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XIII. IL QUARTIERE E LA CITTA' DEL "MOVIMENTO MODERNO"

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a.a. 2012/2013<br />

Corso di<br />

URBANISTICA (Ingegneria Edile-Architettura)<br />

MATERIALI PER LE LEZIONI<br />

<strong>XIII</strong>.<br />

<strong>IL</strong> <strong>QUARTIERE</strong> E <strong>LA</strong> CITTA’ <strong>DEL</strong><br />

"<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO"<br />

(AGG. 01/01/2013)<br />

pag. <strong>XIII</strong>-1


<strong>IL</strong> <strong>QUARTIERE</strong> E <strong>LA</strong> CITTÀ <strong>DEL</strong> “<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO”<br />

<strong>IL</strong> CONTRIBUTO ANGLOSASSONE<br />

<strong>IL</strong> CONTRIBUTO ANGLOSASSONE<br />

Le acquisizioni dell'empirismo anglosassone. Il concetto della «neighborhood unit»<br />

da: Paolo Sica "Storia dell'Urbanistica - Il Novecento"- Vol. 1°, pp. 164-171<br />

Prima della guerra, come si è visto nel capitolo precedente, la città giardino e il quartiere<br />

suburbano, nel quadro di ipotesi di decentramento di diversa scala, sembrano costituire lo strumento più<br />

incisivo e praticabile per il controllo della metropoli. Nel periodo fra le due guerre questa tendenza si<br />

consolida in molti paesi come prassi, avvalendosi di strumenti istituzionali più adeguati, e si precisa sotto<br />

il profilo teorico e metodologico, soprattutto per quanto riguarda gli elementi di definizione della<br />

dimensione ottimale del quartiere e degli standard funzionali; mentre tramonta con il secondo tentativo di<br />

Howard a Welwyn la concezione originaria della garden city, lasciando peraltro in Inghilterra una eredità<br />

consistente, che inciderà in un primo tempo nel piano della Grande Londra redatto negli anni della<br />

seconda guerra mondiale, e poi, dopo la guerra, con il programma delle new towns.<br />

Dalle correnti di pensiero anglosassone nascono alcune ipotesi metodologiche e di intervento che<br />

si costituiscono a formare un indirizzo che possiamo definire genericamente di urbanistica «organica»,<br />

ma all'interno del quale si possono annoverare contributi di pensiero anche assai diversi, da un lato intesi<br />

a contrapporsi alle formulazioni dell'urbanistica «razionale» (e specialmente a Le Corbusier), dall'altro<br />

invece a integrarne i risultati.<br />

Le premesse di queste tendenze fanno capo a quelle tematiche antimeccanicistiche della<br />

sociologia americana (non indipendenti dai precedenti di un certo filone delle teorie sociali tedesche della<br />

fine dell'Ottocento, per il quale si può richiamare il nome di Tonnies), e sul piano disciplinare, in termini<br />

molto generali, alle prime esperienze del garden suburb. La tesi centrale di queste teorie individua nella<br />

famiglia l'unità di base, l'istituzione-microcosmo che struttura i raggruppamenti umani, e che costituisce<br />

l'elemento naturale di controllo sociale in un ambito più vasto localizzato nel «vicinato» (neighborhood)<br />

nel quale si istituiscono i rapporti fra le unità familiari: la riprova ex contrario di questo assunto è fornita<br />

dalla disintegrazione della vita istituzionale che si manifesta nelle aree degradate (negli slums) in<br />

conseguenza delle insufficienze o delle violazioni della qualità dello spazio di relazione. Il sociologo<br />

Charles Horton Cooley, autore nel 1909 a New York di un testo di notevole influenza, Social<br />

Organization, mette in rapporto per esempio la crescita degli indici della delinquenza non solo con la<br />

degradazione in sé dell'ambiente di vita (una conclusione già fatta propria dai pensatori sociali borghesi<br />

dalla metà dell'Ottocento in poi), ma soprattutto con il grado di disorganizzazione sociale delle aree<br />

urbane. Più in generale, si argomenta che i valori codificati della società sono messi in pericolo<br />

dall'allentarsi delle relazioni primarie (la Gemeinschaft di Tonnies) e dall'accentuarsi di relazioni<br />

impersonali intorno alle istituzioni secondarie.<br />

In Inghilterra, l'ideale di un neighborhood planning basato su una ipotesi interclassista, sulla<br />

cooperazione fra gruppi sociali e individui di diversa estrazione di classe e capacità professionali - come<br />

antidoto alla opposizione fra le classi, alla divisione del lavoro e alla segregazione spaziale che nella città<br />

ne è spesso la risultante - è già coltivato da Howard e assume contorni più precisi nell'opera di Unwin.<br />

Negli Stati Uniti una applicazione di questo concetto può già individuarsi nel sobborgo di Forest HilIs a<br />

Long Island, progettato a partire dal 1910, e la cui realizzazione è patrocinata dalla Russell Sage<br />

Foundation; mentre un concorso d'idee indetto poco prima del 1915 dal Chicago City Club per la<br />

definizione organica di un settore di 640 acri della città già offre elementi precisi di enucleazione<br />

funzionale di una zona residenziale.<br />

Il merito del perfezionamento di questa idea negli anni Venti va ascritto a Clarence A. Perry che<br />

formula e definisce il concetto di «unità di vicinato» (neigbborbood unit) nel settimo volume del Regional<br />

Survey of New York and Its Environs, per poi svilupparlo dieci anni più tardi in Housing for the Machine<br />

Age. I contenuti sociologici cui abbiamo accennato, si ampliano nella formulazione data da Perry nel<br />

collegamento con una serie di concetti tecnico-funzionali quali il rapporto fra strutture del traffico (canali)<br />

e residenza, e fra quest'ultima e le attrezzature collettive. I requisiti della neigbborbood unit sono<br />

individuati dalle «funzioni sociali» localizzate che possono definirsi in relazione alle necessità della vita<br />

giornaliera della famiglia: scuole elementari, piccoli parchi e playgrounds, negozi di uso locale e ambiente<br />

residenziale (sotto quest'ultima voce si allude alla «qualità dell'architettura, alla disposizione delle strade,<br />

all'alberatura degli spazi liberi sulla strada e nelle corti, alla disposizione e all'arretramento degli edifici»).<br />

Le dimensioni del vicinato saranno calcolate perciò con riferimento alla popolazione scolastica<br />

elementare, il perimetro sarà definito dalle strade maggiori (arterial roads), gli spazi aperti verranno<br />

organizzati a parco o per attività sportive, le attrezzature comuni (scuole e altre istituzioni compatibili)<br />

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<strong>IL</strong> <strong>QUARTIERE</strong> E <strong>LA</strong> CITTÀ <strong>DEL</strong> “<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO”<br />

<strong>IL</strong> CONTRIBUTO ANGLOSASSONE<br />

saranno raggruppate in un'area centrale, a non più di 400-800 metri di distanza dalle residenze, i negozi<br />

di prima necessità saranno disposti alla periferia dell' aggregato in vicinanza dei centri di servizio<br />

commerciali di altre neigbborbood units. La viabilità esterna e quella di penetrazione saranno<br />

dimensionate per il carico di traffico previsto; le attrezzature collettive saranno raggiungibili pedonalmente<br />

dalle abitazioni, evitando rigorosamente ogni interferenza con il traffico meccanizzato. Per illustrare il suo<br />

punto di vista Perry fornisce anche una serie di schemi planimetrici, e in particolare mostra una<br />

applicazione del principio dell'unità di vicinato in un grande isolato urbano, tipico della scacchiera<br />

ortogonale delle città americane: l'aggregato organico possibile mediante un intervento pianificato è<br />

messo in evidenza dall'andamento sinuoso delle strade di servizio interne che svincolandosi dalla rigidità<br />

del perimetro culmina negli effetti di paesaggio propri della sistemazione delle attrezzature collettive.<br />

Il principio dell'unità di vicinato è già sperimentato alla fine degli anni Venti dal gruppo della<br />

Regional Planning Association of America con la consulenza di Perry nel quartiere di Sunnyside Gardens<br />

a Long Island (1924-28) e nel sobborgo di Radburn nel New Jersey, iniziato nel '28, per un complesso di<br />

circa 7500 persone, secondo la dimensione dei distretti scolastici previsti dalle autorità di New York; in<br />

quest'ultimo caso, anzi, si attinge a un risultato esemplare che stabilisce un canone qualitativo cui spesso<br />

cercheranno di avvicinarsi altre iniziative. Più tardi anche i model suburbs della Resettlement<br />

Administration presso Washington, Cincinnati e Milwaukee saranno dimensionati e costruiti sulla stessa<br />

ipotesi. In Inghilterra la neighborhood unit è utilizzata fra l'altro nel progetto del grande complesso di<br />

Wythenshave vicino Manchester (oltre 5500 acri di terreno e circa 100.000 abitanti previsti).<br />

