BRUNO MUNARI, FUTURISMO E OLTRE …. - MunArt

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1939 Nel mese di gennaio la rivista «La Lettura» 302 pubblica in copertina la composizione di Munari. Nel mese di maggio «La rivista illustrata del popolo d'Italia» 303 pubblica in copertina la composizione di Munari. Marzo – maggio «Campo Grafico» 304 dedica un numero speciale, a cura di Enrico Bona, a Rivoluzione futurista delle parole in libertà – poesia pubblicitaria. Pino Masnata scrive: [...]Mentre oltre i citati giovani poeti futuristi Buccafusca Pennone Scurto Pattarozzi Tedeschi impongono l'aeropoesia i pittori futuristi Prampolini Benedetta Andreoni Fillia Dottori Depero Lepore Delle Site Forlin Menin Oriani Ambrosi Favalli Belli Munari Ricas hanno imposto e impongono le tavole parolibere nelle pareti delle mostre e nei cartelloni pubblicitari Ormai esse son diventate una necessaria forma per la pubblicità[...] 305 Viene pubblicato La ceramica futurista. Manifesto dell'aeroceramica. Opere e sintesi storica, a cura del decano dei ceramisti, Manifattura Giuseppe Mazzotti. Ceramiche e maioliche d'arte, Albisola Marina, XVII [1939]. Fondamentale rassegna storico-critica della ceramica futurista, con il manifesto Ceramica e aeroceramica, 1938, e un repertorio di artisti e di opere, in particolare, di Tullio d'Albisola 306 Nel volume è pubblicata la ceramica di Bruno Munari Bulldog (Giuseppe Mazzotti – Edizione ceramiche futuriste Albisola). Diventa direttore artistico della rivista «Tempo»: [...]Il colofon del primo numero del «Tempo» recitava: Presidente: Arnoldo Mondadori; Direttore generale: Alberto Mondadori; Direttore editoriale: Cesare Zavattini; Direttore amministartivo: Bruno Magnani; Capo ufficio pubblicità: Aldo Rezzara; Direttore: Alberto Mondadori; Redattore capo: Indro Montanelli; Redattori: Carlo Bernard, Ettore Della Giovanna, Alberto Lattuada; Ufficio artistico: Bruno Munari; Inviato speciale: Lamberti Sorrentino; Fotografi: Giuseppe Cesano, Giuseppe Pagano, Francesco Pasinetti, Lucio Ridenti,[...]ecc. ecc.[...] Bruno Munari, 302In “La Lettura” n. 1, gennaio 1939, Alfieri & Lacroix, Milano 1939, supplemento del Corriere della Sera, Milano. 303In “La rivista illustrata del popolo d'Italia” n. 5, maggio 1939, Alfieri & Lacroix, Milano 1939. 304“Campo Grafico”, numero 3-5, Anno VII, 1939. 305In “La vittoria delle parole in libertà” di Pino Masnata poeta futurista; “Campo Grafico”, pagg. 85-88; n. 3-5, Anno VII, 1939. 306Tratto da “Nuovi archivi del Futurismo” diretti da Enrico Crispolti, pag. 711; op. cit.

