25.01.2015 Views

0264_BvS n.3 marzo_ok - Fondazione Biblioteca di via Senato

0264_BvS n.3 marzo_ok - Fondazione Biblioteca di via Senato

0264_BvS n.3 marzo_ok - Fondazione Biblioteca di via Senato

SHOW MORE
SHOW LESS
  • No tags were found...

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>marzo</strong> 2010 – la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano 63<br />

Lanza, Pietro (1759-1811).<br />

Memoria sulla decadenza dell’agricoltura<br />

nella Sicilia ed il modo <strong>di</strong> rime<strong>di</strong>arvi<br />

scritta da Pietro Lanza principe <strong>di</strong><br />

Trabia per presentarsi alla maestà del Re<br />

nostro signore. Napoli, stamperia Simoniana,<br />

1786.<br />

Pregevole e<strong>di</strong>zione su carta<br />

azzurrina, arricchita da deliziose vignette<br />

con immagini rurali incise in<br />

rame da Giuseppe Aloja, su <strong>di</strong>segno<br />

dell’architetto Antonio Magri, allievo<br />

del Vanvitelli. Dalla prefazione<br />

dell’e<strong>di</strong>tore: «Contiene questa<br />

memoria una descrizione dello stato<br />

infelice dell’attuale agricoltura <strong>di</strong><br />

Sicilia, del Paese cioè in cui il Cielo<br />

ed il terreno sono senza dubbio i più<br />

<strong>di</strong>sposti a servir meglio alla vegetazione,<br />

ed in cui, ciò non ostante, la<br />

natura mal fecondata dall’arte è obbligata<br />

quasi suo mal grado a <strong>di</strong>menticarsi<br />

dell’antica fecon<strong>di</strong>tà ed<br />

abbondanza, e a farsi sperimentare<br />

avara oltremodo de’ doni suoi.<br />

Quin<strong>di</strong> l’Autore pieno <strong>di</strong> lumi e delle<br />

più belle cognizioni agrarie, dopo<br />

aver <strong>di</strong>mostrata la riforma <strong>di</strong> cui abbisognano<br />

le antiche coltivazioni, e<br />

la necessità d’introdurne delle nuove<br />

ugualmente utili e profittevoli,<br />

viene a proporre al nostro amabilissimo<br />

sovrano l’erezione <strong>di</strong> un Educandario,<br />

o sia Scuola <strong>di</strong> Agricoltura,<br />

<strong>di</strong> un’idea quanto nuova altrettanto<br />

adattata per giugnere felicemente al<br />

fine che si desidera». Il principe <strong>di</strong><br />

Trabia Pietro Lanza è soprattutto<br />

noto per aver trasformato il castello<br />

della nobile famiglia in operoso stabilimento<br />

poiché all’industria del<br />

tonno aggiunse quella del panno,<br />

dei biscotti, dell’olio <strong>di</strong> “nozzolo” e<br />

della colla.<br />

Micheletti, Giovan Battista. Il<br />

monte <strong>di</strong> Aretea opera de<strong>di</strong>cata a sua altezza<br />

reale il principe ere<strong>di</strong>tario delle Sicilie<br />

da Giovanbattista Micheletti patrizio<br />

aquilano. Aquila, Giuseppe Maria<br />

Grossi, 1793.<br />

Prima e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> questo romanzo<br />