In questo principio teorico e metodologico gli urbanisti della scuola anglosassone vedono la più<br />

efficace «risposta pratica» al gigantismo e all'inefficienza della metropoli superconcentrata: Mumford ne<br />

analizza le possibilità in funzione del decongestionamento delle grandi aree urbane e del decentramento<br />

di alcune funzioni terziarie; altri ne propongono l'impiego anche nella riqualificazione e nella<br />

ristrutturazione delle aree degenerate all'interno della città (sarà questo il punto di vista del piano di<br />

Londra di Forshaw e Abercrombie del 1943).<br />

Per i sostenitori più convinti, il quartiere autonomo non è soltanto uno strumento organizzativo<br />

elementare, ma può e deve essere un principio di organizzazione e strutturazione formale di tutta la<br />

metropoli. Questa affermazione implica il chiarimento delle modalità di aggregazione delle unità di<br />

vicinato nella struttura più complessa della città, che non può avvenire meccanicisticamente con una<br />

indefinita addizione di elementi primari fino a formare galassie interminabili, se non altro perché questi<br />

elementi non includono e non prendono in considerazione, come si è visto, una serie di connessioni<br />

esterne (come quella fra residenza e lavoro) la cui definizione è invece essenziale per il funzionamento<br />

dell'organismo urbano. Allo stesso livello della neighborhood unit, d'altra parte, restano da approfondire,<br />

come avverte anche Mumford, alcuni interrogativi teorici (il grado di autonomia) o teorico-pratici (la<br />

questione della integrazione sociale).<br />

È chiaro, d'altra parte, il fascino accattivante di questa formulazione, destinata a una persistente<br />

influenza, che a un comodo dispositivo di riferimento per l'organizzazione di determinati livelli spaziali<br />

associa il recupero dell'ideologia comunitaria, sfrondata del suo utopismo - e in certa misura del suo<br />

antiurbanesimo sottile - alla luce di una metodologia empirico-scientifica orientata alla quantificazione dei<br />

dati e alla costanza delle relazioni. Ne sono testimonianza, accanto a orientamenti responsabili, anche<br />

degenerazioni ingenue o mistificanti. Valga per tutte in questo senso, la versione dell'urbanistica<br />

«organica» elaborata dal francese Gaston Bardet, esempio limite, forse, di legittimazione astratta e<br />

inconsistente di elementi discreti dell'analisi sociologica. Bardet individua come ambito storico di<br />

coincidenza fra spazio fisico e spazio sociale tre échelons communautaires, tre livelli di organizzazione<br />

comunitaria (il livello «patriarcale» costituito da un gruppo di famiglie legate da una solidarietà «biologica»<br />

e da una stretta contiguità fisica; il livello «domestico» da 50 a 100 famiglie accomunate dalla<br />

convergenza «economica» degli approvvigiona»menti di prima necessità per il ménage; e il livello<br />

«parrocchiale», il quartiere da 3000 a 5000 abitanti che si riconosce intorno a un elemento «spirituale», a<br />

un centro istituzionale-simbolico di vita comune, in questo caso la parrocchia) e li ripropone come ordine<br />

gerarchico portante della sua città immaginaria secondo una visione gravata da pesanti quanto attardate<br />

ipoteche ideologiche.<br />

Nell'ottica delle indagini volte ad analizzare i rapporti ottimali fra funzioni e strutture fisico-spaziali -<br />

e spesso proprio nel filone ideologico che lega la città giardino, il principio della neighborhood unit, e il<br />

decentramento pianificato - possiamo far ricadere gli studi dei modelli propositivi di organizzazione<br />

urbana complessiva. Paul Wolf, per esempio, nelle sue ricerche pubblicate nel '19 presenta uno schema<br />

per una tripla città giardino di 100 mila abitanti, con tre unità distinte raccordate dai loro assi primari a un<br />

«foro» centrale; il tessuto urbanizzato è formato da abitazioni a due piani, rafforzato da abitazioni a<br />

quattro piani lungo le strade principali. Lo schema dell'americano Whitten, del '23, punta a un<br />

decentramento della città centrale mediante satelliti autonomi, in una esemplificazione nella quale<br />

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<strong>IL</strong> <strong>QUARTIERE</strong> E <strong>LA</strong> CITTÀ <strong>DEL</strong> “<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO”<br />

<strong>IL</strong> CONTRIBUTO ANGLOSASSONE<br />

prendono un forte rilievo le infrastrutture dei trasporti di massa. Adolf Rading indica una crescita<br />

territoriale equilibrata attraverso il blocco dello sviluppo imposto alla città centrale (1924). La singolare<br />

proposta di E. Gloden per una colonizzazione pianificata (1923) è basata invece su cellule urbane<br />

differenziate per funzioni (città amministrativa, città accademica, città del commercio all'ingrosso, centro<br />

artigianale sistemato nel nucleo medievale ripristinato, città-stazione), collegate a rete entro un territorio<br />

salvaguardato per la produzione agricola. Raymond Unwin, con un occhio a Londra, si preoccupa ancora<br />

una volta di rendere attendibile lo sviluppo per satelliti, razionalizzando la città centrale con la previsione<br />

di una zona industriale servita dalla ferrovia, e raccordando i centri residenziali autosufficienti con il centro<br />

dei servizi commerciali e terziari attraverso i quartieri periferici di prima crescita. Più ingenuo è lo schema<br />

della "model town designed for traffic" esposto da A. T. Edwards nel '30, con i settori radiali ampliabili<br />

verso l'esterno lungo arterie di diversa capacità. Schemi simili, più o meno noti, sono messi a punto in<br />

questi anni da E. De Groer, da T. Adams e da altri; e in questa categoria possiamo far rientrare anche la<br />

città lineare di Miljutin e la proposta di Le Corbusier per i tre insediamenti umani.<br />

Come si può facilmente intendere, si tratta per lo più di asserzioni sistematiche che portano alle<br />

estreme conseguenze, in termini logico-strutturali, un qualche principio organizzativo della città (il traffico,<br />

le funzioni ridotte in termini semplici, ecc.): proposte congruenti che da un lato valgono come sistema<br />

conoscitivo della realtà, e dall'altro come modelli con i quali confrontare l'irrazionale sviluppo urbano, per<br />

ridurne i rischi, per pianificarne un «equilibrio». Anche se, a ben vedere, rispetto a quelle ricerche che<br />

partono dalla organizzazione della residenza e dei servizi per comporne i risultati in organizzazioni più<br />

complesse - lasciando peraltro una zona d'ombra sulla definizione dei livelli metropolitani superiori -, gli<br />

studi di questo tipo, mentre si preoccupano di un equilibrio complessivo, restano agnostici nei confronti<br />

dell'assetto interno delle parti funzionali.<br />

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ARCHITETTURA E CITTÀ <strong>DEL</strong> “<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO”<br />

ARCHITETTURA E CITTÀ <strong>DEL</strong> “<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO”<br />

La ricerca dei minimi elementi funzionali<br />

da: Benevolo, Giura Longo, Melograni, "I modelli di progettazione della città moderna", pp. 11-49<br />

L'architettura moderna deve indicare un nuovo tipo di città, da contrapporre a quella tradizionale.<br />

Per spiegare iI senso di questa contrapposizione, occorre descrivere il termine contrapposto, da<br />

cui prende avvio la ricerca: non la città tradizionale, ma un tipo di città e di prassi urbanistica e edilizia<br />

che si forma nella seconda metà del secolo XIX, e che abbiamo convenuto di chiamare la città neoconservatrice;<br />

questa prassi nasce dopo iI '48, per opera dei nuovi regimi autoritari che escono dalle lotte<br />

rivoluzionarie; accetta gli strumenti tecnici elaborati nella prima metà del secolo (comprese alcune<br />

proposte dei teorici socialisti e radicali) e li utilizza per razionalizzare lo sviluppo delle città europee e<br />

coloniali, stabilizzando nello stesso tempo i rapporti di partenza economici e sociali.<br />

Secondo la nuova prassi urbanistica, la linea d'incontro fra gli interessi pubblici e privati è situata al<br />

confine fra i blocchi edilizi e gli spazi comuni necessari al loro disimpegno. Per il carattere netto e<br />

schematico di questa contrapposizione, sia gli spazi privati che gli spazi pubblici tendono a diventare<br />

omogenei; l'individualità dei singoli edifici è soverchiata dall'uniformità dei caratteri quantitativi,<br />

conseguente allo sfruttamento di lotti equivalenti, e la varietà degli ambienti pubblici tradizionali si fonde<br />

in una sequenza di spazi vuoti, legati ai volumi edilizi da rapporti costanti.<br />

Nasce così lo standard più caratteristico della città neo-conservatrice: la "rue corridor" (considerata<br />

come canale di traffico e ambiente su cui s'affacciano gli allineamenti commerciali). Essa esprime la<br />

preminenza della funzione terziaria, a cui tutte le altre sono subordinate.<br />

Ne consegue:<br />

la sostanziale equivalenza fra strada e piazza; la piazza tende a perdere il carattere complesso<br />

che ha nella città più antica, e si riduce a uno slargo o un incrocio di strade; le strade partono<br />

piuttosto dai vertici, anziché dalle mezzerie della figura perimetrale.<br />

la preferenza accordata ai tracciati stradali in cui la lunghezza delle fronti è maggiore rispetto alla<br />

area dei lotti; quindi alle griglie più fitte, e ai tracciati triangolari.<br />

I diversi edifici necessari alla vita della città - abitazioni, uffici, teatri, grandi magazzini, scuole, ecc..<br />

