuto una diffusione successiva a<br />

quelli minerali o animali localizzandosi, a seconda delle specie,<br />

nell'intera pianta o nelle sue foglie, nella sola infruttescenza o nella<br />

radice e dovendo essere estratti con metodi che, pur<br />

progressivamente evolutisi nel tempo, richiedevano comunque un<br />

processo di estrazione più complesso rispetto a quello elementare di<br />

preparazione di colori a base inorganica o a quello che utilizzava il<br />

tegumento di un insetto o la secrezione di un mollusco.<br />

L'uso dei coloranti naturali si è diffuso nel tempo in diversi impieghi,<br />

da quello alimentare, al tessile, a quello ornamentale, vivendo periodi<br />

di grande sviluppo e ricchezza, per poi subire altrettanto rapidamente<br />

il declino e l'abbandono. La sostituzione di un prodotto o di un<br />

processo si deve, di norma, ad un'innovazione tecnologica che<br />

sostituisce l'uno o l'altro con un'alternativa più conveniente. Così è<br />

avvenuto anche per molti coloranti naturali. In particolare, fra quelli di<br />

origine vegetale, può essere ricordato: il guado o pastello, fino al XVII<br />

secolo estesamente coltivato e commercializzato nelle province di<br />

Pesaro ed Urbino, ed in Toscana in Val Tiberina, poi sostituito<br />

dall’indaco prodotto nei paesi tropicali con un nuovo e vantaggioso<br />

processo di produzione, poi definitivamente abbandonato, prima per<br />

la messa a punto di una nuova tecnologia di lavorazione delle foglie,<br />

poi per la formulazione di un prodotto sintetico. Analogamente è<br />

avvenuto per la robbia, usata in tintoria prima della produzione nel<br />

1870 dell'alizarina per via sintetica. I coloranti vegetali, nella<br />

generalità dei casi (alcuni pigmenti possono essere estratti dalla<br />

lavorazione di sottoprodotti di altri processi di trasformazione), si<br />

estraggono da piante che non sono quasi mai state coltivate in<br />

maniera intensiva. Anzi alcune si possono trovare allo stato<br />

spontaneo, mentre altre sono prodotte nell'attualità su superfici assai<br />

limitate. In Italia ad esempio lo zafferano e la camomilla comune e<br />

romana sono coltivate come piante officinali, mentre tagete e<br />

calendula come piante ornamentali da fiore.<br />

67


Alcune di queste specie hanno un ciclo produttivo annuale, altre<br />

poliennale, altre, infine, sono perenni; possono essere inserite con<br />

modalità diverse negli ordinamenti produttivi delle nostre imprese<br />

agrarie, ma senza richiedere, per la loro produzione, uno specifico<br />

adattamento delle dotazioni strumentali e dell'organizzazione dei<br />

lavoro aziendali. I consumi di coloranti naturali, che hanno avuto un<br />

forte incremento verso la metà degli anni 80, nel 1988 sono stati pari<br />

a circa 1400 t, rappresentando circa il 35% dei consumi totali di<br />

coloranti.<br />

Campi d'impiego<br />

Il campo di applicazione dei colori naturali è costituito<br />

prevalentemente dal settore alimentare, settore tessile biologico e<br />

dell'eco-fashion per la tintura di fibre naturali come lana, seta, cotone,<br />

lino, canapa e ortica, ed il settore della cosmesi naturale.<br />

Aspetti normativi<br />

La normativa nazionale e comunitaria sui coloranti è in continua<br />

evoluzione soprattutto per quanto attiene le specifiche di purezza,<br />

non tossicità ed innocuità negli impieghi alimentari.<br />

In particolare, per quanto attiene l'uso di sostanze coloranti<br />

destinate ad essere utilizzate nei prodotti alimentari, il Parlamento<br />

Europeo ha adottato la Direttiva 94/36 dei 30 giugno 94 (G.U. n. L.<br />

237 acclusa), cui gli Stati membri sono tenuti a conformarsi entro il<br />

31.12.95, che costituisce parte integrante della direttiva 89/107. In<br />

essa si precisa cosa s’intende per "coloranti" e si indicano alcuni<br />

prodotti che, ai sensi della direttiva stessa, non devono essere<br />

considerati tali (i prodotti naturali essiccati o concentrati e gli aromi<br />

dotati di un effetto colorante secondario quali la paprica, la curcuma,<br />

lo zafferano, incorporati durante la lavorazione di prodotti alimentari<br />

composti per le loro proprietà aromatiche, di sapidità o nutritive) ed in<br />

modo analitico sono elencate le sostanze che possono essere<br />

impiegate come coloranti per prodotti alimentari e prodotti alimentari<br />

cui è consentito aggiungere solo determinate sostanze coloranti.<br />

68


Il mercato dei coloranti è fra quelli più difficilmente definibili: per<br />

l’eterogeneità delle materie prime impiegate e dei sistemi di<br />

trasformazione, per la vastità e la differenziazione delle loro<br />

utilizzazioni, per la disomogeneità dei beni venduti, per i limiti di una<br />

normativa che non ne precisa i confini, non differenziando, per<br />

esempio, i coloranti naturali da quelli sintetici, né le particolari funzioni<br />

e proprietà degli uni e degli altri. È un mercato di cui non è agevole<br />

identificare la dimensione complessiva, le sue forme ed i suoi tassi di<br />

sviluppo che appaiono estremamente differenziati tra diverse<br />

tipologie di prodotto e fra queste anche all'interno della stessa classe<br />

merceologica. A titolo esemplificativo, una stima relativa al 1988<br />

quantifica il valore del mercato mondiale dei coloranti alimentari<br />

sintetici e naturali in circa 300 milioni di dollari e quello europeo in 70<br />

milioni di dollari. In questo caso si tratta di un mercato<br />

complessivamente caratterizzato da tassi di crescita molto modesti<br />

(quello europeo del 1994 è stato valutato in 76 milioni di dollari) o in<br />

leggero declino, il cui andamento appare in larga misura collegato ad<br />

un'immagine negativa presso i consumatori. Questo trend<br />

fondamentalmente negativo del mercato globale è compensato da<br />

una crescita sensibile dei coloranti naturali, la cui domanda è<br />

aumentata a tassi che sono stati stimati fra un 7 ed un 10 % in<br />

Europa ed in circa il 12% nel mercato britannico, evidenziando uno<br />

sviluppo controcorrente rispetto all'evoluzione dei mercato globale dei<br />

coloranti alimentari. Il mercato dei pigmenti naturali è fra i più<br />

dinamici ed orientato, con un processo avviatosi in maniera<br />

consistente solo in tempi recenti, verso una progressiva espansione<br />

negli impieghi alimentari in sostituzione di quelli artificiali ed in altre<br />

utilizzazioni nel campo tessile, farmaceutico, dell'abbigliamento, della<br />

cosmesi. Il vantaggio competitivo dei pigmenti naturali, e fra questi<br />

dei vegetali, deriva dalla loro origine che ha presso il consumatore<br />

una buona immagine di prodotto: innocuo, non tossico, rispettoso<br />

degli aspetti salutistici ed in grado di rappresentare una garanzia per<br />

il consumatore. L'insieme di queste caratteristiche proprie dei<br />

coloranti naturali, nel volgere di pochi anni, benché all'inizio<br />

fortemente osteggiati dai grandi produttori dì coloranti artificiali, sono<br />

state progressivamente valorizzate, tanto da portare ad una graduale<br />

sostituzione dei sintetici. Il fenomeno si sta verificando nonostante<br />

che i prodotti artificiali posseggano quasi sempre il vantaggio di<br />

maggiori capacità coloranti, stabilità, uniformità delle specifiche<br />

69


tecniche e mostrino minori difficoltà di processo rispetto ai prodotti di<br />

origine naturale. I maggiori volumi di pigmenti naturali sono assorbiti<br />

dall'industria alimentare ed in questo campo nell'Unione Europea i<br />

mercati inglese, tedesco e francese sono, in ordine decrescente, i più<br />

importanti. L'industria della cosmesi e farmaceutica utilizzano volumi<br />

inferiori, ma in genere richiedono una materia prima con i più elevati<br />

standard di stabilità e purezza che ne valorizzano l'uso, ma<br />

richiedono specifici processi di produzione. Si può ritenere, altresì,<br />

che le tendenze rilevate per il mercato dei coloranti naturali possano<br />

rapidamente estendersi o comunque possano trovare più vasta<br />

attenzione in altri settori d'attività come quello edile, tessile e<br />

dell'abbigliamento, dove i coloranti di sintesi sono quelli normalmente<br />

impiegati, ma dove si prospettano utilizzazioni in taluni campi specifici<br />

in grado di differenziare un prodotto che a sua volta possa garantire<br />

al consumatore una migliore qualità di vita. Secondo la Cia<br />

(Confederazione Italia Agricoltori) ci sarà presto un boom per i tessuti<br />

colorati in modo naturale perché l’Unione Europea sta pensando a<br />

specifiche normative che imporranno alle industrie di garantire una<br />

sostanziale percentuale di produzione di tessuti colorati in maniera<br />

naturale, per la salvaguardia dell’ambiente (Avvenire Medico,<br />

febbraio 2004). Questa percentuale dovrebbe interessare circa 8%<br />

dell’intera produzione di tessuti di ogni singola azienda.<br />

70


1.3.3 Fibre sintetiche e artificiali<br />

Dagli inizi del 1900 le fibre chimiche hanno vissuto un’evoluzione<br />

che può essere riassunta nella tabella 9. Sono le fibre tessili create<br />

dall’uomo mediante processi industriali fisico-chimici, partendo da<br />

materie prime comunque esistenti in natura. Si distinguono in fibre<br />

artificiali e fibre sintetiche. Le fibre create dall’uomo hanno il<br />

vantaggio di essere progettabili in funzione delle esigenze del<br />

consumatore e sono in costante evoluzione per offrire sempre nuove<br />

prestazioni in termini di comfort, estetica, sicurezza e rispetto<br />

ambientale (tabella 9).<br />

L'evoluzione delle fibre tessili, da quelle naturali, alle artificiali,<br />

per approdare a quelle sintetiche è stata dettata dalla crescente<br />

necessità di soddisfare le mutevoli richieste del mercato in termini di<br />

comfort, moda ed economicità del prodotto tessile, ricercando nelle<br />

fibre chimiche alcune caratteristiche peculiari e specifiche per<br />

migliorare o semplicemente completare le caratteristiche delle fibre<br />

naturali. L'utilizzo delle fibre chimiche da sole o in mista con le fibre<br />

naturali, ha consentito di raggiungere gli alti livelli di qualità e<br />

performance nella confezione di manufatti tessili tali da soddisfare le<br />

più sofisticate e specifiche esigenze di comfort di tutti i capi di<br />

abbigliamento, sportivo, casual e classico.<br />

Le fibre chimiche, sia artificiali sia sintetiche, sono prodotte<br />

tramite un procedimento di filatura che, partendo da un polimero reso<br />

liquido e successivamente estruso attraverso una filiera forata,<br />

consente di ottenere filamenti continui, di lunghezza illimitata. Le<br />

fibre, o filamenti, sono raccolti già a formare il filo e non devono<br />

essere necessariamente coesionati fra loro tramite la torsione,<br />

oppure i filamenti possono essere trattati per formare fibre di<br />

lunghezza determinata: il fiocco di fibre chimiche.<br />

Un diverso caso è rappresentato dai “non tessuti” o “nonwovens”.<br />

Con questo termine si indicano, secondo la norma D<strong>IN</strong><br />

61210, “le superfici tessili flessibili ottenute per coesionatura di veli di<br />

fibre”. In questo caso il manufatto tessile è il risultato di un<br />

procedimento di coesionatura di fibre tessili, che può essere attuato<br />

secondo differenti sistemi di fabbricazione. In questo modo la fibra<br />

viene trasformata direttamente in tessuto, senza richiedere il<br />

passaggio intermedio di filatura. Attualmente l’impiego mondiale di<br />

71


“non tessuti” è in fase di incremento, in particolare nei campi relativi<br />

all’abbigliamento professionale (indumenti protettivi, per rinforzo), ai<br />

prodotti sanitari (lenzuola, indumenti chirurgici), ai prodotti igienici<br />

(pannolini), agli impieghi industriali (filtri, isolanti, materiali edili).<br />

Tab.9 Fibre sintetiche e artificiali<br />

Poliammide<br />

Poliestere<br />

Acrilica<br />

Polipropilenica<br />

Polivinilica<br />

Fibre sintetiche<br />

La prima fibra sintetica ottenuta per sintesi<br />

dalla Du Pont nel<br />

1939<br />

Anni '40-'60<br />

Nitrocellulosa<br />

Acetato<br />

Triacetato<br />

Cupro<br />

Viscosa<br />

Fibre artificiali<br />

La prima fibra artificiale ottenuta per sintesi<br />

da Chardonnett<br />

nel 1884.<br />

Anni'20<br />

Polinosiche<br />

High Water Module<br />

(HWM)<br />

Aramidi<br />

(HVM)<br />

Elastan<br />

Fiame Retardant<br />

(FR)<br />

Fibre chimiche con modifiche tecnologiche<br />

Artificiali rigenerate, modificate nella<br />

resistenza agli alcali.<br />

Artificiali rigenerate, modificate nella<br />

resistenza ad umido e nel<br />

grado di elasticità.<br />

Sintetiche di natura poliammidica,<br />

modificate per ottenere una<br />

notevole resistenza alla fiamma (i marchi<br />

esistenti più diffusi<br />

sono Keviar e Nomex)<br />

Sintetiche composte da poliuretano, con<br />

elevatissimo modulo<br />

elastico.<br />

Artificiali e sintetiche che hanno proprietà<br />

di:<br />

antifiamma in quanto non producono<br />

fiamma, oppure la<br />

Ritardano<br />

ignifughe, in quanto non lasciano<br />

propagare la fiamma<br />

oltre alla zona carbonizzata.<br />

Anni '50-70<br />

72


Microfibre<br />

Lyocell<br />

High Tech<br />

Fibre chimiche ad elevata tecnologia<br />

Modificazione della filatura delle fibre<br />

poliestere, poliammidica, acrilica e moda[,<br />

per ottenere fibre il cui diametro è<br />

compreso fra 0,3-1 decitex (massimo);<br />

mentre con titoli inferiori a 0,3 decitex sono<br />

"super-microfibre».<br />

Fibra artificiale modificata di natura<br />

cellulosica ottenuta con processo di filatura<br />

in solvente. E' una fibra con elevato grado<br />

di resistenza.<br />

Sono materiali tessili per impiego tecnico<br />

che rispondono ad alte esigenze tecnicoqualitative<br />

e conferenti loro l'attitudine ad<br />

adattarsi ad una funzione tecnica ed al suo<br />

ambiente.<br />

Sono classificabili in 11 gruppi di prodotti,<br />

quali:<br />

1. Compositi<br />

2. Reti di protezione<br />

3. Protezione dei corpo<br />

4. Tessuti industriali<br />

5. Tessuti per filtrazione<br />

6. Materiale per l'imballaggio<br />

7. Geotessili<br />

8. Tessili per uso medico ospedaliero<br />

9. Tessuti per trasporti<br />

10. Tessili per protezione contro alte<br />

temperature<br />

11. Tessili militari<br />

Anni '80-'90<br />

73


Fibre artificiali<br />

Le fibre artificiali maggiormente utilizzate si ottengono trattando<br />

la cellulosa naturale di piante diverse (la stessa che costituisce le<br />

fibre vegetali), opportunamente trasformata e sciolta con solventi, e<br />

successivamente filata sotto forma di fibra tessile in filo. Le fibre<br />

artificiali possono essere utilizzate anche in fiocco (fibra discontinua)<br />

ottenuto mediante tagliatura. Altre fibre artificiali, per la verità oggi<br />

poco impiegate, hanno un’origine proteica (esempio Merinova,<br />

Lanital).<br />

• Viscosa<br />

• Modal<br />

• Cupro<br />

• Acetato<br />

• Lyocell<br />

Le fibre sintetiche<br />

Le fibre sintetiche sono derivate da sostanze organiche di sintesi<br />

(per la maggior parte dalla distillazione del petrolio) che vengono<br />

polimerizzate ottenendo lunghe catene molecolari (macromolecole)<br />

filabili sotto forma di filo continuo o di fiocco (fibra discontinua).<br />

• Acrilica<br />

• Modacrilica<br />

• Poliammidica<br />

• Poliestere<br />

• Poliuretanica<br />

74


1. <strong>IL</strong> TESS<strong>IL</strong>E <strong>IN</strong> <strong>ITALIA</strong><br />

1.4 <strong>IN</strong>NOVAZIONE DI PRODOTTO<br />

75


Non c’è alcun dubbio che l’evoluzione dello scenario economico<br />

e tecnologico internazionale mettano in seria difficoltà il sistema delle<br />

piccole medie imprese italiane. La concorrenza dei paesi emergenti<br />

diventa sempre più accesa e lo sviluppo delle nuove tecnologie di<br />

comunicazione fa facilmente prevedere una penetrazione capillare<br />

nei nostri mercati. Nel prossimo futuro non solo sarà sempre più<br />

difficile competere sui mercati terzi, ma la concorrenza sarà accesa<br />

anche sui nostri mercati nazionali e regionali. Si riduce sempre più lo<br />

spazio per nicchie d’eccellenza e per mercati protetti. È una facile e<br />

condivisa previsione che le produzioni a basso valore aggiunto<br />

registreranno inevitabilmente uno spostamento verso paesi in cui il<br />

costo del lavoro è quasi trenta volte più basso rispetto all’Europa.<br />

D’altro canto gli scenari a quindici o venti anni evidenziano che nei<br />

paesi industriali aumenterà in modo particolare la domanda di<br />

prodotti attenti all’ambiente, di servizi e prodotti per la salute e di<br />

prodotti e servizi per la sicurezza.<br />

In una visione tradizionale d’innovazione di prodotto e di<br />

processo, sono mercati e prodotti caratterizzati da un elevato<br />

contenuto tecnologico e, fattore ancora più rilevante, da un’elevata<br />

dinamica delle tecnologie coinvolte. A partire da questa visione, sia a<br />

livello nazionale sia regionale, fino a livello provinciale, sono stati<br />

redatti una serie di documenti politico-programmatici che individuano<br />

l’innovazione quale leva primaria per lo sviluppo competitivo del<br />

settore tessile.<br />

Accanto all’innovazione tecnologica volta alla rimozione di una<br />

serie di “ostacoli” a processi produttivi esistenti deve essere<br />

considerata anche un’innovazione di prodotto, intendendo con questo<br />

termine la produzione di tessuti innovativi, frutto d’ammodernamento<br />

tecnologico, ma anche di tessuti che si differenzino per altri elementi<br />

quali l’origine e la caratterizzazione della materia prima, la sua<br />

produzione eco-compatibile, il suo legame con il territorio, etc.<br />

76


1.4.1 Possibilità e prospettive delle colture da fibra e coloranti<br />

naturali in campo tessile<br />

Nel 2002 l’industria tessile italiana ha prodotto circa 450.000 ton.<br />

tra filati e tessuti di cotone e lino (tab.1). I filati e i tessuti di vegetali<br />

filamentosi puri o misti rientrano fra le categorie merceologiche più<br />

importanti.<br />

Tab.1 Produzione di filati e tessuti cotonieri e linieri<br />

Fonte:compendio statistico 2000-2002, associazione tessile italiana<br />

77


L’industria italiana però non trova sul mercato nazionale le fibre<br />

di cotone e lino, infatti, si ha un flusso elevato di importazioni di<br />

materia prima. Dai dati del compendio statistico dell’Associazione<br />

Italiana Tessile risulta che le importazioni hanno superato le 270.000<br />

ton. di cotone greggio nel 2002 (tab.2) Nell'anno solare 2004 le<br />

importazioni italiane di cotone greggio sono sensibilmente calate,<br />

passando da 234.777 a 197.061 tonnellate mostrando quindi una<br />

leggera tendenza all’utilizzo di fibre “alternative “ al cotone.<br />

Tab.2 Importazioni di cotone greggio<br />

Fonte:compendio statistico 2000-2002, associazione tessile italiana<br />

78


Tab.3 Importazioni di fibre sintetiche<br />

Fonte:compendio statistico 2000-2002, associazione tessile italiana<br />

I dati della tabella 3 mostrano che il flusso di fibre naturali è<br />

notevolmente superiore rispetto a quello di fibre sintetiche, e quindi la<br />

presenza di consumatori che privilegiano le caratteristiche legate al<br />

tessuto naturale.<br />

Per quanto riguarda il lino si ha l’importazione sia di fibra<br />

dall’Europa (le coltivazioni maggiori si hanno in Francia come si può<br />

vedere dalla fig.1) sia di filati e tessuti.<br />

Fig.1 Coltivazioni (ha) di Lino a livello Europeo ( UE)<br />

79


I filati ed i tessuti di lino sono sempre meno provenienti<br />

dall’Europa (Tabella 4), in conseguenza alle sempre maggiori<br />

importazioni di filati, tessuti e capi confezionati direttamente dalla<br />

Cina.<br />

Tab. 4 Commercio estero di filati e tessuti di lino (esp. ed imp.)<br />

Fonte:compendio statistico 2000-2002, associazione tessile italiana<br />

La pressione cinese ha provocato, infatti, un aumento dei<br />

consumi globali di prodotti linieri nel mondo di circa il 15% rispetto al<br />

2003: quota di mercato che è stata totalmente assorbita dalla<br />

produzione cinese a prezzi frequentemente al di sotto dei costi.<br />

80


Con l'incremento dei consumi, i paesi europei produttori di<br />

materia prima (Francia, Belgio ed Olanda) hanno fortemente<br />

aumentato la produzione raggiungendo, nella campagna 2003- 2004,<br />

circa 140.000 tonnellate contro 90.000 tonnellate della scarsa<br />

produzione della campagna 2002-2003. Il prezzo della materia prima<br />

è sceso leggermente nel corso dell'anno.<br />

Per quanto riguarda la canapa, essa rappresenta tuttora<br />

un’attesa piuttosto che un fatto industriale. L'attività dei vari Consorzi<br />

Agricoli e di promozione ha portato a consumi, nell'Unione Europea a<br />

15, di 100-200 tonnellate/anno. Il maggiore produttore a livello<br />

Europeo e mondiale di canapa greggia è la Francia, che non ha mai<br />

abbandonato la coltivazione nel corso degli anni. Dal 2001 anche<br />

l’Italia (Figura 2) ha ricominciato a coltivare la canapa, la maggior<br />

parte a livello sperimentale<br />

Fig.2 Coltivazioni (ha)di canapa a livello Europeo (UE)<br />

81


Per il soddisfacimento della domanda di prodotti naturali e<br />

sempre più attenti all’ambiente e sicuri per il consumatore, che si<br />

prevede crescente nei prossimi anni, può non essere necessario<br />

ricorrere a grandi innovazioni tecnologiche, ma, addirittura, guardare<br />

al passato, reintroducendo fibre ormai non più utilizzate, oppure<br />

riprendendo possesso dell’intera filiera della produzione al fine da<br />

poterne garantire la qualità e la sicurezza. La massiccia importazione<br />

di prodotti tessili dai paesi extracomunitari, oltre a determinare seri<br />

problemi d’occupazione nel settore tessile, evidenzia, infatti, anche<br />

scenari di rischio per la salute in conseguenza alle minori restrizioni<br />

normative presenti nei paesi esportatori e relative al controllo sulla<br />

sicurezza dei lavoratori, dell’ambiente, del prodotto finale e di<br />

conseguenza dei consumatori.<br />

Nel Convegno “Globalizzazione Sostenibile: una risposta per il<br />

Tessile e Abbigliamento Italiano” organizzato dalla Provincia di<br />

Varese e dalla Camera di Commercio di Varese tenutosi a<br />

BustoArsizio il 24 gennaio 2005, sono stati presentati i primi risultati<br />

di due campionamenti su prodotti tessili presenti nel mercato, eseguiti<br />

dai laboratori specializzati nel settore tessile “Tessile di Como SpA” e<br />

dal “Centrocot” di BustoArsizio.<br />

I campioni di tessuti prelevati ed analizzati dal Tessile di Como<br />

su vari capi di abbigliamento, considerando la distribuzione per<br />

provenienza dei campioni esaminati, risultavano non conformi alla<br />

legge, il 51,07% dei campioni di origine non dichiarata, il 29,40% dei<br />

campioni Made in Italy, e il 58,31% dei campioni di importazione. Il<br />

19.5% risultava non conforme per presenza di azocoloranti<br />

cancerogeni. L’ 87,5% dei campioni prelevati ed analizzati dal<br />

Centrocot, su vari capi di abbigliamento, sono risultati non rispondenti<br />

ai requisiti indicati dall’Oeko-tex standard 100, più restrittivi rispetto a<br />

quelli che fanno riferimento alle normative vigenti (coloranti azoici,<br />

coloranti cancerogeni, coloranti dispersi potenzialmente<br />

sensibilizzanti, Nichel, Cromo esavalente).<br />

Tali dati, anche se ottenuti da indagini effettuate su campioni non<br />

rappresentativi dei prodotti tessili immessi nel mercato nazionale,<br />

suggeriscono comunque un problema di sanità pubblica, se rapportati<br />

alla quantità sempre crescente di materiali tessili e capi di<br />

abbigliamento importati.<br />

Consapevoli che i prodotti tessili di origine extracomunitaria<br />

saranno sempre competitivi da un punto di vista di costo, è<br />

82


necessario puntare alla produzione di materiale di qualità e<br />

controllato per la salute umana, mediante la costruzione dell’intera<br />

filiera (necessariamente “corta”) della canapa (o del lino) o di piante<br />

“alternative” quali l’ortica e la ginestra, magari aumentando il valore<br />

del prodotto con l’utilizzo di coloranti naturali per la tintura.<br />

La scelta di percorrere questa strada deve necessariamente essere<br />

accompagnata da altre azioni quali la creazione di marchi “locali” che<br />

identifichino il capo di abbigliamento come proveniente da una filiera<br />

completamente svolta in un certo territorio e l’organizzazione e<br />

svolgimento di una diffusa attività di comunicazione perché i<br />

consumatori divengano consumatori consapevoli anche per il settore<br />

tessile e non solo per quello alimentare. Parallelamente a queste<br />

azioni, in una visione più ampia di controllo del prodotto, sarebbe da<br />

valutare la possibilità di una normativa nazionale per la tracciabilità<br />

del prodotto, in modo tale che sull’etichetta non sia riportato soltanto<br />

il luogo di fabbricazione del capo di abbigliamento, ma anche il luogo<br />

di produzione della fibra, del tessuto e della colorazione.<br />

Sussistono oggi premesse per un rilancio di colture da fibra<br />

“alternative” al cotone: forte domanda interna dell’industria per<br />

rilanciare un prodotto “Made in Italy e concorrenziale con il mercato<br />

cinese, necessità di colture alternative non eccedentarie per allargare<br />

le rotazioni, possibili nuovi impieghi alternativi della fibra.<br />

Lino, canapa e ginestra, sono le specie che, nei nostri ambienti,<br />

come dimostrano i dati storici di produzione e come i risultati acquisiti<br />

dalla sperimentazione ripropongono su nuove basi produttive e di<br />

tecnica colturale, sembrano in grado di soddisfare le esigenze dei<br />

consumatori e hanno prospettive di sviluppo negli ordinamenti<br />

produttivi delle imprese agrarie.<br />

Quello degli articoli tessili in canapa è attualmente un settore in<br />

grande fermento, la ricerca continua di soluzioni innovative ed<br />

alternative induce a creare prodotti nuovi e confortevoli, superando la<br />

vecchia credenza di un prodotto grezzo e poco raffinato. Inoltre i<br />

tessuti di canapa possiedono spiccate caratteristiche anallergiche.<br />

Il lino è termoregolatore e molto resistente all'usura. Anche colture<br />

meno utilizzate come l’ortica e la ginestra posso dare buoni risultati in<br />

campo tessile. Le fibre dell'ortica hanno una speciale caratteristica<br />

che risiede nel fatto che esse sono cave, il che significa che possono<br />

83


accumulare aria al loro interno creando così un naturale isolante<br />

termico. La ginestra può risultare un ottimo sostituto della juta.<br />

Nel caso della canapa occorre ricordare i vincoli alla coltivazione<br />

posti dalla legislazione nazionale vigente in materia di disciplina degli<br />

stupefacenti e di sostanze psicotrope. Per quanto attiene il lino i<br />

condizionamenti alla sua diffusione appaiono quasi esclusivamente<br />

inerenti al completamento della filiera nella fase post-raccolta, vale a<br />

dire nella possibilità di eseguire la stigliatura di cui, attualmente, nel<br />

nostro paese non esistono impianti in funzione, tali limiti sono<br />

presenti anche per la canapa. Per questi motivi i riferimenti produttivi<br />

ottenuti dalla sperimentazione compiuta indicano la potenzialità delle<br />

colture e un obiettivo raggiungibile una volta superati i limiti suddetti.<br />

Esistono tuttavia alcune leggi di sostegno alla coltivazione e<br />

prima lavorazione di queste specie:<br />

Leggi di interesse per il settore delle fibre tessili (coltivazione e<br />

prima trasformazione)<br />

La reintroduzione in Italia della coltivazione di alcune piante tessile<br />

può essere favorita dalle leggi sugli aiuti alla coltivazione e prima<br />

trasformazione del lino e della canapa. In particolare:<br />

L’aiuto alla coltivazione della canapa e del lino è compreso all’interno<br />

della legge Reg. 1782/03, 795/04; D.M. 15/3/05 che riguarda in<br />

generale la riforma a medio termine della PAC (“disaccoppiamento”)<br />

nella quale è previsto il pagamento unico svincolato dalla singola<br />

coltura, la necessità di mantenere in coltivazione i seminativi e la<br />

possibilità di avere premi supplementari per colture specifiche (grano<br />

duro, proteiche, ecc.).<br />

Aiuto coltivazione canapa e lino (reg. 1782/03, 795/04; d.m.<br />

15/3/05)<br />

Lo Stato italiano ha adottato a partire da 1/1/2005 il Regime di<br />

Pagamento Unico secondo il metodo del disaccoppiamento totale,<br />

cioè svincolato da qualunque tipo di coltura ed allevamento praticato,<br />

applicato su base nazionale (e non regionale) nella determinazione<br />

della superficie di riferimento.Ogni titolo assegnato all’agricoltore<br />

viene abbinato ad 1 ha. di superficie ammissibile (Superficie avente<br />

dimensione di almeno 0,3 ha, con appezzamenti di almeno 500 mq.<br />

84


interamente coltivata a seminativi o pascoli permanenti, con<br />

esclusione di colture forestali ed usi non agricoli), composta da:<br />

- seminativi (cereali, colture industriali, sementi certificate);<br />

- canapa, purché oggetto di un contratto, che prevede utilizzo di<br />

sementi certificate aventi un tenore di tetraidrocannabinolo<br />

inferiore a 0,2%, in misura pari a 35 kg/ha, e la permanenza in<br />

campo della coltura fino a 10 giorni dopo la fine del periodo di<br />

fioritura; comunicazione ad AGEA data di inizio raccolto con<br />

almeno 10 giorni di anticipo; permesso di sottoporre a controllo<br />

materia prima; mantenimento in campo su 4 punti “lungo il<br />

percorso diagonale della particella, esclusi i bordi, di almeno 200<br />

piante” per prelievo di campioni rappresentativi, almeno fino a 10<br />

giorni dopo fine della fioritura .<br />

- pascolo permanente (pascolo arborato o bosco da alto fusto<br />

cespugliato con tare del 20%; pascolo erborato o bosco ceduo<br />

pascolabile con tare del 50%; pascolo polifita con tare del 20% o<br />

del 50%);<br />

- colture poliennali e relativi vivai;<br />

- superfici non seminate, purché in presenza di: copertura vegetale<br />

seminata o naturale; esecuzione operazioni di sfalcio, trinciatura<br />

o altre operazioni equivalenti a mantenere lo stato di fertilità del<br />

terreno, a tutelare la fauna selvatica, a prevenire gli incendi, ad<br />

evitare la diffusione di erbe infestanti;<br />

- oliveto (impiantato prima del 1/5/1998 o nuovi impianti in<br />

sostituzione di quelli preesistenti, o nuovi impianti nell’ambito di<br />

programmi autorizzati);<br />

- bosco ceduo a rotazione rapida, purché la superficie risulti coltivata<br />

nel periodo 30/4/2004 – 10/3/2005 od impiantate prima del<br />

30/4/2005 (sempre ammissibili se destinate a produzioni<br />

energetiche)<br />

Entità aiuto<br />

Aiuti nel Regime di pagamento unico sono versati in base ai titoli<br />

di aiuto detenuti corrispondenti al numero di ettari ammissibili, su cui<br />

sono effettuati tutti i normali lavori agricoli, posseduti dall’agricoltore<br />

al momento della domanda.<br />

85


Calcolo dell’importo di riferimento su cui fissare il valore dei titoli,<br />

viene effettuato in base a:<br />

- Per cereali (compreso frumento duro), semi oleosi, colture<br />

proteiche, semi di lino, lino e canapa da fibre, foraggi insilati, setaside:<br />

