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STORIA CULTURALE DELLA MUSICA AMERICANA - Paola Carbone

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Ellington suonò dal 1927 al 1932 al Cotton Club di Harlem e per quanto<br />

continuasse ad essere il pianista, suonando qualche assolo, il suo ruolo<br />

assumeva sempre più il carattere di compositore e arrangiatore, giungendo<br />

alla convinzione che il suo vero strumento fosse l’orchestra. Il Cotton Club<br />

era frequentato da bianchi, soprattutto newyorchesi, affascinati dalla<br />

cultura nera di Harlem, al tempo molto viva e in grande espansione<br />

(“Rinascimento di Harlem”). Gli orchestrali si vestivano in smoking e il<br />

club era lussuosamente arredato e decorato con dipinti murali suggestivi di<br />

immagini afro-americane. Vi si presentavano spettacoli elaborati, con<br />

alcuni dei migliori ballerini, cantanti e attori neri del tempo. Buona parte<br />

della musica suonata da Ellington fu elaborata appositamente per questo<br />

ambiente.<br />

Ellington trovò comunque anche il tempo per la composizione slegata<br />

dagli impegni al club, producendo fra l’altro Creole Rapsody (1931), un<br />

pezzo di sei minuti che occupa le due facciate di un disco, Reminiscing in<br />

Tempo (1934), su quattro facciate e un lavoro ancor più ambizioso iniziato<br />

nello stesso anno ma completato molto più tardi e destinato a diventare una<br />

complessa suite dal titolo Black, Brown and Beige, una storia in musica del<br />

popolo nero americano della durata, insolita per la musica jazz, di circa un<br />

ora.<br />

L’orchestra di Ellington rispecchiava certi aspetti dell’epoca delle big<br />

bands ma anche al culmine dell’era dello swing , Ellington continuava a<br />

produrre musica sempre più complessa nei meccanismi compositivi, a<br />

cercare accenti più originali, a sperimentare accordi insoliti, ad inventare<br />

“dialoghi” tra i diversi strumenti, ora contrapponendo, ora sovrapponendo<br />

gli uni agli altri e all’orchestra intera creando anche pezzi lirici<br />

d’atmosfera come il famoso Mood Indigo.<br />

Con Ellington il jazz entra definitivamente nell’era della maturità, da<br />

musica essenzialmente improvvisata si trasforma in un linguaggio<br />

musicale ricco e strutturato, nel quale la composizione si intreccia con<br />

l’improvvisazione creando un insieme di forza straordinaria e di notevole<br />

varietà tonale, scandito dall’insinuante quattro quarti tipico dello swing.<br />

Con la sua orchestra – il vero strumento di Duke Ellington – il jazz esce<br />

dai confini della race music in cui lo show business lo aveva segregato e

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