STORIA CULTURALE DELLA MUSICA AMERICANA - Paola Carbone

STORIA CULTURALE DELLA MUSICA AMERICANA - Paola Carbone STORIA CULTURALE DELLA MUSICA AMERICANA - Paola Carbone

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27.01.2015 Views

62 thing about Bing was, he made you think you could do it too. He was so relaxed, so casual…He was so good, you never saw the rehearsals, the effort, the hard work.” Da Crosby trarrà molte lezioni e un tratto soprattutto: quello dell’assoluta scioltezza, dell’assenza di qualunque sforzo a tal punto che l’ascoltatore ha la netta sensazione che l’orchestra tutta sia al servizio della sua voce e non viceversa. Il giovane Sinatra sviluppa una personalità intrisa del mito dell’outsider, solitario, dal comportamento rude e arrogante – una forma di protezione dalle asprezze della strada e allo stesso tempo asserzione della propria presenza in quello stesso mondo. Molte saranno le sue strategie per sottolineare o trovare una via d’uscita da questo stato d’animo improntato alla solitudine del singolo nella grande città americana: matrimoni, burrascose storie d’amore, cameratismo maschile anche all’insegna di alcool e gioco d’azzardo. Ma la strada che non abbandonerà mai e che gli fornirà una liberazione, per quanto temporanea, un tentativo di fuga da un opprimente senso di solitudine sarà la musica. Il suo grande capolavoro, il suo marchio di fabbrica è il sound, unico, inimitabile: una combinazione di qualità della voce, dizione, approccio e gusto musicale che ha portato alla formazione di qualcosa che possiamo dire non esistesse in precedenza: la voce della città americana del XX secolo. Fuori dal palcoscenico o dalla sala di registrazione Sinatra poteva esprimersi con il linguaggio e l’accento delle strade di New York ma come cantante la sua dizione è impeccabile. Con la volontà e la determinazione che lo ha sempre contraddistinto, è riuscito ad acquisirla in modo del tutto autonomo, da perfetto autodidatta attraverso l’ascolto di altri cantanti – soprattutto Bing Crosby – e con un’ assidua frequentazione delle sale cinematografiche, ascoltando con grande attenzione l’inglese, fra gli altri, di stelle di prima grandezza come Gary Grant e Clark Gable. La sua predilezione per la musica popolare americana, sostanzialmente quella di Tin Pan Alley, risale alla sua infanzia. In effetti è cresciuto ascoltando e memorizzando parole e musica dei grandi successi dei maggiori compositori del “song” americano: Jerome Kern, Cole Porter, Johnny Mercer, Irving Berlin, Harold Arlen, Harry Warren, per ricordare solo alcuni nomi di appartenenti a quella generazione che ha dato al paese le sue migliori canzoni. Molti di questi compositori erano figli di

63 immigrati e provenivano da una realtà nella sostanza non diversa da quella conosciuta da Sinatra: è particolarmente sintomatico della cultura americana, del suo essere nella sostanza un adattamento, una mescolanza di tendenze e tradizioni diverse, il fatto che a loro si debbano quelle melodie divenute classiche – ossia le cosiddette standards – e che abbiano trovato in Sinatra il loro interprete impareggiabile. Più di ogni altro tipo di musica si è fatta interprete nel mondo di una mentalità e di un modello di vita caratteristicamente americani. La musica di Tin Pan Alley era musica per il teatro di Broadway, per le riviste musicali, per il cinema. Si trattava di musica scritta da newyorchesi per altri newyorchesi e le cui forme ritmiche afro-americane si combinavano con strutture melodiche e armoniche della tradizione musicale europea. Carica di buon gusto, vivacità e decisione non priva di un’ impronta di sfida, durante l’epoca del Proibizionismo ha celebrato un edonismo sofisticato, diventando una sorta di sound track dei locali dove l’alcool e il divertimento non mancavano, i cosiddetti speakeasies. Nel corso della Grande Depressione la musica di Tin Pan Alley assume una tonalità di rimpianto congiunta ad un’ironia amara e ad una “durezza” dettata dai tempi. Sinatra saprà cogliere alcuni aspetti essenziali dello spirito del momento, riuscendo a bilanciare perfettamente gentilezza e mascolinità. Il suo modello di “Tender Tough Guy” sarà quello vincente ed entrerà a far parte della cultura popolare americana, fornendo un paradigma di mascolinità che non esisteva in precedenza. Non si può dire che Sinatra sia stato un cantante jazz ma il suo approccio e il suo sviluppo musicale ricordano molto da vicino le modalità dei jazzisti, i quali si sono accostati creativamente al mondo di Tin Pan Alley, ossia lo hanno sottoposto al filtro della loro esperienza, che nel caso di artisti afro-americani, è quella della segregazione. Anche la più banale delle canzoni veniva trasformata, reinventata, accentuando qualche aspetto e sorvolando su qualche altro. Da Louis Armstrong a Miles Davis, da Clifford Brown a Dizzy Gillespie, da Lester Young a Ben Webster, da Coleman Hawkins a Dexter Gordon, hanno contribuito a rendere gli standards o evergreens più interessanti in quanto musica, più autentici, più personali, enfatizzando la loro intima vena blues.