- si confondono nella cortina edilizia che fiancheggia la "rue-corridor", eccettuati solo gli edifici che per la<br />

dimensione o il valore monumentale sono in grado di occupare un intero isolato.<br />

Ne risulta compressa e sacrificata soprattutto la residenza; di qui la necessità di un secondo<br />

standard, in certo senso complementare al precedente: il quartiere residenziale estensivo, composto di<br />

case unifamiliari isolate con giardino, che deriva dall'esigenza di sottrarre - per i ceti dominanti -<br />

l'abitazione ai vincoli della "rue-corridor", e promette a intere categorie di utenti l'indipendenza spaziale<br />

prima riservata a singoli personaggi, nelle loro residenze suburbane.<br />

La coesistenza di questi due modelli è indispensabile proprio in relazione al meccanismo sociale<br />

ed economico da cui procede la città neo-conservatrice. Il possesso delle aree edificabili spetta ai privati,<br />

e produce una rendita che determina in larga misura l'entità e la velocità di accrescimento degli<br />

agglomerati urbani. La progressiva rarefazione degli standards edilizi, dal centro alla periferia, è appunto<br />

la condizione tecnica per produrre e incrementare nel tempo la rendita fondiaria urbana.<br />

La coerenza di questo processo non è tuttavia completa. La città esige il concorso di numerosi<br />

fattori produttivi, ma riconosce solo ad alcuni di questi fattori una possibilità di integrazione spaziale. La<br />

rigidità degli standards urbanistici e edilizi conduce a estromettere dalla città tutti gli elementi che non vi si<br />

adattano, e in generale tutte le attrezzature di dimensione non compatibile con quella media dei lotti (che<br />

le esigenze delle funzioni dominanti tendono d'altra parte a rendere più ristretta possibile). Fanno<br />

eccezione solo i parchi pubblici - come contropartita igienica e visiva alla tendenza verso<br />

l'agglomerazione compatta - e gli impianti ferroviari, che attraverso le stazioni si raccordano alle piazze e<br />

alle strade dei centri commerciali. In particolare le industrie e le abitazioni del proletariato sono respinte in<br />

una zona contigua né urbana né rurale, la periferia, che non è mai assimilata dalla città ma si sposta oltre<br />

i suoi margini man mano che la città cresce (i disagi di questa condizione sono in parte corretti dalle<br />

iniziative pubbliche o private per integrare nella città le abitazioni operaie, assimilandole ai blocchi<br />

intensivi o ai quartieri di case unifamigliari; ma queste iniziative restano quantitativamente insufficienti, e<br />

mettono in luce la contraddizione di partenza, senza risolverla per intero).<br />

I modelli formali, su cui si basano gli standards della città neo-conservatrice (desunti in larga<br />

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ARCHITETTURA E CITTÀ <strong>DEL</strong> “<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO”<br />

misura dalla tradizione classica e barocca), acquistano così una funzione discriminante sociale e politica,<br />

da cui deriva la loro rigidità.<br />

Inoltre la città neo-conservatrice ingloba gli organismi urbani precedenti - tardo medioevali o<br />

barocchi - e dipende in larga misura da questi per la sua caratterizzazione formale. Dove queste<br />

preesistenze vengono a mancare, nelle città nuove o nelle città coloniali, la medesima prassi urbanistica<br />

rivela in anticipo le sue contraddizioni.<br />

Il movimento moderno parte dalla contestazione di questo modello, di cui valuta pienamente le<br />

implicazioni politiche, economiche e sociali; ma ritiene - differenziandosi dalla linea ortodossa della<br />

sinistra politica europea - che la catena delle implicazioni possa esser rotta cominciando a rimuovere i<br />

modelli di organizzazione spaziale, che funzionano da supporto delle discriminazioni sociali.<br />

La polemica si svolge contro due obbiettivi, collegati fra loro:<br />

I - la preminenza della funzione terziaria, a cui sono subordinate le altre funzioni urbane. Si<br />

contesta dunque con la massima energia il modello della "rue-corridor", mentre si considera con<br />

interesse il modello del quartiere residenziale estensivo, in quanto è il primo tentativo di formare<br />

un tessuto edilizio comandato dalla residenza (di qui l'importanza attribuita a alcune proposte<br />

dell'avanguardia, come la garden city e la citè industrielle).<br />

La preminenza della funzione residenziale nella città moderna diventa un postulato costante della<br />

ricerca, d'ora in poi, e non è stata finora seriamente contestata.<br />

Il - gli standards della progettazione architettonica fin qui adoperati, e legati appunto alla gerarchia<br />

funzionale propria della città neo-conservatrice.<br />

A questi standards si contrappone un'analisi spregiudicata delle singole funzioni, che mira a<br />

definire i minimi elementi funzionali propri di ogni funzione. In questo modo si critica a fondo la<br />

conformazione della città tradizionale, - sia del nucleo intensivo, sia dei quartieri periferici - e si respinge<br />

non solo la nozione del lotto come multiplo comune dei diversi edifici, ma anche la nozione di «edificio»<br />

ereditata dalla tradizione prospettica più lontana.<br />

Nel settore dell'abitazione, l'elemento di partenza non coincide più con un'immagine prospettica<br />

unitaria quella del blocco costruito sul filo stradale, quella del villino isolato, o quella dedotta da una<br />

qualsiasi variazione dimensionale di questi due modelli - ma coincide col singolo alloggio, che si<br />

considera progettabile per suo conto indipendentemente dai modi di raggruppamento; nasce così il<br />

concetto di tipo edilizio, che è la peculiare conquista della ricerca architettonica nel decennio fra il '20 e il<br />

'30. (Questa operazione di scioglimento dei nessi morfologici tradizionali in ogni campo, dagli oggetti<br />

d'uso alla città, è l'obbiettivo storico dell'incontro fra la ricerca dei pittori e quella degli architetti, negli anni<br />

intorno alla prima guerra mondiale).<br />

Le caratteristiche dei tipi edilizi per la residenza sono definite utilizzando gli apporti della sociologia<br />

del tempo. Queste caratteristiche si possono riassumere in tre punti:<br />

1) superficie e cubatura minime<br />

2) osservanza di determinati standards igienici (illuminazione, soleggiamento, ventilazione)<br />

3) una stanza per ogni individuo adulto (v. anche la «porte fermée» di cui parla Le Corbusier).<br />

Le varianti distributive sono studiate sistematicamente, per la prima volta, da Alexander Klein in un<br />

lavoro del 1928 per la Reichsforschungsgesellschaft.<br />

Lo studio analitico dei tipi edilizi permette di impostare in forma generale il problema del loro<br />

raggruppamento, e quindi la casistica dei nuovi modelli edilizi. Ciò è reso possibile dai nuovi standards<br />

costruttivi, messi in luce contemporaneamente dalla ricerca degli architetti.<br />

Una delle formulazioni più precise è contenuta nei cinque punti di Le Corbusier del 1926:<br />

1 - i pilotis<br />

2 - il tetto-giardino<br />

3 - la pianta libera<br />

4 - la fenetre en longeur<br />

5 - la facciata libera<br />

Questi standards liberano la secolare associazione fra la forma dei vani e quella degli elementi<br />

murari di sostegno, fra l'utilizzazione del suolo e quella dei piani superiori, fra le strutture portanti e quelle<br />

di tamponamento, e rendono possibili nuovi modelli di raggruppamento delle cellule normalizzate, del<br />

tutto indipendenti da quelli tradizionali.<br />

I precedenti modelli, essendo legati a un determinato assetto sociale e politico, favoriscono o<br />

almeno non ostacolano la formazione della rendita fondiaria urbana. La nuova ricerca, rifiutando quei<br />

modelli, entra subito in conflitto con le esigenze della rendita fondiaria urbana; gli architetti moderni<br />

avvertono fin dal principio che le loro proposte sono incompatibili con il controllo privato dei suoli urbani, e<br />

domandano un controllo pubblico.<br />

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<strong>IL</strong> <strong>QUARTIERE</strong> E <strong>LA</strong> CITTÀ <strong>DEL</strong> “<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO”<br />

ARCHITETTURA E CITTÀ <strong>DEL</strong> “<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO”<br />

La ricerca sul raggruppamento degli alloggi si concentra in un primo tempo sul problema<br />

pregiudiziale della densità, e critica il modello tradizionale dei quartieri estensivi (accettato da Howard, da<br />

Garnier e più tardi da Wright); l'utilizzazione di questo modello non è esclusa in linea di principio, in<br />

quanto permette di dare a ognuno una casa individuale e isolata, ma è considerata eccezionale, per l'alto<br />

costo dei servizi primari e secondari, e per gli ostacoli di tempo che derivano dalla lunghezza degli<br />

spostamenti fra casa e casa, o fra casa e servizi, superabili solo per chi conduce un certo livello di vita.<br />

