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Le Fonti Francescane LEGGENDA PERUGINA - Assisi OFM

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scese nella cripta insieme con Pietro di Cattanio, che fu il primo ministro generale eletto da<br />

lui, e con alcuni altri frati; e comandò a frate Pietro che obbedisse senza contraddire a quanto<br />

voleva fosse fatto, o detto di sé. Gli rispose frate Pietro: «Fratello io non posso né debbo<br />

volere, in quanto concerne me e te, se non quello che ti piace ».<br />

Allora Francesco si tolse la tonaca e ordinò a frate Pietro di trascinarlo così nudo<br />

davanti al popolo, con la corda che aveva al collo. Ad un altro frate comandò di prendere una<br />

scodella piena di cenere, di salire sul podio dal quale aveva predicato, e di là gettarla e<br />

spargerla sulla sua testa. Questo frate però, affranto dalla compassione e dalla pietà, non gli<br />

obbedì. Pietro trascinava il Santo conforme al comando ricevuto, ma piangendo ad alta voce<br />

assieme agli altri frati.<br />

Quando fu arrivato così nudo davanti al popolo nella piazza dove ebbe predicato,<br />

disse: « Voi credete che io sia un sant'uomo, così come credono altri i quali, dietro il mio<br />

esempio, lasciano il mondo ed entrano nell'Ordine. Ebbene, confesso a Dio e a voi che<br />

durante questa mia infermità, mi sono cibato di carne e di brodo di carne ».<br />

Quasi tutti scoppiarono a piangere per pietà e compassione verso di lui, soprattutto<br />

perché faceva gran freddo ed era d'inverno, e Francesco non era ancora guarito dalla<br />

quartana. E battendosi il petto si accusavano, dicendo: « Questo santo, esponendo il suo<br />

corpo al vilipendio, si accusa di essersi curato in una necessità così giusta ed evidente: e noi<br />

sappiamo bene la vita ch'egli conduce, poiché, per le eccessive astinenze e austerità cui si<br />

abbandona dal giorno della conversione, lo vediamo vivere in un corpo quasi morto. Che<br />

faremo noi infelici, che lungo tutta la nostra esistenza siamo vissuti e vogliamo vivere<br />

assecondando le voglie e i desideri della carne ».<br />

CONTRO L' IPOCRISIA<br />

1588 40. Qualcosa di simile avvenne in altro tempo, allorché fece la quaresima di san<br />

Martino in un romitaggio. Siccome l'olio riusciva nocivo a Francesco nelle sue malattie, i<br />

fratelli condivano con lardo i cibi che gli preparavano. Finita la quaresima, esordì con queste<br />

parole una predica alla folla riunita non lontana da quell'eremo: « Voi siete venuti da me con<br />

gran devozione e mi credete un santo uomo. Ma io confesso a Dio e a voi che, durante questa<br />

quaresima, ho mangiato cibi conditi con lardo ».<br />

Succedeva di frequente che, se i frati o amici dei frati, mentre Francesco mangiava con<br />

loro, gli offrissero qualche portata speciale per riguardo al suo stato di salute, egli si<br />

affrettava a dichiarare, in casa o nell'uscire, davanti ai frati e alla gente che non conosceva<br />

quel particolare: « Ho mangiato questi cibi ». Non voleva restasse nascosto agli uomini, ciò<br />

che era noto agli occhi di Dio.<br />

In qualunque luogo si trovasse, in compagnia di religiosi o secolari, se gli avveniva di<br />

avere lo spirito turbato da vanagloria, superbia o altro vizio, all'istante se ne confessava<br />

dinanzi a loro, crudamente, senza cercare attenuanti. A questo proposito, un giorno confidò<br />

ai suoi compagni: « Io voglio vivere nell'intimità con Dio negli eremi e negli altri luoghi dove<br />

soggiorno, come se fossi sotto lo sguardo degli uomini. Se la gente mi ritiene un santo e non<br />

conducessi la vita che a un santo si addice, sarei un ipocrita ».<br />

Una volta, d'inverno, per la sua malattia di milza e per il freddo che pativa allo<br />

stomaco, uno dei compagni, che era il suo "guardiano", acquistò una pelle di volpe e gli

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