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Giuseppe Cavalli

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ta; sono le sue immagini che più si avvicinano alle contemporanee tematiche artistiche astratte o metafisiche. Ma lo stesso<br />

ordine della forma e la stessa bellezza della composizione quasi astratta, fra metafisico e simbolico, si ritrova anche<br />

nelle vedute con paesaggi o nelle marine. Sono immagini di città, ma soprattutto di natura e di campagna, che vanno<br />

dalla sua terra natale in Puglia, alle Marche dove, a Senigalia, <strong>Cavalli</strong> si trasferisce definitivamente nel 1939, dopo essere<br />

stato lungamente a Roma con la famiglia ed aver frequentato il clima culturale milanese che ha visto la nascita del<br />

gruppo fotografico la Bussola. Il tranquillo paesaggio marchigiano ed il mare di Senigallia dalle lunghe coste rettilinee,<br />

diventano quindi il supporto privilegiato per le sue creazioni e qui a Senigallia prende vita, dall’incontro di <strong>Giuseppe</strong><br />

<strong>Cavalli</strong> con Mario Giacomelli, l’associazione fotografica Misa: fucina di giovani talenti nel panorama fotografico italiano<br />

degli anni ’50.<br />

Ma la ripresa di tali vedute è comunque un pretesto, anzi , è il supporto figurativo attraverso il quale si attua, come<br />

nelle nature morte, la poetica fotografica di <strong>Giuseppe</strong> <strong>Cavalli</strong>. Nell’arte il soggetto non ha alcuna importanza, l’importante<br />

è arrivare, anche attraverso immagini umili e quotidiane, all’essenza ed all’anima delle cose.<br />

Gli oggetti, la natura, le architetture e finanche le persone da lui ritratte risultano come d’incanto estrapolati dalla<br />

realtà comune e dal dato oggettivo derivante dall’essere presenti in un luogo specifico al momento dello scatto del fotografo,<br />

per approdare nel mondo della fantasia o, meglio, dell’arte. In questo viaggio noi spettatori siamo accompagnati<br />

dallo stesso <strong>Cavalli</strong> che ci fornisce già nei titoli apposti alle fotografie l’indicazione del percorso da seguire. Ombre sul<br />

volto, Giochi di primavera, Mistero del fiume, Geometria, sono parole che vanno ben oltre il loro significato letterale e<br />

la raffigurazione a cui fanno riferimento: il ritratto di un viso di ragazzo, un gruppo di piccole persone su una vasta<br />

spiaggia, un tratto del corso di un fiume, o una lunga ringhiera, per divenire, nella loro semplicità e purezza, linguaggio<br />

universale.<br />

Molto si è parlato delle affinità fra le fotografie create da <strong>Cavalli</strong> ed il mondo della pittura, a lui noto anche attraverso<br />

l’esperienza dei fratelli Emanuele e Pasquale, ed egli effettivamente spazia nel volgere di circa trent’anni di attività attraverso<br />

le suggestioni di molte correnti pittoriche del Novecento, dalla Metafisica, al Surrealismo, all’Astrattismo, senza<br />

che la sua opera possa essere schematicamente imbrigliata in alcuna, mentre unica costante è rappresentata dalla luminosità<br />

alta e chiara con toni quasi tendenti al bianco.<br />

In realtà, a differenza di un pittore che crea i soggetti dei suoi quadri, <strong>Cavalli</strong> ci parla attraverso i soggetti che ha di<br />

fronte o che va a cercare appositamente. Così egli ha, come i grandi fotografi, la capacità di “cogliere l’attimo” se un’immagine<br />

o un’inquadratura gli sembrano abbastanza significative, o di aspettare a lungo, con la pazienza di un cacciatore,<br />

o meglio di un pescatore, dato il suo amore per il mare, che la luce raggiunga l’intensità voluta, che una vela in mezzo<br />

al mare giunga al punto da lui desiderato, che un colpo di vento pieghi un ramo d’albero in un dato modo, così che le cose,<br />

gli uomini e la natura si combinino a creare la composizione desiderata.

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