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25.01.2015 Views

22 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2012 Le prime pagine di alcuni capitoli delle Mémoires de Gino Bartali (a sinistra il primo, a destra l’ultimo), dall’Archivio BvS aveva intitolato il fascicolo (n. 34-36, 15 ottobre-15 dicembre 1942) Le ultime anime belle, riuscendo così a pubblicare testi di Kierkegaard e Heidegger (scelti e annotati da Emilio Oggioni), Galvano Della Volpe e Nicola Abbagnano. Sartre, poi, ha la colpa gravissima di aver corrotto la gioventù – gioventù che per Malaparte è sacra e va mantenuta integra –, introducendo il marxismo, l’omosessualità… Ma… questa è un’altra storia! Cosa c’entra invece Malaparte con Bartali Cosa hanno in comune il campionissimo di Ponte a Ema e lo scrittore pratese, oltre a essere nati sulle sponde dell’Arno, «il fiume divino che trapassa il cuore di Firenze come una freccia scagliata al rallentatore» Da pochi giorni la nostra Biblioteca ha acquisito una serie di documenti di Curzio Malaparte che arricchiscono il già ricco Archivio. Si tratta per la maggior parte di lettere indirizzategli da vari personaggi, di alcuni suoi dattiloscritti e delle bozze di stampa del Don Camaléo, romanzo satirico su Mussolini («una satira nella tragedia e una tragedia nella satira») scritto nel 1928 e apparso a puntate su “La Chiosa”, supplemento del “Giornale di Genova” e poi, parzialmente, su “L’Italiano” di Longanesi. Queste bozze sono molto importanti perché, probabilmente composte subito dopo la stesura del testo per uscire con i tipi de La Voce, differiscono dall’edizione di Vallecchi del 1946. Accanto a questi scritti, indubbiamente malapartiani, una cinquantina di veline, scritte a macchina, raggruppate in undici capitoli ben distinti. Sembrano bozze per articoli, il titolo generale che si ripete a ogni primo foglio è Les Mémoires de Gino Bartali. Queste Mémoiressono scritte in francese; ogni capitolo è completo di titolo e sottotitolo; ognuno riporta in calce la firma: Gino Bartali. Nell’ultimo, inoltre, la parola “Fin”. Con loro, è stata conservata una serie di ritagli di giornali francesi su Fausto Coppi. Pare strano trovarli insieme alle carte di Malaparte, ma non più di tanto. Lo scrittore pratese in una serie di articoli sul Tour del 1949, usciti sulla rivista francese “Sport

