STORIA CULTURALE DELLA MUSICA AMERICANA - Paola Carbone

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27.01.2015 Views

32 girovaghi, spesso truccati da neri, che cantano, ballano e recitano – erroneamente accettato come ritratto fedele del nero americano, della sua condizione e della sua musica. Il banjo era usato per eseguire elaborazioni melodiche dei motivi cantati dagli esecutori, sostenendoli con degli ostinati, ossia con disegni melodici e ritmici reiterati. Le canzoni della prima generazione di minstrel show hanno melodie pentatoniche e testi composti da una serie di strofe sconnesse con giochi di parole, commenti su avvenimenti e persone noti al pubblico e commenti sprezzanti sui neri, ridotti a caricature di cui vengono ridicolizzati modo di parlare e abitudini. Numerose sono le somiglianze tra le prime canzoni minstrel e una parte della tradizione orale degli Appalachi e forse è credibile l’ipotesi che il banjo e lo stile musicale ad esso collegato siano passati tramite il minstrel show ai musicisti di questa regione remota. In ogni caso è piuttosto chiaro che uno dei linguaggi musicali più caratteristici di un’America periferica rispetto al New England nacque dall’incontro della musica tradizionale di due gruppi separati tra loro da profonde ingiustizie e sopraffazioni: gli angloamericani e gli afroamericani. Dopo un periodo di lungo isolamento che si protrarrà dalla Guerra Civile fino al terzo e al quarto decennio del Novecento, quest’area remota del Sud diventerà la matrice di molti generi musicali tra i più singolari e vitali mai emersi dalle diversificate correnti della vita musicale americana. La canzone popolare La prima musica che assunse un carattere tipicamente americano fu la canzone popolare. Con questo termine si intende una vasta gamma di canzoni, per lo più indirizzate ad un pubblico medio e non d’élite, da non confondersi né con la canzone “folcloristica” né con quella “d’arte” e nemmeno con la “canzonetta leggera” e di “consumo”. La storia della canzone popolare nel Nuovo Mondo assomiglia a quella di quasi tutti gli altri generi di musica portati in America: importazione

33 della musica europea, composizione di brani di stile simile e quindi evoluzione di uno stile autoctono basato su elementi di diversi stili nazionali ed etnici. Fu la canzone minstrel che emerse come primo genere decisamente americano. Il minstrel show fu creato da americani bianchi, soprattutto al Nord e nel Midwest, per il divertimento di altri americani bianchi. Pur essendo negri i personaggi ritratti nello spettacolo, le canzoni che cantavano e che accompagnavano le loro danze avevano poco o nulla a che fare con la musica dei neri dell’epoca. Il comico blackface più famoso dei primi tempi fu Thomas Dartmouth (“Daddy”) Rice (1808-1860) di New York che portò il suo spettacolo Jim Crow in Europa, riscuotendo un notevole successo. Sia il pubblico che la critica considerarono la musica dello spettacolo come tipicamente americana così possiamo dire che il primo americano che portò in Europa un genere di musica accettata nel Vecchio Mondo come fondamentalmente diversa, non era un compositore di sinfonie, di melodrammi o di canti corali ma un autore di canzoni, un attore specializzato nella raffigurazione comica dei neri e della loro musica. Dal punto di vista musicale, Jim Crow consisteva in una melodia semplice, diatonica e strofica, simile ad un collage di diversi motivi angloamericani di tradizione orale, con accompagnamento pianistico elementare basato su accordi molto semplici. Stephen Foster e la canzone americana Stephen Foster (1826-1864) decise, riuscendo meglio di chiunque altro prima di lui, di scrivere musica il cui vocabolario fosse accessibile a tutti: le sue composizioni furono così popolari da permettergli di guadagnare a sufficienza da vivere esclusivamente scrivendo canzoni. Foster conosceva ed emulava i vari stili di canzone in uso all’epoca: soprattutto quelli della canzone inglese, scozzese e irlandese. Conosceva inoltre anche la musica di compositori italiani come Rossini, Bellini e Donizetti, con le sue linee

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della musica europea, composizione di brani di stile simile e quindi<br />

evoluzione di uno stile autoctono basato su elementi di diversi stili<br />

nazionali ed etnici.<br />

Fu la canzone minstrel che emerse come primo genere decisamente<br />

americano. Il minstrel show fu creato da americani bianchi, soprattutto al<br />

Nord e nel Midwest, per il divertimento di altri americani bianchi. Pur<br />

essendo negri i personaggi ritratti nello spettacolo, le canzoni che<br />

cantavano e che accompagnavano le loro danze avevano poco o nulla a che<br />

fare con la musica dei neri dell’epoca.<br />

Il comico blackface più famoso dei primi tempi fu Thomas Dartmouth<br />

(“Daddy”) Rice (1808-1860) di New York che portò il suo spettacolo Jim<br />

Crow in Europa, riscuotendo un notevole successo. Sia il pubblico che la<br />

critica considerarono la musica dello spettacolo come tipicamente<br />

americana così possiamo dire che il primo americano che portò in Europa<br />

un genere di musica accettata nel Vecchio Mondo come fondamentalmente<br />

diversa, non era un compositore di sinfonie, di melodrammi o di canti<br />

corali ma un autore di canzoni, un attore specializzato nella raffigurazione<br />

comica dei neri e della loro musica. Dal punto di vista musicale, Jim Crow<br />

consisteva in una melodia semplice, diatonica e strofica, simile ad un<br />

collage di diversi motivi angloamericani di tradizione orale, con<br />

accompagnamento pianistico elementare basato su accordi molto semplici.<br />

Stephen Foster e la canzone americana<br />

Stephen Foster (1826-1864) decise, riuscendo meglio di chiunque altro<br />

prima di lui, di scrivere musica il cui vocabolario fosse accessibile a tutti:<br />

le sue composizioni furono così popolari da permettergli di guadagnare a<br />

sufficienza da vivere esclusivamente scrivendo canzoni. Foster conosceva<br />

ed emulava i vari stili di canzone in uso all’epoca: soprattutto quelli della<br />

canzone inglese, scozzese e irlandese. Conosceva inoltre anche la musica<br />

di compositori italiani come Rossini, Bellini e Donizetti, con le sue linee

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