Scarica l'edizione di Novembre - Fondazione Biblioteca di via Senato
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novembre 2010 – la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano 7<br />
dalla propria idea <strong>di</strong> vita, in cui le leggi generali<br />
della specie vengono mo<strong>di</strong>ficate dalla particolarità<br />
della struttura e dell’ambiente. Quin<strong>di</strong> la ragione<br />
dello Stato consiste nel riconoscere se stesso e<br />
il suo ambiente, e nel trarre da questa conoscenza<br />
le massime dell’operare. Esse presenteranno<br />
sempre un carattere in<strong>di</strong>viduale e uno generale,<br />
uno stabile e uno mutevole ad un tempo; cangeranno<br />
nel flusso delle trasformazioni dello Stato e<br />
del suo ambiente, ma dovranno corrispondere<br />
anche alla struttura permanente dello Stato in<strong>di</strong>viduale<br />
e alle permanenti leggi <strong>di</strong> vita <strong>di</strong> tutti gli<br />
Stati. 1<br />
<br />
La ragion <strong>di</strong> Stato suppone, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> ciò che<br />
è sostenuto da Machiavelli, la conciliazione fra etica<br />
(cioè la giustificazione formale dello Stato alla sua stessa<br />
esistenza) e politica. In sostanza, lo Stato esiste in<br />
quanto “or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>vino”, <strong>di</strong>fensore della ragione <strong>di</strong><br />
fronte alla violenza bruta, dell’uomo davanti alla natura.<br />
Risulta inevitabile e necessario allo Stato, per non<br />
cadere esso stesso nel suo opposto, abbracciare i principi<br />
dell’etica in quanto suo fine e sua ragione d’esistenza.<br />
Allo stesso tempo, essendo il suo agire etico per antonomasia<br />
(in quanto non <strong>di</strong>sgiunto dall’etica) esso è automaticamente<br />
e sempre etico, giustificando quin<strong>di</strong><br />
nell’etica superiore quell’agire che all’apparenza e nel<br />
particolare non etico potrebbe apparire.<br />
Paradossalmente, nei fatti, la ragion <strong>di</strong> Stato si<br />
configura come prosecuzione ideale della speculazione<br />
<strong>di</strong> Machiavelli. L’antimachiavellismo <strong>di</strong> facciata «si incontra<br />
col tacitismo, laddove quest’ultimo risulta non<br />
altro che una riscrittura <strong>di</strong> Machiavelli», <strong>di</strong>ventando<br />
quin<strong>di</strong> un «interessante fenomeno <strong>di</strong> più o meno consapevoli<br />
frainten<strong>di</strong>menti, dovuti alla necessità <strong>di</strong> rimuovere<br />
un testo condannato recuperandone l’insegnamento».<br />
2<br />
In sostanza, sulla scia dell’interpretazione “obliqua”<br />
datane nel De legationibus da Alberico Gentili, si<br />
elabora il pensiero del Segretario fiorentino in chiave<br />
controriformista. Spesso è lo storico latino Cornelio<br />
Tacito (letto assiduamente, fra gli altri, da Cosimo de’<br />
A sinistra: dettaglio della terza parte<br />
dell’Antimachiavelli<br />
Me<strong>di</strong>ci e da Paolo III Farnese) a fornire, in chiave<br />
“obliqua”, ai trattatisti del Cinquecento, l’occasione<br />
per fare propri gli insegnamenti <strong>di</strong> Machiavelli. Scipione<br />
Ammirato ricorda come:<br />
Cornelio Tacito, [...] perché trattando <strong>di</strong> principato,<br />
più a’ nostri tempi si confà, et meno si darà<br />
occasione a’ mormoratori, se, non entrando io per<br />
quelle vie, che altri prima <strong>di</strong> me calpestò, il quale<br />
fece <strong>di</strong>scorsi sopra autore, che scrisse <strong>di</strong> Republica,<br />
sarommi posto a scrivere sopra uno il quale<br />
habbia trattato <strong>di</strong> Principe. 3<br />
Il fenomeno assume proporzioni così vaste che alcuni<br />
anni più tar<strong>di</strong> Traiano Boccalini nota:<br />
Tacito, prime autor solo stimato degno de’ principi,<br />
ora così publicamente va per le mani d’ognuno,<br />
che fino i bottegai e i facchini non d’altra<br />
scienza mostrandosi più intendenti della ragion<br />
<strong>di</strong> Stato. 4<br />
Negli scontri religiosi che <strong>di</strong>laniano l’Europa, il<br />
punto rimane sempre il medesimo, sia per i cattolici che<br />
per i riformati: il realismo politico <strong>di</strong> Machiavelli, segno<br />
<strong>di</strong> una immoralità tutta mondana, risulta da condannare<br />
nel modo più netto. Di più, è lo stesso Machiavelli,<br />
benché morto da più <strong>di</strong> vent’anni, a essere in<strong>di</strong>viduato<br />
come un nemico da abbattere, un pomo della <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a,<br />
un vessillo da agitarsi in battaglia: dagli ugonotti<br />
contro i cattolici, da questi contro gli ugonotti e<br />
da entrambi contro i politici. I protestanti francesi e inglesi<br />
vedono in Machiavelli la perfetta immagine del cinismo<br />
politico degli Italiani e dei gesuiti. Per contro<br />
questi ultimi l’immoralità religiosa che guida i primi.<br />
Innocent Gentillet (1535-1588), ugonotto moderato,<br />
avvocato e parlamentare, ravvisa in Machiavelli<br />
il mandante occulto del massacro della notte <strong>di</strong> San<br />
Bartolomeo (1572) e il consigliere segreto dell’o<strong>di</strong>ata<br />
regina Caterina de’ Me<strong>di</strong>ci e della sua cerchia <strong>di</strong> fiorentini<br />
atei. Nell’Antimachiavelli scrive:<br />
non dubito affatto che molti cortigiani, che maneggiano<br />
affari <strong>di</strong> stato, e altri della stessa genia,<br />
trovino assai strano ch’io parli in questo modo del<br />
loro grande dottore Machiavelli, i libri del quale a<br />
buon <strong>di</strong>ritto li si può chiamare il Corano dei corti-