A questo modello si contrappone - soprattutto per i lavoratori urbani - una fabbricazione più densa,<br />

dove gli alloggi siano raggruppati in edifici verticali, e questi siano spaziati in modo da rispettare gli<br />

standards igienici voluti.<br />

Una giustificazione generale di questo ragionamento è contenuta nella relazione di Gropius al 3°<br />

CIAM di Bruxelles, nel 1930. La spaziatura degli edifici deve essere calcolata in relazione all'altezza, e<br />

deve risultare indipendente dagli allineamenti stradali.<br />

Di questo discorso teorico esistono due formulazioni edilizie principali:<br />

1 - la Casa alta lamelliforme di 10-11 piani (slab house) studiata da Gropius dopo le dimissioni dal<br />

Bauhaus (1928) e proposta in diverse occasioni:<br />

1929 - concorso della Reichsforschungsgesellschaft per il quartiere sperimentale di Spandau<br />

1930 - modello teorico presentato alla mostra del Werkbund a Parigi e l'anno dopo alla<br />

Bauhausstellung di Berlino (con M. Breuer)<br />

1931 - progetto di quindici case in riva al Wannsee<br />

1935 - progetto di due case a S. Leonard's hills (con E. Mawxell-Fry).<br />

In queste case sono previsti servizi comuni a piano terreno, che però restano un elemento<br />

accessorio, anche per l'entità limitata di ogni blocco (40-80 alloggi; nelle case in riva al Wannsee i<br />

servizi sono previsti ogni due blocchi, e l'intero complesso comprende 660 alloggi).<br />

Questo tipo di casa non ha potuto essere realizzato in Germania, soprattutto per la riluttanza a<br />

inserire l'ascensore in un complesso popolare, ed è stato sperimentato per la prima volta in<br />

Olanda nel 1934.<br />

2 - I blocchi continui à rédents ideati da Le Corbusier nel 1923 e perfezionati negli anni<br />

successivi. La formulazione teorica più completa si trova nelle 17 tavole della ville radieuse<br />

presentate al 3° CIAM nel 1930; i rédents occupano i lotti di m. 400 x 400 contornati dalle strade<br />

carrabili, sono alti 50 metri e realizzano una densità di 1000 abitanti per ha. La didascalia della<br />

prima tavola definisce gli obiettivi della ricerca con questa frase:<br />

«abandon du binome: maison-rue<br />

création de la fonction pure: logis<br />

établissement d'une série par le "rédent"<br />

forme du rédent susceptible de varieté architecturale».<br />

Questo modello è stato applicato, in varie forme, nei piani urbanistici di Le Corbusier fra le due<br />

guerre:<br />

1929 - proposte per Rio, Montevideo e San Paolo<br />

1931-34 - piani per Algeri<br />

1932 - concorso per il quartiere di Saint Gervais a Ginevra<br />

1933 - concorso per l'urbanizzazione della riva sinistra della Schelda ad Anversa<br />

1933 - concorso per il quartiere di Norrmalm a Stoccolma<br />

1936 - ilòt insalubre n. 6 a Parigi<br />

1936 - urbanizzazione della testa del ponte S. Cloud a Parigi<br />

Lo stesso modello sebbene teoricamente superato da quello dell'unitè de grandeur conforme, è<br />

stato in parte utilizzato da Le Corbusier nel concorso per il centro di Berlino del 1961.<br />

In questi piani Le Corbusier adatta il rédent a diverse situazioni planimetriche ed altimetriche. La<br />

piegatura ritmica dei corpi di fabbrica, non essendo legata ad un'articolazione funzionale, può<br />

scomparire o essere sostituita da una curvatura ritmica o aritmica, che accompagna le<br />

ondulazioni del paesaggio. Rispetto alla città tradizionale, questo genere di fabbricazione<br />

rappresenta una antitesi assoluta: può essere inserita in uno spazio sgombro, come<br />

dimostrazione di un'alternativa, (Ginevra, ilot insalubre) oppure sovrapposta alla compagine<br />

cittadina come una specie di infrastruttura (e infatti tende a inglobare strade e autostrade: Algeri,<br />

Rio, Montevideo); in molti casi arriva a caratterizzare la forma della città in scala paesistica, come<br />

si vede nei suggestivi disegni panoramici a tratto, senza perdere la qualità di tessuto omogeneo o<br />

puro. I servizi (scuole, asili, zone sportive, centri commerciali) compaiono sempre come<br />

accessori, e non risultano legati all'articolazione dei fabbricati residenziali.<br />

I due modelli di cui s'è parlato definiscono l'orizzonte teorico della ricerca fra le due guerre, ma<br />

influenzano solo marginalmente le realizzazioni concrete.<br />

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agg. 01/01/2013<br />

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<strong>IL</strong> <strong>QUARTIERE</strong> E <strong>LA</strong> CITTÀ <strong>DEL</strong> “<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO”<br />

ARCHITETTURA E CITTÀ <strong>DEL</strong> “<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO”<br />

Nella maggior parte dei casi gli architetti devono accettare le limitazioni derivanti dalla tipologia<br />

tradizionale (sopratutto quella riguardante le altezze dei fabbricati d'abitazione) e adottano sistemi<br />

consueti di aggruppamento degli alloggi, senza rinunciare però a razionalizzarli e spingendo al limite<br />

l'esplorazione delle loro specifiche opportunità.<br />

Fra i sistemi tradizionali conviene distinguere:<br />

Materiali per le Lezioni del Corso di URBANISTICA (EA) - 2012/2013<br />

agg. 01/01/2013<br />

a) - La casa individuale isolata;<br />

E’ la soluzione a cui si ricorre quando l'interesse è tutto concentrato sull'analisi del singolo<br />

alloggio. Più tardi questa soluzione resta attuale per le residenze di tipo eccezionale e per le case<br />

da prefabbricare, come quella di Gropius al Weissenhof di Stoccarda del '27 o l'altra studiata nel<br />

'31 per la Hirsch-Kupfer und Messingwerke.<br />

b) - il blocco di case individuali a schiera, su uno, due o tre piani<br />

Questo sistema non incontra opposizioni teoriche, sebbene non consenta di superare certi livelli<br />

di densità, e nel primo decennio dopo la guerra è considerato la migliore alternativa al quartiere di<br />

case isolate; da questo ragionamento sono nati i primi capolavori dell'edilizia residenziale<br />

moderna<br />

c) - il fabbricato in linea di media altezza (3-5 piani)<br />

Criticato teoricamente nei CIAM del '29 e del '30, ma adottato frequentemente nelle realizzazioni<br />

tedesche, come surrogato della slab house.<br />

Le ricerche sulla prefabbricazione sono orientate, in questo periodo, secondo la tesi di Gropius,<br />

esposta per la prima volta in una relazione del 1909 a Emil Rathenau, presidente dell'A.E.G.: si devono<br />

tipizzare e prefabbricare i singoli elementi costruttivi, non la casa completa. Perciò queste ricerche sono<br />

collegate agli studi sulla distribuzione dell'alloggio, non a quelle sull'associazione degli alloggi nelle case<br />

collettive, e si applicano preferibilmente a case isolate (v. i due prototipi studiati da Gropius nel '27 e nel<br />

'31).<br />

Lo stesso ragionamento analitico che ha condotto a definire i tipi edilizi della residenza è stato<br />

applicato a tutte le funzioni suscettibili di essere rappresentate mediante l'aggregazione di elementi<br />

minimi ripetibili: quindi ai tipi speciali di residenza (alberghi, dormitori per studenti, collegi, ecc.) e ad<br />

alcune attività produttive che comportano la ripetizione di un modulo elementare: soprattutto quelle<br />

terziarie, commerciali e burocratiche.<br />

Il palazzo per uffici può diventare un sistema di ambienti indifferenziati, divisi all'interno da tramezzi<br />

mobili e protetti all'esterno da vetrate continue, scompartite secondo un modulo piccolo per consentire<br />

molte possibili posizioni dei tramezzi mobili.<br />

Anche in questo caso la ricerca, nella prima fase, si concentra nell'individuazione del modulo<br />

ripetibile, e considera il processo di aggregazione come tendenzialmente indefinito, quindi arrestabile a<br />

qualsiasi punto secondo i vincoli spaziali di ogni singola iniziativa (Le Corbusier tuttavia elabora due<br />

modelli teorici definiti da un ragionamento geometrico analogo a quello del rédent: il grattacielo a croce -<br />

ideato nel '23 per la ville contemporaine, ripetuto nel plan Voisin di Parigi del '25, e nelle tavole della ville<br />

radieuse - e il grattacielo a patte de poule, o «cartesiano» definito nel '35 e applicato nei piani di Parigi<br />

dal '37 in poi). Invece, gli edifici pubblici non riducibili a una somma di elementi ripetibili, ma concentrati<br />

su un elemento unitario e articolato (sale di spettacolo, ambienti di riunione) sono trattati preferibilmente<br />

accentuando la loro singolarità, e concentrandovi i motivi di riconoscibilità individuale espulsi dal tessuto<br />

residenziale mediante il processo di normalizzazione.<br />

Si vedano soprattutto una serie di teatri e sale di riunione progettate intorno al '30; il teatro totale di<br />