63 EUR/t. moltiplicati per resa piano regionalizzazione<br />

seminativi applicata nel 2002 (in deroga per lino e canapa ammessa<br />

media anni 2000/02)<br />

Le varietà di Cannabis sativa ammesse alla coltivazione<br />

nell’ambito della Unione Europea sono elencate nell’allegato XII del<br />

Reg. CE 1251/1999 e succ. mod. riportate nella seguente tabella<br />

(tab.5):<br />

Tab.5 Varietà di Cannabis sativa ammesse per la coltivazione<br />

Origine Nome<br />

CARMAGNOLA - CS (CARMAGNOLA<br />

Italia SELEZIONATA) - FIBRANOVA -<br />

RED PETIOLE<br />

FEDORA 17 - FEDORA 19 - FEDR<strong>IN</strong>A 74 - FEL<strong>IN</strong>A<br />

32 - FEL<strong>IN</strong>A 34<br />

FERIMON - FIBRIMON 24 - FIBRIMON 24 -<br />

Francia<br />

FIBRIMON 56 - FUTURA -<br />

FUTURA 75 - EPS<strong>IL</strong>ON 68 - SANTHICA 23 -<br />

SANTHICA 27 – DIOICA 88<br />

Germania FASAMO<br />

Spagna DELTA LLOSA - DELTA 405<br />

Polonia BENIKO - BIALOBRZESKIE<br />

Ucraina JUSO 14 - JUSO 31<br />

Olanda CHAMAELEON<br />

86


La tabella delle varietà ammesse è costantemente aggiornata e<br />

quella che riportiamo corrisponde all’anno 2003, come da allegato XII<br />

art. 7bis par.1 del reg. CE 2316/1999 in vigore.<br />

Queste sono le varietà che hanno un contenuto di THC<br />

(tetraidrocannabinolo) nelle infiorescenze inferiore allo 0,2%. E’<br />

assolutamente necessario utilizzare seme che sia stato certificato da<br />

Ente autorizzato perché, se tale limite viene superato, s’incorre nelle<br />

sanzioni penali stabilite dalla legislazione sulle sostanze stupefacenti.<br />

Aiuto prima trasformazione lino tessile e canapa (reg. 1673/00,<br />

2373/00, 245/01, 2170/04; d.m. 10/5/01)<br />

Soggetti interessati:<br />

Primi trasformatori riconosciuti o trasformatori assimilati, produttori di<br />

lino e canapa tessile, purché<br />

• coltura di lino mantenuta in campo fino a 30 Giugno mentre canapa<br />

mantenuta almeno “fino a 10 giorni dopo la fine del periodo di<br />

fioritura” (Stato membro può consentire raccolto anticipato se<br />

produttore sottoposto a controllo preventivo);<br />

• utilizzate sementi autorizzate da CE (Elenco riportato in Allegato<br />

XII del Reg. CE 2316/99) e nel caso di canapa certificate;<br />

• ottenute fibre lunghe di lino (Separazione completa delle fibre da<br />

parti legnose e dopo stigliatura fili aventi lunghezza di almeno 50<br />

cm.) o fibre corte di lino (Separazione parziale della fibra da parti<br />

legnose con fili di lunghezza inferiore), o fibre di canapa<br />

(Separazione almeno parziale di fibre da legno);<br />

• impiegato metodo ufficiale CE per calcolare tasso di<br />

tetraidrocannabinolo su campione di canapa destinata alla fibra<br />

pari a 30% delle domande presentate e delle superfici investite e<br />

su tutte le varietà impiegate.<br />

Importo aiuto per fibre lunghe di lino pari a 160 EUR/t. per la<br />

campagna 2002/03, 2003/04, 2004/05, 2005/06 e di 200 EUR/t. a<br />

partire da campagna 2006/07.<br />

Importo aiuto per le fibre corte di lino e canapa, contenenti al<br />

massimo 7,5% di impurità e canapuli: 90 EUR/t.<br />

87


Fattori di successo per il rilancio di colture di piante da fibre<br />

Perché una coltura praticata in passato e poi abbandonata,<br />

possa essere reintrodotta con successo deve:<br />

• Poter rientrare negli ordinamenti colturali senza creare problemi<br />

alla coltura successiva, e, con interazioni positive, ad es. sfruttando<br />

gli effetti residui delle colture precedenti, consentire di migliorare o<br />

ameno mantenere invariato il reddito dell’intero avvicendamento.<br />

• Poter essere coltivata con tecniche a basso impatto ambientale in<br />

modo da ridurre l’input chimico ed energetico nell’ambiente;<br />

• Poter utilizzare direttamente, o con limitate modifiche, le<br />

attrezzature agricole già esistenti in azienda o reperibili in loco;<br />

• Essere in grado di fornire produzioni relativamente costanti negli<br />

anni in modo da assicurare il soddisfacimento delle esigenze<br />

industriali;<br />

• Essere in grado di fornire caratteristiche qualitative rispondenti alle<br />

richieste dell’industria di trasformazione;<br />

• Poter disporre materiale genetico adatto, in quantità sufficiente per<br />

le superfici che s’intende coltivare;<br />

• Poter disporre di un’organizzazione che assicuri il ritiro e la<br />

conservazione del prodotto, ed eventualmente la prima fase di<br />

lavorazione di post-raccolta;<br />

In base a ciò, conoscendo il livello produttivo raggiungibile e<br />

valutando i costi, l’agricoltore potrà calcolare il Break-even point e<br />

decidere se gli conviene o no effettuare la coltura.<br />

Il lino, la canapa il cotone la ginestra, sono specie che nei nostri<br />

ambienti, come dimostrano i dati storici di coltivazione e produzione e<br />

come i risultati acquisiti dalla sperimentazione ripropongono su nuove<br />

basi produttive e di tecnica colturale, sembrano in grado soddisfare le<br />

esigenze del consumatore e hanno prospettive di sviluppo negli<br />

ordinamenti produttivi delle imprese agrarie.<br />

88


Motivazioni per una reintroduzione del no-food<br />

L’U.E., con una serie di successivi provvedimenti, sta tentando di<br />

disincentivare la produzione di eccedenze attraverso una serie di<br />

meccanismi fra i quali la riconversione produttiva, per ottenere<br />

materie prime di cui l’Unione è deficitaria, attualmente o in<br />

prospettiva, o materie prime da destinare ad impieghi innovativi. In<br />

tutti i paesi dell’U.E. si assiste ad un fiorire d’iniziative, di ricerche che<br />

riguardano principalmente le filiere dell’amido, dell’energia, delle<br />

fibre, degli oli tecnici, dei coloranti, dei dolcificanti e, in genere, di<br />

materie prime vegetali destinate all’industria. Si tratta di produzioni di<br />

massa, con richiesta industriale di forti quantitativi e perciò<br />

coinvolgenti ampie superfici, o di richieste molto limitate, con forte<br />

valore aggiunto, di particolari produzioni, ricavabili perciò da colture di<br />

nicchia. Alcuni Paesi hanno destinato ampie risorse pubbliche, ma<br />

anche private, ed hanno perciò avviato una fase iniziale di sviluppo<br />

operativo. L’Italia nel settore è ancora alla fase pre-operativa e prenormativa.<br />

Le motivazioni per sviluppare colture non alimentari non<br />

solo sono in sintonia con le direttive e le indicazioni dell’U.E., ma<br />

sono della più completa attualità. D’altra parte ciò appare ben chiaro<br />

dalle prime informazioni su Agenda 2000: si tratta di una vera e<br />

propria rivoluzione che potrà comportare notevoli variazioni nella<br />

redditività di colture tradizionali e quindi rendere interessanti colture<br />

non alimentari. Inoltre gli impegni della Conferenza di Kyoto,<br />

sottoscritti anche dall’Italia, per la riduzione delle emissioni<br />

nell’atmosfera giocano a favore di queste colture. La carta ambientale<br />

sarà forse la carta vincente, sia per la modalità di produzione che, per<br />

le caratteristiche dei prodotti ottenibili offerti al consumatore.<br />

Tutte queste considerazioni possono essere fatte anche per le<br />

colture di specie coloranti perché il consumo di prodotti coloranti di<br />

origine naturale appare complessivamente orientato verso un<br />

progressivo sviluppo che sembra destinato a crescere con tassi tanto<br />

maggiori quanto più velocemente si svilupperà la sensibilità del<br />

consumatore nei confronti degli aspetti salutistici, del rispetto<br />

dell'ambiente e della propria complessiva qualità di vita, alla tutela<br />

ambientale, che i prodotti derivati da sostanze naturali sono in grado<br />

di garantire<br />

89


colorante naturale<br />

• utilizzo di risorse rinnovabili<br />

• assenza di tossicità in fase di produzione e riduzione dei rischi per<br />

gli operatori<br />

• completa biodegradabilità e riduzione dei rischi ambientali<br />

• assenza di tossicità dei prodotti finiti<br />

colorante sintetico<br />

• consumo di risorse non rinnovabili: petrolio e derivati<br />

• rischio legato alla fase di produzione dei coloranti<br />

• elevato impatto ambientale nella fase di produzione e possibile<br />

rischio di allergie (dermatiti da contatto) per chi indossa il capo<br />

finito<br />

Un ritorno ai coloranti naturali<br />

La ricerca scientifica ha messo in luce la gran parte delle<br />

straordinarie proprietà delle piante da coloranti, rendendo impiegabili<br />

i loro elementi in nuove attività produttive molto diversificate in grado<br />

di fornire vantaggi al mondo agricolo. Sono diverse le ragioni che<br />

favoriscono la reintroduzione delle piante da coloranti:<br />

• Diversificazione delle produzioni agricole con l’inserimento di<br />

colture a destinazione non alimentare;<br />

• Attivazione di filiere produttive agro-industriali con valorizzazione<br />

della materia prima;<br />

• Sviluppo di tecnologie innovative;<br />

• Opportunità di sviluppo rurale attraverso l’integrazione verticale di<br />

una filiera di fibre e colori naturali;<br />

• Perfetta compatibilità ambientale delle coltivazioni di piante<br />

officinali tintorie, anche in aree protette e parchi;<br />

• Scenario di mercato particolarmente favorevole ad accogliere<br />

prodotti di origine naturale;<br />

90


• Sviluppo di nuove opportunità di mercato per il tessile biologico e la<br />

moda-bio “Made in Italy.<br />

I fattori di sviluppo economico delle piante coloranti negli ordinamenti<br />

produttivi delle imprese agricole dei nostro paese<br />

Le caratteristiche del mercato dei prodotti coloranti, l'andamento<br />

dei loro consumi, il comportamento dei consumatori sempre più<br />

orientato all'uso dì prodotti naturali ottenuti da processi<br />

maggiormente rispettosi dell'ambiente, le tipologie dell'offerta di<br />

questi prodotti e delle imprese che li realizzano, definiscono le<br />

possibilità di diffusione di alcune piante coloranti negli ordinamenti<br />

produttivi delle nostre aziende agrarie. Si tratta, senza tema di<br />

smentita, di un comparto della produzione destinato ad un rapido<br />

sviluppo sia in relazione alla numerosità delle utilizzazioni attuali,<br />

specialmente in campo alimentare, sia all'allargamento ad impieghi<br />

extralimentari prospettabili nell'industria della cosmesi,<br />

dell'abbigliamento, dell'arredamento e dell'edilizia. La crescita dei<br />

consumi di questi prodotti nei paesi sviluppati riflette un<br />

comportamento che si va progressivamente consolidando nel<br />

consumatore tendente a privilegiare l'uso di prodotti "naturali”, che<br />

siano in grado di offrire maggiori garanzie di salubrità, atossicità ed<br />

antiallergicità. L'esistenza di aree di concentrazione della produzione<br />

e dell'offerta dimostra l'importanza dei fattori ambientali e la ricerca<br />

delle condizioni ottimali di produzione nell'ottenimento di coloranti<br />

naturali. La specializzazione della produzione degli impianti evidenzia<br />

l'esistenza di condizioni locali vantaggiose di cui è necessario tener<br />

conto nell'ipotesi della produzione di un pigmento vegetale. La<br />

tipologia delle imprese del settore ne ha evidenziato una grande<br />

eterogeneità, una grande differenziazione nelle dimensioni degli<br />

impianti ed un’elevata specializzazione della produzione. Si tratta di<br />

condizioni che se non impediscono l'accesso di nuove imprese,<br />

indicano che esse si possono impiantare dove esistono le migliori<br />

condizioni per la produzione e la trasformazione della materia prima<br />

piuttosto che per la sua utilizzazione. Indipendentemente dai tassi di<br />

sviluppo che, anche in termini prospettici, potranno essere realizzati,<br />

il mercato dei coloranti naturali appare destinato ad acquisire<br />

91


dimensioni tendenzialmente modeste, rispetto alle altre produzioni<br />

agricole; vale a dire volumi di produzione riconducibili da una<br />

modesta quota delle superfici destinare a produzioni non alimentari.<br />

Esso può concorrere ad affrontare e risolvere i problemi di<br />

conservazione e miglioramento delle risorse. Sotto l'aspetto<br />

agronomico si tratta, quindi di una opzione praticabile su ambiti<br />

territoriali limitati, e là dove sia possibile applicare una tecnica che<br />

contenga al massimo i costi di produzione e valorizzi le potenzialità<br />

della pianta al fine di una sua trasformazione. Per le specie più<br />

interessanti sotto l'aspetto agronomico si tratta ora di verificare le<br />

caratteristiche tecniche dei prodotti ottenibili, di definirne gli impieghi;<br />

di quantificare e qualificare la domanda e di individuare le dimensioni<br />

minime.<br />

92


Tab. 6 Piante coloranti più interessanti dal punto di vista agronomico<br />

Specie<br />

Zona<br />

di<br />

coltura<br />

attuale<br />

Zona di<br />

diffusi<br />

one<br />

Zona di<br />

coltura<br />

proponibi<br />

le<br />

Amaranto N-C-S - C-S Coltivata come ornamentale<br />

Bietola rossa N-C-S - N-C-S Coltivata soprattutto come ortiva<br />

Calendula N-C-S - C-S<br />

Coltivata come ornamentale e<br />

officinale<br />

Camomilla dei tintori C-S C-S Endemica<br />

Carcadè s Di nuova introduzione<br />

Cartamo S C-S Coltivata come oleaginosa<br />

Cavolo cappuccio<br />

rosso<br />

N-C N-C Coltivata come ortiva<br />

Fitolacca - N N Diffusa come infestante<br />

Guado - N-C N-C Endemica<br />

Henné - S Di nuova introduzione<br />

lperico - N-C-S N-C-S Cosmopolita<br />

Iris N-C N-C<br />

Coltivata come officinale e<br />

ornamentale<br />

Ortica N-C-S N-C Cosmopolita<br />

Persicaria dei tintori s Di nuova introduzione<br />

Reseda C-S C-S Endemica<br />

Robbía N-C-S C-S Endemica<br />

Spinacio N-C-S - N-C-S Coltivata come ortiva<br />

Tagete N-C-S - C-S Coltivata come ornamentale<br />

Tarassaco - N-C-S N-C-S Cosmopolita<br />

Zafferano C-S C-S Coltivata come officinale<br />

N-C-S = Nord, Centro e Sud Italia.<br />

Note<br />

93


1.4.2 L'innovazione in campo tessile nei riguardi del comfort<br />

Il bisogno primario dell'uomo di vestirsi si è venuto modificando<br />

nel tempo perché le fibre impiegate sono cambiate, perché la<br />

struttura dei filati, dei tessuti, dei finissaggi è radicalmente mutata.Il<br />

benessere ed il comfort, prima elementi connaturati con un certo tipo<br />

di prodotto tessile, quasi casuali, sono diventati elementi decisivi per<br />

l'apprezzamento ed il successo stesso dei prodotti, da progettare fin<br />

dall'inizio del concepimento del particolare capo. Oggi inoltre si<br />

progettano e si realizzano sempre più spesso prodotti multi<br />

funzionali, per i quali cioè devono coesistere e convivere prestazioni<br />

anche contrastanti tra loro, come ad esempio l'impermeabilità<br />

all'acqua e la permeabilità all'aria, così come la forte resistenza<br />

abbinata alla morbidezza. Chiaramente le fibre hanno un ruolo<br />

centrale, così come per i tessuti nati e sviluppati espressamente per<br />

assicurare il comfort, ma altrettanto importanti, soprattutto in alcune<br />

applicazioni specifiche, sono i trattamenti di nobilitazione per<br />

conferire prestazioni che di per sé il tessile non avrebbe. Mantenere il<br />

corretto equilibrio tra corpo umano e ambiente esterno in relazione<br />

all'attività fisica svolta è la caratteristica peculiare che i prodotti tessili<br />

devono possedere unitamente a qualità e protezione.<br />

Nella definizione generale di comfort si evidenziano differenti<br />

componenti come quella:<br />

• fisiologica,<br />

• fisico-chimica,<br />

• psicologica.<br />

Si accentua così più la mancanza di comfort che non una sua<br />

presenza positiva. Sono state realizzate numerose ricerche per<br />

individuare le cause e gli elementi di mancanza di comfort<br />

specificatamente rivolte al tessile. Per le materie prime ha un ruolo<br />

fondamentale la struttura chimico-macromolecolare della fibra come<br />

finezza e sezione, per il filato vengono presi in considerazione titolo,<br />

torsione e pelosità, per la superficie tessile come struttura e il<br />

processo di nobilitazione, per finire con l'abito dove l'attenzione si<br />

sposta su foggia e dimensioni.<br />

94


Si devono quindi progettare le fibre, i filati, le superfici, gli<br />

indumenti che abbiano i valori voluti dei parametri considerati decisivi<br />

per il comfort. Questo è oggi ancora molto difficile perché rimane una<br />

forte soggettività. Si deve quindi riuscire ad individuare le grandezze<br />

sensibili, significative, a misurarle, a stabilire i valori ottimali (o dei<br />

valori di soglia), per passare poi al progetto per poter ottenere il<br />

tessile le cui caratteristiche rispondano appunto ai valori ottimali.<br />

Le principali aree di ricerca per realizzare questo processo<br />

riguardano:<br />

• le caratteristiche di trasporto (liquidi, gas),<br />

• le caratteristiche di contatto con la pelle (mano),<br />

• le caratteristiche di drappeggio e di confezionabilità dei tessuti.<br />

A questo riguardo sono da prendere in considerazione tutti gli<br />

aspetti fisici del comfort quali:<br />

1. Proprietà Termiche:<br />

• trasmissione del calore.<br />

• protezione termica.<br />

• trasmissione di vapore-umidità.<br />

• permeabilità all'umidità.<br />

• fattori influenti nella permeabilità al vapore.<br />

• trasmissione di liquido-umidità.<br />

• idrorepellenza ed assorbimento d'acqua.<br />

• misura delle caratteristiche d'umidità.<br />

2. Fattori che influenzano la trasmissione dei liquidi e<br />

dell'umidità:<br />

• permeabilità all'aria.<br />

• test di permeabilità all'aria.<br />

• correlazione tra permeabilità ed altri fattori.<br />

• taglia e foggia dei capi.<br />

95


3. Elettricità Statica<br />

• misura della propensity elestrostatiche.<br />

• effetti dell'elettricità statica.<br />

• riduzione del carico elettrostatico.<br />

4. Rumore<br />

• impiego del tessile per combattere il rumore.<br />

Lo sforzo più grande nell'innovazione è sicuramente quello che<br />

si lega al miglioramento dei punti 1 e 2 e si lega anche allo sviluppo<br />

di alcuni settori del tessuto tecnico specie in campo sportivo. Il caso<br />

dell'Azienda GEOX, che si occupa di calzatura da tempo libero, è uno<br />

degli esempi più brillanti nel panorama italiano di come innovazione e<br />

ricerca nel campo del comfort termico possa creare, anche grazie ad<br />

un management d'avanguardia, concrete possibilità di un prodotto.<br />

Raccogliendo direttamente il racconto di un giornalista e le parole<br />

dell'imprenditore Mario Moretti Polegato è possibile tracciare<br />

l'esperienza di accogliere innovazione:<br />

Un giovane trevigiano, approfittando dei momenti di pausa<br />

della convention di viticoltori cui stava partecipando, decise di<br />

visitare le Montagne Rocciose. Lamentandosi per il caldo e per<br />

il sudore dei suoi piedi, prese il coltello che trovò nella stanza<br />

dellhotel in cui era ospite, e praticò dei tagli alla suola delle<br />

proprie scarpe. Dopo liniziale sollievo, si accorse che dagli<br />

stessi fori che gli permettevano di far respirare i suoi piedi<br />

entrava acqua. Effettuate alcune ricerche scoprì che proprio in<br />

America esisteva una soluzione al suo problema: da anni la<br />

NASA utilizzava per le tute degli astronauti un tessuto<br />

impermeabile in grado anche di far traspirare il calore corporeo,<br />

la membrana. Il progetto della scarpa che respira aveva così<br />

preso vita. Decisi di brevettare subito questa idea e di proporla<br />

alle principali aziende del settore, prima in Italia e poi<br />

allestero.<br />

96


Ricevuti solo rifiuti, con la collaborazione di cinque amici<br />

decise di intraprendere questa avventura creando Geox. Da<br />

quel giorno sono passati diversi anni e molte cose si sono<br />

evolute: Mario Moretti Polegato ha iniziato una lunga scalata<br />

che lo ha portato a diventare il re delle scarpe che respirano. I<br />

cinque dipendenti sono diventati più di cinquemila, i modesti<br />

volumi di calzature delle iniziali produzioni si sono moltiplicati<br />

fino a raggiungere i milioni di paia, permettendo a Geox di<br />

fatturare centinaia di milioni di euro, con incrementi medi annui<br />

di oltre il 30%. ....... Tutto questo in soli nove anni di attività:<br />

uno sviluppo da record che ha portato il suo ideatore ad essere<br />

designato dalla Ernst&Young quale Miglior Imprenditore<br />

Italiano del 2002. Credo che il segreto di Geox si possa<br />

riassumere in quattro punti chiave. .......... è lingente<br />

investimento in tecnologia ed innovazione, che assorbe il 3%<br />

del fatturato annuo. Abbiamo quindici ingegneri che<br />

collaborano con il CNR di Milano, le Università di Padova,<br />

Monaco di Baviera e di Oslo, il più importante centro mondiale<br />

per la ricerca sul calore corporeo. La continua ricerca ha<br />

portato al miglioramento della membrana e alla realizzazione di<br />

nuovi brevetti che ci hanno permesso di rinforzare la leadership<br />

applicando questa tecnologia anche alle scarpe con la suola in<br />

cuoio e a capi di abbigliamento. ( Rivista Il leccio, articolo di<br />

Manuela Moras e Patrizio Cernetti)<br />

97


L'approccio al comfort termofisiologico nell'uomo e le sue applicazioni<br />

nel settore tessile.<br />

Per lo studio del comfort termico esistono fondamentalmente due<br />

grandi teorie, quella della scuola danese di Ole Fanger e quella della<br />

scuola americana di Gagge da cui derivano due indici che<br />

attualmente vengono essenzialmente utilizzati: il PMV (Predicted<br />

Mean Vote) e l’ET (Effective temperature), che sono oggetto<br />

rispettivamente la base della normativa ISO e di quella ASHRAE.<br />

Esistono anche modelli multinodali, dove il corpo umano è<br />

considerato per segmenti, e per calibrarli vengono utilizzate le prove<br />

con manichini riscaldati. Inoltre nella letteratura internazionale è<br />

sempre più enfatizzata l’importanza della valutazione soggettiva del<br />

comfort: essendo quest’ultimo legato ad una sensazione è<br />

indispensabile associare alle misure oggettive quelle soggettive che<br />

permettono di verificare la risposta delle persone effettivamente<br />

esposte all’ambiente in esame.<br />

Un concetto importante nelle valutazioni in questo campo è il<br />

luogo dove si svolgono le valutazioni ovvero la tipologia di ambiente<br />

termico. Per ambiente termico si intende l’insieme delle variabili<br />

ambientali che determinano la sensazione termoigrometrica<br />

dell’uomo. Nel caso degli ambienti confinati o indoor gli ambienti<br />

termici vengono distinti in moderati e severi, intendendo per moderati<br />

quelli nei quali l'obiettivo, in sede di progettazione e di gestione, è il<br />

raggiungimento del comfort termico e per severi, caldi e freddi, quelli<br />

nei quali, invece, bisogna occuparsi di salvaguardare la salute degli<br />

operatori. La valutazione degli ambienti termici viene effettuata<br />

utilizzando gli indici previsti dalla normativa di settore; in particolare,<br />

