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25.01.2015 Views

50 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2012 sceva e maneggiava il latino da maestro. Lo stile però si risente del falso gusto del tempo; quindi periodi intralciati, antitesi, arzigogoli, turgidezza di pensieri e d’immagini. I quali difetti rendono assai difficile ad intendersi, anche per valenti latinisti, codesto libro. […] Il desiderio di far conoscere a’ miei concittadini questa storia della peste che rimaneva necessariamente ignota al più de’ lettori, m’indusse a tradurla». 11 Il 1641 fu anche l’anno della pubblicazione dei Iosephi Ripamonti Canonici Scalensis chronistae urbis Mediolani Historiae patriae libri X, usciti sempre nella città meneghina dai torchi di Giovanni Battista e Giulio Cesare Malatesta. 12 Si tratta del primo dei volumi, scritti su incarico del Consiglio Generale, volti a illustrare la storia di Milano proseguendo quella di Tristano Calco che, partendo dalle origini, si interrompeva al 1313. 13 Tale tomo, la cui narrazione giungeva fino al 1558, fu l’unico pubblicato durante la vita dell’autore, che, ammalatosi di idropisia, morì a Rovagnate il 14 agosto 1643. Il secondo volume dell’Historia, dedicato al marchese Carlo Gallarati e datato 1643, fu curato da Stefano Sclatter. Esso ripercorreva le vicende intercorse tra il 1559, anno che segnò l’inizio della dominazione spagnola a Milano e nel Ducato, e il 1584, rimanendo così in gran parte legato all’episcopato di san Carlo Borromeo. Seguì il terzo volume, sempre a cura di Sclatter, contenente la vita del cardinale Federico Borromeo; dedicatari del lavoro furono il prefetto Giorgio Borro e i Decurioni. Nel 1648 uscì il quarto e ultimo volume dell’Historia, relativo al periodo 1613-1641, i cui primi tre libri, incentrati sulla guerra per la successione di Mantova, erano seguiti dal necrologio dell’autore scritto da Gerolamo Legnano e da vari opuscoli di Ripamonti, pubblicati a cura di Orazio Landi. La serie degli scritti storici dello storiografo milanese fu in seguito completata dal tomo intitolato Rerum Hispaniarum a Philippo II regnante libri VII, curato da Sclatter. L’intera opera in edizione originale trova posto nel Fondo di Milano della Biblioteca di via Senato, accanto agli altri lavori fin qui citati, concedendo così il giusto lustro all’intemperante cronista del «più fatale e miserando periodo della storia milanese» 14 che fu Giuseppe Ripamonti. NOTE 1 F. ARGELATI, Philippi Argelati Bononiensis Bibliotheca scriptorum Mediolanensium […], vol. II, t. I, Milano, Tipografia Palatina di Milano, 1745, coll. 1230-1232; edizione originale conservata presso la BvS. 2 G. RIPAMONTI, La peste di Milano del 1630. De peste quae fuit anno MDCXXX libri V, a cura di Cesare Repossi, Milano, Casa del Manzoni, 2009, p. XCII (Mediolanensia). 3 La biografia di san Carlo composta da Ripamonti non ebbe fortuna. Cfr. C. MARCORA, La storiografia dal 1584 al 1789, in San Carlo e il suo tempo, Atti del Convegno Internazionale nel IV centenario della morte (Milano, 21-26 maggio 1984), vol. I, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1986, pp. 60-63. 4 Dopo il 1637 il governatore Diego Felipe de Guzman marchese di Leganes lo nominò “storiografo regio”. 5 Cfr. Argelati, II, I, 1230; Binda, 1435: «Storia assai pregiata a giudizio dei migliori critici e bibliografi»; Hoepli, 877; Lozzi, I, 2677: «assai pregiata istoria»; Predari, p. 182. 6 Traduzione tratta dalla già citata edizione G. RIPAMONTI, La peste di Milano del 1630, Milano, Casa del Manzoni, 2009, p. 9; ottimo lavoro conservato nel Fondo di Milano della BvS. 7 Cfr. F. BORROMEO, La peste di Milano, a cura di A. Torno, Milano, Rusconi, 1987 3 . 8 Cfr. anche Appendice storica su la Colonna Infame (1823-1824), in A. MANZONI, Storia della Colonna Infame, premessa di G. Vigorelli, a cura di C. Riccardi, Milano, Centro Nazionale Studi Manzoniani, 2002, p. 279 (Edizione Nazionale ed Europea delle Opere di Alessandro Manzoni, 12). 9 G. RIPAMONTI, La peste di Milano del 1630, Milano, Casa del Manzoni, 2009, p. 2. 10 Cfr. Binda, 1436; Hoepli, 878; Predari, p. 183. 11 G. RIPAMONTI, La peste di Milano del 1630 libri cinque cavati dagli annali della città e scritti per ordine dei LX Decurioni dal canonico della Scala Giuseppe Ripamonti istoriografo milanese volgarizzati per la prima volta dall’originale latino da Francesco Cusani, Milano, Pirotta, 1841, pp. XXVI-XXVII, XXX. 12 Binda, 1084: «Tra le più importanti opere di storia milanese»; Hoepli, 876; Predari, p. 182. 13 I libri XI e XII della storia di Calco, riguardanti gli anni 1313-1323, vennero pubblicati solo nel 1644 e non erano quindi noti a Ripamonti. L’editio princeps dei primi venti libri, datata 1828, è conservata presso la BvS. 14 G. RIPAMONTI, La peste di Milano del 1630 […], Milano, Pirotta, 1841, p. XXX. Nella BvS si trova anche l’opera G. RIPAMONTI, Alcuni brani delle storie patrie di Giuseppe Ripamonti per la prima volta tradotti dall’originale latino dal c. T. Dandolo, Milano, Antonio Arzione, 1856.

