STORIA CULTURALE DELLA MUSICA AMERICANA - Paola Carbone

STORIA CULTURALE DELLA MUSICA AMERICANA - Paola Carbone STORIA CULTURALE DELLA MUSICA AMERICANA - Paola Carbone

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106 testimonianza registrata o scritta. La tradizione orale identifica Charles “Buddy” Golden (1868-1938), cornettista, come il primo musicista jazz e Joseph “King” Oliver (1885-1938) quale suo successore. Altri musicisti che contribuirono a formare la tradizione prima del 1920 furono Sideney Bechet (clarinetto) e naturalmente Louis Armstrong (1900-1971), considerato il massimo jazzista proveniente dallo stile di New Orleans. Il nuovo stile di musica, che si sentiva nei bar, nei locali da ballo e nei numerosi bordelli di Storyville per piacevolmente intrattenere i clienti, fu adottato per tutti i tipi di musica suonata da questi musicisti: musica da ballo sincopata, blues, marce, ragtime, inne e pezzi eseguiti dalle bande da processione. Innanzi tutto si trattava di una musica non scritta, ma già prima del 1910 si era affermato un complesso tipico: cornetta, clarinetto, trombone e una sezione ritmica composta da una qualche combinazione di banjo, pianoforte, chitarra, batteria e contrabbasso. Ogni strumento aveva un ruolo ben definito e i musicisti, all’interno del pezzo affidato al loro strumento, improvvisavano la propria parte. Per quanto gli assoli possano diventare elaborati, la struttura è contrappuntistica, ossia sebbene possa sembrare che gli strumenti, soprattutto quelli cui è affidata la melodia, vadano per conto loro, tutti sono in effetti collegati dalla struttura armonica del pezzo. La metà degli anni ’20 vide l’apice di questo stile New Orleans, con Louis Armstrong e i suoi “Hot Five” che incisero i primi dischi a Chicago nel novembre del 1925. Armstrong fu preso a modello per tecnica, espressività, bravura e fantasia, dai solisti di jazz per oltre un decennio. In effetti incomparabile è la qualità del suo suono, il senso dello swing, la straordinaria varietà degli attacchi e delle conclusioni del suo fraseggio e l’altrettanto straordinaria varietà dei vibrati con i quali Armstrong colora ed abbellisce le note. Verso la fine degli anni n’20 Armstrong registra pezzi memorabili come West End Blues e Basin Street Blues e molti altri che fanno di lui la prima grande figura classica del jazz, sia per musicalità e personalità. Armstrong fu il più grande solista dei primi decenni del jazz, oltre ad essere il personaggio di maggiore effetto e fascino sul palcoscenico. La sua accettazione da parte del pubblico bianco è un fattore da non sottovalutare quando si studia l’impatto del jazz sugli interessi musicali commerciali

107 negli Stati Uniti. Ma per certi versi le sue stesse doti e la sua carriera come “personaggio” si pongono in opposizione a ciò che era stato il jazz fin dai suoi esordi e ciò che avrebbe continuato ad essere in quasi tutti i momenti più gloriosi della sua storia successiva: una musica di gruppo. Un esempio tipico di questo carattere corale, d’assieme, del jazz è dato dalla leggendaria figura di Ferdinand Joseph Morton, più noto come Jelly Roll Morton (1885-1941). Personaggio particolarmente affascinante, trascorre l’infanzia a New Orleans entrando in contatto con una gran varietà di musica di tutti i tipi, sia classica che popolare. Divenne un pianista e compositore itinerante di ragtime e di blues ma nel 1907 lasciò New Orleans per una carriera in cui è difficile distinguere tra fatti e fantasia. Pretendendo e ribadendo di aver “inventato” il jazz nei primi anni del secolo, nei sui dischi registrati a Chicago a partire dal 1926 è evidente lo stile improvvisativo di gruppo tipico del jazz di New Orleans, passato al vaglio delle sue doti e della sua personalità musicale. Morton faceva da compositore/arrangiatore, creando complessi disegni solistici e d’assieme. Per quanto potesse essere geniale un qualunque suo collaboratore (compreso lui stesso), il gruppo non era mai dominato da nessuna singola personalità musicale. Numerosi musicisti dei primi anni del jazz hanno testimoniato l’esistenza di uno scambio frequente e fertile tra interpreti bianchi e neri. Ad esempio l’ “Original Dixieland Jazz Band” – sotto la direzione del clarinettista Nick La Rocca – si era già formata a New Orleans nel 1908 e portò il jazz a New York e successivamente in Europa. Inoltre prima della diffusione delle prime incisioni di jazzisti neri, numerose bands di bianchi avevano inciso dischi e fatto tournée per il paese. Certo questa situazione non fa che provare ulteriormente che gli Stati Uniti erano – e sono – una società dominata a tutti i livelli da bianchi e che quindi era molto più facile per un complesso bianco ottenere contratti di ogni genere. Ciò nonostante, fin dall’inizio della sua storia, è esistito un jazz suonato da bianchi ed anche questo filone va esaminato, se non altro per cogliere ciò che è comune e ciò che invece non lo è. Se c’è una differenza, tra bianchi e neri, nel modo di suonare questa musica, bisogna cercarla ad un livello diverso da quello stilistico generale. Per molti storici del jazz si tratta di una questione culturale ed etnica. Negli