si fa riferimento per gli ambienti moderati alla norma UNI EN ISO<br />

7730 "Ambienti termici moderati - Determinazione degli indici PMV e<br />

PPD e specifica delle condizioni di benessere termico” (UNI, 1997),<br />

valida esclusivamente negli ambienti interni, per gli ambienti severi<br />

caldi alle norme UNI EN 27243 “Ambienti caldi - Valutazione dello<br />

stress termico per l'uomo negli ambienti di lavoro, basata sull'indice<br />

WBGT (temperatura a bulbo umido e del globotermometro)”, (UNI,<br />

1996a) e UNI EN ISO 7933 “Ergonomia dell'ambiente termico -<br />

Determinazione analitica ed interpretazione dello stress termico da<br />

calore mediante il calcolo della sollecitazione termica prevedibile”<br />

(UNI, 2005) per gli ambienti severi alla norma volontaria UNI ENV<br />

98


ISO 11079 “Valutazione degli ambienti freddi - Determinazione<br />

dell'isolamento richiesto dagli indumenti (IREQ)”, (UNI, 2001).<br />

La base comune a tutta la problematica del benessere termico si<br />

fonda sull'equazione del bilancio umano.<br />

Il bilancio di energia termica sul corpo è espresso dall’equazione:<br />

S = M - W - Eres- Cres- C - R - E - K (0)<br />

con:<br />

1. S = accumulo di energia termica nell'unità di tempo o<br />

variazione di energia interna del corpo umano nell'unità<br />

di tempo;<br />

2. M = metabolismo energetico;<br />

3. W = potenza meccanica che il corpo umano cede<br />

all'ambiente;<br />

4. Eres= potenza termica dispersa nella respirazione come<br />

"calore latente";<br />

5. Cres= potenza termica dispersa nella respirazione come<br />

"calore sensibile";<br />

6. C = potenza termica dispersa per convezione;<br />

7. R = potenza termica dispersa per irraggiamento;<br />

8. E = potenza termica dispersa per evaporazione dalla pelle;<br />

9. K = potenza termica dispersa per conduzione.<br />

(tutti le unità sono in Watt)<br />

I parametri da cui dipende il bilancio termico sono<br />

essenzialmente sei: temperatura dell’aria, umidità relativa, velocità<br />

dell’aria, temperatura media radiante, abbigliamento, metabolismo<br />

energetico.<br />

Per risolvere l’equazione di bilancio di energia, esistono vari<br />

modelli, tra i quali i più usati sono: quello di Fanger, basato sulla<br />

definizione di carico termico (Fanger, 1970) e sull’assunzione che la<br />

temperatura della pelle e l’energia dispersa per evaporazione dalla<br />

pelle dipendono esclusivamente dall’attività metabolica; quello di<br />

Gagge, anche conosciuto come modello a due nodi, che vede il<br />

99


corpo umano assimilato a due cilindri concentrici, dei quali uno<br />

rappresenta la pelle e l’altro il nucleo; quelli multinodo, praticamente<br />

tutti derivati dal modello di Stolwijk (1970),il cui schema generale per<br />

un segmento corporeo è presentato nella figura successiva.<br />

Prima di procedere a descrivere gli indici utilizzati per valutare il<br />

comfort è meglio precisare il concetto di isolamento termico come<br />

proposto da due autori italiani Francesca D' Ambrosio e Gaetano<br />

Alfano dell'Università di Salerno.<br />

L'isolamento termico dei vestiti<br />

Come si è visto, l’abbigliamento è uno dei parametri che<br />

determinano la sensazione termica dell’uomo; in particolare,<br />

l’abbigliamento svolge tre distinte funzioni:<br />

• isolamento termico.<br />

• barriera alla traspirazione del vapore.<br />

• meccanismo comportamentale di termoregolazione.<br />

100


Va sottolineato che le proprietà termofisiche che influenzano il<br />

comfort sono quelle dell’abbigliamento nel suo complesso, cioè di un<br />

insieme di capi confezionati, eventualmente indossati uno sull’altro,<br />

per cui non è assolutamente possibile fare riferimento alle<br />

metodologie consolidate e comunemente usate per i tessuti. Tra le<br />

cause che determinano la differenza sostanziale tra l’influenza dei<br />

tessuti e quella dell’abbigliamento vanno ricordati l’aderenza dei capi<br />

ed il pumping effect, del quale si parlerà nel seguito.<br />

Le proprietà dell’abbigliamento che determinano il comfort<br />

termoigrometrico sono due, la resistenza termica e la resistenza<br />

evaporativa, che devono essere misurate o valutate secondo quanto<br />

previsto dalla norma UNI EN ISO 9920 (UNI, 2004a). Per quanto<br />

riguarda invece i tessuti, le stesse proprietà vanno misurate con<br />

metodi completamente diversi, secondo quanto previsto dalle norme<br />

UNI-EN 31092 (UNI, 1996b) e UNI-EN-ISO 15496 (2004b).<br />

La resistenza termica per unità di superficie, R in m 2KW -1 , è<br />

genericamente definita dalla relazione:<br />

con:<br />

(1)<br />

A = area della superficie di scambio termico, m2;<br />

t = differenza di temperatura, °C;<br />

H = potenza termica secca scambiata attraverso la superficie, W.<br />

Per caratterizzare la resistenza termica dell'abbigliamento nella<br />

letteratura tecnica sono comunemente utilizzate tre grandezze<br />

(Alfano e d'Ambrosio, 1986a, Alfano et al., 1986b,d’Ambrosio et al.,<br />

1986):<br />

l'isolamento totale, RT, e l'isolamento intrinseco, Rcl, il cui<br />

significato è schematizzato in Figura 1, e l'isolamento efficace, Rcle;.<br />

E' molto diffusa l'abitudine di misurare tali resistenze in clo, unità<br />

incoerente legata alla corrispondente unità del Sistema<br />

Internazionale dalla relazione:<br />

1 clo = 0,155 m 2KW -1 (2)<br />

101


in questo caso le resistenze vengono indicate con il simbolo I.<br />

L’isolamento totale, RT in m 2 KW -1 , è definito come:<br />

con:<br />

(3)<br />

Ab = area della superficie del corpo umano nudo, m 2;<br />

t sk = temperatura media della superficie della pelle del corpo<br />

umano,°C;<br />

t o = temperatura operativa, o operante, dell'ambiente nel quale si<br />

trova il soggetto,°C;<br />

H = potenza termica secca, W.<br />

Schema generale delle interfaccia vestito/pelle e vestito/ambiente<br />

termico esterno.<br />

L’isolamento intrinseco, R cl in m 2 KW -1 , è definito dalla relazione:<br />

102


(4)<br />

con:<br />

t cl = temperatura media della superficie del corpo umano vestito,° C.<br />

Infine, l’isolamento efficace, R cle in m 2 KW -1 , è definito dalla relazione:<br />

dove Ra, in m 2 KW -1 , rappresenta la resistenza termica superficiale<br />

unitaria soggetto-ambiente, data dalla relazione:<br />

(5)<br />

con:<br />

(6)<br />

h c = conduttanza termica convettiva unitaria soggetto-ambiente,<br />

Wm -2 K -1 ;<br />

h r = conduttanza termica radiativa unitaria soggetto-ambiente,<br />

Wm -2 K -1 ;.<br />

Delle tre grandezze la RT è la meno significativa; la R cl, rispetto<br />

ad R cle, è fisicamente più corretta, ma difficile da ottenere, in quanto<br />

la temperatura superficiale esterna del corpo vestito non è<br />

praticamente misurabile, e quindi la (4) non è direttamente applicabile<br />

ma per ricavare R cl va usata la relazione:<br />

103


C'è poi da sottolineare che le equazioni di definizione di RT, R cl,<br />

R cle rappresentano relazioni di scambio termico in sistema a regime<br />

permanente con flusso monodimensionale. In sede di misura deve<br />

pertanto essere verificata la condizione di regime permanente. La<br />

condizione di flusso monodimensionale non è invece realizzabile sia<br />

per la geometria del sistema corpo-abbigliamento,difatti,<br />

l'abbigliamento non sempre ricopre tutto il corpo e non sempre lo<br />

ricopre in maniera uniforme, sia per la non isotermicità della pelle.<br />

Considerando anche che attraverso l'abbigliamento lo scambio<br />

termico avviene secondo meccanismi diversi,anche per il fatto che i<br />

diversi capi non sono sempre perfettamente a contatto ed i tessuti<br />

sono costituiti da fibre, per cui lo scambio avviene sia per<br />

conduzione, tra le parti solide, che per irraggiamento e convezione,<br />

negli spazi occupati dall'aria, si deduce che RT, R cl e R cle sono in<br />

realtà resistenze termiche equivalenti. La valutazione della resistenza<br />

termica dell’abbigliamento viene effettuata tramite tabelle riportate<br />

dalla norma UNI 9920 (UNI, 2004a). Nel caso si vogliano comporre<br />

abbigliamenti a partire dai capi l’isolamento totale deve essere<br />

calcolato a partire dai dati tabellati con la relazione :<br />

I cl = 0,161 + 0,835 Iclu (8)<br />

La resistenza termica dell’abbigliamento è poco influenzata dal<br />

tipo di tessuto, mentre dipende dallo spessore e dalla superficie di<br />

area coperta (UNI, 2004); partendo da questo presupposto, è<br />

possibile ricavarne il valore utilizzando una delle seguenti formule:<br />

(7)<br />

I cl = 0,919 + 0,255 m – 0,00874 A b - 0,00510 A cl (9)<br />

con:<br />

s = massa dell’abbigliamento (tranne le scarpe), kg;<br />

A b = area della superficie del corpo umano non coperta da abiti, m 2;<br />

A cl = area della superficie del corpo umano coperta da un singolo<br />

104


strato di abbigliamento , m 2; ambedue le aree sono espresse<br />

in percentuale rispetto al totale e sono ricavabili dalla figura<br />

della pagina successiva.<br />

I clu = 0,0043 A cl+ 1,4 s A cl (10)<br />

con:<br />

s = spessore del tessuto, m.<br />

Iclu = 0,0061 A cl (11)<br />

Evidentemente, la (9) fa riferimento all’abbigliamento, le (10) e (11) al<br />

singolo capo.<br />

105


Percentuale di superficie delle singole aree del corpo umano rispetto al totale da<br />

(UNI, 2004).<br />

Le misure di resistività termica vanno effettuate in camera<br />

climatica su persona o su manichino termico opportunamente<br />

strumentato. In ambo i casi, poiché il valore della resistenza termica<br />

dell’abbigliamento si ricava dal bilancio di energia sul corpo umano<br />

(1), vanno misurate la temperature t sk, t a e t r e la potenza termica H e<br />

va eventualmente valutato il coefficiente f cl. In particolare, la potenza<br />

termica va misurata direttamente quando si usa il manichino, mentre<br />

nel caso di misura su persona, a regime stazionario, si ottiene una<br />

volta noti i valori della temperatura media della pelle, dell’accumulo di<br />

energia, del metabolismo e dell’energia dispersa per evaporazione,<br />

106


quest’ultima ottenuta a sua volta a partire dalla diminuzione di massa<br />

corporea, corretta per la perdita respiratoria e le variazioni<br />

metaboliche tenendo conto del fatto che una certa quantità di sudore<br />

può essere assorbita dall’abbigliamento. Secondo la norma UNI<br />

9920, la camera climatica deve avere le seguenti caratteristiche:<br />

con:<br />

v a =< 0,15 m/s<br />

.| t a- t r.| =< 5 °C<br />

φ = 30÷70%<br />

t a = temperatura dell’aria, °C;<br />

t r = temperatura media radiante, °C;<br />

v a = velocità dell’aria, ms-1;<br />

φ = grado igrometrico dell’aria, %;<br />

il che significa, evidentemente, che per effettuare questo tipo di<br />

misure non si può utilizzare una qualunque camera dotata di impianto<br />

di climatizzazione più o meno sofisticato, in quanto quest’ultimo<br />

garantisce il mantenimento solo dei parametri termoigrometrici relativi<br />

all’aria; si deve invece disporre di una camera che garantisca anche il<br />

controllo della temperatura media radiante, e quindi di tutte le<br />

temperature superficiali, nonché quello della velocità dell’aria.<br />

Purtroppo, spesso si ritiene, in maniera del tutto errata, che il comfort<br />

termoigrometrico dipenda esclusivamente dalla temperatura e<br />

dall’umidità dell’aria, senza tener conto del fatto che invece la<br />

sensazione di comfort/discomfort è fortemente dipendente dalle<br />

temperature superficiali, dalla velocità dell’aria e, a rigore, anche<br />

dalla deviazione standard di quest’ultima. A proposito di velocità<br />

dell’aria, va sottolineato che la ENV 342 prescrive che il suo valore<br />

sia pari a 0,4 m/s quando si vogliano testare abbigliamenti protettivi<br />

contro il freddo.<br />

107


La resistenza traspirativa<br />

La resistenza evaporativa per unità di superficie, Re in<br />

m 2kPaW -1 , è genericamente definita dalla relazione:<br />

(12)<br />

A = area della superficie di scambio termico, m 2;<br />

∆pv = differenza di pressione parziale, kPa;<br />

G = potenza evaporativa scambiata attraverso la superficie, W.<br />

Anche per caratterizzare la resistenza evaporativa<br />

dell'abbigliamento nella letteratura tecnica sono comunemente<br />

utilizzate tre grandezze: la resistenza evaporativa totale, Re,T, la<br />

resistenza evaporativa intrinseca, Re,cl e la resistenza evaporativa<br />

efficace, Re, cle.<br />

La resistenza totale, Re,T in m 2 kPaW -1 è definita come:<br />

(13)<br />

Ab = area della superficie del corpo umano nudo, m 2 ;<br />

pvs,sk = tensione di vapore alla temperatura della pelle, kPa;<br />

pa = pressione parziale del vapore nell’aria, kPa;<br />

G = potenza termica evaporativa, W;<br />

108


oppure, a partire dall’isolamento termico, come:<br />

con:<br />

(14)<br />

L = relazione di Lewis, KkPa -1 ;<br />

i m = indice di permeabilità, adim.<br />

Analogamente a quanto fatto per l’isolamento termico, è<br />

possibile definire le relazioni che legano tra loro le diverse<br />

espressioni della resistenza evaporativa:<br />

(15)<br />

(16)<br />

con R e,a resistenza evaporativa superficiale definita come:<br />

(17)<br />

Anche la valutazione della resistenza evaporativa<br />

dell’abbigliamento viene effettuata tramite tabelle riportate dalla<br />

norma UNI 9920 (UNI, 2004a).<br />

La norma fornisce, come mostrato in Tabella 6, i valori dell’indice<br />

di permeabilità i m dal quale, conoscendo la RT, attraverso la (14) si<br />

ricava la resistenza evaporativa totale; la presenza di due differenti<br />

valori è dovuta alla possibilità di formazione di condensa<br />

109


nell’abbigliamento o alla superficie di quest’ultimo; la relazione per<br />

interpolare tra i due estremi dell’intervallo di temperatura è la<br />

seguente:<br />

con:<br />

α = (30 – ta)/15<br />

La norma riporta anche tabelle del tipo di Tabella 4, con i valori<br />

di resistenza evaporativa totale e intrinseca e di indice di permeabilità<br />

per alcuni abbigliamenti composti da capi caratterizzati in termini di<br />

modello e tessuto.Tutti i dati tabellati disponibili sono stati ricavati in<br />

camera climatica su manichino termico. Le grandezze evaporative<br />

possono essere facilmente calcolate a partire da quelle termiche con<br />

le seguenti relazioni:<br />

18)<br />

(19)<br />

(20)<br />

(21)<br />

Generalmente, l’abbigliamento è composto da più capi e, quindi,<br />

da più strati di tessuti diversi tra i quali sono interposti strati di aria;<br />

quando le persone si muovono quest’aria, insieme a quella che entra<br />

attraverso le aperture dei capi, quali polsini e colletti, entra in<br />

movimento determinando un effetto, noto come “pumping effect"<br />

110


(Havenith et al., 1990), che può essere determinato anche da elevati<br />

valori di velocità dell’aria, dovuti ad esempio alla presenza di vento,<br />

che possono determinare una compressione degli strati di tessuto,<br />

riducendone lo spessore con conseguente variazione sia<br />

dell’isolamento termico che della resistenza evaporativa. Uno<br />

schema del pumping è presentato nella figura successiva.<br />

Schema del pumping effect<br />

111


Il sistema di termoregolazione umano<br />

Nella fisiologia della termoregolazione il corpo umano<br />

generalmente viene suddiviso in due zone: una esterna, costituita<br />

dalla pelle e dai tessuti sottocutanei, ed una interna, o nucleo,<br />

comprendente gli organi vitali. Le due zone sono caratterizzate da<br />

temperature diverse; in particolare, in un soggetto sano la<br />

temperatura della zona interna o nucleo, t core, che è quasi costante e<br />

mediamente uguale a 37°C (con una variazione di circa + 0,5 °C<br />

nell’arco della giornata), varia al variare delle zone di misura e può<br />

essere approssimata da una delle seguenti temperature:<br />

• esofagea, misurata da un sensore introdotto nella parte più<br />

bassa dell’esofago;<br />

• rettale, misurata da un sensore introdotto nel retto ad una<br />

decina di centimetri dall’orifizio anale;<br />

• addominale, misurata da una radio-pillola durante il passaggio<br />

attraverso l’intestino;<br />

• orale, misurata da un sensore posto sotto la lingua;<br />

• timpanica, misurata da un sensore posto il più vicino possibile<br />

alla membrana timpanica o da un sensore ad infrarossi;<br />

• auricolare, misurata da un sensore posto a contatto con le pareti<br />

del meato uditivo,a circa 1 cm dal timpano;<br />

• delle urine, misurata mentre queste vengono emesse, inserendo<br />

il sensore nella corrente urinaria;<br />

Va evidenziato che i valori di queste temperature differiscono<br />

alquanto tra loro e che la temperatura ascellare e quella inguinale,<br />

generalmente usate in medicina interna, sono di circa un grado<br />

centigrado inferiori rispetto a quelle sopra citate. La temperatura della<br />

pelle non è uniforme e quando si parla di t sk ci si riferisce in realtà<br />

alla media pesata delle temperature locali della pelle misurate in più<br />

punti, usando come coefficienti di peso le aree delle superfici quasi<br />

isoterme che le misure rappresentano, rapportate alla superficie<br />

corporea totale, ovvero:<br />

t sk= Σ t sk , i k i<br />

112


con:<br />

t sk = temperatura media della pelle,° C<br />

t sk, i = temperatura locale della pelle, relativa all’i- esimo punto di<br />

misura, ° C<br />

= coefficiente di peso dell’i- esimo punto di misura, adim.,<br />

k i<br />

La funzione di mantenere quasi isotermo il nucleo del corpo è<br />

delegata al sistema di termoregolazione che funziona come un<br />

qualunque sistema di controllo a retroazione: i recettori termici,<br />

terminazioni nervose sensibili sia alla temperatura che alla sua<br />

velocità di variazione, inviano segnali all’ipotalamo, che li confronta<br />

con i valori di riferimento delle temperature ed eventualmente attiva il<br />

meccanismo necessario a mantenere l’omeotermia del corpo.<br />

Esistono due tipi di termoregolazione:<br />

• vasomotoria;<br />

• comportamentale;<br />

La termoregolazione vasomotoria interessa i capillari periferici; i<br />

capillari sono dotati di valvole che, aprendosi o chiudendosi,<br />

permettono o impediscono l’afflusso di sangue: negli ambienti freddi<br />

si ha la chiusura delle valvole (vasocostrizione) con diminuzione<br />

dell’afflusso di sangue verso la periferia e con conseguente<br />

diminuzione della conducibilità termica dei tessuti e della temperatura<br />

superficiale e quindi dello scambio termico con l’esterno. Negli<br />

ambienti caldi si riscontra la situazione opposta: l’apertura delle<br />

valvole determina un aumento dell’afflusso di sangue alla periferia,<br />

con conseguente aumento della conducibilità termica dei tessuti e<br />

della temperatura della pelle e quindi dello scambio termico con<br />

l’esterno (vasodilatazione). Nel caso in cui la termoregolazione<br />

vasomotoria non sia sufficiente ad assicurare l’omeotermia del<br />

nucleo, interviene la termoregolazione comportamentale che contro il<br />

freddo si manifesta con il brivido, il quale consiste nell’attivazione di<br />

quasi tutti i gruppi muscolari, con lavoro meccanico nullo e con<br />

aumento della generazione di energia termica all’interno del corpo.<br />

113


La termoregolazione comportamentale contro il caldo è data<br />

dalla sudorazione, che consiste in varie fasi:<br />

• le ghiandole sudoripare secernono il sudore, costituito<br />

prevalentemente da una soluzione acquosa di cloruro di sodio;<br />

• il sudore arriva sulla superficie esterna della pelle attraverso<br />

appositi condotti;<br />

• il sudore si sparge sulla superficie della pelle ricoprendola di un film<br />

sottile;<br />

• a regime permanente il sudore in parte passa come vapore<br />

nell’aria, in parte gocciola.<br />

La parte che evapora sottrae alla superficie del corpo umano una<br />

quantità di energia termica pari al cosiddetto calore latente di<br />

evaporazione.<br />

114


Schema del sistema della termoregolazione umano con nucleo (core) e zona<br />

esterna (shell).<br />

Lo scopo dell'analisi del sistema di termoregolazione è di<br />

arrivare a valutare la distribuzione della temperatura nei vari organi e<br />

tessuti. Una prima risposta è quella di valutare il comportamento del<br />

sistema sanguigno che è pesantemente impegnato nei processi di<br />

termoregolazione e appartiene alla classe dei modelli fisiologici<br />

umani. Un esempio è dato dal modello open source PHYSBE in<br />

ambiente MATLAB dell'Università del Minneasota.<br />

115


Schema del modello PHYSBE.<br />

Esso permette di verificare il trasporto di calore nelle varie prati<br />

del corpo e si basa su un modello originario di McLeod. E' disponibile<br />

alla pagina WEB:<br />

(http://web.ccr.jussieu.fr/ccr/Documentation/Calcul/matlab5v11/docs/<br />

00058/058c8.htm).<br />

I modelli fisiologici puri come il precedente sono, tuttavia, ancora<br />

insufficienti per valutare integralmente la risposta del corpo al carico<br />

di calore. Quindi è bene orientare la scelta a modelli più completi<br />

come ad esempio quello proposto da autori come George Havenith<br />

dell'Human Thermal Environments Laboratory (Loughborough<br />

University,GB) per avere risposte individualizzate più utili nel campo<br />

delle applicazioni nel mondo tessile. Sono parametrizzati l'ambiente<br />

esterno, l'acclimatazione, il contenuto in grasso,la superficie della<br />

116


pelle, l'allenamento e anche il vestiario. La figura successiva illustra<br />

la complessità del modello.<br />

Modello fisiologico di Havenith<br />

Gli indici di benessere globale utilizzati nel comfort termoigrometrico<br />

La condizione di comfort termico, anche detta di benessere<br />

termoigrometrico, può essere definita, dal punto di vista psicologico,<br />

come lo stato psicofisico in cui il soggetto esprime soddisfazione nei<br />

riguardi dell’ambiente termico , oppure, dal punto di vista<br />

termosensoriale, come la condizione in cui il soggetto non ha né<br />

sensazione di caldo né sensazione di freddo, cioè una condizione<br />

termoigrometricamente neutra; le due definizioni sono del tutto<br />

equivalenti.<br />

Indici PMV e PPD<br />

117


L’indice PMV (Predicted Mean Vote) proposto da Fanger è<br />

definito sulla scala bipolare ASHRAE a 7 punti riportata<br />

successivamente e si basa su assunzioni fatte analizzando le<br />

esperienze condotte su circa 1300 individui relative alla sensazione di<br />

caldo o di freddo.<br />

Per Fanger, autore dell'indice, esso è direttamente proporzionale<br />

al cosiddetto “carico termico”, L, definito direttamente dal risultato del<br />

bilancio termico umano come la differenza tra l’energia termica che si<br />

genera all’interno del corpo umano, (M - W), e l’energia termica che<br />

l’individuo disperderebbe se fosse in benessere con il valore reale<br />

dell’attività svolta. Con la relazione:<br />

PMV = [ 0,303 exp(- 0,036 L) + 0,028] [22]<br />

dove L è il carico termico da cui si perviene alla valutazione numerica<br />

dell’indice PMV. Questo rappresenta il voto di un individuo medio nei<br />

confronti di un disagio termico in determinate condizioni sperimentali.<br />

Successivamente la relazione tra l’indice PMV, ovvero la sensazione<br />

di caldo o di freddo, è espressa su una scala a sette punti come si<br />

vede nella tabella successiva. L’indice PPD ( Predicted Percentage of<br />

Dissatisfied) è la percentuale prevista di insoddisfatti e Fanger la<br />

correlò al PMV, ottenendo il diagramma di Figura 2, dalla quale si<br />

evince che la percentuale di insoddisfatti, ovvero dell’indice PPD, è<br />

pari al 5% per PMV uguale a 0, diventa il 10% ai limiti dell’intervallo<br />

di benessere (+ 0,50- 0,50) e cresce rapidamente all’allontanarsi del<br />

PMV dall'intervallo comfort. Questo risultato, universalmente<br />

accettato, evidenzia come le risposte soggettive siano molto diverse<br />

tra di loro e come sia quindi impensabile realizzare condizioni che<br />

siano di comfort per tutti.<br />

118


119


Benessere termoigrometrico in ambienti outdoor<br />

La valutazione del benessere termometrico si complica con se<br />

l'ambiente termico è quello outdoor per l'ingresso del contributo della<br />

radiazione incidente. A questo punto va introdotto il concetto di<br />

temperatura operativa ovvero di una media fra temperatura dell'aria e<br />

di quella delle superfici irradiate (temperatura media radiante). La<br />

relazione per la ricerca di T O:<br />

con:<br />

[ 23]<br />

TMR = la temperatura media radiante dell’ambiente.<br />

T A = la temperatura dell’aria.<br />

TO = la temperatura operante, media pesata tra i due valori di<br />

temperatura TMR e TA. Quella media radiante incide<br />

fortemente sulla operante, tanto che all’aumento di un grado<br />

da parte della prima ne consegue l’aumento di due gradi o<br />

più per la seconda.<br />

HR = il coefficiente di irraggiamento tra superficie esterna e<br />

superfici circostanti, dipende da una differenza di<br />

temperature ed è un fattore di proporzionalità diretta. Esso è<br />

stato definito come un fattore di proporzionalità lineare.<br />

hC: = è il coefficiente di scambio termico o coefficiente di<br />

convezione tra superficie esterna ed aria, valore medio<br />

riferito all’intera superficie corporea, il cui valore dipende dal<br />

tipo di convezione.<br />

ICL = è l’espressione adimensionale della resistenza termica<br />

totale tra la pelle e la superficie esterna del corpo vestito,<br />

essa rappresenta l’unità di vestiario ed è espressa in clo.<br />

[24]<br />

120


Se guardiamo il modello dal punto di vista resistivo il processo di<br />

dispersione del calore diventa schematizzabile come nella figura<br />

seguente:<br />

A questo punto la perdita di calore per convezione e per<br />

radiazione diventa data dalla relazione:<br />

[25]<br />

con:<br />

α =coefficiente globale di scambio convettivo. Dipende dai due<br />

coefficienti rispettivamente di convezione e di irraggiamento<br />

(infatti α = hC +hR)<br />

Fcl = il fattore di incremento della resistenza termica prodotta dal<br />

vestiario e tiene conto della diminuzione di temperatura<br />

superficiale connessa con il passaggio del calore attraverso gli<br />

abiti. Nella sua equazione compare anche ICL, il numero di<br />

clo, che indica quanto la persona è vestita.<br />

[26]<br />

121


La tabella riassume alcune caratteristiche di alcuni tipi di<br />

abbigliamento:<br />

Tipo di abbigliamento I CL [clo] F CL<br />

Corpo nudo 0 1,00<br />

Pantaloni corti 0,1 1,00<br />

Abbigliamento tipico in uso nei Paesi 0,3 - 0,4 1,05<br />

tropicali (pantaloni corti, camicia<br />

aperta con maniche corte, calzini<br />

leggeri e sandali)<br />

Abbigliamento leggero estivo 0,5 1,10<br />

(pantaloni lunghi leggeri, camicia<br />

aperta con maniche corte)<br />

Abbigliamento leggero da lavoro 0,6 1,10<br />

(pantaloni da lavoro, calzini di lana,<br />

camicia da lavoro in cotone aperta)<br />

Abito da lavoro (pantaloni lunghi, 1,0 1,15<br />

camicia, cravatta, giacca)<br />

Abito da lavoro e soprabito 1,5 1,15<br />

Abito da lavoro pesante (biancheria 1,5 1,15 - 1,21<br />

intima di cotone con maniche lunghe,<br />

calzini di lana, camicia, cravatta,<br />

pantaloni, maglia o panciotto, giacca)<br />

Uniforme invernale militare 1,5 - 2,0 1,30 - 1,40<br />

(canottiera e mutandoni di cotone o di<br />

lana, camicia di lana o tessuto<br />

sintetico, pantaloni impermeabili,<br />

mantello di lana, calze di lana)<br />

Abbigliamento tipico in uso nei Paesi<br />

a clima polare<br />

3,0 - 4,0 1,30 - 1,50<br />

Rimane il problema della stima efficace della temperatura<br />

radiante. La temperatura media radiante si valuta essenzialmente<br />

122


con il globotermometro. Il globotermometro consiste in una sfera<br />

metallica di spessore molto sottile, generalmente del diametro di 0,15<br />

m, verniciata di nero, all’interno della quale è posto un sensore di<br />

temperatura (bulbo di un termometro a mercurio, termocoppia, etc.).<br />

A regime permanente la temperatura del globo, t g, coincide con<br />

quella del termometro in esso contenuto e dipende dalla temperatura<br />

e dalla velocità dell’aria, t a e v a, e dalla temperatura media radiante,<br />

tr. Pertanto, note t a e v a, da tg si ricava t r. In realtà può essere stimata<br />

in maniera approssimata facendo il bilancio radiativo sulle superfici<br />

interessate dall'analisi usando le relazioni e stimando il flusso<br />

radiativo medio S str:<br />

dove:<br />

[27]<br />

K i e L i = flussi radiativi rispettivamente a lunghezza d'onda corte e<br />

lunghe,<br />

F i = fattori di vista (N;S;E;W: 0.22 Sopra/Sotto: 0.06),<br />

a k e a l = coefficienti di assorbimento radiativo rispetto a lunghezza<br />

d'onda corte e lunghe. Seguendo la relazione di Stefan<br />

Botzamann è possibile avere TMRT in gradi centigradi<br />

(°C):<br />

[28]<br />

Esistono programmi specifici come RAYMAN (http://www.mif.unifreiburg.de/rayman/description.htm),<br />

