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6 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2012 Frontespizio dell’edizione di Louis-Sébastien Mercier, L’homme sauvage, Neuchâtel, Société typographique, 1784 Neuchatel. In Svizzera rimane fino al 1785, continuando a scrivere e a pubblicare senza sosta (e a questo periodo risale proprio la seconda edizione francese de L’- Homme sauvage). Rientrato nella capitale francese, partecipa attivamente (dalle pagine di numerosi giornali) al dibattito intellettuale che porterà ai sanguinosi fatti del 1789. La Rivoluzione inizia a travolgere la monarchia. La mattina del 6 ottobre una folla di parigine affamate (sobillata dai rivoluzionari più estremisti) assalta la reggia di Versailles. Solo il sacrificio di alcune guardie svizzere, barbaramente trucidate, permette a Maria Antonietta di trovare scampo negli appartamenti del re. La famiglia reale e tutta la corte sono costretti a lasciare Versailles e a installarsi a Parigi, nel vecchio palazzo delle Tuileries. Mercier assiste a tutti questi fatti, ma senza comprenderne la gravida tragicità. Anzi, proprio in quei giorni di sangue inizia a pubblicare gli «Annali patriottici», che dirige fino al 1791. L’anno successivo, caduta la monarchia e imprigionato al Tempio Luigi XVI, Mercier è eletto alla Convenzione. Una volta all’interno dell’agone politico comprende velocemente il dramma che la Francia si stava apprestando a vivere. Prende posto fra i girondini, negli scranni dei moderati. Vota contro la condanna a morte del re, e a favore della sua detenzione. Agli appelli al sangue propugnati da Marat, Mercier risponde esprimendosi favorevolmente alla sua messa in stato di accusa. Interrompe Robespierre, che si stava paragonando a un antico romano, gridandogli: «Voi non siete Romano ma l’ignoranza fatta a persona». Queste posizioni molto critiche gli valgono presto, assieme ad altri 72 deputati moderati, il carcere. Rimane in galera per oltre un anno, fino alla caduta dell’Incorruttibile, scampando miracolosamente ai massacri del Terrore. Riprende quindi il suo posto in Parlamento e viene eletto nel Consiglio dei Cinquecento. Inizia una forte battaglia culturale di retroguardia. Si oppone alla tumulazione di Cartesio nel Pantheon perché, avendo teorizzato la libertà di pensiero, sarebbe stato all’origine delle correnti rivoluzionarie e contro-rivoluzionarie e quindi ‘mandante occulto’ del Terrore. Uguale posizione Mercier assume verso la memoria di Voltaire, che accusa di aver distrutto la morale. Di Bossuet dice che la sua Histoire universelle non è altro che un arido elenco cronologico, «senza vita né colore». Locke e Condillac sono da lui bollati come ‘idiologi’, Lavater e la sua fisiognomica bellamente ridicolizzati con la frase «conosci l’uomo dai piedi» e, al sistema eliocentrico di Copernico e Newton, Mercier oppone l’idea di una Terra rotonda e piatta, con il sole che orbita tutto attorno. Dalla battaglia contro i filosofi, rei di sognare l’istruzione delle masse, conserva solo Jean-Jacques Rousseau del quale Mercier, fra il 1788 e il 1793, aveva curato la pubblicazione delle opere, in 37 volumi. Neppure l’arte si salva in questo delirio iconoclasta. Raffaello, Correggio e Tiziano sono pittori pericolosi, rei di aver prodotto opere che hanno contribuito a minare i buoni costumi dei popoli. Terminata l’esperienza politica Mercier riprende in pieno la sua attività letteraria. Nel 1800 pubblica i sei vo-

