Scarica l'edizione di giugno - Fondazione Biblioteca di via Senato
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la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano – <strong>giugno</strong> 2012<br />
ANDANDO PER MOSTRE<br />
Da Novate a Berlino, con uno sguardo verso<br />
Oriente, scrivendo e cancellando<br />
<strong>di</strong> luca pietro nicoletti<br />
UNO SCRITTORE CHE<br />
DISEGNA: PASOLINI A NOVATE<br />
Casa Testori a Novate rende<br />
omaggio, fino al 1 luglio, a Pier<br />
Paolo Pasolini. Nella casa in cui lo<br />
scrittore e drammaturgo lombardo ha<br />
passato buona parte della sua esistenza,<br />
viene proposta una piccola mostra<br />
sull’intellettuale friulano che mette in<br />
luce i numerosi punti <strong>di</strong> contatto con<br />
l’illustre padrone <strong>di</strong> casa. A fare da<br />
legante è l’ine<strong>di</strong>ta occasione <strong>di</strong> poter<br />
apprezzare una ampia selezione <strong>di</strong> <strong>di</strong>segni<br />
<strong>di</strong> Pasolini, a partire dai primi cimenti<br />
intorno al 1942, debitori della lezione <strong>di</strong><br />
De Pisis e <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong>rettamente con le <strong>di</strong>ta<br />
o con il rovescio del pennello, fino ai suoi<br />
ultimi anni. Sono <strong>di</strong>segni affettuosi, come<br />
si percepisce da una nota dei Quaderni<br />
rossi¸ in cui lo scrittore parla <strong>di</strong> un<br />
ritratto fatto ad Angelo Dus: «Poi <strong>di</strong>segnai<br />
Angelo, che se ne stava rattrappito a<br />
capotavola, con gli occhi bassi (mi accorsi<br />
PASOLINI A CASA TESTORI<br />
NOVATE, CASA TESTORI,<br />
20 APRILE-1 LUGLIO 2012<br />
http://www.associazionetestori.it/<br />
solo allora che le sue pupille erano<br />
azzurro chiaro!). Angelo è identico a sua<br />
madre. Dei quattro o cinque <strong>di</strong>segni che<br />
gli feci a pastello […] gliene feci scegliere<br />
uno, sotto il quale, regalandoglielo, scrissi<br />
questa straor<strong>di</strong>naria de<strong>di</strong>ca: “Al piccolo<br />
Giotto il suo Cimabue”. Arrossisco nel<br />
ricordarlo» (13 ottobre 1947). Sono<br />
<strong>di</strong>segni preziosi, gelosamente custo<strong>di</strong>ti al<br />
Gabinetto Viesseux <strong>di</strong> Firenze, fatti su<br />
materiali insoliti come le pellicole <strong>di</strong><br />
cellophane o, più avanti, eseguiti a<br />
matita, colla e petali <strong>di</strong> rosa.<br />
Fra questi estremi, nelle otto sale<br />
della mostra sono evocati i temi nodali<br />
dell’esperienza intellettuale e militante <strong>di</strong><br />
Pasolini e che lo accomunano a Testori, a<br />
partire dalla collaborazione con il<br />
“Corriere della Sera” <strong>di</strong>retto da Piero<br />
Ottone (dal 1973 per Pasolini), all’essere<br />
identificati entrambi fra i “nipotini<br />
dell’Ingegnere” da Alberto Arbasino nel<br />
1960, in quanto, riconoscendosi nella<br />
lezione <strong>di</strong> Gadda, con<strong>di</strong>vidono, secondo la<br />
definizione <strong>di</strong> Contini, la medesima<br />
“ricchissima esperienza plurilinguistica”.<br />
Passando fra le pre<strong>di</strong>lezioni e gli amori <strong>di</strong><br />
Pasolini, da Ninetto Davoli a Laura Betti,<br />
fino a Maria Callas -tutti fatti oggetto <strong>di</strong><br />
numerosi e affettuosi <strong>di</strong>segni- percorre<br />
Sopra: Pier Paolo Pasolini, Autoritratto<br />
A sinistra: Pier Paolo Pasolini, Roberto<br />
Longhi, 1975, pastello o sanguigna<br />
sottotraccia tutta la mostra la presenza <strong>di</strong><br />
Roberto Longhi, che fu un punto <strong>di</strong><br />
riferimento imprescin<strong>di</strong>bile sia per Testori,<br />
dal 1951 della mostra <strong>di</strong> Caravaggio, sia<br />
per Pasolini, che conservò un ricordo<br />
quasi epico delle lezioni bolognesi sui<br />
Fatti <strong>di</strong> Masolino e Masaccio dell’anno<br />
accademico 1941-1942. Al maestro, nel<br />
1974-1975, Pasolini de<strong>di</strong>ca una serie <strong>di</strong><br />
se<strong>di</strong>ci gran<strong>di</strong> ritratti a partire da un<br />
ritratto fotografico dello stu<strong>di</strong>oso: con un<br />
segno danzante, attraverso la ripetizione<br />
del profilo Pasolini si appropria del<br />
soggetto, in una esecuzione seriale che,<br />
come mostrano le foto scattate allora da<br />
Dino Pedriali, sembrano quasi una vera e<br />
propria performance.<br />
EMILIO ISGRÒ<br />
E LE SCULTURE ISLAMICHE<br />
Nel 2010, in occasione <strong>di</strong> Istanbul<br />
capitale della cultura europea <strong>di</strong><br />
quell’anno, Emilio Isgrò aveva<br />
realizzato i quattor<strong>di</strong>ci Co<strong>di</strong>ci ottomani<br />
ora presentati, fino al 27 luglio, dalla<br />
<strong>Fondazione</strong> Marconi <strong>di</strong> Milano nella<br />
mostra Var ve yok, che in turco significa<br />
“c’è e non c’è”. Un titolo che rispecchia<br />
efficacemente, a pensarci bene, lo spirito<br />
del lavoro dell’artista italiano, nato in<br />
provincia <strong>di</strong> Messina nel 1937. Sin dagli<br />
anni Sessanta, infatti, la sua ricerca<br />
verbovisiva sulla cancellatura ha