progettato da Andreas<br />

Matsarakis dell’Università di Friburgo, che stimano la Tmrt o TMR.<br />

Per quanto riguarda le relazioni intercorrrenti fra velocità del vento e<br />

isolamento termico il grafico di Havenith successivo è molto<br />

significativo e ci informa dell'importanza del valore del vento o del<br />

123


movimento relativo del corpo nella determinazione di un corretto<br />

valore di PMV.<br />

Relazione fra isolamento termico e velocità del vento e questa e resistenza traspirativa<br />

di un abito.<br />

Strumenti nella ricerca applicativi sul benessere termoigrometrico<br />

E’ possibile determinare le condizioni di benessere secondo il<br />

criterio di Fanger, utilizzando una serie di diagrammi. Le curve<br />

tracciate su di essi definiscono il luogo dei punti corrispondenti a<br />

condizioni di benessere; conseguentemente esse possono venire<br />

utilizzate per determinare il valore di un parametro fissati che siano i<br />

rimanenti. Questi diagrammi non forniscono però indicazioni per<br />

condizioni che si discostano, anche di poco, da quelle di benessere;<br />

infatti Fanger ha imposto dei limiti, dedotti sperimentalmente, ai valori<br />

della temperatura cutanea e del calore disperso per evaporazione,<br />

124


limiti che corrispondono alle condizioni di benessere termico. Uno di<br />

questi diagrammi è il seguente , che indica le diverse combinazioni di<br />

livello di attività, valore ICL, velocità relativa, umidità e temperatura<br />

ambiente, che consentono di ottenere il benessere ottimale, quando<br />

la temperatura media radiante, posta uguale a quella di bulbo<br />

bagnato, è uguale alla temperatura dell’aria o di bulbo asciutto<br />

Correlazione tra la temperatura ambiente, assunta uguale a quella<br />

media radiante, e la temperatura a bulbo umido o il grado igrometrico<br />

al variare della velocità relativa dell’aria.<br />

Attività media (2 met -1 met = 58,2 W/m 2 ) e corpo pesantemente<br />

vestito (1.5 clo).<br />

125


Per ambienti confinati è presentato un diagramma del benessere<br />

termico, tracciato secondo la teoria di Fanger.<br />

Le curve a tratto continuo rappresentano le condizioni ottimali di<br />

benessere; quelle tratteggiate indicano lo scostamento possibile della<br />

temperatura operativa dal valore ottimale nella zona accettabile per il<br />

benessere.<br />

Previsioni sul confort outdoor in funzione delle caratteristiche<br />

tecniche dell'abbigliamento<br />

Generalmente è stabilito l’indice di PMV per condizioni indoor,<br />

ma è possibile parametrizzare un bilancio di energia anche per<br />

ambienti esterni una volta valutato correttamente il contributo della<br />

radiazione in termini di temperatura media radiante delle superfici,<br />

oltre che ai consueti valori termici e igrometrici. Il lavoro svolto<br />

dall’Università di Friburgo sulla stima della temperatura radiante<br />

consente una stima del carico radiativo di un persona in ambiente<br />

esterno a partire dalle misure o le stime di radiazione diretta e<br />

126


iflessa, comprensive della componente diffusa. Chiaramente non è<br />

possibile attribuire a questo un valore di riferimento generale, ma<br />

rappresenta un buon indice del disagio in condizioni reali. La<br />

conoscenza dei valori di resistività termica degli abiti, misurati con la<br />

grandezza del clo, aggiunge informazioni ulteriori sulla scia del<br />

raggiungimento di una stima del disagio associabile ad un<br />

determinato insieme di capi di abbigliamento indossato da un<br />

individuo standard.<br />

La disponibilità di un modello numerico di previsione<br />

meteorologico,come quello operante presso il <strong>LaMMA</strong> in toscana,<br />

permette il calcolo su scala geografica della distribuzione del disagio<br />

da caldo e da freddo, come complemento alla tradizionale<br />

informazione sul previsioni del tempo. Altri indici come il minimo<br />

carico di resistività termica dell’abbigliamento, sostenibile senza<br />

provare disagio, sono ricavabili direttamente dalle variabili di un<br />

modello meteo. Questo è un concreto esempio di come<br />

l’informazione meteorologica e quella tecnica dei tessuti può fornire<br />

un prodotto significativo per la popolazione. La figura successiva è un<br />

esempio di una previsione biometeorologica potrà fornire indicazioni,<br />

a chi le desidera, anche sul tipo di indumenti da indossare.<br />

Quando lo sviluppo della modellistica sarà capace di formulare in<br />

maniera attendibile un disagio locale sul corpo, le possibilità di<br />

applicazioni potranno molteplici. Dal punto di vista economico<br />

l’aspetto della previsione a lungo termine del tempo e del clima<br />

suggerisce la possibilità molto interessante di avere informazioni utili<br />

da passare ai produttori tessili per orientare e programmare la<br />

produzione verso una tipologia o un’altra in funzione del tempo<br />

previsto per i prossimi due o tre mesi. Anche è una delle possibilità<br />

dell’applicazione della ricerca in climatologica al sostegno della<br />

produzione e della ricerca nel comparto tessile. E’ comunque<br />

indubbio che nella differenziazione delle tipologie di abbigliamento, e<br />

quindi nelle soluzioni tecniche e nel tipo di materiali utilizzati nelle<br />

varie culture, il ruolo del clima sia stato importante e decisivo anche<br />

nella produzione delle fibre tessili. Le immagini successive sono un<br />

esempio di stima del PMV con un modello meteorologico e del valore<br />

minimo di isolamento termico dei vestiti richiesti per un uomo<br />

standard in una determinata situazione.<br />

127


128


La grande disponibilità di dati storici meteorologici, anche alla<br />

luce delle recenti modifiche climatiche, permette oramai una<br />

dettagliata analisi storica del disagio termoigrometrico per le principali<br />

città italiane e la valutazione del fabbisogno minimo in termini di<br />

resistività termica dei vestiti per il raggiungimento di uno stato di<br />

benessere. L’analisi si rivela di particolare interesse perché mette in<br />

luce particolari aspetti non immediatamente percepibili dalla semplice<br />

analisi climatica. Inoltre permette di avere un parametro oggettivo per<br />

poter valutare se le dinamiche di mercato dei prodotti tessili possono<br />

avere avuto un impatto determinato da condizioni ambientali nel<br />

passato.<br />

Il territorio italiano ha subito anch’esso il generale riscaldamento<br />

della temperatura dell’aria che nell’ultimo secolo si è manifestato con<br />

un incremento medio di mezzo grado centigrado. La comunità<br />

scientifica spiega questo fenomeno con la teoria del global warming,<br />

129


ovvero che il pianeta stia passando una fase di surplus energetico<br />

legato all’incremento del cosiddetto effetto serra,a sua volta<br />

riconducibile all’incremento delle emissioni in atmosfera dei prodotti<br />

di combustione dei combustibile fossili,perno dell’attuale sviluppo<br />

economico.<br />

I dati in nostro possesso su tre località italiane mostrano la<br />

diminuzione del carico radiativo netto, in determinate stagioni<br />

dell’anno dovuto alla riduzione della copertura nuvolosa e al<br />

conseguente aumento della dispersione radiativa, che interessa<br />

particolarmente gli strati bassi dell’atmosfera. Questo ha generato un<br />

aumento dei fenomeni di inversione termica, specie nelle fasce orarie<br />

notturne e mattutine che mostrano di richiedere un aumento nella<br />

pesantezza dell’abbigliamento,come si vede dai grafici successivi. La<br />

scomparsa di questo fenomeno nelle ore centrali della giornata e il<br />

generale aumento delle temperature determina da questo punto di<br />

vista la necessità di far variare molto, se si desiderano condizioni di<br />

benessere, il tipo di abbigliamento nella giornata. Questo aumento<br />

dell’escursione del disagio e della variabilità nella richiesta di<br />

abbigliamento, i fenomeni climatici legati alla modifica della<br />

persistenza climatica di situazioni sfavorevoli, come accade nelle<br />

cosiddette ondate di calore, ha aumentato nella percezione comune<br />

del senso di confusione nei confronti del clima sul tipo di indumenti<br />

da indossare.<br />

130


Andamento dellescursione media giornaliera di resistenza termica del<br />

vestiario (clo) in primavera Roma 1950-2000<br />

Come si vede un approccio biometeorologico attento permette<br />

l’acquisizione di una sensibilità nell’analisi dei fenomeni legati alle<br />

possibili scelte dei consumatori di prodotti tessili. Non solo, ma è<br />

possibile suggerire all’industria in maniera l’esigenza di vestiti che si<br />

adattano alle nuove caratteristiche climatiche cosi come queste<br />

emergono direttamente da un analisi rigorosa dei dati.<br />

Nuovi strumenti della misura del comfort termico dellabbigliamento.<br />

L’ingresso nel panorama della tecnologia del tessile di nuovi<br />

tessuti e l’innovazione per quelli tradizionali richiede alla ricerca nuovi<br />

strumenti per problemi ampiamente studiati nel campo<br />

dell’ergonomia. Dato che non è possibile stabilire una relazione<br />

diretta fra caratteristiche del tessuto adottato nella confezione di un<br />

capo di abbigliamento si rendono necessari opportuni dispositivi atti a<br />

misurare l’insieme delle variabili che regolano il confort termico. I più<br />

importanti sono quelli relativi alla termometria e alla capacità di poter<br />

disperdere l’umidità del corpo in modo da mantenere un microclima<br />

131


adatto interno all’indumento. Come base di partenza per legare la<br />

ricerca di uno stato di comfort termico e abbigliamento la scienza dei<br />

materiali mette a disposizione una serie di parametri standard per<br />

classificare i tessuti in funzione della loro resistività termica e<br />

traspirativa in condizioni standard .Le misure sono generalmente<br />

disponibili grazie ad uno strumento chiamato SK<strong>IN</strong> MODEL che<br />

simula la superficie del corpo umano. I dati ottenuti da questo<br />

permettono a livello teorico il comportamento di un generico tessuto,e<br />

quindi successivamente a valutare in un quadro generale la<br />

valutazione del comfort. Generalmente la definizione standard<br />

comfort termico si riferisce alla normativa ISO UNI EN-ISO 7730/84. Il<br />

comfort termico viene definito idealmente definito come una<br />

condizione di benessere psicofisico dell’individuo rispetto all’ambiente<br />

in cui vive e opera.La valutazione di tale stato soggettivo può essere<br />

oggettivata e quantificata mediante l’utilizzo di indici integrati che<br />

tengono conto sia dei parametri microclimatici ambientali (Ta, Tr, Va,<br />

rh), sia del dispendio energetico (dispendio metabolico Met)<br />

connesso all’attività lavorativa, sia della tipologia di abbigliamento<br />

(isolamento termico Clo) comunemente utilizzato. L’isolamento<br />

termico di un indumento è in questo contesto deriva dalla somma dei<br />

valori di resistività di ciascun tessuto. Generalmente le indicazioni<br />

correnti fra abbigliamento e benessere termico oggi sono del tipo<br />

indicato dalla figura.<br />

132


Lo stato dell’arte della ricerca (Zhang, Huizenga 2003) oggi<br />

tende a superare questo approccio generalista proponendo una<br />

modellistica sul comfort termico generale (Overall thermal comfort<br />

model) e una che tiene delle risposte nelle varie parti del corpo(Local<br />

thermal comfort model). Per tutti i modelli il parametro significativo è<br />

la temperatura superficiale del corpo, che nel caso del PMV ISO<br />

7730 viene ricavato analiticamente, e generalmente senza tenere<br />

conto del contributo radiativo dell’ambiente, confinando la validità<br />

delle affermazioni solo in ambito indoor. Ad oggi le uniche<br />

misurazioni per comfort termico vengono operate su manichino, con<br />

elevati costi di utilizzo. Quindi la nostra proposta è invece quella di<br />

costruire qualcosa che fosse applicabile in vivo ovvero:<br />

un sistema flessibile di sensori elettronici di temperatura , radiativi e<br />

igrometrici muniti di dispositivo wirelessper invio in tempo reale dei dati<br />

capace di essere adattabile ai vari capi di abbigliamento.<br />

133


La realizzazione di questo strumento permetterebbe la ricezione<br />

della risposta fisiologica del corpo sia in funzione delle condizioni<br />

ambientali sia rispetto ad una variegata combinazione di indumento.<br />

Questo va nella direzione di superare i numerosi problemi legati<br />

all’utilizzo di manichini, nei quali la simulazione del movimento e di un<br />

normale meccanismo di sudorazione è ad oggi ai limiti<br />

dell’accettabilità. Le realtà aziendali faticano a trovare a costi<br />

accessibili dispositivi per la verifica empirica della qualità dei loro<br />

manufatti. Una risposta è quella di creare una sensoristica ad<br />

impiego flessibile che permette di effettuare misure in maniera<br />

remota e valida sia per condizioni outdoor che indoor. La nostra<br />

proposta va in questa direzione anche alla luce dell’ingresso di nuovi<br />

materiali o al ritorno di quelli tradizionali.<br />

La modellazione dei risultati può inoltre avvalersi di strumenti<br />

computazionali complessi come i modelli fluido-dinamici CDF di<br />

ambienti come quelli di FLUENT o STARCD.<br />

Una esempio di studio sulla relazione vestito e sudorazione fatto<br />

con FLUENT è presentato a scopo illustrativo nelle figure successive.<br />

134


2. <strong>IL</strong> DISTRETTO TESS<strong>IL</strong>E PRATESE<br />

2.1 QUADRO GENERALE<br />

135


All’interno del contesto di recessione economica che investe il<br />

settore tessile in Italia si colloca l’industria tessile e abbigliamento del<br />

distretto Pratese il quale costituisce il nucleo industriale tessile più<br />

importante d’Italia e uno dei più importanti in Europa. I dati analizzati<br />

nelle pagine successive confermano l’importanza del distretto in<br />

termini numerici (addetti e unità locali) e mostrano il preoccupante<br />

indebolimento che si sta registrando negli ultimi anni (dal 2002 al<br />

2005), ma che comunque inizia già negli anni ‘90. Una delle cause<br />

della recessione si riflette nel calo delle esportazioni verso paesi<br />

esteri registrato nel periodo 2002-2005 (-9,4%). Tale dato risulta<br />

fondamentale se si considera che il rapporto tra la variazione<br />

tendenziale del P<strong>IL</strong> e delle esportazioni supera il 50% (dato<br />

Prometeia). Per i prossimi anni è previsto comunque un<br />

miglioramento con variazioni positive.<br />

Da una prima analisi delle informazioni riportate nei paragrafi<br />

successivi, è possibile evidenziare alcune caratteristiche tipiche del<br />

distretto tessile pratese. Sicuramente il primo elemento distintivo è<br />

dato dalla forte parcellizzazione, frammentazione e specializzazione<br />

del tessuto produttivo. La maggior parte delle imprese sono di piccole<br />

dimensioni (l’86% circa è costituito da un numero di addetti inferiore<br />

alle 10 unità e soltanto l’1% ha più di 50 addetti) e specializzate in<br />

una particolare fase del processo produttivo tessile, il tutto unito dalla<br />

pratica del contoterzismo. Tale organizzazione, così come<br />

evidenziato nell’analisi delle fasi storiche, ha costituito un elemento di<br />

forza del distretto tanto da essere considerato un modello da ripetere<br />

a livello nazionale. Era il modello definito del “piccolo ma bello” inteso<br />

come sistema produttivo caratterizzato da piccole unità flessibili. Altra<br />

caratteristica è data dalla capacità delle singole realtà di unirsi per il<br />

conseguimento di un obiettivo comune. Al di là della forte<br />

parcellizzazione il distretto appare all’esterno come un’unità forte,<br />

molto spesso si sente infatti parlare della capacità di Prato di “fare<br />

distretto” intendendo con tale termine la capacità delle singole realtà<br />

imprenditoriali di perseguire obiettivi comuni. Questo ha permesso<br />

alla realtà pratese di risollevarsi da crisi economiche tramite l’<br />

assorbimento di cambiamenti in tempi brevi e in un’ottica di unione,<br />

adattandosi, grazie alla flessibilità del sistema, ai vari mutamenti del<br />

mercato. Tale caratteristica è rafforzata dalla presenza di<br />

associazioni di natura consortile.<br />

136


Altro elemento caratteristico è dato dalla presenza in un’area<br />

piccola (il distretto è distribuito complessivamente in 700 Kmq) di una<br />

radicata realtà industriale specializzata in un unico settore, con la<br />

conseguente presenza di un mercato del lavoro specifico, di alte<br />

professionalità in quel settore, la realizzazione di infrastrutture<br />

dedicate all’attività tessile, in altre parole la possibilità di un indotto<br />

che nasce dalla concentrazione (le cosiddette economie di<br />

aggregazione). A tal proposito si parla di atmosfera industriale<br />

(Becattini, 2000) (rafforzata dalla presenza dei due Macrolotto 1° e<br />

2°) intesa come stimolo per la creazione di crescita e sviluppo. Tutto<br />

ciò è legato anche alla presenza di meccanismi di psicologia sociale<br />

(Becattini, 2000), come la pressione competitiva che spinge verso<br />

l’innovazione, la diversificazione ed il miglioramento continuo.<br />

A tutto ciò si aggiunge la presenza di rapporti consolidati con l’estero,<br />

con un notevole volume di esportazioni sia verso i paesi facenti parte<br />

della UE sia verso quelli extra UE.<br />

Per quanto riguarda il lato del rispetto dell’ambiente, il grado di<br />

diffusione delle imprese con certificazioni ambientali non è molto<br />

elevata se consideriamo le dimensioni del distretto in quanto a<br />

numero di imprese e addetti, infatti soltanto l’1% circa delle imprese<br />

tessili e dell’abbigliamento presenti nella provincia di Parto ha una<br />

certificazione ambientale. Questo dato è molto basso se si considera<br />

l’importanza del distretto in Europa.<br />

La tabella successiva riporta una sintesi delle principali<br />

caratteristiche del distretto tessile pratese derivante dalle analisi<br />

dettagliate riportate nei successivi paragrafi. Si è cercato di<br />

raggruppare gli elementi distintivi del distretto in quattro gruppi: punti<br />

di forza, punti di debolezza, opportunità e rischi per evidenziare<br />

meglio i possibili ambiti di intervento.<br />

137


Tab. 1 Sintesi delle principali caratteristiche del distretto tessile di Prato<br />

Punti di forza<br />

Alta specializzazione nel settore tessile presenza in<br />

unarea piccola di un mercato del lavoro specifico<br />

Capacità di unirsi in associazioni consortili<br />

Flessibilità - capacità di adattamento ai cambiamenti del<br />

mercato<br />

Unione degli obiettivi capacità di fare distretto<br />

Capacità di Assorbimento dei cambiamenti in tempi brevi<br />

Rapporti consolidati con lestero<br />

Presenza di aree industriali attrezzate (1° e 2° Macrolotto)<br />

Punti di debolezza<br />

Opportunità<br />

Rischi<br />

Parcellizzazione del tessuto produttivo piccola<br />

dimensione aziendale<br />

Scarsa diffusione di pratiche di rispetto ambientale e di<br />

certificazioni di prodotto legate al benessere e alla tutela<br />

dellambiente<br />

Mancanza di un marchio caratteristico dei prodotti tessili<br />

del distretto<br />

Sviluppo di prodotti rispettosi dellambiente da inserire in<br />

un mercato-verde tramite lutilizzo di certificazioni (Eco-<br />

Label, AIAB-tessuti bio ecc.)<br />

Adesione a sistemi di gestione ambientale (EMAS, ISO<br />

14001), per una migliore visibilità su mercati esteri<br />

Incremento di prodotti con marchi di benessere del<br />

tessuto (Oeko-Tex Standard 100) importanti su mercati<br />

esteri come Germania<br />

Sviluppo di prodotti di alta qualità con marchio made in<br />

Italy da inserire in mercati di nicchia<br />

Concorrenza derivante dai paesi esteri, principalmente<br />

asiatici<br />

Crisi della piccola e media impresa derivante dal processo<br />

di globalizzazione<br />

138


2. <strong>IL</strong> DISTRETTO TESS<strong>IL</strong>E PRATESE<br />

2.2 CENNI STORICI<br />

139


La specializzazione di Prato nel settore tessile risale al<br />

medioevo, XII secolo, con la nascita della Corporazione dellArte<br />

della Lana che gestiva la produzione dei panni. Il vero boom inizia<br />

però dal dopoguerra in poi, sviluppandosi come centro manifatturiero<br />

per la lavorazione della lana cardata per la produzione di<br />

abbigliamento invernale. In seguito ad una crisi degli anni ’80 il<br />

distretto inizia a diversificare la propria produzione passando dal<br />

semplice “semilavorato”, che comunque rimane la parte più<br />

consistente della produzione, alla creazione anche di prodotti finiti,<br />

come maglie e confezioni. Da tale momento Prato inizia a essere<br />

riconosciuto come centro nevralgico per i commerci di prodotti tessili<br />

(semilavorati e non) in ambito internazionale. Il punto di partenza<br />

delle attività tessili pratesi è da ricondurre alla lavorazione degli<br />

stracci, utilizzo di lana riciclata dai quali si ottiene il semilavorato che<br />

ha costituito la fortuna di Prato segnando l’avvio della sua<br />

specializzazione nel settore tessile, tanto che al tempo della seconda<br />

guerra mondiale la città era conosciuta come la “città degli stracci”.<br />

Sintesi delle fasi storiche<br />

• 1200 – primi del ‘900. L’attività laniera, basata principalmente<br />

sulla produzione di semilavorati di lana cardata, caratterizza<br />

l’economia pratese, il cui modello organizzativo si basa sulla<br />

scomposizione dei cicli manifatturieri (lavorazione degli stracci,<br />

filatura, cardatura, tessitura) e suddivisione delle singole fasi<br />

(cernita, carbonizzazione, stracciatura, preparazione, cardatura,<br />

filatura).<br />

• Periodo fra le due guerre. Affermazione di imprese di grandi<br />

dimensioni a ciclo verticale integrato.<br />

• Fine degli anni ’40. Crisi di mercato con scomposizione del ciclo<br />

produttivo e conseguente scomparsa delle grandi imprese a ciclo<br />

integrato. Parcellizzazione del processo produttivo con<br />

specializzazione tecnica delle imprese.<br />

• Primi anni ’60 – prima metà anni ’80. Elevata flessibilità data<br />

dalla parcellizzazione e specializzazione, formula che permette il<br />

verificarsi di una fase ciclica estremamente favorevole: si parla di<br />

“boom” economico. In tale periodo l’industria pratese conoscerà<br />

una fase di sviluppo estensivo con la nascita di una miriade di<br />

imprese di piccole dimensioni e un notevole aumento degli addetti<br />

140


al settore. Questo particolare modello organizzativo si dimostrerà<br />

estremamente competitivo fino alla seconda metà degli anni ’80.<br />

• Prima metà anni’80 – seconda metà anni ’80. Prato entra in una<br />

fase di crisi in seguito al calo di domanda di prodotti cardati<br />

registrata sui mercati internazionali.<br />

• Seconda metà anni ’80 – primi anni ’90. La crisi è superata dal<br />

verificarsi di un processo di riposizionamento delle imprese che si<br />

manifesta tramite la diversificazione della gamma produttiva.<br />

Accanto agli articoli cardati, che rimarranno comunque una parte<br />

consistente della produzione pratese, vengono introdotte nuove<br />

tipologie di tessuti quali cotone, lino, seta, misto seta/lino, viscosa,<br />

acetato, poliestere, tessuti non tessuti, etc.<br />

• Anni ’90. Nuova fase di sviluppo espansiva, recupero di<br />

competitività. Prato da capitale degli stracci a centro di moda.<br />

Attualmente il distretto tessile di Prato rivive, come in passato più<br />

volte accaduto, un momento di crisi dovuto alla presenza di<br />

concorrenti stranieri sui mercati internazionali (soprattutto Asia<br />

orientale, tra cui in modo più preoccupante la Cina).<br />

141


2. <strong>IL</strong> DISTRETTO TESS<strong>IL</strong>E PRATESE<br />

2.3 ASPETTI TERRITORIALI E DEMOGRAFIA<br />

142


Il distretto tessile di Prato ricopre una superficie di 700 Kmq circa,<br />

comprendente i comuni facenti parte della provincia di Prato<br />

2.3.1 Inquadramento geografico e demografico<br />

(Cantagallo, Carmignano, Montemurlo, Poggio a Caiano, Prato,<br />

Vaiano, Vernio), tre comuni della provincia di Firenze (Barberino di<br />

Mugello, Calenzano, Campi Bisenzio) e tre della provincia di Pistoia<br />

(Agliana, Montale, Quarrata) (tabella 1). La popolazione che risiede<br />

all’interno del distretto è di 337.000 unità circa (tabella 2), con una<br />

densità abitativa di 486 ab/kmq<br />

(tabella 3).<br />

143


Tab. 1 Superficie territoriale - comuni del distretto di Prato<br />

COMUNI Superficie territoriale (Kmq) Incidenza %<br />

Provincia di Firenze<br />

Barberino di Mugello 133,71 19,26<br />

Calenzano 76,87 11,07<br />

Campi Bisenzio 28,62 4,12<br />

Provincia di Pistoia<br />

Agliana 11,64 1,68<br />

Montale 32,02 4,61<br />

Quarrata 46,00 6,63<br />

Provincia di Prato<br />

Cantagallo 94,93 13,68<br />

Carmignano 38,59 5,56<br />

Montemurlo 30,66 4,42<br />

Poggio a Caiano 5,97 0,86<br />

Prato 97,59 14,06<br />

Vaiano 34,24 4,93<br />

Vernio 63,28 9,12<br />

Totale 694,12 100,00<br />

Fonte: dati Istat, censimento 2001<br />

144


Tab. 2 Popolazione residente comuni del distretto di Prato<br />

Comuni<br />

Popolazione residente<br />

Provincia di Firenze<br />

Barberino di Mugello 9531<br />

Calenzano 15042<br />

Campi Bisenzio 37249<br />

Provincia di Pistoia<br />

Agliana 14628<br />

Montale 10143<br />

Quarrata 22683<br />

Provincia di Prato<br />

Cantagallo 2820<br />

Carmignano 11857<br />

Montemurlo 17502<br />

Poggio a Caiano 8622<br />

Prato 172499<br />

Vaiano 9051<br />

Vernio 5535<br />

Totale distretto 337162<br />

Fonte: dati Istat, censimento 2001<br />

145


Tab. 3 Densità abitativa (ab/kmq) - comuni del distretto di Prato<br />

Comuni<br />

Densità abitativa (ab/kmq)<br />

Provincia di Firenze<br />

Barberino di Mugello 71<br />

Calenzano 196<br />

Campi Bisenzio 1302<br />

Provincia di Pistoia<br />

Agliana 1257<br />

Montale 317<br />

Quarrata 493<br />

Provincia di Prato<br />

Cantagallo 30<br />

Carmignano 307<br />

Montemurlo 571<br />

Poggio a Caiano 1444<br />

Prato 1768<br />

Vaiano 264<br />

Vernio 87<br />

Totale 486<br />

Fonte: dati Istat, censimento 2001<br />

Tale area, così costituita a livello comunale e demografico, è<br />

stata riconosciuta tramite la delibera consigliare del 21 Febbraio 2000<br />

come distretto industriale specializzato nelle produzioni del tessile e<br />

dell’abbigliamento.<br />

L’estensione territoriale è relativamente piccola se si considera il<br />

volume di indotto del distretto e le sue dimensioni in termini di<br />

imprese presenti sul territorio. La concentrazione imprenditoriale è<br />

pertanto molto alta facilitando il contatto fra le numerose piccole<br />

aziende dislocate tra i due 1° e 2° Macrolotti industriali.<br />

146


2. <strong>IL</strong> DISTRETTO TESS<strong>IL</strong>E PRATESE<br />

2.4 ATTIVITA’ ECONOMICHE<br />

147


Il distretto tessile pratese è una delle aree di maggior rilievo<br />

economico nella produzione tessile di tutta Italia. Se analizziamo i<br />

dati relativi alle attività economiche riferite alla provincia di Prato il<br />

comparto con un maggior numero di addetti e Unità Locali è quello<br />

della manifattura con una percentuale di Unità Locali sul totale di<br />

circa il 30% e di addetti di circa il 50%. All’interno di tale comparto le<br />

industrie tessili riportano le percentuali più elevate con<br />

rispettivamente il 15% circa di Unità Locali e il 37% di addetti.<br />

Nonostante i numeri, se analizziamo la crescita di medio-lungo<br />

periodo, la provincia di Prato registra un tasso di variazione del P<strong>IL</strong><br />

nel periodo 1996-2003 basso con un valore intorno allo 0,8%. In<br />

termini reali, rispetto al 1995, il valore aggiunto del comparto<br />

manifatturiero pratese è addirittura diminuito (-0,1% su base media<br />

annua) (dati Ist. “G. Tagliacarne). All’origine dei deludenti risultati<br />

riscontrati a livello complessivo vi sono anzitutto le difficoltà<br />

attraversate dal settore che da solo, contribuisce con una quota<br />

prossima al 35% nella formazione del P<strong>IL</strong> provinciale. Questa<br />

tendenza negativa incide fortemente anche sul settore tessile che di<br />

fatto costituisce la parte più consistente del manifatturiero in<br />

generale.<br />

Tali riflessioni sono riscontrabili nei dati riportati nelle tabelle<br />

successive relativi al settore tessile e abbigliamento per gli anni dal<br />

2002 al 2005.<br />

In generale l’andamento per l’intervallo 2002-2005 è decrescente<br />

sia per quanto riguarda il numero degli addetti che le Unità Locali e in<br />

relazione a entrambi i settori dell’industria tessile in senso stretto e<br />

del comparto delle confezioni(tabelle 1, 2, 3, 4).<br />

148


Tab. 1 Imprese attive nel settore Tessile Abbigliamento per Classe di Addetti (2002).<br />