pedagogico destinato al<br />

principato <strong>di</strong> Francesco I <strong>di</strong> Borbone.<br />

«Il Monte <strong>di</strong> Aretea – scriveva<br />

Emilio De Tipaldo (in Biografia degli<br />

italiani illustri nelle scienze, lettere<br />

ed arti, Venezia, tipografia <strong>di</strong> Alvisopoli,<br />

1838, vol. 6, p. 121) – è un romanzo<br />

morale scritto con eleganza<br />

<strong>di</strong> stile, con belle immagini, vive e<br />

poetiche descrizioni, nel quale l’Italia<br />

ha una delle più felici imitazioni<br />

<strong>di</strong> Telemaco». E anche le Effemeri<strong>di</strong><br />

Letterarie <strong>di</strong> Roma (14 giugno 1794)<br />

<strong>di</strong>edero <strong>di</strong> esso il seguente compiaciuto<br />

sunto: «Il monte <strong>di</strong> Aretea,<br />

cioè il monte della virtù, <strong>di</strong>fficilissimo<br />

a salirsi, facilissimo a scendersi, e<br />

gli insegnamenti sull’arte <strong>di</strong> regnare,<br />

che vi dà Aretea a Nargene condotto<br />

su quell’erto monte da Aquilio,<br />

cioè al giovane reale principe<br />

ere<strong>di</strong>tario condotto dall’autore, sono<br />

l’argomento del Romanzo. Desso<br />

<strong>di</strong>videsi in otto libri...».<br />

Sercambi, Giovanni (1348-<br />

1424). Novelle <strong>di</strong> Gianni Sercambi lucchese<br />

ora per la prima volta pubblicate.<br />

Venezia, tipografia <strong>di</strong> Alvisopoli,<br />

1816.<br />

Prima e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> soli 100<br />

esemplari su carta pesante, a cura <strong>di</strong><br />

Bartolomeo Gamba (1776-1841).<br />

Nella de<strong>di</strong>ca al marchese Gian. Giacomo<br />

Trivulzio, il curatore e noto<br />

bibliografo informa che queste 20<br />

novelle <strong>di</strong> cui è composto il volume<br />

sono «tolte da un prezioso e ignoto<br />

co<strong>di</strong>ce... che ne contiene 156». Nel<br />

Novelliere, giuntoci attraverso la copia<br />

eseguita dal nipote Giannino e<br />

destinato alla fruizione <strong>di</strong> una ristretta<br />

cerchia <strong>di</strong> amici, il Sercambi<br />

prende a modello la tra<strong>di</strong>zione narrativa<br />

del Boccaccio e privilegia gli<br />

aspetti salaci e municipali, espressi<br />

nel colorito vernacolo lucchese. Come<br />

nel Decamerone l’occasione della<br />

narrazione è offerta da un’epidemia<br />

pestilenziale che incalza la brigata a<br />

mettersi in cammino, in un pellegrinaggio<br />

attraverso l’intera penisola<br />

italiana, ricalcando quello del Dittamondo<br />

<strong>di</strong> Fazio degli Uberti. Numerosi<br />

intermezzi poetici, tratti per lo<br />

più dall’opera del poeta fiorentino<br />

Niccolò Soldanieri, si inseriscono<br />

tra una novella e l’altra.<br />

Uggeri, Angelo (1754-1837).<br />

Ornamenti greci antichi ed ine<strong>di</strong>ti. Roma,<br />

Francesco Bourlié, 1820.<br />

L’opera consiste in una lettera<br />

in<strong>di</strong>rizzata e de<strong>di</strong>cata al signor Luigi<br />

(James) Wyatt, architetto inglese,<br />

dall’abbate e architetto milanese<br />

Angiolo Uggeri. L’Autore narra al<br />

collega Wyatt del suo stu<strong>di</strong>o del<br />

marmo <strong>di</strong> villa Doria ad Albano, raccontando<br />

<strong>di</strong> come chiese al custode<br />

della villa Giovanni Fassetti <strong>di</strong> poterglielo<br />

più agevolmente porre alla<br />

vista perché lo potesse <strong>di</strong>segnare e in<br />

seguito incidere per le sue tavole ornamentali.<br />

Lo stesso Uggeri offre<br />

una spiegazione alle sue quattro tavole:<br />

«La prima rappresenta lo stato<br />

attulale della rovina. La seconda il<br />

ristauro, coll’aggiunta <strong>di</strong> un basamento<br />

che manifestamente si vede<br />

essere stato separato dal piede per i<br />

buchi che nel marmo si osservano.<br />

In fine lo spaccato, e due fronti <strong>di</strong> esso,<br />

una in rovina e l’altra in ristauro<br />

come la Tavola antecedente. … Unisco<br />

a queste tre tavole una quarta,<br />

che, come materia ornamentale ed<br />

uniforme alle altre merita luogo nella<br />

mia raccolta. Io ve l’ho fatta conoscere<br />

là nella villa superiore del principe<br />

Poniatoski, e ne avete or<strong>di</strong>nato<br />

un gesso» (p. XIII-XIV).

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!