giugno 2012 – la Biblioteca di via Senato Milano 51 BvS: rarità per bibliofili Monaldo Leopardi, il ritratto di un utopico galantuomo La verità tutta o niente su un controverso reazionario e versatile io chiamai «Multiforme l’ingegno di Leopardi, e non ritiro le mie parole. Scrisse un po’ di tutto; di economia e di politica, di filosofia e di critica, di storia e di archeologia, di giurisprudenza, di morale e di religione; scrisse perfino di matematiche, e siccome non c’è un buon Italiano che si rispetti, il quale non creda di essere nato poeta o buono a fare almeno una tragedia od una commedia, volle essere eziandio tragico e commediografo». 1 Quando si parla di Leopardi, il correlativo immediato è il genio di Giacomo; eppure questo ritratto stringato e persino ironico è del padre, il conte Monaldo. Uomo singolare, dotato di un «cuore ottimo e grande quanto una piazza» 2 e di un’intelligenza non meno vasta, “letteratissimo” secondo Pietro Giordani, Leopardi padre ha dovuto subire in vita le conseguenze della popolarità del figlio e in morte il giudizio storico della critica, d’accordo nel tramandarlo conservatore a oltranza, reazionario, bigotto, gretto, quando non persino volgare. Nacque a Recanati nel 1776 ARIANNA CALÒ Ritratto di Monaldo Leopardi dall’originale ad olio conservato presso la casa-museo di Recanati grazioni provenienti dalle raccolte di quegli ordini religiosi soppressi per volere napoleonico. La passione per i libri era un dono dall’infanzia, quando gli acquisti erano alla rinfusa e «bello è che io comprava libri francesi, senza ancora intenderli, ma stava nella mia testa che avrei col tempo appreso tutto lo scibile, e sarei diventato poco meno un grand’uomo. Poco male; chi prende la mira un po’ alta, coglie meglio nel segno». 4 Una raccolta di quindicimila volumi, forse disorganica e disordinata, ma pur sempre il teatro della formazione di Giacomo e degli altri figli, un riparo dall’ambiente angusto e provinciale della piccola cittadina marchigiana. Un punto fermo nella formazione del carattere del conte era la rivendicata nobiltà di cui iniziò a dare segno manifesto dai diciotto anni, vestendosi sempre di nero, con calzoni corti e la cravatta bianca, e portando al fianco la spada, abitudine che lo portò a definirsi «l’ultimo spadifero d’Italia». 5 Tra un matrimonio annullato e un altro condotto con Adelaide Antici, nell’indifferenza per il pasda una nobile famiglia guelfa, da sempre sotto la stima e la protezione dei pontefici. Posto sotto l’ala gesuitica dell’educazione più austera e tradizionale, il conte, in polemica con il proprio precettore, decise di formarsi culturalmente da sé, dedicandosi alla formazione di una biblioteca personale 3 arricchita nel tempo con consigli mirati, ma anche con acquisti fortuiti e inte-

<strong>giugno</strong> 2012 – la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano 51<br />

BvS: rarità per bibliofili<br />

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Monaldo Leopar<strong>di</strong>, il ritratto<br />