ATTIVITA<br />

TOTALE <strong>IN</strong>DUSTRIA<br />

TESS<strong>IL</strong>E<br />

UL.<br />

Classe 1-9 Classe 10-49 Classe oltre 50<br />

Addet<br />

UL<br />

ti non<br />

Addetti<br />

dichi<br />

UL Addetti UL Addetti UL Addetti<br />

arati<br />

Totale<br />

UL<br />

Totale<br />

Addet<br />

ti<br />

1.006 971 4.250 12.827 983 17.719 66 5.750 7.276 36.296<br />

Preparazione e filatura di<br />

fibre tessili 198 258 1.024 3.311 332 5.527 12 914 1.824 9.75<br />

2<br />

Tessitura di materie tessili 368 344 1.770 5.016 308 5.523 18 1.820 2.808 12.359<br />

Finissaggio dei tessili 87 79 235 791 150 3.270 23 1.910 574 5.971<br />

Confezionamento di articoli<br />

in tessuto,<br />

esclusi gli articoli di<br />

vestiario<br />

82 50 165 538 26 459 2 126 325 1.123<br />

Altre industrie tessili 49 36 133 373 31 571 3 336 252 1.280<br />

Fabbricazione di tessuti a<br />

maglia<br />

Fabbricazione di articoli in<br />

maglieria<br />

25 46 154 501 17 206 0 0 242 707<br />

190 134 717 2.135 82 1.378 3 229 1.126 3.742<br />

TOTALE CONFEZIONI 1.350 390 690 1.916 95 1.686 4 272 2.529 3.874<br />

Confezione di vestiario in<br />

pelle<br />

41 8 16 48 1 11 0 0 66 59<br />

Confezione di altri articoli di<br />

vestiario 1.296 372 636 1.752 89 1.580 3 221 2.396 3.553<br />

ed accessori<br />

Preparazione e tintura di<br />

pellicce; confezione<br />

di articoli in pelliccia pelle e<br />

12 9 34 99 5 95 1 51 61 245<br />

similari<br />

TOTALE TESS<strong>IL</strong>E &<br />

ABBIGLIAMENTO<br />

2.356 1.361 4.940 14.743 1.078 19.405 70 6.022 9.805 40.170<br />

Fonte: CCIAA Prato<br />

149


Tab. 2 Imprese attive nel settore Tessile Abbigliamento per Classe di Addetti (2003)<br />

UL<br />

Classe oltre<br />

Classe 1-9 Classe 10-49<br />

Addetti<br />

50<br />

UL<br />

Totale Totale<br />

ATTIVITA'<br />

non<br />

Addetti UL Addetti<br />

dichiar UL Addetti UL Addetti UL Addetti<br />

ati<br />

TOTALE <strong>IN</strong>DUSTRIE TESS<strong>IL</strong>I 1.173 886 3.770 11.605 920 16.649 64 5.579 6.813 33.833<br />

Non ulteriormente classificato 7 26 45 141 31 652 4 343 113 1.136<br />

Preparazione e filatura di fibre tessili 253 237 933 3.052 307 5.114 12 914 1.742 9.080<br />

Tessitura di materie tessili 400 306 1.538 4.455 293 5.301 17 1.721 2.554 11.477<br />

Finissaggio dei tessili 98 72 214 709 140 3.054 23 1.910 547 5.673<br />

Confezionamento di articoli in tessuto,<br />

esclusi gli articoli di vestiario<br />

102 46 164 536 25 447 2 126 339 1.109<br />

Altre industrie tessili 60 34 124 351 30 556 3 336 251 1.243<br />

Fabbricazione di tessuti a maglia 37 41 144 486 16 193 0 0 238 679<br />

Fabbricazione di articoli in maglieria 216 124 608 1.875 78 1.332 3 229 1.029 3.436<br />

TOTALE CONFEZIONI 1.548 335 613 1.737 90 1.583 3 221 2.589 3.541<br />

Non ulteriormente classificato 1 1 2 12 0 0 0 0 4 12<br />

Confezione di vestiario in pelle 44 4 14 42 1 11 0 0 63 53<br />

Confezione di altri articoli di vestiario ed<br />

accessori<br />

Preparazione e tintura di pellicce;<br />

confezione di articoli in pelliccia pelle e<br />

similari<br />

1.491 320 568 1.595 84 1.477 3 221 2.466 3.293<br />

12 10 29 88 5 95 0 0 56 183<br />

TOTALE TESS<strong>IL</strong>E & ABBIGLIAMENTO 2.721 1.221 4.383 13.342 1.010 18.232 67 5.800 9.402 37.374<br />

Fonte: CCIAA Prato<br />

150


Tab. 3 Imprese attive nel settore Tessile Abbigliamento per Classe di Addetti (2004)<br />

ATTIVITA'<br />

UL Addetti<br />

non<br />

dichiarati<br />

Classe 1-9 Classe 10-49 Classe oltre 50<br />

UL<br />

Totale UL Totale<br />

Addetti<br />

Addetti<br />

UL Addetti UL Addetti UL Addetti<br />

TOTALE <strong>IN</strong>DUSTRIE TESS<strong>IL</strong>I 1.506 809 3.448 10.797 858 15.682 61 5.326 6.682 31.805<br />

Non ulteriormente classificato 6 24 38 124 27 569 3 288 98 981<br />

Preparazione e filatura di fibre<br />

tessili<br />

322 205 854 2.847 277 4.615 10 780 1.668 8.242<br />

Tessitura 454 277 1.377 4.037 267 4.871 17 1.721 2.392 10.629<br />

Finissaggio dei tessili e degli art.<br />

di vestiario<br />

272 90 285 957 157 3.406 24 1.965 828 6.328<br />

Confezionamento di articoli<br />

tessili, esclusi gli articoli di<br />

vestiario<br />

123 42 136 446 22 378 2 126 325 950<br />

Altre industrie tessili 78 27 123 344 28 533 2 217 258 1.094<br />

Fabbricazione di tessuti a maglia 33 40 130 454 15 181 0 0 218 635<br />

Fabbricazione di articoli di<br />

maglieria, esclusa la maglieria<br />

intima<br />

218 104 505 1.588 65 1.129 3 229 895 2.946<br />

TOTALE CONFEZIONI 1.635 243 453 1.281 65 1.069 2 166 2.398 2.516<br />

Non ulteriormente classificato 1 1 2 12 0 0 0 0 4 12<br />

Confezione di vestiario in pelle e<br />

in similpelle<br />

49 4 13 40 1 11 0 0 67 51<br />

Confezione di vestiario in tessuto<br />

ed accessori, escluso abbigl. in<br />

pelle e pelliccia<br />

1.574 231 410 1.148 59 963 2 166 2.276 2.277<br />

Preparazione e tintura di pellicce;<br />

11 7 28 81 5 95 0 0 51 176<br />

confezione di articoli in pelliccia<br />

TOTALE TESS<strong>IL</strong>E &<br />

ABBIGLIAMENTO<br />

3.141 1.052 3.901 12.078 923 16.751 63 5.492 9.080 34.321<br />

151


Tab. 4 Imprese attive nel settore Tessile Abbigliamento per Classe di Addetti (2005)<br />

ATTIVITA'<br />

TOTALE <strong>IN</strong>DUSTRIE<br />

TESS<strong>IL</strong>I<br />

UL<br />

Addetti<br />

UL Addetti<br />

non<br />

dichiarati<br />

UL<br />

Classe 1-9 Classe 10-49 Classe > 50<br />

Addetti UL<br />

1.570 779 3.272 10.360 835<br />

Addett<br />

i<br />

15.30<br />

0<br />

UL<br />

Totale UL Totale<br />

Addetti<br />

Addetti<br />

58 5.165 6.514 30.825<br />

Non ulteriormente classificato 6 22 34 117 24 473 3 288 89 878<br />

Preparazione e filatura di fibre<br />

tessili<br />

341 196 808 2.734 270 4.505 9 725 1.624 7.964<br />

Tessitura 467 268 1.313 3.894 263 4.820 16 1.670 2.327 10.384<br />

Finissaggio dei tessili e degli<br />

art. di vestiario<br />

294 86 265 890 151 3.308 23 1.910 819 6.108<br />

Confezionamento di articoli<br />

tessili, esclusi gli articoli di<br />

vestiario<br />

129 41 135 448 20 349 2 126 327 923<br />

Altre industrie tessili 78 27 117 325 28 533 2 217 252 1.075<br />

Fabbricazione di tessuti a<br />

maglia<br />

37 40 124 441 15 190 0 0 216 631<br />

Fabbricazione di articoli di<br />

maglieria, esclusa la maglieria 218 99 476 1.511 64 1.122 3 229 860 2.862<br />

intima<br />

TOTALE CONFEZIONI 1.688 226 422 1.221 62 1.018 2 166 2.400 2.405<br />

Non ulteriormente classificato 1 1 2 12 0 0 0 0 4 12<br />

Confezione di vestiario in pelle<br />

50<br />

e in similpelle<br />

4 13 40 1 11 0 0 68 51<br />

Confezione di vestiario in<br />

tessuto ed accessori, escluso 1.626 214 381 1.091 56 912 2 166 2.279 2.169<br />

abbigl. in pelle e pelliccia<br />

Preparazione e tintura di<br />

pellicce; confezione di articoli<br />

in pelliccia<br />

11 7 26 78 5 95 0 0 49 173<br />

TOTALE TESS<strong>IL</strong>E &<br />

3.258 1.005 3.694 11.581 897<br />

ABBIGLIAMENTO<br />

Fonte: CCIAA Prato<br />

16.31<br />

8<br />

60 5.331 8.914 33.230<br />

I grafici 1 e 2 mostrano l’andamento generale per l’intervallo<br />

2002-2005 del numero degli addetti e delle Unità Locali per il settore<br />

tessile e abbigliamento considerato nel suo complesso.<br />

Naturalmente, la tendenza è decrescente. Per le unità locali la<br />

riduzione più significativa si riscontra tra il 2002 e il 2003 con un<br />

valore che si aggira intorno al -4% (grafico 2), mentre per gli addetti<br />

tra il 2003-2004 con un –8% circa (grafico1).<br />

152


Gafico 1. Andamento degli addetti per il<br />

settore tessile & abbigliamento nel distretto<br />

di Prato<br />

50.000<br />

40.000<br />

30.000<br />

20.000<br />

10.000<br />

0<br />

2002 2003 2004 2005<br />

Addetti<br />

Elaborazioni <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati CCIAA Prato<br />

Grafico 2. Andamento delle Unità Locali per<br />

il settore tessile & abbigliamento nel<br />

distretto di Prato<br />

10.000<br />

8.000<br />

2002 2003 2004 2005<br />

Unità Locali<br />

Elaborazioni <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati CCIAA Prato<br />

Da un’analisi più in dettaglio è possibile valutare l’andamento del<br />

numero delle unità locali e degli addetti in relazione alle singole<br />

attività che caratterizzano i due comparti del tessile e delle<br />

confezioni. Per quanto riguarda il numero delle unità locali nel settore<br />

tessile la tendenza è di una diminuzione in corrispondenza di ogni<br />

singola attività fatta eccezione per l’attività di finissaggio dei tessuti<br />

che registra un incremento a partire dal 2003 per poi diminuire di<br />

nuovo di poche unità tra il 2004 e il 2005 (grafico 4). L’attività che<br />

invece registra una maggiore perdita è quella della tessitura di<br />

153


materie tessili soprattutto tra il 2002 e il 2003 con una diminuzione in<br />

termini assoluti di 254 unità e di 481 unità tra il 2002 e il 2005<br />

154


Grafico 3. Andamento delle Unita' Locali nell'industria<br />

tessile per attività.<br />

3.000<br />

2.000<br />

1.000<br />

0<br />

2002<br />

2003<br />

2004<br />

2005<br />

Preparazione e filatura di fibre tessili<br />

Tessitura di materie tessili<br />

Fabbricazione di articoli in maglieria<br />

Elaborazioni <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati CCIAA Prato<br />

1.000<br />

800<br />

600<br />

400<br />

200<br />

0<br />

Grafico 4. Andamento delle Unita' Locali nell'industria<br />

tessile per attività.<br />

2002<br />

2003<br />

2004<br />

2005<br />

Finissaggio dei tessili<br />

Confezionamento di<br />

articoli in tessuto, esclusi<br />

gli articoli di vestiario<br />

Fabbricazione di tessuti a<br />

maglia<br />

Elaborazioni <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati CCIAA Prato<br />

La stessa tendenza si registra per il settore delle confezioni<br />

anche se con un andamento più altalenante e non così preoccupante<br />

come quello relativo al settore tessile in senso stretto (grafici 5 e 6).<br />

Tra le varie attività quella che registra in termini assoluti una perdita<br />

maggiore è quella della confezione di articoli di vestiario e accessori<br />

con una diminuzione in termini assoluti tra il 2002 e il 2005 di 117<br />

155


unità, per lo stesso periodo è in aumento (2 unità) l’attività di<br />

confezione di vestiario in pelle.<br />

80<br />

60<br />

40<br />

20<br />

0<br />

Grafico 5. Andamento delle unità locali nel settore del<br />

confezionamento<br />

2002 2003 2004 2005<br />

Confezione di vestiario in pelle<br />

Preparazione e tintura di pellicce;<br />

confezione di articoli in pelliccia<br />

pelle e similari<br />

Elaborazioni <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati CCIAA Prato<br />

Grafico 6. Andamento delle unità locali nel settore del<br />

confezionamento<br />

2.500<br />

2.450<br />

2.400<br />

2.350<br />

2.300<br />

2.250<br />

2.200<br />

2.150<br />

2002 2003 2004 2005<br />

Confezione di altri<br />

articoli di vestiario<br />

ed accessori<br />

Elaborazioni <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati CCIAA Prato<br />

Per quanto riguarda il numero degli addetti l’attività che registra<br />

una maggiore diminuzione in termini assoluti è la tessitura, -1975<br />

addetti nell’intervallo 2002-2005, seguita dalla preparazione e filatura<br />

156


di fibre tessili, -1788 addetti per lo stesso periodo. L’unica attività a<br />

registrare un aumento di 137 addetti tra il 2002 e il 2005 è quella del<br />

finissaggio (grafico 7).<br />

15.000<br />

10.000<br />

Grafico 7. Andamento degli addetti nell'industria tessile<br />

per attività<br />

Preparazione e filatura di fibre<br />

tessili<br />

5.000<br />

Tessitura di materie tessili<br />

0<br />

2002<br />

2003<br />

2004<br />

2005<br />

Finissaggio dei tessili<br />

Elaborazioni <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati CCIAA Prato<br />

Grafico 8. Andamento degli addetti nell'industria tessile<br />

per attività<br />

4.000<br />

3.000<br />

2.000<br />

1.000<br />

0<br />

2002<br />

2003<br />

2004<br />

2005<br />

Confezionamento di articoli in<br />

tessuto, esclusi gli articoli di vestiario<br />

Fabbricazione di tessuti a maglia<br />

Fabbricazione di articoli in maglieria<br />

Elaborazioni <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati CCIAA Prato<br />

Nel comparto del confezionamento l’attività relativa alla<br />

confezione di articoli di vestiario e accessori registra una diminuzione<br />

di addetti in termini assoluti di 1384 unità tra il 2002 e il 2005. Stessa<br />

tendenza ma con cifre meno preoccupanti interessa anche le altre<br />

due attività: confezione di vestiario in pelle, preparazione e tintura di<br />

pellicce e confezione di articoli in pelliccia, pelle e similari (grafici 9,<br />

10 e 11).<br />

157


Grafico 9. Andamento degli addetti nel confezionamento<br />

4.000<br />

3.000<br />

2.000<br />

1.000<br />

0<br />

2002 2003 2004 2005<br />

Confezione di altri<br />

articoli di vestiario<br />

ed accessori<br />

Elaborazioni <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati CCIAA Prato<br />

Grafico 10. Andamento degli addetti nel<br />

confezionamento per attività<br />

65<br />

60<br />

55<br />

50<br />

45<br />

40<br />

35<br />

30<br />

2002 2003 2004 2005<br />

Confezione di<br />

vestiario in pelle<br />

Elaborazioni <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati CCIAA Prato<br />

158


Grafico 11. Andamento degli addetti al confezionaemnto<br />

per attività<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

2002 2003 2004 2005<br />

Preparazione e<br />

tintura di pellicce;<br />

confezione di<br />

articoli in pelliccia<br />

pelle e similari<br />

Elaborazioni <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati CCIAA Prato<br />

I seguenti grafici mostrano la variazione percentuale delle unità<br />

locali e degli addetti per le attività relative al comparto dell’industria<br />

tessile in senso stretto prima e di quello del confezionamento<br />

successivamente.<br />

Grafico 12. Variazione delle Unità locali dell'industria<br />

tessile anni 2002 2005. Distretto di Prato<br />

3.000<br />

2.000<br />

1.000<br />

1.824<br />

1.624<br />

2.808<br />

2.327<br />

819<br />

574<br />

252 242<br />

325 327 252 216<br />

1.126<br />

860<br />

2002<br />

2005<br />

0<br />

Preparazione e<br />

filatura di fibre<br />

tessili<br />

Finissaggio dei<br />

tessili<br />

Altre industrie<br />

tessili<br />

Fabbricazione di<br />

articoli in<br />

maglieria<br />

Elaborazioni <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati CCIAA Prato<br />

Particolarmente interessante risulta il dato relativo all’attività di<br />

confezione di articoli di vestiario e accessori che registra una<br />

notevole diminuzione delle unità locali con, in comparazione, una<br />

159


diminuzione più debole per gli addetti (grafici 13 e 14). Questo<br />

risultato può essere attribuito alla dimensione aziendale delle unità<br />

locali considerate.<br />

I seguenti grafici mostrano la variazione percentuale delle unità<br />

locali e degli addetti per le attività relative al comparto dell’industria<br />

tessile in senso stretto prima e di quello del confezionamento<br />

successivamente.<br />

Grafico 13. Variazione delle Unità Locali del<br />

confezionamento anni 2002-2005. Distretto di Prato<br />

2.500<br />

1.500<br />

500<br />

-500<br />

2.396 2.279<br />

66 68 61 49<br />

Confezione di<br />

vestiario in pelle<br />

Confezione di altri<br />

articoli di vestiario<br />

ed accessori<br />

Elaborazioni <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati CCIAA Prato<br />

Preparazione e<br />

tintura di pellicce;<br />

confezione di<br />

articoli in pelliccia<br />

2002<br />

2005<br />

14.000<br />

12.000<br />

10.000<br />

8.000<br />

6.000<br />

4.000<br />

2.000<br />

0<br />

Grafico 14. Variazione degli addetti dell'industria tessile<br />

anni 2002-2005. Distretto di Prato<br />

12.359<br />

9.752 10.384<br />

7.964<br />

5.971 6.108<br />

3.742<br />

2.862<br />

1.123 923 1.280 1.075 707 631<br />

Preparazione e<br />

filatura di fibre<br />

tessili<br />

Finissaggio dei<br />

tessili<br />

Altre industrie<br />

tessili<br />

Fabbricazione di<br />

articoli in<br />

maglieria<br />

2002<br />

2005<br />

Elaborazioni <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati CCIAA Prato<br />

160


Grafico 15. Variazione degli addetti alle confezioni anni<br />

2002-2005. Distretto di Prato<br />

4.000<br />

3.000<br />

2.000<br />

1.000<br />

0<br />

3.553<br />

2.169<br />

59 51 245 173<br />

Confezione di<br />

vestiario in pelle<br />

Confezione di altri<br />

articoli di vestiario<br />

ed accessori<br />

Preparazione e<br />

tintura di pellicce;<br />

confezione di<br />

articoli in pelliccia<br />

2002<br />

2005<br />

Elaborazioni <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati CCIAA Prato<br />

In generale l’unica attività a mostrare un aumento è quella del<br />

finissaggio dei tessuti con un incremento notevole nel numero delle<br />

unità locali e degli addetti. Tutte le altre attività del settore tessile e<br />

abbigliamento registrano diminuzioni notevoli con una tendenza al<br />

peggioramento. Tale dato non sorprende affatto se letto alla luce<br />

della crisi che sta investendo il settore tessile e abbigliamento in tutta<br />

Italia. Tale crisi è ancora più sentita a Prato che costituisce uno dei<br />

distretti industriali tessili più importanti in Europa e senza dubbio il più<br />

importante in Italia per numero di imprese e addetti.<br />

161


2.4.1 Le risorse umane<br />

Per quanto riguarda la formazione dei dipendenti delle imprese,<br />

dato molto importante per la crescita economica di un comparto<br />

industriale importante come quello di Prato, i dati non sono molto<br />

confortanti. Infatti, nel sistema moda che comprende al suo interno il<br />

settore tessile e abbigliamento, soltanto il 4,3% dei dipendenti risulta<br />

con formazione, con un valore relativo al costo unitario a carico delle<br />

aziende in attività formative basso se comparato con i valori relativi<br />

agli altri comparti produttivi. Molto basso risulta anche il dato in<br />

corrispondenza del contributo pubblico, con una percentuale sul<br />

totale di appena lo 0,4% (tabella 1).<br />

Tab. 1 Lavoratori dipendenti beneficiari di attività formative e costi sostenuti dalle aziende,<br />

provincia di Prato (2003)<br />

Costo medio Contributo pubblico<br />

Dipendenti<br />

unitario in attività sui costi di<br />

formati<br />

formative a carico formazione<br />

(% sul totale)<br />

dell'azienda (% su totale)<br />

Totale 12,8 459,1 15,3<br />

Sistema moda 4,3 279,2 0,4<br />

Altre manifatture 12,3 562,8 13,2<br />

Costruzioni 8,4 294,6 3,0<br />

Commercio 11,8 196,9 19,6<br />

Alberghi, ristoranti e altri servizi 12,9 582,9 0,1<br />

Trasporti, crediti e servizi alle imprese 32,2 560,6 23,4<br />

Altri servizi 23,6 485,7 2,3<br />

Toscana 17,4 566,0 5,2<br />

Centro 19,0 716,2 5,5<br />

Italia 19,0 785,8 8,4<br />

1-9 dipendenti 9,9 620,5 26,5<br />

10-49 dipendenti 8,4 273,3 4,0<br />

50-249 dipendenti 10,7 296,1 4,0<br />

> = 250 dipendenti 48,6 494,5 7,1<br />

Fonte: Elaborazione CCIAA su dati Excelsior<br />

162


I dati riportati in tabella sono al netto degli aspetti legati alla<br />

qualità degli interventi posti in essere, ma destano comunque<br />

preoccupazione sia il numero, in termini relativi, dei dipendenti che<br />

hanno beneficiato di attività formative sia l’entità dei costi sostenuti<br />

dalle aziende di minori dimensioni.<br />

Altro elemento importante è il livello di formazione scolastica dei<br />

dipendenti per titolo di studio. Dal grafico successivo elaborato dalla<br />

CCIAA su dati Excelsior è possibile apprezzare il basso grado di<br />

istruzione dei dipendenti nel comparto industriale pratese rispetto<br />

anche ai dati relativi alla Toscana e all’Italia. La maggior parte dei<br />

dipendenti ha una formazione professionale tecnica o proveniente<br />

dalla scuola dell’obbligo.<br />

Grafico 1 Previsioni di assunzione da parte delle aziende per titolo<br />

di studio (composizione % - 2004)<br />

Il dato trova poi il suo naturale riflesso nelle proposte per livello<br />

di inquadramento. Appena lo 0,1% delle potenziali offerte di lavoro è<br />

destinato a soggetti con qualifica dirigenziale e ben al di sotto dei<br />

valori medi regionali e nazionali si colloca la quota di assunzioni<br />

riservata alle mansioni impiegatizie di rango medio ed elevato.<br />

163


Considerando che la valorizzazione delle risorse umane passa<br />

anche attraverso l’adozione di misure volte alla formazione e alla<br />

crescita professionale, tali dati non sono da sottovalutare in sede di<br />

interventi specifici di rivitalizzazione del distretto tessile pratese.<br />

2.4.2 Il ciclo produttivo<br />

Trattamenti<br />

preliminari della fibra<br />

CICLO PRODUTTIVO TESS<strong>IL</strong>E<br />

Filatura<br />

Tessitura<br />

Preparazione alla<br />

tintura<br />

Tintura<br />

Finissaggio<br />

Schema 1. Ciclo produttivo tessile pratese laniero<br />

164


Le fasi che caratterizzano il ciclo produttivo tessile caratteristico<br />

dell’industria pratese laniera sono essenzialmente 6. La prima fase<br />

riguarda il trattamento della fibra che consiste nella realizzazione di<br />

interventi necessari per il passaggio alle fasi di filatura e tessitura.<br />

Tali interventi variano a seconda del tipo di fibra utilizzata, di solito la<br />

differenza di trattamento è legata all’utilizzo di fibra vergine o<br />

rigenerata dagli stracci, quella vergine viene inizialmente sottoposta a<br />

un lavaggio per poi passare alle fasi di essiccatura e slappatura<br />

(eliminazione dei residui di terra o altro materiale presenti nella fibra).<br />

Mentre quella ottenuta dalla rigenerazione degli stracci deve essere<br />

riconvertita in fibra, tramite una serie di passaggi: cernita<br />

(classificazione della lana secondo il tipo e colore), carbonizzazione<br />

(eliminazione delle fibre cellulosiche), stracciatura – sfilacciatura<br />

(lavaggio e apertura degli stracci). Una volta che la fibra è stata così<br />

preparata viene sottoposta al processo di filatura che permette di<br />

ottenere dalla fibra grezza il filato tramite le operazioni di torsione e di<br />

stiro. Il filato così ottenuto viene, nella fase di tessitura, intrecciato<br />

con altri filati per l’ottenimento del tessuto finale. Poi si passa alla<br />

fase di preparazione del tessuto alla tintura, così da ottenere un<br />

colore diverso dall’originale. L’ultima fase consiste nel finissaggio che<br />

permette di conferire al tessuto particolari caratteristiche come<br />

maggiore resistenza, morbidezza, impermeabilità nonché migliori<br />

caratteristiche estetiche.<br />

165


2.4.3 L’organizzazione industriale<br />

Il distretto di Prato è caratterizzato da un’organizzazione<br />

industriale basata sulla presenza di piccole-medie imprese, la<br />

maggior parte delle unità locali, circa l’86%, rientrano nella classe<br />

dimensionale 1-9, vale a dire con un numero di addetti che non<br />

supera le 10 unità, il 13% circa nella classe dimensionale 10-49 unità,<br />

mentre solo l’1% alla classe oltre le 50 unità (si vedano in proposito i<br />

dati riportati nelle tabelle al paragrafo 2.4 “Attività economiche”).<br />

La caratteristica principale dell’organizzazione industriale del distretto<br />

è legata ad una forte diversificazione produttiva, ogni impresa si<br />

occupa solo ed esclusivamente di un’attività (filatura, tintoria,<br />

ritorcitura, orditura, tessitura, finissaggio), riuscendo però a formare<br />

una rete di collegamenti e relazioni perfetta, tanto da costituire una<br />

forte unità distrettuale. La logica su cui si basa la produzione è quindi<br />

di tipo “conto terzi”, ogni impresa si occupa dell’attività in cui risulta<br />

più specializzata delegando poi a conto terzi le successive<br />

lavorazioni.<br />

Il coordinamento del lavoro è svolto principalmente dai lanifici i<br />

quali si occupano della progettazione dei campionari e della loro<br />

commercializzazione.<br />

Il punto di forza di tale organizzazione industriale è dato dal<br />

perseguimento di obiettivi comuni, con la capacità di “fare distretto” e<br />

quindi unità nonostante l’esistenza di una forte frammentazione<br />

interna in termini di diversificazione produttiva.<br />

2.4.4 I rapporti con i mercati esteri<br />

I rapporti commerciali del distretto pratese con l’estero<br />

costituiscono il fulcro della nascita e dello sviluppo del distretto<br />

industriale e hanno segnato la “fortuna” di Prato trasformandolo in<br />

uno dei più importanti centri tessili d’Europa. Analizzando i dati<br />

relativi alle importazioni ed esportazioni per volumi di fatturato<br />

emerge l’importanza dei rapporti commerciali con l’Europa (le<br />

esportazioni 70% circa del totale, le importazioni 50%), in particolare<br />

Germania, Francia e Regno Unito e con l’Asia (esportazioni 15%<br />

circa del totale, importazioni 36,8%) (grafici 1 e 2), in particolare Asia<br />

166


Orientale e Cina (si vedano in proposito le tabelle 2 e 3 all’interno<br />

dell’appendice statistica).<br />

Grafico 1 Incidenza % sul totale delle<br />

esportazioni del sistema moda per<br />

destinazione (2004)<br />

Hong Kong<br />

Regno Unito<br />

Francia<br />

Oceania e altri territori<br />

America<br />

Europa<br />

0,8<br />

4,9<br />

5,2<br />

5,1<br />

7,3<br />

8,7<br />

2,4<br />

18,1<br />

9,0<br />

15,1<br />

72,7<br />

0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0<br />

Elaborazioni <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati CCIAA Prato<br />

