Quando Palermo era Beirut
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[ESCLUSIVO]<br />
DI PIETRO SCAGLIONE - FOTO MIKE PALAZZOTTO<br />
un massacro. “<strong>Palermo</strong><br />
come <strong>Beirut</strong>”, titolarono<br />
i giornali, paragonando<br />
l’attentato di via Pipitone<br />
Federico alla guerra<br />
in Libano. Per la strage<br />
furono condannati i<br />
boss della cosiddetta cupola<br />
di Cosa Nostra.<br />
A un quarto di secolo<br />
da quell’orrendo eccidio, Giovanni Chinnici,<br />
45 anni, avvocato civilista, ricorda con<br />
commozione suo padre in questa intervista<br />
esclusiva per Club3.<br />
Perché hanno ucciso suo padre<br />
«I mafiosi e i loro complici temevano la sua<br />
attività e la sua nomina come capo dell’ufficio<br />
istruzione di <strong>Palermo</strong>. In quell’epoca, infatti,<br />
mio padre creò un gruppo di magistrati efficienti<br />
e motivati e inaugurò un sistema di condivisione<br />
delle indagini. Un metodo di lavoro<br />
che mise in difficoltà le organizzazioni mafiose<br />
proprio perché, attraverso l’eliminazione<br />
di un singolo magistrato, non avrebbero più<br />
potuto eliminare il patrimonio di indagini e di<br />
conoscenze, ormai condivise<br />
con gli altri colleghi.<br />
Si trattava di una felice intuizione,<br />
che consentiva<br />
di scardinare il sistema<br />
tradizionale. L’innovativo<br />
metodo investigativo<br />
e le inchieste di Rocco<br />
Chinnici furono portate<br />
avanti dal pool antimafia<br />
e sfociarono nel primo maxiprocesso».<br />
Avvocato, che cosa ricorda di quella tragica<br />
mattina di 25 anni fa<br />
«Papà fu ucciso all’esterno del nostro<br />
palazzo. Dentro casa <strong>era</strong>vamo<br />
presenti soltanto mia sorella<br />
Elvira ed io. Mia madre,<br />
infatti, <strong>era</strong> a Trapani,<br />
come componente<br />
della commissione<br />
per gli esami di maturità.<br />
Mia sorella Caterina,<br />
invece, si trovava<br />
a Caltanissetta, dove<br />
<strong>era</strong> pretore. Pertan-<br />
QUANDO PALERMO ERA BEIRUT<br />
Giovanni Chinnici ricorda la strage di via Pipitone Federico del 29 luglio 1983<br />
<br />
“<br />
Per la strage<br />
furono condannati<br />
i boss della<br />
cosiddetta cupola<br />
di Cosa Nostra<br />
”<br />
In un’afosa mattina estiva di 25 anni fa, i<br />
palermitani furono svegliati da un violento<br />
boato. Era il 29 luglio del 1983<br />
quando un’autobomba esplose in via Pipitone<br />
Federico, in una zona residenziale<br />
di <strong>Palermo</strong>. Con quell’attentato spettacolare,<br />
la mafia uccise uno dei suoi più<br />
tenaci nemici, il consigliere istruttore<br />
Rocco Chinnici.<br />
Insieme all’alto magistrato, morirono<br />
i suoi due “angeli custodi”, i carabinieri<br />
di scorta Mario Trapassi e Salvatore<br />
Bartolotta. La Fiat 126 imbottita<br />
di tritolo dilaniò anche Stefano<br />
Li Sacchi, portiere dello stabile<br />
nel quale abitava Chinnici. Fu<br />
Giovanni Chinnici figlio del<br />
giudice assassinato dalla<br />
mafia. A sinistra: le prime<br />
pagine dei giornali<br />
dell’epoca. In alto: una<br />
vecchia fotografia della<br />
famiglia Chinnici. Sopra<br />
il titolo: Rocco Chinnici<br />
36<br />
LUGLIO 2008<br />
CLUB3
[ESCLUSIVO]<br />
Il presidente Carlo Azeglio<br />
Ciampi mentre consegna<br />
un’onorificenza alla vedova<br />
di Rocco Chinnici. A destra:<br />
l’avvocato Giovanni Chinnici<br />
e nell’altra pagina suo padre<br />
<br />
to, soltanto Elvira e io abbiamo<br />
vissuto dal vivo quei drammatici<br />
e interminabili momenti della<br />
strage. Dopo il violentissimo<br />
boato dell’autobomba, non ho<br />
pensato subito a un attentato<br />
contro mio padre. Poi, invece,<br />
avvertendo la profonda agitazione<br />
e angoscia di Elvira, ho compreso<br />
il dramma».<br />
Come è cambiata la vostra<br />
esistenza dopo quel 29 luglio<br />
«Mio padre <strong>era</strong> il nostro punto di riferimento<br />
e con il suo carattere allietava le nostre giornate.<br />
All’epoca della strage, avevo soltanto 19<br />
anni, quindi la presenza di papà <strong>era</strong> preziosa<br />