giugno 2012 – la Biblioteca di via Senato Milano 23 L’inizio del dattiloscritto della prefazione del Journal d’un étranger à Paris, dall’Archivio BvS Digest”, si occupa di biciclette e corse ciclistiche per raccontare agli sportivi d’oltralpe della finta rivalità tra Coppi e Bartali 3 . Lo fa con grande professionalità confessando che per lui la bici è una passione, un modo di vivere che appartiene materialmente e idealmente a un mondo antico che lui ama e che vede con tristezza scomparire gradualmente nel dopoguerra. È seriamente rammaricato quando scopre che non è un’invenzione italiana: lo viene a sapere tardi, a Leeds, in Inghilterra, ammirando la statua di un signore in redingote che regge con una mano il manubrio di una bicicletta. Come può non essere italiana, si domanda… «In Italia la bicicletta appartiene a pieno titolo al patrimonio artistico nazionale, esattamente come la Gioconda di Leonardo, la cupola di San Pietro o la Divina Commedia […] In Italia, se per caso dite che la bicicletta non è stata inventata da un italiano, intorno a voi gli sguardi si faranno cupi e sui volti calerà una maschera di tristezza». E poi aggiunge: «Guardate la forma del manubrio, ricurvo come le antenne di un insetto, e quelle due ruote che tanto ricordano il famoso cerchio tracciato con un solo tratto di carboncino, su una pietra, da un piccolo pecoraio di nome Giotto. (Era nato vicino a Firenze, Giotto, e dunque era un compatriota di Bartali). Che cosa significherebbe, la bicicletta, se fosse un geroglifico scolpito in un obelisco egizio Esprimerebbe il movimento o il riposo Il fuggire del tempo o l’eternità Non mi stupirei se significasse l’amore». È talmente devoto alle due ruote che negli anni Cinquanta, Malaparte progetta addirittura l’attraversamento degli Stati Uniti coast-to-coast, da New York a Los Angeles, in sella a una bici da corsa, con tanto di sponsorizzazione della Coca Cola (pare abbia addirittura calcolato il fabbisogno personale della celebre bevanda: 2000 bottigliette ). Si allena severamente e con applicazione, sul tetto della casa di Capri, a volte accompagnato dai volteggi di una ballerina americana: sono famose le foto che lo ritraggono in questi “duri” momenti… Il proposito dello scrittore, con il suo tour oltreoceanico, era quello di protestare contro l’eccessiva motorizzazione nel mondo, negli USA in particolare. Sempre lungimirante e attento ai mutamenti storici e sociali, dopo aver previsto l’ascesa di Hitler nel suo La Technique du coup d’état, la crescita industriale dell’Estremo Oriente, ha anche previsto con largo anticipo l’inquinamento delle città per via delle auto! E sì che le auto gli piacciono, soprattutto quelle sportive, scoperte, veloci… Ma torniamo alla citazione dell’inizio. Vi è una singolare analogia del primo capitolo delle Mémoires del corridore con l’inizio del malapartiano Diario di uno straniero a Parigi. Difficile dire a prima vista se quelle pagine sono farina del sacco del nostro scrittore, però certi artifici retorici, le ripetizioni delle frasi e delle parole a incalzare il ragionamento, una indiscutibile padronanza nel descrivere Parigi con la città che si staglia imponente sullo sfondo del trionfo sportivo, tutto ciò fa pensare che il testo possa essere di Curzio, magari scritto a due voci, se non a quattro mani, con il grande corridore. Anche il carattere generale delle Mémoires di Bartali sembra aderire a quanto scrive Malaparte nell’Abbozzo di una prefazione del Diario: «Ogni “diario” è ritratto, cronaca, racconto, ricordo, storia. Note prese giorno per giorno non sono un diario: sono momenti scelti a caso nella corrente del tempo, nel fiume del giorno che passa. Un “diario” è un racconto: il racconto di una Tranche de vie 4 (definizione del romanzo di una celebre scuola), di un periodo, un anno, molti anni, della nostra vita. E come la vita segue la logica d’un racconto, ha un inizio, uno sviluppo, una conclusione (una vita è una serie di inizi, di sviluppi, di

<strong>giugno</strong> 2012 – la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano 23<br />

L’inizio del dattiloscritto della prefazione del Journal d’un<br />

étranger à Paris, dall’Archivio BvS<br />

Digest”, si occupa <strong>di</strong> biciclette e corse ciclistiche per raccontare<br />

agli sportivi d’oltralpe della finta rivalità tra Coppi<br />

e Bartali 3 . Lo fa con grande professionalità confessando<br />

che per lui la bici è una passione, un modo <strong>di</strong> vivere che appartiene<br />

materialmente e idealmente a un mondo antico<br />

che lui ama e che vede con tristezza scomparire gradualmente<br />

nel dopoguerra.<br />

È seriamente rammaricato quando scopre che non è<br />

un’invenzione italiana: lo viene a sapere tar<strong>di</strong>, a Leeds, in<br />

Inghilterra, ammirando la statua <strong>di</strong> un signore in re<strong>di</strong>ngote<br />

che regge con una mano il manubrio <strong>di</strong> una bicicletta.<br />

Come può non essere italiana, si domanda… «In Italia la<br />

bicicletta appartiene a pieno titolo al patrimonio artistico<br />

nazionale, esattamente come la Gioconda <strong>di</strong> Leonardo, la<br />

cupola <strong>di</strong> San Pietro o la Divina Comme<strong>di</strong>a […] In Italia, se<br />

per caso <strong>di</strong>te che la bicicletta non è stata inventata da un<br />

italiano, intorno a voi gli sguar<strong>di</strong> si faranno cupi e sui volti<br />