Grafico 2 Incidenza % sul totale delle<br />

importazioni del sistema moda per<br />

destinazione (2004)<br />

Hong Kong<br />

Regno Unito<br />

Francia<br />

Oceania e altri territori<br />

America<br />

Europa<br />

0,3<br />

0,4<br />

2,6<br />

2,0<br />

5,1<br />

8,1<br />

5,0<br />

4,3<br />

4,4<br />

36,8<br />

49,5<br />

0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0<br />

Elaborazioni <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati CCIAA Prato<br />

167


Se analizziamo il rapporto tra la variazione tendenziale del P<strong>IL</strong> e<br />

delle esportazioni, risulta evidente il fortissimo grado di apertura<br />

dell’economia pratese ai mercati esteri. Il rapporto export/P<strong>IL</strong> supera<br />

infatti il 50% (dato Prometeia). Ciò determina una stretta correlazione<br />

tra l’andamento delle vendite sui mercati internazionali e i saggi di<br />

variazione tendenziale del prodotto interno accentuando, di fatto, la<br />

vulnerabilità del sistema alle oscillazioni cicliche della domanda<br />

estera. In termini di prospettive per il prossimo futuro, le stime diffuse<br />

recentemente da Unioncamere confermano, al di là del tentativo di<br />

produrre una quantificazione esatta della crescita potenziale, quanto<br />

le attese per un miglioramento dei saggi complessivi si fondino<br />

principalmente su una consistente ripresa delle esportazioni il cui<br />

peso relativo, sugli equilibri complessivi di sistema, potrebbe<br />

aumentare ulteriormente (tabella 1).<br />

Tab. 1 Indicatori sintetici di crescita. Consuntivi 1999-2004 e stime al 2008<br />

Prato Toscana Centro<br />

1999- 2002-<br />

2001 2004<br />

Tassi di crescita medi annui:<br />

2005-<br />

2008<br />

1999-<br />

2001<br />

2002-<br />

2004<br />

2005-<br />

2008<br />

1999-<br />

2001<br />

2002-<br />

2004<br />

2005-<br />

2008<br />

Esportazioni 3,3 -9,4 11,0 5,1 -3,3 5,7 4,6 -2,2 5,3<br />

Valore aggiunto 3,0 -0,5 2,0 2,8 0,7 1,6 2,3 1,0 1,5<br />

Occupazione 0,8 0,3 0,6 1,6 0,7 0,7 1,6 1,1 0,7<br />

Valori % a fine periodo:<br />

Esportazioni/valore<br />

aggiunto 6,7 42,8 60,3 30,4 26,9 31,5 19,4 17,6 20,4<br />

Tasso di<br />

occupazione<br />

Tasso di<br />

disoccupazione<br />

47,6 43,7 44,2 42,1 42,0 43,1 39,8 41,1 41,8<br />

6,1 5,6 4,5 5,3 5,2 4,2 7,9 6,5 6,3<br />

Tasso di attività 50,7 46,3 46,3 44,4 44,3 44,9 43,2 43,9 44,6<br />

Valori pro capite a fine periodo (migliaia di euro):<br />

Valore aggiunto per<br />

abitante 20,8 19,8 20,8 18,8 18,7 19,6 18,7 18,7<br />

19,4<br />

Valore aggiunto per<br />

40,3 39,3 41,4 40,1 40,1 41,6 41,6 41,4 42,7<br />

occupato<br />

Fonte: Unioncamere.<br />

168


Infine, viene riportata di seguito l’ analisi effettuata<br />

dall’Associazione Industriali di Prato sui dati relativi agli scambi<br />

commerciali nell’anno 2004 suddiviso per tipo di attività economica. Il<br />

valore relativo al settore del tessile e abbigliamento è risultato in<br />

crescita rispetto al 2003 con un +0,6%. Tra le attività che hanno<br />

registrato un andamento in crescita quella che ha contribuito<br />

maggiormente è l’attività relativa ai tessuti trama ordito con un<br />

+8,8%.<br />

Tab. 2 Gli scambi commerciali del T&A nel distretto pratese (anno 2004)<br />

Fonte: Associazione Industriali Prato<br />

169


Grafico 3 Previsioni vendite sui vari mercati-stagione A/I 2005 2006<br />

Se analizziamo poi i dati congiunturali (Associazione Industriali di<br />

Prato) sulle previsioni delle vendite sui vari mercati per la stagione<br />

2005-2006 da parte degli imprenditori, risulta che (grafico 3):<br />

• il mercato italiano rimane al 45,2% di pessimisti (era il 43,7% sei<br />

mesi fa);<br />

• peggiorano invece le prospettive per l’Euro Zona, con il 59.6% di<br />

aspettative normali o positive (erano il 69% sei mesi fa e il 61,5% a<br />

marzo 2004);<br />

• rallentano ulteriormente anche i mercati dei Paesi Est Europei (il<br />

48,8% di previsioni positive contro il 57,5% di un anno fa e il 50%<br />

di previsioni “normali” o positive di ottobre 2004);<br />

• si invertono negativamente le aspettative per l’Asia Orientale, dal<br />

61% di previsioni “normali” o positive di ottobre si passa al 56% di<br />

previsioni negative per questi mercati.<br />

• in peggioramento le previsioni per gli Stati Uniti (in America del<br />

Nord le previsioni normali o positive sono passate dal 54,0%, al<br />

45,2%), che è però il mercato che si aggiudica la più alta<br />

percentuale di risposte positive o molto positive fra le zone extra<br />

europee (17,2%).<br />

170


2. <strong>IL</strong> DISTRETTO TESS<strong>IL</strong>E PRATESE<br />

2.5 <strong>IL</strong> DISTRETTO E L’AMBIENTE<br />

171


Il sistema di gestione ambientale, nel distretto tessile di Prato è<br />

caratterizzato dalla presenza di strutture sia per la depurazione delle<br />

acque reflue derivanti dai processi tessili, nonché sistemi di recupero<br />

di rifiuti. In particolare gli impianti implicati nella gestione ambientale<br />

sono i seguenti (BIOVIT, 2004):<br />

- L’impianto di depurazione delle acque di Baciacavallo;<br />

- Un impianto di trattamento e smaltimento dei rifiuti industriali a<br />

gestione pubblica;<br />

- Un impianto di trattamento di RSU;<br />

- Oltre 100 impianti a gestione privata di recupero di rifiuti tessili<br />

riutilizzati successivamente dalle stesse imprese del distretto;<br />

- Un impianto di trattamento e recupero degli imballaggi a gestione<br />

pubblica;<br />

- Un impianto di incenerimento dei rifiuti senza recupero energetico;<br />

- Un impianto di cogenerazione con distribuzione di energia elettrica<br />

a calore alle imprese del distretto a gestione privata.<br />

Relativamente alla diffusione di sistemi di certificazione<br />

ambientale di processo e di prodotto, quelle presenti sul territorio<br />

sono: ISO 14001, EMAS, Eco-Label e Oeko-Tex Standard 100.<br />

La certificazione ISO (International Standard Organization)<br />

14001, recepita in Italia come UNI EN ISO 14001, così come<br />

specificato al paragrafo 1.2.1, è una certificazione che attesta la<br />

conformità di un’azienda a delle particolari norme ambientali dettate a<br />

livello internazionale, consentendo a qualunque organizzazione di<br />

raggiungere e dimostrare buoni livelli di prestazione ambientale. La<br />

certificazione si basa sul controllo degli impatti ambientali<br />

dell’azienda, tramite l’implementazione di un Sistema di Gestione<br />

Ambientale (SGA), connessi alle attività realizzate, ai prodotti e ai<br />

servizi offerti. Inoltre, la norma richiede che l’azienda preveda un<br />

piano di miglioramento delle proprie performance ambientali negli<br />

anni. Anche per i prodotti tessili è prevista la certificazione ISO<br />

14001, in Italia in particolare sono 84 le aziende tessili certificate con<br />

tale marchio, tra le quali 25 presenti in Toscana e di queste 15 nella<br />

provincia di Prato (tabella 1).<br />

La certificazione EMAS tramite il regolamento (CE) n 761 del<br />

2001 introduce il sistema comunitario di ecogestione e audit<br />

172


ambientale, il cui obiettivo consiste nel miglioramento delle<br />

performance ambientali delle organizzazioni, basato non solo sui<br />

limiti imposti dalle leggi ma nel miglioramento continuo delle<br />

prestazioni. A differenza delle norme ISO 14001 il marchio EMAS è<br />

valido a livello europeo. In Italia le aziende tessili certificate EMAS<br />

sono complessivamente 6 di cui 2 presenti nella provincia di Prato<br />

(tabella 2). L’altro marchio di rispetto ambientale presente all’interno<br />

del distretto di Prato è Oeko-Tex Standard 100, è un marchio studiato<br />

appositamente per i prodotti tessili e garantisce che questi ultimi non<br />

contengano o rilascino sostanze nocive per la salute dell’uomo. Il<br />

prodotto viene sottoposto a verifiche per valutare la presenza o il<br />

rilascio di sostanze nocive (pesticidi, metalli pesanti, formaldeide,<br />

ammine aromatiche, coloranti allergizzanti etc.) nei semilavorati e nei<br />

prodotti tessili finiti. È un marchio rilasciato da un’organizzazione<br />

internazionale ed è il più diffuso tra le imprese tessili. Basti pensare<br />

che in Italia sono circa 600 i prodotti tessili con tale marchio tra cui 29<br />

presenti nel distretto di Prato (tabella 3). Altro marchio relativo al<br />

benessere è il marchio comfort il quale attesta il grado di benessere<br />

offerto da un tessuto attraverso la valutazione delle sue proprietà<br />

termofisiologiche e sensoriali. È rilasciato da Centrocot (Centro<br />

Tessile Cotoniero e abbigliamento).<br />

Altro marchio di certificazione ambientale è l’Eco-Label, marchio<br />

di prodotto ecologico della Comunità Europea. È volontario e<br />

applicabile a qualsiasi tipo di prodotto, ottenuto con processi a basso<br />

impatto ambientale. Nel campo tessile sono stati definiti i criteri per<br />

l’assegnazione del marchio ai capi di abbigliamento tessili, ai prodotti<br />

tessili per interni, ai filati e tessuti destinati all’uso in capi di<br />

abbigliamento o prodotti tessili per interni destinati al consumatore<br />

finale. In Italia sono complessivamente 10 i prodotti con marchio Eco-<br />

Label di cui 5 nella provincia di Prato (tabella 4). Infine l’altro marchio<br />

ambientale è quello legato alla certificazione dei prodotti tessili<br />

biologici secondo gli standard AIAB (Associazione Italiana Agricoltura<br />

Biologica). Tale certificazione prende in considerazione gli impatti<br />

ambientali a partire dalla coltivazione della fibra fino ad un’analisi<br />

dell’intera filiera produttiva, inoltre prevede l’analisi delle condizioni di<br />

lavoro nella produzione tessile per assicurare il rispetto dei diritti di<br />

base dei lavoratori. Tale certificazione è quindi di tipo etico ed<br />

ambientale. Le imprese con tale certificazione sono 5<br />

complessivamente in Italia di cui 2 a Prato (dati AIAB).<br />

173


Tab. 1 Aziende tessili certificate ISO 14001 1996<br />

Aziende tessili<br />

Valori assoluti<br />

Valori percentuali su totale<br />

Italia<br />

Toscana 25 30<br />

Provincia di Prato 15 18<br />

Totale Italia 84 100<br />

Fonte: elaborazione <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati S<strong>IN</strong>CERT, 2005<br />

Tab. 2 Aziende tessili certificate EMAS<br />

Aziende tessili<br />

Valori assoluti<br />

Valori percentuali su totale<br />

Italia<br />

Toscana 2 33<br />

Provincia di Prato 2 33<br />

Totale Italia 6 100<br />

Fonte: elaborazione <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati APAT<br />

Tab. 3 Aziende Tessili con certificazione Oeko-Tex Standard 100<br />

Aziende certificate valori assoluti Valori percentuali su totale Italia<br />

Provincia Prato 24 4<br />

Provincia Firenze 3 1<br />

Provincia Pistoia 2 0<br />

Totale distretto Prato 29 5<br />

Totale Italia 588 100<br />

Fonte: elaborazione <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati Oeko-Tex Association<br />

174


Tab. 4 Prodotti tessili con marchio Eco-Label<br />

Prodotti tessili<br />

Valori assoluti<br />

Valori percentuali su totale<br />

europa<br />

Provincia di Prato 5 7<br />

Toscana 6 8<br />

Italia 10 14<br />

Europa 73 100<br />

Fonte: Elaborazione <strong>LaMMA</strong>-TEST su dati del Catalogo Europeo dellEco-Label<br />

Tab. 5 Imprese con certificazioni e marchi ambientali. Provincia di Prato<br />

Certificazioni e marchi ambientali<br />

Imprese tessili<br />

ISO 14001 15<br />

EMAS 2<br />

Eco-Label 5<br />

AIAB-tessuto biologico 2<br />

Oeko-Tex Standard 100 24<br />

175


176


177<br />

CONSIDERAZIONI DI S<strong>IN</strong>TESI


Partendo dai pessimi risultati economici del tessile italiano ma<br />

anche del distretto pratese, analizzati all’interno del documento, non<br />

è difficile delineare uno scenario per il futuro che metterà sempre più<br />

in difficoltà il sistema delle piccole e medie imprese tessili italiane. I<br />

fattori che hanno contribuito a tali risultati economici, negli ultimi<br />

quattro anni e che lo faranno nel prossimo futuro, derivano<br />

principalmente da quattro elementi : la fine dei contingenti all’import,<br />

Cina e paesi emergenti sempre più competitivi, sottovalutazione del<br />

dollaro, consumi europei debolissimi. In particolare, la concorrenza<br />

dei paesi emergenti diventa sempre più accesa e lo sviluppo delle<br />

nuove tecnologie di comunicazione fa facilmente prevedere una<br />

penetrazione capillare nei nostri mercati. Questo determinerà, nel<br />

prossimo futuro, una maggiore difficoltà di competere con i nostri<br />

prodotti sui mercati esteri, con forti ripercussioni anche sui mercati<br />

nazionali e regionali interni. Nei prossimi anni lo scenario che si<br />

delinea sposta le produzioni di massa a basso valore aggiunto in quei<br />

paesi dove il costo del lavoro è quasi trenta volte più basso rispetto a<br />

quello dell’ Europa. Tale dato mette in evidenza la necessità di<br />

indirizzarsi verso produzioni ad alto valore aggiunto dove il marchio,<br />

la tracciabilità e l’innovazione costituiscano un’alternativa forte, sul<br />

lato della qualità, ai prodotti a basso costo proposti dai paesi<br />

emergenti.<br />

D’altro canto gli scenari a quindici o venti anni evidenziano che<br />

nei paesi industriali aumenterà in modo particolare la domanda di<br />

prodotti attenti all’ambiente, alla salute e alla sicurezza. Sono mercati<br />

e prodotti caratterizzati da un elevato contenuto tecnologico e, fattore<br />

ancora più rilevante, da una elevata dinamica delle tecnologie<br />

coinvolte. Il futuro delle imprese europee sarà fortemente<br />

condizionato dalla loro capacità di gestire l’innovazione tecnologica,<br />

di monitorare e integrare le nuove tecnologie e di operare su una<br />

scala globale. È per tale motivo che tale documento si è indirizzato<br />

verso l’analisi di due elementi fondamentali: prodotti di qualità<br />

derivanti dalla reintroduzione di filiere di fibre naturali possibilmente<br />

biologiche e applicazione della tecnologia per l’analisi del comfort dei<br />

tessuti.<br />

La scelta di percorrere questa strada deve necessariamente<br />

essere accompagnata da altre valutazioni quali la possibilità di creare<br />

marchi “locali” che identifichino il capo di abbigliamento come<br />

proveniente da una filiera completamente svolta in un certo territorio<br />

178


e l’organizzazione e svolgimento di una diffusa attività di<br />

comunicazione perché i consumatori divengano consapevoli anche<br />

per il settore tessile e non solo per quello alimentare. Parallelamente<br />

a ciò, in una visione più ampia di controllo del prodotto, sarebbe da<br />

valutare la possibilità di una normativa nazionale per la tracciabilità,<br />

in modo tale che sull’etichetta non sia riportato soltanto il luogo di<br />

fabbricazione del capo di abbigliamento, ma anche il luogo di<br />

produzione della fibra, del tessuto e della colorazione.<br />

Dall’analisi dei dati raccolti risulta che sussistono oggi buone<br />

premesse per un rilancio di colture da fibra “alternative” al cotone con<br />

una forte domanda interna dell’industria per rilanciare un prodotto<br />

“Made in Italy e concorrenziale con il mercato cinese.<br />

Lino, canapa, ginestra e ortica, sono le specie che, nei nostri<br />

ambienti, come dimostrano i dati storici di produzione e come i<br />

risultati acquisiti dalla sperimentazione ripropongono su nuove basi<br />

produttive e di tecnica colturale, sembrano in grado di soddisfare le<br />

esigenze dei consumatori e hanno prospettive di sviluppo negli<br />

ordinamenti produttivi delle imprese agrarie.<br />

Allo stesso tempo l’innovazione in campo tessile nei riguardi del<br />

benessere e del comfort è diventata un elemento decisivo per<br />

l’apprezzamento e il successo del prodotto finale. Sono state<br />

realizzate numerose ricerche per individuare le cause e gli elementi<br />

di mancanza di comfort rivolte specificatamente al tessile. Esiste già<br />

un mercato per queste “nuove fibre” regolato dal “marchio comfort”<br />

(ideato dal Centrocot) che attesta il grado di benessere offerto dal<br />

tessuto attraverso la valutazione di alcune proprietà termofisiologiche<br />

e sensoriali. Si devono quindi progettare fibre, filati e indumenti che<br />

abbiano i valori voluti dei parametri decisivi per il comfort da inserire<br />

in mercati particolarmente attenti alla qualità del prodotto.<br />

179


180


181<br />

BIBLIOGRAFIA


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186


187


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http://www.icea.info<br />

Associazione Tessile Italiana:<br />

http://www.asstex.it/<br />

Associazione Italiana Per l’Agricoltura Biologica:<br />

http://www.aiab.it/nuovosito/<br />

Centro Tessile Cotoniero e dell’Abbigliamento:<br />

http://www.centrocot.it/<br />

Oeko-Tex Association:<br />

http://www.oeko-tex.com/en/main.html<br />

Catalogo europeo dell’Eco-Label :<br />

http://www.eco-label.com//<br />

Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici:<br />

http://www.apat.gov.it/site/it-IT/<br />

Accreditamento Organismi Certificazione:<br />

http://www.sincert.it/<br />

Ministero dell’Ambiente:<br />

http://www.minambiente.it/<br />

EU, Enterprise and Industry. Textiles and Clothing<br />

http://europa.eu.int/comm/enterprise/textile/ind_policy.htm<br />

Sistema Moda Italia<br />

http://www.sistemamodaitalia.it/<br />

Istituto Nazionale di Statistica<br />

http://www.istat.it/<br />

188


Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura, Prato<br />

http://www.po.camcom.it/<br />

Unione Industriali, Prato<br />

http://www.ui.prato.it/unionedigitale/<br />

Confartigianato, Prato<br />

http://www.prato.confartigianato.it/<br />

The European Apparel and Textile Organisation<br />

http://www.euratex.org/<br />

Interactive European Network for Industrial Crops and their<br />

Applications<br />

http://www.ienica.it<br />

Consorzio Canapaitalia<br />

http//www.canapaitalia.com<br />

European Industrial Hemp Association<br />

http//www.eiha.org<br />

Ditta tedesca che si occupa di dell’intera filiera dell’ortica da fibra<br />

http//www.stoffkontor-ag.de<br />

Azienda con lo scopo di gestire la filiera agro-industriale della canapa<br />

da fibra<br />

http//www.ecocanapa.it/<br />

Gruppo Fibranova rappresenta l'anello di congiunzione tra l'attività<br />

agricola di produzione e l'attività industriale di trasformazione di<br />

materie prime naturali in prodotti finiti<br />

http//www.gruppofibranova.it<br />

189


Sito con informazioni sui vari utilizzi della canapa<br />

http//www.chanvre-info.ch<br />

Sito sulla colorazione naturale<br />

http//www.painaturalcolor.it<br />

Sito sul cotone biologico<br />

http//www.sustainablecotton.org/<br />

Network sull’ortica da fibra<br />

http//www.nettletex.com<br />

190


191<br />

APPENDICE


I - Schede informative su piante da fibra e coloranti naturali<br />

COTONE<br />

PIANTE DA FIBRA<br />

NOME SCIENTIFICO: Gossypium sp.<br />

FAMIGLIA: Malvacea<br />

Storia<br />

La coltivazione del cotone iniziò in Asia nell'VIII secolo. Gli Egizi<br />

conoscevano la pianta del cotone, ma la utilizzavano solo a scopo<br />

ornamentale. Il primo paese che lo sfruttò come fibra fu l'India, l'uso<br />

poi si diffuse in Malesia. I Greci e i Romani acquistavano i tessuti di<br />

cotone, senza però rendersi conto della possibilità di coltivazione<br />

nelle loro colonie più calde. L'America offrì ai conquistadores<br />

spagnoli grandi piantagioni di cotone, ma furono gli anglosassoni ed i<br />

francesi a sviluppare l'immensa produzione di cotone che dal XVII<br />

secolo continua tuttora. In Italia la coltivazione del cotone fu<br />

introdotta dagli arabi nel IX secolo, diffondendosi sotto la<br />

dominazione normanna e sveva, arrivando fino alle coste calabre.<br />

Coprendo il 50% del fabbisogno tessile mondiale, il cotone risulta la<br />

maggiore coltura agricola non alimentare.<br />

192


I caratteri botanici e fisiologici<br />

Il fiore ha colore bianco o giallo divenendo rosa o violaceo dopo<br />

la fecondazione. La pianta del cotone richiede climi caldo-umidi. I<br />

primi fiori sbocciano dopo 10-12 settimane dalla semina.Poco dopo<br />

cadono, lasciando le capsule che lentamente si gonfieranno,<br />

raggiungendo le dimensioni di un uovo di gallina. Dopo 5/7 settimane<br />

raggiungono la maturazione e si aprono, facendo intravedere la fibra<br />

di cotone.<br />

Varietà<br />

Il nome “cotone” viene dato a diverse specie di piante:<br />

• Gossypium arboreum<br />

• Gossypium barbadense<br />

• Gossypium herbaceum<br />

• Gossypium hirsutum<br />

Usi<br />

Della pianta vengono utilizzati:<br />

Frutti<br />

• i semi (olio)<br />

• la lanuggine attorno ai semi (fibre vegetali per uso tessile)<br />

Fusto<br />

• steli e foglie vengono utilizzate per l’ottenimento di humus<br />

organico<br />

193


CANAPA<br />

NOME SCIENTIFICO : Cannabis sativa<br />

FAMIGLIA Cannabinacea<br />

Storia<br />

La canapa è stata una materia prima essenziale per l'uomo per<br />

centinaia di anni. Pare che il primo tessuto nella storia dell'uomo sia<br />

stato di canapa e che la sua lavorazione sia cominciata nell'VIII<br />

millennio a.C. La letteratura scientifica in campo archeologico,<br />

antropologico, filologico, economico e storico concorda sul fatto che<br />

la canapa sia stata la pianta più coltivata a partire dal I millennio a.C.<br />

fino alla fine degli anni '40. Abbandonata circa 50 anni fa per l'elevato<br />

costo di lavorazione e per l'introduzione sul mercato di prodotti di<br />

sintesi ritorna in Europa all’inizio degli anni ‘90. Hanno contribuito a<br />

ciò il contributo relativamente alto dell’Unione Europea per la sua<br />

coltivazione e gli aiuti governativi per lo sviluppo di tecnologie<br />

innovative per la trasformazione delle piante da fibra. In Italia, la<br />

coltivazione è ritornata solo nel 1998 su di una superficie di circa 350<br />

194


ha, nonostante il nostro Paese fosse stato sino a trent’anni fa<br />

secondo al mondo dopo la Russia come superficie coltivata e primo<br />

per la qualità dei prodotti ottenuti.<br />

I caratteri botanici e fisiologici<br />

La Cannabis sativa è una specie annuale a fusto eretto. Specie<br />

prevalentemente dioica. L’insieme delle fibre tessili, comunemente<br />

denominato tiglio, rappresenta il libro del fusto, da cui il nome di fibre<br />

liberiane. Si trova nella corteccia tra l’epidermide ed il canapulo<br />

(tessuto vascolare) e costituisce il principale prodotto commerciale<br />

La canapa è una fibra molto simile al lino, ma a differenza di questo<br />

possiede una capacità di resistenza che permette di coltivarla senza<br />

l'utilizzo di pesticidi o fertilizzanti chimici. La canapa giunge la<br />

maturazione tecnica della fibra dopo 110-120 giorni, prima con le<br />

piante maschili, immediatamente dopo l’emissione del polline e due<br />

settimane dopo con le piante femminili. Grazie al suo breve ciclo<br />

vegetativo ed alla molteplicità delle varietà esistenti, la canapa può<br />

adattarsi ai climi più diversi.<br />

Fibra lunga strigliata<br />

195


Varietà e normative<br />

Le varietà di Cannabis sativa ammesse alla coltivazione<br />

nell’ambito dell’Unione Europea sono elencate nell’allegato XII del<br />

Reg. CE 1251/1999 e succ. mod. riportate nella tabella che segue.<br />

La tabella delle varietà ammesse viene costantemente<br />

aggiornata e quella che riportiamo corrisponde all’anno 2003 come<br />

da allegato XII art. 7bis par.1 del reg. CE 2316/1999 in vigore.<br />

Queste sono le varietà che hanno un contenuto di THC<br />

(tetraidrocannabinolo) nelle infiorescenze inferiore allo 0,2%. Le<br />

canape che danno la massima quantità e la migliore qualità della<br />

fibra sono quelle giganti, caratteristica principale delle varietà dioiche<br />

ed in particolare di quelle italiane. Delle varietà ammesse nell’ambito<br />

dell’Unione Europea, solo poche sono quelle effettivamente reperibili<br />

sul mercato, mentre le altre non lo sono affatto se non in quantitativi<br />

molto limitati. Purtroppo anche le varietà italiane, celebrate in tutto il<br />

mondo per essere le migliori, hanno subito un gravissimo danno al<br />

proprio patrimonio genetico. L‘Istituto Sperimentale Coltivazioni<br />

Industriali (ISCI) è ancora in possesso di piccole quantità di semi di<br />

Carmagnola, CS e Fibranova e sta provvedendo alla loro<br />

moltiplicazione impegnandosi a renderle disponibili sul mercato. Le<br />

varietà francesi sono attualmente le più diffuse, perché in quel paese<br />

la produzione non è mai stata sospesa come nel resto d’Europa, ed il<br />

Consorzio per la canapicoltura (Fédération Nazionale des<br />

Producteurs de Chanvre) ha provveduto ad effettuare selezioni<br />

varietali e ad organizzare la produzione. Le caratteristiche che<br />

196


determinano la scelta varietale sono in funzione del tipo di<br />

produzione prevista e della qualità richiesta.<br />

Usi<br />

Gli utilizzi della canapa sono molteplici e diversi:<br />

• Uso tessile (fibra lunga)<br />

• Produzione di corde (fibra corta)<br />

• Produzione di cellulosa per carta<br />

• Olio<br />

• Combustibile<br />

• Usi medicinali<br />

• Edilizia<br />

197


L<strong>IN</strong>O<br />

NOME SCIENTIFICO : Linum usitatissimum<br />

FAMIGLIA : Linaceae<br />

Storia<br />

E’ pianta di notevole importanza che ha accompagnato l’uomo in<br />

tutti gli stadi della civiltà ed è specie di interesse agrario coltivata<br />

soprattutto per uso industriale (tessile ed olio). Tradizionalmente, fino<br />

all’avvento del cotone prodotto in modo industriale e, poi, delle fibre<br />

sintetiche, il lino rappresentava la più importante fibra di origine<br />

vegetale utilizzata per la produzione di capi d’abbigliamento. In Italia<br />

la coltura da fibra, considerevole nei secoli scorsi in Lombardia,<br />

Marche, Toscana è andata in declino. In Italia, dopo aver raggiunto la<br />

massima espansione negli anni 1850-1870, quando occupava una<br />

superficie di 45.000-50.000 ha, il lino andò progressivamente<br />

perdendo terreno. Attualmente in Europa il lino da fibra occupa una<br />

vasta area in Russia (circa ¾ dell’intera sup. mondiale) altre aree si<br />

trovano in Polonia, Romania, Francia, Belgio e in percentuale minore,<br />

in Germania, Olanda e Danimarca.<br />

198


I caratteri botanici e fisiologici<br />

Il lino è una pianta che si adatta a diverse condizioni ambientali.<br />

La sua coltivazione si estende, infatti, dalle calde regioni indiane ed<br />

africane alle fredde ed umide aree dell'Europa settentrionale e, di<br />

conseguenza, la qualità dei suoi prodotti è altrettanto diversificata. Il<br />

lino da tiglio è particolarmente sensibile alla stanchezza del suolo,<br />

quindi è consigliabile riproporlo sullo stesso terreno con un intervallo<br />

di 6-7 anni, pertanto la coltura entra in avvicendamenti piuttosto<br />

lunghi. La fibra di lino è la fibra vegetale più resistente alla trazione, è<br />

