STORIA CULTURALE DELLA MUSICA AMERICANA - Paola Carbone

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28 in questa stessa regione, ovvero una tradizione musicale sostanzialmente conservatrice cui si sono sovrapposti elementi di tempi più moderni. Capitolo III: Musica americana tra tradizione & innovazione La tradizione orale Dei diversi tipi di musiche vocali portati nel Nuovo Mondo, il più antico e caratteristico è senz’altro la canzone narrativa o ballata. Fin dall’inizio della colonizzazione dell’America, molti emigranti delle Isole Britanniche provenivano dalle classe operaia, agricola o dalla servitù. Vi fu un flusso costante fin dai primi del Seicento e fino alla metà dell’Ottocento ed anche oltre. Provenivano dall’Inghilterra, dall’Irlanda e dalla Scozia e il loro livello culturale era ben diverso da quello dei Puritani cui abbiamo fatto riferimento in precedenza e dalla classe colta che getterà le basi della vita concertistica ed operistica nel Nuovo Mondo. Sostanzialmente andarono in America come fuggiaschi dalla fame e dalla povertà o come criminali deportati o come profughi da conflitti politici e religiosi che minacciavano la loro stessa esistenza. La musica che portarono in America non faceva affidamento su testi scritti poiché la gran parte era pressoché illetterata. Alcune di queste ballate trattavano eventi storici ben precisi, altre si riferivano a personaggi ed avvenimenti a metà tra storia e leggenda: decine di ballate si riferiscono ad esempio ad episodi della vita di Robin Hood mentre altre a personaggi la cui identità si è perduta nella notte dei tempi. Le storie narrate sono spesso spaventose o macabre; altre introducono elementi del sovrannaturale; altre ancora sono satiriche o umoristiche e ovviamente non mancano storie romantiche di amanti che, superati ostacoli e vicissitudini di ogni genere, trovano infine la felicità. Tutto questo notevole corpus di ballate rivestiva una funzione complessa. Senz’altro servivano per intrattenere un ceto sociale che aveva un accesso molto limitato ad altre forme di divertimento pubblico.

29 Svolgevano, comunque, anche un ruolo più profondo: erano una sorta di guida a un comportamento riconosciuto e auspicato dalla comunità. Spesso il messaggio era reso in modo esplicito da una strofa finale che esponeva in termini chiari e semplici la morale che dove essere tratta dalla ballata stessa. Queste ballate erano tradizionalmente cantate da una voce solista senza accompagnamento e venivano eseguite in casa, in compagnia di familiari e amici, oppure in luoghi di svago pubblico. Alcune ballate erano generalmente note con una sola melodia, ma la maggior parte pare che fossero cantate con diverse melodie; non era raro, inoltre, trovare un’unica melodia adattata a diversi testi. Tra le più note si ricordano Lady Isabel and the Elf Knight, Young Hunting, The Bonny Hind, Lord Lovel, Bonny Barbara Allan. Come per tutta la musica portata nel Nuovo Mondo dagli immigrati, queste ballate arrivarono nella nuova terra nella stessa forma in cui erano note nel Vecchio Mondo. In un primo tempo non avevano nulla che in qualche modo potesse definirsi come americano. Ma quando alcuni esponenti delle classi colte, come Francis J. Child e Cecil J. Sharp, verso la fine dell’Ottocento iniziarono a raccogliere e a pubblicarle, notarono come i testi e le musi che avessero subito alterazioni nel corso della trasmissione orale in un arco temporale di un secolo ed oltre. La prima alterazione è ovviamente di carattere linguistico. Sebbene la lingua nazionale fosse l’inglese e la maggior parte degli americani, almeno fin verso la fine del XIX secolo fossero di origine britannica, si erano sviluppate tante peculiarità di pronuncia, di vocabolario, di sintassi e di uso delle parole, da doverlo ormai definire American English: a seconda dei casi, divertente, infuriante e a volte quasi incomprensibile per i visitatori inglesi che, in più di un’occasione, potevano essere soggetti a spiacevoli equivoci. Quanto è stato detto per la lingua trova riscontro anche sul piano musicale: infatti le ballate di origine britannica trapiantate in America assunsero forme altrettanto distinte. La maggior parte delle melodie inglesi si basavano su scale diatoniche di sette note, di carattere spesso modale, con contorni melodici che si sviluppavano gradualmente, salendo verso un

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Svolgevano, comunque, anche un ruolo più profondo: erano una sorta di<br />

guida a un comportamento riconosciuto e auspicato dalla comunità. Spesso<br />

il messaggio era reso in modo esplicito da una strofa finale che esponeva<br />

in termini chiari e semplici la morale che dove essere tratta dalla ballata<br />

stessa.<br />

Queste ballate erano tradizionalmente cantate da una voce solista senza<br />

accompagnamento e venivano eseguite in casa, in compagnia di familiari e<br />

amici, oppure in luoghi di svago pubblico. Alcune ballate erano<br />

generalmente note con una sola melodia, ma la maggior parte pare che<br />

fossero cantate con diverse melodie; non era raro, inoltre, trovare un’unica<br />

melodia adattata a diversi testi. Tra le più note si ricordano Lady Isabel<br />

and the Elf Knight, Young Hunting, The Bonny Hind, Lord Lovel, Bonny<br />

Barbara Allan.<br />

Come per tutta la musica portata nel Nuovo Mondo dagli immigrati,<br />

queste ballate arrivarono nella nuova terra nella stessa forma in cui erano<br />

note nel Vecchio Mondo. In un primo tempo non avevano nulla che in<br />

qualche modo potesse definirsi come americano. Ma quando alcuni<br />

esponenti delle classi colte, come Francis J. Child e Cecil J. Sharp, verso la<br />

fine dell’Ottocento iniziarono a raccogliere e a pubblicarle, notarono come<br />

i testi e le musi che avessero subito alterazioni nel corso della trasmissione<br />

orale in un arco temporale di un secolo ed oltre.<br />

La prima alterazione è ovviamente di carattere linguistico. Sebbene la<br />

lingua nazionale fosse l’inglese e la maggior parte degli americani, almeno<br />

fin verso la fine del XIX secolo fossero di origine britannica, si erano<br />

sviluppate tante peculiarità di pronuncia, di vocabolario, di sintassi e di<br />

uso delle parole, da doverlo ormai definire American English: a seconda<br />

dei casi, divertente, infuriante e a volte quasi incomprensibile per i<br />

visitatori inglesi che, in più di un’occasione, potevano essere soggetti a<br />

spiacevoli equivoci.<br />

Quanto è stato detto per la lingua trova riscontro anche sul piano<br />

musicale: infatti le ballate di origine britannica trapiantate in America<br />

assunsero forme altrettanto distinte. La maggior parte delle melodie inglesi<br />

si basavano su scale diatoniche di sette note, di carattere spesso modale,<br />

con contorni melodici che si sviluppavano gradualmente, salendo verso un

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