calerà una maschera <strong>di</strong> tristezza». E poi aggiunge: «Guardate<br />

la forma del manubrio, ricurvo come le antenne <strong>di</strong> un<br />

insetto, e quelle due ruote che tanto ricordano il famoso<br />

cerchio tracciato con un solo tratto <strong>di</strong> carboncino, su una<br />

pietra, da un piccolo pecoraio <strong>di</strong> nome Giotto. (Era nato<br />

vicino a Firenze, Giotto, e dunque era un compatriota <strong>di</strong><br />

Bartali). Che cosa significherebbe, la bicicletta, se fosse<br />

un geroglifico scolpito in un obelisco egizio Esprimerebbe<br />

il movimento o il riposo Il fuggire del tempo o l’eternità<br />

Non mi stupirei se significasse l’amore».<br />

È talmente devoto alle due ruote che negli anni Cinquanta,<br />

Malaparte progetta ad<strong>di</strong>rittura l’attraversamento<br />

degli Stati Uniti coast-to-coast, da New York a Los Angeles,<br />

in sella a una bici da corsa, con tanto <strong>di</strong> sponsorizzazione<br />

della Coca Cola (pare abbia ad<strong>di</strong>rittura calcolato il<br />

fabbisogno personale della celebre bevanda: 2000 bottigliette<br />

). Si allena severamente e con applicazione, sul tetto<br />

della casa <strong>di</strong> Capri, a volte accompagnato dai volteggi <strong>di</strong><br />

una ballerina americana: sono famose le foto che lo ritraggono<br />

in questi “duri” momenti… Il proposito dello scrittore,<br />

con il suo tour oltreoceanico, era quello <strong>di</strong> protestare<br />

contro l’eccessiva motorizzazione nel mondo, negli USA<br />

in particolare. Sempre lungimirante e attento ai mutamenti<br />

storici e sociali, dopo aver previsto l’ascesa <strong>di</strong> Hitler<br />

nel suo La Technique du coup d’état, la crescita industriale<br />

dell’Estremo Oriente, ha anche previsto con largo anticipo<br />

l’inquinamento delle città per <strong>via</strong> delle auto! E sì che le<br />

auto gli piacciono, soprattutto quelle sportive, scoperte,<br />

veloci…<br />

Ma torniamo alla citazione dell’inizio. Vi è una singolare<br />

analogia del primo capitolo delle Mémoires del corridore<br />

con l’inizio del malapartiano Diario <strong>di</strong> uno straniero<br />

a Parigi. Difficile <strong>di</strong>re a prima vista se quelle pagine sono<br />

farina del sacco del nostro scrittore, però certi artifici retorici,<br />

le ripetizioni delle frasi e delle parole a incalzare il<br />

ragionamento, una in<strong>di</strong>scutibile padronanza nel descrivere<br />

Parigi con la città che si staglia imponente sullo sfondo<br />

del trionfo sportivo, tutto ciò fa pensare che il testo<br />

possa essere <strong>di</strong> Curzio, magari scritto a due voci, se non a<br />

quattro mani, con il grande corridore.<br />

Anche il carattere generale delle Mémoires <strong>di</strong> Bartali<br />

sembra aderire a quanto scrive Malaparte nell’Abbozzo <strong>di</strong><br />

una prefazione del Diario: «Ogni “<strong>di</strong>ario” è ritratto, cronaca,<br />

racconto, ricordo, storia. Note prese giorno per giorno<br />

non sono un <strong>di</strong>ario: sono momenti scelti a caso nella<br />

corrente del tempo, nel fiume del giorno che passa. Un<br />

“<strong>di</strong>ario” è un racconto: il racconto <strong>di</strong> una Tranche de vie 4<br />

(definizione del romanzo <strong>di</strong> una celebre scuola), <strong>di</strong> un periodo,<br />

un anno, molti anni, della nostra vita. E come la vita<br />

segue la logica d’un racconto, ha un inizio, uno sviluppo,<br />

una conclusione (una vita è una serie <strong>di</strong> inizi, <strong>di</strong> sviluppi, <strong>di</strong>

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