STORIA CULTURALE DELLA MUSICA AMERICANA - Paola Carbone
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analoghi gruppi bianchi verrebbe a mancare il carattere aspro, ruvido del<br />
blues, la tensione dell’eterofonia, la passione ed anche la sottesa ironia.<br />
Paragonando, ad esempio, Bix Beiderbecke, il migliore cornettista bianco<br />
degli anni ’20, con Louis Armstrong si può dire che venga a mancare il<br />
duro realismo e l’ironia pungente di quest’ultimo.<br />
Il dibattito sulla capacità o meno dei bianchi di suonare del buon jazz è<br />
durato per tutta la sua storia, spesso esacerbato dalle diverse congiunture<br />
politiche e intellettuali. I primi scritti critici sul jazz uscirono in un<br />
momento storico in cui perfino i bianchi liberal e più ben disposti non<br />
riuscivano a superare la convinzione della presunta “inferiorità”<br />
intellettuale e culturale dei neri. D’altra parte negli anni ’60 e ’70, il clima<br />
della presa di coscienza e della militanza nera (“black is beautiful”) ha<br />
creato per la maggioranza dei neri e anche per molti bianchi “consapevoli”<br />
l’impossibilità di sentire nel jazz suonato da musicisti bianchi nient’altro<br />
che sterile imitazione e sfruttamento.<br />
Questioni di tale portata non sono risolvibili in queste sede e d’altra parte<br />
oggi, in un’epoca di globalizzazione e d’identità nomadi, soggette a<br />
contaminazioni le più diverse tra loro, forse la questione ha perso<br />
d’importanza. Resta comunque il fatto che il jazz, e la musica<br />
afroamericana in genere, sia entrato a tal punto a far parte del nostro<br />
orizzonte musicale da essere considerato espressione musicale “nostra”,<br />
che ci appartiene. Soprattutto, prima ancora di considerare la musica di<br />
Armstrong, di Morton o di Beiderbecke come musica jazz, suonata da<br />
bianchi o da neri, la consideriamo, giustamente, musica americana.<br />
Lo stile jazzistico esaminato fino ad ora potrebbe essere considerato<br />
come una sorta di musica da camera, ossia suonata da una piccola<br />
formazione, con una linea diversa affidata a ciascun musicista. Negli anni<br />
’20 emerse uno stile un po’ diverso, suonato da orchestre più grandi e<br />
caratterizzato dall’esecuzione d’assieme piuttosto che dal solismo. La<br />
sonorità che emerge è piena e robusta, i ritmi sono flessibili e ondeggianti<br />
senza mai essere sgargianti quanto quelli dello stile di New Orleans<br />
(Dixieland). Nel corso della sua evoluzione, fu coniata la parola “swing”,<br />
usata sia come sostantivo che come verbo, per descrivere questo nuovo<br />
stile di musica jazz.