STORIA CULTURALE DELLA MUSICA AMERICANA - Paola Carbone
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immigrati e provenivano da una realtà nella sostanza non diversa da quella<br />
conosciuta da Sinatra: è particolarmente sintomatico della cultura<br />
americana, del suo essere nella sostanza un adattamento, una mescolanza<br />
di tendenze e tradizioni diverse, il fatto che a loro si debbano quelle<br />
melodie divenute classiche – ossia le cosiddette standards – e che abbiano<br />
trovato in Sinatra il loro interprete impareggiabile. Più di ogni altro tipo di<br />
musica si è fatta interprete nel mondo di una mentalità e di un modello di<br />
vita caratteristicamente americani.<br />
La musica di Tin Pan Alley era musica per il teatro di Broadway, per le<br />
riviste musicali, per il cinema. Si trattava di musica scritta da newyorchesi<br />
per altri newyorchesi e le cui forme ritmiche afro-americane si<br />
combinavano con strutture melodiche e armoniche della tradizione<br />
musicale europea. Carica di buon gusto, vivacità e decisione non priva di<br />
un’ impronta di sfida, durante l’epoca del Proibizionismo ha celebrato un<br />
edonismo sofisticato, diventando una sorta di sound track dei locali dove<br />
l’alcool e il divertimento non mancavano, i cosiddetti speakeasies.<br />
Nel corso della Grande Depressione la musica di Tin Pan Alley assume<br />
una tonalità di rimpianto congiunta ad un’ironia amara e ad una “durezza”<br />
dettata dai tempi. Sinatra saprà cogliere alcuni aspetti essenziali dello<br />
spirito del momento, riuscendo a bilanciare perfettamente gentilezza e<br />
mascolinità. Il suo modello di “Tender Tough Guy” sarà quello vincente<br />
ed entrerà a far parte della cultura popolare americana, fornendo un<br />
paradigma di mascolinità che non esisteva in precedenza.<br />
Non si può dire che Sinatra sia stato un cantante jazz ma il suo approccio<br />
e il suo sviluppo musicale ricordano molto da vicino le modalità dei<br />
jazzisti, i quali si sono accostati creativamente al mondo di Tin Pan Alley,<br />
ossia lo hanno sottoposto al filtro della loro esperienza, che nel caso di<br />
artisti afro-americani, è quella della segregazione. Anche la più banale<br />
delle canzoni veniva trasformata, reinventata, accentuando qualche aspetto<br />
e sorvolando su qualche altro. Da Louis Armstrong a Miles Davis, da<br />
Clifford Brown a Dizzy Gillespie, da Lester Young a Ben Webster, da<br />
Coleman Hawkins a Dexter Gordon, hanno contribuito a rendere gli<br />
standards o evergreens più interessanti in quanto musica, più autentici, più<br />
personali, enfatizzando la loro intima vena blues.