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thing about Bing was, he made you think you could do it too. He was so<br />

relaxed, so casual…He was so good, you never saw the rehearsals, the<br />

effort, the hard work.” Da Crosby trarrà molte lezioni e un tratto<br />

soprattutto: quello dell’assoluta scioltezza, dell’assenza di qualunque<br />

sforzo a tal punto che l’ascoltatore ha la netta sensazione che l’orchestra<br />

tutta sia al servizio della sua voce e non viceversa.<br />

Il giovane Sinatra sviluppa una personalità intrisa del mito dell’outsider,<br />

solitario, dal comportamento rude e arrogante – una forma di protezione<br />

dalle asprezze della strada e allo stesso tempo asserzione della propria<br />

presenza in quello stesso mondo. Molte saranno le sue strategie per<br />

sottolineare o trovare una via d’uscita da questo stato d’animo improntato<br />

alla solitudine del singolo nella grande città americana: matrimoni,<br />

burrascose storie d’amore, cameratismo maschile anche all’insegna di<br />

alcool e gioco d’azzardo. Ma la strada che non abbandonerà mai e che gli<br />

fornirà una liberazione, per quanto temporanea, un tentativo di fuga da un<br />

opprimente senso di solitudine sarà la musica.<br />

Il suo grande capolavoro, il suo marchio di fabbrica è il sound, unico,<br />

inimitabile: una combinazione di qualità della voce, dizione, approccio e<br />

gusto musicale che ha portato alla formazione di qualcosa che possiamo<br />

dire non esistesse in precedenza: la voce della città americana del XX<br />

secolo. Fuori dal palcoscenico o dalla sala di registrazione Sinatra poteva<br />

esprimersi con il linguaggio e l’accento delle strade di New York ma come<br />

cantante la sua dizione è impeccabile. Con la volontà e la determinazione<br />

che lo ha sempre contraddistinto, è riuscito ad acquisirla in modo del tutto<br />

autonomo, da perfetto autodidatta attraverso l’ascolto di altri cantanti –<br />

soprattutto Bing Crosby – e con un’ assidua frequentazione delle sale<br />

cinematografiche, ascoltando con grande attenzione l’inglese, fra gli altri,<br />

di stelle di prima grandezza come Gary Grant e Clark Gable.<br />

La sua predilezione per la musica popolare americana, sostanzialmente<br />

quella di Tin Pan Alley, risale alla sua infanzia. In effetti è cresciuto<br />

ascoltando e memorizzando parole e musica dei grandi successi dei<br />

maggiori compositori del “song” americano: Jerome Kern, Cole Porter,<br />

Johnny Mercer, Irving Berlin, Harold Arlen, Harry Warren, per ricordare<br />

solo alcuni nomi di appartenenti a quella generazione che ha dato al paese<br />

le sue migliori canzoni. Molti di questi compositori erano figli di

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