meno elastica del cotone e conduce meglio di questo il calore: di qui<br />

la sensazione di fresco che danno al tatto i tessuti di lino. Per ridurre<br />

al minimo i rischi produttivi, il lino deve essere coltivato in condizioni<br />

ideali di terreno e con l'adozione di una tecnica colturale adeguata. Il<br />

lino è particolarmente sensibile alla competizione delle infestanti;<br />

l'assenza di queste ultime costituisce una necessità poiché la<br />

presenza di malerbe diminuirebbe sensibilmente il valore della paglia<br />

da macerare.<br />

lino lungo tiglio 12-15%*<br />

Stoppa 10-15%*<br />

Linapuli 50%*<br />

Pagliuzze 6-7%*<br />

seme<br />

Scarti e polveri 6-7%*<br />

lino lungo tiglio 12-15%*<br />

Stoppa 10-15%*<br />

Linapuli 50%*<br />

Pagliuzze 6-7%*<br />

seme<br />

Scarti e polveri 6-7%*<br />

*su 100 di prodotto stigliato<br />

Uso tessile<br />

Uso tessile<br />

Lettiera, energia, pannelli<br />

Alimentazione bestiame<br />

olio<br />

Concime organico<br />

Uso tessile<br />

Uso tessile<br />

Lettiera, energia, pannelli<br />

Alimentazione bestiame<br />

olio<br />

Concime organico<br />

199


Varietà e normative<br />

Per la coltura dei lino tessile, l’UE prevede un contributo sul<br />

prodotto lavorato (lino stigliato) che è diviso tra il coltivatore (25%) ed<br />

il trasformatore (75%).Le norme sono dettate dal Regolamento CEE<br />

n. 619/71 e successive integrazioni e modificazioni; in particolare il<br />

Regolamento CEE n. 624/97 prevede, tra l'altro, l'aiuto alle sole<br />

varietà di lino tessile elencate nell'allegato al Regolamento<br />

comunitario n. 1164/89. In buone condizioni di coltivazione la<br />

produzione di paglia varia da 6 a 7 t ha - ', ma non si escludono<br />

produzioni maggiori, qualora le colture non abbiano subito danni per<br />

precoci attacchi batterici e/o fungini, od in seguito ad allettamento.<br />

Attualmente esistono in Europa numerose varietà ed il lavoro di<br />

selezione e di creazione di nuove, ad alto valore tecnologico, dotate<br />

di particolari resistenze al freddo ed alle fitopatie, è in fase avanzata.<br />

Per queste ricerche sono impiegate anche nuove tecnologie<br />

biologiche, quali la manipolazione genetica, la coltura di tessuti, di<br />

embrioni e di protopiasti. Per quanto riguarda la resistenza al freddo<br />

si tende ad ottenere uno "zero di vegetazione" inferiore a quello già<br />

accertato per alcune varietà che varia da 5 a 9 °C<br />

Usi<br />

Nel 1994 la produzione italiana di tessuti di lino ammontava a<br />

15850 t, il 62% della produzione europea. È lecito quindi aspettarsi<br />

che la nostra industria tessile accolga con favore una produzione<br />

nazionale di lino, con positivi riflessi sui nostri conti con l’estero. La<br />

richiesta sarà con ogni probabilità accresciuta da nuovi impieghi<br />

alternativi della fibra: produzione di corda, spago, utilizzo additivi di<br />

materiali da costruzione nell’industria del mobile e dei trasporti.<br />

Esistono pertanto tutte le premesse che invitano a tentare un nuovo<br />

rilancio del lino da fibra.<br />

200


G<strong>IN</strong>ESTRA<br />

NOME SCIENTIFICO: Spartium junceum<br />

FAMIGLIA: Leguminosae<br />

Etimologia:<br />

dal greco "spartos", pianta che serve per fabbricare cordami<br />

Storia<br />

In Italia, negli anni '40, quando vigeva un regime di autarchia, la<br />

presenza su ampie superfici di ginestra allo stato spontaneo, stimata<br />

(fu istituito un apposito catasto) pari a circa 300.000 ettari, destò un<br />

vivo interesse per l'utilizzazione, specie nelle industrie che<br />

assorbivano forti quantitativi di iuta per la produzione di tele da<br />

imballo. Un impiego tessile della ginestra è sempre stato circoscritto<br />

all'area mediterranea dove in molti villaggi si trova ancora, a livello<br />

familiare, una certa tradizione nella raccolta e lavorazione artigianale.<br />

I momenti di maggiore attenzione per questa pianta sono coincisi, a<br />

livello nazionale, con i due eventi bellici mondiali, quando la penuria<br />

di materia prima faceva riscoprire, sulla scorta dell’elevata<br />

disponibilità allo stato spontaneo, la potenzialità di questa pianta<br />

come fonte di fibre. L'importanza della ginestra come pianta tessile in<br />

Italia è ormai limitata a piccole realtà locali, in particolare in alcuni<br />

paesi della Basilicata e della Calabria.<br />

I caratteri botanici e fisiologici<br />

201


E’ una pianta arbustiva perenne che può assumere un<br />

portamento ad alberello raggiungendo altezze dai 0,7 ai 5 metri o a<br />

cespuglio con uno sviluppo più contenuto (0,7-1,5 m). La ginestra,<br />

trova nella zona temperata ad inverno mite ed umido le migliori<br />

condizioni di crescita. Un aspetto fondamentale nella realizzazione di<br />

un ginestreto destinato alla produzione di fibra o di cellulosa da carta<br />

è rappresentato dalla modalità d'impianto. Recenti esperienze hanno<br />

confermato la maggiore convenienza a realizzare un ginestreto<br />

utilizzando piante di due anni, allevate in vivaio, per il più rapido ed<br />

uniforme accrescimento, che consente una prima raccolta nel<br />

secondo anno d'impianto.Sebbene possa essere ritenuta una pianta<br />

xerofita tipica della flora mediterranea, trova diffusione non solo<br />

nell'area tipica della macchia litorale, ma anche in aree altimetriche<br />

più elevate. Dotata di una elevata plasticità, si adatta bene ai terreni<br />

più diversi, da quelli ad elevata argillosità a quelli salmastri, pur<br />

prediligendo terreni calcarei o argillosi alcalini. Rifugge condizioni di<br />

ristagno idrico preferendo terreni ben soleggiati.<br />

Varietà<br />

Lo studio sulle popolazioni esistenti, allo stato spontaneo, in<br />

diverse località italiane non è stato approfondito<br />

Uso<br />

La ginestra produce fibre definite liberiane in quanto originate dal<br />

libro e dalla corteccia della pianta. Per quanto riguarda le<br />

caratteristiche tecnologiche della fibra di ginestra per usi tessili, essa<br />

presenta un valore di tenacità pari a circa 4,7 g ds-1, ripresa di<br />

umidità variabile da 7,5 a 12,6%, buone caratteristiche di assorbenza,<br />

risulta facilmente colorabile, manifesta buone doti di resistenza agli<br />

alcali, sopporta bene il candeggio a base di ipoclorito, si mercerizza<br />

bene acquisendo maggiore lucentezza. Può essere utilizzata per la<br />

produzione di tessuti misti in varie proporzioni con cotone ed altre<br />

fibre naturali. Le caratteristiche della fibra di ginestra sono ritenute<br />

idonee per la produzione di pasta di cellulosa.<br />

202


ORTICA<br />

NOME SCIENTIFICO: Boehmeria nipononivea<br />

FAMIGLIA : Urticaceae<br />

Storia<br />

L’uso delle fibre di ortica per usi tessili risale al XII secolo. In<br />

Europa la produzione di ortica per tessere inizia nel IXX secolo e<br />

dura fino alla seconda guerra mondiale , dove le fibre erano utilizzate<br />

come sostituti del cotone. Nel 1940 circa 500 ha. Di ortica da fibra<br />

erano coltivati in Germania e Austria Ma una delle notizie più<br />

interessanti risulta dal fatto che migliaia delle uniformi usate<br />

dall'armata di Napoleone erano tessute con fibra di ortica<br />

Caratteri botanici e fisiologici<br />

L'ortica è una pianta perenne che prospera sul terreno azotato e<br />

sovrafertilizzato, rendendola un'alternativa molto interessante alle<br />

comuni piante da fibra come lino e cotone. I fiori, giallognoli o verdini,<br />

203


compaiono in spighette pendenti dall’ascella delle foglie. Inoltre le<br />

ortiche sono resistenti alle malattie e ai parassiti così non hanno<br />

bisogno di trattamenti chimici velenosi e forniscono ambiente naturale<br />

di vita per oltre 40 specie d’insetti La sua naturale difesa è costituita<br />

da una sostanza urticante di tutte le sue parti, perciò occorre una<br />

particolare attenzione nel raccoglierla. Le fibre dell'ortica hanno una<br />

speciale caratteristica che risiede nel fatto che esse sono cave, il che<br />

significa che possono accumulare aria al loro interno creando così un<br />

naturale isolante termico. Per creare un tessuto fresco adatto<br />

all'estate le fibre sono ritorte in modo da chiudere la vena cava della<br />

fibra così da creare un tessuto meno isolante. In inverno invece, con<br />

una minore torsione, la cavità è mantenuta aperta in modo da creare<br />

un tessuto che mantiene la temperatura più costante<br />

Varietà<br />

Per più di 30 anni il Prof. Bredemann (Germania) ha valutato i<br />

caratteri fisiologici e morfologici delle fibre di ortica ed ha selezionato<br />

delle varietà, resistenti al freddo, con una crescita elevata ed un<br />

contenuto di fibra maggiore rispetto alle varietà spontanee.<br />

Uso<br />

L’utilizzo dell’ortica è vario<br />

• Usi terapeuti (decotti, infusi etc)<br />

• Fibra<br />

• Alimentare<br />

204


PIANTE COLORANTI<br />

Anthemis tinctoria L. - Camomilla per tintori<br />

Fam. Compositae<br />

Il fiore giallo della camomilla per tintori, ricco di pigmenti<br />

appartenenti al gruppo dei flavonoidi, preannuncia la colorazione<br />

giallo dorata che se ne ottiene. Questa tinta è particolarmente<br />

brillante e molto solida, come dimostrato dall’esame degli antichi<br />

tappeti anatolici, sui quali era largamente impiegata. Apprezzata e<br />

diffusamente coltivata anche in America del Nord e Gran Bretagna,<br />

questa pianta è stata poco utilizzata per la tintura dei tessili nel resto<br />

d'Europa, probabilmente per la presenza d'altri vegetali da cui<br />

ricavare il colore giallo.<br />

205


Carthamus tinctorius L. - Zafferanone coltivato<br />

Fam. Compositae<br />

Già conosciuto come pianta tintoria dagli antichi Egizi, che lo<br />

utilizzavano per tingere le bende delle mummie, lo zafferanone ha<br />

origini incerte, mai trovato allo stato spontaneo è probabilmente<br />

originario dell'India Orientale,<br />

dove la specie viene citata in alcuni testi sanscriti. La pianta è stata<br />

largamente coltivata in tutto il bacino del Mediterraneo e commerciata<br />

in pani con il nome di "depuro di zafferone", proveniente da Egitto e<br />

Persia. La coltura e l'utilizzo come pianta colorante, ha avuto ampia<br />

diffusione nell'Italia centrale. Dai petali del suo fiore si estraggono<br />

due sostanze coloranti: una gialla, facilmente solubile in acqua e<br />

successivamente una rossa, la cartamina, ritenuta assai pregiata per<br />

la sua tonalità cremisi. Il colore rosso ottenuto viene utilizzato<br />

principalmente nelle preparazioni di cosmetici.<br />

206


Genista tinctoria L. - Ginestra minore<br />

Fam. Leguminose<br />

I rami giovani ed i fiori di Genista tinctoria L., pianta diffusa in<br />

tutta Europa nei boschi di querce, castagno e pino, forniscono una<br />

vivace e solida colorazione giallo pulcino ai tessuti, dovuta alla<br />

presenza di pigmenti del gruppo dei flavonoidi. La ginestra minore è<br />

stata largamente impiegata, soprattutto in Francia, nella colorazione<br />

di lana, seta e cotone sin dal Medioevo. La pianta viene usata anche<br />

per tingere in verde, grazie a bagni di rimonta con Isatis tinctoria L.<br />

(guado) su piede di ginestra. Ne sono testimonianza il suo nome<br />

volgare inglese "dyer's greenweed" (erba-verde dei tintori), come<br />

pure i luminosi e solidi verdi dell'arazzo di Bayeux, uno fra i tessili<br />

medievali meglio conservati d'Europa.<br />

207


Isatis tinctoria L. - Guado,<br />

Fam. Cruciferae<br />

guado:stadio di rosetta<br />

E’ una pianta biennale che nel primo anno rimane in fase<br />

vegetativa, formando una rosetta più o meno densa di foglie, mentre<br />

nel secondo anno emette lo stelo fiorale con successiva<br />

fruttificazione. Per l’estrazione dell’indaco vengono utilizzate le foglie<br />

raccolte nel primo anno quando la pianta è allo stadio di rosetta.<br />

208


L’impiego di indaco naturale ha da sempre caratterizzato la<br />

storia di molte civiltà, non solo per il commercio di tessuti e manufatti<br />

ma anche per le implicazioni socio-culturali che rappresentava. Per<br />

questo, già nel XIII secolo in Europa l’economia agricola ruotava<br />

intorno alla coltura di Isatis tinctoria, il guado, da cui estraeva il<br />

prezioso colorante destinato alle manifatture tessili. Reperti di tessuti<br />

di lino e canapa colorati di blu e risalenti al Neolitico documentano<br />

l'antico uso del guado dal Mar Nero all'Europa, all'India, all'Africa del<br />

Nord, Plinio riporta che gli antichi Britanni, con l'intenzione di incutere<br />

terrore ai nemici, usavano questa pianta per dipingere i loro corpi. Nel<br />

XIV la coltura del guado si estese soprattutto in Normandia e questa<br />

provincia fornì ai tintori di Rouen il blu di Persia, di cui i paesi orientali<br />

erano grandi acquirenti. Le regioni maggiormente rinomate per la<br />

produzione di guado erano la Germania, la Francia e l'Italia dove il<br />

guado divenne quasi indispensabile ai produttori di panni di lana<br />

perché ottenevano un bel colore blu in diverse sfumature fino al nero<br />

con un costo di produzione contenuto. In Toscana tra il 1300 ed il<br />

1500 la lavorazione del guado aveva un ciclo produttivo completo e<br />

autonomo: produzione agricola, raccolta delle foglie nei campi,<br />

macerazione e raffinazione, confezione in pani della materia<br />

colorante, collocazione del prodotto finito in magazzini appositamente<br />

apprestati. Appositi Statuti in quel periodo codificavano con severità<br />

le tecniche di produzione ed i criteri di commercializzazione.<br />

Nella seconda metà del XVIII secolo, con l’introduzione sui nostri<br />

mercati dell’indaco asiatico e di quello americano il blu da guado si<br />

trovò a doverne sostenere la concorrenza. Un breve rilancio del<br />

guado si ebbe nel periodo del Blocco Continentale voluto da<br />

Napoleone, che interruppe momentaneamente le importazioni<br />

d’indaco americano. L’indaco è estratto dalle foglie. Attraverso<br />

processi di macerazione e fermentazione in acqua, si ottiene una<br />

colorazione gialla verdastra; la soluzione, agitata ed ossidata, fa<br />

precipitare i fiocchi d'indaco (indigotina). La colorazione, molto solida<br />

ed insolubile in acqua, ha un vasto campo d'applicazione<br />

principalmente in campo tessile per lana, seta, cotone, lino e yuta,<br />

ma anche per vernici, colori per uso pittorico, cosmetica.<br />

209


guado. Colorazione filati<br />

210


Reseda luteola L. - Reseda biondella<br />

Fam. Resedaceae<br />

Reseda luteola<br />

Pianta antichissima, la cui esistenza è documentata sin dal<br />

Neolitico, viene citata nel Capitolaribus de Tinctorum (G.B.<br />

ROSSETTI, XIII sec.) come la specie tintoria produttrice del colore<br />

giallo più solido e brillante, impiegato soprattutto per fibre tessili e di<br />

preferenza per la seta. Coltivata intensivamente fino al XIX secolo<br />

nell'Europa centro occidentale, colorò in giallo i tessuti della Corte di<br />

Francia e contribuì allo sviluppo dell'industria tessile italiana, tedesca<br />

e fiamminga dal sec. XII al XVI. Il nome volgare francese "herbe aux<br />

juifs" ricorda il grande uso di questa pianta fatto dagli ebrei, costretti<br />

ad indossare vesti tinte in giallo per essere distinti dai cristiani. La<br />

lavorazione avviene sulla pianta fresca o essiccata in balle, dalla<br />

quale viene estratta la sostanza colorante gialla data dalla luteolina.<br />

211


212<br />

polvere


Rubia tinctorum L. - Robbia domestica<br />

Fam. Rubiaceae<br />

Questa specie asiatica fu coltivata sin dai tempi antichi per<br />

essere utilizzata nella concia delle pelli e per colorare i tessuti.<br />

L'etimologia del nome dal latino ruber ricorda il caldo colore rosso<br />

che se ne ottiene. In Gallia era uso mescolare la robbia domestica<br />

con il guado (Isatis tinctoria L.) con il risultato di ottenere un originale<br />

colore violetto. In Turchia veniva utilizzata per la tintura dei tipici fez<br />

ed il colore prese il nome di Rosso Turco. In Francia nel XIX secolo<br />

tinse i pantaloni rossi delle uniformi dei soldati. Il largo uso di questa<br />

pianta fece sì che se ne selezionarono numerose varietà ma la<br />

migliore restò quella italiana. La fortuna della robbia si interruppe nel<br />

1868 quando due ricercatori tedeschi Groebe e Liebermann<br />

scoprirono la sintesi chimica del pigmento.<br />

La radice della pianta, ricca di alizarina, serve ancora oggi per usi<br />

locali d'artigianato asiatico ed africano e per la produzione di lacche e<br />

coloranti vegetali.<br />

213


214<br />

polvere rossa


II - Realtà italiane di filiera<br />

Canapa<br />

• GRUPPO FIBRANOVA Gruppo Fibranova s.r.l. nasce nel 2000 su<br />

iniziativa di alcuni imprenditori, ricercatori scientifici e consulenti<br />

finanziari che hanno avuto un ruolo significativo, a partire dal 1996,<br />

nella riscoperta della canapa. I ricercatori del gruppo hanno quindi<br />

intuito che oltre al momento associativo occorreva creare<br />

un’impresa privata che fosse in grado di sviluppare attività<br />

specifiche in un contesto produttivo, metodi e tecnologie sostenibili<br />

per ricostruire l'intera filiera della canapa, dai produttori agricoli fino<br />

all'industria di trasformazione La Società sta lavorando a tutto<br />

campo per realizzare progetti industriali che consentano di<br />

utilizzare concretamente le enormi potenzialità della canapa.<br />

• ECOCANAPA (in località Valle Pega in Via Capodistria 10 n°<br />

44022 Comacchio Ferrrara) Ecocanapa Soc. Coop a.r.l. è<br />

un'azienda costituita nel 2001 con lo scopo di gestire la filiera agroindustriale<br />

della canapa da fibra. L'impianto di lavorazione della<br />

fibra tessile di canapa realizzato da Ecocanapa, tecnologicamente<br />

innovativo e a basso impatto ambientale, è il primo in Europa<br />

interamente dedicato alla lavorazione della canapa da fibra e<br />

l'anello mancante per sancire la reintroduzione della coltivazione e<br />

della lavorazione della canapa in Italia. Questo impianto lavora il<br />

materiale vegetale prodotto dalle aziende associate alla<br />

A.PRO.CA.L.( Organizzazione dei Produttori di Canapa e Lino)<br />

• CANAPA<strong>ITALIA</strong> Sede operativa via Vivaldi, 20 (ang via carissimi)<br />

20124 Milano. Le aziende, agricole e industriali, associate al<br />

Consorzio Canapaitalia hanno accettato la sfida di verificare la<br />

fattibilità tecnica ed economica della reintroduzione della<br />

coltivazione e della lavorazione della canapa<br />

• ASSOCANAPA via Doninzetti 7/9 10022 Carmagnola (To) Italia.<br />

Coordinamento Nazionale per la canapicoltura,associazione senza<br />

fini di lucro costituita a Torino(Carmagnola) nel 1998, raggruppa<br />

tutti coloro che in questi anni hanno coltivato la canapa tessile.<br />

215


L’azienda ha ottenuto nel 2003 dalla Regione Piemonte il<br />

riconoscimento come ditta cementiera ed ha iniziato sotto il<br />

controllo dell’ENSE (ente nazionale sementi elette) la riproduzione<br />

della sementa delle varietà italiane.<br />

• A.PRO.CA.L Soc. Coop a.r.l. (Organizzazione dei Produttori<br />

Canapa e Lino), si è costituito nel giugno del 2002 sotto forma di<br />

cooperativa, ed è stata riconosciuta ed iscritta nell’elenco regionale<br />

delle organizzazioni dei produttori dell’Emilia-Romagna.<br />

A.PRO.CA.L ha lo scopo di:a)promuovere tutte le iniziative per<br />

favorire la valorizzazione economica della produzione di canapa<br />

sui mercati nazionali ed internazionali; b) migliorare la qualità dei<br />

prodotti e la loro valorizzazione commerciale;c) aumentare la<br />

tracciabilità dei prodotti, anche attraverso gli accordi di filiera e la<br />

creazione di linee di prodotti ottenute con azioni di lotta integrata,<br />

con processi di agricoltura biologica o altri metodi rispettosi<br />

dell’ambiente;d) mettere in atto misure volte a promuovere, tra i<br />

soci, tecniche agronomiche rispettose dell’ambiente e delle<br />

normative fitosanitarie vigenti. Possono essere soci della nuova<br />

organizzazione i singoli produttori agricoli o loro cooperative che<br />

coltivano canapa e che hanno la piena disponibilità della<br />

produzione.<br />

Ortica<br />

• STOFFKONTOR spA Stoffkontor Kranz AG Dannenberger Straße<br />

2729439 Lüchow/Wendland (DE) Impresa tedesca, che si occupa<br />

di produzione e commercializzazione di tessuti naturali, in<br />

particolare di tessuti realizzati in ortica. Nella loro azienda il settore<br />

del tessile da ortica col marchio “nettle world è diventato la priorità.<br />

Il controllo dell’intera filiera avviene all’interno dell’impresa, dalla<br />

coltivazione delle piantine alla produzione in metratura del tessuto<br />

e controllano tutte le fasi senza avere salti nel valore della materia<br />

prima, in modo da essere concorrenziali con gli altri mercati di<br />

fibra naturale<br />

• GRADO ZERO ESPACE via 8 marzo, 8 50053 Empoli - loc. Terrafino<br />

(FI) – Italia. All'interno della struttura del Technology Transfer<br />

216


Programme dell'Agenzia spaziale europea, la società D’Appolonia<br />

ha sostenuto l'azienda Karada Italia, un innovativo produttore<br />

d'abbigliamento italiano proprietario del marchio Corpo Nove, nel<br />

promuovere il loro dipartimento di Ricerca e Sviluppo (R&S)<br />

interno. Grado Zero Espace è quindi stata lanciata come<br />

un'efficiente laboratorio di ricerca attivo nel campo del tessile e<br />

dell'innovazione nell'abbigliamento. La sfida è quella di integrare<br />

nuove tecnologie e nuovi materiali ed usarli nei capi<br />

d'abbigliamento. Il team di Grado Zero Espace è infatti riuscito a<br />

filare e tessere le fibre dell'ortica ed ha realizzato una giacca in<br />

ortica.<br />

Kenaf<br />

• K.E.F.I. SPA fibre naturali. Realizza prodotti a base di fibre naturali<br />

per l'utilizzo costante e sicuro nell'isolamento termico,<br />

nell'isolamento acustico, nella bioedilizia, nella componentistica<br />

automobilistica, nell'arredamento, nel giardinaggio, ma soprattutto<br />

per la protezione dell'ambiente nel quale viviamo. Inoltre abbiamo<br />

hanno ottenuto dall'AGEA il riconoscimento di "Primo<br />

Trasformatore", qualità necessaria per permettere agli agricoltori di<br />

usufruire del contributo per il "set aside", secondo il regolamento<br />

CEE, essendo il kenaf una pianta no-food.<br />

• ASSOCIAZIONE T<strong>IN</strong>TURA NATURALE M.E. Salice<br />

L'Associazione è sorta a Milano nel 1986. Non ha fini di lucro e si<br />

propone di sviluppare il proprio impegno nell'ambito della ricerca,<br />

della sperimentazione e della diffusione delle tecniche di tintura<br />

con materiali vegetali. L'impegno al recupero ed al mantenimento<br />

del patrimonio culturale relativo alla Tintura Naturale è indirizzato<br />

non solo al mantenimento di una tradizione, ma vuole anche<br />

essere uno stimolo verso una pratica artigianale<br />

• PANNO BLU Il CNR-IBIMET, nell’ambito del progetto “Nuove<br />

forme di occupazione e orientamento nei territori rurali” volto a<br />

valorizzare le identità dei territori rurali del Casentino e della<br />

Valtiberina Toscana, ha dato vita ad un ulteriore progetto dal titolo<br />

“Il panno blu” in collaborazione con le istituzioni scolastiche, enti<br />

217


locali ed aziende tessili dei territori sopra citati. Tale iniziativa,<br />

attraverso sperimentazioni e prove di tintura del panno casentino<br />

con l’indaco ricavato dal guado della Valtiberina Toscana, ha<br />

contribuito a creare nuovi legami tra due vallate simili, rendendo<br />

più evidenti quelli che possono essere gli obiettivi e le strategie<br />

comuni a due territori che identificano il distretto industriale modatessile<br />

della provincia di Arezzo. All’interno di questa rete di<br />

interessi, inoltre, si è confermata la necessità di concretizzare<br />

l’iniziativa della comunità montana della Valtiberina Toscana di<br />

formare un consorzio che unisca, oltre alle aziende agricole che<br />

coltivano la pianta del guado, alcune aziende tessili e della moda<br />

della stessa CM, l’ISA “G. Giovagnoli” di Sansepolcro, anche<br />

alcune imprese tessili del Casentino, in un percorso che individua i<br />

passaggi dell’intera filiera dalla coltivazione alla produzione di un<br />

manufatto dell’impresa artigiana.<br />

218


1) III - Appendice statistica<br />

Tabella 2 Attività economiche - provincia di Prato dati 2005<br />

Attività economiche<br />

UL Addetti<br />

non<br />

dichiarati<br />

UL<br />

Addett<br />

i<br />

Classe 1-9 Classe 10-49 Classe oltre 50<br />

UL<br />

Addett<br />

i<br />

UL Addetti UL Addetti<br />

Totale<br />

UL<br />

Totale<br />

Addetti<br />

UL % Addetti %<br />

Agricoltura, caccia e silvicoltura 235 179 257 407 3 43 0 0 674 450 2,09 0,68<br />

Agricoltura, caccia e relativi servizi 226 174 249 395 3 43 0 0 652 438 2,02 0,67<br />

Silvicoltura e utilizzaz.aree forestali 9 5 8 12 0 0 0 0 22 12 0,07 0,02<br />

Pesca,piscicoltura e servizi connessi 0 0 1 1 0 0 0 0 1 1 0,00 0,00<br />

Estrazione di minerali 0 1 2 6 1 10 0 0 4 16 0,01 0,02<br />

Estraz.carbon fossile, lignite, torba 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,00 0,00<br />

Estraz.petrolio greggio e gas naturale 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,00 0,00<br />

Estraz.minerali di uranio e di torio 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,00 0,00<br />

219


Attività economiche<br />

UL Addetti<br />

non<br />

dichiarati<br />

UL<br />

Addett<br />

i<br />

Classe 1-9 Classe 10-49 Classe oltre 50<br />

UL<br />

Addett<br />

i<br />

UL Addetti UL Addetti<br />

Totale<br />

UL<br />

Totale<br />

Addetti<br />

UL % Addetti %<br />

Estrazione di minerali metalliferi 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,00 0,00<br />

Altre industrie estrattive 0 1 2 6 1 10 0 0 4 16 0,01 0,02<br />

Attivita' manifatturiere 3.772 1.068 3.945 12.087 835 14.912 59 5.793 9.679 32.792 30,01 49,83<br />

Industrie alimentari e delle bevande 140 41 129 439 15 198 1 60 326 697 1,01 1,06<br />

Industria del tabacco 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,00 0,00<br />

Industrie tessili 1.248 586 2.423 7.759 659 12.172 47 4.249 4.963 24.180 15,39 36,74<br />

Confez.articoli abbigliamentoprep.pellicce<br />

1.543 192 316 865 31 519 1 115 2.083 1.499 6,46 2,28<br />

Prep.e concia cuoio-fabbr.artic.viaggio 81 13 30 83 2 38 1 106 127 227 0,39 0,34<br />

Ind.legno,escl. mobilifabbr.art.mat.intreccio<br />

Fabbric.pasta-carta,carta e prod.di<br />

carta<br />

48 23 76 190 2 30 0 0 149 220 0,46 0,33<br />

12 4 12 57 6 92 0 0 34 149 0,11 0,23<br />

Editoria,stampa e riprod.supp.registrati 48 10 60 187 8 146 1 145 127 478 0,39 0,73<br />