giugno 2012 – la Biblioteca di via Senato Milano 7 Frontespizio dell’edizione L’an deux mille quatre cent quarante. Rêve s’il en fût jamais; suivi de L’homme de fer, songe (Parigi, Lepetit, an X [i.e. 1801-1802]) lumi del Nouveau Paris, seguito del Tableau de Paris. Nel frattempo, benché ammiri il genio di Napoleone, non apprezza l’instaurazione dell’Impero. Più volte si scontra verbalmente con il ministro della polizia che lo ammonisce a tenere a freno la sua penna mordace. All’ennesima minaccia del carcere pare che Mercier abbia ironicamente risposto: «non vivo che per vedere come finirà questa triste vicenda». E in effetti, prima di spirare, riesce ad assistere alla caduta del piccolo Corso, al rientro dei Borbone e al insediamento sul trono di Luigi XVIII, il fratello del re martire. Il mondo letterario di Mercier è tipicamente settecentesco, imbevuto di illuminismo. Mercier, scrittore borghese fin nell’animo, accorda la propria preferenza alla prosa, relegando la poesia a forma letteraria oramai desueta, solo patrimonio della classe nobiliare. E’ con la prosa che lo scrittore raggiunge il grande pubblico, è grazie al romanzo che può comunicare idee, raccogliere e ‘mettere in scena’ le istanze della borghesia, ed è grazie al mercato librario che lo scrittore può raggiungere la piena autonomia economica, svincolandosi da perniciosi rapporti di mecenatismo. Ma la libertà, legata a una penna mordace e a un carattere puntuto, si paga cara. Si sconta con il carcere, o con la fuga. Non è un caso se è proprio a Neuchatel che vede la luce la ristampa de L’Homme sauvage. In Svizzera era fuggito, vent’anni prima, colpito dalle ‘angherie’ della società parigina, anche l’amato Jean-Jacques Rousseau. In Svizzera, Mercier (probabilmente rispecchiandosi in Rousseau) trova un clima di maggiore apertura. Qui inizia a riflettere, come già prima aveva fatto Rousseau, sulla natura dell’uomo. Annosa questione: portato inevitabilmente a compiere il male, o spinto naturalmente al bene La risposta dello scrittore parigino ricalca quella del filosofo ginevrino: è il progresso, ciò che si chiama “civilizzazione”, a corrompere l’individuo, instillandogli falsi valori e vani traguardi in nome dei quali si esercitano sopraffazione e violenza. L’utopia che Mercier narra nel suo L’Homme sauvage non è esente da richiami arcadici. Da quella visione, idillica e pastorale, che nel primo Settecento si era diffusa in tutte le corti europee. E al quale, in seguito, si erano aggiunti altre riflessioni, innescate dalle esplorazioni geografiche delle lontane isole dell’oceano Pacifico. Di quei luoghi esotici si narrava il clima favorevole, la pace continua che regnava fra quelle popolazioni e la serenità degli uomini, che nulla desideravano perché la natura provvedeva al loro sostentamento. Il mito del buon selvaggio, ovvero dell’uomo primordiale, felice perché incorrotto dal progresso, appariva all’uomo settecentesco così desiderabile proprio perché lontano nello spazio, posto in una dimensione altra, al didi un mare tanto infinito quanto quello che divideva il Continente dall’isola di Utopia. Beato quell’uomo che «vive sotto le leggi semplici della natura, seguendo i propri istinti e le proprie idee, ascoltando la voce del proprio cuore, perché l’uomo è nato buono». 1 In una sorta di sovrapposizione di immagini, Mercier, Rousseau e il “buon selvaggio” di-

6 la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano – <strong>giugno</strong> 2012<br />

Frontespizio dell’e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Louis-Sébastien Mercier,<br />

L’homme sauvage, Neuchâtel, Société typographique,<br />

1784<br />

Neuchatel. In Svizzera rimane fino al 1785, continuando<br />

a scrivere e a pubblicare senza sosta (e a questo periodo<br />

risale proprio la seconda e<strong>di</strong>zione francese de L’-<br />

Homme sauvage).<br />

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Rientrato nella capitale francese, partecipa attivamente<br />