<strong>di</strong> un utopico galantuomo<br />

La verità tutta o niente su un controverso reazionario<br />

e versatile<br />

io chiamai<br />

«Multiforme<br />

l’ingegno <strong>di</strong> Leopar<strong>di</strong>,<br />

e non ritiro le mie parole.<br />

Scrisse un po’ <strong>di</strong> tutto; <strong>di</strong> economia<br />

e <strong>di</strong> politica, <strong>di</strong> filosofia e <strong>di</strong> critica,<br />

<strong>di</strong> storia e <strong>di</strong> archeologia, <strong>di</strong> giurisprudenza,<br />

<strong>di</strong> morale e <strong>di</strong> religione;<br />

scrisse perfino <strong>di</strong> matematiche, e<br />

siccome non c’è un buon Italiano<br />

che si rispetti, il quale non creda <strong>di</strong><br />

essere nato poeta o buono a fare almeno<br />

una trage<strong>di</strong>a od una comme<strong>di</strong>a,<br />

volle essere ezian<strong>di</strong>o tragico e<br />

comme<strong>di</strong>ografo». 1<br />

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Quando si parla <strong>di</strong> Leopar<strong>di</strong>, il<br />

correlativo imme<strong>di</strong>ato è il genio <strong>di</strong><br />

Giacomo; eppure questo ritratto<br />

stringato e persino ironico è del padre,<br />

il conte Monaldo. Uomo singolare,<br />

dotato <strong>di</strong> un «cuore ottimo e<br />

grande quanto una piazza» 2 e <strong>di</strong><br />

un’intelligenza non meno vasta,<br />

“letteratissimo” secondo Pietro<br />

Giordani, Leopar<strong>di</strong> padre ha dovuto<br />

subire in vita le conseguenze della<br />

popolarità del figlio e in morte il<br />

giu<strong>di</strong>zio storico della critica, d’accordo<br />

nel tramandarlo conservatore<br />

a oltranza, reazionario, bigotto,<br />

gretto, quando non persino volgare.<br />

Nacque a Recanati nel 1776<br />

ARIANNA CALÒ<br />

Ritratto <strong>di</strong> Monaldo Leopar<strong>di</strong><br />

dall’originale ad olio conservato<br />

presso la casa-museo <strong>di</strong> Recanati<br />

grazioni provenienti dalle raccolte<br />

<strong>di</strong> quegli or<strong>di</strong>ni religiosi soppressi<br />

per volere napoleonico. La passione<br />

per i libri era un dono dall’infanzia,<br />

quando gli acquisti erano alla<br />

rinfusa e «bello è che io comprava<br />

libri francesi, senza ancora intenderli,<br />

ma stava nella mia testa che<br />

avrei col tempo appreso tutto lo scibile,<br />

e sarei <strong>di</strong>ventato poco meno<br />

un grand’uomo. Poco male; chi<br />

prende la mira un po’ alta, coglie<br />

meglio nel segno». 4<br />

Una raccolta <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>cimila<br />

volumi, forse <strong>di</strong>sorganica e <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata,<br />

ma pur sempre il teatro della<br />

formazione <strong>di</strong> Giacomo e degli altri<br />

figli, un riparo dall’ambiente angusto<br />

e provinciale della piccola citta<strong>di</strong>na<br />

marchigiana.<br />

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Un punto fermo nella formazione<br />

del carattere del conte era la<br />

riven<strong>di</strong>cata nobiltà <strong>di</strong> cui iniziò a<br />

dare segno manifesto dai <strong>di</strong>ciotto<br />

anni, vestendosi sempre <strong>di</strong> nero,<br />

con calzoni corti e la cravatta bianca,<br />

e portando al fianco la spada,<br />

abitu<strong>di</strong>ne che lo portò a definirsi<br />

«l’ultimo spa<strong>di</strong>fero d’Italia». 5<br />

Tra un matrimonio annullato<br />

e un altro condotto con Adelaide<br />

Antici, nell’in<strong>di</strong>fferenza per il pasda<br />

una nobile famiglia guelfa, da<br />

sempre sotto la stima e la protezione<br />

dei pontefici. Posto sotto l’ala<br />

gesuitica dell’educazione più austera<br />

e tra<strong>di</strong>zionale, il conte, in polemica<br />

con il proprio precettore,<br />

decise <strong>di</strong> formarsi culturalmente da<br />

sé, de<strong>di</strong>candosi alla formazione <strong>di</strong><br />

una biblioteca personale 3 arricchita<br />

nel tempo con consigli mirati, ma<br />

anche con acquisti fortuiti e inte-

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