Scarica l'edizione di giugno - Fondazione Biblioteca di via Senato
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54 la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano – <strong>giugno</strong> 2012<br />
Esemplare completo della brossura<br />
originale per l’e<strong>di</strong>zione de La città<br />
della filosofia, stampata dell’amico<br />
e<strong>di</strong>tore Annesio Nobili nel 1833<br />
plauso dei conservatori, Monaldo<br />
afferma con piena franchezza e<br />
convinzione che il popolo merita<br />
eterna sfiducia, che l’anelito verso<br />
il progresso cela in realtà sconvolgimenti<br />
tragici e che occorra accettare,<br />
come premessa all’or<strong>di</strong>ne,<br />
l’autorità, in ultima istanza quella<br />
<strong>di</strong>vina. Nel 1831 Monaldo faceva<br />
parte del Comitato provvisorio governativo<br />
nato in seguito ai moti<br />
scoppiati nell’Italia centrale e, con<br />
la definitiva sconfitta dei liberali, i<br />
Dialoghetti rappresentavano la presa<br />
<strong>di</strong> posizione definitiva sotto l’ala<br />
pontificia.<br />
Di seguito scrisse, quasi a<br />
ideale completamento, una «mitraglia<br />
<strong>di</strong> altri piccoli scritti»: 10 La<br />
Pre<strong>di</strong>ca recitata al popolo da don Muso<br />
Duro, Una parola ai sud<strong>di</strong>ti del papa<br />
sulle riforme del governo, il Testamento<br />
<strong>di</strong> Don Pietro <strong>di</strong> Braganza ex Imperatore<br />
del Brasile e Il catechismo filosofico,<br />
e<strong>di</strong>zioni anch’esse <strong>di</strong> notevole<br />
fortuna. Certo sorprendeva la pur<br />
consueta schiettezza <strong>di</strong> Monaldo<br />
nel rivolgersi ai lettori «come si<br />
parla ad un branco <strong>di</strong> malfattori, vi<br />
sbatterò sul muso le verità della fede,<br />
e se poi non vorrete credermi e<br />
convertirvi, farete quello che vi pare»,<br />
11 ma ancora una volta egli vuole<br />
sottolineare l’appoggio al potere<br />
dello Stato Pontificio e insistere<br />
con fermezza sulle convinzioni già<br />
elaborate nei Dialoghetti: «che la<br />
società non può sussistere senza un<br />
capo il quale la regoli e la governi, e<br />
perciò l’uomo nasce con il debito<br />
della sottomissione […]; che allora<br />
la sovranità è più giovevole all’or<strong>di</strong>ne<br />
sociale quando risiede tutta intiera<br />
nella persona <strong>di</strong> un solo monarca;<br />
che la ribellione del popolo è<br />
sempre contraria al comando <strong>di</strong><br />
Dio, ed è la maggiore <strong>di</strong> tutte le calamità<br />
che possono affliggere un<br />
popolo; […] è quin<strong>di</strong> necessario<br />
moderare il troppo avanzamento<br />
della civiltà; che ognuno deve amare<br />
la sua patria […] senza correre<br />
<strong>di</strong>etro ai vaneggiamenti della in<strong>di</strong>pendenza<br />
nazionale suscitata dalla<br />
se<strong>di</strong>cente filosofia». 12<br />
Questi i passi che gli sono valsi<br />
l’etichetta <strong>di</strong> passatista e reazionario;<br />
eppure le sue idee così<br />
espresse rivelano «l’utopia del galantuomo»<br />
13 convinto della possibilità<br />
<strong>di</strong> una società ideale in cui soprattutto<br />
i governanti siano guidati<br />
da alti sentimenti morali e cristiani.<br />
In questo «baldanzoso candore» 14<br />
gioca un ruolo determinante la sua<br />
formazione, l’orgoglio <strong>di</strong> una elevata<br />
tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> costumi<br />
che lo sconquasso delle rivolte minaccerebbe<br />
<strong>di</strong> travolgere insieme a<br />
quelle istituzioni e a quei principi<br />
basilari della società che per lui si<br />
identificano con un or<strong>di</strong>ne naturale<br />
voluto da Dio. Allo stesso modo, la<br />
sfiducia in ogni progresso è la sfiducia<br />
nelle possibilità dell’uomo,<br />
immutabile nella sua natura. Il conte<br />
Monaldo contempla il mondo<br />
<strong>di</strong>staccandosene; e dalla sua prospettiva<br />
si può sorridere e ironizzare<br />
<strong>di</strong> chi annuncia immutabili cambiamenti.<br />
Un passo dalla sua Autobiografia<br />
ritorna appropriato: «Ho<br />
fatta alcuna ricerca in me stesso per<br />
conoscere quale fosse il deliquio<br />
della mia ragione, e non avendolo<br />
trovato, mi è venuta la tentazione <strong>di</strong><br />
credere che la mia mente fosse superiore<br />
a molte, non già in elevazione<br />
ma in quadratura». 15 La quadratura<br />
<strong>di</strong> cui Monaldo parla è «l’equilibrio<br />
e il buon senso, che è il pilastro<br />
su cui egli fonda il proprio<br />
orgoglio e intorno a cui ruota il suo<br />
culto per la ragione e la verità, con<br />
l’impegno <strong>di</strong> operare ragionevolmente<br />
fino “agli estremi”; un impegno<br />
sorretto anche da un’aristocratica<br />
<strong>di</strong>gnità e da una coscienza <strong>di</strong><br />
galantuomo che non permettevano<br />
tentennamenti». 16<br />
<br />
In<strong>di</strong>pendente e fiero, Monaldo<br />
fu sempre coerente e risoluto nel<br />
far sentire la propria voce, non risparmiando<br />
critiche e osservazioni<br />
neppure a quel governo pontificio<br />
che pure aveva legittimato, anche a<br />
rischio <strong>di</strong> una paradossale emarginazione.<br />
E così avvenne. Proprio la<br />
curia romana intervenne per la<br />
chiusura del caustico giornale, «La<br />
voce della ragione», dalle cui colonne<br />
Monaldo <strong>di</strong>scuteva a suo modo<br />
<strong>di</strong> religione e morale, e intervenne<br />
con fermezza censurando il