capo dell'ufficio artistico, ricorda come andavano le cose in un intervista con Angelo Schwarz: «Gli unici con i quali si poteva parlare di comunicazione visiva erano i fotografi, tant'è vero che certi servizi, d'accordo con questi, nascevano proprio da schemi d'impaginazione, secondo sequenze oppure di racconti per immagini, già svolti come tali in partenza sui quali poi si costruiva un testo...» [...]Bruno Munari spiega da cosa derivassero i fototesti: «Dall'intenzione di fare quasi dei film, realizzare dei documentari con quelle immagini fotografiche. C'erano, però, le fotografie di Lamberti Sorrentino e c'erano quelle di Federico Patellani, tanto per continuare con gli esempi. Quelle di Patellani erano di tutt'altra classe; essendo in origine un pittore, sapeva bene cos'è un'inquadratura, cos'è una immagine rispetto al suo spazio. I letterati non conoscevano la grammatica dell'immagine, fotografavano senza pensare all'inquadratura, tanto è vero che, quando si usano immagini di questi, erano adattate, tagliate, inquadrate dagli impaginatori. A molti fotografi non professionisti credo di aver dato un utile suggerimento; quello di, dopo aver scelto il soggetto, fare la foto stando qualche passo indietro per allargare il campo visivo, lasciando così la possibilità di scegliere il taglio a chi quella immagine deve impaginare...». «Tempo», anche se ospitava scritti di Ungaretti, Montale, Saba, Quasimodo, non voleva essere una rivista letteraria, ma uno spazio corale. Così Alberto Mondadori imponeva ai giornalisti di fare uso della Leica durante i loro servizi. Pretendeva al ritorno tre o quattro rullini di fotografie. E Bruno Munari riusciva sempre a tirar fuori qualcosa da quel materiale confuso 307 . Bruno Munari fotografato da Federico Patellani nel novembre 1939, fotografia pubblicata in “Federico Patellani fotografie per giornali” pag. 23. 307Tratto da “Fotografi si nasce” di Oreste Del Buono, in “Federico Patellani fotografie per giornali” a cura di Kitti Bolognesi e Giovanna Calvenzi, pagg. 19, 20; Art& Edizioni delle Arti Grafiche Friulane, Udine, 1995

capo dell'ufficio artistico, ricorda come andavano le cose in un intervista con Angelo Schwarz: «Gli unici<br />

con i quali si poteva parlare di comunicazione visiva erano i fotografi, tant'è vero che certi servizi,<br />

d'accordo con questi, nascevano proprio da schemi d'impaginazione, secondo sequenze oppure di racconti<br />

per immagini, già svolti come tali in partenza sui quali poi si costruiva un testo...»<br />

[...]Bruno Munari spiega da cosa derivassero i fototesti: «Dall'intenzione di fare quasi dei film, realizzare<br />

dei documentari con quelle immagini fotografiche. C'erano, però, le fotografie di Lamberti Sorrentino e<br />

c'erano quelle di Federico Patellani, tanto per continuare con gli esempi. Quelle di Patellani erano di<br />

tutt'altra classe; essendo in origine un pittore, sapeva bene cos'è un'inquadratura, cos'è una immagine<br />

rispetto al suo spazio. I letterati non conoscevano la grammatica dell'immagine, fotografavano senza<br />

pensare all'inquadratura, tanto è vero che, quando si usano immagini di questi, erano adattate, tagliate,<br />

inquadrate dagli impaginatori. A molti fotografi non professionisti credo di aver dato un utile<br />

suggerimento; quello di, dopo aver scelto il soggetto, fare la foto stando qualche passo indietro per<br />

allargare il campo visivo, lasciando così la possibilità di scegliere il taglio a chi quella immagine deve<br />

impaginare...».<br />

«Tempo», anche se ospitava scritti di Ungaretti, Montale, Saba, Quasimodo, non voleva essere una rivista<br />

letteraria, ma uno spazio corale. Così Alberto Mondadori imponeva ai giornalisti di fare uso della Leica<br />

durante i loro servizi. Pretendeva al ritorno tre o quattro rullini di fotografie. E Bruno Munari riusciva<br />

sempre a tirar fuori qualcosa da quel materiale confuso 307 .<br />

Bruno Munari fotografato da Federico Patellani nel novembre 1939, fotografia<br />

pubblicata in “Federico Patellani fotografie per giornali” pag. 23.<br />

307Tratto da “Fotografi si nasce” di Oreste Del Buono, in “Federico Patellani fotografie per giornali” a cura di Kitti Bolognesi e<br />

Giovanna Calvenzi, pagg. 19, 20; Art& Edizioni delle Arti Grafiche Friulane, Udine, 1995

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