Gropius, i progetti di concorso per iI palazzo dei Sovieti e per il teatro di Karkov.<br />

Questa alternativa così netta ha impedito di studiare in modo soddisfacente i servizi che non<br />

appartengono decisamente al primo o al secondo gruppo, e in particolare le scuole, considerate talvolta<br />

come edifici eccezionali (dissimulando la ripetizione delle aule, come in Dudok), talvolta puntando<br />

sull'accostamento delle aule stesse e degli altri elementi ripetibili.<br />

La prima fase di questa ricerca, che procede dal particolare al generale e che in alcuni grandi paesi<br />

europei è ristretta in un breve intervallo di tempo (dal 1924 al 1933), non va di solito oltre la scala del<br />

quartiere.<br />

Si veda la successione degli argomenti trattati nei primi quattro CIAM: nel '28 alla Sarraz i principi<br />

generali, nel '29 a Francoforte l'alloggio, nel '30 a Bruxelles il quartiere. Lo studio della città - che è<br />

l'oggetto del quarto CIAM nel '33 - acquista dunque un carattere prevalentemente teorico, e si traduce in<br />

una serie di enunciati generali, pubblicati più tardi nel '41 da Le Corbusier col titolo La carta d'Atene.<br />

Fa eccezione il caso di Amsterdam, dove un gruppo di architetti moderni guidato da Cor van<br />

Eesteren è al lavoro dal 1928 per redigere i I piano regolatore generale, approvato nel '35. In questo<br />

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<strong>IL</strong> <strong>QUARTIERE</strong> E <strong>LA</strong> CITTÀ <strong>DEL</strong> “<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO”<br />

ARCHITETTURA E CITTÀ <strong>DEL</strong> “<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO”<br />

piano i principali risultati della ricerca moderna sono stati acquisiti e introdotti nella pratica degli edifici<br />

tecnici: lo smistamento delle funzioni pure in zone separate, la fabbricazione indipendente dai fronti<br />

stradali, la tipizzazione degli alloggi e gli standards igienici. Ma essendo i tessuti nelle varie zone<br />

considerati continui e omogenei, e mancando una regola geometrica come quella dei rédents, la forma e<br />

la dimensione dei fabbricati restano arbitrarie; si usano, in pratica, varie combinazioni di fabbricati in linea<br />

alti, medi e bassi, e la coerenza dell'insieme è affidata a un complicato sistema di controlli e di<br />

supervisioni.<br />

La Carta d'Atene è la rappresentazione teorica di questi medesimi criteri.<br />

Il suo carattere generico, se la leggiamo oggi venticinque anni dopo, deriva dal fatto che i<br />

ragionamenti qualitativi si fermano alla scala dei tipi edilizi, e più sopra valgono solo i ragionamenti<br />

quantitativi.<br />

L'aspetto più soddisfacente del documento è la rinuncia ai soliti ragionamenti globali sulla città. Il<br />

discorso si sposta dalla città ai cittadini; nella vita dei cittadini si distinguono quattro funzioni:<br />

- abitazione<br />

- tempo libero<br />

- lavoro<br />

- circolazione<br />

e per ogni funzione si elencano le esigenze dedotte dalla ricerca tipologica fino allora condotta.<br />

La funzione abitativa è collocata al primo posto, ma questa priorità non si traduce in una procedura<br />

tecnica. Gli enunciati della Carta d'Atene acquistano dunque il carattere di affermazioni di principio,<br />

necessarie ma non sufficienti per orientare le esperienze del dopoguerra.<br />

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<strong>IL</strong> PIANO RAZIONALISTA: AMSTERDAM, FRANCOFORTE<br />

<strong>IL</strong> PIANO RAZIONALISTA: AMSTERDAM, FRANCOFORTE<br />

b) gli sviluppi urbanistici di Amsterdam<br />

da: Paolo Sica "Storia dell'Urbanistica - Il Novecento"- Vol. 2°, pp. 577-588<br />

Il grande sforzo di pianificazione urbana compiuto dal Comune di Amsterdam fra il '20 e il '40 può<br />

essere misurato attraverso i programmi e le realizzazioni che investono il centro antico, attraverso<br />

l'attività edilizia pubblica e privata e la costruzione di nuovi quartieri, e infine dalla redazione del piano<br />

regolatore generale del 1934. Se fino all'inizio degli anni Trenta il livello di compiutezza tecnica degli<br />

interventi nei singoli settori è notevole, piuttosto labili sono invece le correlazioni immediate: ma dal<br />

procedere dell'attività privata e pubblica non si manca di trarre quelle conclusioni metodologiche e<br />

pratiche che porteranno poi a considerare il piano generale come il referente capitale, per quanto<br />

flessibile e integrabile, di ogni operazione di trasformazione urbana.<br />

Nella città vecchia, sin dagli anni della guerra si operano alcune ristrutturazioni importanti. Nel<br />

1916 si inizia il rifacimento di una serie di isolati del quartiere ebraico di Vilenburg, comprendenti 368<br />

alloggi insalubri (parte dagli sfrattati riceve in assegnazione abitazioni nel quartiere<br />

dell'Afrikaanschebuurt, parte sono sistemati in via provvisoria e possono poi essere rialloggiati nelle<br />

nuove case); fra il '28 e il '29 si risana il quartiere di Valkenberg, introducendovi alcune attrezzature<br />

pubbliche (in questo caso una parte dei terreni è utilizzata da costruttori privati); nel 1930 si interviene<br />

sugli isolati delle vie Ridder e Jonker, dove 548 alloggi sono stati da tempo dichiarati inabitabili. I dati di<br />

partenza di queste ristrutturazioni sono tali che è impossibile rialloggiare tutti gli abitanti, ma di regola non<br />

si procede ad alcun intervento senza la garanzia di una nuova sistemazione, anche se non sono estranei<br />

a queste operazioni fini di bonifica sociale, e di profitto privato mediante la distruzione e sostituzione<br />

ambientale. Insieme agli interventi di trasformazione del tessuto si hanno anche allargamenti e rifacimenti<br />

stradali; dal 1919 al '28 una Commissione nazionale per i beni ambientali procede alla redazione di un<br />

inventario provvisorio degli immobili di valore storico e artistico.<br />

Con la ripresa economica che si avvia dopo il 1920, è possibile una intensa produzione di edilizia<br />

abitativa media e popolare, in parte dovuta alla iniziativa pubblica e in parte agli imprenditori privati.<br />

Come avviene anche nelle altre città olandesi, l'amministrazione di Amsterdam pratica una politica<br />

pubblica dei suoli: il Comune acquista o espropria i terreni destinati all'espansione, e li prepara per<br />

l'urbanizzazione (canali, fognature, ponti, strade, parchi e parterres), ricedendoli in seguito in affitto agli<br />

operatori interessati secondo un principio già introdotto a partire dal 1896 con lo scopo di ricondurre alla<br />

collettività l'incremento di valore dei suoli dovuto alla crescita urbana; da parte loro, gli affittuari godono<br />

del vantaggio - importante soprattutto per le piccole imprese e le cooperative - di limitare le spese di<br />

investimento. Il Consiglio comunale modifica più volte le condizioni generali dei contratti, che si orientano<br />

infine verso l'affitto perpetuo con revisione cinquantennale dei canoni e degli obblighi.<br />

Per quanto riguarda le modalità della espansione urbana, la municipalità di Amsterdam procede<br />

mediante piani particolareggiati di urbanizzazione, secondo direttrici che sembrano coinvolgere per parti<br />

quasi tutto l'arco di entroterra disponibile, dalle zone a nord dell'Ij alle aree a sud per le quali durante gli<br />

anni di guerra è stato approvato il piano definitivo di Berlage: sono orientamenti che letti nel loro insieme<br />

sembrano alludere a un'operazione di decentramento per nuclei contigui o satelliti parzialmente attrezzati,<br />

senza tuttavia che una formulazione esplicita o una razionalizzazione complessiva venga tentata in tal<br />

senso. Verso est, oltre l'Amstel, si costruisce il quartiere Africano con alloggi in parte realizzati dal<br />

Comune e in parte da una fondazione ebraica per rialloggiare gli sfrattati di Vilenburg; a nord-est si apre<br />

la «città giardino» di Oostzaan (1921), destinata agli operai dei cantieri navali, un quartiere estensivo<br />

completamente dotato di attrezzature e costituito da alcune centinaia di costruzioni leggere su fondazioni<br />

di cemento; verso nord, nel '26 si completano l'altra «città giardino» di Nieuwendam, che comprende<br />

alloggi destinati alla classe media e all'aristocrazia operaia, il quartiere di Buikslooterham (che include<br />

anche alcune case per anziani) e il quartiere di Nieuwendammerham, con caratteristiche simili al<br />