(dalle pagine <strong>di</strong> numerosi giornali) al <strong>di</strong>battito intellettuale<br />

che porterà ai sanguinosi fatti del 1789. La Rivoluzione<br />

inizia a travolgere la monarchia. La mattina del<br />

6 ottobre una folla <strong>di</strong> parigine affamate (sobillata dai rivoluzionari<br />

più estremisti) assalta la reggia <strong>di</strong> Versailles. Solo<br />

il sacrificio <strong>di</strong> alcune guar<strong>di</strong>e svizzere, barbaramente<br />

trucidate, permette a Maria Antonietta <strong>di</strong> trovare scampo<br />

negli appartamenti del re. La famiglia reale e tutta la corte<br />

sono costretti a lasciare Versailles e a installarsi a Parigi,<br />

nel vecchio palazzo delle Tuileries. Mercier assiste a tutti<br />

questi fatti, ma senza comprenderne la gravida tragicità.<br />

Anzi, proprio in quei giorni <strong>di</strong> sangue inizia a pubblicare<br />

gli «Annali patriottici», che <strong>di</strong>rige fino al 1791.<br />

L’anno successivo, caduta la monarchia e imprigionato<br />

al Tempio Luigi XVI, Mercier è eletto alla Convenzione.<br />

Una volta all’interno dell’agone politico comprende<br />

velocemente il dramma che la Francia si stava apprestando<br />

a vivere. Prende posto fra i giron<strong>di</strong>ni, negli<br />

scranni dei moderati. Vota contro la condanna a morte<br />

del re, e a favore della sua detenzione. Agli appelli al sangue<br />

propugnati da Marat, Mercier risponde esprimendosi<br />

favorevolmente alla sua messa in stato <strong>di</strong> accusa. Interrompe<br />

Robespierre, che si stava paragonando a un antico<br />

romano, gridandogli: «Voi non siete Romano ma l’ignoranza<br />

fatta a persona». Queste posizioni molto critiche<br />

gli valgono presto, assieme ad altri 72 deputati moderati,<br />

il carcere. Rimane in galera per oltre un anno, fino alla caduta<br />

dell’Incorruttibile, scampando miracolosamente ai<br />

massacri del Terrore. Riprende quin<strong>di</strong> il suo posto in Parlamento<br />

e viene eletto nel Consiglio dei Cinquecento.<br />

Inizia una forte battaglia culturale <strong>di</strong> retroguar<strong>di</strong>a. Si oppone<br />

alla tumulazione <strong>di</strong> Cartesio nel Pantheon perché,<br />

avendo teorizzato la libertà <strong>di</strong> pensiero, sarebbe stato all’origine<br />

delle correnti rivoluzionarie e contro-rivoluzionarie<br />

e quin<strong>di</strong> ‘mandante occulto’ del Terrore. Uguale<br />

posizione Mercier assume verso la memoria <strong>di</strong> Voltaire,<br />

che accusa <strong>di</strong> aver <strong>di</strong>strutto la morale. Di Bossuet <strong>di</strong>ce che<br />

la sua Histoire universelle non è altro che un arido elenco<br />

cronologico, «senza vita né colore». Locke e Con<strong>di</strong>llac<br />

sono da lui bollati come ‘i<strong>di</strong>ologi’, Lavater e la sua fisiognomica<br />

bellamente ri<strong>di</strong>colizzati con la frase «conosci<br />

l’uomo dai pie<strong>di</strong>» e, al sistema eliocentrico <strong>di</strong> Copernico<br />

e Newton, Mercier oppone l’idea <strong>di</strong> una Terra rotonda e<br />

piatta, con il sole che orbita tutto attorno. Dalla battaglia<br />

contro i filosofi, rei <strong>di</strong> sognare l’istruzione delle masse,<br />

conserva solo Jean-Jacques Rousseau del quale Mercier,<br />

fra il 1788 e il 1793, aveva curato la pubblicazione delle<br />

opere, in 37 volumi. Neppure l’arte si salva in questo delirio<br />

iconoclasta. Raffaello, Correggio e Tiziano sono pittori<br />

pericolosi, rei <strong>di</strong> aver prodotto opere che hanno contribuito<br />

a minare i buoni costumi dei popoli.<br />

Terminata l’esperienza politica Mercier riprende in<br />

pieno la sua attività letteraria. Nel 1800 pubblica i sei vo-

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