per il mio cammino esistenziale. Un vuoto difficile<br />
da colmare. Ancora oggi mi mancano il<br />
suo affetto, la sua saggezza e i suoi consigli».<br />
Può descrivere il carattere di Rocco<br />
Chinnici<br />
«Era una persona estremamente gioviale<br />
e allegra. La sua caratteristica eccezionale<br />
<strong>era</strong> quella di saper infondere buonumore e sicurezza<br />
in tutti i suoi interlocutori: familiari,<br />
Mio padre accelerò le inchieste sul legame tra mafia<br />
ed economia, perché sapeva di rischiare la vita<br />
amici e colleghi».<br />
Quali valori vi ha trasmesso<br />
«Mio padre ci ha insegnato principi quali<br />
la lealtà, la correttezza, l’onestà e un elevato<br />
senso della libertà, intesa come autodeterminazione<br />
e padronanza delle proprie scelte.<br />
Inoltre, aveva il culto del lavoro, svolgeva la<br />
sua attività con allegria e aveva una concezione<br />
sacrale della giustizia».<br />
Rocco Chinnici credeva molto nei giovani<br />
e si recava nelle scuole per le lezioni di<br />
etica e antimafia…<br />
«Mio padre aveva un’innata propensione<br />
verso i bambini e i ragazzi, con i quali riusciva<br />
a instaurare un rapporto efficace<br />
di scambio e di comunicazione.<br />
Tra la fine degli anni Settanta<br />
e Ottanta, negli anni del boom<br />
dell’eroina, mio padre spiegava<br />
agli studenti come le droghe pesanti,<br />
oltre a nuocere alla salute e<br />
a rovinare intere famiglie, alimentassero<br />
anche gli illeciti profitti<br />
della mafia».<br />
Per quale motivo la mafia utilizzò<br />
un’autobomba<br />
«Papà <strong>era</strong> ben protetto per quei tempi,<br />
aveva una scorta organizzata, quindi vi <strong>era</strong> la<br />
necessità di ricorrere a una tecnica militare<br />
aggressiva. Ma vi <strong>era</strong> anche una finalità di tipo<br />
terroristico, eversivo. I mafiosi (con i loro<br />
complici) volevano dimostrare di potere sfidare<br />
lo Stato democratico in una<br />
mani<strong>era</strong> spettacolare».<br />
Rocco Chinnici aveva anche<br />
indagato sui potentati economici<br />
e politici….<br />
«Tali inchieste furono un’ulteriore<br />
prova dell’efficace attività<br />
giudiziaria di mio padre. Nelle<br />
epoche precedenti, infatti, la mafia<br />
<strong>era</strong> stata interpretata prevalentemente<br />
come un fenomeno agricolo,<br />
rurale, tradizionale. Invece,<br />
negli anni Sessanta e Settanta, Cosa Nostra si<br />
<strong>era</strong> già trasformata in una mafia imprenditrice,<br />
interessata all’edilizia, alle attività finanziarie<br />
e al traffico della droga. Rocco Chinnici,<br />
dunque, comprese tali trasformazioni e invocò<br />
una legge che consentisse le indagini<br />
bancarie e finanziarie. Mio padre accelerò le<br />
inchieste sui rapporti tra mafia ed economia,<br />
in quanto sapeva di essere in pericolo<br />
di vita. Anche noi familiari percepivamo la<br />
sua fretta di concludere le indagini. Condividevamo<br />
le sue paure e le sue ansie,<br />
che purtroppo di lì a poco si sarebbero<br />
trasformate in una tragica realtà». <br />
“<br />
La mafia usò<br />
l’autobomba perché<br />
mio padre aveva una<br />
buona scorta.<br />
Era quindi necessaria<br />
una tecnica militare<br />
aggressiva<br />
”<br />
PIETRO SCAGLIONE, LA PRIMA VITTIMA ECCELLENTE<br />
L’autore dell’intervista a Giovanni Chinnici ricorda suo nonno<br />
Nella primav<strong>era</strong> del<br />
1971, la storia<br />
siciliana prese una piega<br />
inaspettata. Per<br />
la prima volta in Italia,<br />
infatti, la mafia uccise un<br />
magistrato. Un fatto senza<br />
precedenti. Erano stati<br />
assassinati giornalisti,<br />
sindacalisti, contadini,<br />
rappresentanti delle forze<br />
dell’ordine. Tuttavia, la mafia<br />
non aveva mai osato colpire<br />
i rappresentanti della<br />
giustizia. Qualcosa <strong>era</strong><br />
cambiato per sempre, ma<br />
molti non avevano compreso<br />
che la magistratura aveva<br />
finalmente aggredito la mafia<br />
(con i suoi complici<br />
altolocati) e che, quindi,<br />
sarebbe stato lecito<br />
aspettarsi una reazione<br />
violenta. La lunga serie di<br />