Buikslooterham. I criteri di assegnazione degli alloggi sono regolati da disposizioni che stabiliscono un<br />

ordine di priorità che pone al primo posto le famiglie che hanno dovuto abbandonare un quartiere<br />

sottoposto a risanamento, al secondo posto le famiglie che occupano un alloggio insalubre, al terzo posto<br />

le famiglie che abitano alloggi superaffollati.<br />

Verso sud, a partire dal 1924, sull'impianto di Berlage si completa il quartiere dell'Amstel, in gran<br />

parte costruito da imprenditori privati e destinato alle classi medie, una delle più significative realizzazioni<br />

urbanistiche del primo dopoguerra, nel suo impianto basato sulla tradizionale dipendenza fra canali<br />

stradali e formazione edilizia, in un rapporto del tutto rinnovato dalle ampie cadenze spaziali e dalla<br />

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<strong>IL</strong> <strong>QUARTIERE</strong> E <strong>LA</strong> CITTÀ <strong>DEL</strong> “<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO”<br />

<strong>IL</strong> PIANO RAZIONALISTA: AMSTERDAM, FRANCOFORTE<br />

generosa mediazione delle alberature. Al quartiere dell'Amstel lavorano M. De Klerk (Stalinlaan, 1922), P.<br />

L. Kramer, J. F. Staal (casa alta a Victorienplein), M. Staal-Kropholler, G. J. Rutgers, H. T. Wijdeveld e<br />

altri: nonostante la dipendenza degli edifici dalla disposizione urbanistica, anche le soluzioni degli<br />

appartamenti raggiungono una precisa chiarezza funzionale, mentre le espressioni formali delle singole<br />

architetture - talvolta caratterizzate da un eccessivo impiego di variazioni particolari, nell'uso di una<br />

decorazione tutta affidata alle plastiche ondulazioni delle pareti in mattone, ai partiti finestrati, alle<br />

sagome dei tetti - sono contenute dall'unità dei materiali e dalla costante altezza degli edifici; ne deriva un<br />

ambiente suggestivo, a scala umana, che celebra l'assunzione delle élite operaie e impiegatizie a un<br />

livello e un costume di vita borghese.<br />

I progetti privati per l'Amstel e per gli altri quartieri sono controllati dal Comune attraverso l'esame<br />

di una commissione qualificata di architetti, che in alcuni casi giunge a fornire indicazioni specifiche e<br />

vincolanti per la definizione delle diverse zone del piano o per taluni aspetti qualificanti delle soluzioni<br />

architettoniche. Progettisti di riconosciuta competenza (come De Klerk, Kramer, Rutgers e altri) vengono<br />

chiamati a disegnare, talvolta su designazione comunale, le facciate degli edifici sulle planimetrie<br />

impiegate dagli imprenditori. Particolare attenzione è rivolta alle piazze pubbliche, elementi centrali di<br />

organizzazione dei quartieri, per le quali si svolgono concorsi o più severe verifiche progettuali (piazza nel<br />

quartiere di Amsterdam ovest, Mercatorplein, ecc.).<br />

Il piano regolatore generale che il Comune di Amsterdam pone in studio nel 1934 costituisce un<br />

cambio d'indirizzo nella politica urbanistica, che fa seguito alla valutazione critica del processo di<br />

espansione «per quartieri», e dalla necessità sempre più avvertita di una impostazione più generale dei<br />

problemi urbanistici (già dal 1921, si deve avvertire, la municipalità si è assicurata amministrativamente<br />

un territorio di oltre 17.000 ettari con l'assorbimento di quasi 13.000 ettari di polders rurali periferici, e<br />

questo ampliamento sollecita una diversa scala di previsioni e interdipendenze; mentre l'incremento<br />

continuo del patrimonio demaniale della città offre promettenti prospettive di operatività). La<br />

consapevolezza diffusa di questa esigenza è rivelata da alcune proposte di quadro elaborate verso la<br />

metà degli anni Venti, come il piano di J. Boterenbrood per la «Grande Amsterdam» del '25, basato su un<br />

collegamento organico fra il centro e le zone a nord oltre l'Ij, verso le quali si ribalta e si duplica la città<br />

storica; o come il piano . successivo del '26 preparato da A. W. Bos, direttore delle opere pubbliche<br />

comunali. Le critiche mosse a questo progetto ufficiale (in particolare alla mancanza di una seria analisi di<br />

base) sono assai importanti come premessa per l'impostazione degli studi del piano del '34. Sotto questo<br />

aspetto è comunque decisiva l'efficiente organizzazione tecnica dell'amministrazione che si attua con la<br />

creazione nel 1928 dell'ufficio di urbanistica diretto dall'ingegner L. S. P. Scheffer, affiancato da Th. K.<br />

van Lohuizen incaricato delle analisi, e dal 1929 anche da C. Van Eesteren come architetto capo del<br />

piano.<br />

Il piano regolatore generale adottato dal Consiglio comunale nel '35 si basa innanzi tutto su un<br />

quadro completo di dati analitici (che per il periodo costituiscono di per sé in Europa un importante<br />

risultato metodologico) e quindi su una approfondita valutazione dei fattori di sviluppo economico e<br />

demografico che incidono sulla crescita della città; un'ampia relazione programmatica illustra i criteri<br />

dell'impostazione generale e gli aspetti delle soluzioni particolari.<br />

Scartando l'ipotesi di una crescita imprecisata e indefinita, una prima fase delle ricerche è intesa a<br />

definire la nuova dimensione demografica della città, valutata in un ambito compreso fra 900.000 e<br />

1.100.000 abitanti. Il piano è dimensionato per una capienza minima di 960.000 abitanti, con un aumento<br />

di circa 300.000 abitanti rispetto a quelli esistenti (Amsterdam raggiunge nel 1935 le 750.000 unità). Da<br />

questa ipotesi discende immediatamente il calcolo del fabbisogno residenziale: considerando una<br />

diminuzione della consistenza familiare fino all'indice di 3,37 persone a famiglia (rispetto al 3,74<br />

esistente), alla domanda abitativa si dovrà far fronte con la previsione di 84.000 nuovi alloggi, cui vanno<br />

aggiunte 13.460 nuove abitazioni per compensare le demolizioni per risanamento, e 12.000 abitazioni da<br />

destinare ai nuclei familiari che abbandonano forzosamente o spontaneamente le aree centrali in<br />

dipendenza del processo di terziarizzazione da cui queste sono investite. Nel calcolo vengono computate<br />

anche le 1370 abitazioni già esistenti nelle aree di espansione previste dal piano.<br />

Nell'alternativa fra sviluppo complessivamente accentrato, e largo decentramento territoriale con<br />

quartieri spazialmente indipendenti, è la prima ipotesi a prevalere in ragione della forte concentrazione<br />

degli impieghi nel centro storico: messe da parte le ipotesi di città giardino o città satelliti per non<br />

esasperare i fenomeni di pendolarismo, ma anche le proposte di Le Corbusier per una netta<br />

contrapposizione della città nuova all'antica, si opera invece nel senso di una espansione serrata, a<br />

carattere semintensivo, funzionalmente definita con precisione, in continuità con la struttura esistente, per<br />

quartieri ai quali si attribuisce un alto grado di coerenza interna e di identificazione spaziale separando le<br />

varie zone residenziali con fasce attrezzate a verde.<br />

Esaminiamo adesso il modello di sviluppo proposto dal piano negli elementi che lo definiscono. La<br />

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<strong>IL</strong> <strong>QUARTIERE</strong> E <strong>LA</strong> CITTÀ <strong>DEL</strong> “<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO”<br />

<strong>IL</strong> PIANO RAZIONALISTA: AMSTERDAM, FRANCOFORTE<br />

nuova previsione residenziale si orienta sul ventaglio di territorio da ovest verso est, con una tendenza a<br />

intensificare la direttrice ovest, mentre si blocca verso nord lo sviluppo allo stato di fatto, per evitare più<br />

alti flussi di migrazioni giornaliere attraverso il bacino portuale. Con il potenziamento del porto, le industrie<br />

nuove vengono ubicate lungo l'asse del Nordzee Kanaal, dove si rafforza il sistema dei docks (le aree<br />

industriali, dimensionate nel piano per 150 ettari, sono però ampliabili fino a 500 ettari); verso sud-est<br />

un'altra zona produttiva è destinata a industrie che non hanno legami funzionali col porto, mentre a<br />

sudovest è prevista una zona industriale «pulita». La rete delle comunicazioni annovera fra i suoi<br />

elementi principali la costruzione di un tunnel sotto l'Ij, e la completa ristrutturazione del sistema<br />

ferroviario in circonvallazione sopraelevata su argini, sottopassabile dalla viabilità meccanizzata; verso<br />

sud si amplia l'aeroporto di Schiphol. Per ovviare alla mancanza di aree a parco in vicinanza della città il<br />

piano prevede la creazione di una grande foresta-parco verso sud (il Bosco di Amsterdam) di quasi 900<br />

ettari, con una capienza di 30/40.000 persone al giorno, dotata di un canale remiero, di un lago di 90<br />

ettari per lo sport della vela, e di altri impianti sportivi.<br />

Per il resto il piano si caratterizza soprattutto per il tessuto continuo dell'espansione residenziale,<br />

definita da un modulo base compositivo-organizzativo delle infrastrutture e attrezzature. Si distinguono<br />

due tipi di abitati residenziali: a ridosso della città sono i quartieri a densità maggiore, con esclusione<br />

quasi totale di case unifamiliari, all'interno di una linea ferroviaria di cintura da utilizzare in seguito per i<br />

trasporti pendolari; all'esterno sono ubicati i quartieri a densità più bassa, con distanza massima dal<br />

centro di dieci chilometri, anche per rispondere alle tendenze alla abitazione suburbana di tipo non<br />

intensivo. Le unità di quartiere per l'espansione sono di regola per 10.000 abitazioni (35.000 abitanti, per<br />

famiglie medie di 3,5 abitanti) ma con una offerta variata nella dimensione degli alloggi. Il tipo edilizio<br />

dominante è la casa a schiera a quattro piani, con l'eccezione delle case a un piano destinate agli<br />

anziani, e, in alcuni casi, di blocchi di case alte. L'aliquota del 35% prevista per le case unifamiliari sarà<br />

ridotta poi a non più del 20 % in ragione del costo crescente dei terreni e delle costruzioni.<br />