220


Attività economiche<br />

Fabbric.coke,raffinerie,combust.nuclea<br />

ri<br />

Fabbric.coke,raffinerie,combust.nuclea<br />

ri<br />

Fabbric.prodotti chimici e fibre<br />

sintetiche<br />

UL Addetti<br />

non<br />

dichiarati<br />

UL<br />

Addett<br />

i<br />

Classe 1-9 Classe 10-49 Classe oltre 50<br />

UL<br />

Addett<br />

i<br />

UL Addetti UL Addetti<br />

Totale<br />

UL<br />

Totale<br />

Addetti<br />

UL % Addetti %<br />

0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,00 0,00<br />

0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,00 0,00<br />

31 13 23 106 11 188 1 366 79 660 0,24 1,00<br />

Fabbric.artic.in gomma e mat.plastiche 37 6 20 71 4 61 1 247 68 379 0,21 0,58<br />

Fabbric.prodotti lavoraz.min.non<br />

metallif.<br />

21 8 40 141 4 66 0 0 73 207 0,23 0,31<br />

Metallurgia 1 1 8 27 0 0 0 0 10 27 0,03 0,04<br />

Fabbricaz.e<br />

lav.prod.metallo,escl.macchine<br />

Fabbric.e instal. macchine ed<br />

appar.mecc.<br />

134 30 152 464 27 370 1 60 344 894 1,07 1,36<br />

151 49 234 752 37 582 3 290 474 1.624 1,47 2,47<br />

Fabbric.macchine per uff.,elaboratori 10 3 12 35 0 0 0 0 25 35 0,08 0,05<br />

Fabbric. e instal. macchine e<br />

appar.elettrici<br />

31 11 38 97 7 88 0 0 87 185 0,27 0,28<br />

221


Attività economiche<br />

Fabbric.appar.radiotel.e app.per<br />

comunic.<br />

Fabbric.appar.medicali,precis.,strum.o<br />

ttici<br />

Fabbric.autoveicoli,<br />

motori,rimorchi,semirim.<br />

UL Addetti<br />

non<br />

dichiarati<br />

UL<br />

Addett<br />

i<br />

Classe 1-9 Classe 10-49 Classe oltre 50<br />

UL<br />

Addett<br />

i<br />

UL Addetti UL Addetti<br />

Totale<br />

UL<br />

Totale<br />

Addetti<br />

UL % Addetti %<br />

12 4 16 48 1 12 0 0 33 60 0,10 0,09<br />

31 13 87 172 2 56 0 0 133 228 0,41 0,35<br />

5 3 1 6 1 14 0 0 10 20 0,03 0,03<br />

Fabbric.di altri mezzi di trasporto 4 5 2 4 3 48 0 0 14 52 0,04 0,08<br />

Fabbric.mobili-altre ind.manifatturiere<br />

n.c.a.<br />

145 33 167 356 13 211 1 69 359 636 1,11 0,97<br />

Recupero e preparaz. per il riciclaggio 39 20 99 228 2 21 1 86 161 335 0,50 0,51<br />

Prod.e distrib.energ.elettr.,gas e<br />

acqua<br />

Prod.e distr.energ.elettr.,gas,calore e<br />

freddo<br />

Raccolta,depurazione e distribuzione<br />

acqua<br />

8 6 2 3 0 0 3 642 19 645 0,06 0,98<br />

5 1 1 1 0 0 1 91 8 92 0,02 0,14<br />

3 5 1 2 0 0 2 551 11 553 0,03 0,84<br />

Costruzioni 2.246 468 1.795 3.605 78 1.175 1 444 4.588 5.224 14,23 7,94<br />

222


Attività economiche<br />

Comm.ingr.e dett.-rip.beni pers.e per<br />

la casa<br />

UL Addetti<br />

non<br />

dichiarati<br />

UL<br />

Addett<br />

i<br />

Classe 1-9 Classe 10-49 Classe oltre 50<br />

UL<br />

Addett<br />

i<br />

UL Addetti UL Addetti<br />

Totale<br />

UL<br />

Totale<br />

Addetti<br />

UL % Addetti %<br />

3.277 949 3.755 7.961 110 1.765 9 612 8.100 10.338 25,12 15,71<br />

Comm.manut.e rip.autov. e motocicli 244 82 415 1.144 27 461 1 74 769 1.679 2,38 2,55<br />

Comm.ingr.e interm.del<br />

comm.escl.autov.<br />

Comm.dett.escl.autov-rip.beni<br />

personali<br />

1.659 430 1.758 3.602 53 764 2 113 3.902 4.479 12,10 6,81<br />

1.374 437 1.582 3.215 30 540 6 425 3.429 4.180 10,63 6,35<br />

Alberghi e ristoranti 466 114 286 900 26 419 0 0 892 1.319 2,77 2,00<br />

Trasporti,magazzinaggio e comunicaz. 558 123 465 964 34 596 4 564 1.184 2.124 3,67 3,23<br />

Trasporti terrestri-trasp.mediante<br />

condotta<br />

308 83 390 663 14 202 3 403 798 1.268 2,47 1,93<br />

Trasporti marittimi e per vie d'acqua 0 2 0 0 0 0 0 0 2 0 0,01 0,00<br />

Trasporti aerei 2 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0,01 0,00<br />

Attivita' ausiliarie dei trasp.-agenzie<br />

viaggio<br />

111 31 68 286 19 382 1 161 230 829 0,71 1,26<br />

Poste e telecomunicazioni 137 7 7 15 1 12 0 0 152 27 0,47 0,04<br />

223


Attività economiche<br />

UL Addetti<br />

non<br />

dichiarati<br />

UL<br />

Addett<br />

i<br />

Classe 1-9 Classe 10-49 Classe oltre 50<br />

UL<br />

Addett<br />

i<br />

UL Addetti UL Addetti<br />

Totale<br />

UL<br />

Totale<br />

Addetti<br />

UL % Addetti %<br />

Attività finanziarie 283 83 360 883 32 682 7 686 765 2.251 2,37 3,42<br />

Interm.mon.e finanz.(escl.assic.e fondi<br />

p.)<br />

60 33 104 365 23 436 7 686 227 1.487 0,70 2,26<br />

Assicurazioni e fondi pensione 2 4 38 128 1 10 0 0 45 138 0,14 0,21<br />

Att.ausil. interm. finanziaria, assic. e<br />

fondi p.<br />

221 46 218 390 8 236 0 0 493 626 1,53 0,95<br />

Attiv.immob.,noleggio,informat.,ricerca 2.067 626 1.966 4.024 100 1.818 5 689 4.764 6.531 14,77 9,92<br />

Attivita' immobiliari 1.068 439 1.128 2.084 38 573 0 0 2.673 2.657 8,29 4,04<br />

Noleggio senza operat. di macc.e<br />

attrezz.<br />

78 14 44 94 1 21 0 0 137 115 0,42 0,17<br />

Informatica e attivita' connesse 286 50 295 703 21 386 1 55 653 1.144 2,02 1,74<br />

Ricerca e sviluppo 6 3 5 6 1 13 0 0 15 19 0,05 0,03<br />

Servizi professionali e imprenditoriali 629 120 494 1.137 39 825 4 634 1.286 2.596 3,99 3,94<br />

Amministrazione pubblica 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,00 0,00<br />

Istruzione 54 12 39 108 10 264 0 0 115 372 0,36 0,57<br />

224


Attività economiche<br />

UL Addetti<br />

non<br />

dichiarati<br />

UL<br />

Addett<br />

i<br />

Classe 1-9 Classe 10-49 Classe oltre 50<br />

UL<br />

Addett<br />

i<br />

UL Addetti UL Addetti<br />

Totale<br />

UL<br />

Totale<br />

Addetti<br />

UL % Addetti %<br />

Sanita' ed assistenza sociale 73 14 50 172 7 95 12 971 156 1.238 0,48 1,88<br />

Altri servizi pubblici,sociali e personali 416 121 540 1.122 18 353 4 407 1.099 1.882 3,41 2,86<br />

Smaltimento rifiuti solidi, acque<br />

scarico e sim.<br />

18 6 12 31 5 99 1 219 42 349 0,13 0,53<br />

Attivita' di organizzazioni associative 1 1 0 0 0 0 0 0 2 0 0,01 0,00<br />

Attivita' ricreative, culturali sportive 153 45 62 144 2 40 0 0 262 184 0,81 0,28<br />

Servizi n.c.a. 244 69 466 947 11 214 3 188 793 1.349 2,46 2,05<br />

Imprese non classificate 78 58 60 157 9 210 3 257 208 624 0,65 0,95<br />

Totale 13.533 3.822 13.523 32.400 1.263 22.342 107 11.065 32.248 65.807 100,00 100,00<br />

Fonte: CCIAA Prato<br />

225


Tabella 3 Importazioni del sistema moda per settore e area di origine - Provincia di Prato - dati 2004. Valori in migliaia di Euro<br />

<strong>IN</strong>DUSTRIA TESS<strong>IL</strong>E<br />

ABBIGLIAMENTO E<br />

ACCESSORI<br />

CUOIO, PELLETTERIA,<br />

CALZATURE<br />

TOTALE SISTEMA MODA<br />

Filati di<br />

fibre<br />

tessili<br />

Tessut<br />

i<br />

Manufatti<br />

tessili<br />

confezion<br />

ati<br />

Altri<br />

prodott<br />

i tessili<br />

Stoffe<br />

a<br />

maglia<br />

Articoli<br />

a<br />

maglia<br />

Indum<br />

enti in<br />

pelle<br />

Articoli di<br />

abbigliame<br />

nto e<br />

accessori<br />

Pellicc<br />

e,<br />

articoli<br />

in<br />

pellicci<br />

a<br />

Cuoio<br />

(esclusi<br />

indument<br />

i)<br />

Articoli<br />

da<br />

viaggio,<br />

borse e<br />

simili<br />

Calzature<br />

TESS<strong>IL</strong>E<br />

ABBIG<br />

L. E<br />

ACCES<br />

SORI<br />

CUOIO<br />

PELL.<br />

CALZ.<br />

TOTALE<br />

Valori<br />

percentu<br />

ali sul<br />

totale<br />

EUROPA<br />

UE 15<br />

Francia<br />

Paesi Bassi<br />

Germania<br />

Regno Unito<br />

Spagna<br />

NUOVI MEMBRI<br />

UE<br />

133.363 72.609 2.050 23.618 5.936 28.802 74 33.621 322 394 1.523 2.752 266.378 34.017 4.669 305.064 49,55<br />

98.867 30.118 752 10.434 3.492 9.224 46 18.726 260 115 1.497 723 152.886 19.032 2.335 174.253 28,30<br />

18.763 7.317 102 3.259 488 140 22 725 0 0 292 169 30.068 748 461 31.277 5,08<br />

27 1.933 8 314 11 7.080 19 13.652 0 0 280 47 9.372 13.672 327 23.371 3,80<br />

34.040 9.787 275 3.429 401 16 1 1.544 3 29 195 38 47.948 1.548 262 49.759 8,08<br />

13.875 672 78 544 53 162 3 133 19 0 259 18 15.385 154 278 15.817 2,57<br />

6.398 1.257 75 1.928 2.267 5 0 23 2 86 333 188 11.930 24 607 12.561 2,04<br />

14.115 17.315 329 970 73 6 0 36 49 0 9 0 32.807 84 10 32.901 5,34<br />

226


<strong>IN</strong>DUSTRIA TESS<strong>IL</strong>E<br />

ABBIGLIAMENTO E<br />

ACCESSORI<br />

CUOIO, PELLETTERIA,<br />

CALZATURE<br />

TOTALE SISTEMA MODA<br />

Filati di<br />

fibre<br />

tessili<br />

Tessut<br />

i<br />

Manufatti<br />

tessili<br />

confezion<br />

ati<br />

Altri<br />

prodott<br />

i tessili<br />

Stoffe<br />

a<br />

maglia<br />

Articoli<br />

a<br />

maglia<br />

Indum<br />

enti in<br />

pelle<br />

Articoli di<br />

abbigliame<br />

nto e<br />

accessori<br />

Pellicc<br />

e,<br />

articoli<br />

in<br />

pellicci<br />

a<br />

Cuoio<br />

(esclusi<br />

indument<br />

i)<br />

Articoli<br />

da<br />

viaggio,<br />

borse e<br />

simili<br />

Calzature<br />

TESS<strong>IL</strong>E<br />

ABBIG<br />

L. E<br />

ACCES<br />

SORI<br />

CUOIO<br />

PELL.<br />

CALZ.<br />

TOTALE<br />

Valori<br />

percentu<br />

ali sul<br />

totale<br />

Polonia<br />

Ungheria<br />

Ceca<br />

(Repubblica)<br />

ALTRI PAESI<br />

EUROPEI<br />

4.550 5.545 0 208 14 0 0 19 0 0 0 0 10.317 19 0 10.336 1,68<br />

1.401 36 32 297 0 0 0 12 49 0 9 0 1.766 60 9 1.835 0,30<br />

2.337 629 237 12 22 0 0 5 0 0 0 0 3.237 5 0 3.242 0,53<br />

20.382 25.176 968 12.215 2.371 19.572 28 14.860 13 279 17 2.029 80.684 14.901 2.324 97.910 15,90<br />

227


<strong>IN</strong>DUSTRIA TESS<strong>IL</strong>E<br />

ABBIGLIAMENTO E<br />

ACCESSORI<br />

CUOIO, PELLETTERIA,<br />

CALZATURE<br />

TOTALE SISTEMA MODA<br />

Filati di<br />

fibre<br />

tessili<br />

Tessuti<br />

Manufatti<br />

tessili<br />

confezion<br />

ati<br />

Altri<br />

prodott<br />

i tessili<br />

Stoffe<br />

a<br />

maglia<br />

Articoli<br />

a<br />

maglia<br />

Indum<br />

enti in<br />

pelle<br />

Articoli<br />

di<br />

abbiglia<br />

mento e<br />

accesso<br />

ri<br />

Pellicc<br />

e,<br />

articoli<br />

in<br />

pellicci<br />

a<br />

Cuoio<br />

(esclusi<br />

indument<br />

i)<br />

Articoli<br />

da<br />

viaggio,<br />

borse e<br />

simili<br />

Calza<br />

ture<br />

TESS<strong>IL</strong>E<br />

ABBIG<br />

L. E<br />

ACCES<br />

SORI<br />

CUOIO<br />

PELL.<br />

CALZ.<br />

TOTALE<br />

Valori<br />

percent<br />

uali sul<br />

totale<br />

AFRICA 12.322 289 986 437 73 2.776 0 9.059 0 1.066 16 10 16.884 9.059 1.092 27.035 4,39<br />

AFRICA<br />

SETTENTRIONALE<br />

AFRICA CENTRO-<br />

MERIDIONALE<br />

2.186 281 961 402 73 2.637 0 9.031 0 0 16 10 6.541 9.031 25 15.598 2,53<br />

10.135 8 25 35 0 140 0 28 0 1.066 0 0 10.343 28 1.066 11.437 1,86<br />

AMERICA 23.189 270 68 2.755 33 36 1 258 64 0 46 4 26.352 323 50 26.725 4,34<br />

AMERICA<br />

SETTENTRIONALE<br />

957 121 40 2.069 3 32 1 177 48 0 46 2 3.222 227 48 3.497 0,57<br />

Stati Uniti 943 104 38 1.305 1 26 1 176 1 0 46 2 2.418 179 48 2.644 0,43<br />

Canada 14 17 2 764 2 6 0 1 48 0 0 0 804 49 0 853 0,14<br />

AMERICA CENTRO-<br />

MERIDIONALE<br />

22.232 149 28 687 30 4 0 81 15 0 0 2 23.130 96 2 23.228 3,77<br />

ASIA 56.443 81.377 3.603 3.961 16.191 7.052 1.010 44.576 553 7.017 3.076 1.467 168.627 46.140 11.560 226.327 36,76<br />

MEDIO ORIENTE 1.571 4.545 10 74 3 24 0 182 0 0 0 0 6.226 182 0 6.408 1,04<br />

228


<strong>IN</strong>DUSTRIA TESS<strong>IL</strong>E<br />

ABBIGLIAMENTO E<br />

ACCESSORI<br />

CUOIO, PELLETTERIA,<br />

CALZATURE<br />

TOTALE SISTEMA MODA<br />

Filati di<br />

fibre<br />

tessili<br />

Tessuti<br />

Manufatti<br />

tessili<br />

confezion<br />

ati<br />

Altri<br />

prodott<br />

i tessili<br />

Stoffe<br />

a<br />

maglia<br />

Articoli<br />

a<br />

maglia<br />

Indum<br />

enti in<br />

pelle<br />

Articoli<br />

di<br />

abbiglia<br />

mento e<br />

accesso<br />

ri<br />

Pellicc<br />

e,<br />

articoli<br />

in<br />

pellicci<br />

a<br />

Cuoio<br />

(esclusi<br />

indument<br />

i)<br />

Articoli<br />

da<br />

viaggio,<br />

borse e<br />

simili<br />

Calza<br />

ture<br />

TESS<strong>IL</strong>E<br />

ABBIG<br />

L. E<br />

ACCES<br />

SORI<br />

CUOIO<br />

PELL.<br />

CALZ.<br />

TOTALE<br />

Valori<br />

percent<br />

uali sul<br />

totale<br />

ASIA CENTRALE 25.477 6.985 2.028 925 894 1.969 131 8.268 0 750 167 457 38.278 8.399 1.374 48.050 7,80<br />

ASIA ORIENTALE 29.395 69.847 1.566 2.962 15.294 5.059 880 36.127 553 6.268 2.909 1.010 124.123 37.559 10.186 171.869 27,91<br />

Cina 10.507 55.505 1.253 1.587 4.323 3.035 880 25.221 470 4.063 2.836 865 76.209 26.570 7.764 110.543 17,95<br />

Giappone 110 3.570 0 35 2 1 0 5 0 0 4 0 3.717 5 4 3.726 0,61<br />

Hong Kong 68 815 0 13 6 1 0 723 83 0 13 0 903 806 13 1.722 0,28<br />

OCEANIA E ALTRI<br />

TERRITORI<br />

30.560 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 30.563 0 0 30.563 4,96<br />

Australia 25.474 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 25.477 0 0 25.477 4,14<br />

Nuova Zelanda 5.086 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 5.086 0 0 5.086 0,83<br />

TOTALE 255.877 154.548 6.707 30.772 22.234 38.666 1.086 87.515 938 8.478 4.660 4.232 508.804 89.539 17.370 615.713 100,00<br />

Fonte: CCIAA Prato<br />

229


Tabella 4 Esportazioni del sistema moda per settore e area di destinazione - Provincia di Prato - dati 2004. Valori in migliaia di Euro<br />

<strong>IN</strong>DUSTRIA TESS<strong>IL</strong>E<br />

ABBIGLIAMENTO E<br />

ACCESSORI<br />

CUOIO, PELLETTERIA,<br />

CALZATURE<br />

TOTALE SISTEMA MODA<br />

EUROPA<br />

UE 15<br />

Francia<br />

Filati di<br />

fibre<br />

tessili<br />

96.903<br />

61.751<br />

Tessut<br />

i<br />

901.78<br />

7<br />

596.06<br />

2<br />

Manufa<br />

tti<br />

tessili<br />

confezi<br />

onati<br />

17.658<br />

Altri<br />

prodott<br />

i tessili<br />

110.28<br />

7<br />

14.958 86.136<br />

15.418 83.624 2.650 14.753<br />

Stoffe<br />

a<br />

magli<br />

a<br />

115.9<br />

89<br />

81.98<br />

9<br />

14.16<br />

8<br />

Articoli a maglia<br />

Indu<br />

menti<br />

in<br />

pelle<br />

Articoli di<br />

abbigliamen<br />

to e<br />

accessori<br />

Pellicce,<br />

articoli<br />

in<br />

pelliccia<br />

Cuoio<br />

(esclu<br />

si<br />

indu<br />

menti<br />

)<br />

Articoli<br />

da<br />

viaggio,<br />

borse e<br />

simili<br />

Calzature<br />

TESS<strong>IL</strong>E<br />

Abbigl.<br />

e<br />

accesso<br />

ri<br />

102.385 4.659 112.281 1.102 1.699 3.069 6.378 1.345.008 118.042 11.147 1.474.198 72,66<br />

95.163 3.922 91.789 256 9 2.286 4.313 936.059 95.967 6.609 1.038.635 51,19<br />

31.896 1.417 12.622 137 0 244 261 162.508 14.176 505 177.189 8,73<br />

Cuoio<br />

pell.<br />

calz.<br />

Totale<br />

Valor<br />

i<br />

perc<br />

entu<br />

ali<br />

sul<br />

total<br />

e<br />

Paesi Bassi<br />

Germania<br />

Regno Unito<br />

Spagna<br />

NUOVI MEMBRI UE<br />

Polonia<br />

599 31.169 319 3.356 4.213 10.437 114 4.648 13 0 12 304 50.092 4.775 315 55.183 2,72<br />

13.051<br />

244.01<br />

0<br />

3.769 16.486<br />

30.97<br />

8<br />

21.456 804 35.934 47 0 228 703 329.749 36.786 932 367.466 18,11<br />

4.917 66.054 1.310 3.831 1.877 11.225 105 10.922 11 8 1.149 2.092 89.212 11.038 3.250 103.500 5,10<br />

8.007 94.877 5.130 16.536 9.450 5.505 368 7.171 5 1 95 112 139.505 7.545 208 147.258 7,26<br />

9.646 59.061 1.166 12.514<br />

18.25<br />

0<br />

1.651 58 2.886 7 132 121 256 102.289 2.951 510 105.750 5,21<br />

5.812 28.082 112 5.493 7.822 206 2 476 0 0 7 88 47.526 478 95 48.099 2,37<br />

230


<strong>IN</strong>DUSTRIA TESS<strong>IL</strong>E<br />

ABBIGLIAMENTO E<br />

ACCESSORI<br />

CUOIO, PELLETTERIA,<br />

CALZATURE<br />

TOTALE SISTEMA MODA<br />

Filati di<br />

fibre<br />

tessili<br />

Tessut<br />

i<br />

Manufa<br />

tti<br />

tessili<br />

confezi<br />

onati<br />

Altri<br />

prodott<br />

i tessili<br />

Stoffe<br />

a<br />

magli<br />

a<br />

Articoli a maglia<br />

Indu<br />

menti<br />

in<br />

pelle<br />

Articoli di<br />

abbigliamen<br />

to e<br />

accessori<br />

Pellicce,<br />

articoli<br />

in<br />

pelliccia<br />

Cuoio<br />

(esclu<br />

si<br />

indu<br />

menti<br />

)<br />

Articoli<br />

da<br />

viaggio,<br />

borse e<br />

simili<br />

Calzature<br />

TESS<strong>IL</strong>E<br />

Abbigl.<br />

e<br />

accesso<br />

ri<br />

Cuoio<br />

pell.<br />

calz.<br />

Totale<br />

Valor<br />

i<br />

perc<br />

entu<br />

ali<br />

sul<br />

total<br />

e<br />

Ungheria<br />

Ceca (Repubblica)<br />

ALTRI PAESI EUROPEI<br />

744 7.465 488 870 3.798 519 12 393 0 114 12 121 13.883 405 247 14.535 0,72<br />

304 6.322 123 3.407 2.290 20 6 318 0 4 0 10 12.465 323 14 12.802 0,63<br />

25.506<br />

246.66<br />

4<br />

1.534 11.637<br />

15.75<br />

0<br />

5.570 680 17.606 838 1.558 661 1.809 306.661 19.124 4.028 329.813 16,26<br />

AFRICA 6.421 28.885 88 3.540 2.833 439 1 6.685 0 127 1 57 42.207 6.686 184 49.077<br />

AFRICA<br />

SETTENTRIONALE<br />

AFRICA CENTRO-<br />

MERIDIONALE<br />

AMERICA 13.827<br />

AMERICA<br />

SETTENTRIONALE<br />

3.596 27.398 38 2.737 2.691 439 0 4.541 0 121 1 25 36.900 4.541 146 41.587 2,05<br />

2.825 1.487 50 803 142 0 1 2.144 0 6 0 32 5.307 2.145 38 7.490 0,37<br />

100.69<br />

5 2.100 8.332 7.006 11.263 398 25.174 263 186 1.121 13.058 143.224 25.836 14.365 183.425<br />

12.965 50.803 2.093 6.912 5.013 10.687 389 22.499 263 154 1.111 13.047 88.473 23.151 14.311 125.935 6,21<br />

2,42<br />

9,04<br />

Stati Uniti<br />

Canada<br />

11.919 38.967 2.037 6.204 4.220 8.583 356 20.300 250 144 1.084 12.156 71.929 20.906 13.384 106.219 5,24<br />

1.046 11.837 56 708 793 2.104 33 2.199 13 10 27 891 16.544 2.245 928 19.716 0,97<br />

231


<strong>IN</strong>DUSTRIA TESS<strong>IL</strong>E<br />

ABBIGLIAMENTO E<br />

ACCESSORI<br />

CUOIO, PELLETTERIA,<br />

CALZATURE<br />

TOTALE SISTEMA MODA<br />

Filati di<br />

fibre<br />

tessili<br />

Tessuti<br />

Manufa<br />

tti<br />

tessili<br />

confezi<br />

onati<br />

Altri<br />

prodott<br />

i tessili<br />

Stoffe a<br />

maglia<br />

Articoli a<br />

maglia<br />

Indumenti<br />

in pelle<br />

Articoli<br />

di<br />

abbiglia<br />

mento e<br />

accessor<br />

i<br />

Pellicc<br />

e,<br />

articoli<br />

in<br />

pellicci<br />

a<br />

Cuoio<br />

(esclus<br />

i<br />

indume<br />

nti)<br />

Articoli<br />

da<br />

viaggio,<br />

borse e<br />

simili<br />

Calzature<br />

TESS<strong>IL</strong>E<br />

Abbigl.<br />

e<br />

accesso<br />

ri<br />

Cuoio<br />

pell.<br />

calz.<br />

Totale<br />

Valor<br />

i<br />

perc<br />

entu<br />

ali<br />

sul<br />

total<br />

e<br />

AMERICA CENTRO-<br />

MERIDIONALE<br />

ASIA<br />

MEDIO ORIENTE<br />

ASIA CENTRALE<br />

ASIA ORIENTALE<br />

Cina<br />

Giappone<br />

Hong Kong<br />

OCEANIA E ALTRI<br />

TERRITORI<br />

Australia<br />

862 49.892 8 1.420 1.992 577 9 2.676 0 32 10 11 54.751 2.685 54 57.489 2,83<br />

32.488 226.304 485 9.970 12.506 1.723 186 17.178 408 945 2.286 935 283.477 17.772 4.166 305.415 15,05<br />

425 6.449 334 1.227 1.508 92 43 847 126 13 57 88 10.035 1.015 157 11.208 0,55<br />

809 20.098 1 460 763 10 6 288 5 22 1 5 22.140 299 28 22.468 1,11<br />

31.253 199.758 150 8.283 10.236 1.621 137 16.043 278 910 2.228 843 251.301 16.458 3.981 271.739 13,39<br />

3.222 18.922 0 848 2.958 27 9 124 81 77 3 0 25.978 215 79 26.273 1,29<br />

2.895 34.445 139 1.020 2.567 766 75 7.213 68 18 1.204 145 41.832 7.357 1.367 50.556 2,49<br />

20.740 62.109 0 4.444 3.053 308 28 6.746 25 721 620 575 90.653 6.799 1.916 99.368 4,90<br />

1.312 12.207 14 1.472 733 38 13 629 0 0 9 338 15.777 642 348 16.766 0,83<br />

353 5.616 14 1.303 326 30 13 501 0 0 9 300 7.642 514 310 8.465 0,42<br />

232


<strong>IN</strong>DUSTRIA TESS<strong>IL</strong>E<br />

ABBIGLIAMENTO E<br />

ACCESSORI<br />

CUOIO, PELLETTERIA,<br />

CALZATURE<br />

TOTALE SISTEMA MODA<br />

Filati di<br />

fibre<br />

tessili<br />

Tessuti<br />

Manufa<br />

tti<br />

tessili<br />

confezi<br />

onati<br />

Altri<br />

prodott<br />

i tessili<br />

Stoffe a<br />

maglia<br />

Articoli a<br />

maglia<br />

Indumenti<br />

in pelle<br />

Articoli<br />

di<br />

abbiglia<br />

mento e<br />

accessor<br />

i<br />

Pellicc<br />

e,<br />

articoli<br />

in<br />

pellicci<br />

a<br />

Cuoio<br />

(esclus<br />

i<br />

indume<br />

nti)<br />

Articoli<br />

da<br />

viaggio,<br />

borse e<br />

simili<br />

Calzature<br />

TESS<strong>IL</strong>E<br />

Abbigl.<br />

e<br />

accesso<br />

ri<br />

Cuoio<br />

pell.<br />

calz.<br />

Totale<br />

Valor<br />

i<br />

perc<br />

entu<br />

ali<br />

sul<br />

total<br />

e<br />

Nuova Zelanda<br />

326 1.742 0 118 310 8 0 43 0 0 0 38 2.504 43 38 2.585 0,13<br />

TOTALE<br />

Fonte: CCIAA Prato<br />

150.951 1.269.879 20.346 133.600 139.068 115.849 5.257 161.948 1.773 2.958 6.486 20.766 1.829.693 168.978 30.210 2.028.881 100,0<br />

233


234

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