coraggiosi magistrati<br />
uccisi dalla mafia fu<br />
inaugurata da mio nonno,<br />
il procuratore della<br />
Repubblica di <strong>Palermo</strong>,<br />
Pietro Scaglione. Purtroppo<br />
non conobbi mai mio nonno,<br />
perché fu assassinato cinque<br />
anni prima della mia nascita.<br />
Mi sarebbe piaciuto poter<br />
condividere con lui i nobili<br />
principi che ispirarono la sua<br />
vita pubblica e privata:<br />
l’onestà, la solidarietà,<br />
l’amore per la famiglia, la<br />
fedeltà ai valori democratici,<br />
il senso della giustizia,<br />
l’indipendenza della<br />
magistratura. Avrei volentieri<br />
apprezzato il suo carattere di<br />
uomo mite, probo, altruista,<br />
generoso, semplice, aperto.<br />
Mio nonno fu ucciso alle<br />
10:55 del 5 maggio del<br />
1971, in via Cipressi, una<br />
strada periferica di <strong>Palermo</strong>.<br />
I killer assassinarono anche<br />
il suo fedele agente di<br />
custodia, Antonio Lo Russo.<br />
Il duplice omicidio fu<br />
consumato nei pressi del<br />
cimitero dei Cappuccini.<br />
Come ogni mattina, mio<br />
nonno, prima di recarsi al<br />
Palazzo di Giustizia, <strong>era</strong><br />
andato a deporre i fiori sulla<br />
tomba di mia nonna, alla<br />
quale <strong>era</strong> profondamente<br />
legato. La sua improvvisa<br />
e prematura morte, infatti,<br />
lo aveva particolarmente<br />
sconvolto e intristito. La<br />
consueta visita al cimitero,<br />
dunque, <strong>era</strong> un modo per<br />
tenere vivo il legame<br />
d’affetto. Ma chi uccise<br />
mio nonno<br />
E per quali motivi Come<br />
accertò anche l’autorità<br />
giudiziaria, Pietro Scaglione<br />
fu un «magistrato<br />
integerrimo, dotato<br />
di eccezionali capacità<br />
professionali e di assoluta<br />
onestà morale, persecutore<br />
spietato della mafia».<br />
Chiarito il movente, non<br />
furono mai individuati<br />
i mandanti e gli esecutori<br />
del duplice omicidio. Si<br />
trattò, dunque, di uno dei<br />
tanti delitti impuniti. Nella<br />
sua lunga carri<strong>era</strong> di giudice<br />
e di pubblico ministero,<br />
Al centro,<br />
il procuratore<br />
Pietro Scaglione<br />
mio nonno indagò su molti<br />
misteri siciliani, dal<br />
banditismo del dopoguerra<br />
alla scomparsa del<br />
giornalista Mauro De Mauro,<br />
dalla morte di Gaspare<br />
Pisciotta alla strage<br />
di Ciaculli. In particolar<br />
modo, l’opinione pubblica<br />
apprezzò il suo straordinario<br />
contributo nell’istruzione<br />
del processo per<br />
l’assassinio del<br />
sindacalista Salvatore<br />
Carnevale, negli anni<br />
Cinquanta. Negli ultimi<br />
momenti di vita, mio nonno<br />
potrebbe avere ripercorso<br />
proprio la “Spoon river”<br />
delle vittime della mafia.<br />
Il suo pensiero potrebbe<br />
essere andato ai martiri<br />
di Portella della Ginestra<br />
e ai coraggiosi sindacalisti<br />
assassinati dopo aver lottato<br />
per i diritti dei contadini.<br />
Oppure il suo ricordo<br />
potrebbe essersi<br />
concentrato sui giornalisti<br />
uccisi per amore della verità<br />
e sui militari trucidati a<br />
Ciaculli. In ogni caso, un<br />
legame simbolico, storico<br />
e morale unì il procuratore<br />
Pietro Scaglione alle vittime<br />
innocenti degli eccidi sui<br />
quali indagò. Ma non solo.<br />
Mio nonno, infatti, collaborò<br />
proficuamente con future<br />
e illustri vittime della mafia,<br />
come i giudici Cesare<br />
Terranova e Rocco Chinnici.<br />
Al di fuori del Palazzo di<br />
Giustizia, il procuratore<br />
Scaglione coniugò l’attività<br />
professionale con l’impegno<br />
civile e promosse, tra l’altro,<br />
la costruzione di un asilo<br />
nido per i figli dei detenuti.<br />
Per queste attività, il<br />
ministero di Giustizia gli<br />
conferì la medaglia d’oro<br />
e il diploma di primo grado<br />
al merito della redenzione<br />
sociale. In definitiva, mio<br />
nonno dedicò la sua vita<br />
al miglioramento della<br />
società e alla lotta contro<br />
ogni forma d’ingiustizia.<br />
Pietro Scaglione<br />
38<br />
LUGLIO 2008<br />
CLUB3<br />
CLUB3<br />
39<br />
LUGLIO 2008