L'attuazione del piano, cui si dà corso immediatamente, è gestita nel suo insieme<br />

dall'amministrazione comunale, anche in ragione degli impegnativi lavori di preparazione delle aree per i<br />

quartieri, del parco e del lago, in una complementarità delle operazioni da eseguire: la sistemazione dei<br />

terreni per l'espansione richiede un milione di metri cubi di sabbia, in parte trasportata da una condotta<br />

derivata dai bacini portuali del canale del Nord, e in parte ricavata dall'affondamento del suolo per la<br />

creazione del lago artificiale dello Sloterpas (90 ettari di superficie) nel settore occidentale di espansione.<br />

Il parco di Amsterdam Bos è sistemato con criteri scientifici, in base ad accurati studi geo-ecologici, con<br />

impiego delle essenze compatibili con l'habitat delle terre dei polders.<br />

Infine si passa alla costruzione dei primi quartieri residenziali: già nel '35 si dà inizio al complesso<br />

di Bosch en Lommer, a ovest della città, su progetto dell'ufficio tecnico comunale, per un totale di circa<br />

10.000 alloggi disposti in edificazione aperta, che sarà terminato nel 1938; in questo anno si prepara il<br />

piano per la zona di Slotermeer, studiato con una serie di modelli e di prospettive, anch'esso di una<br />

dimensione intorno ai 10.000 alloggi, suddiviso in sette nuclei minori ciascuno dotato di un centro<br />

commerciale, e attraversato da fasce verdi da est a ovest.<br />

Per il margine di variabilità lasciato ai progetti esecutivi edilizi, oltre che per l'ampiezza delle<br />

soluzioni generali, il piano di Amsterdam del '34 si dimostra facilmente adattabile e aggiornabile ai<br />

mutamenti tecnico-economici intervenuti dopo la guerra; in particolare, la rete stradale di scorrimento<br />

veloce può essere convertita in una serie di superstrade libere da incroci con la viabilità ordinaria.<br />

In margine alle vicende del piano regolatore, va ricordato il concorso bandito nel '33 ed espletato<br />

nel '35 per nuove proposte di tipi edilizi, sul programma di un quartiere di alloggi popolari per un'area di<br />

300 X 240 mq. I 92 progetti presentati, classificati secondo sei categorie di tipi, offrono un ventaglio<br />

notevole di soluzioni, fra le quali si distinguono quelle di van Tijen, di van den Broek, del gruppo di A.<br />

Staal, di Rietveld, ecc.; i risultati del concorso, al momento inutilizzati, costituiscono un'esperienza<br />

preziosa per i quartieri residenziali realizzati nel dopoguerra.<br />

Materiali per le Lezioni del Corso di URBANISTICA (EA) - 2012/2013<br />

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<strong>IL</strong> <strong>QUARTIERE</strong> E <strong>LA</strong> CITTÀ <strong>DEL</strong> “<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO”<br />

<strong>IL</strong> PIANO RAZIONALISTA: AMSTERDAM, FRANCOFORTE<br />

b) Francoforte<br />

da: Paolo Sica "Storia dell'Urbanistica - Il Novecento"- Vol. 1°, pp. 205-213<br />

La città di Francoforte ha sviluppato fino dall'anteguerra una solida tradizione nel campo<br />

dell'intervento pubblico e del controllo e dell'organizzazione dell'attività privata. Sotto la guida del sindaco<br />

Adickes, il cui nome è rimasto legato all'approvazione di una nuova legge atta a frenare la speculazione<br />

fondiaria e a consentire una più ordinata espansione degli abitati, l'amministrazione ha intrapreso larghi<br />

acquisti di terreni urbani ed extraurbani per nuovi insediamenti e attrezzature cittadine.<br />

Anche a Francoforte l'attività edilizia attraversa una pesante fase di ristagno nei primi anni del<br />

dopoguerra. È nel '24, al momento della ripresa economica, che con l'elezione del sindaco Ludwig<br />

Landmann, convinto assertore di un diretto intervento pubblico nella pianificazione e costruzione della<br />

città, si apre il periodo delle grandi realizzazioni di Francoforte durante la repubblica di Weimar.<br />

Landmann chiama l'architetto Ernst May alla direzione della sezione edilizia municipale, concedendogli<br />

poi un appoggio incondizionato per tutto il tempo della sua permanenza in carica, fino al 1930. May ha<br />

già al suo attivo un lungo tirocinio nel campo edilizio e urbanistico, durante il quale ha avuto modo di<br />

sperimentare alcune fra le più significative esperienze europee degli anni a cavallo della guerra: dopo un<br />

periodo trascorso con Raymond Unwin in Inghilterra (che lo ha portato a una conoscenza diretta del<br />

movimento per la città giardino), è stato occupato in Slesia fra il 1919 e il '25 presso un ente per la<br />

costruzione di insediamenti rurali (Schlesicher Heimstatte). Nel '21 May si è segnalato per la<br />

partecipazione al concorso per il piano regolatore di Breslavia, con un progetto basato su una<br />

articolazione periferica di quartieri di 100.000 abitanti ciascuno, anche amministrativamente<br />

autosufficienti, disposti su una frontiera circolare a quasi venti chilometri di distanza dal centro urbano,<br />

dal quale sono separati da una fascia verde a sud e dal fiume a nord, collegati fra di loro e con il centro<br />

da una rete di trasporti veloci; questo piano, contraddistinto programmaticamente da May con il motto «<br />

satellite », costituisce un precedente importante per l'opera svolta a partire dal '24 a Francoforte.<br />

Nella sua veste di direttore dell'attività edilizia municipale, May ha in realtà compiti molto ampi, che<br />

includono la preparazione di un piano regolatore generale, la progettazione dei quartieri di edilizia<br />

popolare, e la direzione della società edile più importante di Francoforte, in gran parte di proprietà<br />

dell'amministrazione; inoltre, fra le competenze di controllo e di gestione, rientra anche la supervisione<br />

dell'edilizia sovvenzionata (sia pure in modo indiretto, cioè attraverso il parere favorevole all’ottenimento<br />

dei prestiti municipali o federali), la responsabilità dell'applicazione del regolamento edilizio, e delle<br />

prescrizioni relative all'arredo urbano fisso o temporaneo.<br />

Nel 1925 in base a calcoli statistici previsionali sulla domanda abitativa viene redatto un piano<br />

decennale di produzione, poi rivisto e adeguato nel 1928. Per finanziare l'attività di costruzione si utilizza<br />

la tassa sulle locazioni insieme a prestiti da parte della municipalità e della Cassa di Risparmio di<br />

Francoforte garantiti da ipoteche sulle costruzioni (nel bilancio consuntivo il 45% dei prestiti risulta<br />

concesso a cooperative, il 30% a due società edili dell'amministrazione, il 25% all'ufficio edilizio<br />

municipale, e il resto a impresari privati). Nella politica fondiaria si fa ricorso alle proprietà comunali, o<br />

all'esproprio di nuovi terreni fabbricabili.<br />

I primi lavori promossi dalla amministrazione di Francoforte riguardano i due complessi della<br />

