0264_BvS n.3 marzo_ok - Fondazione Biblioteca di via Senato
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<strong>marzo</strong> 2010 – la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano 59<br />
Don Chisciotte, il primo romanzo moderno<br />
<br />
Le certezze della realtà<br />
messe in <strong>di</strong>scussione<br />
Alle origine <strong>di</strong> un genere letterario in perenne <strong>di</strong>venire<br />
SERGIO PAUTASSO<br />
Harold Bloom nel ritratto<br />
che ha dato <strong>di</strong> Cervantes<br />
nel Genio 1 , a un certo punto<br />
ha scritto che trova il Don Chisciotte<br />
«così originale che, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> quasi<br />
quattro secoli, rimane il libro più<br />
d’avanguar<strong>di</strong>a che abbiamo della letteratura<br />
in prosa». Di secoli ora se ne<br />
stanno compiendo cinque, ma il giu<strong>di</strong>zio<br />
rimane, resiste, e non soltanto<br />
per l’in<strong>di</strong>scussa autorevolezza <strong>di</strong><br />
Bloom, il quale non ha esitato ad accostare<br />
Cervantes a Shakespeare nel<br />
vertice del ‘suo’ Canone occidentale 2 ,<br />
confermandosi uno dei più agguerriti<br />
sostenitori della modernità del romanzo<br />
cervantino (con altri, da<br />
Bachtin a Ortega y Gasset a Nab<strong>ok</strong>ov),<br />
bensì per il carattere della costruzione<br />
dell’opera, della sua collocazione<br />
nel tempo, nell’apertura originale<br />
al genere romanzesco, <strong>di</strong> cui<br />
A sinistra: Marc Chagall, Don<br />
Chisciotte, 1974; olio su tela, 196 x<br />
130 cm. Parigi, Collezione Ida<br />
Chagall; a destra Miguel Cervantes,<br />
D. Quichote da Mancha, trad.<br />
portoghese <strong>di</strong> D. José Carcomo, ill.<br />
<strong>di</strong> Alfredo de Moraes, Lisbona,<br />
<strong>Biblioteca</strong> Ideal da Casa Garret<br />
E<strong>di</strong>tora, 1921: copertina<br />
vanta la primogenitura – senza per<br />
altro <strong>di</strong>menticare certi precedenti<br />
quali Ama<strong>di</strong>gi <strong>di</strong> Gaula, Lazarillo de<br />
Tormes, l’avventuroso picaresco.<br />
È da dopo Don Chisciotte che il<br />
romanzo può essere considerato il<br />
genere che in letteratura ha saputo<br />
interpretare il senso del moderno,<br />
della novità, ed ha accompagnato e<br />
alimentato sin dall’Ottocento lo sviluppo<br />
dell’industria e<strong>di</strong>toriale. Non<br />
solo, ma ha anche mo<strong>di</strong>ficato i rapporti<br />
fra i canonici generi letterari,<br />
rinnovandone strutture e mo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
lettura, al punto <strong>di</strong> autonegarsi nel<br />
Novecento con l’antiromanzo.<br />
Stando ai tempi e al contesto<br />
culturale, la primogenitura del romanzo<br />
moderno spetterebbe dunque<br />
ad un nobiluomo che abitava «in<br />
un borgo della Mancia», che «rasentava<br />
i cinquant’anni», che «si chiamava<br />
Chesciana», il quale, in preda<br />
ad una sua illusione tutta letteraria<br />
della vita, maturata in seguito alle<br />
forsennate letture dei romanzi cavallereschi,<br />
ad un certo punto decise che<br />
doveva cambiare nome per «chiamarsi<br />
Don Chisciotte della Mancia»<br />
e che la sola ragione della propria esistenza<br />
doveva essere quella <strong>di</strong> «farsi<br />
cavaliere errante, ed andarsene armato,<br />
a cavallo, per tutto il mondo in<br />
cerca delle avventure e a provarsi in<br />
tutto quello che aveva letto essersi<br />
provati i cavalieri erranti».<br />
Ma, secondo quanto ha scritto<br />
Michel Foucault, «se vuole essere loro<br />
somigliante è perché deve <strong>di</strong>mostrarli,<br />
è perché ormai i segni (leggibili)<br />
non somigliano più agli esseri<br />
(visibili). […] Somigliando ai testi <strong>di</strong><br />
cui è il testimone, il rappresentante,<br />
l’analogo reale, Don Chisciotte deve<br />
fornire la <strong>di</strong>mostrazione e farsi portavoce<br />
del segno indubitabile che <strong>di</strong>cono<br />
il vero, che sono il linguaggio