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testimonianza registrata o scritta. La tradizione orale identifica Charles<br />

“Buddy” Golden (1868-1938), cornettista, come il primo musicista jazz e<br />

Joseph “King” Oliver (1885-1938) quale suo successore. Altri musicisti<br />

che contribuirono a formare la tradizione prima del 1920 furono Sideney<br />

Bechet (clarinetto) e naturalmente Louis Armstrong (1900-1971),<br />

considerato il massimo jazzista proveniente dallo stile di New Orleans.<br />

Il nuovo stile di musica, che si sentiva nei bar, nei locali da ballo e nei<br />

numerosi bordelli di Storyville per piacevolmente intrattenere i clienti, fu<br />

adottato per tutti i tipi di musica suonata da questi musicisti: musica da<br />

ballo sincopata, blues, marce, ragtime, inne e pezzi eseguiti dalle bande da<br />

processione. Innanzi tutto si trattava di una musica non scritta, ma già<br />

prima del 1910 si era affermato un complesso tipico: cornetta, clarinetto,<br />

trombone e una sezione ritmica composta da una qualche combinazione di<br />

banjo, pianoforte, chitarra, batteria e contrabbasso. Ogni strumento aveva<br />

un ruolo ben definito e i musicisti, all’interno del pezzo affidato al loro<br />

strumento, improvvisavano la propria parte. Per quanto gli assoli possano<br />

diventare elaborati, la struttura è contrappuntistica, ossia sebbene possa<br />

sembrare che gli strumenti, soprattutto quelli cui è affidata la melodia,<br />

vadano per conto loro, tutti sono in effetti collegati dalla struttura armonica<br />

del pezzo.<br />

La metà degli anni ’20 vide l’apice di questo stile New Orleans, con<br />

Louis Armstrong e i suoi “Hot Five” che incisero i primi dischi a Chicago<br />

nel novembre del 1925. Armstrong fu preso a modello per tecnica,<br />

espressività, bravura e fantasia, dai solisti di jazz per oltre un decennio. In<br />

effetti incomparabile è la qualità del suo suono, il senso dello swing, la<br />

straordinaria varietà degli attacchi e delle conclusioni del suo fraseggio e<br />

l’altrettanto straordinaria varietà dei vibrati con i quali Armstrong colora<br />

ed abbellisce le note.<br />

Verso la fine degli anni n’20 Armstrong registra pezzi memorabili come<br />

West End Blues e Basin Street Blues e molti altri che fanno di lui la prima<br />

grande figura classica del jazz, sia per musicalità e personalità. Armstrong<br />

fu il più grande solista dei primi decenni del jazz, oltre ad essere il<br />

personaggio di maggiore effetto e fascino sul palcoscenico. La sua<br />

accettazione da parte del pubblico bianco è un fattore da non sottovalutare<br />

quando si studia l’impatto del jazz sugli interessi musicali commerciali

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