Siedlung Bruchfeldstrasse nel quadrante sud-ovest della città e la Siedlung Hohenblick verso nord. Da<br />

questo momento May aderisce senza riserve alle nuove formulazioni di Gropius e degli altri architetti<br />

moderni, riflesse anche nelle espressioni dell'architettura: un effetto di rottura di queste prime opere è<br />

costituito dall'uso dei tetti orizzontali e dalle superfici geometriche senza sporgenze; meno radicale<br />

appare la disposizione planimetrica con i cortili in formazione a U.<br />

Nel 1926 viene redatto uno schema di piano regolatore, che definisce una sistemazione<br />

complessiva ed organica dell'espansione residenziale: Nel suo schema di piano May combina alcune<br />

tendenze della cultura tedesca del tempo (in particolare l'insegnamento di Schumacher) con i propri<br />

schemi teorici (Breslavia), cercando di renderli appropriati a una soluzione concreta, semplificati e<br />

operabili per settori istituzionali: l'apertura di un fronte insediativo indipendente dalla città vecchia, in una<br />

catena di comunità suburbane separate fra di loro da fasce di verde o da cunei di terreni coltivati, fino a 5<br />

o 6 chilometri dal centro commerciale, se è favorito dalla esistenza di una adeguata rete di trasporti e<br />

dalla proprietà pubblica di alcuni suoli, è però soprattutto il frutto di una esplicita alternativa alla<br />

concentrazione della città esistente e della sua periferia ottocentesca.<br />

La continuità dell'espansione periferica del piano del '26 viene a perdersi in gran parte per la<br />

frammentarietà di alcuni interventi e per la mancata realizzazione di altri, ma un tratto organico di questa<br />

previsione si realizza nel progetto della vallata del Nidda a nord della città con le grandi Siedlungen<br />

Praunheim, Hedderheim (Romerstadt) e Westhausen, pianificate dall'ufficio edilizio della città<br />

Materiali per le Lezioni del Corso di URBANISTICA (EA) - 2012/2013<br />

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<strong>IL</strong> <strong>QUARTIERE</strong> E <strong>LA</strong> CITTÀ <strong>DEL</strong> “<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO”<br />

<strong>IL</strong> PIANO RAZIONALISTA: AMSTERDAM, FRANCOFORTE<br />

(Stadtischen Hochbauamtes) con la collaborazione di diversi architetti. I suoli sono resi disponibili in parte<br />

con la bonifica di alcuni terreni paludosi di proprietà comunale, e con l'esproprio di terreni privati nel caso<br />

di Westhausen; il complesso comprende circa 4000 alloggi (1440 a Praunheim, costruito dal 1926 al '30<br />

dalla città di Francoforte; 1220 a Romerstadt edificato dalla Gartenstadt A. G. nel 1927-29; e 1520 alloggi<br />

a Westhausen, realizzati dalla Gartenstadt A. G. e dalla Nassauische Heimstatte nel 1929-31), in edifici a<br />

due e quattro piani con larghi spazi collettivi a verde pubblico e per attrezzature (Praunheim e<br />

Romerstadt hanno 50/60 alloggi per ettaro, il 17% della superficie costruita e rispettivamente il 50 e il<br />

55% per spazi liberi; Westhausen, con 95 alloggi per ettaro, ha una superficie costruita pari al 16% del<br />

totale e spazi liberi per il 62%); l'ampia ansa del fiume e il verde lungo-fiume attrezzato costituiscono il<br />

tema connettivo caratterizzante dell'insieme.. Ogni quartiere è dotato di negozi di primaria necessità,<br />

mentre Romerstadt e Praunheim sono provvisti di una scuola. Gli isolati sono serviti da un impianto di<br />

riscaldamento centrale, e alcuni gruppi di abitazioni sono attrezzati con lavanderie collettive.<br />

Altri quartieri importanti sono le Siedlungen Bornheimer Hang, Hellerof e, a sud del Meno, Riedhof,<br />

costruite più in aderenza alla periferia di Francoforte, con dimensione intorno ai 1000 alloggi ciascuna; a<br />

queste si aggiungono una dozzina di complessi minori.<br />

Uno dei punti che segnano l'apporto di May nei confronti delle nuove unità urbane è la continuità<br />

dell'impegno progettuale a tutti i livelli operativi, dalle soluzioni tecnologiche e costruttive, dal disegno<br />

dell'arredo a quello del quartiere, fino ai rapporti del quartiere con la città. Al livello dell'alloggio vengono<br />

messe a punto serie complete di cellule abitative, componibili in tipologie diverse (a un piano, su due<br />

piani, con scala centrale, a ballatoio); l'adozione di una cucina componibile costruita in serie (poi<br />

conosciuta come Frankfurter Küche) costituisce un precedente significativo per lo studio della<br />

standardizzazione degli elementi di arredo tecnologico dell'abitazione; a Praunheim (come già in<br />

precedenza a Hohenblick) viene impiegato un tipo di costruzione a pannelli di cemento prefabbricati,<br />

sperimentando in tal modo, pur tra difficoltà di vario genere, un altro presupposto della ricerca del<br />

Movimento Moderno. L'elaborazione di una serie di diagrammi serve a valutare i benefici<br />

dell'orientamento eliotropico e porta alla conclusione che alla latitudine di Francoforte la migliore<br />

disposizione degli alloggi è quella che prevede i soggiorni e le cucine orientati verso ovest, le camere da<br />

letto e i servizi igienici esposti a est.<br />

I diversi quartieri sono occasione per una sperimentazione di aggregazioni tipologiche e<br />

composizioni urbane diversificate, dalle animate e fluide sequenze della Siedlung Romerstadt, alla<br />

colonia Riedhof di F. Roeckle con la sua maggiore compattezza determinata dalla vicinanza alla città, alla<br />

geometria composta della Siedlung Hellerof progettata da Mart Stam, fino alla cosiddetta «città giardino»<br />

Goldstein di May e Schwagenscheidt, prevista per 30.000 persone e poi non realizzata, nella quale è<br />

portato alle estreme conseguenze il processo di rigorosa esclusione di elementi naturalistici per<br />

combinare impianto viario e unità edilizie secondo moduli e gerarchie successive. Per gli interventi sulle<br />

aree centrali - ad evitare che le espansioni esterne restino oasi isolate dal contesto urbano - May<br />

schematizza un metodo di passaggio dai densi isolati ottocenteschi a un sistema di costruzioni in linea.<br />

Su un piano più generale, per la prima . volta si punta a una correlazione dei quartieri in un sistema<br />

complesso, e per la prima volta si tenta di affrontare il rapporto fra residenza e lavoro, mai in precedenza<br />

sfiorato nella prassi amministrativa; mentre numerose sono le attrezzature collettive e le opere pubbliche<br />

realizzate contestualmente ai quartieri residenziali. La rivista «Das Neue Frankfurt», che esce fra il '26 e il<br />

'30, non ha solo la funzione di commentare e pubblicizzare le realizzazioni municipali, ma si apre a un più<br />

ampio confronto culturale a livello europeo, con collaborazioni e contributi di alto livello.<br />

L'attività del comune di Francoforte prosegue anche dopo il 1930 quando May si reca nell'Unione<br />

Sovietica, dietro invito di quel governo, per progettare alcune città nuove in Siberia. Nonostante le<br />

difficoltà della situazione economica, i suoi collaboratori possono completare almeno in parte i progetti in<br />

fase di esecuzione, fino all'avvento al potere del nazismo, portando il totale degli alloggi realizzati fra il '25<br />

e il '33 a 15.000 unità, equivalenti a oltre il 90% dell'intera produzione residenziale nel periodo. In tal<br />

modo l'esperienza di Francoforte assume un grande valore dimostrativo non solo per i nuovi metodi<br />

operativi adottati, ma anche per aver sovvertito il tradizionale rapporto di sudditanza dell'edilizia pubblica<br />

a quella privata.<br />

L'opera di May e le realizzazioni di Francoforte costituiscono un documento esemplare, per quanto<br />

irripetuto, della politica urbana dell'età di Weimar: nel controllo - perfetto in questo caso ma pur sempre<br />

settoriale - del ciclo della residenza, contrapposto alla impossibilità di agire sull'organismo urbano nel suo<br />

complesso (dalla rendita fondiaria alla localizzazione delle attività produttive), si specchia all'interno di<br />

una città l'illusorio compromesso socialdemocratico che nell'assetto economico e politico generale delega<br />

alle amministrazioni locali il compito della redistribuzione - secondo equilibri indubbiamente avanzati - del<br />

reddito nazionale o del plusvalore sociale, ma lascia le leve del sistema in mano al capitale. May è<br />

lucidamente consapevole di queste contraddizioni (che sono forse uno dei fattori che lo spingono a<br />

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<strong>IL</strong> <strong>QUARTIERE</strong> E <strong>LA</strong> CITTÀ <strong>DEL</strong> “<strong>MOVIMENTO</strong> MODERNO”<br />

<strong>IL</strong> PIANO RAZIONALISTA: AMSTERDAM, FRANCOFORTE<br />

tentare l'avventura sovietica) ma conserva d'altra parte una fiducia senza cedimenti nella capacità degli<br />

strumenti tecnico-disciplinari della nuova architettura di farsi guida e modello del sistema, eludendone i<br />

rigidi condizionamenti iniziali, e riscattando la propria «marginalità» strutturale. Come nelle altre città<br />

tedesche, invece, queste realizzazioni si interrompono fatalmente, quale primo elemento variabile del<br />

sistema economico nel momento della crisi; una variabile nei confronti della quale il sistema solo<br />

congiunturalmente si sente rappresentato dalla «scienza dell'architettura», come si può forse leggere<br />

nella trasformazione della Siedlung Goldstein durante il periodo nazista da modello formale del «piano»<br />

in colonia rurale, i cui abitanti dovrebbero compensare con una parziale economia di sussistenza agricola<br />

le decurtazioni salariali.<br />

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