STORIA CULTURALE DELLA MUSICA AMERICANA - Paola Carbone
STORIA CULTURALE DELLA MUSICA AMERICANA - Paola Carbone STORIA CULTURALE DELLA MUSICA AMERICANA - Paola Carbone
58 affrancamento e libertà, di rifiuto delle regole convenzionali cui avrebbe dovuto attenersi se fosse rimasto nel conformismo della provincia americana. La fuga da Hoboken, appena al di là del fiume Hudson ma lontano mille miglia dalle invitanti luci di New York, è anche volontà di scrollarsi di dosso quei “little town blues” ben presenti in uno dei suoi maggiori successi della maturità: New York, New York. Si può forse dire che Sinatra abbia dato voce a tutto un mondo convinto che la vita più intensa sia quella notturna; forse di questo parla l’ urgenza e la tensione che rendono uniche le sue interpretazioni, che della notte mantengono i tratti dell’elusività e della misteriosità. La vita e la carriera di Frank Sinatra sono inseparabili dal mito costitutivo dell’America, ossia quello del paese come terra d’asilo dove è possibile realizzare un sogno di riscatto e libertà da strutture sociali e tradizioni statiche e limitanti. La storia più paradigmatica dello “spirito americano” è quella racchiusa nella formula “from rags to riches”, la quale sta ad indicare l’affermazione di un individuo che, per quanto umili e non apprezzate siano le sue origini, riesce a raggiungere il successo in quanto è fortemente automotivato, sicuro di sé (“self-reliant”), autodidatta, mobile e indipendente. Figlio di immigranti italiani, Sinatra è riuscito a raggiungere un successo, una fama e un potere inimmaginabili per gli altri milioni di persone che condividevano le sue stesse umili origini e per i quali quindi divenne presto un riferimento particolarmente importante. Attraverso il suo talento musicale e la sua forte personalità, Sinatra ha fatto parte di un ristretto gruppo che ha contribuito a mutare l’immagine degli italoamericani. Non va comunque dimenticato che la sua condizione di immigrato e il suo duro confronto con l’America dominante hanno inciso in profondità nel suo carattere, nel suo atteggiamento e, soprattutto, sono rilevabili nella sua espressione artistica, sia musicale che cinematografica. Per meglio comprendere il punto di partenza di Sinatra e la sua evoluzione è necessario ricordare qualcosa dell’emigrazione italiana in America nei primi decenni del Novecento. Gran parte degli italiani che lasciarono il loro paese per stabilirsi in America provenivano da
59 poverissime zone rurali del sud, privi di qualsiasi prospettiva e di ogni forma di istruzione: la gran massa – circa il 70 percento – era analfabeta. La loro preferenza andò quindi per la città: gli insulti, lo sfruttamento e l’esplicito razzismo trovati nei centri urbani del Nuovo Mondo erano pur sempre preferibili alla miseria e alla fame endemiche della campagna italiana. Ma alle consuete difficoltà e asprezze conosciute da tutti gli immigranti, per gli italo-americani si sovrappose un ulteriore elemento, forse il più distruttivo e, in definitiva, ineliminabile: l’ossessione anglo-americana con il colore della pelle e la presunta inferiorità della pelle scura. Sbaglieremmo profondamente se pensassimo solo nei termini di bianco e di nero. Nel mezzo esiste tutta una vasta gamma di sfumature decisive per l’accettazione o il rifiuto: brown, beige, olive, ecc. Oltre alla povertà, quindi, alle differenze linguistiche e religiose (lingua neolatina e cattolicesimo sono, per definizione non-americane, estranee alla sua storia), il colore della pelle di un’origine mediterranea è, nella migliore delle ipotesi, sospetta. Il confronto con un linguaggio insultante, che intende sottolineare e ribadire un’inferiorità etnica è una costante della vita di Frank Sinatra, anche nel momento del suo massimo successo e quindi in apparenza protetto dalle crudeltà di tutte le Little Italies sparse nelle città americane: “Every once in a while I’d be at a party somewhere, in Hollywood or New York or wherever, and it would be very civilized, you know, black tie, the best crystal, all of that. And I’d see a guy staring at me from the corner of the room, and I knew what word was in his head. The word was guinea.” (Assieme a dago e wop, guinea e un termine denigratorio per riferirsi agli italo-americani). Celebre è anche la sua risposta al direttore d’Orchestra Harry James, con il quale Sinatra inizia la sua carriera professionale, il quale gli suggeriva di cambiare il cognome, esplicitamente etnico, per rendere più facili i rapporti con il mondo dello spettacolo e con il pubblico: “If you want the voice, keep the name.” Possiamo dire che aveva visto bene, a tal punto da diventare poi famoso come “The Voice”, appellativo con il quale ci si riferisce a lui ancor oggi. Molti, troppi episodi di brutale discriminazione – il più eclatante e violento rimane il linciaggio di 11 italiani a New Orleans nel 1891 –
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La vita e la carriera di Frank Sinatra sono inseparabili dal mito<br />
costitutivo dell’America, ossia quello del paese come terra d’asilo dove è<br />
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Figlio di immigranti italiani, Sinatra è riuscito a raggiungere un<br />
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